Il locale è pieno.
Sulla
pista, ragazzi e ragazze si agitano urtandosi a ritmo con la musica, alta,
quasi frastornante.
C’è
un’atmosfera di festa che rincuora.
Mi
piacciono, le feste; mi piace la gente, la confusione, la musica, le
risate.
Ma
appena entro, l’ultima cosa cui penso è tutto questo.
Mi
guardo attorno, scruto fra gli studenti, negli angoli in ombra, dove è
possibile.
Non
è ancora arrivato.
Forse
è ancora presto, ma io mi sento ugualmente già un po’ in ansia.
So
quanto si senta a disagio in queste situazioni, quanto detesti, al
contrario di me, la confusione, e la gente che gli sta troppo addosso, e
non sono affatto sicuro che stasera si presenterà.
Anche
se la festa è in suo onore.
Anche
se ho insistito io affinché venisse.
Temo
che ne abbia già avuto abbastanza di stamattina, a scuola, fra applausi,
strette di mano, complimenti continui.
E’
rientrato da pochi giorni e l’eco degli entusiasmi per i suoi successi
non si è affatto spenta.
Questa
giornata è stata dedicata completamente a lui, e la sera in discoteca ne
è la conclusione.
E’
stato bello, esaltante, per certi versi emozionante, ma sono convinto che
quello che si è divertito di meno, sia stato proprio lui.
Se
i ragazzi, qui, sapessero quanto tutto questo lo mette in imbarazzo,
quanto sforzo abbia fatto su se stesso per non allontanarsi e nascondersi
a tanta attenzione nei propri confronti, non ci crederebbero.
A
volte, non lo capisco neppure io.
Fosse
successo a me, non sarei riuscito a togliermi il sorriso dalla faccia per
mesi interi!
Quasi
cammino sollevato da terra anche adesso, al pensiero di quello che lui è
riuscito a fare, e da tanto sono orgoglioso della sua vittoria, e di lui.
Lui
invece rimane spiazzato, impacciato, incapace di reagire con naturalezza
all’interesse che suscita negli altri, in ogni senso.
Credo
che, per certi versi, ne abbia addirittura paura.
Anche
oggi, a molti sarà parso freddo, distante, indifferente, forse troppo
superiore per abbassarsi a dei comuni studenti come loro.
Lo
sembrava anche a me, un tempo...
Quando
ancora non lo conoscevo come adesso.
Quando
lo detestavo, per questo.
Ora
so che la sua è una forma di timidezza, di insicurezza, quasi esagerata,
in un ragazzo che è riuscito a vincere due medaglie alle Olimpiadi a soli
sedici anni.
Quando
l’ho spiegato a Hideo, credeva io stessi scherzando!
Ora
mi viene incontro, accogliendomi con un ghigno. Con lui, Seto, Sekigawa,
Matsui.
Una
parte del solito gruppetto.
Gli
amici di sempre.
Rispondo
al ghigno e li saluto uno a uno battendo il pugno contro i loro.
Cominciano
le battute, le risate, i commenti, battibecchi scherzosi che siamo
abituati a portare avanti da anni.
Sono
contento che siano qua, ma non riesco a concentrarmi del tutto su di loro.
Il
mio sguardo vaga ancora per la sala, si fissa spesso sull’entrata;
l’attesa, e un pizzico di ansia, mi portano inequivocabilmente a
distrarmi.
Fortunatamente,
Hideo è a conoscenza del perché del mio atteggiamento, comprende il mio
stato d’animo, e questo mi tranquillizza, e per certi versi mi dà un
senso di sicurezza.
Replico
ad una battuta, ridacchio, poi una figura si staglia nell’atrio che non
ho smesso di tenere d’occhio, e mi blocco, mentre il cuore mi salta in
petto come ogni volta.
E’
qui.
Faccio
un passo avanti, e tutto intorno mi pare si sia fermato.
Non
sento più la musica, le voci, le risate, non vedo le luci, la gente,
niente.
Lui
è qua, e nient’altro conta.
Non
riesco a guardare altro, non riesco a pensare ad altro.
Lo
fisso, mi beo della sua immagine, lascio che si fissi nella mia memoria.
Indossa
una camicia scura, di stoffa morbida, forse seta, lasciata aperta sul
collo e fuori dai pantaloni. Con noncuranza, con indifferenza.
Perfetta,
addosso a lui.
La
sua pelle chiara risalta per contrasto, delicata come un fiore, fresca
come la neve. Rende più luminosi anche i suoi occhi, più rosse le sue
labbra.
