Oi, oi, eccomi di nuovo qua. Ma stavolta è solo una breve “aggiunta”. Come sempre, non so che titolo dare, se non uno stupido, ma di meglio non so fare (scusate... ^_^). La canzone, “You’re not alone”, che dà anche il titolo (ma che fantasia!!!) fa parte della colonna sonora del film de “I cieli di Escaflowne” (o “Le visioni di Escaflowne”). Per il resto... i personaggi sono miei, quindi posso farci quello che mi pare ^_-!.
Grazie ancora a tutti.


YOU'RE NOT ALONE

di Kriss

 

Il locale è pieno.

Sulla pista, ragazzi e ragazze si agitano urtandosi a ritmo con la musica, alta, quasi frastornante.

C’è un’atmosfera di festa che rincuora.

Mi piacciono, le feste; mi piace la gente, la confusione, la musica, le risate.

Ma appena entro, l’ultima cosa cui penso è tutto questo.

Mi guardo attorno, scruto fra gli studenti, negli angoli in ombra, dove è possibile.

Non è ancora arrivato.

Forse è ancora presto, ma io mi sento ugualmente già un po’ in ansia.

So quanto si senta a disagio in queste situazioni, quanto detesti, al contrario di me, la confusione, e la gente che gli sta troppo addosso, e non sono affatto sicuro che stasera si presenterà.

Anche se la festa è in suo onore.

Anche se ho insistito io affinché venisse.

Temo che ne abbia già avuto abbastanza di stamattina, a scuola, fra applausi, strette di mano, complimenti continui.

E’ rientrato da pochi giorni e l’eco degli entusiasmi per i suoi successi non si è affatto spenta.

Questa giornata è stata dedicata completamente a lui, e la sera in discoteca ne è la conclusione.

E’ stato bello, esaltante, per certi versi emozionante, ma sono convinto che quello che si è divertito di meno, sia stato proprio lui.

Se i ragazzi, qui, sapessero quanto tutto questo lo mette in imbarazzo, quanto sforzo abbia fatto su se stesso per non allontanarsi e nascondersi a tanta attenzione nei propri confronti, non ci crederebbero.

A volte, non lo capisco neppure io.

Fosse successo a me, non sarei riuscito a togliermi il sorriso dalla faccia per mesi interi!

Quasi cammino sollevato da terra anche adesso, al pensiero di quello che lui è riuscito a fare, e da tanto sono orgoglioso della sua vittoria, e di lui.

Lui invece rimane spiazzato, impacciato, incapace di reagire con naturalezza all’interesse che suscita negli altri, in ogni senso.

Credo che, per certi versi, ne abbia addirittura paura.

Anche oggi, a molti sarà parso freddo, distante, indifferente, forse troppo superiore per abbassarsi a dei comuni studenti come loro.

Lo sembrava anche a me, un tempo...

Quando ancora non lo conoscevo come adesso.

Quando lo detestavo, per questo.

Ora so che la sua è una forma di timidezza, di insicurezza, quasi esagerata, in un ragazzo che è riuscito a vincere due medaglie alle Olimpiadi a soli sedici anni.

Quando l’ho spiegato a Hideo, credeva io stessi scherzando!

Ora mi viene incontro, accogliendomi con un ghigno. Con lui, Seto, Sekigawa, Matsui.

Una parte del solito gruppetto.

Gli amici di sempre.

Rispondo al ghigno e li saluto uno a uno battendo il pugno contro i loro.

Cominciano le battute, le risate, i commenti, battibecchi scherzosi che siamo abituati a portare avanti da anni.

Sono contento che siano qua, ma non riesco a concentrarmi del tutto su di loro.

Il mio sguardo vaga ancora per la sala, si fissa spesso sull’entrata; l’attesa, e un pizzico di ansia, mi portano inequivocabilmente a distrarmi.

Fortunatamente, Hideo è a conoscenza del perché del mio atteggiamento, comprende il mio stato d’animo, e questo mi tranquillizza, e per certi versi mi dà un senso di sicurezza.

Replico ad una battuta, ridacchio, poi una figura si staglia nell’atrio che non ho smesso di tenere d’occhio, e mi blocco, mentre il cuore mi salta in petto come ogni volta.

E’ qui.

Faccio un passo avanti, e tutto intorno mi pare si sia fermato.

Non sento più la musica, le voci, le risate, non vedo le luci, la gente, niente.

