Grazie a chiunque sia riuscito ad arrivare fino a qua. Sono prolisso, mi dispiace!
Questo è un pezzo aggiuntivo che alcuni mi hanno chiesto di scrivere per non lasciare il finale troppo aperto (^__^;), e mi è venuto così… A molti parrà assurdo, esagerato, impossibile, ma non mi rimproverate troppo: dopotutto, questa è un’opera di fantasia.
Comunque, chiedo scusa in anticipo a tutti gli appassionati di sport, e di nuoto in particolare, ai nuotatori, e ai Campioni che ho citato e…"usato".
Gomennasai!


YOU'RE MY DREAM
(parte sesta)

di Kriss

 

Olimpiadi di Sidney. Settembre 2000.

Una città in festa, mobilitata ventiquattr’ore su ventiquattro per quell’evento straordinario.

Suoni, colori, preparativi, manifestazioni, la cerimonia d’apertura.

E poi, gli atleti, l’aspettativa, l’inizio delle gare.

Si respirava un’atmosfera di tensione mista ad entusiasmo che colpiva dritta al cuore, e che poche altre cose possono dare, forse nessuna.

Anche Yukito arrivò al villaggio olimpico col cuore che gli batteva per l’emozione.

Lui, che di solito cercava di rimanere indifferente, che non si lasciava distrarre da nulla per non perdere la concentrazione, rimase affascinato e colpito da quell’ambiente carico di competitività e cameratismo.

L’Aquatic Centre, poi, lo aveva stregato, un complesso magnifico che dava le palpitazioni solo ad entrarci, uno stadio del nuoto; e la piscina, sopra ogni cosa, era perfetta.

- L’acqua è qualcosa di fantastico: sembra di volare!- aveva riferito entusiasta a Seiji, durante una delle numerose telefonate che si erano fatti.

Si chiamavano praticamente tutti i giorni, per raccontarsi le novità, i progressi, gli aneddoti, o anche solo per sentirsi.

Soprattutto per sentirsi.

Yukito aveva speso più soldi dalla propria carta di credito in quei giorni di quanto avesse mai fatto in vita sua! e anche Seiji, che preferiva parlare piuttosto che scrivere, appena ne aveva l’occasione, e la possibilità, gli telefonava in albergo, nonostante i rimproveri del padre che lo minacciava di tagliargli i fondi.

Avevano anche fatto qualche tentativo con la posta elettronica, ma ognuno dei due preferiva udire la voce dell’altro.

In quell’ultimo periodo, poi, i contatti fra loro si erano intensificati, perché sembrava che Seiji dovesse riuscire a venire fin’ là ad assistere alle sue gare.

All’inizio, era stata solo un’ipotesi, un desiderio espresso da entrambi, e che entrambi presupponevano rimanere irraggiungibile, ma che poi, invece, era diventato qualcosa di più concreto, e in qualche modo fattibile.

E man mano che i giorni passavano, Yuki diventava più ansioso.

Non per le gare ormai imminenti, come si sarebbe potuto pensare, ma per l’attesa dell’arrivo di Seiji, che un giorno pareva certo, ma che quello dopo era già di nuovo problematico.

Yuki era quasi convinto che non sarebbe mai accaduto, o almeno cercava di convincersene, e per quanto possibile provava anche a non pensarci, ma in fondo al cuore la speranza rimaneva viva, e con sempre maggiore difficoltà lui riusciva a soffocarla.

Così, in piscina scrutava ogni tanto sugli spalti per scorgere Seiji tra il pubblico, tornava al villaggio aspettandosi un messaggio, o addirittura di vederlo nell’atrio, telefonava in Giappone sperando di non trovarlo perché era finalmente partito. E ogni volta, naturalmente, rimaneva deluso.

Il nuoto, poi, cominciò subito, e lui doveva tornare a concentrarsi.

Le gare destarono subito l’interesse e l’entusiasmo di tutti per la loro spettacolarità e per i record mondiali, continentali e nazionali che gli atleti parevano sgretolare. L’Australia e gli Stati Uniti avevano le squadre più forti e competitive, ma anche l’Olanda, con alcune delle loro punte di diamante, e l’Italia, in campo maschile, si distinguevano in maniera particolare.

Il Giappone si difendeva come poteva, cercando di portare più atleti possibile nelle finali e, almeno in campo femminile, puntando a qualche medaglia.

Yuki, intanto, puntava alla finale; il resto sarebbe venuto dopo.

Andava in piscina a seguire le finali che più lo interessavano, e quasi senza rendersene conto cominciava a studiare i propri avversari, cosa che non aveva quasi mai fatto, ma che in quel caso veniva fin’ troppo naturale.

Thorpe era sì l’idolo locale, e aveva nuotato dei 400 stile libero sbalorditivi, ma era naturalmente Van Den Hoogenband il suo pensiero numero uno. Era in gran forma, e il suo record nei duecento, ripetuto due volte, fra l’altro, lo rendeva il più temibile anche sui cento.

E poi, c’erano l’eterno, e sempre grande, Popov, il fresco detentore del record Klim, Hall, Froelander…

Tutti agguerriti, preparati, e soprattutto esperti.

Non doveva farsi lasciare indietro, o non ce l’avrebbe mai fatta.

Lui non era ancora nessuno.

Il suo nome valeva qualcosa solo in Giappone, forse in Asia.

Era lì, in quel momento, che doveva dimostrare quello che valeva veramente.

Era lì che si sarebbe fatto conoscere anche nel resto del mondo.

Doveva dare il massimo più di quanto avesse mai fatto.

Era già carico.

E il martedì sarebbe toccato a lui.

…Ma perché Seiji non arrivava?…

Cominciò a farsi notare già dalle batterie.

Nuotò in 48.71, secondo dopo Van Den Hoogenband, tirando forse troppo per non rischiare di rimanere fuori da subito, ma sentendosi leggero e per nulla affaticato.

Un tempo strabiliante, per un atleta giapponese, e soprattutto per un ragazzo così giovane.

Allenatori, avversari, pubblico e addetti stampa cominciarono a chiedersi chi fosse, ad interessarsi seriamente a lui, anche se perlopiù con riserva, aspettando i risultati decisivi per accertarsi che quello non fosse il tipico exploit del solito outsider che dà tutto se stesso nelle prime fasi e poi crolla nel momento più importante.

Anche i suoi compagni iniziarono a considerarlo con maggiore stima, e non solo come il ragazzino chiuso e altezzoso che non parlava mai con nessuno e che aveva addirittura richiesto di stare in camera da solo quasi non volesse avere nulla a che fare con loro, quasi si credesse un campione circondato da inetti; e così il vecchio capo allenatore, che era stato restio fino alla fine a portarlo in Australia, e che probabilmente si era solo adeguato alle decisoni della Federazione senza credere più di tanto nelle sue effettive doti.

Tutti lo guardavano con occhi nuovi, il Giappone con trepidazione e aspettativa, il resto del mondo con curiosità, ma intanto senza sbilanciarsi troppo.

Lui, naturalmente, non aveva nessuna intenzione di crollare.

Però era anche vero che la sua mente faticava a concentrarsi come avrebbe dovuto, distratta da altri pensieri che la tormentavano; e questo metteva Yuki in apprensione, abituato com’era ad avere sempre tutto sotto il proprio controllo, specie quando doveva gareggiare.

Seiji gli aveva quasi assicurato che sarebbe arrivato, ma non si era più fatto sentire, e, fino a quel momento, neanche vedere.

In semifinale peggiorò il proprio tempo, partendo male e sbagliando la virata. Un 48.90 che comunque gli permise di accedere alle finali con un’ottima, e sorprendente, quarta posizione, ma che lo lasciò spaventato e di malumore.

Aveva perso la concentrazione, aveva permesso che fattori esterni influissero sulla sua prestazione in acqua, e questo era, per lui, decisamente preoccupante, in un momento del genere. Era alle Olimpiadi, era la sua occasione, il suo momento, non poteva lasciarsi sopraffare da simili sciocchezze; se sbagliava qualcosa, non avrebbe potuto recuperare, i suoi avversari non glielo avrebbero permesso, ne avrebbero solo approfittato. Non si trattava di una garetta scolastica contro semplici liceali. Pieter aveva appena sgretolato il muro dei quarantotto secondi! e in ultima frazione di staffetta aveva nuotato probabilmente i duecento stile più veloci della storia!!

Doveva assolutamente calmarsi e tornare a concentrarsi.

…Seiji non era venuto…

Entrò in camera e chiuse la porta, appoggiandoci la fronte con un sospiro.

Era spossato.

I giornalisti avevano cominciato ad assillarlo, facendogli domande stupide e complimenti assurdi, e gli allenatori ad agitarglisi attorno con consigli e raccomandazioni che dovevano servirgli a dare il meglio la sera dopo.

Non solo aveva raggiunto la finale, ora poteva anche tentare di guadagnare una medaglia!

Inoltre, era venuto fuori che era di madre australiana, così il pubblico lo aveva accolto quasi come un nuovo beniamino, e lui si era ritrovato accerchiato da ragazzine e ragazzini che gli chiedevano l’autografo entusiasti.

Teso e più preoccupato del solito, aveva risposto alle domande degli addetti stampa quasi con freddezza e affrettatamente, e adducendo come scusa la gara del giorno dopo, era riuscito ad allontanarsi e a rintanarsi in camera propria.

Si sentiva in uno stato d’animo strano, un misto di agitazione, sbalordimento, irrequietezza e struggimento che non riusciva a definire, e che lo sconvolgeva.

Era in finale alle Olimpiadi, nei cento stile libero, forse una delle gare più importanti, più sentite. Ed era alla sua prima, vera, uscita, il suo battesimo a livello mondiale.

Avrebbe dovuto essere contento, soddisfatto, caricato…

Non aveva niente da perdere.

Eppure, in quel momento, finalmente in pace e lontano da tutti, una tristezza lancinante lo colse all’improvviso, quasi avesse atteso proprio quell’istante di solitudine per esplodere con tutta la sua forza.

Erano anni che non gli succedeva, anni che non ci faceva più caso.

In quei giorni, aveva assistito all’esultanza e alla soddisfazione di molti atleti, ma soprattutto a quelle di genitori, fratelli, amici, compagni di squadra; sorpreso lunghe telefonate a casa, resoconti e spiegazioni, ringraziamenti conditi da risate e saluti affettuosi; letto interviste.

Genitori orgogliosi, amici emozionati, compagni entusiasti, allenatori vicini ai propri pupilli.

Cose di cui era sempre riuscito a fare a meno, a convincersi di non avere bisogno.

Poi, i giornalisti gli avevano chiesto della sua famiglia, e lui quasi non aveva saputo rispondere.

Per loro era stato così naturale pensare che lui avrebbe subito chiamato i propri genitori per condividere con loro quel momento particolare, se davvero non erano lì a vederlo gareggiare, che lui li aveva guardati stupito per parecchi secondi, quasi incapace di comprendere appieno quanto gli avevano chiesto.

Aveva balbettato, borbottato un paio di bugie, tagliato corto.

E al contempo, si era reso conto di sentirsi tanto solo da aver voglia di piangere.

Tanto come forse non si era mai sentito.

Lo stress accumulato in quell’ultimo anno, la concentrazione pressoché costante, le responsabilità, le delusioni, le aspettative…

Gli sembrava che un peso enorme gli fosse crollato addosso all’improvviso, schiacciandolo a terra e impedendogli di muoversi.

Paura.

Ma non solo.

Malinconia, e tristezza.

E nessuno, con lui, che poteva aiutarlo a scacciarle.

Strinse i pugni.

Sentimenti assurdi, inconcepibili in un momento simile.

Inghiottì le lacrime che stavano per salirgli agli occhi e raddrizzò la schiena con un nuovo, lungo sospiro.

Non doveva lasciarsi andare.

Non proprio quella sera.

Non poteva……

- Hai nuotato male. -

La voce si levò alle sue spalle, quasi un’esplosione, nel silenzio della stanza, e lui si voltò di scatto, sobbalzando con un ansito.

Spaventato, prima; poi sorpreso, incredulo, scioccato…

- Sei partito da schifo e hai nuotato peggio. Teso, contratto. Ho fatto fatica a riconoscerti!-

…la SUA voce…

- E la virata? Da quando si esce così da una virata?!-

Non era possibile!

Non poteva…

- Ti avrei battuto anch’io, oggi!-

…essere vero!

- Seiji….- bisbigliò, così piano che non era sicuro neanche lui di aver parlato.

L’altro fece un passo in avanti, entrando nel cono di luce proveniente dalla finestra.

- Allora! ti sembra questo il modo di nuotare?-

Aveva le mani piantate sui fianchi e una smorfia che gli tirava le labbra.

Poi gli sorrise, radioso, esultante.

Quel sorriso capace di riscaldare anche le giornate più fredde, gli inverni più lunghi.

- Stavo scherzando, scemo!-

Rise, e Yuki si sentì quasi tremare.

- Come…come hai fatto a…entrare?- gli chiese stupidamente, lo sguardo fisso ad osservarlo, ancora incredulo, quasi avesse il timore di vederlo scomparire

Indossava la maglietta che gli aveva regalato lui, chiara, un contrasto perfetto con la sua pelle ancora abbronzata; e aveva i capelli leggermente più corti, un po’ spettinati, e gli occhi che brillavano.