Viene
voglia di accarezzarla.
Vorrei
conoscere chi lo ha fatto, chi è riuscito a creare tanta bellezza senza
neanche rendersene conto.
Fa
qualche passo avanti e si guarda attorno, anche lui come ho fatto io.
Mi
sta cercando, e a me viene da sorridere.
Tengo
gli occhi fissi su di lui, mi muovo lentamente, aspetto il suo sguardo.
Si
volta, e finalmente mi vede.
Si
illumina subito, perdendo come d’incanto serietà e freddezza, e il mio
cuore comincia a battere più in fretta, scaldandosi.
Mi
piace avere questo effetto su di lui. Mi piace leggere nei suoi occhi
quanto conto per lui, quanto conti la mia presenza anche per un breve
istante della sua vita.
Nessuno
riesce a farmi sentire tanto importante, e mi sono accorto che questa
sensazione sta diventando indispensabile, per me. Quasi non riuscissi a
vivere, se gli fossi indifferente.
Alzo
un sopracciglio e gli lancio un mezzo sorriso, continuando ad avanzare in
mezzo alla gente per raggiungerlo.
Anche
lui si sta muovendo, gli occhi nei miei, attirati entrambi come da un
magnete.
Un’attrazione
che nessuno dei due riesce a contenere, e che diventa più forte ogni
giorno che passa. E’ inesorabile, vitale, ormai. Più intensa di
qualsiasi cosa io abbia mai provato.
Esplode
in qualunque momento, e io non sono in grado di soffocarla. Non ne ho
neanche l’intenzione.
So
quanto sia parso strano ai miei amici, ai compagni, il mio cambiamento, so
che non possono non aver notato la luce che mi illumina ogni volta che
vedo Yuki, i sorrisi che gli rivolgo, gli sguardi, il tempo che gli
dedico, ma non m’importa. Non mi importa più. Che facciano
supposizioni, che capiscano, che sappiano.
E’
la cosa più bella che mi sia mai capitata.
Perché
tenerla nascosta?
Ho
già rischiato di perderla, facendolo.
Non
permetterò che succeda ancora.
Accentuo
il sorriso e procedo.
E’
come se quello che sento per lui mi trascinasse in avanti, senza che io
abbia veramente bisogno di muovere i piedi, come se lui mi tirasse verso
di sé.
Poi,
qualcosa si spezza.
Urletti,
sospiri, e un gruppetto di ragazze lo circonda, distraendolo,
sconvolgendolo, facendolo nuovamente ritrarre. Annuisce impacciato, prova
a sorridere, poi alza ancora lo sguardo su di me: sembra chiedermi aiuto.
Ma non può che seguirle, e si allontana con loro.
Lontano
da me.
Stringo
i pugni e mi vien voglia di urlare.
Come
si permettono quelle stupide intriganti impiccione...
Una
mano si posa sul mio braccio e io mi volto di scatto, così irritato che
quasi mi parte un pugno.
Tsukishima
è al mio fianco.
-
Lascialo con loro per un po’. - dice. - La serata è ancora lunga... -
Poi
mi guarda di sbieco e mi sorride, facendomi l’occhiolino.
Mi
capisce sempre. A volte, forse troppo.
Mugugno
qualcosa e torno a guardare cupo dalla parte in cui è sparito Yuki, ma
poi seguo Hideo, raggiungo gli altri, mi siedo con loro. Provo anche a
concentrarmi sui loro discorsi, senza riuscirci più di tanto.
C’è
una ragazza che continua a sorridermi e a parlarmi. E’ del primo anno, e
da quando sono tornato, non fa che starmi attorno; anche adesso è qua,
sembra contenta, vorrebbe che ballassi con lei.
E’
carina.
Credo.
Non
lo so.
Non
mi interessa.
Non
riesco a dare un giudizio su di lei in questo senso, come fanno gli altri;
al momento, mi sembra di vederla a malapena.
Devo
dirle che non m’interessa, devo farglielo capire, prima o poi, ma adesso
non ci riesco.
Continuo
a scrutare in giro, continuo a cercare lui.
Stargli
lontano sapendo che è qua, mi innervosisce.
Mi
alzo in piedi, saluto con un sorriso e mi allontano.
Non
ce la faccio più.
Devo
trovarlo, vederlo, stargli vicino.
Questo
bisogno di lui sta diventando ossessionante.