Lui è qua, e nient’altro conta.

Non riesco a guardare altro, non riesco a pensare ad altro.

Lo fisso, mi beo della sua immagine, lascio che si fissi nella mia memoria.

Indossa una camicia scura, di stoffa morbida, forse seta, lasciata aperta sul collo e fuori dai pantaloni. Con noncuranza, con indifferenza.

Perfetta, addosso a lui.

La sua pelle chiara risalta per contrasto, delicata come un fiore, fresca come la neve. Rende più luminosi anche i suoi occhi, più rosse le sue labbra.

Viene voglia di accarezzarla.

Vorrei conoscere chi lo ha fatto, chi è riuscito a creare tanta bellezza senza neanche rendersene conto.

Fa qualche passo avanti e si guarda attorno, anche lui come ho fatto io.

Mi sta cercando, e a me viene da sorridere.

Tengo gli occhi fissi su di lui, mi muovo lentamente, aspetto il suo sguardo.

Si volta, e finalmente mi vede.

Si illumina subito, perdendo come d’incanto serietà e freddezza, e il mio cuore comincia a battere più in fretta, scaldandosi.

Mi piace avere questo effetto su di lui. Mi piace leggere nei suoi occhi quanto conto per lui, quanto conti la mia presenza anche per un breve istante della sua vita.

Nessuno riesce a farmi sentire tanto importante, e mi sono accorto che questa sensazione sta diventando indispensabile, per me. Quasi non riuscissi a vivere, se gli fossi indifferente.

Alzo un sopracciglio e gli lancio un mezzo sorriso, continuando ad avanzare in mezzo alla gente per raggiungerlo.

Anche lui si sta muovendo, gli occhi nei miei, attirati entrambi come da un magnete.

Un’attrazione che nessuno dei due riesce a contenere, e che diventa più forte ogni giorno che passa. E’ inesorabile, vitale, ormai. Più intensa di qualsiasi cosa io abbia mai provato.

Esplode in qualunque momento, e io non sono in grado di soffocarla. Non ne ho neanche l’intenzione.

So quanto sia parso strano ai miei amici, ai compagni, il mio cambiamento, so che non possono non aver notato la luce che mi illumina ogni volta che vedo Yuki, i sorrisi che gli rivolgo, gli sguardi, il tempo che gli dedico, ma non m’importa. Non mi importa più. Che facciano supposizioni, che capiscano, che sappiano.

E’ la cosa più bella che mi sia mai capitata.

Perché tenerla nascosta?

Ho già rischiato di perderla, facendolo.

Non permetterò che succeda ancora.

Accentuo il sorriso e procedo.

E’ come se quello che sento per lui mi trascinasse in avanti, senza che io abbia veramente bisogno di muovere i piedi, come se lui mi tirasse verso di sé.

Poi, qualcosa si spezza.

Urletti, sospiri, e un gruppetto di ragazze lo circonda, distraendolo, sconvolgendolo, facendolo nuovamente ritrarre. Annuisce impacciato, prova a sorridere, poi alza ancora lo sguardo su di me: sembra chiedermi aiuto. Ma non può che seguirle, e si allontana con loro.

Lontano da me.

Stringo i pugni e mi vien voglia di urlare.

Come si permettono quelle stupide intriganti impiccione...

Una mano si posa sul mio braccio e io mi volto di scatto, così irritato che quasi mi parte un pugno.

Tsukishima è al mio fianco.

- Lascialo con loro per un po’. - dice. - La serata è ancora lunga... -

Poi mi guarda di sbieco e mi sorride, facendomi l’occhiolino.

Mi capisce sempre. A volte, forse troppo.

Mugugno qualcosa e torno a guardare cupo dalla parte in cui è sparito Yuki, ma poi seguo Hideo, raggiungo gli altri, mi siedo con loro. Provo anche a concentrarmi sui loro discorsi, senza riuscirci più di tanto.

C’è una ragazza che continua a sorridermi e a parlarmi. E’ del primo anno, e da quando sono tornato, non fa che starmi attorno; anche adesso è qua, sembra contenta, vorrebbe che ballassi con lei.

E’ carina.

Credo.

Non lo so.

Non mi interessa.

Non riesco a dare un giudizio su di lei in questo senso, come fanno gli altri; al momento, mi sembra di vederla a malapena.

