YOU'RE MY DREAM
(parte quinta)

di Kriss

 

L’ultimo ad uscire fu Tsukishima.

Si fermò sulla porta e si voltò a salutarlo.

- Ehi, ci si vede. Magari passo stasera, dopo la scuola. Mi tocca tornarci; il preside era furibondo, perché ce ne siamo venuti tutti qui senza permesso! Nel frattempo, cerca di non fare pazzie: oggi stavi quasi per farmi venire un accidente!-

Seiji ridacchiò e alzò un pollice a mo’ di saluto.

- Tranquillo. -

L’amico salutò sua madre, poi se ne andò, e la stanza scivolò nel silenzio.

Seiji si adagiò contro i cuscini e chiuse gli occhi.

Aveva riso e chiacchierato con tutti, come sempre esaltato dall’essere al centro dell’attenzione, ma ora si sentiva un po’ frastornato; era stanco e indolenzito, nonostante avesse dato a vedere che non si era fatto niente.

In effetti, era come se non si fosse fatto nulla sul serio, visto quello che aveva rischiato, ma anche quello lo aveva fatto passare come una cosa normale, quasi lo facesse tutti i giorni. Uno come lui, non badava a quelle cose!

Infatti, non ci aveva badato…

Non aveva badato a nulla.

Aveva pensato solo a Yuki, a quello che poteva succedergli, a salvarlo a tutti i costi.

Nient’altro aveva avuto importanza, in quel momento…

Anche dopo aveva pensato a Yuki.

Voleva sapere come stava, ma nessuno degli amici che avevano invaso la stanza aveva accennato all’altro, se non come a quello che era stato salvato dal suo coraggio, e lui non aveva osato domandare niente.

Sempre per non far sorgere dubbi, interrogativi.

Già il proprio comportamento doveva essere parso strano, specie a Tsukishima che era lì con lui quando era partito di corsa…

Sospirò piano e riaprì gli occhi.

Doveva trovare il modo per informarsi, magari anche per vederlo.

Accanto a lui, sua madre gli metteva a posto il lenzuolo.

- Tenerti lontano dai guai è sempre un’impresa, mh?-

Aveva parlato con leggerezza, e un tono di lieve rimprovero, ma lo faceva per sdrammatizzare, dopo essersi assicurata che non si fosse fatto nulla di grave.

- Non è vero!- Era da un po’ che non combinava guai. - E poi, stavolta non è colpa mia!-

- Lo so…E sono orgogliosa di te. Ma la prossima volta non agire a casaccio, senza riflettere. Ha ragione Tsukishima-kun: finirai per farmi morire prima del tempo!-

Seiji ghignò.

- Lo faccio per temprarti!-

Sua madre fece una smorfia e alzò una mano per dargli uno scapellotto che non arrivò mai.

- Ormai mi bastano tutti questi anni!- Guardò l’orologio e si alzò. - Devo andare a prendere Tomomi, poi torniamo qui. Appena saprà che sei all’ospedale, vorrà vederti subito.-

Seiji storse la bocca.

Sua sorella da sola avrebbe fatto più casino di tutti gli studenti che c’erano stati fino a poco prima!

Però, la mamma lo avrebbe lasciato da solo per un po’…

La guardò prepararsi, ascoltò le varie raccomandazioni, la salutò, poi aspettò qualche minuto.

Sapeva che non avrebbe dovuto muoversi, ma al momento non gli importava.

Stava per alzarsi, quando sentì bussare.

Chi diavolo poteva essere?

Invitò ad entrare, lo sguardo incupito.

Che si distese immediatamente non appena il visitatore entrò nella stanza.

- Yuki…- alitò, il nome che quasi gli s’inceppava in gola.

- Ciao…-

Il tono basso, lo sguardo inquieto che si posava ovunque.

Era vestito, con la camicia sporca che gli usciva dai pantaloni e la giacca strappata.

Seiji si schiarì la voce, cercando di ostentare una tranquillità che non sentiva.

- Ciao. -

Yuki fece un passo avanti, ma sembrava restìo ad avvicinarsi.

- Ho aspettato che andassero via tutti, non ti preoccupare. Così non sapranno che sono venuto, e non ti chiederanno spiegazioni.-

Seiji fece per dire che non importava, che contava solo che lui fosse lì, ma si trattenne, ricordando come non avesse neppure chiesto se qualcuno avesse sue notizie per paura che fosse troppo compromettente.

Scrollò solo le spalle, e continuò a guardarlo, mentre il cuore gli batteva più velocemente.

- Volevo…volevo solo sapere come stavi. - proseguì il compagno.

Solo quello…

- Oh, sto bene.- Alzò il braccio destro con aria allegra.- Mi sono solo rotto una mano e slogato una caviglia. -

Lo vide mordersi un labbro.

- Mi dispiace…Ora dovrai fermarti, perdere dei giorni…-

La preparazione sarebbe andata a farsi benedire e così i vari programmi che si era fatto.

Niente record, probabilmente niente qualificazioni.

Lo sapeva, ci aveva già pensato; ma solo quando gli avevano messo il gesso e fasciato il piede.

- Lo rifarei. - disse, e Yuki alzò la testa di scatto, fissandolo a occhi spalancati. - Lo rifarei mille volte. -

Era vero.

Ogni volta non avrebbe pensato che a lui, e alla sua incolumità.

Yukito continuava a guardarlo, colpito, quasi scioccato.

- Credevi che ti avrei lasciato là, mentre quel pazzo ti veniva addosso?-

L’altro fece un lievissimo cenno di diniego, incerto, e Seiji desiderò che si avvicinasse al letto, che si sedesse accanto a lui.

- Non…Non lo so…Hai rischiato di…-

Seiji sbuffò.

- Non ci ho neanche pensato. In quei momenti non pensi a niente. - Agitò una mano, come a minimizzare. Non voleva che si sentisse in colpa o cose simili. Voleva solo che parlasse con lui, che si riavvicinasse, che non lo detestasse. - E comunque, lo avrebbe fatto chiunque. -

Era pronto anche a sminuire il proprio operato.

Yuki fece un mezzo sorriso, appena accenato, e distolse lo sguardo.

- Però non si è mosso nessun altro…-

- Perché io sono troppo veloce!-

Yuki rise piano e tornò a guardarlo, gli occhi luminosi di nuovo su di lui; poi strinse le labbra, quasi a voler soffocare quell’impulso, quasi fosse inopportuno, inaccettabile.

"Non smettere! Non smettere!"

- Io devo…devo andare. E’…-

No!

Seiji si tirò su a sedere quasi di scatto.

- E…E tu come stai?!-

Quasi lo urlò.

Yuki sorrise di nuovo.

- Non mi sono fatto niente. Solo un paio di contusioni. Posso già tornare a casa.-

- E domani a nuotare…?-

Yuki annuì, e Seiji sospirò di sollievo.

Non poteva permettersi di perdere dei giorni. Non in quel periodo.

- Grazie a te…-

Un bisbiglio così sottile che quasi non si udì.

- Aah…Lascia stare.-

Lo vide sorridere di nuovo, e si accorse che era più vicino al letto.

- Credevo che ti saresti vantato fino all’esaurimento e che me lo avresti rinfacciato per anni.-

Sempre a voce bassa, ma in tono scherzoso, quello che usava per punzecchiarlo, per prenderlo in giro; quello che usava solo con lui…

Seiji alzò un sopracciglio.

- Ehi! per chi mi hai preso!? Non ho bisogno di abbassarmi a queste cose. E poi, ci penseranno gli altri: sentirai tanto parlare di me e del mio coraggio da stancarti!-

Yuki roteò gli occhi e fece una smorfia.

- Oddìo…Peggio che se ne parlassi tu?-

Seiji s’incupì immediatamente, punto sul vivo come al solito.

- Ehi! e con questo che cavolo vorresti dire?!- ribatté con foga, la voce già alta.- Che…Che blatero troppo? Come uno stupido? Beh, se ti stanco tanto, fai a meno di ascoltarmi! Meglio così che…che…E poi, ti ho detto che non ho bisogno di…di…di…-

Yuki stava ridendo, e lui s’interruppe con un sussulto.

Erano scivolati nei soliti battibecchi, nelle schermaglie abituali, che li mettevano in contrasto quando erano soli.

Con naturalezza, spontaneità; quasi fosse inevitabile.

- Stavo scherzando…-

…come una volta…

- Mh.-

Seiji mise il broncio, ma dentro di sé si sentiva riscaldare alla vista del suo sorriso.

Gli mancava…

Gli mancava poter parlare con lui, stare con lui, discutere e scontrarsi, ridere, scherzare, punzecchiarsi.

E gli mancavano i suoi occhi, il suono della sua voce, la morbidezza delle sue carezze, il sapore della sua pelle…

- Sarai considerato un eroe. -

…Perché non riusciva a dirglielo?…

- Già! L’eroe del Senkawa. -

Yuki lo guardava, un sorriso lieve che gli aleggiava sul volto.

Pallido, e sempre bellissimo.

- Hai agito come un pazzo, non come un eroe…-

Seiji sogghignò.

- E’ così che si comportano i veri eroi, non certo tentennando. - Vide l’altro scuotere il capo, e sbuffò. - Te l’ho detto, non ho neppure pensato: sono partito e basta. E ora, smettiamola con questa storia…-

Yuki strinse le labbra, poi fece un lungo respiro.

I suoi occhi azzurri erano luminosissimi, quasi febbricitanti.

- Mi hai salvato la vita. - mormorò piano, con un sorriso contrito. Ormai era accanto a lui. - Sarà difficile ricambiare…-

Seiji lo fissò, dritto negli occhi quasi non volesse lasciarseli sfuggire.

Non voleva che l’altro lo ricambiasse, né che si sentisse in dovere di farlo . Non era per quello che…

D’istinto, allungò una mano e prese quella del compagno.

- Vai alle Olimpiadi. -

Deciso, diretto, sicuro.

Non sapeva esattamente perché l’aveva detto. Non aveva certo pensato a quello, quando si era precipitato verso di lui quella mattina. Ma in quel momento era vero che sapere che stava bene e che non avrebbe perso l’occasione di provare a realizzare il proprio sogno, gli faceva piacere. Quasi fosse importante per lui come lo era per il compagno.

Quasi l’altro dovesse farlo anche per lui.

Yuki spalancò gli occhi, colpito, poi li distolse, sbattendo le palpebre, guardando ovunque come non volesse farsi vedere, martoriandosi le labbra coi denti. Sembrava agitato, e che in qualche modo cercasse di riprendere il proprio auto-controllo. Poi tornò a guardarlo, annuì piano, ma con decisione, e la luce che brillava nei suoi occhi era così scintillante, rovente, che Seiji si sentì arrossire; vi lesse determinazione, la risolutezza che sfoderava durante le competizioni, e seppe con certezza che avrebbe dato il massimo, per raggiungere quell’obiettivo. Più di quanto già non avrebbe fatto, quasi che le sue parole gli avessero dato maggiore carica.

Sorrise, soddisfatto, e Yuki ricambiò.

Non aveva ritirato la mano, e anzi, gliela strinse ulteriormente.

La sua pelle era liscia, calda, morbida.

Seiji ne ricordò il tocco, e desiderò che l’altro non si allontanasse, che rimanesse così, la mano nella sua, gli occhi nei suoi.

Attirarlo a sé, abbracciarlo.

Con lo sguardo ancora fisso nel suo, deglutì e inspirò convinto.

Doveva dirglielo, doveva fargli sapere quello che provava, quanto gli mancava la sua vicinanza, quanto stava detestando quella situazione, e il silenzio fra loro.

Il cuore gli batteva così forte che quasi se ne sentiva assordato.

Prese fiato per parlare, ma la porta si spalancò all’improvviso e lo interruppe.

- Oni-chaaan!-

Tomomi entrò di corsa, avventandosi verso il letto, e Yuki si tirò indietro con un sussulto, lasciandogli la mano e allontanandosi subito.

Seiji ebbe quasi un moto di stizza, ma non fece in tempo ad esternarlo che sua sorella gli si gettò addosso.

- Fratellino, come stai? Ti sei fatto tanto male?-

Seiji la guardò accigliato.

Quella rompiscatole doveva sempre rovinare tutto.

- Non urlare, rospo!- le ruggì contro. - Stavo benissimo, fino a poco fa!-

Tomomi mise il broncio e tirò su con il naso; le lacrime le spuntavano già dagli occhi, e Seiji sospirò.

- Sei uno stupido scimmione, e io non vengo più a trovarti. Ecco!-

- Va bene…-

- Sei antipatico! E io non sono preoccupata per te, perché hai la testa così dura che avrai rotto la strada!!- Gli fece una linguaccia e si passò la manica sugli occhi.

Seiji fece una smorfia, poi le prese il viso in una mano e lo attirò verso il proprio, stringendole piano le guance.

- E tu sei un rospetto che gracchia sempre e mi assorda. E poi, frigni come una mocciosetta!-

- Non è vero!!-

- Sì che è vero. Guardati qua!- e le mosse il volto da una parte all’altra, avvicinandolo ulteriormente al proprio.

- Sei uno scemo!- ma stava già ridendo.

Finiva sempre così, fra loro. Se ne dicevano di tutti i colori, ma non litigavano mai sul serio, anche se Seiji tendeva a lamentarsi continuamente di lei, quasi fosse una cosa dovuta, naturale.

- E tu un brutto rospaccio rompiscatole. -

- E tu una scimmia stupida che combina sempre guai e ci fa preoccupare!-

Gli fece un’altra linguaccia, poi gli passò le braccia attorno al collo e lo strinse a sé.

- Sei il fratello più scemo del mondo.-

Glielo disse a voce bassa, in un orecchio, e lui sogghignò.

Si era davvero preoccupata; lo faceva sempre, anche più della mamma. Quelle cose la spaventavano sempre, e ora che aveva visto che non era niente di tanto grave, reagiva attaccandolo. Poi, avrebbe cominciato ad agitarglisi attorno, occupandosi di lui con aria indaffarata, lamentandosi della sua poca collaborazione e facendo più casino che altro.

Con un ruggito, le scompigliò affettuosamente i capelli; poi alzò lo sguardo e vide Yuki. Li stava guardando con un sorriso, dolce, quasi comprensivo, e lui sussultò, accigliandosi subito e scostando da sé la sorellina.

Sapeva già cosa pensasse Yuki; la prima volta che li aveva visti insieme, a casa loro, alle sue continue lamentele sulla presenza della sorella, aveva ribattuto che si capiva perfettamente che le voleva un bene dell’anima. E il fatto che il loro comportamento di adesso stesse avvalorando le sue convinzioni, lo urtava.

Era un altro lato del proprio carattere che non gli piaceva mostrare, quasi non facesse parte di lui, quasi fosse troppo imbarazzante.

- Ehi, piano!- esclamò. - Mi soffochi!-

Tomomi s’incupì e gli diede una sberla sulla testa.