Con un gesto esagerato, gli mostrò il cartellino che aveva al collo.

- TA-DAAN!! La Federazione mi ha concesso il passi come atleta di riserva, e così posso andare avanti e indietro come mi pare. Ho chiesto il numero della tua stanza, dicendo che l’avrei divisa con te, ed eccomi qua!-

Sorrideva ancora, entusiasta, gongolante.

Yuki sbatté le palpebre, annuendo senza sapere perché, imbambolato.

Gli sembrava di non essere più capace di muoversi, di parlare.

Dall’altro lato della stanza, Seiji allargò le braccia e sollevò le sopracciglia.

- Beh? Non mi saluti neanche?!- esclamò un po’ sorpreso, ma sempre sorridente.

E Yuki si riscosse, la tristezza e la paura che scivolavano via da lui come l’acqua sulla pelle.

Sorrise a propria volta, e allo stesso tempo lasciò che le lacrime scivolassero fuori e gli inondassero gli occhi, e le guance, senza trattenerle, senza trattenere più niente.

Non gli importava di apparire debole, stupido, piagnucolone, non gli importava lasciare da parte il proprio orgoglio, il proprio autocontrollo.

Gli importava solo quello che sentiva, solo che Seiji era lì con lui, vicino a lui.

Si mosse in avanti e gli saltò letteralmente al collo, riempiendogli il volto di baci, ridendo e piangendo insieme, allacciandogli le gambe attorno alla vita.

Seiji lo afferrò sorpreso e barcollò all’indietro.

- Ehi! piano!- ma rideva anche lui, e ricambiava i baci, fra una protesta e l’altra. - Sei pesante, e…mh… Ahio! …Guarda che…Attento!-

Caddero sul letto rovinosamente, rimanendoci sopra per miracolo, e continuarono a baciarsi, con un desiderio che cresceva vertiginosamente.

- Mi sei mancato da morire. - mugugnò Seiji, la bocca attaccata alla sua.

- Mh…Sapessi tu!-

Avrebbe voluto parlare con lui, chiedergli quando era arrivato, se aveva davvero visto la gara, perché non lo aveva avvisato; ma in quel momento, le parole non gli venivano.

Aveva altro, in mente.

Si sollevò sui gomiti e lo guardò in viso, gli occhi che scintillavano, le labbra rosse, umide, inappagate.

Tornò a baciarlo.

Dopo.

Dopo avrebbero parlato.

Ora aveva solo voglia di lui, del suo sapore, del suo respiro, di ogni parte del suo corpo.

Ne aveva fatto a meno per troppo tempo.

Troppo a lungo.

La propria lingua si fece strada all’interno della sua bocca vellutata, calda, accolta subito con entusiasmo, e desiderio. Poi, scivolò fuori, lungo il mento, il collo, l’incavo fra le clavicole.

Il sapore della sua pelle gli dava le vertigini.

- Yuki…Ehi, io sono stanco…- Protestava ancora, scherzosamente, e intanto lo aiutava a farsi togliere la maglietta, e scivolava più comodamente sul letto, attirandolo a sé. - Ho fatto un lungo viaggio…- Torace, ventre, ombelico…- Il fuso orario… Ahi!-

Gli aveva pizzicato un capezzolo.

Cretino! c’era solo un’ora di differenza!

Alzò gli occhi a guardarlo e colse il suo sguardo fisso sul suo volto, bruciante, ansioso, impaziente, i denti che affondavano nel labbro inferiore.

Sorrise, malizioso, e si rituffò su di lui.

Non aveva più intenzione di farsi fermare.

Lo accolse fra le proprie braccia e lo strinse a sé, facendolo accomodare sul proprio petto.

Aveva i capelli bagnati e spettinati, il corpo tiepido e profumato, rilassato, dopo la doccia.

- Stai bene, così?- gli chiese a voce bassa, e Yuki annuì con un sospiro soddisfatto.

Il sesso, appassionato, travolgente, sfrenato, li aveva storditi, lasciandoli quasi senza forze, ma con una sensazione di appagamento e di esultanza che pareva sprigionarsi addirittura dai loro corpi, irradiando la stanza, e l’aria che respiravano.

Seiji fece un gran sorriso e prese ad accarezzare con dolcezza la schiena del compagno.

- Sei stato grande, oggi. - commentò. - Stavo scherzando davvero, prima. -

Era arrivato quella mattina presto, e aveva dovuto fare di corsa, per riuscire a vederlo gareggiare.

Ma ce l’aveva fatta, ed era stata l’emozione più grande che forse aveva mai provato.

Già solo entrare nel complesso, arrivare sugli spalti gremiti, sentire il boato della gente, il fruscio dell’acqua, le voci degli speaker…Come sempre, ci si era lasciato avvolgere, elettrizzato ed eccitato quasi avesse dovuto gareggiare lui stesso, e forse provando un briciolo d’invidia per esserne, invece, escluso.

E poi, le gare vere e proprie, l’ansia dell’attesa, la tensione che lo aveva fatto tremare fino all’ultima bracciata del compagno, lo stupore per quei tempi impressionanti, che lo catapultavano nel firmamento del nuoto mondiale, e il raggiungimento della finale, il traguardo da sempre ambito, sognato, forse mai veramente creduto raggiungibile.

Era stato tutto così esaltante che Seiji, appena finito tutto, appena avevano reso noto l’elenco dei finalisti, si era lasciato cadere seduto sulla seggioletta, spossato.

Gli era sembrato di aver trattenuto il fiato per tutto quel tempo.

Yuki sospirò ancora, muovendosi sopra di lui.

- Mh…No, è vero che ho nuotato male. Non ero abbastanza rilassato, avevo i muscoli contratti. E sono partito per ultimo. -

Seiji ridacchiò piano.

Yuki non si accontentava mai!

- Beh, sei in finale! Cosa vuoi, di più?- Gli scompigliò i capelli. - Hai realizzato il tuo sogno. "Voglio andare alle Olimpiadi, e una volta là entrare almeno in finale." Ricordi?-

Il compagno sollevò il capo, poi scivolò verso il suo viso.

- Certo che mi ricordo…- Lo baciò sulle labbra, dolcemente, poi gli sorrise. - La prima volta che sei venuto a casa mia. -

Seiji aprì maggiormente gli occhi.

Giusto.

Anche quello.

Sembrava fosse successo solo qualche giorno prima, invece era già trascorso più di un anno e mezzo.

E quante cose erano cambiate, nel frattempo…

Ricambiò il bacio e gli scostò un ciuffo dagli occhi.

- E oggi, cos’è successo? Non ti farai mica prendere dalla fifa, eh?-

Lo disse in tono ilare, per metterla sullo scherzo, e fargliela sembrare una cosa stupida, lieve.

In effetti, non era da Yuki avere paura prima di una gara, ma era anche vero che in quel caso aveva contro i nuotatori più forti del mondo. Non doveva essere propriamente facile mantenere la calma.

L’altro fece un breve cenno di diniego; non s’incupì, non s’indignò. Sembrava solo pensieroso.

- Non avevo paura…Era più…non lo so. Ero teso, nervoso, e non riuscivo a sbloccarmi. E non era la gara, o l’emozione. - Fece un respiro profondo e lo guardò negli occhi. - Ti stavo aspettando. L’ultima volta, mi avevi assicurato che saresti sicuramente venuto, e io ero così…così contento; ma poi non ti ho visto, e non ti ho sentito, e ho creduto che…che non ce l’avessi fatta, che non fossi riuscito a vedere la mia gara. - Distolse lo sguardo, con un lieve sorriso. - Ero un po’…deluso, forse…- Fece spallucce. - Che scemo. -

Seiji lo fissò stupito.

Davvero si era fatto prendere dal panico solo per…

Per lui?

A causa della sua assenza?

Perché era convinto che lo avesse lasciato da solo ad affrontare quel momento così importante?

Seiji non si era fatto vedere perché voleva fargli una sorpresa!

Scosse piano il capo, mentre si sentiva invadere il cuore da un sentimento di gioia immensa, indescrivibile.

Gli prese il mento fra le dita e lo costrinse a girare il volto verso di lui, tornando a baciarlo, con più ardore, più profondità.

- Domani sarò sugli spalti. - sussurrò dopo un po’. - Non mi perderò un centesimo della tua gara, stanne certo. -

Yuki annuì, e sorrise, con un’espressione così felice che valeva qualsiasi motivo per cui Seiji lo aveva raggiunto.

Gli sarebbe bastato venire anche solo per vedere la luce che lo animava in quel momento.

Yuki, così freddo, così forte, determinato, irraggiungibile, aveva bisogno di qualcuno vicino.

Aveva bisogno di lui.

Ancora una volta.

Forse, anche…per sempre

Lo baciò ancora, passandogli le dita fra i capelli, incorniciandogli il volto fra le mani.

Un bacio lungo, lento, appassionato.

Quasi volesse ribadire la propria presenza accanto a lui, quasi volesse fargliela sentire anche dentro.

Poi si scostarono, prendendo fiato.

- Certo che ho fatto bene a venire, allora!- esclamò poi Seiji, allegro. - Se ti lasciavo solo anche domani, chissà che disastri mi combinavi!!-

Yuki si scostò ancora un po’, con un breve scatto.

- Che disastri?!!-

Ora, era incupito.

Seiji fece una smorfia.

- Non lo so…- fece con aria di sufficienza. - Capace di farti squalificare per falsa partenza. -

Yuki si levò a sedere e lo colpì con uno schiaffo leggero.

- Stronzo! Guarda che…-

- Se non ci sono io, qui non si va avanti!-

- Sono arrivato in finale anche senza di te!!-

Seiji rise e cercò di fermargli le mani.

- E se tu…se tu non dicevi che saresti venuto, se tutto rimaneva come era stabilito all’inizio, io…io non ci facevo affidamento e…e…non ci pensavo neanche, e ne facevo anche a meno…-

- Oh…Allora non sei contento che io sia qui?-

Yuki lo fulminò con un’occhiata e fece per dargli un altro schiaffo, che lui riuscì a bloccare.

- Idiota!-

Seiji rise ancora, tenendolo per i polsi.

- Va bene, va bene. Scusa. - Si calmò e cercò di attirarlo di nuovo verso di sé. - Non farti male, ok?-

Vide i suoi occhi spalancarsi un attimo, sorpresi, prima che l’altro tornasse a lasciarsi andare contro di lui.

- Domani hai una gara importante…- La più importante. - Sarebbe anche meglio che ti riposassi, adesso. Mh?-

Yuki aprì la bocca, ma la richiuse subito, senza dire niente, poi annuì e gli sorrise, di nuovo dolcemente, appoggiandogli il capo su una spalla.

- Devi essere in forma. -

Yuki sospirò, solleticandogli il collo.

- Mh. -

- Se fai il tempo delle batterie, potresti anche prendere la medaglia. -

A parte quel Van qualcosa, gli altri erano più o meno di quel livello.

Appoggiato a lui, Yuki sbuffò.

- Popov e Klim miglioreranno di sicuro. Quelli non sono i loro tempi. Popov è…beh, è Popov, lo zar: ha vinto più cento stile libero lui di quanti chiunque, qua, si possa sognare. E Klim ha fatto il record del mondo appena quattro giorni fa! 48.18! e ha pure tutto il pubblico a favore. E anche Hall non starà certo a guardare. - Scosse leggermente la testa. - Nessuno è da sottovalutare. Sono tutti miei avversari, dal primo all’ultimo. -

La sua voce suonò così decisa, convinta, che Seiji si trovò a sorridere.

Quello era Okazaki Yukito.

L’Okazaki che lui, e tutti i compagni, conoscevano.

Pronto e carico prima di una gara.

- Beh…Basta che tu li batta tutti!- commentò lui con convinzione mista ad ilarità, e Yuki scoppiò a ridere.

- Giusto!-

- Che ci vorrà! Anche tu puoi migliorare come loro. -

Ne parlava come se il giorno dopo l’altro avesse le finali degli Interscolastici!

- Dovrò migliorare un po’ troppo, se voglio battere Pieter…-

- Pieter?-

Di chi cavolo stava parlando?

- Van Den Hoogenband. -

Ah, quello...

Aveva sentito parlare di lui.

Quel giorno non si era fatto altro!!

E poi, lo aveva anche già visto.

Il numero uno sui duecento stile libero.

Il nuovo detentore del record.

Uno quarantacinque e trentacinque…

Una gara da manuale, un’ultima vasca che aveva piegato gli avversari.

Lo conosceva eccome!

Inconsciamente, si irrigidì, rabbuiandosi.

- E’ in forma strepitosa. Avevo letto i risultati dei Campionati dell’Europa e i suoi tempi non erano di questo livello. Era stato sconfitto anche nei duecento, dall’italiano che qui è arrivato terzo. Ma adesso…- Si stava entusiasmando, la voce più alta e quasi eccitata. Seiji, ancora senza pensare, strinse la mano a pugno. - Lo hai visto, sui duecento? E’ stata una gara stupenda! e anche Thorpe e Rosolino erano in forma, ma Pieter aveva una marcia in più. E lo ha dimostrato anche oggi. I quarantotto secondi erano un muro, lo sono ancora per tutti, e lui lo ha superato. E poi, quell’ultima frazione di staffetta…Sembrava volare! - Fece un lungo sospiro.- Vederlo nuotare, è una gioia per gli occhi. -

Seiji si passò la lingua sulle labbra, secche, aride.