Devo dirle che non m’interessa, devo farglielo capire, prima o poi, ma adesso non ci riesco.

Continuo a scrutare in giro, continuo a cercare lui.

Stargli lontano sapendo che è qua, mi innervosisce.

Mi alzo in piedi, saluto con un sorriso e mi allontano.

Non ce la faccio più.

Devo trovarlo, vederlo, stargli vicino.

Questo bisogno di lui sta diventando ossessionante.

Mi aggiro per il locale come un predatore alla ricerca della sua vittima.

La luce non è delle migliori, per poter vedere bene, ma alla fine vengo premiato.

Forse è l’istinto, che mi guida.

Lo scorgo in un angolo in penombra, solo, la schiena appoggiata ad una parete e le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni.

Sembra un ragazzino troppo timido per partecipare al divertimento degli altri, un bambino lasciato in disparte ad una festa di adulti.

So che l’ha cercata da solo, la solitudine, ma so anche quanto a volte gli faccia male.

Ora che pensa di non essere osservato da nessuno, ha lasciato cadere la maschera dietro cui è solito nascondersi, e nei suoi occhi c’è una luce triste, quasi languida.

Di solito, adoro vederlo ridere, ma anche questa malinconia gli dona un fascino che d’improvviso trovo irresistibile, una bellezza struggente, d’altri tempi.

Vorrei stare qui a guardarlo da lontano, indisturbato, ma il desiderio di andare da lui, di toccarlo, di fargli sapere che ci sono, è troppo più forte.

Faccio un giro lungo, metto a punto un’idea che mi è appena venuta, poi lo avvicino, arrivandogli quasi da dietro, per non farmi scorgere prima.

- Cosa ci fa una tale bellezza qui tutta sola? - recito scherzosamente, e lui sussulta, voltandosi di scatto.

Poi sorride, scuotendo lievemente il capo.

Non dice nulla.

Mi sorride, con le labbra, con gli occhi, con tutto il corpo, e mi basta.

So che è contento che io sia qua, capisco che non aspettava altro, e il mio cuore è già ebbro.

Sorrido di rimando, e mi avvicino ulteriormente.

C’è meno di un passo, fra di noi.

- Mi concede il prossimo ballo? - chiedo, fissandolo negli occhi.

Si spalancano leggermente, laghi gemelli in cui vorrei affogare, poi si spostano a guardarsi attorno per tornare alla fine su di me.

- Qui... ? - mormora.

Non sembra veramente preoccupato per il fatto che qualcuno ci possa vedere, forse è più stupito che io gli abbia fatto una simile proposta in una discoteca piena di gente.

- In questo angolino non ci disturberà nessuno. - ribatto, come a volerlo tranquillizzare.

Lui affonda i denti nel labbro inferiore, abbassa lo sguardo.

E’ arrossito; lo so anche senza vederlo bene.

- Non so ballare... - sussurra.

Ho voglia di abbracciarlo.

Sbuffo e mi stringo nelle spalle.

- Neanch’io! - replico, e lui alza ancora lo sguardo sul mio volto, scuotendo la testa con un risolino.

E’ così bello che pare accecare.

Il brano successivo comincia nel momento in cui azzero la distanza fra di noi.

Sembra lo abbiano fatto apposta.

I’ve walked so long I cant’t remember Where was my home
Their distant faces fade away I’m always on my own
I can show a smile, it’s not hard to do
I can have the strength to go on
But sometimes I wanna let go of everything

Lo riconosce subito, fa parte di un CD che gli ho portato in Australia a settembre, un regalo improvviso, estemporaneo, quasi senza senso. Mi era piaciuto il film, e gli ho regalato la colonna sonora.

Stringe le labbra, e i suoi occhi scintillano.

Poi fa per passarmi un braccio attorno alla vita, ma io lo fermo.

Stavolta tocca a me.

- Sono io che ti ho invitato... - lo ammonisco con un sorrisino malizioso, e lui crolla il capo in avanti con una nuova risatina.

Non accenna neppure a protestare. Il suo braccio scivola sulle mie spalle, dietro il collo, e lui si stringe a me, prendendomi l’altra mano.

When thoughtfulness is not their game I teach by giving love
High mountains seem higher endlessy when they’re pebbles at your feet
And if you should still fall into despair, there is one thing left to believe
I lie in your heart always.

Ci muoviamo lentamente.

