YOU'RE MY DREAM
(parte quarta)

di Kriss

 

Si strinse l’asciugamano attorno alla vita e si diresse verso le docce con un lieve gemito.

Il giorno e la notte prima erano stati così pieni, e intensi, da spossarlo.

Aveva dormito anche poco, e quella mattina si era svegliato più tardi del solito.

Sorrise fra sé.

Seiji aveva protestato e mugugnato peggio del solito, alzandosi all’ultimo momento e preparandosi quasi meccanicamente, gli occhi socchiusi e l’aria da zombie. Aveva anche dovuto fare di corsa, perché doveva tornare a casa per accompagnare sua sorella da alcuni compagni con cui sarebbe andata in campeggio; e ora si stava ancora allenando. Sembrava distrutto, e non la smetteva più di lamentarsi.

La notte prima avevano parlato e scherzato fino a tardi.

Avevano fatto anche altro, fino a tardi…

E quello valeva qualsiasi sacrificio, ripagava tutta la stanchezza che poteva avvertire in quel momento.

Il resto…

Forse anche quello.

Non era ancora sicuro di aver fatto bene a confidarsi fino a quel punto, ma allo stesso tempo la reazione e la vicinanza dimostrate da Seiji lo avevano fatto anche sentire più sicuro, e per certi versi sollevato.

Non aveva mai parlato di quelle cose con qualcuno; per la verità, non aveva mai pensato di trovare qualcuno con cui parlarne.

In effetti, aveva raccontato più cose di sé a Seiji di quanto avesse fatto con chiunque.

Lo conosceva da pochissimo, eppure si stava fidando di lui.

Forse, desiderava fidarsi.

E forse, stava sbagliando.

Si stava lasciando andare, rendendosi vulnerabile e senza difese. Ora l’altro avrebbe potuto colpirlo in molti modi, se solo avesse voluto.

Stava ripetendo gli stessi errori un’altra volta?

Seiji sembrava diverso, sincero…

…ma forse sarebbe stata proprio questa impressione ad ingannarlo.

Sospirò piano, scuotendo la testa.

Se avesse continuato con quei pensieri, avrebbe rovinato tutto.

Per ora stava andando tutto a meraviglia, quasi da non sembrare vero, ed era a quello che doveva, e voleva, pensare.

E forse, era anche giusto che l’altro sapesse certe cose.

Stavano condividendo tanto…

Si stirò le spalle, e ancora sorrise.

Ad un certo punto, Kurihara aveva cominciato ad imprecare e ad inveire, alzando la voce sempre di più, come suo solito. Lo teneva abbracciato, e intanto sbraitava. Era furioso con Kobayashi, naturalmente, ma anche con se stesso per non averlo picchiato alla prima occasione.

- Avrei dovuto rompergli il muso appena l’ho visto! Accidenti a me e ai miei scrupoli! Lo sapevo che era stronzo! con quella faccia…E quegli occhi piccoli. Ma davvero ti piaceva? A me non sembra per niente bello. E poi, è basso, e ha l’aria da stronzo che si crede di essere superiore a tutti. Ah! e invece andrà agli Interscolastici solo con una staffetta!- E quando Yuki aveva insinuato, con calma mista a divertimento, che non era così brutto, e affatto basso, Seiji era quasi impallidito, per poi avvampare subito dopo. - Ti piace ancora!? Ti…Ti piace!!? Non puoi…Non lui!! Accetto chiunque, ma non lui! NO! non accetto proprio nessuno! E quel pezzo di merda meno che meno. Se prova ancora a toccarti, gliele stacco, quelle mani schifose. Lascia che si avvicini ancora a te, e lo massacro!-

Yuki ci aveva messo un po’ per calmarlo e rassicurarlo, compiaciuto e stupito allo stesso tempo dalla sua gelosia.

L’aveva già notata in alcuni atteggiamenti, in alcune frasi che il compagno si era lasciato scappare, ma non ci aveva badato più di tanto, forse anche per non far nascere in sé troppe illusioni.

Stavolta, però, era venuta fuori in maniera più aperta.

Anche se Seiji, dopo, aveva cercato di negarla con la solita rudezza, che ostentava per non ammettere quelle che probabilmente lui riteneva debolezze.

Yuki aveva sorriso, ma non lo aveva schernito.

Anche perché la cosa gli faceva piacere.

Parecchio piacere.

Lo sentiva sempre più vicino, sempre più suo.

E allo stesso tempo, sentiva di essere lui stesso più suo…

Era una bella sensazione.