- Cretino!-

- Ahio. -

- Tomo-chan, lascia in pace tuo fratello. E scendi da quel letto. - Era arrivata la mamma. - E tu, Secchan, smetti di darle corda: sei peggio di un bambino. - Sospirò esasperata. - Possibile che dobbiate farmi arrabbiare anche in ospedale? Oh, ciao, Okazaki. - Si diresse verso Yukito con un sorriso. - Come stai?-

Yuki fece un breve inchino, quasi impacciato, mentre Tomomi si girava di scatto verso di lui e saltava giù dal letto per corrergli incontro, improvvisamente conscia della sua presenza.

- Yuki-chan!-

- Sto bene…Grazie. Ciao, Tomomi.- Si era irrigidito, le guance arrossate e lo sguardo inquieto, come sempre a disagio in quelle situazioni; ma sorrise a Tomomi, e le accarezzò i capelli.

- Non ti sei fatto male, vero?- La bambina lo guardava dal basso verso l’alto, il collo piegato all’indietro, e Seiji immaginò il suo sguardo estatico e gli occhi che le brillavano. - Stai bene bene?- Sembrava più preoccupata per lui che non per il fratello. Seiji fece una smorfia, alzando gli occhi al cielo.

- Non mi sono fatto niente…Davvero. -

- Per fortuna. - intervenne sua madre. - Sono contenta. Volevo passare anche da te, prima, ma ho avuto tanto di quel da fare con questo testone. -

- Ehi!-

- Per fargli un’iniezione, bisogna legarlo. E poi aveva da lamentarsi per il gesso, e per la fasciatura, e perché deve passare una notte qua! Ne ha sempre una. -

- Ehi!!-

- Ha così paura delle punture, che cerca sempre di scappare, sai?- Tomomi ridacchiò e Yuki la imitò. Era bello, vederlo ridere…- Anch’io ho un po’ di paura, però non scappo. -

…però adesso stavano esagerando!

- EHI! La volete smettere?!-

Yuki alzò gli occhi su di lui, il sorriso che glieli illuminava, i denti che affondavano nel labbro inferiore, e lui si sentì arrossire.

- Guardate che sono io, quello che si è fatto male!- si lamentò, corrucciato.

- Hai ragione, tesoro. - replicò sua madre, avvicinandosi al letto, ma intanto non smetteva di parlare, come suo solito, e a raccontare aneddoti su di lui, e su quello che aveva combinato negli anni, buono o meno che fosse, mettendolo in imbarazzo di fronte a Yuki.

- Mamma!!-

- Sì?-

Accidenti a lei!

Perché doveva sempre chiacchierare tanto?

- Smetti…- digrignò.

- Va bene, tesoro. - Seiji la fulminò con lo sguardo e lei fece un gran sorriso. - E’ anche un po’ permaloso. -

Scoppiarono tutti a ridere, tranne Seiji, che si lasciò andare all’indietro contro i cuscini e sbuffò rumorosamente.

Aveva una famiglia veramente esasperante e invadente.

Lui avrebbe avuto voglia di starsene un po’ solo con Yuki, parlargli, sapere come stava, guardarlo. Almeno in quell’occasione.

Invece sua madre e sua sorella si erano intromesse come al solito.

- Io…ora vado. - mormorò la voce di Yuki, e Seiji raddrizzò la testa di scatto.

- Di già?- si lamentò Tomo-chan, esternando inconsciamente il suo stesso pensiero.

- Volevo solo sapere come stava Kurihara, e…Ora devo andare. -

…solo sapere…

- Tomo-chan, lascialo stare. - disse la madre.

Era venuto solo per quello?

- Va bene…-

Yuki le sorrise, poi s’inchinò per salutare, e Seiji si levò a sedere.

- Grazie per essere passato. - continuò sua madre.

Yukito scosse solo la testa, poi finalmente spostò lo sguardo su di lui e ce lo tenne per qualche secondo rimanendo in silenzio.

- Grazie di tutto…- mormorò poi a voce bassa, l’azzurro dei suoi occhi che pareva illuminare la stanza.

Seiji avrebbe voluto urlargli di non andarsene, invece non disse niente. Rimase zitto, fermo, la mano stretta al lenzuolo e gli occhi fissi in quelli dell’altro.

- Spero che tornerai presto ad allenarti. -

Presto…

Seiji fece un mezzo sorrisino.

- Puoi giurarci. -

Sorrise anche Yuki, brevemente, e la luce dei suoi occhi sembrava bruciare.

- Bene…- sussurrò, poi abbassò il capo e si avvicinò alla porta.

- Ciao, Yuki-chan. - lo salutò Tomomi con aria triste.

- Arrivederci. -

La aprì, uscì, se la richiuse alle spalle.

Poco prima di sparire alla sua vista, lo guardò ancora.

Solo un momento, ma tanto intensamente che Seiji si sentì quasi soffocare.

A stento trattenne un gemito.

Non era riuscito a dirgli quello che voleva.

 

 

"Vai alle Olimpiadi."

Yuki si diresse verso l’uscita a passo svelto, lo sguardo basso e il cuore che gli batteva velocemente.

Voleva andarsene.

Tornare a casa.

Allontanarsi.

L’aria dell’ospedale gli pareva soffocante, e lui non vedeva l’ora di uscire.

Appena fu all’aperto, inspirò a pieni polmoni quasi fosse rimasto sott’acqua per troppo tempo, e lentamente si calmò.

Vedere Seiji, parlargli, stargli vicino, lo aveva spossato.

E turbato.

Finché si trattava di partecipare alle attività del club, senza più di tanti contatti, ce la faceva ancora.

Gli bastava tenerlo a distanza, evitare di rimanere solo con lui, starsene per conto proprio come aveva sempre fatto.

Ma appena si avvicinavano anche solo di poco, diventava tutto più difficile.

Come quella mattina.

Per la verità, sul momento non aveva capito bene cosa stesse accadendo. Era successo tutto troppo in fretta.

Alzare lo sguardo e vederlo correre verso di sé, l’espressione sconvolta e risoluta insieme, l’urlo, il rumore intenso, la sensazione di non avere più tempo per fare niente, di stare per perdere tutto; e poi l’impatto, la botta, il suo corpo stretto al proprio, forte, protettivo, il suo respiro, lo sguardo preoccupato…

Tutto in un attimo.

Solo dopo quello, aveva compreso veramente quanto fosse avvenuto, il pericolo corso, e soprattutto quanto l’altro avesse rischiato.

Per lui…?

"Vai alle Olimpiadi"

O per il suo sogno?

Non lo sapeva, non lo aveva capito.

Sapeva solo che averlo così vicino, vederlo preoccupato, e poi sollevato, aver sentito tanto intensi i suoi occhi su di sé, sorridenti, luminosi, quasi ipnotici, lo aveva riscaldato, e aveva fatto rinascere una speranza che forse avrebbe dovuto rimanere sopita, chiusa nel fondo del proprio cuore, dove l’aveva relegata.

Non voleva illudersi ancora.

Era convinto che Seiji si sarebbe comportato alla stessa maniera anche se fosse stato qualcun altro ad essere in pericolo; era generoso, incosciente, impulsivo. Come aveva affermato lui stesso, aveva agito senza pensare minimamente: era partito e basta.

Eppure…

…quello sguardo, il sollievo, la soddisfazione.

E l’averlo accolto nella sua stanza senza imbarazzo, i loro discorsi tornati spontaneamente ai toni che usavano quando erano insieme, quasi non ci fossero stati tutti quei giorni di separazione, la mano che stringeva la sua…

Quello non riusciva a cancellarlo.

Nel proprio subconscio, non voleva cancellarlo…

Inspirò nuovamente e buttò fuori l’aria con uno sbuffo.

Non doveva pensarci, non doveva farsi illusioni.

Scese la scalinata e attraversò il grande spiazzo antistante l’ospedale.

"Vai alle Olimpiadi."

Doveva pensare a quello.

Liberare la propria mente da qualsiasi altro pensiero.

Concentrarsi sul tempo, sull’obiettivo finale.

Lo doveva a se stesso, ai sacrifici che aveva fatto, a quello a cui aspirava.

…E a Seiji…

Scosse brevemente il capo e sorrise dentro di sé.

Era davvero un illuso.

Poteva sforzarsi, poteva concentrarsi su qualsiasi cosa, imporsi certi comportamenti. Ma non avrebbe mai smesso di pensare a Seiji, non sarebbe riuscito a toglierselo dalla testa.

E una parte di se stesso, che lui non era in grado di sottomettere alla ragione e al buonsenso, avrebbe continuato ad aspettare che l’altro tornasse da lui, che gli dicesse che aveva riflettuto, e capito che dovevano stare insieme.

S’incupì, dandosi dell’idiota.

Speranze assurde.

Aveva varcato la cancellata, e si guardò attorno per orientarsi. Sapeva a malapena in che zona si trovasse.

Aveva appena deciso di attraversare, quando udì gridare il proprio nome.

- Okazaki!-

Si voltò.

Yamazaki gli stava correndo incontro, agitando un braccio, e lui si accigliò.

- Uff… Ce l’ho fatta. - ansimò non appena lo ebbe raggiunto. - Scusa. -

Yuki non fiatò, aspettando che l’altro si spiegasse.

Avrebbe avuto voglia di stare da solo coi propri pensieri, ma il senpai era stato gentile, con lui, lo era sempre, ed era l’unico che provava ad avvicinarlo nonostante il suo carattere, e il fatto che nell’ultimo periodo fosse stato più scontroso e freddo che mai.

Non gli dispiaceva parlare con lui, ma a volte non sapeva bene come comportarsi, né soprattutto come interpretare certi suoi discorsi e modi di fare. Sembrava davvero tenere a lui, alla sua amicizia, e non impensierirlo o imbarazzarlo il fatto che lui fosse gay, e che gli piacesse un compagno di nuoto. Continuava a considerarla una cosa normale, naturale.

- Stai andando a casa?- gli chiese, e lui annuì.

- Allora, ti accompagno. -

I suoi occhi parevano scintillare.

- Non ha importanza. - borbottò Yuki.

- Hai detto che non c’è nessuno, ad aspettarti. -

Yuki si strinse nelle spalle.

Non aveva bisogno di nessuno. C’era abituato.

- Non ha importanza. - ripeté.

- Non posso lasciarti andare a casa da solo, sei appena stato dimesso. -

- Sto benissimo. -

Si voltò e riprese a camminare.

Non voleva trattarlo male, ma neppure dare l’impressione di aver bisogno di aiuto o, peggio, di compagnia.

- Ho promesso a Kurihara che ti avrei accompagnato e…-

E lui tornò a voltarsi, di scatto.

- Cosa?-

Era vero che gli occhi di Yamazaki scintillavano. Ora sembrava pure che il ragazzo stesse trattenendo un sorriso.

- Kurihara mi ha chiesto di seguirti e di assicurarmi che arrivassi a casa sano e salvo e che non ti mancasse niente e che…-

- Non ho…bisogno di nulla!- lo interruppe, brusco, incupito.

Ma era conscio di essere arrossito, e del battito del proprio cuore, più violento, quasi doloroso.

…Seiji…Seiji aveva detto davvero…?

Il senpai fece un risolino.

…O era Yamazaki che si stava inventando tutto??…

- Mi ha avvertito che avresti rifiutato qualsiasi intervento o offerta d’aiuto. Non le accetti mai…- Yuki avvampò. Cosa andava a raccontare, quel cretino?- Per questo mi ha imposto di non mollare. - Rise ancora, piano. - E io non ho intenzione di farlo.-

Idiota!

- Ti ho detto che non ho bisogno di niente. Grazie lo stesso.-

- Se viene a sapere che ti ho lasciato da solo, Kurihara mi ammazza!-

Yuki fece una smorfia e scosse il capo.

- E tu non dirglielo. Ci vediamo.- Alzò una mano in cenno di saluto e indietreggiò.

Perché non lo lasciava in pace?

Perché gli parlava di Seiji?

Voleva soltanto andarsene, cercare di non pensarci, di dimenticarlo, almeno per poco, per quanto possibile…

Yamazaki sospirò.

- E’ preoccupato per te. - disse a voce più bassa, ma quasi concitata, e Yuki alzò lo sguardo lui. - Sul serio. Ha detto che probabilmente, da te, non ci sarà nessuno neanche stasera, che sarai da solo, e che se hai bisogno di qualcosa o se ti senti male non avrai nessuno ad aiutarti e…Io credo che abbia ragione; non bisogna sottovalutare queste cose. E non mi costa niente, lo faccio con piacere. Non solo perché ho paura dei pugni di Seiji. - Sorrise, e continuò a fissarlo, quasi cercasse di capire dalla sua espressione come avrebbe reagito, o cosa stesse pensando.

Yuki deglutì a vuoto e distolse lo sguardo.

…Perché l’altro sembrava fare apposta a riaccendergli la speranza?…

- E’…Ho capito che vuoi aiutarmi, ma…non è necessario che ti disturbi. Davvero. -

- Non ti preoccupare, non mi disturba affatto. Anzi!-

Maledizione!

- Abito lontano. E’ scomodo e…-

- Non c’è alcun problema. -

Era inutile, lo sapeva.

L’altro non avrebbe mollato; non lo avrebbe fatto in ogni caso, e ora sembrava ulteriormente galvanizzato dalla richiesta e dall’interesse di Seiji.

- Non so se ci sono mezzi per riportarti indietro…-

Insistette, ma anche lui si accorgeva di non essere abbastanza convincente per il senpai.

- Lascia stare. - Appunto…- Anzi! Sai cosa potremmo fare?- Lo esclamò entusiasta, e Yuki tornò a guardarlo con aria interrogativa e perplessa. Quasi temeva di udire la nuova proposta. - Vieni tu a casa mia!- Ecco. - Non è molto distante da qui, e di posto ce n’è. Così sei più tranquillo, e anch’io. Ci andiamo subito, e tu potrai riposarti quanto vuoi. -

Yuki sbatté le palpebre.

- Ma…Tu non dovresti tornare a scuola?-

- Mi sto occupando della salute di un membro del mio club! Dopotutto, sono il capitano della squadra, no?- Gli fece l’occhiolino e ancora gli sorrise, e Yukito si sentì nuovamente arrossire, quasi travolto da tutto quell’entusiasmo e da quella dimostrazione di amicizia. - Andiamo, vieni. Poi, chiamerò la scuola. Anche la tua divisa: è tutta rovinata. Per domani ti presterò…- Si guardarono all’unisono, Yuki con un sopracciglio alzato, Yamazaki divertito, poi il senpai scoppiò a ridere. - Non credo che ti starebbe qualcosa di mio, eh? Che scemo. Beh, penseremo a qualcosa. Ah! a scuola hai la tuta, vero? Andrò a recuperarti quella. -

- Non…Non importa che…-

- E’ tutto a posto. Andiamo. La stazione dovrebbe essere poco più avanti. -

Yuki gli si affiancò, camminando a testa bassa, la sua mente un turbine di pensieri.

Non riusciva a definire cosa stesse provando, se imbarazzo, disagio, oppure sollievo, soddisfazione, piacere.