Non so se i passi siano giusti, non so neppure se stiamo seguendo la musica, ma non mi importa.

Mi basta essere con lui, sentire il suo corpo contro il mio, stretto a me, perdermi nei suoi occhi meravigliosi.

E’ quello che voglio da tutta la sera.

Nothing is braver than honesty, my life is your faith in me.

Non smette di fissarmi, i suoi occhi mi studiano, mi divorano, mi entrano nell’anima.

Vorrei perdermici dentro.

Forse, sono già perso.

Intorno, di nuovo il vuoto.

Solo noi due, in questo minuscolo angolo di mondo.

I’ll be there when you need
You don’t have to hide from me
What you are feeling now
I fill your soul.

Noi due.

... tu e io...

Ho avvicinato ancora il viso al suo, ho agganciato il suo sguardo.

Voglio che mi guardi, che ascolti, che senta quelle parole dentro di sé, fin’ nel cuore.

Che capisca che arrivano dal mio.

We will seek together destiny
Troubles have an end
We will carry on hand in hand
You’re not alone.

Non riesco ancora a dirlo a voce alta, non come vorrei.

Ma voglio che lo sappia.

Che sappia che ci sarò sempre, ovunque lui sarà, in ogni momento, in qualsiasi situazione.

Tutta la vita...

Sembra un tempo interminabile, infinito, incommensurabile, per la nostra età; eppure, è quello che sento adesso, che sento da un po’, ogni attimo di più.

Difficile da esprimere, da ammettere, forse addirittura da accettare.

Ma c’è.

Inequivocabile.

Impresso nel mio cuore, lo riempie fino a farlo scoppiare...

[...] I’ll be there when you need
We will live together
Nothing is in our way
with trust in our soul.

... Come l’azzurro dei suoi occhi, all’interno del quale passa un lampo, uno scintillìo che li fa brillare prima di ammantarsi di dolcezza, offuscati da un velo di lacrime.

Sta ascoltando, ha capito.

Sorride, mi stringe a sé, le sue braccia mi cingono entrambe il collo, la sua testa si appoggia alla mia spalla.

Sento il suo respiro sfiorarmi il collo, le labbra accarezzarmi la pelle.

Sta cantando, a voce bassissima, e io sorrido, abbracciandolo più stretto.

We will seek together destiny
Troubles have an end
We will carry on hand in hand
We won’t forget we have eachother.

Ora mi guarda di nuovo.

Il suo volto è così vicino che i nostri nasi si toccano.

Le sue dita s’infilano fra i miei capelli.

Ha uno sguardo dolce, intenso, che mi inchioda sul posto, come solo lui sa fare.

Non riuscirei a sfuggirgli neanche volendo.

E in ogni caso, non lo voglio affatto.

Love is in the hearts of all man.

Un sussurro, le labbra ad un soffio dalle mie.

Petali di rosa, morbidi, vellutati.

You’re not alone.

“Non lo sarai mai, mai più, finché io avrò vita.”

Non so cosa mi stia succedendo stasera.

Non sono mai stato tanto sicuro dei miei sentimenti.

La musica si dissolve piano, poi ricomincia con un altro pezzo.

Noi rimaniamo abbracciati, fermi, incuranti di quanto sta accadendo intorno a noi, all’ infuori di noi.

Le sue labbra continuano a sfiorare le mie, me le accarezzano piano, senza andare più a fondo. Mi stuzzicano, prolungano l’attesa, mi eccitano acuendo il mio desiderio.

- Yuki, non... -

Cerco di fermarlo, di intrappolarlo.

- Che c’è? - chiede con aria maliziosa, sfuggendomi ancora.

Ruggisco esasperato, e lui ride.

Sa benissimo, cosa c’è.

Mi guarda, sorride ancora, poi, finalmente, mi bacia.

Non scappa più, cerca solo la mia bocca, le mie labbra, la mia lingua.

Finalmente...

Chiudo gli occhi, mi lascio andare, e subito perdo la cognizione del tempo.

Le mie mani gli accarezzano la schiena, scivolano sotto la sua camicia, toccano la sua pelle liscia, calda.

E la mia bocca ricambia il bacio, assetata come dopo giorni nel deserto.

Sto perdendo la cognizione di qualsiasi cosa.

Esiste solo Yuki.

Mi ritrovo seduto su un divanetto, e non ho idea di come ci sono finito.

Yuki è in braccio a me.