Mi
aggiro per il locale come un predatore alla ricerca della sua vittima.
La
luce non è delle migliori, per poter vedere bene, ma alla fine vengo
premiato.
Forse
è l’istinto, che mi guida.
Lo
scorgo in un angolo in penombra, solo, la schiena appoggiata ad una parete
e le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni.
Sembra
un ragazzino troppo timido per partecipare al divertimento degli altri, un
bambino lasciato in disparte ad una festa di adulti.
So
che l’ha cercata da solo, la solitudine, ma so anche quanto a volte gli
faccia male.
Ora
che pensa di non essere osservato da nessuno, ha lasciato cadere la
maschera dietro cui è solito nascondersi, e nei suoi occhi c’è una
luce triste, quasi languida.
Di
solito, adoro vederlo ridere, ma anche questa malinconia gli dona un
fascino che d’improvviso trovo irresistibile, una bellezza struggente,
d’altri tempi.
Vorrei
stare qui a guardarlo da lontano, indisturbato, ma il desiderio di andare
da lui, di toccarlo, di fargli sapere che ci sono, è troppo più forte.
Faccio
un giro lungo, metto a punto un’idea che mi è appena venuta, poi lo
avvicino, arrivandogli quasi da dietro, per non farmi scorgere prima.
-
Cosa ci fa una tale bellezza qui tutta sola? - recito scherzosamente, e
lui sussulta, voltandosi di scatto.
Poi
sorride, scuotendo lievemente il capo.
Non
dice nulla.
Mi
sorride, con le labbra, con gli occhi, con tutto il corpo, e mi basta.
So
che è contento che io sia qua, capisco che non aspettava altro, e il mio
cuore è già ebbro.
Sorrido
di rimando, e mi avvicino ulteriormente.
C’è
meno di un passo, fra di noi.
-
Mi concede il prossimo ballo? - chiedo, fissandolo negli occhi.
Si
spalancano leggermente, laghi gemelli in cui vorrei affogare, poi si
spostano a guardarsi attorno per tornare alla fine su di me.
-
Qui... ? - mormora.
Non
sembra veramente preoccupato per il fatto che qualcuno ci possa vedere,
forse è più stupito che io gli abbia fatto una simile proposta in una
discoteca piena di gente.
-
In questo angolino non ci disturberà nessuno. - ribatto, come a volerlo
tranquillizzare.
Lui
affonda i denti nel labbro inferiore, abbassa lo sguardo.
E’
arrossito; lo so anche senza vederlo bene.
-
Non so ballare... - sussurra.
Ho
voglia di abbracciarlo.
Sbuffo
e mi stringo nelle spalle.
-
Neanch’io! - replico, e lui alza ancora lo sguardo sul mio volto,
scuotendo la testa con un risolino.
E’
così bello che pare accecare.
Il
brano successivo comincia nel momento in cui azzero la distanza fra di
noi.
Sembra
lo abbiano fatto apposta.
I’ve walked so
long I cant’t remember Where was my home
Their
distant faces fade away I’m always on my own
I can show a smile, it’s not hard to do
I
can have the strength to go on
But sometimes I wanna let go of everything
Lo
riconosce subito, fa parte di un CD che gli ho portato in Australia a
settembre, un regalo improvviso, estemporaneo, quasi senza senso. Mi era
piaciuto il film, e gli ho regalato la colonna sonora.
Stringe
le labbra, e i suoi occhi scintillano.
Poi
fa per passarmi un braccio attorno alla vita, ma io lo fermo.
Stavolta
tocca a me.
-
Sono io che ti ho invitato... - lo ammonisco con un sorrisino malizioso, e
lui crolla il capo in avanti con una nuova risatina.
Non
accenna neppure a protestare. Il suo braccio scivola sulle mie spalle,
dietro il collo, e lui si stringe a me, prendendomi l’altra mano.
When thoughtfulness is not their game I teach by giving love
High mountains seem higher endlessy when they’re pebbles at your feet
And if you should still fall into despair, there is one thing left to believe
I lie in your heart always.
Ci
muoviamo lentamente.
Non
so se i passi siano giusti, non so neppure se stiamo seguendo la musica,
ma non mi importa.
Mi
basta essere con lui, sentire il suo corpo contro il mio, stretto a me,
perdermi nei suoi occhi meravigliosi.
E’
quello che voglio da tutta la sera.
Nothing
is braver than honesty, my life is your faith in me.