Entrò nelle docce con l’aria allegra.

Che soffocò subito appena si accorse di non essere solo.

Yamazaki si voltò e gli sorrise, un sorriso incerto, quasi impacciato, che mise subito Yukito sul chi vive.

Sfoderò l’abituale freddezza e gli diede le spalle, scegliendo una doccia lontana dalla sua.

Ci mancava solo che il senpai si accorgesse di qualche cosa anche quel giorno!

 

 

Yamazaki si voltò e gli sorrise.

Gli venne naturale, spontaneo, ma era anche sicuro di non essere riuscito a celare del tutto il proprio imbarazzo.

E infatti Okazaki sembrava arrabbiato.

Per forza, lo era! con quello che lui aveva combinato il giorno precedente…

Proprio a Okazaki, poi, che non era certo di carattere facile.

Dio, perché era sempre così stupido?

Non c’era da stupirsi se nessuna delle matricole lo considerava alla stregua di un vero senpai. A volte sembrava più giovane e inesperto di loro!

Cambiò la temperatura dell’acqua e si sciacquò con delicatezza. Aveva preso il sole e si era scottato la pelle, che ora gli faceva un po’ male.

Immaginava già la voce di Okajima che lo prendeva in giro, quando sarebbe tornato abbronzato dopo la breve vacanza al mare.

Okajima si abbronzava subito.

Come Kurihara.

Mentre Okazaki, con quella pelle chiarissima…

Al pensiero di Okazaki e Kurihara, si sentì arrossire, e inconsciamente alzò gli occhi sul compagno che si stava lavando dalla parte opposta dello stanzone.

Vide che stava cercando di fare uscire un po’ di shampoo dal flaconcino, poi lo sentì imprecare a voce bassa quando il tentativo fallì.

- Se ne vuoi, ti presto il mio. - disse subito, quasi senza pensare, un riflesso incondizionato che non riuscì a trattenere.

Okazaki voltò il capo verso di lui e gli puntò gli occhi contro.

Diretti, penetranti, parevano volerlo inchiodare al muro.

Yamazaki deglutì a vuoto, pentendosi di aver parlato.

- Non importa. - mormorò l’altro ragazzo, lo sguardo cupo, accigliato.

- E’ per tutti i tipi di capelli. Prendilo pure, usane quanto ne vuoi. -

Perché non riusciva a stare zitto?

Voleva solo essere gentile…

No, voleva parlare con lui, scusarsi, e magari riuscire a fare qualche passo verso di lui.

Era convinto che non dovesse essere così freddo come sembrava, anche se in quel momento i suoi occhi parevano pezzi di ghiaccio.

- Non ha importanza. Me li lavo a casa. Grazie. -

Gelido.

Non era sempre così. Non era stato così dopo l’ultima vittoria ai Regionali.

A volte sembrava solo un po’ timido, a disagio quando era con altre persone; e forse combatteva questa timidezza con quell’atteggiamento che teneva lontani tutti.

Beh, proprio tutti no…

Ecco, quindi a maggior ragione doveva aver visto giusto lui!

Non si era anche accorto di quello che stava succedendo? dei cambiamenti che erano avvenuti?

- Mh…Ok. - annuì.

Quegli occhi gli facevano un po’ paura, a volte.

Forse per via di quel colore così particolare, e quel taglio quasi occidentale.

Ma forse era più per la luce che vi traspariva.

L’altro era tornato a dargli le spalle, e lui con un sospiro chiuse l’acqua.

Doveva trovare il modo per scusarsi. Non voleva che rimanessero incomprensioni poco prima degli Interscolastici; dovevano anche gareggiare insieme, nella stessa staffetta, e non voleva che la propria stupidità rovinasse qualcosa.

Dopotutto, facevano parte della stessa squadra.

In una squadra non dovevano esserci attriti, né scontentezze o astio.

Una squadra doveva essere unita.

Per questo era contento che alcuni dissapori esistenti si fossero appianati.

Si schiarì la voce e si passò la lingua sulle labbra.

Come avrebbe potuto iniziare?

Non voleva combinare qualche altro guaio.

E poi…

Di fronte a lui, Okazaki chiuse l’acqua a propria volta, poi con un lungo respiro allargò le spalle e si voltò.

Yamazaki quasi sussultò, sotto il suo sguardo.

- Qualcosa non va, senpai?- chiese a voce bassa, ma penetrante quasi quanto la luce dei suoi occhi.