Detestava essere di peso, dipendere da qualcuno, non riuscire a cavarsela con le proprie forze, ma allo stesso tempo, in quel caso, gli aveva fatto piacere la vicinanza del senpai, il suo interesse all’apparenza senza secondi fini, il suo desiderio di essergli amico nonostante tutto.

E naturalmente, gli aveva fatto piacere l’ulteriore preoccupazione di Seiji, dopo che la stessa mattina aveva rischiato la vita, per lui, e probabilmente gettato via una buona parte dell’anno natatorio, e i propri propositi.

Anche se cercava di non pensarci, e di non darci peso.

- La seconda fermata è già la nostra. - lo avvertì Yamazaki, riscuotendolo. - Oh…Ehm…Non badare troppo a mia madre. Probabilmente, si sarà appena alzata e…Disegna fumetti e di solito lavora di notte. Dice che è più ispirata. Ti sembrerà una tipa un po’…strana, e disordinata, ma è buona e comprensiva. E non ti disturberà. -

Yuki annuì piano.

Veramente, era lui, quello che disturbava in casa d’altri.

Scesero dal treno e si diressero verso una zona residenziale fatta di casette simili fra loro e di condomini ben tenuti.

- Grazie per aver accettato il mio invito. - mormorò Yamazaki al suo fianco, e Yuki voltò il capo a guardarlo, sorpreso. L’altro guardava davanti a sé, e un lieve sorriso gli incurvava le labbra. - Sono davvero felice che tu venga a casa mia. -

Poi, anche l’altro voltò la testa verso di lui.

Sorrideva più apertamente, e sembrava sincero.

Yuki rimase a fissarlo, colpito dalle sue parole, e da quello che significavano.

- Grazie a te…- disse poi, a voce bassa. - Di tutto…-

Ora anche Yamazaki arrossì.

- Niente, figurati. - Poi si passò una mano sulla nuca e fece un risolino, cercando di celare l’imbarazzo. - Quando diventerai famoso, potrò dire di averti conosciuto e dato ospitalità!-

Rise, e Yuki si unì a lui, spontaneamente, con tranquillità.

Era solo la seconda persona con cui gli riusciva farlo.

 

 

La gara fu il venerdì successivo.

Nessuno studente del Senkawa andò ad assistervi; il Preside lo aveva proibito, perché era in orario di scuola e non poteva concedere permessi ogni volta che c’era una competizione di una qualche importanza. E poi, quella era una cosa estemporanea, una prova per un singolo atleta, e anche lo stesso Shiozaki aveva ammesso che forse era meglio se non c’era nessuno, viste le pressioni che Okazaki stava subendo in quel periodo.

Naturalmente, Kurihara fece in modo di esserci.

Salutò la madre, che in quei giorni lo accompagnava a scuola in macchina, aspettò che se ne andasse, poi affidò la cartella a Tsukishima.

- Io devo andare. -

L’amico lo guardò stralunato.

- Eh? Dove?-

- Ho da fare. -

- Ma…E in classe che dico?-

- Che dovevo fare una visita medica. Per controllare il gesso, o il piede. Qualcosa. Ok?-

- Sì…ma…Almeno dimmi dove vai, cosa vuoi fare. Posso venire con te. Con quel piede non ti muovi bene. -

Seiji gli appoggiò una mano sulla spalla e lo guardò dritto negli occhi.

- Tu non ti preoccupare e lasciami fare. Me la cavo benissimo. Tu coprimi e non dire niente a nessuno. - Strinse la mano. - Per favore. -

Hideo storse la bocca e fece un lungo sospiro.

- Ok. - mormorò. - Ma fa’ attenzione. E se succede qualcosa, io non mi prendo responsabilità. Che sia chiaro!-

Kurihara ridacchiò. Sapeva che alla fine l’altro lo avrebbe aiutato.

- Chiarissimo. Ora vado, non voglio che qualche professore mi becchi subito. Ci si vede. Ciao!-

Lo lasciò ancora perplesso e poco convinto, ma ormai non ci badava più.

La prima fase era andata, e ora doveva pensare al resto.

Sapeva perfettamente dove andare; si era studiato l’itinerario la sera precedente e conosceva le fermate e le stazioni a memoria.

Arrivò alla piscina in anticipo e andò a sedersi sugli spalti, in alto, fra un gruppo di studenti universitari.

Non voleva che Shiozaki lo scorgesse; se lo andava a raccontare a scuola, sarebbero stati guai.

E non voleva farsi vedere neanche da Okazaki.

Non sapeva bene perché. Desiderava solo assistere alla sua gara, poi se ne sarebbe tornato a scuola.

Non era ancora riuscito a parlargli.

Non riusciva a trovare il momento giusto, il modo giusto; e poi, fra allenamenti, gare, preparazione, l’altro era troppo impegnato, e soprattutto concentrato su altro. Non voleva distrarlo, né turbarlo. Era tutto troppo importante, per lui…

Inoltre, anche lui stesso stava cercando di non perdere troppi giorni a causa dell’incidente, e faceva esercizi anche con la mano ingessata e il piede fasciato, così gli rimaneva sempre poco tempo. Non riusciva ad incontrarlo neanche in palestra.

Tutta quella situazione lo stava rendendo sempre più nervoso e scorbutico.

Si era reso conto che più passavano i giorni, più lui diventava insofferente e inavvicinabile; qualsiasi contrattempo lo disturbava e lo innervosiva, e lui reagiva con stizza ed esasperazione anche quando non ce n’era motivo.

Forse era solo il fatto che era costretto a stare più fermo del solito, a farsi aiutare, a non entrare in acqua.

Ma era anche consapevole ogni giorno di più che stava perdendo tempo, e che quando avesse ripreso con gli allenamenti, avrebbe dovuto ricominciare quasi tutto daccapo. E che non ce l’avrebbe fatta a stare dietro a Yuki.

E probabilmente, era questo che più lo infastidiva.

Attese la gara con ansia, seguendo distrattamente le altre e ascoltando a malapena i discorsi dei vicini, che ridevano e commentavano le prestazioni di compagni e avversari.

Provò anche a cercare Yuki con lo sguardo, ma non riuscì a scorgerlo. Lo immaginò in un angolo, sdraiato, solo, intento a concentrarsi ignaro e indifferente a tutto quello che gli succedeva attorno.

Poi, lo speaker annunciò i cento stile libero, e lui sentì il cuore saltargli nel petto.

Era più nervoso di quando doveva gareggiare lui stesso.

- Ehi, chi è questo che ha il primo tempo? E’ iscritto fuori gara. -

La ragazza accanto a lui indicava un nome sul programma al suo vicino.

- Ah, Okazaki. Non lo conosci? E’ quel ragazzino delle superiori che è arrivato secondo ai Nazionali assoluti. Si vede che deve provare qualche tempo. -

Seiji, inconsciamente, fece un sorrisino.

"E lascerà indietro tutti quanti."

- Delle superiori?!-

La ragazza sembrava stupita e ammirata.

- Bene. Così vediamo se è bravo quanto si dice. - continuò interessato il suo compagno.

Seiji si sporse in avanti e strinse la mano a pugno.

- E’ più bravo di quanto possiate anche solo immaginare. -

Lo disse a voce alta, senza pensare, e gli altri due si voltarono sorpresi a guardarlo, mentre lui continuava a fissare i blocchi di partenza, aspettando di vedere il compagno arrivare alla propria postazione.

Lo chiamarono.

Corsia numero quattro.

Il migliore.

Seiji fece un lungo respiro e aspettò che partissero.

Aveva la gola secca.

Accanto a lui qualcuno fece una domanda, ma lui non la sentì.

Forse, l’avevano fatta a lui…

Poi suonò la sirena dello start, e lui, per un riflesso incondizionato, scattò in piedi, quasi fosse stato sui blocchi di partenza anche lui.

La piscina si riempì del boato unico che si levava sempre all’unisono con il via del giudice.

Urla che parevano senza significato, senza un senso.

Yuki fu subito primo.

Seiji sapeva che non gli importava degli avversari, di chi aveva a fianco; contava solo il tempo.

Virò avanti di poco, e immediatamente cambiò ritmo.

Staccò tutti con scioltezza, senza apparente sforzo.

Primo.

Senza problemi.

Praticamente senza gara.

Toccò le piastre, e Seiji si voltò immediatamente verso il tabellone.

Si voltarono tutti verso il tabellone.

49.74.

Record nazionale.

A due soli decimi dal tempo di ammissione.

Seiji levò le braccia al cielo, urlò entusiasta.

Il gesso gli dava un po’ fastidio, e si era accorto degli sguardi stralunati della gente che lo circondava, ma non gliene fregava niente.

Se avesse potuto, si sarebbe messo anche a saltare.

Guardò Yuki uscire dall’acqua, stringere la mano agli avversari che gli facevano i complimenti, venire accerchiato dai giornalisti, dai fotografi.

Sapeva quanto queste cose lo rendevano nervoso, lo imbarazzavano, e fece un sorrisino.

D’ora in avanti sarebbe stato difficile, per lui, evitarle.

…quanto gli sarebbe piaciuto essere là anche lui, abbracciarlo esultante, fargli capire che era contento per lui…

Sospirò ancora, poi si mosse per andarsene.

- Ehi! ma tu lo conosci?- gli chiese la stessa ragazza di prima. - Questo Okazaki…-

Lui la guardò, poi fece un gran sorriso, gongolante, orgoglioso.

- Un po’…- le rispose, e zoppicando si avviò all’uscita.

 

 

I giornalisti invasero la scuola.

Facevano domande, riprendevano, scattavano fotografie.

Il preside li aveva invitati affinché fosse loro permesso di fare un servizio sul nuovo detentore del record nazionale, e magari mettessero in luce la bravura degli insegnanti e l’efficienza delle strutture scolastiche.

Naturalmente, era soprattutto il club del nuoto ad essere sotto i riflettori, e tutti gli atleti fecero in modo di apparire al massimo della loro forma, impegnati e preparati.

Okajima e Kinimoto parlavano e si vantavano, come se fossero stati loro a scoprire il talento del compagno!

Erano tutti elettrizzati.

Tutti, tranne il diretto interessato.

Avere tutta quella gente attorno lo innervosiva; non riusciva a concentrarsi, e poi, non sapeva come comportarsi.

I compagni gli sorridevano e lo guardavano ammirati, entusiasti o con una sorta di invidia che lo imbarazzava. Anche in classe, non parlavano che di lui, e gli facevano domande, cercavano di coinvolgerlo nei loro discorsi; alcune ragazze gli chiesero pure il permesso di fondare un suo fan club!

E poi i giornalisti, le foto, le continue domande.

Non sapeva come gestire tutte quelle persone, non sapeva cosa dire; quell’invasione improvvisa della sua vita privata lo infastidiva. Non era abituato ad essere tanto al centro dell’attenzione, più che altro non era abituato ad essere attorniato da tanta gente che s’interessava apertamente a lui.

E ovviamente, di riflesso, si irrigidiva e si richiudeva maggiormente in se stesso, apparendo altezzoso e musone.

Non che gli importasse; in quel modo, almeno, sarebbe forse riuscito ad allontanare qualcuno. Ma avrebbe preferito essere lasciato in pace, per conto proprio. Che parlassero pure di lui, ma non con lui.

Anche perché…

L’unico che avrebbe voluto vicino, l’unico con cui avrebbe voluto parlare e di cui avrebbe voluto ascoltare giudizi e impressioni, era l’unico che non gli aveva rivolto una parola, che non aveva fatto commenti, che non lo avvicinava mai. Gli sembrava che non lo guardasse nemmeno…

Quando era tornato dalla gara, al pomeriggio, in piscina era stato accolto da un applauso dei compagni, seguito dai soliti complimenti e esclamazioni di meraviglia.

Lui era arrossito, sorpreso e imbarazzato, e d’istinto aveva cercato Kurihara con lo sguardo.

Quasi avesse avuto bisogno del suo appoggio, quasi avesse voluto assicurarsi che anche lui era contento del suo risultato, leggere nei suoi occhi quello che pensava.

Ma Seiji non c’era.

Era già in palestra, a fare esercizi, e non si era fatto vedere per tutta la sera.

In mezzo ai compagni, al loro entusiasmo quasi esagerato, alle urla e ai sorrisi degli allenatori, a lui era quasi venuto da piangere.

E ogni giorno che passava gli sembrava sempre peggio.

Seiji era impegnatissimo con gli allenamenti; aveva cercato di non rimanere troppo indietro con la preparazione, nonostante l’incidente, e pareva non avere molto tempo per altro.

Questo aveva fatto piacere, a Yuki, ma gli sarebbe anche piaciuto condividere quei momenti con lui, sostenerlo e farsi sostenere, come avevano fatto quando erano insieme, e, in un certo modo, anche prima. Seiji era l’unico con cui poteva cercare di condividere quei sogni, l’unico che poteva capirli, farsi coinvolgere.

Dopo l’incidente, nonostante avesse cercato di nasconderlo anche a se stesso, aveva sperato che qualcosa fra loro potesse cambiare, che l’altro si riavvicinasse, che trovasse lo spunto per fargli sapere cosa pensava di lui, che tornasse a parlargli.

…e a sorridergli, a guardarlo, ad abbracciarlo…

Invece, Seiji continuava ad ignorarlo, a tenerlo a distanza, lontano, e silenzioso, quasi chiuso in se stesso quanto lo era Yukito.

Dopo gli allenamenti, usciva con gli amici, e a scuola stava con loro, parlava con loro, mangiava con loro, rideva con loro.

Aveva fatto una scelta, e in quella, Yuki evidentemente non rientrava più.

Tutte le sue parole, tutte le rassicurazioni, e gli sguardi, le carezze, i baci, l’intimità che c’era stata tra loro, parevano non significare più nulla, un momento passato che forse era meglio non rievocare.

E che al contrario, per Yuki, diventava sempre più difficile da cancellare.

Ogni giorno, ogni notte di più…

Gli sembrava di andare avanti per inerzia, solo perché doveva, spinto da quel desiderio, quel sogno che lo seguiva fin’ da quando era un bambino, e che lo aiutava a stringere i denti, a non mollare, a non lasciarsi andare come a volte rischiava di fare.

Mangiava solo perché era necessario per non perdere forza, dormiva per non essere troppo stanco il giorno dopo, e andava a scuola solo per potersi allenare.

Cercava di concentrarsi solo sul nuoto.

Ma poi, gli bastava sentire la voce di Seiji perché i brividi gli percorressero la schiena, gli bastava vederlo uscire dall’acqua per rimanere senza fiato, ascoltarlo ridere con gli altri per avvertire una morsa di rimpianto e di invidia afferrargli lo stomaco.

E vederlo indossare la sua maglietta, il ricordo di quella sera speciale, lo faceva star male, mentre non poteva fare a meno di chiedersi cosa significasse veramente per l’altro.