Non
smette di fissarmi, i suoi occhi mi studiano, mi divorano, mi entrano
nell’anima.
Vorrei
perdermici dentro.
Forse,
sono già perso.
Intorno,
di nuovo il vuoto.
Solo
noi due, in questo minuscolo angolo di mondo.
I’ll be there
when you need
You
don’t have to hide from me
What
you are feeling now
I fill your soul.
Noi
due.
... tu
e io...
Ho
avvicinato ancora il viso al suo, ho agganciato il suo sguardo.
Voglio
che mi guardi, che ascolti, che senta quelle parole dentro di sé, fin’
nel cuore.
Che
capisca che arrivano dal mio.
We will seek
together destiny
Troubles
have an end
We
will carry on hand in hand
You’re not
alone.
Non
riesco ancora a dirlo a voce alta, non come vorrei.
Ma
voglio che lo sappia.
Che
sappia che ci sarò sempre, ovunque lui sarà, in ogni momento, in
qualsiasi situazione.
Tutta
la vita...
Sembra
un tempo interminabile, infinito, incommensurabile, per la nostra età;
eppure, è quello che sento adesso, che sento da un po’, ogni attimo di
più.
Difficile
da esprimere, da ammettere, forse addirittura da accettare.
Ma
c’è.
Inequivocabile.
Impresso
nel mio cuore, lo riempie fino a farlo scoppiare...
[...]
I’ll be there when you need
We
will live together
Nothing
is in our way
with
trust in our soul.
... Come
l’azzurro dei suoi occhi, all’interno del quale passa un lampo, uno
scintillìo che li fa brillare prima di ammantarsi di dolcezza,
offuscati da un velo di lacrime.
Sta
ascoltando, ha capito.
Sorride,
mi stringe a sé, le sue braccia mi cingono entrambe il collo, la sua
testa si appoggia alla mia spalla.
Sento
il suo respiro sfiorarmi il collo, le labbra accarezzarmi la pelle.
Sta
cantando, a voce bassissima, e io sorrido, abbracciandolo più stretto.
We will seek
together destiny
Troubles
have an end
We
will carry on hand in hand
We won’t forget
we have eachother.
Ora
mi guarda di nuovo.
Il
suo volto è così vicino che i nostri nasi si toccano.
Le
sue dita s’infilano fra i miei capelli.
Ha
uno sguardo dolce, intenso, che mi inchioda sul posto, come solo lui sa
fare.
Non
riuscirei a sfuggirgli neanche volendo.
E
in ogni caso, non lo voglio affatto.
Love is in the
hearts of all man.
Un
sussurro, le labbra ad un soffio dalle mie.
Petali
di rosa, morbidi, vellutati.
You’re
not alone.
“Non
lo sarai mai, mai più, finché io avrò vita.”
Non
so cosa mi stia succedendo stasera.
Non
sono mai stato tanto sicuro dei miei sentimenti.
La
musica si dissolve piano, poi ricomincia con un altro pezzo.
Noi
rimaniamo abbracciati, fermi, incuranti di quanto sta accadendo intorno a
noi, all’ infuori di noi.
Le
sue labbra continuano a sfiorare le mie, me le accarezzano piano, senza
andare più a fondo. Mi stuzzicano, prolungano l’attesa, mi eccitano
acuendo il mio desiderio.
-
Yuki, non... -
Cerco
di fermarlo, di intrappolarlo.
-
Che c’è? - chiede con aria maliziosa, sfuggendomi ancora.
Ruggisco
esasperato, e lui ride.
Sa
benissimo, cosa c’è.
Mi
guarda, sorride ancora, poi, finalmente, mi bacia.
Non
scappa più, cerca solo la mia bocca, le mie labbra, la mia lingua.
Finalmente...
Chiudo
gli occhi, mi lascio andare, e subito perdo la cognizione del tempo.
Le
mie mani gli accarezzano la schiena, scivolano sotto la sua camicia,
toccano la sua pelle liscia, calda.
E
la mia bocca ricambia il bacio, assetata come dopo giorni nel deserto.
Sto
perdendo la cognizione di qualsiasi cosa.
Esiste
solo Yuki.
Mi
ritrovo seduto su un divanetto, e non ho idea di come ci sono finito.
Yuki
è in braccio a me.
Mi
bacia il viso, mi accarezza le guance, i capelli, mi guarda con dolcezza e
desiderio e passione, riprende a baciarmi.
Il
sapore della sua lingua è così dolce da stordire.