Lo fissava, e teneva le mani strette a pugno.

Se ne avesse fatto partire uno, lo avrebbe steso.

Era alto, gli dava quasi venti centimetri, e poi era forte, e sapeva anche fare a botte. Aveva sconfitto da solo Kurameshi e la sua banda…

Yamazaki sperò che non ce l’avesse tanto con lui, e inspirò per farsi coraggio.

- No, niente…- Sorrise e si passò una mano sulla nuca, sentendosi un idiota. - Ecco io…- Tossì, poi raddrizzò la schiena e assunse un’aria seria. - Volevo solo scusarmi per ieri. - e s’inchinò brevemente.

L’altro si accigliò ulteriormente, e a Yamazaki parve addirittura che si fosse irrigidito.

- Io…Non avevo intenzione di disturbarvi. Avrei dovuto lasciar perdere quello stupido orologio e tornarmene a casa senza interrompervi; non era così importante, avrei potuto benissimo cercarlo nel pomeriggio. E invece non l’ho fatto, e sono venuto a dar fastidio a voi.-

Ora Okazaki era impallidito, e aveva fatto un passo verso di lui, lo sguardo quasi minaccioso.

- Che cosa stai dicendo!? Darci fastidio in che senso?-

- Beh, stavate parlando fra di voi e…mh. Immagino che non abbiate molte occasioni per rimanere soli e tranquilli per conto vostro, e quindi so che la mia interruzione vi avrà infastidito. - Si sentì arrossire e abbassò brevemente lo sguardo. - Mi dispiace sul serio. Di solito non…Cioè, ecco…non l’ho fatto apposta. Sono così contento che le cose fra di voi siano cambiate, che siate diventati amici, e anche di più, che è ancora meglio, e quindi…-

- Mi stai prendendo in giro?- Un sibilo, feroce, quasi quanto lo sguardo, ora di fuoco.

Yamazaki sbatté le palpebre, stupito e un po’ spaventato.

- Prenderti in giro? No! voglio davvero scusarmi! So bene che mi sono comportato in modo inopportuno e invadente. E immagino tu abbia ragione ad essere arrabbiato con me. Però…-

- Piantala!-

Non aveva urlato, ma Yamazaki sussultò ugualmente.

- Dimmi cosa vuoi veramente e smetti di prendermi in giro!-

- Io non…-

Non capiva. Okazaki sembrava arrabbiato, ma per quello che lui stava dicendo adesso, non tanto per quello che aveva fatto il giorno prima.

L’altro sospirò esasperato e crollò le spalle.

- Ok, ridi pure, fa’ quello che ti pare, ma lascia fuori Seiji. Qualsiasi cosa tu abbia visto o sentito, è colpa mia. Ho iniziato io, lui non ci pensava minimamente. Se viene fuori qualcosa da parte tua che solo lo allontana dagli altri, te la vedrai con me. - Scosse il capo con un sorrisino ironico e triste insieme. - Perfetto. Ci mancava solo questa. A quanti l’hai già raccontato? E chissà che risate coi tuoi amici!- Si strinse nelle spalle e tornò serio. - ‘Tanto non mi importa. Lascia solo in pace Seiji. -

Scosse ancora la testa e fece per andarsene.

- E sta’ pure tranquillo che non vi sbircio di nascosto mentre vi cambiate. - aggiunse, in un mormorìo.

Yamazaki rimase ad osservarlo attonito, mentre tutto gli diveniva più chiaro.

Okazaki credeva davvero che lui…?

Che avrebbe riso di loro? Di lui?

Per QUELLO?!

- Aspetta!- gli gridò dietro, e lo inseguì fino agli spogliatoi. - Okazaki, senti…-

- Lasciami perdere. -

No, non lo avrebbe lasciato perdere, non in quel momento.