- E magari anche qualcos’altro. - commentò, non riuscendo a nascondere il tono tagliente.

Yuki alzò subito il capo e lo guardò.

- Cosa?- chiese, perplesso. - Che c’è, Seiji?-

Sembrava anche un po’ preoccupato.

Beh, se l’era cercata!

Non poteva pretendere che lui se ne rimanesse tranquillo ad ascoltarlo elogiare e ammirare estasiato un altro! Uno che sarebbe potuto essere un suo avversario anche in acqua!

- Niente! Figurati!- Aveva già alzato la voce. - Immagino che sia una gioia per gli occhi vedergli fare qualsiasi cosa!-

- Seiji…-

- Così bello, e simpatico, con quel sorriso così gentile! Ho sentito, quello che dicono di lui. E poi è così forte, no?! Non c’è nessuno come lui!-

- Seiji, non…-

- Lui fa record su record, io non sono neppure stato convocato!-

- Seiji!-

- Quattro secondi, mi rifila!-

- Seiji, smettila!-

Yuki gli aveva afferrato il volto fra le mani e lo aveva voltato verso il proprio.

- Sei impazzito? Che ti prende?-

Seji lo guardò ingrugnato.

- Cosa vuoi che mi prenda?-

- Dimmelo tu…-

Merda!

- Beh…Lo sai! cioè…- Accidenti a lui! Perché doveva tirare fuori quello là in un momento simile!?- Se ti...ti piace tanto, allora…-

- Non ho mai detto che mi piace…-

Lo sguardo di Yuki era comprensivo, quasi tenero, e lui si sentì arrossire.

- Allora perché parli così di lui?!- gli rivoltò contro, brusco. - Perché devi…devi…esaltarlo tanto? E proprio stasera? che siamo insieme noi due, dopo tanto tempo, e…Maledizione!-

Si schiacciò contro i cuscini, ancora immusonito.

Non gli piaceva lasciarsi andare così, non gli piaceva mostrare quel lato del proprio carattere, ma non riusciva neanche a trattenersi a lungo.

Anche solo l’idea che ci fosse qualcuno che Yuki poteva preferire a lui, gli faceva salire il sangue alla testa!

E adesso non sapeva esattamente se provasse più rabbia o vergogna.

- Pieter non c’entra affatto con te…- disse Yuki, a voce bassa, poi gli accarezzò una guancia. - Né con noi…E’ solo un avversario, e un nuotatore che stimo. Parlo così di lui perché mi ha impressionato, sì, ma sempre come atleta. Come persona…non lo conosco, ma in ogni caso non è nessuno, in confronto a te. E lo sai. Lui stabilisce record su record? e ti dà più di quattro secondi? Ok. Però sei tu che io voglio vicino, sei tu quello di cui ho sentito tanto la mancanza, tanto da stare quasi male, da rischiare di buttare al vento la più grande occasione della mia vita. Sei tu che io trovo alto, bello, simpatico, e con un sorriso stupendo. - Seiji avvampò, e Yuki fece un risolino lieve. - E sei anche forte, hai grandi potenzialità e soprattutto margini di miglioramento. E lui potrebbe diventare il tuo obiettivo da raggiungere. -

Lo guardò ancora, poi si allungò per dargli un bacio.

Seiji mostrava ancora il broncio, ma, come sempre, si sentiva già tranquillizzato.

Sembrava aver bisogno di essere rassicurato, ogni tanto, e la cosa lo stupiva e lo irritava.

Sembrava aver paura di non essere all’altezza dei desideri di Yuki, e questo era inconcepibile.

Lui non era un debole!

Sbuffò con un grugnito e distolse lo sguardo.

- Non c’è bisogno che mi dici queste cose. - borbottò. - So già da solo di essere bello!-

Yuki si morse un labbro, poi scoppiò a ridere.

Uno scoppio violento, quasi avesse cercato di trattenersi in tuti i modi, ma non ce l’avesse proprio fatta.

- Sì, sono bello e simpatico! Me lo dicono tutte!- Yuki non riusciva a smettere. - E’ solo che non sono ancora famoso, ma quando lo sarò…E tu piantala di ridere, idiota!-

Yuki annuì, ancora divertito, e lo baciò di nuovo.

- Sei bellissimo…Soprattutto adesso!- e rideva.

- Non prendermi in giro, cretino! L’hai detto anche tu!-

- Infatti…- Sorrideva, ora, e i suoi occhi scintillavano, fissi nei suoi. - Per me, sei il più bello del mondo. -

Seiji ricambiò lo sguardo, incerto.

- Ti ho detto di non prendermi in giro…-

- Non lo sto facendo…Per me, hai una bellezza che forse nessun altro vede. - Scivolò ancora su di lui, gli sfiorò un orecchio con le labbra. - E’ speciale. E’ dentro di te, e ai miei occhi ti rende più bello di chiunque. E’ per questo che mi piaci tanto, stupido…-

Seiji rimase immobile, respirando piano quasi a non voler interrompere o rovinare quel momento, e assaporando quelle parole che lo facevano sentire importante e gli davano una sicurezza di cui non aveva mai creduto di poter aver bisogno.

- Mh…- mugugnò ancora.

Quasi non gli importasse, quasi avesse paura di fargli capire quanto contassero per lui le sue parole.

Allo stesso tempo, però, gli circondò le spalle con le braccia e lo strinse a sé, sfiorandogli i capelli con un bacio.

Non era da lui, lo sapeva, non lo era mai stato, ma ormai gli veniva naturale, gesti inconsci che facevano parte di lui, che sentiva propri, ed essenziali, e che non poteva trattenere.

Yuki era diventato così prezioso, così indispensabile, che gli sembrava di averne bisogno come dell’aria che respirava.

- Non hai nessun motivo di essere geloso…- sussurrò ancora il compagno, baciandogli il collo.

Già…Come se fosse stato facile!

Yuki non sembrava rendersi conto di come lo guardavano le ragazze, e anche alcuni ragazzi, ultimamente!

Ma Seiji, sì, se ne accorgeva, e ogni volta avrebbe avuto voglia di scacciarli tutti a calci nel sedere, mentre si sentiva soffocare dall’irritazione.

Era irrazionale, lo ammetteva; ma Yuki era suo, SOLO suo, e nessuno doveva….

- Ok?-

Yuki, ora, si era sollevato a guardarlo, il suo sguardo dolce e sorridente che tanto lo colpiva, e Seiji deglutì, quasi imbarazzato.

Non doveva pensare a quelle cose; era assurdo, in quel momento.

Yuki era lì, non solo con il corpo, ma con tutto se stesso, con il cuore, e l’anima.

Solo per lui…

Annuendo piano, alzò una mano ad accarezzargli una guancia.

- Ok…-

Rimase a guardarlo per parecchi secondi, in silenzio, quasi perso nei suoi occhi meravigliosi, poi gli sorrise.

- Dài, è ora di dormire…-

Yuki sospirò e si riadagiò su di lui.

- Vuoi che vada nell’altro letto?- gli chiese Seiji.

Non voleva che stesse scomodo, che si svegliasse irrigidito.

- No…Non andartene…- Gli sfiorò un fianco con le dita. - E’ bello, stare così. Ed è da tanto che non dormiamo insieme…-

Sì, era da tanto…

Troppo.

E gli era mancato in maniera insopportabile.

Si accomodò meglio e chiuse gli occhi.

- Chissà se i ragazzi sono riusciti a vederti, in tv…- mormorò. - Non li ho neanche chiamati. -

Sentì il corpo di Yuki, sopra il proprio, irrigidirsi impercettibilmente.

- Sapevano che venivi qui?-

E Seiji fece un risolino.

- Praticamente, hanno fatto una colletta per pagarmi il biglietto!-

Tutto il club, e buona parte dei suoi amici; anche alcuni studenti, e studentesse!, della classe di Yukito. E Kumi-chan, che lo aveva guardato con lo sguardo fra il malizioso e l’estasiato, mentre gli dava le proprie istruzioni. Anche lei - e per Kurihara era stato quasi uno shock - pareva essere una delle tante studentesse perse dietro a Okazaki!

Yuki tornò a rialzarsi a guardarlo di scatto.

- Davvero?!- escalmò stupito.

- Davvero! La proposta è venuta da quell’esagitato di Yamazaki, e gli altri gli sono andati dietro. Non sembra, ma quando ci si mette, il senpai sa essere esageratamente convincente. A un certo punto, sembrava una questione di vita o di morte. - Fece un gran sorriso. - Beh, per me quasi lo era, a dir la verità. Non ce la facevo più! Comunque, diciamo che sono qui anche per fare il tifo in prima persona da parte del club del nuoto e di tutta la scuola. Il rappresentante del Senkawa!- Ridacchiò, e Yuki scosse il capo divertito. - Oh, anche Tsukishima ha fatto la propria parte, e ha spillato un po’ di soldi dai vari amici. -

- Sei scemo…Potevi chiederli a me. Te lo avevo anche detto!-

Seiji si strinse nelle spalle.

- Volevo farti una sorpresa. E poi, i ragazzi si sono divertiti! Erano tutti eccitati. E Yamazaki-senpai non la finiva più di farmi raccomandazioni. Peggio di mia madre!-

Risero entrambi, divertiti, e forse sollevati da quelle manifestazioni di solidarietà.

- Dovrò ringraziarli. - mormorò poi Yukito. - Non potevano farmi regalo più gradito…-

Gli sorrise, poi lo baciò, prima di tornare nuovamente a sdraiarsi.

- Grazie anche a te…Per essere venuto. -

- Non è stato un gran sacrificio. -

Gli sentì fare un leggero risolino; poi, di nuovo silenzio.

- Senti…Domani…Non so quanto ci vedremo. Io devo…Ho bisogno di…di stare un po’ da solo. La gara è alla sera, però…-

- Non ti preoccupare. Tu fai quello che devi fare. Io sarò sugli spalti, con gli altri. E vedi di non deludermi. -

Altro risolino.

- Non ti deluderò. -

Altro silenzio.

- Mh…Speriamo che Pieter sia stanco…- mormorò con la voce già assonnata.

Dopo poco, Seiji udì il suo respiro regolare e profondo che gli sfiorava il petto, e coprì il compagno con il lenzuolo.

- Buonanotte…- gli bisbigliò.

Sorrise al buio.

Era felice.

Si svegliò prima dell’alba.

Non era stanco, e gli pareva di aver dormito abbastanza.

Yuki, ora, era accoccolato al suo fianco, le braccia strette a lui e il capo appoggiato alla sua spalla.

Seiji voltò il proprio a guardarlo.

Era da tanto che non lo faceva, troppo che non aveva la possibilità di perdersi ad osservarlo in quelle circostanze.

Gli piaceva guardarlo mentre l’altro dormiva.

Il suo volto, la sua espressione, erano ancora più belli del solito.

Mancava solo l’azzurro meraviglioso dei suoi occhi.

Ma c’erano l’ovale perfetto, la pelle chiara e morbida, le labbra rosse, le lunghe ciglia scure, i capelli sottili che gli accarezzavano la fronte.

Era così bello da togliere il fiato.

Da non sembrare vero.

Gli sfiorò la fronte con un bacio, e l’altro si mosse piano, con un lieve gemito, biascicando qualcosa.

Pareva indifeso e fragile come un bambino.

Sorrise.

Gli piaceva l’idea di doverlo proteggere.

Rimase a guardarlo ancora, poi sospirò.

- Ti voglio bene, Yuki. - sussurrò.

….E come d’incanto, le palpebre di Yuki si sollevarono, e i suoi occhi misero a fuoco su di lui.

- Cosa hai detto?-

E Seiji sussultò lievemente, allarmato.

Era convinto che l’altro fosse addormentato.

- N…niente…-

Yuki gli si fece ancora più vicino.

- No…Cosa hai detto…-

La sua voce era bassissima, ma penetrante, e ferma, quasi quanto il suo sguardo.

- Niente…Dormi…-

Yuki non si mosse.

I suoi occhi brillavano, non c’era traccia di stanchezza o intontimento.

Aspettava, quasi proteso.

Seiji deglutì a vuoto, spostò lo sguardo dal compagno, si passò la lingua sulle labbra.

Perché doveva essere così difficile?

Di cosa aveva paura?

In fondo, era ciò che sentiva…

Sì, ma una cosa era pensarlo, un’altra ammetterlo apertamente, a voce alta.

Era una cosa che ne implicava molte altre, che lo avrebbe messo in una posizione di svantaggio, forse di inferiorità, che avrebbe dato all’altro lo spunto per ferirlo, per prenderlo in giro.

Tornò a guardarlo, forse per studiare meglio le sue reazioni, forse per avere la sensazione di guardare in faccia la realtà.

- Ti voglio bene. - disse, la voce ferma.

E al diavolo tutto.

Se Yuki lo avesse deriso, lo avrebbe preso a pugni.

Ma Yuki non rise.

Gli si strinse di più, con un sorriso così luminoso e felice che pareva aver fatto sorgere il sole.

- Ripetilo…- sussurrò.

Lui quasi mise il broncio, cercando di assumere un’aria annoiata e indifferente.