…Probabilmente, niente…Probabilmente, non ricordava neanche…

Se pensava ai risultati che stava ottenendo, non poteva che ritenersi soddisfatto ed esultare: era sempre più vicino ad esaudire il proprio sogno.

Ma al contempo, guardando dentro di sé, si sentiva vuoto, come se gli mancasse ancora qualcosa.

La cosa più importante.

 

 

 

 

Okazaki fece il tempo di ammissione.

Sui cento e sui cinquanta.

E a quelli che in Federazione erano ancora un po’ scettici sulla continuità del suo rendimento e sulla stabilità della sua forza interiore, data la sua giovane età, rispose andando a vincere i Panasiatici in entrambe le specialità, dimostrando di essere, in Oriente, il numero uno incontrastato della velocità. Inoltre, i suoi tempi risultarono anche fra i migliori di quell’anno nel resto del mondo.

Il Giappone non poteva permettersi di lasciare a casa un simile atleta e buttare via una tale opportunità.

Okazaki venne convocato.

Per molti, era un’incognita, addirittura un rischio.

Per altri, rappresentava la vera speranza del nuoto nipponico.

 

 

E Kurihara osservava e seguiva i suoi trionfi da lontano, continuando a dare tutto se stesso per essere con lui.

 

 

Hideo suonò il campanello e attese la risposta, le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni e l’espressione pensierosa.

Ci aveva messo un po’ per decidere di andare a casa dell’amico, ma ora era convinto e determinato.

Avrebbe parlato a Seiji a tutti i costi.

Ormai erano mesi che qualcosa non andava, e lui era arrivato alla conclusione che avrebbe dovuto affrontarlo apertamente per tentare di risolvere la situazione, o anche solo provare a tirargli fuori la verità.

Anche se sarebbe passato per invadente e rompiscatole.

Erano amici o no?!

Aprì la madre, e lo fece entrare con un ampio e caldo sorriso.

- Hideo-kun! Che piacere. Accomodati. -

Era una bella donna, allegra, simpatica e sempre indaffarata, che assomigliava in modo sorprendente a Seiji, sia nell’aspetto che, spesso, nei modi di fare e parlare.

A Hideo era sempre piaciuta.

- Buon pomeriggio, signora. Scusi il disturbo. -

- Nessun disturbo, non dirlo neppure. Secchan è in camera sua. Vuoi che te lo chiami? E’ da molto che non vieni. Ma è anche vero che ultimamente Seiji è sempre tanto impegnato. Sto preparando il tè, ne vuoi una tazza? E quando è casa, si chiude in camera e non ne esce per ore; lui dice che studia, ma i suoi voti a scuola non sono affatto migliorati. Anzi…Mi fa sempre disperare, con la scuola, quel testone. - Sospirò e Hideo annuì condiscendente, non riuscendo a interrompere il flusso continuo dei suoi discorsi. Non potevano esserci dubbi sulla persona da cui aveva preso Seiji!- Va bene a nuoto, quello sì; mio marito e io non ci aspettavamo tanto. Non si è mai impegnato molto nello sport, come nello studio. Invece stavolta l’ha presa con serietà. E’ stato davvero bravo, no? Ma c’è rimasto male per quel tempo, anche se non vuole ammetterlo. Forse è per questo…- Si passò le dita fra i capelli e se li spostò dietro ad un orecchio. - Yuki-chan, invece, ce l’ha fatta. -

A sentire quel nome, Tsukishima quasi sussultò, e subito interessato fece un passo verso la donna.

- Conosce Okazaki?- riuscì a chiedere, prima che l’altra ricominciasse a parlare.

- Certo. E’ un compagno di nuoto di Seiji. Un ragazzo così tranquillo ed educato, e tanto timido, riservato. Fa sin’ tenerezza, non fosse così alto, e bello in modo quasi inquietante. - Ridacchiò, mentre Hideo la ascoltava sempre più attentamente. - Immagino che le ragazze impazziscano per lui. Tomomi si è presa subito una cotta, e stravede per lui quasi più che per il proprio fratello! Quella sciocchina…Ora, comunque, ne parlano tutti i giornali. E’ così giovane e va già alle Olimpiadi. Sono così contenta per lui. Ma si capiva subito che era bravo e che poteva puntare in alto. E Secchan è stato bravo a sua volta a raggiungere i risultati che ha raggiunto, anche se non andrà in Australia con Yukito. Sarà per la prossima volta, gli ho detto. Ma non credo che questo gli abbia risollevato il morale. Non è da lui fare così; ma ultimamente è così strano. Non so… Non mi dice mai niente…- Si sporse verso di lui e abbassò la voce con aria cospiratrice. - Sai se ha una ragazza? Qualcuna che gli piace e che lo fa soffrire?- Rise di nuovo, un risolino simile a quello di una ragazzina, e Hideo deglutì a vuoto, arrossendo suo malgrado al pensiero di quello che era arrivato a presupporre lui. - Se viene a sapere che te l’ho chiesto, non me la perdonerà mai. Oh mio Dio, ti sto facendo perdere tempo, e io ho ancora un articolo da terminare entro stasera. Vado a chiamarti Seiji. -

- Non si preoccupi. - la fermò. - Vado su io. Grazie. -

La donna annuì.

- Bene, sì. Così state più tranquilli. Più tardi vi porto il tè. Tomo-chan è da un’amica. C’è una bella pace, eh? Non sembra neanche vero…-

Hideo le sorrise e la ringraziò ancora, prima di salire le scale per il piano superiore.

Quando cominciava a parlare, era quasi peggio di Seiji!

Conosceva bene la casa e si diresse subito alla stanza dell’amico; prese un bel respiro, bussò ed entrò senza aspettare risposta.

Kurihara era sdraiato sul letto e aveva alzato solo la testa per vedere chi entrava.

- Ehi, amico!-

Lo salutò con aria allegra, per niente stupito o infastidito dalla sua visita; ma si era buttato di nuovo sul letto, e gli nascondeva il proprio sguardo.

E in ogni caso, Hideo non aveva intenzione di lasciarsi sviare da quello che l’altro voleva dargli ad intendere.

- Ciao, Seiji.-

- Come mai da queste parti?-

Tsukishima si chiuse la porta alle spalle e avanzò all’interno della stanza.

- Passavo di qui…- ribatté evasivamente.

Prese la sedia e la avvicinò al letto.

Non si soffermò neppure sullo strano ordine che regnava nella camera, di solito tanto incasinata da permettere a malapena di rigirarsi.

Gli interessava solo l’amico, e quello che aveva da dirgli.

Quello che doveva fargli dire.

- Vuoi giocare? Io sono ancora fermo con Final Fantasy…Puoi mettere su quello che ti pare. -

- Sono qui per parlare. - replicò serio.

Seiji voltò il capo verso di lui, le sopracciglia aggrottate e lo sguardo attento.

- Certo…Di cosa?-

Il tono era tranquillo, pacato, ma a Tsukishima non sfuggì il lampo guardingo che gli passò negli occhi.

- Oh, di tante cose. - Sporse in fuori le labbra con fare noncurante. - Di te, ad esempio, e di quello che ti sta succedendo. -

Ora gli occhi si aprirono maggiormente, poi comparve un sorrisino.

- Di me?!- Rise forte, esagerato. - Non vedo cosa ci sia da dire. E cosa vuoi che mi stia succedendo? Sono solo incazzato nero perché ho mancato il tempo per meno di un secondo, e quegli stronzi della Federazione non vogliono chiudere un occhio e mandarmi in Australia lo stesso. Nemmeno per la staffetta! Non la portano neanche, la staffetta. Hanno convocato solo Hosoda; che è poco più veloce di me, fra l’altro, e sono anni che non migliora il suo personale. Però è più vecchio, più esperto, più affidabile, e io ho ancora tanto tempo, davanti!- Ruggì. - Sette fottutissimi decimi! Stronzi! Sono convinto che, una volta laggiù, non gli farei rimpiangere di avermi portato!-

Quelle erano cose che Hideo già sapeva.

Quasi tutta la scuola era andata ad assistere agli Interscolastici, per sostenere la squadra, Okazaki, ma soprattutto Kurihara, che doveva avere la gara più impegnativa, e che invece non aveva avuto alcun problema con l’avversario di turno e che, quasi a sorpresa, si era avvicinato tanto al tempo limite per le qualificazioni olimpiche, che Shiozaki lo aveva fatto partire in prima frazione di staffetta per tentare il tutto per tutto. Lo aveva mancato di poco, e quella era stata la sua ultima possibilità. Shiozaki aveva supplicato una proroga, richiesto la possibilità di un’altra prova, protestato, ma sembrava che non ci fosse stato nulla da fare. A scuola si sapeva che gli allenatori stavano continuando a fare pressioni affinché Kurihara entrasse a far parte della Nazionale, ma per il momento non avevano ancora ottenuto niente.

E si sapeva anche che Kurihara si era infuriato e aveva sfondato un armadietto con un calcio.

Episodi recenti, che però, secondo Hideo, nulla avevano a che fare con l’inconsueto comportamento di Seiji di quell’ultimo periodo, o che, forse, al massimo potevano andare ad aggiungersi al resto.

Annuì piano.

- Okazaki, invece, lo hanno convocato. - commentò poi, quasi casualmente, ma non smise di osservare attentamente l’amico.

L’altro distolse subito lo sguardo da lui, andando a posarlo in giro per la stanza.

- Già…- mormorò, di nuovo calmo, quasi parlando fra sé. Tsukishima notò che era anche leggermente arrossito. - Parte domani…Per il ritiro. - Pareva addirittura smarrito. Poi gli lanciò un’occhiata e fece una smorfia, cambiando nuovamente atteggiamento. - Quel bastardo! Sempre lui! Se non mi fossi rotto la mano, sarei partito anch’io!-

Più che probabile…

Ma Hideo era anche convinto che i suoi commenti, la sua aggressività, fossero fuori posto, e falsi.

- Se non ti fossi rotto la mano, saresti partito SOLO tu. - ribatté.

Non certo Okazaki.

Probabilmente, Okazaki non sarebbe più andato da nessuna parte…

Seiji tornò a guardarlo con un lieve sussulto, colpito, come consapevole solo in quel momento di quell’aspetto della situazione; poi scrollò le spalle a minimizzare la cosa.

- Mh…Forse…-

Quasi in imbarazzo.

- Gli hai salvato la vita. - insistette Tsukishima. - Rischiando la tua. -

- Ho fatto la prima cosa che mi è venuta in mente, non ho neppure pensato. Se mi fossi fermato a riflettere sui rischi che potevo correre, non mi sarei neanche mosso!-

Hideo lo fissò dritto negli occhi.

- Davvero?- chiese.

Seiji sbatté le palpebre perplesso.

- Ssì…certo…Cosa intendi dire?-

- Che l’ultima cosa che sembravi voler fare era rimanertene lì a guardare. -

L’unico suo pensiero, l’unica sua preoccupazione, erano sembrati essere salvare Okazaki a tutti i costi.

A rischio di qualsiasi cosa.

- Beh…forse. Non lo so…E’ successo tutto in fretta e…Lo…lo avrebbe fatto chiunque. Non…Non…Anche tu! Se non si fosse levato da lì, quel camion lo avrebbe ucciso. Quell’idiota. E’…è normale tentare di salvare uno che…uno che sta per…-

- Sì, certo…-

Ma in quel modo, con quella disperazione negli occhi, nella voce…

Era stato come ne fosse andata della sua stessa vita; come se strapparla a Okazaki fosse stato strapparla a lui.

- E Okazaki non c’entra. Non mi sono neppure accorto di chi fosse. Era…era solo uno studente in pericolo, e ho agito senza pensare. -

Tsukishima annuì scettico, entrambe le sopracciglia sollevate.

Ricordava ancora il suo grido, quel nome urlato con sgomento.

…il nome proprio…il diminutivo…

- E poi, che c’entra adesso questa storia!?- borbottò ancora Seiji.- Ormai è acqua passata…-

Veramente era stato lui stesso a tirare fuori l’argomento, ma Hideo non glielo fece notare.

Rimase a guardare l’amico, sdraiato sul letto con un braccio che gli poggiava sulla fronte, poi sospirò, rumorosamente, profondamente.

Cominciava ad essere stanco di tergiversare, stanco di fare supposizioni per conto proprio, stanco di accontentarsi di spiegazioni vaghe e di scuse.

Era venuto lì con uno scopo e lo avrebbe portato a termine.

Anche se in quel momento gli pareva tutt’altro che facile.

Lasciò andare il respiro; poi si sporse leggermente in avanti e guardò l’altro dritto negli occhi.

- Sei innamorato di lui?- chiese a bruciapelo.

Ci riuscì senza indecisioni, con voce ferma.

Kurihara voltò completamente il capo verso di lui, gli occhi spalancati e la bocca socchiusa che annaspava in cerca d’aria.

- Che…Che cavolo stai…- Deglutì, annaspò ancora. Sembrava non riuscire a respirare, a parlare, a ribattere. Si alzò a sedere di scatto. - Sei…Sei pazzo?! Cosa ti…ti è saltato in testa?-

Era paonazzo.

Hideo continuò a fissarlo, tranquillo.

- Ti ho solo fatto una domanda. -

- NO! Mi…mi…mi hai chiesto se…se…-

- Se sei innamorato di Okazaki. - A ripeterlo, non gli pareva neanche più una cosa così strana. - Lo sei?-

Se possibile, Seiji divenne ancora più rosso, e i suoi occhi si spalancarono ulteriormente.

- Ma…ma…Come cavolo…Lui è…Lui è Okazaki! Non puoi credere che io…Lo odio, lo sai! E…E poi, è un ragazzo!! E’…E’ assurdo! Non…- Stava alzando la voce, cercando di protestare, ma non lo guardava più, lo sguardo irrequieto che non sapeva bene dove posarsi, il respiro quasi affannato; e non aveva ancora veramente risposto alla domanda. - E e e io non…non mi innamoro di nessuno!! Chiaro?!-

Tsukishima allargò le mani, quasi con noncuranza.

- Va bene, niente amore, per ora. Però ti piace. -

Stavolta non era neppure una domanda: era un’affermazione, e fatta con tanta naturalezza da stupire lo stesso Hideo.

Seiji lo guardava sconvolto.

- Che…Che diavolo ti è preso?! Io…Come cavolo ti è venuta in mente una cosa del genere?!!- Ridacchiò, nervoso, poi scosse la testa cercando di assumere un’aria incredula. - Ti rendi conto di quello che stai dicendo?-

Hideo non smise di guardarlo.

Si sentiva tranquillo, e soprattutto determinato; era pronto a giurare che la reazione dell’amico fosse un’ulteriore prova che le sue ipotesi erano giuste.

Appoggiò il mento ad una mano e sospirò.

- Io sì, me ne rendo perfettamente conto. Sono qui per questo, per capire. E non ho nessuna intenzione di ascoltare le tue scuse, o chissà cos’altro vorrai inventarti. - Kurihara s’incupì. - Sei strano, Seiji. Sei cambiato. E non è una cosa di quest’ultimo periodo. Per la verità, credo che vada avanti ormai da più di un anno. - Fece una pausa. - Più o meno, da quando Okazaki è arrivato nella nostra scuola. -

L’amico si sporse in avanti, verso di lui, avventandoglisi contro.