Mi bacia il viso, mi accarezza le guance, i capelli, mi guarda con dolcezza e desiderio e passione, riprende a baciarmi.

Il sapore della sua lingua è così dolce da stordire.

Lo attiro contro di me, e le mie mani riprendono a toccarlo, cercando la sua pelle, esplorando il più possibile del suo corpo; non riescono a stare ferme.

Gli mordo il collo.

Sono senza fiato.

Ho voglia di lui.

- Andiamocene via da qui. - sussurro.

Lui annuisce, con impazienza.

- Vieni a casa mia. Resta con me, stanotte. -

Stavolta sono io ad annuire.

Mi faccio aiutare a mettermi in piedi e lo seguo.

Mi sta tenendo la mano, e io lo lascio fare, quasi mi faccio trascinare.

E’ come se mi stesse guidando. Mi piace.

Mi guardo attorno frastornato e finalmente metto di nuovo a fuoco.

La musica, le luci, la gente.

La festa.

La festa in onore del nostro campione.

Di Yuki.

E noi ce ne stiamo andando.

Sto portando via il protagonista principale.

Mi viene da sorridere.

Non me ne importa niente.

Yuki fa un giro lungo, sembra cercare di evitare di venire fermato da qualcuno, di essere visto, ma è quasi impossibile. Si fa fatica anche a muoversi. Ci sono studenti dappertutto, qualcuno ci sta guardando, qualcun altro, mi sembra, mi sta anche chiamando.

Yuki fa per lasciarmi la mano, ma io gliela stringo più forte.

Non voglio che mi lasci.

Sto bene così, non m’ importa che mi vedano.

Devo essere ubriaco... anche se non ho affatto bevuto.

Yuki si ferma e si volta a guardarmi.

Ha lo sguardo stupito, incredulo, ma allo stesso tempo una luce esultante lo illumina.

Rimango a fissarlo, la mano stretta alla sua, fermo in mezzo al frastuono, alla confusione di ragazzi e ragazze attorno a noi.

E’ come se non ci fossero.

Entità astratte che quasi non mi toccano.

Mi sento strano.

Yuki reclina leggermente il capo di lato, con un’ espressione interrogativa, e tenera insieme, e a me pare che nel mio stomaco si stiano muovendo migliaia di farfalle.

Sbatto le palpebre, stordito, quasi mi fossi appena svegliato da un lungo sonno.

“ Ti amo, Yuki... “

Un pensiero, un urlo, che esplode dentro di me, prorompente, inesorabile, come le onde di un mare in tempesta.

Mi chiedo perché adesso, perché qui, così all’ improvviso, ma non ho risposte.

Non riesco a trattenerlo, e allo stesso tempo neppure ad esternarlo. Non a voce.

Spero lo legga nei miei occhi.

“ Ti amo... ti amo... ti amo... ”

Vorrei gridarlo.

... devo essere davvero ubriaco...

Di fronte a me, Yuki continua a guardarmi, lo sguardo fisso nel mio.

Forse ha un lieve moto di sorpresa. Non lo so.

So solo che ora mi sorride, apertamente, e che i suoi occhi immensi emanano una luce calda, avvolgente.

Fa un passo verso di me, e d’ improvviso il mio cuore prende a battere furiosamente.

- Andiamo? - mormora, vicinissimo, ma io so che intende dire qualcos’altro.

Me l’ha detto con gli occhi, è scritto sul suo viso, nella stretta calda della sua mano, sul suo corpo proteso verso il mio.

“... Ti amo anch’ io... ”

Annuisco, quasi imbambolato, e mi trattengo a stento dal baciarlo davanti a tutti.

Sono sicuro di sentir chiamare il suo nome, e il mio.

Non mi volto neanche.

Poi una mano mi blocca, afferrandomi il braccio.

Hideo.

... E’ qui anche lui? ...

Dice che le ragazze del comitato organizzativo stanno cercando Okazaki, che deve andare da loro.

... Sì, c’ era anche prima...

Lo guardo come se stesse dicendo delle assurdità, come se non lo capissi.

Accanto a me, Yuki si irrigidisce, percepisco la sua tensione attraverso la stretta della sua mano, un brivido che si trasmette dalle sue dita lungo tutto il mio corpo, riscuotendomi immediatamente.

- Noi stiamo andando via. - dico, sicuro e ragionevole.

Un dato di fatto, che non ammette repliche.