- Te l’ho già detto. -

- Ripetilo. - e la sua bocca, ormai, gli era ad un soffio dalle labbra.

Accidenti a lui! lo faceva apposta!

- Non…Mh…Ti voglio bene. Ok?!- Quasi brusco.

Ora l’altro rise davvero. Un risolino leggero, estasiato, che precedette un lungo bacio, e altri più brevi, su tutto il suo viso.

Poi si fermò, gli occhi azzurri, scintillanti, fissi nei suoi.

- Anch’io ti voglio bene…-

Un nuovo sussurro, di nuovo deciso, di nuovo penetrante.

Seiji sentì il cuore saltargli in gola, quasi dolorosamente, ma senza fargli male sul serio.

Niente poteva fargli male, in quel momento.

Sorrise a propria volta, poi afferrò il volto del compagno e lo riavvicinò al proprio.

- Ora dormi, scemo! altrimenti domani ti addormenterai in acqua. -

Lo baciò e lo costrinse a sdraiarsi, quasi passando sopra a quanto si erano appena detti, a quello che significava.

Ma non smise di pensarci.

E non riuscì a prendere sonno fino al mattino.

- Ok, io vado. Magari ci vediamo a pranzo, o sugli spalti. -

- Non ti preoccupare. Tu preparati al meglio. -

Yuki aprì la porta della stanza.

- Ehi!- lo richiamò Seiji, e l’altro si voltò verso di lui. - Vedi di regalarmi una bella gara!-

Yuki lo fissò, poi sorrise e annuì piano.

Era carico, deciso.

Un attimo prima che la porta si richiudesse alle sue spalle, Seiji si accorse del piccolo ciondolo attaccato alla sua borsa.

Un delfino azzurro.

Il suo portafortuna.

Fece un lungo sospiro e si ributtò a letto, contento come non lo era mai stato.

Urla, suoni, passi, risate…

Rumori di ogni tipo, ovattati, che lo circondavano.

Riusciva ad estraniarsene, ma a volte si soffermava ad ascoltarli.

Sapeva che c’erano molti atleti che, per rilassarsi, ascoltavano la musica.

A lui bastavano i rumori della piscina, lo sciabodìo sonnolento dell’acqua, il risucchio, il fruscìo.

Come un ondeggiare lieve, che lo cullava.

Quasi gli sembrava di entrarci in sintonia, di diventare un tutt’uno con essa.

Quando era piccolo, faceva finta che l’acqua fosse la sua vera casa; spesso arrivava a convincersi che fosse addirittura vero.

Ci passava ore, ci si immergeva, e più niente andava male, niente lo feriva.

Non doveva parlare, non doveva ascoltare, nessuno lo guardava, nessuno lo derideva o lo rimproverava; gli sembrava di muovercisi anche meglio, quasi fosse quello il suo ambiente naturale.

E la cosa era durata per anni, fino a che non era più tanto piccolo.

Forse, continuava ancora…

Anche adesso.

Specie in quei momenti.

L’acqua faceva parte di lui, e lui di essa.

Complice, alleata, essenza di vita…

Udì le sirene di prova dello start, la musica, le voci degli speaker, e lentamente si mise seduto, togliendosi l’asciugamano dal capo.

Fra poco sarebbe toccato a lui.

Era pronto.

Seiji era sulle gradinate insieme alla squadra, già in piedi e in movimento quasi non riuscisse a stare fermo in nessun modo.

Aveva visto Yuki solo due volte, quel giorno, ma a quello era preparato; sapeva perfettamente come l’altro avesse bisogno di solitudine e tranquillità, per concentrarsi prima di una gara.

Quello a cui non era preparato, però, erano la tensione e l’agitazione che crescevano in lui man mano che si avvicinava l’ora della finale.

Guardava l’orologio in continuazione, camminava avanti e indietro, sbuffava impaziente e inquieto, e gli sembrava che una morsa gli avesse afferrato lo stomaco e lo stringesse sempre di più.

Quando la voce all’altoparlante annunciò il prossimo inizio delle finali, il cuore gli balzò in gola facendogli mancare il respiro.

Non aveva mai provato tanta paura in tutta la propria vita.

"…E in corsia numero sei, avremo il giapponese Okazaki, la vera sorpresa di questa finale; non ancora diciassettenne, è alla sua prima Olimpiade. Con un personale di 48.71, nuotato in batteria, può veramente provare ad inserirsi fra i migliori. Vedremo se saprà mantenere le aspettative, o se si farà sopraffare dalla tensione di una finale a questi livelli. Dopotutto, è ancora molto giovane…

…Sì, e ha già vacillato in semifinale, pagando forse lo sforzo della prima gara. Ma è parso sicuro, ieri sera, e per niente appagato dal risultato ottenuto. Si è stupito, quando i giornalisti lo hanno avvicinato facendogli i complimenti; ha ribattuto che era Van Den Hoogenband, a meritarli, non certo lui, che era solo quarto. E non pareva affatto impaurito dagli avversari che avrebbe dovuto affrontare. Un ragazzo molto serio, più maturo della sua età…

…Mh, sarà davvero interessante vedere come reagirà agli attacchi e ai ritmi imposti dall’olandese e dall’australiano…

…E non dimentichiamoci di Popov…Il russo punta al terzo oro olimpico della specialità……"

Annuncio.

Chiamata.

Controllo dei cartellini.

La musica che accompagna gli atleti ai loro posti.

Uno dietro l’altro, in fila, ognuno perso nei propri pensieri, preso dalla propria concentrazione.

Colori diversi, nazioni diverse, un unico scopo.

Il pubblico già freme, le squadre salutano con ovazioni i propri atleti.

…Hall, Froelander, Popov, Van Den Hoogenband, Klim, Okazaki, Walker, Pimankov…

Otto. Uno contro l’altro.

Yuki alza solo un braccio, quando sente il proprio nome.

Quasi non si accorge delle urla d’incitamento che lo accompagnano.

…Sa che Seiji è lassù, sa che lo sta guardando…gli basta questo…

Si spoglia, mette ancora a posto gli occhialini, si avvicina al blocco.

Di fronte a lui, acqua trasparente, azzurra.

Cinquanta metri da percorrere due volte.

Da divorare, da spazzare via.

La sua corsia.

La sua strada.

Il suo momento.

Il giudice chiama ai blocchi.

Yuki fa un lungo respiro, prima di salirci, prima di piegarsi in avanti, prima di afferrarne i bordi, pronto allo slancio.

Gli sembra di essere immerso in un silenzio assoluto, e che attorno a lui non ci sia nessuno.

E’ sempre così.

Quando è sui blocchi di partenza, non esiste più nessuno; non conta chi occupa le altre corsie, non importano i loro nomi, i loro tempi, la loro forza: sono tutti avversari.

Lui li deve solo affrontare.

Solo battere.

La sirena suona, e lui scatta in avanti.

Non era neanche riuscito a gridare.

Lo aveva guardato alzare il braccio in segno di saluto, ma non aveva emesso un suono, mentre attorno a lui tutta la squadra lanciava urla di incoraggiamento.

Era così rigido che non sarebbe riuscito nemmeno a mettersi seduto, e così agitato da avere il fiatone.

Si sporse in avanti, gli occhi spalancati che seguivano Yuki quasi avessero temuto di perderlo di vista, e i pugni stretti spasmodicamente.

Quando l’altro salì sul blocco, il cuore gli batteva all’impazzata, facendogli male al petto.

Se avesse dovuto gareggiare lui, sarebbe stato sicuramente più tranquillo!

Al suono dello start, quasi sussultò.

Poi si lasciò assorbire dalla gara.

Intorno a lui, il boato del tifo era assordante. Si era abbassato solo un attimo durante la partenza, per poi esplodere di nuovo più forte che mai.

Yuki era partito bene, stavolta.

Era appaiato agli altri, non si faceva staccare.

Neanche da quel Pieter, il pirata, il mostro di bravura che aveva sgretolato il muro dei quarantotto.

Nella corsia accanto, Klim virò per primo,Van Den Hoogenband terzo.

Yuki era ancora quarto, vicinissimo.

Una vasca, una sola, l’ultima.

Dicevano che l’olandese aveva un ritorno folgorante.

Lo aveva visto anche lui, nei duecento, e il giorno prima, nelle semifinali.

Ma anche Yuki aveva un’ottima seconda vasca.

E questo, perlopiù, lo sapevano in pochi.

Lui lo sapeva.

Van Den Hoogenband venne fuori, bracciate potenti, il corpo quasi sollevato sull’acqua.

Poi, il russo, Popov, la falcata più morbida, lunga, elegante.

E Yuki era ancora lì, sempre più vicino, affiancato; la nuotata più leggera, la respirazione regolare, la battuta di gambe continua, con pochi spruzzi. Affatto scomposto. Affatto intimorito.

L’australiano, ormai, era dietro.

Seiji si sporse ancora più avanti, la gola secca, le labbra secche, il cuore che viaggiava a ritmi esagerati.

Da quella posizione non riusciva a capire com’era piazzato Yuki.

Gli sembrava che avesse superato tutti, ma lo vedeva da un lato, da dietro…

Poi, l’altro toccò le piastre, arrivò alla fine.

E Seiji seppe.

Inequivocabilmente.

Si tuffa, e l’acqua lo schiaffeggia, corroborante.

Poi lo avvolge, protettiva.

…Un tutt’uno…

E’ leggera, quell’acqua. Forse c’è meno cloro.

E meno onde, meno turbolenza.

E’ perfetta.

La prima vasca termina in un baleno.

Quasi non gli sembra di aver respirato.

Si spinge contro il muro e aumenta il ritmo delle gambe.

E’ quella la parte più importante, quella in cui di solito riesce a dare il meglio.

Non vede quasi niente, solo schizzi, ombre, ma si accorge che ha passato Klim.

Più oltre c’è Pieter.

Non gli importa di vederlo: sa che c’è, sa che non deve mollare.

Non adesso.

Settantacinque.

Mezza vasca.

Allunga la bracciata, aumenta la trazione, ancora la battuta di gambe.

Si sente leggero, per niente stanco.

Gli sembra quasi di volare.

…"Guardami, Seiji."…

Pochi metri.

Non respira più.

Si allunga in avanti.

Tocca le piastre quasi con violenza.

Si volta subito verso il tabellone.

E’ istintivo, quasi vitale.

Poi si toglie gli occhialini, la cuffia, sbatte le palpebre.

E finalmente mette a fuoco.

Inequivocabilmente.

Non aveva neanche bisogno di guardare il tabellone dei risultati.

Gli bastò il suo arrivo.

E la tensione, la paura, l’agitazione, scivolarono via come d’incanto, e lui tornò a respirare.

Saltò sul muretto di suddivisione e levò le braccia al cielo, urlando a squarciagola, liberando finalmente l’esaltazione che sentiva dentro.

Era incredibile, impossibile, straordinario.

Afferrò una bandiera del Giappone e la sventolò, continuando a gridare come un pazzo, le lacrime che gli salivano agli occhi insieme alla voglia sfrenata di ridere.

Yuki, intanto, appariva ancora spaesato.

Fissava il tabellone, smarrito, forse scioccato.

Poi, si passò una mano sui capelli, sembrò sorridere, e si voltò dalla sua parte.

Fissò il proprio sguardo su di lui.

Seiji era convinto che lo vedesse benissimo.

Poi, puntò il dito verso di lui, quasi ad indicarlo al mondo intero, o quella fosse una cosa solo fra loro due.

Dopo strinse il pugno, lo sollevò vittorioso.

Sugli spalti, la squadra esultava impazzita, e fra il pubblico sventolavano bandierine e ventagli bianchi con al centro il sole rosso.

Seiji aveva cominciato a saltare al ritmo con i cori dei compagni, mentre qualcuno lo teneva per le gambe affinché non cadesse.

In quel momento non gli importava se anche si fosse fatto male.

Poi, come colto da un’ispirazione improvvisa, scese con un salto e si allontanò dagli altri di corsa.

48.10.

Primo.

Forse si sono sbagliati.

Il tabellone non funziona.

E’ stupido, ma è la prima cosa che pensa.

Pieter non può aver peggiorato, e Popov non può essere arrivato dopo di lui.

Poi, qualcuno gli batte sulla spalla, gli arrivano dei complimenti.

Primo…

Guarda ancora i risultati.

E’ davvero il suo nome, la sua corsia, la sua nazionalità.

Si posa una mano sulla fronte, incredulo, poi si volta verso la squadra, sulle scalinate.

Verso Seiji.

Lo vede subito.

Sta urlando, sporto pericolosamente in fuori, con una bandiera in mano.

Lo guarda, lo fissa.

Solleva il braccio e lo indica, poi leva il pugno al cielo, in segno di vittoria.

…"Per te, Seiji."…

Van Den Hoogenband è al suo fianco, gli posa il braccio sulle spalle. Anche lui pare incredulo, frastornato; se avesse ripetuto il proprio record, non avrebbe avuto alcun problema a vincere. E’ deluso, ma gli fa i complimenti, sembra anche contento per lui.

E’ d’obbligo, è quasi una legge: se sbagli qualcosa, puoi perdere la tua occasione. Non puoi prendertela con nessuno, solo con te stesso.

Yuki sorride, finalmente, ma si sente ancora intontito.