- Questo non è vero!! E’ solo…solo una tua idea cretina!!-

Le sue guance parevano in fiamme, per la rabbia e l’imbarazzo, ma Hideo notò che aveva anche gli occhi arrossati, stanchi, con un velo di tristezza che glieli spegneva nonostante la furia che avrebbe dovuto, invece, animarli.

- Non lo so, può darsi. - disse ancora, piano. - Me lo dirai tu. Ho fatto parecchie congetture, in quest’ultimo periodo. Ci sono stato quasi costretto: non abbiamo parlato molto, ultimamente…-

Seiji distolse lo sguardo, e Tsukishima fece un breve sorriso.

- Non è stata la prima conclusione a cui sono giunto, naturalmente. E’ stata una cosa graduale, come lo è stato il tuo progressivo cambiamento. Ripensandoci dopo, cercando di capirci qualcosa, mi sono accorto che alla fin fine tutto sembrava ruotare sempre attorno ad Okazaki. - Ora, l’amico lo fissava attento, rigido. - Da quando è arrivato lui, hai cominciato ad impegnarti a fondo nel nuoto come non avevi mai fatto, a prendere sul serio lo sport, prima per batterlo, poi per te stesso, per dimostrare le tue capacità, perché sembrava ti fossi reso conto di poter raggiungere un dato obiettivo, e che non era più un gioco; non più una sfida lanciata con strafottenza, parole sparate a caso e per darsi delle arie, ma la consapevolezza di avere realmente delle possibilità, un talento da poter sfruttare, da non buttare via, e una sicurezza sempre maggiore, concreta. Sei più serio, più convinto, più deciso. E forse meno astioso nei confronti di Okazaki, che non sembra più l’avversario da battere ostinatamente, ma quello da prendere ad esempio, e da stimare. Cambi addirittura obiettivo, torni alla tua specialità. Non so se sia stato solo l’allenatore a convincerti; con te, le parole non sempre bastano. -

- Ehi! che cavolo vorresti…-

- E’ vero. Hai la testa più dura di quel muro, e spesso non ascolti quello che ti si dice. E fai sempre quello che ti pare!-

- E faccio bene! Non so neanche perché adesso ti sto ascoltando. Dovrei cacciarti a calci nel culo!-

- Non ho ancora finito. Sono solo all’inizio…E non me ne andrò finché non avrò delle risposte. Risposte sensate ed esaurienti. -

Seiji lo guardò imbronciato, poi sbuffò come se non gli importasse.

- Comunque, il club non pare più un passatempo per tenere tranquilli i tuoi, ma una cosa seria. Quasi quanto lo è per Okazaki. Sempre più spesso il suo nome è associato al tuo. Siete i due assi della squadra, gli astri nascenti; non si parla più solo di Okazaki, ci sei anche tu. E a te sembra fare piacere. Non solo che parlino di te, ma che ti associno a lui. Anche Kurameshi d’un tratto sembra avercela con tutti e due e non solo con Okazaki. - Seiji parve sussultare. - E intanto cominci ad allontanarti: non esci quasi più, non vieni in sala giochi, al campetto, al cinema, a mangiare fuori. Sembra quasi non interessarti più. E il nuoto, le gare, gli allenamenti diventano la tua scusa preferita. Non dico che devi stare con noi per forza; però mi pare strano, così all’improvviso. Sei concentrato, ma non solo: io ti vedo raggiante, soddisfatto, entusiasta. Eppure, continui a non parlarmene; anzi, sembri diventare sempre più evasivo, quasi che parlare più approfonditamente in un certo modo ti imbarazzi. E io insisto a chiedermene il perché. Forse è stato questo che mi ha colpito maggiormente: il fatto che tu abbia smesso di parlarmi, di raccontarmi tutto. Quando c’è qualcosa che non va, che ti preoccupa o che ti rende felice, me lo dici sempre. Mi riempi la testa, per la verità, mi invadi addirittura la stanza per ore. - Seiji prese fiato bruscamente per protestare, ma lui lo interruppe con una risatina. - Non è vero?- L’altro grugnì offeso. - Stavolta, però, non lo hai fatto. E a me è sembrato strano. Poi Kumi-chan salta fuori con la sua ipotesi dell’innamoramento, e io…-

- Kumi-chan COSA?!!-

Seiji era di nuovo sconvolto.

- Secondo lei, avevi preso una cotta per qualcuno; c’erano tutti i sintomi.-

- Quella scema!-

Hideo ridacchiò.

- E io mi sono pure messo a cercare di capire chi fosse la ragazza che ti aveva fatto perdere la testa! Senza concludere nulla, ovviamente. - Si schiarì la voce. - A Okazaki ho pensato dopo. Cioè…Sì. Era l’unico con cui sembravi sempre avere a che fare, quello a cui, per molti versi, sembravi essere più vicino. E poi c’è stato l’incidente…Forse, ci ho pensato veramente in maniera concreta solo dopo quel fatto. Stavamo parlando di lui, delle sue gare, e poi hai urlato il suo nome, ti sei messo a correre. In quell’attimo, ho pensato che tu fossi impazzito, e che ti saresti fatto ammazzare con lui. - Fece un lungo respiro; l’altro non lo guardava più. - Senti, Seiji. Sei diventato sempre più scostante, distratto, abbattuto, cupo; e silenzioso, chiuso in te stesso. Non è da te. Ed è così da un po’, non solo da questa settimana; non puoi venirmi a dire che passi il tuo tempo libero chiuso in camera a non fare niente o andando in giro con lo sguardo perso a sospirare a causa del nuoto. Ti sta succedendo qualcosa, e io voglio sapere cosa. Non me ne andrò finché non mi avrai dato spiegazioni, te l’ho detto. Sarò anche un rompiballe, ma sto cominciando a preoccuparmi, ok? Anche tua madre è preoccupata…-

Tacque, e Seiji, di fronte a lui, rimase in silenzio, le sopracciglia aggrottate quasi stesse riflettendo su quanto l’altro gli aveva detto. Era teso, e aveva il respiro di nuovo leggermente affannato.

Aprì la bocca un paio di volte, prima di riuscire a parlare.

- Non c’è niente di cui dobbiate preoccuparvi. - borbottò. - Non…Niente. Davvero…- Si passò una mano fra i capelli, spettinandoli più di quanto già non fossero, e sospirò profondamente. - Perché Okazaki?- chiese poi. - Perché proprio lui?-

Non riuscì a dare un tono aggressivo alla domanda; pareva solo curioso, e spaesato.

Hideo abbassò solo un attimo lo sguardo.

- Te l’ho spiegato. Più o meno…- Buttò fuori il fiato. - E’ per come parli di lui, per come reagisci quando lo si nomina, per come ti interessi a quello che fa, alle sue gare, ai suoi risultati. Per come lo guardi. - Gli sorrise. - E’ abbastanza?-

Kurihara si morse un labbro, arrossendo di nuovo.

- Ehi! guarda che non c’è niente di male ad ammettere che sei innamorato! Succede a tutti, prima o poi. Anzi, era anche ora che ti succedesse! I ragazzi e io ci chiedevamo cosa stessi aspettando. - Fece un risolino, cercando di allentare la tensione. - E poi, siamo amici, no? e se non ti confidi con gli amici, con chi puoi farlo?!-

L’altro abbassò lo sguardo, accasciandosi all’indietro contro la parete alle proprie spalle e stringendosi le braccia al petto.

- Non…non sono innamorato. - bofonchiò. - Non…No. -

- No. - Hideo annuì. - Ma Okazaki ti piace…-

Forse stava insistendo troppo, non era neanche sicuro al cento per cento di essere sulla strada giusta.

Eppure…

Seiji voltò la testa di lato, arrossendo ulteriormente.

- Credo…Non lo so…- Sembrò deglutire a vuoto. - Sì…- bisbigliò in un sussurro.

Hideo si sporse in avanti, allungando esageratamente l’orecchio verso di lui.

- Cosa? Non ho sentito…-

- Sì…-

Altro mormorìo.

- Scusa? Se non parli più forte non capisco…-

Seiji tornò a guardarlo con uno scatto.

- SI’!- urlò; violento, brusco, esasperato. Le sue guance parevano di fuoco. - Contento adesso?!!-

Tsukishima fece spallucce e non riuscì a trattenere una risatina.

- Beh, sì…per cominciare. -

Seiji lo fulminò, furibondo.

- Bene. Ridi pure! Divertiti quanto ti pare! Fa’ pure i tuoi commenti e le battutine! E vaffanculo!!-

Aveva alzato la voce, aggressivo e rabbioso.

Un barlume del Seiji di un tempo.

Tsukishima levò le mani davanti a sé.

- E dài, stavo scherzando. Calma. Non sono qui per prenderti in giro e ridere di te. Volevo solo capire. E magari aiutarti. Ok?-

L’amico rispose solo con un grugnito, mettendo il broncio.

- Bene. O quasi…Mh…dal tuo stato d’animo di queste ultime settimane - o dovrei dire mesi…?- ne posso dedurre che lui non ti ricambi…-

Anche se…C’erano state volte, alcune cose che gli era capitato di osservare, che lo avevano quasi convinto del contrario.

Seiji gemette piano e si lasciò cadere nuovamente sul letto.

- Ormai mi odierà. Credo…Non lo so esattamente. Ed è questo, il peggio: non sapere. Mi esaspera!- Sbuffò. - E’ colpa mia. Lo so che è colpa mia. Ho rovinato tutto, e adesso non riesco a parlargli e…e…e a spiegarmi. E lui parte domani. Merda! Dovevo dirgli tutto in ospedale, ma poi non ce l’ho fatta. E ora è tardi. Non dovevo aspettare troppo. Anzi, non dovevo dargli retta, non dovevo prendere tempo, fermarmi a pensare troppo. Dovevo chiedergli scusa subito. -

Sbuffò ancora.

- Ehm…Scusa…- Hideo provò ad intromettersi nel soliloquio del compagno, che pareva aver ripreso un po’ del suo brio e che se cominciava a parlare come suo solito era impossibile da interrompere. - Potrei capirci qualcosa anch’io?-

L’amico lo guardò interrogativamente, quasi soprappensiero, come se la sua domanda non avesse significato e servisse solo a distrarlo da questioni più importanti.

- Cosa?-

- Beh…Se magari tu cominciassi dal principio, forse potrei capire qualcosina. -

L’altro si accigliò perplesso.

- Non so…Non c’è granché. -

Sembrava poco convinto, ma cominciò a raccontare, parlando a ruota libera, senza quasi prendere fiato.

E parlò di tante cose, episodi che Hideo non conosceva, e che non aveva neppure immaginato potessero essere accaduti; parlò di com’era cominciato tutto, di quello che era cambiato fra loro, prima in meglio e poi il nuovo distacco, di quello che avevano vissuto, delle difficoltà a tenere tutto nascosto.

Seiji sembrava tornato quello di sempre: parlava, sbuffava, gemeva, gesticolava. E Tsukishima sorrise fra sé al ricordo delle nottate trascorse ad ascoltarlo, e di quanto gli fossero mancate durante quell’ultimo anno.

Forse, il fatto di essere stato scoperto, aveva dato nuovamente a Kurihara la sicurezza di potersi confidare con lui come una volta. Man mano che andava avanti, diventava più sicuro, più tranquillo, per nulla imbarazzato da quanto stava rivelando, cosa che invece doveva averlo bloccato per tutto quel tempo.

Sembrava stesse esternando in una volta sola tutto quello che aveva tenuto chiuso dentro di sé per mesi. Quasi una liberazione.

Hideo, invece, in alcuni momenti si sentiva a disagio.

Ormai non era più una novità scioccante, essendoci sbattuto contro da qualche tempo, però gli sembrava strano sentir parlare Seiji in quel modo, e di quelle cose.

Dei suoi sentimenti per una persona…

Per un ragazzo.

Per Okazaki!

Era naturale che prima o poi anche Seiji si sarebbe interessato seriamente a qualcuno, che ne avrebbe parlato, si sarebbe confidato, ed era anche vero che Hideo stava aspettando quel momento con sempre maggiore impazienza. Ma non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato un maschio!

Se si fermava a rifletterci più profondamente, si scopriva un po’ imbarazzato.

Ma in quel momento non lo diede a vedere.

Seiji aveva un problema, un problema che per l’amico pareva alquanto serio, e lui avrebbe provato ad aiutarlo.

Non aveva tempo per sentirsi a disagio!

Rimase ad ascoltare l’amico con attenzione, e soprattutto partecipazione.

- Non sapevo più come comportarmi, cosa fare. Gli avevo promesso una cosa, l’avevamo organizzata, e poi l’ho lasciato a casa, da solo, e gli ho mentito. Soprattutto gli ho mentito! Lui lo detesta!-

- Chiunque lo detesterebbe. - commentò Hideo, ma l’altro quasi non lo udì.

- L’ho trattato di merda, l’ho preso in giro. E ora lui non mi parla più! Ormai mi evita. Anche dopo quel maledetto incidente, non mi ha detto quasi niente…- Si afferrò i capelli e li tirò. - Tutta questa situazione mi sta facendo impazzire. -

Finalmente tacque, lo sguardo rivolto al soffitto; poi lo girò su di lui, quasi aspettando un suo commento, magari un aiuto.

Hideo ricambiò lo sguardo, stirando le labbra in una smorfia.

- Vuoi sapere come la penso? Un parere spassionato?- Seiji non si mosse, in attesa. - Sei un perfetto idiota!-

Kurihara sussultò, senza parole.

Cosa si aspettava? che lui lo consolasse?

- Hai fatto una stronzata! e lui ha fatto bene a mollarti! - Scosse il capo. - La mattina stessa…Lo hai chiamato la mattina stessa, magari poco prima dell’ora dell’appuntamento, dopo che avevate organizzato il viaggio da settimane! Incredibile! E’ ovvio che ti stia alla larga e non voglia più parlare con te. Come puoi pretenderlo? Non posso credere che tu sia stato tanto cretino!-

Seiji, ora, si era incupito.

- Ehi! non eri qui per aiutarmi?!-

- E infatti ti sto aprendo gli occhi! Cosa ti è saltato in testa? Non potevi rifiutare il nostro invito?-

- Se ti ricordi, ho provato a farlo, ma voi avete insistito fino all’esasperazione!!-

- Bastava che ci dicessi che avevi già un appuntamento!-

- See, figurati! Non avreste smesso fino a quando non avreste saputo tutto: dove, quando, con chi!-

- E allora? Ci raccontavi tutto e noi ti lasciavamo in pace. -

- Come facevo a dirvi una cosa del genere!!?-

Lo urlò, concitato, poi si morse un labbro, quasi pentito di aver parlato.

Tsukishima provò a ribattere, ma la madre di Seiji bussò alla porta ed entrò con un vassoio.