- Non ho nessuna intenzione di prenderti in giro. Né adesso né in futuro. Quello che ho detto prima è vero: sono contento che tu e Kurihara siate diventati amici, e che fra voi ci sia di più è ancora meglio. L’ho sperato fin’ dall’inizio. Che diventaste amici, naturalmente; non pensavo al resto…Non è bello che in una squadra ci siano elementi che non vanno d’accordo, anzi, a sentire Seiji-kun fino a qualche tempo fa, che ci fosse addirittura odio. Non mi piace…Io credo che una squadra debba essere unita, altrimenti non può essere una vera squadra. - Okazaki si voltò lentamente verso di lui, lo sguardo stupito, quasi scioccato, e lui gli sorrise. Senza imbarazzo, stavolta. Non si sentiva più a disagio. - E ieri mi è dispiaciuto interrompervi, perché…perché era un momento…vostro, e io avrei potuto evitare di intromettermi. Lascio sempre le cose in giro, e poi non ricordo mai esattamente dove, e anche ieri…Sì, non c’entra niente, scusa. Ah! E poi, credi davvero che io voglia ridere di te? Deriderti coi miei amici…? Per cosa? Perché ti piace qualcuno? Allora saremmo tutti da deridere, credo. - L’altro arrossì e lui sorrise ancora. - Non credo ci sia niente di male, nel volere bene a qualcuno. Almeno, non dovrebbe mai essercene…Nessuna colpa. - Reclinò lievemente il capo su una spalla, osservando il compagno ancora stupito, colpito, forse. - Tu sei pure fortunato: lui ti ricambia. Io sono anni che vado dietro ad una ragazza che non mi considererà mai!- Ridacchiò; quella era la sua croce, e ormai era abituato a tutte le delusioni e gli insuccessi che aveva accumulato. - Dovrei lasciarla perdere, ma non ci riesco mai…-

Okazaki lo fissava ancora; incredulo, perplesso, forse addirittura scettico.

- Perché dici queste cose?- chiese.

Yamazaki ridacchiò ancora, un po’ imbarazzato.

- Aah… Lo so, parlo troppo. Non sembra, ma quando comincio, poi non mi fermo più. Mi dispiace. -

- Non intendevo questo!- Era di nuovo esasperato. - Intendevo…quello che hai detto. Ci credi davvero?-

Yamazaki spalancò gli occhi.

- Certo che ci credo! Altrimenti non lo direi!-

L’altro non sembrava ancora molto convinto.

- Preferisco che tu mi dica la verità, per quanto dura o insopportabile possa essere, piuttosto che tu mi racconti delle balle per tenermi buono.-

- Non ti sto raccontando delle balle. Cosa me ne verrebbe, poi, a farlo? Comunque…So che le cose possono non essere facili. Più che altro, per alcuni possono essere difficili da accettare, e comprendere. E a questa età sembra che ci si diverta particolarmente a trovare dei punti deboli in qualcuno, e farli notare a tutti per riderci su. Succede spesso, e succede a tanti…Non l’ho detto a nessuno, di te e Kurihara, e non lo dirò di certo. E’ una cosa vostra, e poi so che c’è chi non capirebbe, o rimarebbe sconvolto, o cose simili. Anche se credo che, prima o poi, non ci farebbe più caso nessuno…Se vedi che qualcuno sta bene con una persona, che continua a starci bene, perché sconvolgersi tanto? Certo che…- fece un breve risolino. - A pensarci, chi lo avrebbe mai detto che sareste potuti diventare tanto amici? Anzi, più che amici…Siete così diversi! Ma forse, è proprio per questo. E poi, secondo me state bene, insieme. Credo che vi faccia bene. Kurihara è più entusiasta, più deciso; all’inizio pareva più svogliato. Non sarebbe arrivato a questi livelli, se non ci fossi stato tu. -

Di fronte a lui, Okazaki aveva distolto lo sguardo, e Yamazaki si accorse che era anche arrossito.

- Il talento è tutto suo, e lo possedeva di già. - borbottò, stringendosi nelle spalle. - Io non ho fatto nulla. -

Sembrava in imbarazzo, imbarazzato da quello che gli aveva detto lui, ma anche dall’aver fatto un complimento a Kurihara di fronte a qualcuno.

Yamazaki quasi inconsciamente sorrise, mentre si andava rafforzando la sua prima impressione che l’altro fosse timido. Certo, pareva strano, se si considerava la grinta e la determinazione che Okazaki sfoderava durante le gare, e in un certo qual modo anche negli allenamenti; eppure, sembrava proprio poco a suo agio, con le persone.