Scivola sotto le corsie, esce dall’acqua; il frastuono del pubblico è quasi assordante, ma fa venire la pelle d’oca, brividi d’emozione che non si possono descrivere.

Alza ancora il braccio, quasi con incertezza, va a recuperare la propria roba; poi, Popov gli si avvicina, gli stringe la mano, e lui si sente quasi svenire.

Le telecamere lo seguono, giornalisti e fotografi lo accerchiano.

Domande, sorrisi, ancora complimenti.

Non sa quasi che rispondere, quasi fa fatica a parlare, è tutto ancora troppo incredibile, troppo…strano.

Poi sente urlare il proprio nome, un grido distinguibile anche al di sopra dei rumori della folla.

Si volta, e lo vede.

E’ a fianco del bordovasca, nella zona dove di solito stazionano gli allenatori, e si sporge in fuori, facendosi largo fra la gente, le braccia tese davanti a sé. Lo chiama, urla, sta esultando.

Yuki si sente invadere da un’emozione così forte che lo fa tremare.

Lascia perdere tutti, tutto, ignora il telecronista che gli sta facendo un’altra domanda, e si muove verso Seiji.

Quasi si mette a correre.

Ora sorride, apertamente, e allo stesso tempo avverte un groppo afferrargli la gola.

Gli getta le braccia al collo e si stringe a lui, il volto che affonda nella sua spalla, il corpo finalmente rilassato che si appoggia al suo.

E’ così caldo, e confortante.

Lo sente urlare, ridere, abbracciarlo a propria volta, per un attimo l’altro lo solleva pure da terra.

Lui non riesce a staccarsi dal suo collo, non riesce a dire niente.

Sta piangendo.

Piange, e piange, senza riuscire a trattenersi, stupidamente, le lacrime forse un mezzo per buttare fuori tutta la tensione, le paure, la stanchezza. Per eliminarle.

Vorrebbe ridere, ma ancora non ce la fa.

Seiji lo scosta di poco, gli accarezza le guance, i capelli, mormora qualcosa e ridacchia.

Lo sta schernendo, bonariamente.

Yuki appoggia la fronte al suo petto e tira su con il naso, cerca di asciugarsi gli occhi.

Non è ancora in grado di capire cosa stia provando veramente.

Sa solo che sembra un sogno.

Il sogno che ha fatto per anni.

Scese a precipizio lungo le scalinate, facendosi largo fra la folla, spintonando e scusandosi, imprecando e ridendo insieme.

Doveva arrivare in tempo, doveva arrivare da lui.

Arrivò all’altezza del bordo vasca e spinse ancora, protendendosi verso l’esterno, cercandolo con lo sguardo.

Lo vide subito e lo chiamò, urlando per farsi sentire, ma anche perché in quel momento era così esaltato che non sarebbe stato in grado di fare altrimenti.

Accanto a lui, la gente lo guardava un po’ sconvolta, ma anche comprensiva, sorridente.

Si rendeva conto di quello che stava provando.

Yuki si voltò.

Aveva gli occhi quasi spalancati, l’aria stralunata, stravolta, che si illuminò non appena lo scorse.

Sembrava così giovane che ci si sarebbe potuti chiedere cosa ci facesse lì.

Gli venne incontro, gli sorrise, gli saltò al collo.

La sua pelle era ancora umida, fresca.

Seiji lo strinse a sé con forza, urlando ancora la propria gioia, sollevandolo di peso.

- Grande! Grande! Grande!-

Yuki rimaneva aggrappato a lui, quasi non riuscisse a stare in piedi in altro modo, il viso affondato nella sua spalla. Sembrava addirittura tremare.

- Ehi…-

Cercò di scostarlo da sé, per guardarlo in faccia, e udì i suoi singhiozzi.

- Ehi…Non starai mica piangendo…?-

Ridacchiò, riuscendo a prendergli il volto fra le mani, portandolo davanti al proprio.

- Scemo…- Rise ancora, e gli accarezzò le guance, rigate di lacrime, i capelli umidi.

L’altro singhiozzava come un bambino.

- Scemo…-

Gli fece appoggiare la fronte al proprio petto e gli scompigliò i capelli con dolcezza.

Che piangesse pure, che si sfogasse.

Ci avrebbero scherzato più tardi.

Si strinse nelle spalle e fece un mezzo sorrisino alle telecamere che li stavano riprendendo.

Poi Yuki si mosse, tirò su con il naso, si passò una mano sugli occhi, per asciugarli.

- Non dirlo a nessuno…- borbottò, lo sguardo ancora basso.

Seiji si guardò attorno e sorrise ilare.

- Credo che in questo momento ti stiano vedendo milioni di persone. - gli annunciò con una risatina.

E Yuki voltò il capo di scatto, accorgendosi delle telecamere, dei flash delle macchine fotografiche, delle persone attorno a loro che lo osservavano compiaciute e sorridenti.

- Merda!-

Tornò a nascondere il volto, ad asciugarsi gli occhi, e Seiji scoppiò a ridere.

- Va’ a cambiarti, scemo. Ti raggiungo negli spogliatoi. -

Yuki annuì e si scostò, poi lo guardò, ancora commosso, gli occhi ancora lucidi.

- Allora…Ti ho regalato una bella gara?- domandò, con un sorriso.

Seiji non riuscì a trattenere un’altra risata.

- E me lo domandi?! Meglio di così!!-

Yuki sollevò le sopracciglia e storse la bocca in modo buffo.

- Beh…Potevo scendere sotto i quarantotto. O battere il record del mondo!-

Seiji scosse il capo e fece il gesto di dargli un pugno sulla testa.

- Muoviti o ti prendo a botte qui davanti a tutti!!-

Rise anche Yuki, sollevato, felice.

Gli tenne la mano finché gli fu possibile, incurante degli occhi della gente puntati su di loro.

Poi si allontanò, circondato nuovamente da addetti stampa, televisione, fotografi, finalmente anche gli allenatori della squadra, e sparì alla sua vista.

Si chiese quando sarebbe riuscito ad averlo di nuovo tutto per sé.

"Ha lo sguardo spaesato, il nuovo campione olimpico dei cento stile libero quando arriva in sala stampa, gli occhi luminosi, azzurrissimi, che si posano quasi spaventati sulla folla di giornalisti che lo sta aspettando.

Forse non crede ancora a quanto è successo, all’impresa che ha appena compiuto. Forse è intimorito, o impacciato. Ha solo sedici anni, e in questo momento li dimostra tutti, a dispetto della sicurezza dimostrata ieri, e soprattutto oggi, in quella finale che lo ha consacrato campione, e in ogni caso secondo miglior tempo al mondo nella specialità. Anche il suo pianto liberatorio, dopo la gara, lo ha reso più umano, più vicino a tutti noi, un ragazzo di sedici anni catapultato in un sogno. Si siede e aspetta le domande di rito. Non vuole l’interprete, capisce e parla l’inglese abbastanza bene; retaggio, forse, del suo sangue per metà australiano. E questo fatto s’insinua anche nelle domande dei giornalisti, che vogliono sapere se si è sentito quasi a casa, qui in Australia.

- Non c’ero mai stato prima. Per me è un Paese straniero, ancora sconosciuto. Io sono giapponese. -

Sembra dirlo quasi con durezza, come a volerlo far capire bene, senza che ci si torni ancora su.

Ha già perso la sua titubanza, la sua incertezza. E’ di nuovo il campione che ha detronizzato lo Zar, che ha sorpreso Van Den Hoogenband il mostro.

- Cosa hai provato quando hai capito di aver vinto?- - Come ti senti ad essere il numero uno?- - Cosa farai adesso?-

Le domande si susseguono, sempre simili, ripetitive. Ma Okazaki risponde tranquillo. Sembra esserci abituato.

- Ci ho messo un po’ a capirlo, credo…E poi, una gioia indicibile, una soddisfazione che non riesco ancora a concepire bene. E’ una sensazione…strana. Incredibile. - - Non mi sento il numero uno: Pieter ha ancora il record del mondo. E’ lui il numero uno!- - Adesso, mi preparo per i cinquanta. Poi, credo che mi riposerò per una settimana. E poi devo tornare a scuola!-

Fa una piccola smorfia, e tutti ridono.

- Non sembri molto contento. - commenta scherzoso un telecronista americano.

- Ssì…lo sono. - Si morde un labbro, arrossisce. - Più o meno…-

Altre risate. Lo hanno già preso tutti in simpatia. Alterna un misto di maturità e ingenuità che intenerisce.

- No…Non credo che la mia vita cambierà. Almeno per quanto mi riguarda. Dovrò continuare ad allenarmi, con sempre maggiore impegno, per mantenere le aspettative. Diventa tutto più difficile, quando non sei più uno sconosciuto. -

VDH, Klim, Popov: tutti nomi importanti. Non ti sei sentito intimorito?

- Quando sono sul blocco, non penso più a chi ho contro: chiunque è da battere, anche l’ultimo arrivato. Se ti fai intimorire, è già finita. -

Sicuro, deciso, come un veterano. Si capisce come abbia fatto a vincere contro tutti i pronostici.

Il momento più bello?

- Tanti. Troppi. Non lo so…Forse…la stretta di mano di Popov, il suo "bravo"…- Abbassa gli occhi, arrossisce ancora. Fa capolino il ragazzo, che ogni tanto sovrasta il campione.

Hai qualcosa da dire ai tuoi avversari?

Ora è stupito, forse sconcertato dalla domanda. Si stringe nelle spalle.

- Che li aspetto a Fukuoka, l’anno prossimo, ai Campionati del mondo. -

A casa sua, nel suo Giappone. Lì sarà quello da battere, non più l’outsider.

Qualcuno accenna un applauso, arrivano altri complimenti, poi un’ultima domanda, dalle retrovie.

- Dedichi a qualcuno, questa vittoria?-

Okazaki piega la testa di lato, il suo volto pare illuminarsi.

- Ai miei allenatori e al club del nuoto della mia scuola. - Poi sorride, lo sguardo quasi pensieroso. - Ma soprattutto, ad una persona senza la quale, probabilmente, non sarei neppure qui. - La sua voce è profonda, penetrante.

Silenzio. Nella stanza sembra si stia col fiato sospeso.

- E questa persona ha un nome?- azzarda qualcuno.

E il suo sorriso si accentua. E’ molto bello, quasi angelico.

- Certo che ce l’ha, ma non è necessario che voi lo sappiate. - Non è certo intimorito; ora è lui che guida il gioco. E sembra divertirsi. - E’ la persona più importante al mondo, per me. -

Ci guarda tutti, quasi a sottolineare con forza quello che ha appena detto, con quegli occhi azzurri che colpiscono, in un orientale, e che ammaliano. Poi sorride ancora, e si guarda attorno come a chiedere se può andare. Si alza, saluta con un inchino elegante, esce.

Rimaniamo tutti con la stessa impressione: che sia appena uscito un grande campione.

Forse è ancora troppo presto, per essere sicuri che lo sia pienamente. Ma è certo che oggi lo è stato: in acqua e fuori. "

Il telefono squillò alle due di notte.

Era rientrato tardissimo, esausto dopo la serie di interviste e di incontri che era stato costretto a subire, ma ancora eccitato per il risultato della gara, e felice di aver trovato Seiji ancora sveglio ad aspettarlo.

Aveva fatto una lunga doccia, poi si era abbandonato nelle braccia del compagno, ascoltando la sua gioia, l’esaltazione, complimenti e rimproveri, il solito fiume di parole, e rilassandosi alle sue carezze, ai suoi baci.

Il trillo del telefono, a quell’ora, fece sussultare entrambi.

Yuki si allungò e sollevò la cornetta.

- Hallo. -

- Chiamata intercontinentale per Okazaki Yukito. Posso inoltrare?-

- Sì…-

Attese in linea, mentre Seiji lo guardava interrogativamente e lui scuoteva la testa di rimando.

Chi poteva chiamarlo a quell’ora?

Udì uno scatto, poi una voce.

- Okazaki?-

- Sì?-

Poi non capì più niente.

Le sue orecchie vennero investite da un’esplosione di urla, ululati, strilli, esclamazioni, tanto che dovette allontanare la cornetta.

Le sentì anche Seiji, e subito si sollevò a sedere.

- Sono i ragazzi!- esclamò, e lui lo guardò stupito.

I ragazzi?

Quelli del club?

- Aspetta, metti il viva-voce. -

Adesso era la stanza ad essere invasa da quella cacofonia di voci, un misto di risate, grida, tonfi; poi qualcuno riuscì a farsi sentire coerentemente.

- Ehi, Okazaki! Ci sei?-

Okajima…

- Ssì…- Si schiarì la voce. - Sì. -

- Waaaah!! Sei stato grande!! Eccezionale!! Superbo!! Lo so che te lo avranno già detto tutti, - "No…Non così …"- ma non me ne frega niente, te lo ripeto anch’io! Qui sono tutti impazziti e…-

- Impazzito sarai tu! Dài qua. Okazaki…ti amo!! Sei il migliore del mondo! Anzi, dell’universo!!-

- Piantala, deficiente!! Kinimoto è ubriaco, come al solito. - Yuki rise, e si strinse a Seiji, che aveva già storto la bocca. - C’è un sacco di gente, qui. Non si capisce più niente…-

- Okazaki, sei il numero uno!!-

-…e, sì. Yamazaki voleva dirti qualcosa, ma sta ancora piangendo. Anche Shiozaki è andato fuori di testa: quando hai toccato le piastre, si è messo ad urlare come un pazzo! Non la finiva più. -

Seiji scosse il capo.