- Scusate. Vi ho portato un po’ di tè.-

Erano entrambi così presi dalla loro discussione che subito non le risposero.

Poi Hideo si riscosse e si alzò a prendere il vassoio, ringraziandola; anche Seiji la ringraziò, poi sua madre uscì, e lui sospirò con uno sbuffo.

Hideo gli porse una tazza e lo guardò, ripensando a quanto si stavano dicendo.

- In ogni caso, ora, con me, ne hai parlato…-

L’altro prese fiato, poi lo buttò fuori.

- Sì…- disse poi. - Ora, forse, è un po’ diverso. E poi…- Fece un cenno di diniego. - Non…Non ti sembra strano?-

- Cosa?-

- Tutto questo. Quello che…che ti ho detto, e il fatto che…che…-

S’impappinò, arrossì, cercò di nascondersi dietro la tazza.

Tsukishima sorrise.

- Un po’…Specie all’inizio. Non volevo crederci, continuavo a ripetermi che mi stavo sbagliando, che non era possibile, che doveva esserci un’altra spiegazione. Ma poi ho cominciato a convivere con questa idea, che man mano stava diventando sempre più una certezza, e la cosa mi è risultata quasi normale. - Fece una smorfia, piegando un angolo della bocca verso l’alto, in modo buffo. - Certo non avrei mai immaginato che ti piacessero i ragazzi. Forse, non ci si pensa mai…-

Seiji abbassò lo sguardo, aggrottando le sopracciglia.

- Non mi piacciono i ragazzi. - replicò. - Non credo…E neanche le ragazze. - Poi tornò ad alzare gli occhi, guardandolo quasi sorpreso. - Mi piace Yuki. -

Con semplicità, e sincerità.

Hideo annuì, guardandolo fisso, quasi cercasse di capire dalla sua espressione quanto significassero davvero per l’amico quelle tre parole. Poi si strinse nelle spalle, come riscuotendosi, e fece un sorrisino.

- Beh, almeno ti sei scelto il più bello della scuola!-

Seiji spalancò brevemente gli occhi, stupito, poi fece un gran sorriso, soddisfatto, quasi orgoglioso, e Hideo sorrise a propria volta, dentro di sé, osservando con lieve incredulità il cambiamento dell’amico.

Una volta, Seiji avrebbe protestato, mugugnato, ruggito; Hideo ricordava ancora quando non faceva che cercare nell’altro dei difetti, quando si chiedeva cosa ci trovassero in lui le ragazze, a chi poteva piacere uno con quegli occhi, con quell’espressione fredda, con quell’atteggiamento chiuso e scontroso…

Ora era più che evidente che aveva cambiato idea, e soprattutto trovato una risposta!

Poi, l’altro alzò un sopracciglio e lo guardò con superiorità.

- Guarda che è stato lui a scegliere me!-

Hideo ricambiò lo sguardo, scettico, e Seiji si alzò a sedere di scatto.

- E’ vero!! Io non ci pensavo minimamente: è stato lui a cominciare! Non me ne fregava niente di lui, e non mi sembrava neppure così bello!!-

- E invece lui si è interessato a te per il tuo aspetto fisico??!- Sempre più incredulo, e anche divertito.

- Beh? Perché no!?- Seiji stava sbraitando, come suo solito, e Tsukishima si trattenne a stento dallo scoppiare a ridergli in faccia. - Gli piacevo già alle medie! Mi ha visto ai Regionali e…-

Hideo non ce la fece più. Scoppiò a ridere fragorosamente, piegandosi in avanti e facendo infuriare Seiji ancora di più.

- Sei proprio uno stronzo!!-

Lo osservò ancora per un attimo, poi si ributtò sdraiato sul letto.

- Vaffanculo, Hideo! Non capisci niente! Credi che io non possa piacere?! Eh? Che cavolo hai da ridere!!?-

Tsukishima si morse un labbro e scosse il capo.

- Ok, scusa. - Provò a tornare serio. - Non fare quella faccia: scherzavo. E’ solo che…E’ un po’ strano, ecco. Uff…Ok, basta. Certo che…Tu e Okazaki…Ci sono un bel po’ di ragazze che farebbero carte false per uscire con voi. Adesso anche con te, sì, lo so. E invece voi due siete presi uno dall’altro…-

Seiji distolse lo sguardo e rimase in silenzio per un po’, pensieroso.

- E…e non ti dà…fastidio?- chiese poi.

Hideo sorseggiò pensieroso il tè.

- Che ti piaccia Okazaki? Non credo, no. Forse mi ha dato più fastidio che tu me lo abbia tenuto nascosto. - Ridacchiò. - Per il resto… A pensarci è strano, ma alla fin fine, poi, è lo stesso. Vuoi bene a una persona. Che sia maschio o femmina, in fondo, non ha molta importanza: le reazioni, le sensazioni, sono le stesse. Anche gli sbagli. Non c’è differenza. Alla fine, l’amore è amore.-

Seiji sbatté le palpebre, stupito, poi sorrise anche lui, pur se con poca allegria, e scosse piano la testa.

- Se penso che ho rovinato tutto solo per paura del giudizio degli altri…Del tuo…- Sospirò languido, poi afferrò il cuscino e lo strinse a sé con un ruggito. - Aaah! Vorrei prendermi a pugni!! Maledizione!-

- Ti ci prendo io, se vuoi. -

- Grazie. - grugnì.

- Beh, un paio di calcioni non ti farebbero male.-

- La vuoi piantare?! Io sto soffrendo, e tu non mi dài neanche una mano. -

Tsukishima scoppiò a ridere.

- Stai soffrendo perché ti sei comportato da idiota. -

Seiji si rigirò sul letto e affondò il viso nel cuscino che teneva ancora stretto.

- E’ vero!- Gemette ancora. - E lui parte domani, e sta via più di due mesi. Due mesi! Mi sembrano un’eternità! Se avessero convocato anche me…Saremmo andati insieme, e forse sarei riuscito a parlargli, a spiegargli, chiedergli ancora scusa. Merda! Magari pensa che non me ne frega niente di lui, e che…-

- Cosa, scusa?-

Tsukishima interruppe bruscamente le lamentele dell’amico.

- Che c’è?-

- In che senso pensa che non te ne importi niente di lui?-

- Quello…quello che significa. Che altro?-

Hideo lo fulminò, bloccandolo con lo sguardo.

- Stai dicendo che tutto quello che hai detto a me stasera, quello che provi e che senti, e per cui ti lamenti e stai soffrendo, non lo hai ancora detto a Okazaki??!-

- No…Ti ho detto che non sono ancora riuscito a parlargli.-

- Sì, ma credevo che…Di niente? Non gli hai fatto capire niente?-

- Nno…no…Cioè, prima lo sapeva…credo…Te l’ho detto. Dovevo rifletterci, e poi ho perso l’occasione, e ora è tardi. -

Tsukishima si alzò in piedi.

- Devi dirglielo!- esclamò concitato.

- Bravo! come se io non lo sapessi già da solo. -

- Devi dirglielo adesso! prima che parta!-

Seiji lo guardò come se stesse dicendo delle assurdità.

- Parte domani mattina!! Come faccio, secondo te?!-

Hideo agitò le braccia esasperato.

- Vai a casa sua! Stasera. -

Seiji scosse la testa, quasi sconsolato.

- Abita lontano. Arriverei tardi. E poi, non…non voglio disturbarlo la sera prima della partenza. Avrà da fare, da preparare, e…-

Merda!

- Allora, vai a salutarlo all’aeroporto, domattina. -

- All’aeroporto?-

Il suo volto parve illuminarsi, mentre nella sua espressione scoraggiata s’insinuava la speranza.

Stava prendendo in considerazione la sua proposta, un’occasione a cui non aveva ancora pensato.

Hideo lo guardò con un sorriso.

- Sì. A che ora parte? Lo sai?-

- Alle dieci e un quarto. Da Narita. - annuì.

- Perfetto!-

Seiji annuì ancora, poi aggrottò le sopracciglia e distolse lo sguardo.

- Sì…Ma come ci vado?-

- Col treno, no?-

- E se non ce ne sono, così presto? E poi i miei mi chiederanno cosa faccio. E non…-

Che cavolo…?

Quell’idiota sembrava fare di tutto per smontare ogni soluzione, ogni proposta.

Quasi stesse cercando di evitare di fare quello che invece desiderava più di ogni altra cosa.

Hideo gli si piantò davanti, i pugni sui fianchi e lo sguardo che pareva volerlo incenerire.

- Ehi, amico! Che diavolo ti prende?- Seiji alzò lo sguardo su di lui, stupito dal suo tono. - Da quando ti fai tanti problemi per queste cretinate? Domani ti svegli presto e vai a Narita!-

- Ssì…Ok. Che cavolo vuoi…-

Hideo alzò un sopracciglio e si sporse verso l’altro.

- Cos’è: hai paura, per caso?!-

Seiji reagì subito, scattando in avanti e afferrandolo per la maglietta.

- Paura?! Sei scemo?? Non ho paura di niente, io!-

- Bene. Allora smetti di trovare scuse per non parlare con lui!-

Rimasero a fissarsi negli occhi, ognuno deciso e sostenere e a far valere la propria forza e le proprie convinzioni.

Poi, Kurihara lo allontanò bruscamente da sé e lo lasciò andare.

- Non sto trovando scuse. - borbottò imbronciato.

Si passò una mano fra i capelli e fece un lungo respiro.

- Sto solo pensando che…che magari non mi vuol vedere, e neanche ascoltare…-

Aveva abbassato la voce, e non lo guardava più.

- Se non vai da lui, non lo saprai mai. - ribatté Hideo convinto. - Ehi…Vuoi che parta senza sapere niente? pensando che non te ne frega un accidente di lui? Vuoi passare più di due mesi nell’incertezza? senza avergli chiesto cosa pensa di te? senza sapere se davvero ti odia o se invece non aspetta altro che tu ti riavvicini? E senza fargli sapere cosa veramente provi per lui?-

Kurihara tornò con lo sguardo su di lui, poi fece un lieve cenno di diniego col capo.

- Se ci tieni davvero, allora non puoi tirarti indietro. Se adesso non cogli quest’occasione, rischi di perderlo per sempre. E’ questo, che vuoi?-

Seiji continuò a fissarlo, poi si illuminò e il suo cenno di diniego divenne più deciso, più convinto.

- No! Certo che no! Domani andrò da lui, e sarà quello che sarà. Almeno saprò come stanno le cose, e…e anche lui. -

Hideo fece un esagerato sospiro di sollievo e alzò gli occhi al cielo.

- Finalmente l’hai capita! Non è da te farsi tanti problemi…-

Seiji non si preoccupava mai più di tanto di quelle cose: lui faceva sempre quello che sentiva al momento.

Era strano scoprirlo così cauto…

- Dipende da cosa c’è in ballo. - ribatté Seiji, più serio. - E da quanto è importante ciò che rischi di perdere…-

E Tsukishima quasi sussultò, colpito dalle parole dell’amico, e dalla profondità con cui le aveva pronunciate.

Forse, fino a quel momento, nel proprio subconscio, aveva creduto di stare affrontando una semplice cotta, una sbandata adolescenziale come ne avevano tutti alla loro età.

Ma adesso si rese conto che era qualcosa di diverso, di più profondo, radicato; qualcosa di cui forse neanche Seiji stesso era propriamente consapevole, ma che ormai faceva parte di lui e dei suoi sentimenti.

Continuò a guardarlo, sorpreso e stranamente sollevato; poi l’altro fece un gran sorriso e si stirò soddisfatto, levandosi a sedere prima di mettersi in piedi sul letto.

- Domattina…Waa! Devo fare un mucchio di roba!- Saltò giù dal letto, diretto all’armadio. - Vestiti, vestiti, vestiti. Mi preparo già tutto, così domani ho più tempo per dormire. Eh? Che mi metto? Dove cavolo…La mia maglietta! Merda, mamma! l’ha di nuovo messa a lavare. Io la strozzo! Devo anche farmi il bagno. MAMMAA! Resti a cena, vero?- Spalancò la porta e prese ad urlare in corridoio, mentre Hideo scuoteva la testa frastornato: quello era il solito, vecchio Seiji!- La stiro io! Accidenti a lei: se non lava qualcosa non è contenta!- Era rientrato in camera e vi si aggirava agitato e indaffarato. - Mh…I pantaloni. Questi, che sono comodi. Dovrò anche farmi la barba. Che dici?-

Voltò il capo a guardarlo, serio e perplesso, e Tsukishima non poté trattenersi dal ridere.

- Quale barba?!-

Seiji gli lanciò subito un’occhiataccia.

- La mia, cretino!-

Hideo rise ancora più forte.

Quello scemo sembrava proprio convinto.

- Oh, quella…sì. Non l’avevo mai notata. -

Kurihara ruggì un’imprecazione e si mosse nuovamente verso la porta.

Hideo non riusciva a smettere.

- Dovrai aiutarti col microscopio, se vorrai raderti bene!-

- Vaffanculo, idiota!!-

Lo seguì in bagno, dove l’altro si accingeva a riempire la vasca, e rimase sulla porta a guardarlo con ilarità.

- E sei sicuro di fartela stasera? domattina ti sarà già ricresciuta!-

Seiji gli fece un gestaccio.

- Stronzo! Spero che ci affogherai, qua dentro!-

Ma cominciava a ridacchiare anche lui, e Hideo si sentì ulteriormente sollevato.

Erano tornati ai soliti battibecchi, ai soliti scambi, alle solite chiacchierate.

Nonostante tutto, quelle cose non erano cambiate.

- Ti do una mano, dài. -

Entrò in bagno anche lui e gli prese gli asciugamani dalle braccia.

Dopo mesi, si sentiva nuovamente se stesso.

 

 

Arrivarono all’aeroporto poco dopo le otto.

Era voluto partire presto per timore di non avere il tempo necessario per incontrare Yukito.

La sera prima, Hideo era rimasto a cena e a dormire a casa sua, e la mattina aveva deciso di andare con lui, quasi volesse assicurarsi che lui non si tirasse indietro all’ultimo momento, che non evitasse, per qualche strano motivo, di parlare a Okazaki.

Seiji non ne aveva alcuna intenzione, ma il suo stato d’animo non gli permetteva di essere abbastanza convincente, soprattutto per Tsukishima.

Aveva dormito pochissimo, ancora frastornato per la visita dell’amico e per quanto era venuto fuori fra loro, e agitato per quanto lo aspettava il giorno seguente.

Si era reso conto che parlarne con Hideo lo aveva rinfrancato. Non era abituato a tenersi tutto dentro, e il fatto di potersi confidare lo aiutava a sentirsi meglio, specie in quel caso particolare. Aveva bisogno di consigli, di pareri, magari anche di rimproveri, non poteva continuare a nascondersi.

Nascondere qualcosa lo rendeva nervoso, e in effetti aveva sempre rimpianto di non riuscire ad ammettere apertamente il proprio legame con Yuki.