Un ragazzo come loro, come tanti, non l’essere irraggiungibile e altero che tutti pensavano fosse, e che forse lui stesso voleva far sembrare…

- Ma gli sei di stimolo. - replicò con voce pacata. - Anche solo per il fatto che desidera batterti, o dimostrare che non è da meno di te, si sta impegnando come non credo avrebbe mai fatto. Beh, in effetti, sei di stimolo un po’ a tutti quanti noi. Lo so che dovremmo credere di più nelle nostre capacità…Ce lo dicesti anche quella sera, dopo i Regionali…Ma a volte non è così facile, specie per chi non ha molto talento. - Vide il compagno scrollare le spalle e fare una smorfia, e senza pensarci fece un passo verso di lui. - E’ così. Noi non siamo come te. Però, ognuno di noi è migliorato, quest’anno, migliorato oltre le proprie aspettative; e siamo arrivati dove non immaginavamo mai di arrivare. E io sono certo che è stato grazie a te. Kurihara non salta un allenamento, Okajima ha molte meno paure, Kinimoto ha intenzione di venire ad allenarsi anche in questo periodo perché l’anno prossimo non vuole rimanere indietro, anche Sanjou ha deciso di dedicarsi seriamente ai cento rana…-

Okazaki abbassò la testa e si voltò, dirigendosi verso una panca.

- Se siete arrivati a qualcosa, vuol dire che avevate le capacità per farlo. Cosa c’entro io?-

- Forse ci hai aiutati a tirarle fuori. No…?- L’altro non rispose e lui proseguì con un lungo respiro. - Quando ho saputo che ti eri iscritto proprio nella nostra scuola, quasi non volevo crederci! Ero sicuro che saresti passato allo Shinho. Ho subito pensato che avremmo fatto grandi cose. E scommetto che l’anno prossimo avremo molte più iscrizioni, al club! E potremmo mettere su una squadra niente male! Potrei anche cominciare a seguire le promesse delle scuole medie, e proporre loro di iscriversi al Senkawa. Sarebbe una buona mossa. Dobbiamo fare in modo che anche la squadra di nuoto sia rinomata!-

- Tieni molto, al club…-

Okazaki intervenne a voce bassa, e lui quasi sussultò, rendendosi conto che probabilmente aveva esagerato con le proprie fissazioni. All’altro non doveva fregargliene granché.

- Aah…Ah, ah. Un po’. Sì. Ho sempre amato il nuoto, anche se non sono mai stato molto bravo. Però mi sarebbe sempre piaciuto far parte di una buona squadra, con ottimi nuotatori in varie discipline, magari anche tutte. Una squadra competitiva, con cui pianificare l’anno, le gare, gli allenamenti. I miei amici mi prendono sempre un po’ in giro, per questo…E poi mi sono iscritto proprio al Senkawa, che non ha mai avuto una gran squadra. Anzi, quasi non ce l’aveva. Però quest’anno è diverso: abbiamo ben due iscritti agli Interscolastici, e uno è addirittura il favorito!! I miei amici dovranno ricredersi! e anche gli altri club che ci guardano sempre con sarcasmo!- Strinse i denti e si diede una manata sulla fronte. - Scusa, l’ho fatto di nuovo. Mi…mi lascio sempre trasportare da questi discorsi. Chissà cosa farei se quel favorito fossi io. Ah, ah. -

Okazaki probabilmente stava pensando che era un idiota!

- E’ meglio che io vada a cambiarmi…-

Sì, forse era davvero meglio.

Invece Okazaki lo stava guardando, e sorrideva. Un sorriso lieve, appena accennato, ma che gli ammorbidiva i lineamenti, già di per sé perfetti, e gli occhi chiari, profondi.

Era normale che tutte le ragazze, Yuriko-chan compresa, stravedessero per lui.

…E anche Seiji-kun…

- Avere un’aspirazione, un obiettivo, un sogno da realizzare, può portare a raggiungere risultati insperati. - mormorò Okazaki sicuro.

Yamazaki annuì.

- Sì…- sussurrò.

Concordava con lui; anche se forse l’altro faceva le cose un po’ facili. Per Okazaki, sembrava tanto semplice raggiungere certi risultati! Ma era vero che, se si fosse impegnato, se si fosse dato da fare, anche lui avrebbe potuto realizzare almeno qualcuno dei propri sogni.

Sorrise raggiante.

- Sì!- esclamò più convinto.

Si sentiva entusiasta, pieno di energia, e lo sguardo di Okazaki su di lui pareva rafforzare questa sensazione.

Si rese conto che era la prima volta che parlava veramente con lui. A parte qualche frase, o monosillabo, scambiati forzatamente durante gli allenamenti, l’altro non parlava mai con nessuno; se ne stava sempre per conto proprio, in disparte e silenzioso.

E ora, il fatto che invece stesse conversando con lui, di argomenti non certo superficiali, che esternasse le proprie opinioni, colpì Yamazaki all’improvviso, riempiendolo di una sensazione nuova, coinvolgente.