- Sono impazziti tutti sul serio. - bisbigliò.

- E le ragazze sono ancora in lacrime insieme a Yamazaki! La Hisaishi è addirittura svenuta!!-

- Ehi, è Okazaki? Eh? Okazaki? Sono Sekigawa. Mi senti?-

- Sì, certo…Ti sento. -

Anche se era stordito, e così commosso da riuscire a malapena a parlare.

- Sei davvero un grande! Merda, oggi è stato…straordinario, super. Veramente! Non volevo crederci, cazzo! E invece…Dio, sei un genio!! Ora ti moriranno davvero tutte dietro, per noi non ci sarà più speranza. - Yuki trattenne un risolino, mentre Seiji lo guardava malizioso. - Accidenti a te! Sei…-

- Io ti ho già detto che ti amo?-

- Sì! e se lo ripete un’altra volta, lo ammazzo!-

- Ehi! Gli stavo parlando io!!-

- Anch’io ti amo, Okazaki-san!- Questa era una ragazza. - Sei l’essere più bello che esista sulla terra!!-

Yuki si sentì arrossire e si buttò addosso a Seiji, quasi a voler nascondere il proprio imbarazzo e la propria commozione.

- E’ meglio che la smettiate con queste dichiarazioni. - intervenne una voce ragionevole. - Ciao, Okazaki. Sono Tsukishima. -

Yuki annuì; anche senza conoscerlo bene, lo aveva riconosciuto.

- Ciao…-

- Beh, naturalmente anch’io volevo unirmi ai complimenti. Hai davvero tenuto alto il nome della scuola. Fin’ troppo: questa topaia non lo merita a tal punto!- Yuki rise. - Comunque, a parte tutte le cretinate che sono venute fuori, qui siamo tutti orgogliosi di te. Credo che lo sia tutto il Giappone, ma noi lo siamo di più. -

Yuki deglutì, per ricacciare indietro il groppo che sentiva in gola.

- Grazie…- mormorò.

- Grazie a te. E’ stata una gara davvero emozionante. Quello scemo di Seiji è lì con te?-

- C’è e ti sente benissimo, stronzo!-

- Oh…Sei attaccato anche tu alla cornetta?!-

- C’è il viva-voce, idiota! Cosa vuoi?-

- Allora hai ascoltato tutte le dichiarazioni che hanno fatto a Okazaki…- Ridacchiò, e Seiji grugnì. - Vedi di non distrarlo troppo: ha ancora una gara. -

- Non lo distraggo affatto: mantengo al massimo la sua concentrazione. - Tirò fuori la lingua e fece un ghigno.

- Scommetto che userai un metodo infallibile…-

- Tu fatti gli affari tuoi!-

- Okazaki…Scusa se te lo abbiamo mandato, ma non ce la facevamo proprio più. Era diventato davvero insopportabile!-

- Sto cercando di fare il possibile per non cacciarlo anch’io!-

- Ehi! Bastardi! Guardate che se non c’ero io, questo qui non entrava nemmeno in finale!!-

- Sì, sì. -

- Sei veramente stronzo, Hideo!-

- Ehi, c’è anche Kurihara!-

- Kurihara bastardo!-

- Tu sei là a divertirti e noi ci spacchiamo il culo a scuola!!-

- Com’è stato, dal vivo?!!-

- Chissà quante belle ragazze…-

- ‘Tanto non lo cagherà nessuna!-

- Giusto!-

- Che begli stronzi di amici!!-

Altre urla, altre risate. In sottofondo si udivano anche dei cori.

Poi, una voce nuova, che cercava di farsi udire al di sopra del frastuono.

- Okazaki. Okazaki?-

- Ciao, senpai. -

- Finalmente…Qui c’è un tale casino. Hai mobilitato tutta la scuola. L’hai commossa. E io…Ora non so cosa dirti. Che scemo! Io…Sei stato magnifico. Dall’inizio alla fine. Una gara perfetta. Ma già lo saprai…E non è vero che stavo piangendo. Cioè…sì, ho pianto, ma…Per forza! Vederti così, e quando hai toccato. Di poco, ma nettamente. Qui si sono messi ad urlare, ma io ho voluto aspettare i risultati, leggerlo sullo schermo. Quasi non ci credevo. Kinimoto, invece, aveva già scommesso su di te, è saltato subito in piedi sulla sedia. Sai come fa. E poi, vederti sul podio, con l’inno e tutto il resto… - Rise, prese fiato. - Scusa, sto parlando troppo. Allora, ti aspettiamo sui cinquanta; fatti valere. E…E poi…- Abbassò la voce. - … stai un po’ con Kurihara. Riposati, qualche giorno, con lui…Ok?-

Yuki strinse le labbra, lo sguardo fisso in quello di Seiji.

- Ok. - rispose. - Grazie, senpai. Per la telefonata. E per…per il resto. Per Seiji…Lo sai. Ringrazia tutti, di cuore. Tutti quanti. -

- Va bene…Anzi, aspetta. - La sua voce si allontanò, poi di nuovo esplose il boato di voci, che lo salutavano, e ancora esultavano per la sua vittoria.

- Grazie ancora…-

- Grazie a te. Sei un campione. -

Yamazaki riattaccò, e la stanza piombò nel silenzio.

Yuki fece un lungo sospiro, poi si allungò verso Seiji e gli sfiorò le labbra con le proprie.

- Sapevi che avrebbero chiamato?-

- Avevano già provato, ma tu non c’eri. Credevo avrebbero riprovato domani. -

Yuki sorrise, sentendosi ancora commosso.

- Sono dei pazzi furiosi!- commentò ancora Seiji, con un risolino.

Yuki annuì, piano.

- Meglio così…- sussurrò.

- Sei contento?-

Seiji lo guardava con un mezzo sorriso, e Yuki distolse il proprio sguardo.

Era contento, sì.

Contento per la gara, contento di avere vicino Seiji, contento di aver esaudito il proprio sogno. E contento per quella manifestazione di entusiasmo da parte dei compagni, che credeva perlopiù indifferenti.

- Non me lo aspettavo. - mormorò. - E’…E’ stata…una bella sorpresa. -

Seiji fece un gran sorriso.

- Credevi che si sarebbero persi la tua gara? Una finale??-

- No…Forse no…Ma…Non che arrivassero a telefonarmi. Cioè…non così. E’…strano. -

Strano che quei ragazzi, con cui parlava a malapena, dimostrassero interesse nei suoi confronti.

Seiji scosse la testa con una smorfia e lo attirò a sé, scompigliandogli i capelli.

- Sei tu, che sei strano! Sei un campione, hai vinto le Olimpiadi, e sei un loro compagno di scuola, di squadra. E’ normale che si entusiasmino per i tuoi risultati. Ti ammirano, alcuni ti invidieranno anche, altri ti sentiranno lontano, forse addirittura…superiore, ma sicuramente tutti avranno gioito davanti allo schermo, quando hanno assistito alla tua vittoria. E’ normale. -

Yuki deglutì a vuoto, e chiuse gli occhi.

- Anche se sono io…?- chiese a voce bassissima, sentendosi un po’ stupido.

Seiji glieli strinse nel pugno, i capelli.

- Anche se sei tu, certo! Soprattutto se sei tu! Stupido! Tu non hai idea dell’effetto che fai sulle persone, dell’impressione che susciti. Se la gente ti sta lontana, è solo perché sei tu che la tieni a distanza, non perché non voglia avvicinarsi a te o non si interessi a quello che fai e che sei!- Tacque, per qualche secondo, quasi a volergli far entrare in testa quel concetto, poi fece un lungo sospiro. - Non è un rimprovero, ok?- aggiunse più dolcemente. - E’ solo…solo per farti capire. -

E Yuki riaprì gli occhi, guardandolo.

L’altro lo fissava, come se cercasse di capire se lo aveva ferito, e allo stesso tempo volesse rassicurarlo che non aveva voluto farlo.

- Lo so che è colpa mia…- mormorò. - Lo so che sbaglio a…a comportarmi così, ma…-

Il fatto era che non riusciva a fare altrimenti.

- So di non essere molto simpatico, e di compagnia. Non riesco a parlare con gli altri, e a trovare cose divertenti e interessanti da dire. -

E poi, i legami anche minimi con altre persone, continuavano ad intimorirlo, e lui tendeva a ritrarsi ogniqualvolta qualcuno cercava di avvicinarlo, anche per le cose più semplici e normali.

- Questo lo dici tu…- intervenne Seiji. - Con me, ad esempio, parli. E scherzi. -

Yuki fece un breve sorriso.

- Sì…Ma con te è diverso…E’…Mi viene naturale. Mi…Mi sento più a mio agio, più sicuro, forse. E…Forse perché so che mi ascolti, o che…che…non lo so…che accetti tante cose di me, anche…anche il mio pessimo carattere, e…e quello che…che sono, e…tante cose…Forse…-

Si sentì arrossire e affondò i denti nel labbro inferiore.

Seiji rimase a guardarlo in silenzio, con le sopracciglia aggrottate e le labbra tirate.

- Hai ragione. - disse poi, in tono ironico. - Non so proprio come faccio a sopportarti!- Ridacchiò. - Scemo! Sei tu che ti fai troppi problemi. Se non provi a parlare con nessuno, come fai a sapere che la gente non vuole ascoltarti? Come lo fai con me, puoi farlo anche con qualcun altro. No? Beh, magari con calma…E con meno confidenza, naturalmente, altrimenti mi incavolo io!!- Rise ancora, e Yuki si rilassò di nuovo. Seiji aveva il potere di calmarlo, e davvero di metterlo a proprio agio. - Già Kinimoto stava esagerando, quel bastardo! Spero per lui che fosse davvero ubriaco, o lo ammazzo di botte sul serio, quando torno. - Ora rise anche Yuki. - E comunque, anche oggi hai parlato: davanti alle telecamere, a tutti quei giornalisti!-

Yuki lasciò andare il fiato in uno sbuffo.

- E infatti ero terrorizzato, non sapevo cosa dire! E poi, tutta quella gente sempre intorno…- Al pensiero, gli venivano ancora i brividi.

- Non mi è sembrato che tu sia stato zitto. Hai risposto tranquillamente a tutto. Con sicurezza e…Come dice, quell’articolo?-

- Quale articolo?-

- Quello della conferenza stampa. Era su Internet. "…come un veterano. Non più intimorito, ma sicuro come un veterano." Una cosa del genere. Aspetta, ce l’ho qua!- Si sporse verso il comodino e frugò nel cassetto, tirando fuori dei fogli di carta, mentre Yuki lo guardava stralunato, in bilico su di lui. - Ecco qui. Ho tirato giù tutto da Internet, mentre ti aspettavo. Allora…Ah, ecco. "Sicuro, deciso, come un veterano." E poi "Ha già perso la sua titubanza, la sua incertezza. E’ di nuovo il campione che ha detronizzato lo Zar, che ha…."-

Yuki sbuffò di nuovo, rumorosamente, e alzò gli occhi al cielo.

- L’ho letto, sì. E’ una stronzata!-

Glielo aveva fatto leggere Yamamoto, tutto entusiasta, e lui si era vergognato a tal punto che quasi aveva stracciato il foglio.

- Perché?!- Anche Seiji pareva sorpreso dalla sua reazione. - Anche qui, alla fine…"Rimaniamo tutti con la stessa impressione: che sia appena uscito un grande campione. Forse è ancora troppo presto, per essere sicuri che lo sia pienamente. Ma è certo che oggi lo è stato: in acqua e fuori. " Bello!-

Yuki scosse il capo.

- E’ pomposo, e assurdo. Come si fanno a scrivere certe cose in un articolo sportivo? e in quel modo, poi!-

- Ma dài, ha un bello stile. Ti racconta quasi come una storia, e la gente può anche…vederti, diciamo. - Fece un ghigno malizioso. - Parla anche dei tuoi ammalianti occhi azzurri…-

Yuki stirò le labbra in una smorfia.

- Appunto!! Cosa cavolo c’entrano con la gara e tutto il resto?!-

- Niente…Ma secondo me ci stava bene. -

Yuki sbuffò ancora, sprezzante, e si sentì arrossire.

Erano tutte assurdità, cretinate, parole vuote per colpire la gente.

Sentì il risolino di Seiji, e alzò gli occhi a guardarlo. Il compagno gli prese il viso fra le mani e lo attirò verso il proprio.

- Cos’è, ora mi affascini anche i giornalisti? Devo stare attento anche a loro?-

Yuki ridacchiò a propria volta, e si lasciò andare.

- Scemo…- sussurrò, prima di baciarlo.

Si abbandonò su di lui, e il bacio divenne più profondo, più appassionato.

Ne aveva avuto voglia per tutto il giorno; del suo sapore, della sua morbidezza, anche del suo desiderio.

Sentì le mani del compagno scivolargli lungo la schiena, accarezzargli la pelle, e si strinse ancora di più a lui.

Era così bello…Così…riposante.

Si scostarono di poco, e Yuki sospirò soddisfatto.

- Spengo la luce. - mormorò Seiji con un sorriso, e si allungò verso la lampada.