E poi…

Aveva fatto tanta fatica per tenere gli amici e i conoscenti all’oscuro di tutto, aveva rovinato la storia con Yuki, e poi Hideo aveva scoperto tutto per conto proprio e, nonostante tutto, gli era rimasto amico. Non lo aveva deriso, non lo aveva allontanato con disprezzo, non aveva smesso di parlargli o di uscire con lui. Anzi…Era tornato, era con lui, per aiutarlo, per ascoltarlo, per spronarlo.

Se Seiji avesse potuto immaginare come sarebbero andate le cose fin’ dall’inizio…

Accidenti!

Ora, invece, si ritrovava a dover rimediare a una situazione che poteva essere senza vie d’uscita, forse addirittura senza speranza.

Sceso dal treno, fece un lungo respiro, quasi a farsi coraggio.

Era partito pieno di entusiasmo, carico ed esaltato, deciso a risolvere le cose in ogni modo, ma appena arrivato in aeroporto cominciò ad avvertire i primi sintomi di agitazione.

Entrò nel grande atrio con il cuore che già gli batteva più velocemente.

- Siamo in perfetto orario. - commentò Tsukishima al suo fianco. - Cerchiamo il volo per Sidney. -

Seiji annuì, deglutendo a vuoto.

Aveva la gola secca e si sentiva sempre più agitato, nervoso; quasi non vedeva le centinaia di persone che si muovevano frenetiche intorno a lui.

Seguiva Hideo, guardandosi attorno quasi intontito, sperando e temendo al tempo stesso di scorgere Yuki.

Mentre camminava, ripensò alle parole che l’amico gli aveva rivolto la sera prima, quasi un’accusa, forse solo per provocarlo, per farlo reagire, e si accorse che in un certo modo erano veritiere.

Aveva paura.

Inconscia, nascosta, inconfessabile, ma comunque paura.

Paura di dover aprire il proprio cuore, di manifestare quello che di più profondo aveva dentro di sé, di non trovare le parole giuste; ma soprattutto, paura di venire respinto, e di perdere tutto.

…di sentire su di sé quello sguardo gelido e insofferente, di ascoltare quel tono freddo, incurante, indifferente…

Non era sicuro di come avrebbe reagito.

- Staranno ancora aspettando per il check-in. - disse ancora Tsukishima, e Seiji si riscosse con un lieve sobbalzo. - E’ ancora presto. Allora…14D…Dev’essere più avanti, oltre il bar e quel……Eccoli laggiù! devono essere loro!-

Indicò davanti a sé, lungo il corridoio, verso un gruppo di persone, alcune delle quali indossavano la tuta coi colori bianchi e rossi della Nazionale, e vi si diresse a passo spedito, quasi avesse fretta.

Seiji sentì il proprio cuore aumentare ancora i battiti.

Alle sue orecchie, suonava addirittura assordante.

Seguì l’amico e in breve raggiunse lo slargo davanti agli stand delle compagnie aeree.

Aveva quasi il fiatone, come se avesse appena fatto una lunga corsa.

- Forse non è ancora arrivato…- mormorò Hideo un po’ deluso; si stava guardando attorno, cercando Okazaki fra la piccola folla di allenatori e atleti, accompagnati da genitori, parenti e amici.

Scuotendo il capo quasi inconsciamente, Seiji si spostò, lo sguardo che si posava ovunque.

Era sicuro che Yukito non sarebbe rimasto con gli altri, e supponeva che nessuno lo avesse accompagnato.

Lo immaginò solo, in disparte, lontano da tutti.

Attraversò il locale, scrutando ogni posto a sedere, quasi ogni angolo; poi oltrepassò un chiosco che vendeva giornali e riviste, e lo vide.

…solo, in disparte, lontano da tutti…

Guardava fuori da una vetrata, una spalla appoggiata al vetro e lo sguardo serio e un po’ malinconico.

Il suo profilo perfetto risaltava alla luce proveniente dall’esterno, e Seiji si fermò a guardarlo, il cuore, ora, che gli faceva addirittura male.

Si era tagliato i capelli, corti sulle orecchie e la nuca e con la frangia che gli ricadeva morbida sulla fronte, e anche lui indossava la tuta. Due borsoni pieni giacevano ai suoi piedi.

Pareva ignaro di tutto quello che gli succedeva intorno, della gente che andava e veniva, degli annunci agli altoparlanti, dei compagni più discosti che ridevano emozionati e felici.

Era perso nei propri pensieri, lo sguardo lontano.

A Seiji parve tanto bello da non sembrare neanche reale.

Un’immagine creata dalla sua mente, un momento rubato a un essere ultraterreno.

Sarebbe rimasto a guardarlo per ore…

Una gomitata ad un braccio lo riscosse, facendolo sobbalzare e tornare alla realtà.

Hideo era al suo fianco e senza dire una parola gli fece cenno col capo di muoversi.

Seiji fece una smorfia e si incupì.

- Vado. Vado. - borbottò.

Quell’odioso insensibile non riusciva a capire quello che lui stava passando!

Raddrizzò la schiena e le spalle e avanzò verso Yuki, lentamente ma con relativa risolutezza.

Doveva parlargli, doveva affrontarlo a tutti i costi prima che partisse; lo sapeva perfettamente, non poteva tirarsi indietro proprio a quel punto. Era troppo importante.

Non era arrivato neanche a metà strada.

Nella sua mente stava ancora pensando a cosa doveva dirgli, a come cominciare, che Yuki voltò il capo nella sua direzione.

Quasi qualcosa lo avesse disturbato, quasi qualcuno lo avesse chiamato.

Il suo sguardo sembrava muoversi alla ricerca della fonte.

Poi lo scorse, e si fermò.

Stupito, scosso, meravigliato.

Anche Seiji si fermò.

Ricambiò lo sguardo, e cercò di far calmare i battiti del proprio cuore.

Ora non sarebbe potuto tornare indietro neanche se avesse voluto.

Yuki era lì, a pochi passi da lui, lo stava guardando.

E non sembrava arrabbiato, non sembrava scontento di vederlo.

Solo sorpreso, e forse un po’ imbarazzato.

Seiji si fece nuovamente avanti, la mano stretta a pugno per tenere sotto controllo i brividi che quasi lo facevano tremare.

- Ciao…Yuki…- salutò con voce roca.

Ora erano uno di fronte all’altro.

Anche Yukito aveva fatto qualche passo verso di lui.

Aveva ancora gli occhi leggermente spalancati, quasi non riuscisse a contenere la propria sorpresa, e Seiji cercò di scoprire se ci fosse anche un briciolo di gioia.

Yuki prese fiato un paio di volte prima di rispondere.

- Ciao. -

Un filo di voce.

Il primo saluto dopo più di cinque mesi.

- Cosa…Cosa ci fai qui?-

Aveva distolto lo sguardo, quasi impacciato, e Seiji si sentì meno teso.

Neanche Yuki era tanto tranquillo!

Inspirò profondamente e lasciò andare il respiro in una volta sola.

- Aah…Io…Io volevo salutarti…- Meno male che era meno teso! - Sì…salutarti. -

Gli pareva che le gambe non lo reggessero a dovere e che la lingua gli inciampasse fra i denti.

Di fronte a lui, Yuki annuì piano.

- Oh. - fece semplicemente.

- Ieri…Ieri sera non l’ho fatto. Sono arrivato tardi e…Avevo recupero di inglese e…e…e dopo tu te n’eri già andato. Così ho pensato…ho pensato di venire qui stamattina.-

Che accidenti stava dicendo!?

Stava perdendo tempo come un idiota!

Yukito annuì ancora.

Aveva gli occhi bassi ed era pallidissimo.

"Parlagli, cretino!"

- Io…Ecco, sì…E volevo augurarti buona fortuna…Cioè, in bocca al lupo. -

- Grazie…-

Un sorriso, lieve, appena accennato.

Un raggio di sole sfuggito alle nuvole, che diede luce a quella struttura incolore e asettica.

- Mh…Allora, ti…ti senti pronto?-

Dio, perché non riusciva a dirgli quello che sentiva?

- Credo di sì. Non lo so. - Si strinse nelle spalle, poi tornò a guardarlo negli occhi. - Ti mancava così poco, e saresti partito anche tu…-

Seiji deglutì.

- Già. - mormorò solo.

Non era riuscito ad arrivare in alto insieme a lui, era rimasto indietro.

Lo aveva lasciato solo…

- Peccato…- sussurrò Yuki, con un sorriso triste, e Seiji si chiese con un sussulto se l’altro fosse veramente dispiaciuto che lui non partisse.

Agitò i piedi, impacciato.

- Yuki, io…Tu…Ecco io…-

- Sei proprio un idiota, Seiji!- Una voce sonora lo interruppe, facendoli sobbalzare entrambi, e una mano lo afferrò per il braccio. - Venite con me, svelti ! Anche tu, Okazaki. E ciao, comunque. -

Seiji guardò Tsukishima frastornato, mentre l’altro lo trascinava quasi di peso verso la zona delle toilette.

- Ehi! sei scemo?! Lascia…Che cavolo…?-

Yuki li stava seguendo, perplesso e incerto.

Probabilmente stava pensando che fossero due pazzi!

Poi, Hideo si fermò e spalancò la porta dei bagni.

- Entrate qui. Lo so che non sembra il posto più adatto, ma non ce n’erano altri. Quindi vedete di farvelo bastare! E di fare anche in fretta, perché non posso…No, signora, mi dispiace, ma questi bagni sono inagibili a causa di pulizie in corso. - Le mostrò il cartello giallo che aveva posto davanti alle porte e le indicò dove poteva trovare altri servizi, poi tornò a fulminare Seiji. - Capito? Muoviti!-

- Sei impazzito o cosa?!- Seiji era furioso. - Io t’ammazzo! Cosa cavolo t’è preso?!-

Ma Hideo pareva più arrabbiato di lui, e non cambiò di un grado il proprio atteggiamento.

- Entra lì dentro e digli quello che gli devi dire prima che parta! E se perdi quest’occasione, sarò io ad ammazzarti!-

E senza preoccuparsi del fatto che lui fosse più alto e decisamente più forte e robusto, lo spinse dentro e lasciò che la porta gli si richiudesse alle spalle.

Seiji rimase a fissarla furibondo, ansimando dalla rabbia e dallo shock.

Quel cretino aveva rovinato tutto! era intervenuto proprio mentre lui stava quasi per trovare il coraggio di cominciare a provare a tentare…Sì, quello…E e e gli aveva fatto fare la figura dell’idiota davanti a Yuki… Oltre che…

- Cos’è che dovevi dirmi?-

La voce bassa di Yukito si levò alle sue spalle e lui si voltò quasi di scatto.

Non si era neanche reso conto che l’altro era entrato.

Lo guardava fisso negli occhi, il volto ancora molto pallido e il corpo rigido.

- Io…Niente…Cioè…- Chiuse un attimo gli occhi e scosse la testa, come a scacciare qualsiasi incertezza, qualsiasi paura.

- Non cercare le parole giuste. - continuò Yuki, il tono di voce così sottile, e triste, che Seiji quasi si sentì male. - Non servono, lo sai. Di’ quello che devi, quello che senti. La verità, qualsiasi essa sia. - Tentò di sorridere, ma non ci riuscì. - Ok?-

Seiji, senza pensare, annuì brevemente.

- Sì…Ok…-

Perché era tanto triste?

Perché lo guardava con quegli occhi?

Cosa si aspettava?

…La verità…

Seiji inspirò.

Non sarebbe stato facile.

No.

Però era lì per quello.

Si era alzato presto, si era preoccupato, aveva corso per arrivare in tempo.

Per non lasciarlo andare via senza che sapesse.

Per non dover rimpiangere la propria indecisione.

Perché non avrebbe sopportato altri due mesi e mezzo di lontananza, incolmabile in ogni senso, di silenzio, di incertezza.

Se anche l’altro lo avesse respinto, lui almeno non avrebbe avuto il rimpianto di non averci provato.

Ci sarebbe stato tempo dopo, per stare male.

Fece un nuovo, lungo respiro, si passò la lingua sulle labbra secche.

- Io…Sono stato un idiota. - disse poi, la voce sorprendentemente ferma. - Lo…Lo sono ancora, anzi…Ha ragione Hideo. - Di fronte a lui, Yuki lo guardava cercando di restare impassibile, indifferente, ma Seiji si accorse che aveva le mani chiuse spasmodicamente a pugno, e che stava tremando. Lo stava facendo soffrire a tal punto? Fece mezzo passo verso di lui. - Mi dispiace, Yuki…Forse è tardi, ma…Io…Lo so che ho sbagliato, e lo so che non il diritto di…di chiederti niente, e che non vuoi fidarti di me, ma…ho riflettuto. Tanto, troppo. No, non c’era neanche bisogno di pensarci, perché era già evidente, ma io non riuscivo a capirlo; cioè, non me n’ero reso conto, o forse avevo solo paura ad ammetterlo, e…- Sospirò, si passò una mano fra i capelli. - Sono stati i cinque mesi più di merda della mia vita. Pensarti giorno e notte, e non riuscire a parlarti, ad avvicinarti, non poterti guardare, toccare, ascoltare. E allo stesso tempo, aver paura di rivolgerti la parola, paura di ricevere un rifiuto, di leggere nel tuo sguardo l’insofferenza e il disprezzo. Io… Lo so che non mi credi…lo so che…E’ tardi, ma….- Stava parlando in fretta, quasi senza pensare, buttando fuori tutto; non doveva fermarsi a riflettere, o non ce l’avrebbe mai fatta. Non riusciva neanche a guardarlo. Si schiarì la voce, passandosi nervosamente le mani sui pantaloni. - Mi manchi, Yuki. Mi manchi tu, mi manca la tua voce, mi mancano i tuoi sorrisi. Mi manca tutto quello che facevamo. A volte, ho l’impressione di non farcela più. Ho bisogno di te. A dispetto di tutto e di tutti. Non mi importa di quello che gli altri possono dire o pensare; che mi prendano pure in giro, che ridano, che mi indichino per strada. Adesso tu…tu sei…più importante…Più di qualsiasi altra cosa, credo…Sì, di chiunque. Lo sei sempre stato, il fatto è questo, ma non lo avevo compreso, non credevo che una persona potesse farmi questo, e così…così ho sbagliato, e ti ho fatto del male, e se vuoi odiarmi…hai…hai ragione…- "Non farlo, ti prego. Almeno non odiarmi."- Ecco, sì…Volevo solo…volevo che lo sapessi, prima di andare via. E…Puoi anche non rispondermi, se non vuoi, oppure…Quello che vuoi. Ma dovevo dirtelo.-

Si zittì, quasi di botto, e il silenzio che seguì gli parve addirittura avere consistenza, una cappa che lo soffocava.

Alzò finalmente gli occhi sul compagno, quasi con timore, e aspettò.

L’altro lo guardava stralunato, sconvolto, gli occhi enormi che parevano bruciare, spalancati su di lui quasi a volerlo inghiottire.