Gli piaceva.

Aveva sempre rimpianto che l’altro non legasse con nessuno e che partecipasse alle attività del club solo come atleta, e mai come compagno, come amico. Forse, anche per questo la scoperta del legame nato fra lui e Kurihara lo aveva riempito di soddisfazione, e gioia, piuttosto che scioccarlo.

Certo, non che le cose fossero cambiate di molto, ma almeno Yamazaki aveva avuto modo di discutere con lui, di farsi ascoltare, e di scoprire che l’altro non era così pieno di sé e scontroso e inavvicinabile. Non del tutto, almeno…

Forse, stare con Kurihara gli faceva bene anche in quel senso.

Accentuò il proprio sorriso, sfociando nel malizioso, e vide Okazaki, di fronte a sé, accigliarsi perplesso.

- Ah, ah! Ora devo proprio andare a cambiarmi. Si è fatto tardi e…- si schiarì la voce. - Io…mh…Sono contento per voi…Davvero. E…- Sorrise di nuovo; non riusciva a trattenersi, amava troppo le storie romantiche. - Scusa ancora per ieri. E non preoccuparti: non dirò niente a nessuno. E’ una cosa troppo bella per farla rovinare da qualcuno. E quando ti va di parlare…beh, io…io sono qui. - L’altro avvampò, abbassando lo sguardo, e lui si morse un labbro. - Ok, corro a vestirmi. -

Fece di corsa anche quello, e quando tornò nel primo stanzino, Okazaki non aveva ancora finito.

- Allora…ci vediamo oggi…No, domani mattina. Senti, magari…non lo so, una sera, se ti va, potremmo andare a mangiare qualcosa e…- Il compagno arrossì di nuovo, e di nuovo distolse lo sguardo, imbarazzato, e Yamazaki si diede mentalmente del cretino: stava esagerando, forzando un po’ troppo le cose. - Beh, se ti va, quando ti va…Ora vado. Grazie per la chiacchierata.-

Okazaki tornò con gli occhi su di lui e lui sorrise di rimando.

L’altro sembrava stupito.

- Ci vediamo. -

Si voltò di scatto e andò a sbattere contro qualcuno.

- Ehi, senpai! Fa’ attenzione. -

Kurihara stava entrando in quel momento e lo guardò con cipiglio divertito.

Yamazaki scosse un attimo il capo; l’altro non era indietreggiato di un millimetro, nonostante la botta.

- Scusa, Kurihara-kun. Devo scappare, mia madre mi aspetta. Ciao, ciao. -

Fece per uscire, ma sulla porta si voltò.

Okazaki lo stava ancora guardando, e lui gli sorrise raggiante, alzando due dita in segno di vittoria.

- Buona serata!- aggiunse.

Era sicuro che, se si fosse guardato allo specchio, avrebbe visto i propri occhi brillare!

 

 

Okazaki non lo disse a Kurihara.

Tenne per sé la conversazione con Yamazaki senpai, quello che l’altro aveva scoperto e quello che pensava.

Il suo atteggiamento lo aveva colpito e sconcertato; il compagno sembrava sincero, ma lui faticava a credergli ciecamente.

Nessuno reagiva così a simili rivelazioni! Nessuno diceva quelle cose! Nessuno era tanto solidale!

Era come se lui e Kurihara fossero stati un ragazzo e una ragazza!!

Per Yamazaki, sembrava una relazione normale, una cosa di tutti i giorni e per niente sconvolgente.

Sarebbe stato bello se tutti l’avessero pensata a quel modo, ma visto che Okazaki dubitava fortemente che potesse succedere, era più propenso a dubitare dello stesso Yamazaki.

In ogni caso, aveva preferito tacere con Seiji, per non innervosirlo, e affinché non s’irrigidisse ulteriormente di fronte ai compagni, comportandosi in maniera assurda e evidentemente poco spontanea.

Lasciò le cose come stavano, e intanto avrebbe studiato le reazioni di Yamazaki e dei suoi amici.

Nel frattempo, arrivarono i giorni degli Interscolastici, e come sempre tutto passò in secondo piano.

Okazaki vinse senza problemi entrambe le proprie gare; tolto di mezzo Kobayashi, non c’era più nessuno che potesse impensierirlo. Nei cento scese sotto i cinquantadue secondi, e le sue foto cominciarono a girare sui giornali. Il campione nazionale lo aspettava ai Nazionali assoluti, compiaciuto per la scoperta di questa nuova promessa, e convinto di doversi impegnare al massimo per non farsi sconfiggere da quel ragazzino.