Rimasero al buio, e Yuki scivolò al suo fianco, appoggiando il capo alla sua spalla, intrecciando le gambe alle sue.

In silenzio, stretti l’uno all’altro, assaporando quel momento come qualcosa di unico, godendo solo del fatto di essere insieme.

Era stata una giornata indimenticabile, sconvolgente; e per Yuki era cominciata la sera prima, con l’arrivo di Seiji.

Chiuse gli occhi e sorrise fra sé, appagato e felice come mai aveva creduto di poter essere.

Sentì Seiji muoversi piano accanto a lui, poi prendere un lungo respiro.

- Eee…mh…- La sua voce era bassa e incerta, nonostante il tono che l’altro cercava di mantenere indifferente. - Quella persona importante…Quella di cui…di cui hai parlato in conferenza stampa. -

Yukito sorrise più apertamente, anche se l’altro non poteva vederlo, o forse proprio a causa di quello.

- Sì?- replicò, ostentando noncuranza.

- Beh…niente. E’ solo…Io posso saperlo, il suo nome? Solo se ti va di dirmelo, eh? Non che m’interessi particolarmente. -

Yuki si morse il labbro per non ridere.

Seiji, a volte, era proprio come un bambino.

Un bambino sciocco e testone!

Si allungò lungo il suo fianco e lo baciò dietro l’orecchio.

- Secondo te, chi potrà mai essere, questa persona?- gli bisbigliò, sensuale.

Avvertì il suo respiro farsi più affannato.

- Beh…io…io non so. Cioè…No. Come posso saperlo?-

Idiota…

Gli appoggiò una mano sulla guancia e gli fece voltare il capo verso il proprio.

La penombra in cui era immersa la stanza gli permetteva di vedere i suoi occchi, di distinguere i suoi lineamenti.

- E’ la persona più importante al mondo, per me…- ripeté; le stesse parole che aveva detto davanti ai giornalisti, quelle che sentiva effettivamente nel cuore. - E’ la persona di cui ormai non riesco più a fare a meno, cui penso quasi ogni minuto della mia giornata; la persona senza la quale, davvero, non sarei stato neppure qui, e senza la cui presenza al mio fianco probabilmente non sarei riuscito a vincere oggi. E’ la persona più sbruffona, strafottente, disordinata, invadente, chiacchierona e rumorosa che io abbia mai conosciuto, ma anche gentile e altruista, generosa, protettiva, divertente, energica ed entusiasta. - Gli sorrise, mentre lo guardava passarsi la lingua sulle labbra, gli occhi stralunati. - Senza questa persona, la mia vita sarebbe vuota. Sarebbe niente. -

Tacque, e lasciò che le proprie parole restassero fra loro, in modo che l’altro le comprendesse appieno.

Poi, si sporse verso di lui e lo baciò sulle labbra, dolcemente, fissandolo poi negli occhi, la fronte contro la sua, i respiri che si mescolavano.

- Capito, sciocco?- bisbigliò di nuovo, con un altro sorriso.

Seiji rimase ancora immobile, lo sguardo incredulo, imbambolato. Poi si avventò sulla sua bocca, di scatto, e lo baciò quasi con violenza, con passione; lo strinse forte a sé e non lo lasciò andare finché entrambi non respiravano a malapena.

Si scostò, di poco, e restò a guardarlo, serio; i suoi occhi scintilavano, e a Yuki parvero due stelle che illuminavano l’oscurità. Seiji sembrava in procinto di dire qualcosa, di replicare alle sue parole, invece distolse brevemente lo sguardo e fece un ghigno.

- Beh…se fosse stato qualcun altro, credo che ti avrei preso a pugni!- disse, ansimando un po’.

Poi strinse le labbra e aggrottò la fronte.

- Non sono disordinato!- aggiunse. - E neanche rumoroso o invadente…-

Yuki alzò le sopracciglia, sbattendo le palpebre con aria innocente e maliziosa insieme.

- E chi ha detto che parlavo di te!?- ribatté, scoppiando subito a ridere all’espressione scioccata del compagno.

Seiji rotolò su di lui e gli diede un pugno leggero in un fianco.

- Sei un bastardo!-

E cominciò a fargli il solletico.

- Scherzavo!-

Lui soffriva, il solletico.

- Dài, Seiji, smettila. Non…-

E Seiji lo sapeva.

- Eh, no! stavolta non la passi liscia!-

- Sono stanco. Lo sai che…Cosa stai facendo?-

Le sue mani stavano esplorando il suo corpo sempre più dettagliatamente.

- Indovina…?- gli arrivò la voce di Seiji, e Yuki immaginò il suo sogghigno.

- Seiji, non…-

Provò a protestare ancora, ma si accorse di non averne affatto voglia.

Era meglio lasciarsi andare, abbandonarsi al suo tocco, alle sue carezze.

Chiuse gli occhi, e sospirò di piacere.

Presero sonno che era l’alba, e Yuki arrivò in piscina solo nel primo pomeriggio, scusandosi con allenatori e preparatori.

Nessuno gli disse nulla, e anzi, lo guardarono con comprensione e accondiscendenza, convinti che si fosse preso il meritato riposo dopo l’impresa del giorno precedente.

…Forse, per certi versi, era proprio così…

Nei cinquanta vinse la medaglia di bronzo, e il suo nome entrò a far parte della storia del nuoto olimpico.

Venne superato dai due americani, primi a pari merito, per un solo centesimo, e andò a ribadire la propria ottima forma e a sottolineare le proprie capacità.

Vederlo due volte sul podio, esultare contento con la medaglia al collo, aver ascoltato l’inno nazionale in piscina, commosse l’intero Giappone, e forse sconvolse molti degli altri Paesi.

Gli sponsor cominciarono a farsi avanti, e così allenatori e Presidenti di varie squadre, mentre i giornalisti continuavano la loro caccia alle notizie più interessanti su di lui, le televisioni a riprenderlo, e i tifosi a chiedergli autografi.

Seiji non stava in sé dall’emozione e dalla gioia per i suoi risultati, ma allo stesso tempo temeva che tutto quello lo avrebbe potuto allontanare da lui.

Ora Yuki non era più il semplice compagno di squadra, il ragazzo con cui amava stare e confrontarsi; era un personaggio, seguito, conosciuto, con un futuro molto promettente davanti, e non a livello scolastico o nazionale, cosa a cui lui riusciva ancora a stare dietro, ma a livello mondiale.

E aveva tante persone attorno a sé, adesso...

Persone che potevano cominciare a contare, per lui, e a servirgli.

Invece, sembrava che Yuki avesse ancor più bisogno di lui in quel momento di quanto non avesse mai avuto.

Era teso, confuso, impacciato, e Seiji aveva notato che tutta quella gente lo spaventava sul serio. Lo spaventava essere sotto i riflettori, essere guardato, ripreso, e soprattutto costretto a parlare con tanti estranei.

Così, lo cercava, lo voleva vicino, aveva bisogno di sentire il suo appoggio, la sua presenza, quasi gli desse sicurezza, e la forza per affrontare tutto quanto.

- Se non volevi che ti stessero tutti addosso, - gli aveva detto scherzosamante una sera. - dovevi solo evitare di vincere!-

Lo prendeva in giro e derideva le sue paure, ma intanto era contento che, a causa di queste, avesse tanto bisogno di lui. Si sentiva sempre più importante, più indispensabile, e orgoglioso di essere comunque una presenza fondamentale per Yuki anche dopo le sue vittorie.

LA presenza fondamentale.

Questo finché non venne fuori un’altra questione, voci che aveva udito e che lo avevano nuovamente gettato nel dubbio, e forse nello sconforto. Cose che tenne per sé, al momento, ma che ogni tanto gli tornavano alla mente, rendendolo nervoso.

Terminato il nuoto, avevano deciso di rimanere a Sidney un’altra settimana, fino alla fine delle competizioni, per riposarsi un po’, e per stare tranquilli insieme, almeno per qualche giorno.

Yuki aveva bisogno di staccare, di allontanarsi dai riflettori, di stare un po’ in pace, e Seiji aveva tutte le intenzioni di assecondarlo.

Finalmente, poteva averlo tutto per sé.

Solo suo…

Giorno e notte.

Andarono in giro come semplici turisti, osservando tutto, provando i piatti locali e comprando qualsiasi sciocchezza sembrasse loro simpatica o particolare. Per la verità, Yuki comprò ben poco, e perlopiù cose utili che gli piacevano, o regali per Seiji, mentre quest’ultimo sembrava non riuscire a resistere a niente. Si trattenne solo perché stava usando la carta di credito del compagno, e nonostante l’altro gliela avesse data per prendere qualsiasi cosa volesse, lui non aveva intenzione di usufruirne troppo.

- Allora? come sto con questo cappello?-

Yuki lo guardava divertito e rideva.

Non fece che ridere, in quella settimana, spensierato e felice come Seiji non lo aveva mai visto.

Era la loro prima vacanza, la prima volta che stavano insieme in quel modo, senza costrizioni, senza paure, senza soffocare quello che sentivano e che erano.

A Seiji non importava più che la gente li vedesse sempre insieme, vicini, gli sguardi persi uno nell’altro, e prendeva Yuki per mano ogni volta che lo desiderava, lo abbracciava per strada, a volte gli sfiorava una guancia con un bacio, un buffetto, una carezza.

Era stanco di trattenersi, era stanco di nascondersi, di reprimere i propri sentimenti. Non c’era mai stato abituato, e l’unica volta che lo aveva fatto, aveva rischiato di perdere la cosa più importante che aveva.

Che la gente lo guardasse pure, che si sconvolgesse, che ridesse anche.

Non gliene fregava più niente.

Se qualcuno, poi, ci fosse andato giù troppo pesante, era anche pronto a prenderlo a botte.

E questo suo modo di fare, dopo un iniziale momento di stupore, sembrava aver avuto su Yuki un effetto notevole. Divenne più aperto, più socievole, tranquillo, rilassato; si confidava e condivideva di più, e poi rideva, scherzava, tirava fuori quello che aveva dentro senza timori.

Il vero Yuki tutto in una volta, alla luce del sole, e non scoperto poco alla volta solo nei momenti di maggiore intimità.

A Seiji non era mai parso tanto bello.

Il suo essere, la sua indole, emersero con un’intensità che gli donò colori diversi, una luce diversa, ancora più scintillante, che andava ad aumentare la sua bellezza esteriore, già di per sé più che evidente.

Seiji si rese conto, più di quanto avesse mai fatto, della sua bellezza interiore, e di quanto essa riuscisse a colpirlo, e a legarlo a lui, molto più di quanto facesse il suo aspetto fisico, molto più dei suoi occhi, del suo corpo, della perfezione dei suoi lineamenti.

Era una sensazione strana, sconvolgente, che a volte lo stordiva e gli faceva battere più forte il cuore, all’improvviso, in qualsiasi momento, e senza alcun motivo apparente.

Non la capiva, ma non gli dispiaceva. Anzi. E ci si lasciò sommergere, senza preoccuparsi d’altro.

Voleva trascorrere quella vacanza il più spensieratamente possibile.

Riuscì anche ad assistere ad una partita di calcio, convincendo Yuki e coinvolgendolo nel proprio entusiasmo. Poi, come Yuki desiderava da tempo, passarono un giorno al mare, anche se non riuscirono a fare il bagno a causa delle onde troppo alte e del forte vento, ma trascorrendo ugualmente una giornata magnifica giocando sulla sabbia, mangiando al riparo delle dune e osservando le evoluzioni di alcuni surfisti.

E la sera…

La sera la dedicavano ad altro.

…a conoscere sempre meglio i loro corpi, a capire quello che ognuno di loro desiderava, a scoprire nuovi modi per dar piacere uno all’altro…

In verità, non vi dedicavano solo la sera, e la notte, ma ogni momento fosse loro possibile.

Sembravano non esserne mai stanchi, mai sazi, quasi il giorno seguente non dovesse esistere più, o dovessero recuperare del tempo che avevano perduto.

E anche in quel caso, Yuki pareva cambiato. Impercettibilmente, forse, ma Seiji lo notò. Notò la sua passione ancora maggiore, il suo ardore, e qualcos’altro, più profondo, più intenso, che pareva trasfigurarlo. Non era solo sesso, non solo desiderio, o qualcosa a livello fisico: sembrava volesse donargli qualcosa di sé, infondergli ciò che aveva nell’anima, fargli sentire il proprio cuore. E Seiji se ne sentiva riempito, quasi facesse parte anche di sé, quasi fosse un tutt’uno con l’altro, legato a lui indissolubilmente.

Non avrebbe saputo descrivere quello che provava esattamente, ma sapeva che ne aveva bisogno.

Indispensabile come l’aria, vitale come il proprio cuore che batteva.

Forse più importante della sua stessa vita.

- Allora, ti hanno proposto di rimanere. -

Era l’ultima sera, ed entrambi stavano finendo di preparare le borse.

Il sole stava tramontando e gettava la sua luce arancione e infuocata attraverso il vetro della finestra, inondando la stanza.

Seiji aveva parlato con voce piatta, noncurante, quasi stesse discutendo degli orari degli aerei, mentre dentro di sé la tensione gli aveva già afferrato lo stomaco.

Aveva voluto aspettare, a porre quella domanda, anche se erano giorni che ogni tanto ci rimuginava sopra.