Hideo sembra sconcertato.

- Via? E la festa? -

Deve ancora incominciare, vorrei rispondere, ma mi trattengo.

- Mi sembra che vada avanti benissimo anche senza di noi. - ribatto invece. - Alle ragazze, di’ che Yukito non lo hai trovato, o che era stanco, o che non aveva voglia. Qualcosa. Lo vedranno domani, a scuola. Hanno tutto il tempo. -

Al mio fianco, Yuki si rilassa, quasi si appoggia a me, spalla contro spalla.

- Ma... -

Hideo prova ancora a protestare, inutilmente.

Lo guardo fisso negli occhi, irremovibile.

- Lasciali andare, Tsukishima. -

La voce squillante di Kumi-chan cambia l’atmosfera.

Quasi sussulto. Non mi ero accorto che fosse vicino a Hideo.

Ci guarda con gli occhi che scintillano e un sorriso raggiante.

- Voi andate. Vi copriamo noi. - e continua a sorridere.

Avrei voglia di darle un bacio.

Sa, ha capito, e mi sta aiutando come ha sempre fatto fin’ da quando siamo piccoli.

Ricambio il sorriso, un ghigno che credo mi vada da un orecchio all’altro.

- Grazie, Kumi-chan. Sei un tesoro!-

Lei scrolla le spalle, sbuffa, fa una piccola smorfia.

- Non cominciare con le tue solite moine, e muoviti ad andartene di qui! -

Poi sorride di nuovo, e io finalmente mi accorgo che non lo sta facendo a me.

I suoi occhi luminosi sono fissi su Yuki, il sospiro estatico rivolto a lui.

Storco la bocca e faccio per muovermi.

- Andiamo. - ringhio.

Possibile che non ce ne sia una che non muoia per lui?!

- Ma... E le ragazze? -

Hideo insiste.

E’ accigliato, cupo, forse arrabbiato.

Mieko fa parte del comitato, non vuole deluderla.

- Ci penso io a trovare una scusa. - continua Kumi-chan. - Voi andate pure. -

Alzo una mano per salutare.

L’altra è stretta a quella di Yuki.

- Grazie. - lo sento mormorare, e il sorriso di Kumi diventa addirittura radioso, mentre il volto le si fa di fuoco.

Grugnisco ancora e volto loro le spalle, trascinandomi via Yuki.

Tutti questi sorrisi, tutti questi occhi puntati su di lui, mi innervosiscono, non li sopporto. Mi fanno venire voglia di prendere a pugni tutti quanti.

Yuki è mio, solo mio.

Vorrei voltarmi e gridarlo alla folla riunita qui, a tutti quelli che se lo stanno mangiando con gli occhi, al mondo intero.

Mi ritrovo all’esterno che ho quasi il fiatone, e mi rendo conto della mano calda ancora stretta alla mia.

Yuki è qui, con me, al mio fianco.

E’ mio.

Non ho bisogno di urlarlo a nessuno, di dimostrarlo a nessuno.

Lo so.

Mi basta guardare il suo viso, ascoltare la sua voce, sentire il suo tocco.

Perché ho ancora, sempre, bisogno di conferme?

Di cosa ho paura?

Yuki fa un lungo sospiro e mi sorride.

Ha le guance arrossate e gli occhi lucidi per il caldo del locale.

Mi si accosta, si guarda attorno alla ricerca di un taxi, sospira ancora.

Il suo profilo è perfetto.

Mi allungo verso di lui e lo bacio su una guancia.

Un impulso che mi prende all’improvviso.

Non mi sono mai sentito così temerario.

Yuki mi guarda stupito, e il suo sorriso si accentua.

I suoi occhi mi hanno agganciato.

Stiamo fermi così, in silenzio, occhi negli occhi.

Non ci importa dei passanti, degli studenti che entrano ed escono dal locale, di nessuno.

Yuki si stringe a me e ricambia il bacio, sulle labbra.

Poi si scosta, alza una mano, chiama un taxi.

Le sue dita sono ancora intrecciate alle mie.

Quasi non volessero più lasciarmi andare.

Le stringo ulteriormente e lo seguo all’interno dell’auto.

Non voglio più lasciarlo andare.

Mi appoggio a lui, chiudo gli occhi con un sorriso, mi lascio cullare dal ronzìo del motore.

Non vedo l’ora di essere davvero solo con lui.


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