Lo
attiro contro di me, e le mie mani riprendono a toccarlo, cercando la sua
pelle, esplorando il più possibile del suo corpo; non riescono a stare
ferme.
Gli
mordo il collo.
Sono
senza fiato.
Ho
voglia di lui.
-
Andiamocene via da qui. - sussurro.
Lui
annuisce, con impazienza.
-
Vieni a casa mia. Resta con me, stanotte. -
Stavolta
sono io ad annuire.
Mi
faccio aiutare a mettermi in piedi e lo seguo.
Mi
sta tenendo la mano, e io lo lascio fare, quasi mi faccio trascinare.
E’
come se mi stesse guidando. Mi piace.
Mi
guardo attorno frastornato e finalmente metto di nuovo a fuoco.
La
musica, le luci, la gente.
La
festa.
La
festa in onore del nostro campione.
Di
Yuki.
E
noi ce ne stiamo andando.
Sto
portando via il protagonista principale.
Mi
viene da sorridere.
Non
me ne importa niente.
Yuki
fa un giro lungo, sembra cercare di evitare di venire fermato da qualcuno,
di essere visto, ma è quasi impossibile. Si fa fatica anche a muoversi.
Ci sono studenti dappertutto, qualcuno ci sta guardando, qualcun altro, mi sembra, mi sta anche chiamando.
Yuki
fa per lasciarmi la mano, ma io gliela stringo più forte.
Non
voglio che mi lasci.
Sto
bene così, non m’ importa che mi vedano.
Devo
essere ubriaco... anche se non ho affatto bevuto.
Yuki
si ferma e si volta a guardarmi.
Ha
lo sguardo stupito, incredulo, ma allo stesso tempo una luce esultante lo
illumina.
Rimango
a fissarlo, la mano stretta alla sua, fermo in mezzo al frastuono, alla
confusione di ragazzi e ragazze attorno a noi.
E’
come se non ci fossero.
Entità
astratte che quasi non mi toccano.
Mi
sento strano.
Yuki
reclina leggermente il capo di lato, con un’ espressione interrogativa,
e tenera insieme, e a me pare che nel mio stomaco si stiano muovendo
migliaia di farfalle.
Sbatto
le palpebre, stordito, quasi mi fossi appena svegliato da un lungo sonno.
“
Ti amo, Yuki... “
Un
pensiero, un urlo, che esplode dentro di me, prorompente, inesorabile,
come le onde di un mare in tempesta.
Mi
chiedo perché adesso, perché qui, così all’ improvviso, ma non ho
risposte.
Non
riesco a trattenerlo, e allo stesso tempo neppure ad esternarlo. Non a
voce.
Spero
lo legga nei miei occhi.
“
Ti amo... ti amo... ti amo... ”
Vorrei
gridarlo.
... devo
essere davvero ubriaco...
Di
fronte a me, Yuki continua a guardarmi, lo sguardo fisso nel mio.
Forse
ha un lieve moto di sorpresa. Non lo so.
So
solo che ora mi sorride, apertamente, e che i suoi occhi immensi emanano
una luce calda, avvolgente.
Fa
un passo verso di me, e d’ improvviso il mio cuore prende a battere
furiosamente.
-
Andiamo? - mormora, vicinissimo, ma io so che intende dire
qualcos’altro.
Me
l’ha detto con gli occhi, è scritto sul suo viso, nella stretta calda
della sua mano, sul suo corpo proteso verso il mio.
“... Ti
amo anch’ io... ”
Annuisco,
quasi imbambolato, e mi trattengo a stento dal baciarlo davanti a tutti.
Sono
sicuro di sentir chiamare il suo nome, e il mio.
Non
mi volto neanche.
Poi
una mano mi blocca, afferrandomi il braccio.
Hideo.
... E’
qui anche lui? ...
Dice
che le ragazze del comitato organizzativo stanno cercando Okazaki, che
deve andare da loro.
...
Sì, c’ era anche prima...
Lo
guardo come se stesse dicendo delle assurdità, come se non lo capissi.
Accanto
a me, Yuki si irrigidisce, percepisco la sua tensione attraverso la
stretta della sua mano, un brivido che si trasmette dalle sue dita lungo
tutto il mio corpo, riscuotendomi immediatamente.
-
Noi stiamo andando via. - dico, sicuro e ragionevole.
Un
dato di fatto, che non ammette repliche.
Hideo
sembra sconcertato.