Poi si mosse, gli si avvicinò.

Sembrava ansimare.

Lo guardò ancora negli occhi, poi lasciò partire un pugno, con forza, con rabbia; lo colpì in pieno volto, facendolo indietreggiare.

Era la prima volta che lo colpiva.

Seiji si raddrizzò, portandosi la mano alla bocca. Sentiva già il sapore del sangue.

Non era quello, che faceva male.

Se lo era meritato.

Yuki lo prese per le spalle e lo spinse all’indietro, contro il muro.

- Stronzo. - Un sibilo, quasi un sussurro. Più assordante di un urlo.

Aveva fatto una cazzata e ora ne pagava le conseguenze.

Almeno sapeva con certezza cosa lo aspettava.

- Stronzo. - e lui annuì, chiudendo gli occhi per non guardarlo, e cominciando a sentire un groppo in gola.

Non riusciva a dire niente. Non c’era niente da dire.

Non gli restava che andarsene.

- Stupido idiota…-

Più piano, più vicino.

Yuki, ora, era appoggiato a lui, le mani infilate fra i suoi capelli; glieli stringevano quasi a volerglieli strappare.

Seiji spalancò gli occhi.

Il volto del compagno era ad un soffio dal suo, gli occhi lucidi, arrossati, fissi nei suoi.

Sempre tenendolo per i capelli, lo attirò rabbiosamente verso di sé, verso la propria bocca, le proprie labbra.

- Perché hai aspettato tanto?!- sussurrò ancora, con rabbia mista a sollievo.

Poi cominciò a baciarlo, con foga, quasi furente, e a Seiji parve di non riuscire a reggersi in piedi.

- Perché solo adesso? Bastardo! Stupido!- Yuki continuava ad inveire, ad insultarlo, e allo stesso tempo non smetteva di baciarlo, di abbracciarlo, di stringersi a lui.

Seiji non capiva più nulla.

Rimase immobile, incredulo, scioccato, le braccia lungo i fianchi e lo sguardo fisso davanti a sé.

Stava sognando.

Oppure era impazzito.

- Stupido, stupido, stupido. -

Eppure, la voce di Yuki era reale, e così il suo corpo, le sue labbra.

Si riscosse, e lo guardò.

Il suo volto, la sua pelle, i suoi capelli, i suoi occhi meravigliosi pieni di lacrime…

- Mi…mi dispiace, Yuki…- riuscì a farfugliare. - Non volevo che…-

L’altro soffocò le sue parole con un nuovo bacio, e lui finalmente prese coscienza del proprio corpo.

Lo strinse fra le braccia, lo accarezzò, ricambiò il bacio con altrettanta frenesia.

Dio, gli sembrava impossibile!

Yuki era di nuovo con lui, stretto a lui.

Di nuovo suo.

Tutti quei mesi, l’esasperazione, l’impotenza, il dolore, dapprima sottile, poi sempre più insopportabile.

Niente.

In quel momento non importavano più.

C’erano di nuovo loro, non contava nient’altro.

- Perché non me l’hai detto prima…-

- Non…non lo so…Credevo mi avresti respinto…-

- Ti ho aspettato per giorni…E più andavo avanti e più era peggio…-

- Anche per me…-

- Non mi hai più rivolto la parola…Stavi solo coi tuoi amici…-

- Non ci riuscivo. Mi hai detto di farmi gli affari miei…eri tornato come una volta…-

- Anche dopo che mi hai salvato…-

- Non sapevo come fare…E tu eri sempre impegnato…Non volevo distrarti…E…-

Continuavano a bisbigliare, fra un bacio e l’altro, cercando di spiegarsi, di giustificarsi, di capire.

E intanto si toccavano, accarezzandosi il viso a vicenda, le braccia, la schiena, i capelli, quasi a volersi assicurare di essere davvero uno fra le braccia dell’altro, che non fosse solo un sogno.

E si guardavano, tornando ad imprimere nella loro memoria quei lineamenti che avevano a lungo sentito quasi come propri.

Yuki si staccò di poco, tenendogli il volto fra le mani.

Sorrideva e gli sfiorava le labbra con il pollice.

- Credevo fossi venuto per dirmi addio…-

- Addio?-

- Sì…Quello definitivo. Credevo che alla fine avessi deciso che era meglio continuare così, senza quasi vederci, né parlarci, e che fossi venuto fin’ qua per farmelo sapere. C’è anche quel tuo amico…Tsukishima… Pensavo che lui ti avesse dato il…il coraggio per venirmelo a dire…Che ti avesse accompagnato per questo. -

Seiji gli mordicchiò il dito, poi ridacchiò.

- Invece è tutto il contrario. Mi ha accompagnato per assicurarsi che io non fuggissi ancora. L’hai sentito: se non ti avessi detto tutto, mi avrebbe ammazzato! E non stava scherzando. Capacissimo di prendermi a pugni da qui fino a casa!-

Rise ancora, così felice da non riuscire a smettere.

- Lo hai fatto per questo?- chiese Yuki.

- Mh? Cosa?-

- Sei venuto perché lui ti ci ha spinto?-

Seiji lo fissò, tornando serio.

Accidenti a lui, perché doveva essere sempre così insicuro, in quelle cose?

Gli diede un bacio, poi fece un lungo respiro.

- Sono venuto perché non ce la facevo più a stare senza di te, e volevo che lo sapessi, anche se magari non te ne fregava più niente. E Hideo mi ha spronato, sì, perché io avevo così paura al pensiero che tu mi avresti respinto, che sarei stato capace di gettare al vento l’ultima occasione che avevo per parlarti. Non paura di quello che avrebbero pensato gli altri, paura di perdere tutto. Di perderti per sempre. - Lo fissò ancora, dritto negli occhi. - Per questo sono qui. -

Yuki ricambiò lo sguardo, scrutando dentro di lui alla ricerca di qualche possibile menzogna, poi annuì sollevato, stringendogli le braccia attorno al collo.

- Ci hai messo troppo, accidenti. - lo rimproverò.

- Lo so. Te l’ho detto, è che…-

- Non importa…- La sua bocca gli scivolò dall’orecchio alla guancia…- Ora sei qua. -

…alle labbra.

Tornarono a baciarsi, con dolcezza, e passione sempre maggiore, fino a rimanere senza fiato, quasi volessero recuperare il tempo perduto, quasi non volessero sprecare quel poco che avevano.

A Seiji pareva di essere in Paradiso.

Di nuovo quel sapore, quella morbidezza, il calore del suo corpo, del suo desiderio.

Era come se avesse ritrovato la strada dopo essersi smarrito.

Quando si staccarono per respirare, stava sorridendo.

Era felice.

La persona più felice della Terra.

Sollevò Yuki di peso e fece un giro su se stesso, urlando di gioia.

- Smettila, scemo!- esclamò il compagno, ma anche lui stava ridendo.

Quanto adorava vederlo ridere!

Lo rimise a terra e si perse ancora ad osservarlo.

- Fra poco devi partire…- disse poi.

L’unica nuvola che offuscava il sole di quel momento.

- Hn…-

- Non sono riuscito a starti dietro, fino in cima. Sei arrivato in alto, e io non sono con te…-

Yuki gli sfiorò le labbra con un altro bacio.

- Sei già con me…Ci sei sempre. - Gli sorrise e lui arrossì. - Certo, mi sarebbe piaciuto andare in Australia insieme a te: tutti e due alle Olimpiadi. Ti mancava così poco. Se solo non ti fossi fatto male, se non ti fossi fermato per quel maledetto incidente…-

- Se non fosse successo, non saresti partito tu. - lo interruppe Seiji. Hideo aveva ragione. - Forse tu non ci saresti neanche più. - Yuki lo guardò sconcertato e lui storse la bocca in un mezzo sorriso, scrollando le spalle. - E’ meglio così. Molto meglio. -

A parte il fatto che sarebbe stato via per più di due mesi!

- Beh, la prima parte del tuo sogno si sta realizzando. Vedi di darti da fare anche quando sarai là, ok? Non vorrai fare la figura di quello che si accontenta di partecipare senza neanche provare a migliorare, eh?-

Yukito rise.

- Sta’ tranquillo, coach!-

- Bene. Sai che il club vuole installare un maxi-schermo per guardare le tue gare a scuola, vero? Vedi di non farci fare brutta figura. -

Quanto gli sarebbe piaciuto andare con lui.

L’atmosfera, i rumori, la tensione, la gente…

Le gare.

- Ehi, ragazzi…- Tsukishima bussò alla porta e l’aprì di poco.- Scusate, avete finito?-

Sussultarono entrambi, e Seiji voltò il capo verso l’uscita.

- Hanno chiamato per il check-in, e poi la gente, qui, vorrebbe andare in bagno.-

Merda, di già!

Seiji stava per rispondere che sarebbero arrivati subito, che Yuki lo afferrò per la maglietta e lo attirò a sé, rubandogli un altro bacio, violento, appassionato, quasi senza fine.

L’ultimo, prima di chissà quando.

Seiji si aggrappò a lui quasi non riuscisse a stare in piedi, conscio solo del fatto che non avrebbe voluto smettere mai.

Invece Yuki si allontanò, di poco, per parlare, e prendere fiato.

- Chiamami. - mormorò Seiji.

Il compagno annuì.

- E tu scrivimi. Almeno ogni tanto. -

- Ok. Ti terrò aggiornato. -

- E continua ad allenarti. -

- Anche tu!- Ridacchiò, poi, come ricordandosi d’un tratto di un’altra cosa, spostò il capo all’indietro per guardarlo meglio. - E guai a te se metti gli occhi su qualcuno! Lo so che sarai circondato da atleti di tutte le nazioni, e anche di ogni tipo di specialità, e che sarete alloggiati tutti più o meno nello stesso posto, e e e cose simili, e sicuramente qualcuno ci proverà con te. Lo so benissimo! figurati! anche per questo sarei dovuto partire con te! Merda! Li avrei tenuti a bada io!-

- Piantala, scemo. -

- Guarda che non sto scherzando!-

- Neanch’io. Non ci sarà bisogno di tenere a bada nessuno.-

- Ehm…ragazzi, per favore…-

La voce di Tsukishima li interruppe ancora.

- Dobbiamo andare…-

Seiji prese fiato e sbuffò, imbronciato, poi si voltò e uscì.

Il frastuono dell’aeroporto lo colpì per il contrasto con gli attimi di intimità appena trascorsi con Yuki.

La gente era aumentata e si muoveva verso i banconi delle compagnie spingendo carrelli pieni di bagagli.

Più avanti, i nuotatori della nazionale si erano già messi in coda, caricando i bagagli sui nastri e sfollando verso la zona dell’imbarco.

Mancava poco.

Troppo poco.

Yuki recuperò i borsoni.

- E’ quasi ora. - mormorò.

Seiji annuì.

- Beh, in bocca al lupo. -

- Grazie. Crepi. - Girò lo sguardo su Hideo, che era rimasto più indietro, e gli fece un breve inchino. - Grazie anche a te, Tsukishima. -

- Aah…E di cosa?- Sembrava imbarazzato. - Buona fortuna. E fagli vedere chi sei!-

- Già. Fagli vedere da che scuola vieni!- rincarò Seiji.

- Senkawa GOOO!!-

Lo urlarono tutti e due in coro, sconvolgendo alcuni turisti, e Yuki scoppiò a ridere.

- Comunque, grazie davvero. - insistette poi, fissando Tsukishima negli occhi. - Di tutto. -

Hideo arrossì e guardò altrove.

- Bah, figurati. - borbottò burbero, e Seiji fece un sorrisino.

- Devo andare. -

Ora guardava Seiji, dritto negli occhi, e sorrideva lievemente.

- Ci sentiamo, allora…- Anche Seiji gli sorrise. - Ehi, stai andando alle Olimpiadi. Come hai sempre sognato.-

Yuki abbassò solo un attimo gli occhi per poi riportarli su di lui, luminosi, scintillanti.

- Sto andando alle Olimpiadi. Come mi hai chiesto tu. -

Seiji lo guardò subito perplesso, la fronte aggrottata interrogativamente; poi ricordò, e il cuore gli saltò in gola.

"Vai alle Olimpiadi."

Come gli aveva chiesto lui…

Aprì la bocca, ma non riuscì a dire niente.

Yuki gli sorrideva più apertamente, e con dolcezza, poi indietreggiò di qualche passo.

- Fatti sentire. - e si diresse verso il banco del check-in.

Seiji lo seguì con lo sguardo ancora imbambolato, poi si riscosse e corse verso di lui.

- Aspetta!-

Si era dimenticato una cosa.

Ormai ce l’aveva da tempo e…

- Tieni. -

Gli allungò bruscamente un piccolo pacchettino che aveva tenuto in tasca.

- E’ solo una cretinata…Un portafortuna. Da attaccare dove vuoi. Credo. -

Yuki tirò fuori un piccolo pendaglio a forma di delfino.

- Ok, lo so, fa schifo. E poi è da ragazza. Ne avevo preso uno simile per mia sorella e…Ridammelo pure. -

Fece per riprenderglielo dalla mano, ma l’altro glielo impedì, stringendola a pugno.

- Non si rifiuta un portafortuna. - Sorrise ancora, le guance arrossate. - E poi, è carino. Grazie…-

Seiji si ficcò le mani in tasca e incassò la testa nelle spalle.

- Beh, come vuoi. - bofonchiò.

- Okazaki Yukito. Dove si è…? Eccoti qua! Accidenti, ragazzo, manchi solo tu!-

Yuki alzò gli occhi al cielo con una smorfia e tornò verso il banco.

Seiji non poteva più trattenerlo.

Lo guardò caricare la sua roba, concludere le ultime formalità, seguire uno degli allenatori.

Prima di immettersi nel corridoio che portava agli imbarchi, Yuki si girò verso di lui e alzò una mano in cenno di saluto.

Sorrideva ancora, intensamente, la luce dei suoi occhi così brillante da accecare.

Alzò una mano anche lui, agitò anche il braccio.

Poi l’altro sparì, e lui rimase a osservare quel punto per parecchi secondi, fermo in mezzo al passaggio e incurante dei viaggiatori che lo urtavano.

- Ti voglio bene…- mormorò poi.

 

 

- Allora…Abbiamo fatto bene a venire stamattina?-

Hideo gli camminava a fianco, l’aria indolente e un sorriso malizioso.

Seiji inspirò l’aria calda dell’esterno e allargò le braccia stiracchiandosi soddisfatto.

- Mh…- annuì, sfoderando un sorriso beato.

- Non lo avevo mai visto ridere…- continuò Hideo, e Seiji voltò il capo a guardarlo, senza dire niente, e senza smettere di sorridere contento.

Poi alzò gli occhi al cielo, fissando il decollo di un aereo che scintillava alla luce del sole.

Lo seguì fino a che non divenne un puntolino.

- Due mesi e mezzo…- mormorò.

Tornò a guardare avanti, l’espressione risoluta.

- Devo trovare un modo per andare in Australia!-


parte sesta
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