Kurihara conquistò il terzo posto in una gara incerta fino alla fine; migliorò il proprio tempo, in rimonta come suo solito e nuotando bene, ma uscì dall’acqua infuriato, mentre allenatore e compagni esultavano contenti.

Yuki lo aveva raggiunto negli spogliatoi.

Il compagno si stava cambiando, asciugandosi e indossando la tuta con gesti che evidenziavano la sua ira e il suo malumore; ci mancava poco che strappasse la stoffa.

Si era accorto di lui, ma non lo aveva guardato.

- Vaffanculo, Yuki. - Un ruggito. - Lascia perdere le tue prediche: so già da solo che ho fatto schifo!-

Yuki aveva scosso piano la testa e fatto per ribattere, ma l’altro aveva continuato non lasciandogliene il tempo.

- Sono partito male e non ho avuto il tempo per recuperare. Dovevo muovermi prima, alzare prima le gambe, cambiare respirazione. Lo so già! Terzo, cazzo!- Aveva fatto un grugnito profondo, poi si era girato verso di lui e gli aveva puntato un dito contro. - E non venirmi a dire che dovevo allenarmi di più, se no è la volta che ti meno sul serio!-

Yukito aveva sbattuto le palpebre e accennato un lieve sorriso.

- Veramente ero venuto a complimentarmi con te per la bella gara…-

Era vero, ma Seiji si era accigliato ancora di più.

- Non voglio neanche la tua compassione!! O…o che mi prendi in giro!-

Yuki aveva fatto un lungo sospiro.

- Seiji…Ti rendi conto del tempo che hai fatto? E ti rendi conto che sei una matricola? Gli altri due hanno finito, tu hai ancora due anni. Funabiki ha vinto, ma è sicuramente considerato più interessante il tuo terzo posto. -

Seiji lo guardava imbronciato, ma meno teso, la rabbia che stava scivolando via.

- Sai che soddisfazione…- aveva borbottato. - Detta da te, poi, che andrai sicuramente ai Nazionali assoluti. Anche tu sei solo una matricola!-

Sbuffando piano, Yuki gli si era avvicinato.

- Intanto, non ho ancora gareggiato. E poi, io non sono stato fermo due anni, ricominciando quasi tutto da capo solo quest’anno. - Di fronte a lui, Seiji aveva spalancato gli occhi, come se avesse pensato a quell’aspetto della questione solo in quel momento. - Non è da tutti, sai? E non è facile. -

- Beh, sì…Non ci avevo pensato. Però…Uffa, se avessi vinto, sarebbe stato meglio!-

Yuki era scoppiato a ridere.

- Certo che sarebbe stato meglio! Vincere lo è sempre. - Poi gli aveva sorriso. - Hai l’anno prossimo, e quello dopo ancora. -

Seiji aveva annuito, ancora un po’ imbronciato, ma con gli occhi che erano tornati a brillare.

- E sbrigati a vestirti: ci sono le premiazioni. -

Seiji ci arrivò di corsa, trafelato, e la sera stessa aveva già ritrovato tutto il proprio entusiasmo e la propria esuberanza, contento e pronto a vantarsi coi propri amici, che erano venuti a sostenerlo anche quella volta.

Il secondo posto nella quattro per cento, poi, contribuì a incrementare il medagliere, e ad aumentare la considerazione con cui le altre squadre cominciavano a tenerli.

Il Senkawa non era più una delle tante scuole che portava solo qualche atleta alle gare: ce lo portava, e vinceva.

Ormai, anche la squadra di nuoto stava diventando rinomata.

Proprio come sognava Yamazaki…

 

E ai Nazionali assoluti, Okazaki giunse secondo, a pochi decimi dal campione del Giappone, migliorando ancora il proprio tempo, e dimostrando una volta di più di poter diventare uno dei migliori velocisti che la nazione avesse mai avuto.

51.03.

Non aveva ancora sedici anni.

E l’anno dopo ci sarebbero state le Olimpiadi.

 

 

Un nuovo anno…

Nuovi iscritti, nuovo entusiasmo.

La squadra di nuoto aveva incrementato notevolmente il numero degli atleti e cominciato la preparazione con rinnovato impegno, e speranze.