-
Via? E la festa? -
Deve
ancora incominciare, vorrei rispondere, ma mi trattengo.
-
Mi sembra che vada avanti benissimo anche senza di noi. - ribatto invece.
- Alle ragazze, di’ che Yukito non lo hai trovato, o che era stanco, o
che non aveva voglia. Qualcosa. Lo vedranno domani, a scuola. Hanno tutto
il tempo. -
Al
mio fianco, Yuki si rilassa, quasi si appoggia a me, spalla contro spalla.
-
Ma... -
Hideo
prova ancora a protestare, inutilmente.
Lo
guardo fisso negli occhi, irremovibile.
-
Lasciali andare, Tsukishima. -
La
voce squillante di Kumi-chan cambia l’atmosfera.
Quasi
sussulto. Non mi ero accorto che fosse vicino a Hideo.
Ci
guarda con gli occhi che scintillano e un sorriso raggiante.
-
Voi andate. Vi copriamo noi. - e continua a sorridere.
Avrei
voglia di darle un bacio.
Sa,
ha capito, e mi sta aiutando come ha sempre fatto fin’ da quando siamo
piccoli.
Ricambio
il sorriso, un ghigno che credo mi vada da un orecchio all’altro.
-
Grazie, Kumi-chan. Sei un tesoro!-
Lei
scrolla le spalle, sbuffa, fa una piccola smorfia.
-
Non cominciare con le tue solite moine, e muoviti ad andartene di qui! -
Poi
sorride di nuovo, e io finalmente mi accorgo che non lo sta facendo a me.
I
suoi occhi luminosi sono fissi su Yuki, il sospiro estatico rivolto a lui.
Storco
la bocca e faccio per muovermi.
-
Andiamo. - ringhio.
Possibile
che non ce ne sia una che non muoia per lui?!
-
Ma... E le ragazze? -
Hideo
insiste.
E’
accigliato, cupo, forse arrabbiato.
Mieko
fa parte del comitato, non vuole deluderla.
-
Ci penso io a trovare una scusa. - continua Kumi-chan. - Voi andate pure.
-
Alzo
una mano per salutare.
L’altra
è stretta a quella di Yuki.
-
Grazie. - lo sento mormorare, e il sorriso di Kumi diventa addirittura
radioso, mentre il volto le si fa di fuoco.
Grugnisco
ancora e volto loro le spalle, trascinandomi via Yuki.
Tutti
questi sorrisi, tutti questi occhi puntati su di lui, mi innervosiscono,
non li sopporto. Mi fanno venire voglia di prendere a pugni tutti quanti.
Yuki
è mio, solo mio.
Vorrei
voltarmi e gridarlo alla folla riunita qui, a tutti quelli che se lo
stanno mangiando con gli occhi, al mondo intero.
Mi
ritrovo all’esterno che ho quasi il fiatone, e mi rendo conto della mano
calda ancora stretta alla mia.
Yuki
è qui, con me, al mio fianco.
E’
mio.
Non
ho bisogno di urlarlo a nessuno, di dimostrarlo a nessuno.
Lo
so.
Mi
basta guardare il suo viso, ascoltare la sua voce, sentire il suo tocco.
Perché
ho ancora, sempre, bisogno di conferme?
Di
cosa ho paura?
Yuki
fa un lungo sospiro e mi sorride.
Ha
le guance arrossate e gli occhi lucidi per il caldo del locale.
Mi
si accosta, si guarda attorno alla ricerca di un taxi, sospira ancora.
Il
suo profilo è perfetto.
Mi
allungo verso di lui e lo bacio su una guancia.
Un
impulso che mi prende all’improvviso.
Non
mi sono mai sentito così temerario.
Yuki
mi guarda stupito, e il suo sorriso si accentua.
I
suoi occhi mi hanno agganciato.
Stiamo
fermi così, in silenzio, occhi negli occhi.
Non
ci importa dei passanti, degli studenti che entrano ed escono dal locale,
di nessuno.
Yuki
si stringe a me e ricambia il bacio, sulle labbra.
Poi
si scosta, alza una mano, chiama un taxi.
Le
sue dita sono ancora intrecciate alle mie.
Quasi
non volessero più lasciarmi andare.
Le
stringo ulteriormente e lo seguo all’interno dell’auto.
Non
voglio più lasciarlo andare.
Mi
appoggio a lui, chiudo gli occhi con un sorriso, mi lascio cullare dal
ronzìo del motore.
Non
vedo l’ora di essere davvero solo con lui.
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