Aveva letto i giornali, sentito voci, ascoltato le chiacchiere degli altri nuotatori, e adesso, prima di tornare in Giappone, voleva sentire quello che aveva da dire il diretto interessato.

Che, naturalmente, era quello che più gli stava a cuore.

- Rimanere?-

Yuki stava piegando una maglietta e non si era neanche voltato.

- Sì, rimanere a nuotare qui, in Australia. Magari anche dall’anno prossimo, con l’università. -

Qualcuno doveva avergli anche accennato che non avrebbe neanche avuto molte difficoltà a cambiare nazionalità.

Yuki, ora, si era voltato, e lo guardava.

- Sì, me lo hanno proposto. Qui, o negli Stati Uniti. Hanno buone università, e ottime strutture. Mi darebbero una borsa di studio e mi potrei allenare quanto voglio. -

Seiji strinse le labbra e annuì, ma non riusciva a fissare gli occhi su di lui.

- Bello. - commentò. - Hanno anche allenatori in gamba, immagino, e una squadra fortissima. -

Bello…

In Australia…O in America.

Sarebbe potuto diventare ancora più forte, più competitivo, un grande campione di quelli che non tramontano per anni.

Quello che aveva sempre sognato.

- Nuoterei comunque per il Giappone, nelle gare Internazionali. -

Seiji annuì ancora.

Non riusciva a fare altro.

- Oh, beh. Fantastico. -

Il numero uno in assoluto.

A dispetto di tutti quelli che lo avevano denigrato, che lo avevano giudicato superficialmente, a dispetto di suo padre, di sua madre, dei vecchi compagni, di Kobayashi.

Forte. Intoccabile. Irraggiungibile.

Il suo sogno…

…irraggiungibile…

In Australia. Negli Stati Uniti.

…lontanissimo…

Gli faceva male solo a pensarci.

- Verresti con me?-

La voce di Yuki interruppe i suoi pensieri, e Seiji finalmente posò lo sguardo su di lui, di scatto, guardandolo fisso.

"Certo che ci verrei! Partirei anche subito!"

Avrebbe voluto urlarglielo, gridarlo più forte possibile.

Invece, fece spallucce e agitò una mano ostentando indifferenza.

- Che c’entro io?- fece. - E’ a te, che l’hanno chiesto. Cosa se ne fanno di un nuotatore che non ha neanche fatto il tempo di qualificazione?-

- L’anno prossimo ci saranno i Campionati Mondiali, a Fukuoka, e tu potresti metterti in luce. -

Yuki insisteva, parlando con calma, e ragionevolezza, mettendogli davanti le possibilità che aveva, ma con tranquillità, senza entusiasmo.

Seiji deglutì a vuoto e distolse nuovamente lo sguardo.

- E’ ancora un se…Chi ti dice che darebbero una borsa di studio anche a me? E io, senza borse di studio, non mi posso permettere granché. -

Fece un sorrisino che anche lui stesso immaginò amaro.

- Certo che ci verrei. - mormorò poi, in tono ben diverso da quello che avrebbe voluto usare prima. - Ma non posso. Cioè…adesso è troppo presto. Non sono neanche il numero uno del Giappone!- ridacchiò, piano. - E poi, è una cosa tua, io non c’entro. E’ la tua vita, sei tu che devi decidere. Devi prendere tu una decisione, che io venga con te oppure no. -

Ora stava alzando la voce, quasi con foga, cercando di nascondere il vuoto che sentiva dentro già adesso, e di non pensare a quello che gli avrebbe riempito la vita quando Yuki se ne sarebbe andato.

- Ho già deciso. - replicò calmo Yuki, e Seiji si sentì impallidire.

Aveva fatto in fretta.

- Ah. - disse solo.

E non riusciva a guardarlo.

Merda!

Cosa aveva creduto?

Quella era la sua occasione, il suo momento.

Non poteva gettare via tutto per…

Per…?

- Partirai subito o aspetti di finire la scuola?- aggiunse subito, per non pensare.

Non voleva pensarci.

Non voleva pensare a niente.

- Parto per tornare in Giappone, domani, con te, e là rimarrò. - rispose Yuki, e lui alzò di nuovo lo sguardo, gli occhi spalancati.

- Cosa?- alitò. Non si accorse che la sua voce tremava.

- Resto in Giappone, naturalmente; non vado da nessuna parte. L’ho già messo in chiaro con tutti. -

Seiji non riusciva a muoversi.

Doveva ancora assimilare quelle parole.

"Dio, fa’ che siano vere!"

- Sei pazzo?!- esclamò quasi senza pensare.

Yuki reclinò lievemente il capo su una spalla e sorrise, un po’ sorpreso.

- Perché?-

- Ma…ma…ma…Rinunci all’America, all’Australia, a un futuro sicuro…- Che cavolo stava dicendo?! - Là…Qua…potresti veramente diventare un campione completo, il numero uno. -

Era lui, che stava impazzendo.

Cos’è, ora cercava di convincerlo a scegliere di andarsene?!

- Anche da noi posso diventarlo, se mi impegno. Dopotutto, ho vinto allenandomi a scuola. Le strutture le abbiamo pure noi, e per gli allenatori e il tipo di allenamenti, si vedrà. Non mi serve andare tanto lontano…-

Seiji era ancora immobile, incredulo.

Anche il suo corpo stava tremando.

- Ma…rinunci al tuo…al tuo sogno…-

Yuki gli si avvicinò.

Il sole lo colpiva da dietro, immergendolo in una luce calda e vellutata.

Sembrava un’apparizione.

- Non rinuncio a niente. - mormorò, la voce calma, pacata. - Lo avrei fatto se fossi partito. -

Seiji rimase immobile di fronte a lui, senza capire.

Gli pareva di avere i sensi obnubilati.

Poi Yuki gli sorrise, dolcemente, guardandolo fisso negli occhi.

- Sei tu, il mio sogno, scemo. - disse.

Seiji aprì e chiuse la bocca, senza riuscire a fiatare.

- Il sogno più importante, senza il quale, adesso, non riuscirei a vivere. Posso nuotare ovunque, ma se tu non ci sei, è tutto inutile, e insopportabile. Cosa me ne faccio di allenatori e belle strutture e università prestigiose, se tu non sei con me?- Si avvicinò ancora, e a Seiji parve di stare per svenire. - Una sera mi dicesti che era inutile diventare tanto forte, se non avevo qualcuno con me che ne gioisse. Ricordi?- Seiji annuì, di riflesso. Si ricordava qualcosa…Forse…In quel momento non lo sapeva con certezza, riusciva a concentrarsi solo su Yuki, solo su quell’istante, solo sulle parole che gli stava dicendo, e su quello che significavano. Soprattutto su quello che significavano. - Beh, avevi ragione. Anche questa vittoria, questa esperienza, non avrebbe avuto il valore che ha avuto, per me, se tu non fossi stato al mio fianco. Niente avrebbe valore. - Allungò una mano e gli sfiorò le labbra con un dito. - Come potrei rinunciare a te, ora?- aggiunse a voce bassissima.

Seiji deglutì, cercando di soffocare il groppo che gli aveva afferrato la gola.

Yuki non sarebbe partito, sarebbe rimasto con lui.

PER lui…

Sentì le lacrime pizzicargli gli occhi e le ricacciò indietro.

- Credevo che…che…- cominciò, farfugliando.

Non che lo mettesse prima di qualsiasi altra cosa, prima del nuoto, dei record, dei successi.

- Non…Non lo so…E’…- Lasciò andare il respiro.

Yuki gli sorrise e gli appoggiò il palmo sulla guancia, avvicinando il viso al suo.

- Spero che non mi farai pentire della mia scelta…- sussurrò.

Lo disse con un pizzico di malizia, in tono scherzoso, ma in fondo al suo sguardo rimaneva una traccia delle sue paure, che ancora non era riuscito del tutto a cancellare.

Aveva messo tutto se stesso nelle sue mani, aveva aperto il suo cuore come probabilmente non aveva mai fatto, glielo aveva affidato, e ora era più che mai vulnerabile.

Seiji lo fissò, dritto negli occhi, per parecchi secondi.

Non disse niente, ma sembrò bastare.

Yuki accentuò il proprio sorriso e gli gettò le braccia al collo, stringendosi a lui, aspettando il suo abbraccio, appoggiandosi a lui fiducioso.

- Avrei cercato un modo per raggiungerti. - gli assicurò Seiji, convinto, tenendolo stretto. - Avrei fatto in modo di…di essere con te. Ad ogni costo. Anche se…-

- Lo so…-

- E non ti dovrai pentire di nulla. Di niente. Mai. Non avrai…-

- Ok…-

Un bisbiglìo, un bacio leggero, l’azzurro dei suoi occhi fisso su di lui.

Occhi da demone, come li aveva definiti una volta, quando ancora non si era reso conto della loro particolarità, o forse, inconsciamente, già ne temeva il loro effetto su di lui.

Laghi profondi, cielo, mare…spazio infinito, in cui lasciarsi sprofondare…

- Dio, quanto sei bello. - si lasciò scappare.

Non glielo aveva mai detto, mai neanche accennato.

Yukito sollevò le sopracciglia, poi ridacchiò.

- Non dire cretinate…-

Accidenti a lui! stava rovinando l’atmosfera.

- Non dico cretinate!-

E sminuiva la profondità dei suoi pensieri!

- Quella che hai appena detto lo era!-

Ridacchiò ancora, divertito, contento.

Pensava sul serio che lui stesse scherzando.

- Guarda che è vero! Sei…Sei bellissimo e…- Non gli credeva! Quel cretino non gli credeva!- Perché pensi che tutte le ragazze, a scuola, siano innamorate di te?!-

Rise ancora più forte, e intanto lo sospingeva all’indietro.

- Ma che dici? non è vero che sono tutte innamorate di me! Sei proprio scemo!!-

- Tu, sei scemo!-

"E bellissimo…Davvero. Dovresti vederti ora."

Yuki gli diede una leggera spinta e lo fece cadere sul letto, gettandosi poi su di lui.

- Non cercare di blandirmi. Non mi incanti, sai?-

Aveva le guance arrossate, e Seiji storse la bocca in una smorfia.

- Non sto cercando di…- poi scosse il capo e rinunciò ad insistere. - Non importa. - mormorò, accarezzandogli il volto.

Avrebbe tenuto per sé quella convinzione, solo per sé l’immagine di lui in quei momenti, in ogni momento, il suo viso, il suo corpo, i suoi occhi, i suoi sorrisi…

Yuki non sembrava ancora in grado di accettare la cosa; forse, più probabilmente, se ne vergognava.

Lo attirò a sé e lo baciò sul naso, poi sulle labbra.

Si dischiusero subito, accogliendolo con passione, il loro sapore inebriante che già gli dava alla testa, scivolandogli lungo la spina dorsale, per tutto il corpo.

Togliendogli il fiato.

Yuki si staccò dopo un tempo indefinito, indefinibile, una dolcissima eternità, e la sua bocca cominciò a percorrergli il collo.

Lui chiuse gli occhi con un sospiro.

- Deve sempre finire in questo modo, fra noi?- mormorò, ma con un ghigno, per nulla dispiaciuto.

- Perché, preferiresti qualcos’altro?-

Seiji sollevò il mento mordendosi un labbro, lasciando che l’altro gli solleticasse con la lingua l’incavo fra le clavicole, e affondò le dita nei suoi capelli.

- Mh…Direi che per ora è perfetto così…Tu va’ avanti, che poi ti saprò dire meglio…-

Udì il suo risolino soffocato, e si abbandonò a lui.

I rumori all’esterno erano divenuti a malapena percettibili.

Nulla, ormai.

In quel momento, esistevano solo loro due.

Solo loro due.

…per sempre…



Ok, ok… non lapidatemi subito.
Lo so che forse ho esagerato a fargli vincere i cento stile alle Olimpiadi, ma il tutto mi è sfuggito di mano (e poi, non è così impossibile…). Era mia intenzione fargli vincere una medaglia, questo sì; ci voleva, era nell'aria. Inoltre, prima dei risultati della vera finale australiana, avevo "dato" a Yuki un determinato tempo, sicuro che Van Den Hoogenband sarebbe comunque rimasto irraggiungibile (47.84 è davvero un tempo strabiliante!), invece, alla fine, il tempo di Yuki è risultato poi il migliore. Colpa di VDH, quindi, che ha peggiorato!! Yuki ha vinto, e da qui la storia è cambiata. All'inizio pensavo ad un terzo posto nei cento e un primo nei cinquanta (con un 21.89 azzardato anch'esso prima della "vera" finale!), invece poi ho invertito le cose, nonostante un'ulteriore stesura con addirittura due vittorie (^__^ … esagerazione al massimo!!).
Un risultato importante doveva conseguirlo, il "mio" Yuki: il "suo" Seiji era con lui! Non sembra, ma la presenza di persone fondamentali può dare una carica e un appoggio notevoli, ad un atleta.
E poi, avevo già in mente piccoli episodi legati a questi risultati che non potevo tralasciare!
Licenze poetiche… ;Þ
Scusate ancora, e grazie.
Baci.

KRISS


episodio speciale
Fictions Vai all'Archivio Fan Fictions Vai all'Archivio Original Fictions Original Fictions