Su consiglio di Yamada, il preside aveva anche ingaggiato un nuovo allenatore, che affiancasse il professore e che seguisse in particolar modo quegli atleti che potevano puntare a traguardi notevoli, e che Yamada non si sentiva all’altezza di poter far migliorare ulteriormente; un consulente, non solo tecnico, ma anche psicologico, un ex- nuotatore che sapeva di cosa stesse parlando e che conosceva le tensioni e le inquietudini che si manifestano prima di una gara, quando ci si aspetta tanto da un atleta, e il risultato, il tempo, la qualificazione sembrano contare più di qualsiasi altra cosa.

Con grande sorpresa di tutti, e gioia mista ad esaltazione di Yamazaki, l’ancora detentore del record nazionale dei cinquanta e dei cento stile libero, Shiozaki Hisayoshi, aveva accettato di affiancare Yamada quattro pomeriggi la settimana, per dare consigli e seguire alcuni ragazzi in particolare.

Era evidente a tutti che fosse stato chiamato specialmente per Okazaki, ma tutti si diedero da fare per non fare brutta figura di fronte a lui.

E naturalmente Kurihara era fra i più impegnati.

Coi risultati che aveva ottenuto durante la stagione precedente, dopo Okazaki era quello su cui la squadra contava maggiormente.

E lui pareva deciso a non lasciarsi sfuggire alcuna occasione.

Tsukishima lo osservò entrare in acqua dalle vetrate e cominciare l’allenamento.

Ormai si vedevano pochissimo.

Il nuoto teneva impegnato Seiji fino a tardi, e le occasioni per andarsene in giro come una volta si erano ridotte.

Un po’ gli dispiaceva.

Era contento che l’amico avesse trovato qualcosa che lo prendesse tanto, che lo entusiasmasse a tal punto, ma era anche vero che gli mancavano le giornate passate insieme.

Più di ogni altra cosa, gli mancavano le loro chiacchierate, le notti trascorse a parlare di tutto, ad ascoltarsi a vicenda, a confidarsi.

Quando aveva un problema, Kurihara andava da lui; a volte, era anche piombato a casa sua alle ore più impensate, a riempirgli la testa con il suo solito fiume di parole, e a tenerlo sveglio a forza.

Hideo aveva sempre pensato che fosse uno strazio, ma adesso gli mancava anche quello.

Forse, specialmente quello.

Perché ogni tanto si vedevano ancora, e andavano in sala giochi, o a mangiare qualcosa, o a giocare a calcio.

Ma non parlavano più come una volta.

Hideo fece un lungo respiro.

Seiji era cambiato.

Tsukishima non sapeva ancora bene in che senso, ma c’era qualcosa di diverso, in lui. Qualcosa di vago, ma sempre più evidente, quasi tangibile. Qualcosa che non riusciva ad afferrare, ma che non poteva fare a meno di notare.

Non che questo lo preoccupasse, non sembrava esserci niente di negativo, anzi: Seiji pareva stare più che bene! anche se a volte era distratto o teso.

Però, lui era un po’ curioso, e poi, forse, gli dava fastidio che il proprio amico non gli dicesse niente.

Anche perché, alcuni giorni prima, Kumi-chan era venuta fuori con un’affermazione che lo aveva scioccato.

- Secondo me, è innamorato. -

Stavano camminando verso casa, dopo la scuola, e i ragazzi si stavano lamentando delle assenze di Kurihara alle partite di calcio che erano soliti giocare ogni tanto.

- Ultimamente, trova una scusa per tutto!-

- Il nuoto gli sta dando alla testa. -

- Ormai non lo si vede più…-

Qualche passo più avanti, accanto a lui, Hagiwara aveva esposto la propria opinione, accompagnandola con un lieve sorrisino, subito nascosto.

- Cosa??!-

Tsukishima si era voltato verso di lei con gli occhi spalancati.

Non sapeva neanche lui perché avesse avuto quella reazione.

- Beh, può essere, no? non c’è niente di male. -

La sua amica, al suo fianco, aveva fatto un risolino; gli altri non avevano sentito niente.

- Sì, ma…Te lo ha detto lui?-

No, non c’era niente di male. Ma…

Perché non glielo aveva detto?

Perché se l’era tenuto per sé??

Era sempre stato convinto che, se fosse successo, lui sarebbe stato il primo a saperlo!

Invece, era andato a confidarsi con…

- No, che non me l’ha detto! Figurati…E non so neanche se sia vero. E’ solo…Il suo comportamento, certi gesti, cose dette e non dette; non so. Potrebbe essere amore. - Si era stretta nelle spalle e gli aveva fatto una smorfietta. - Intuito femminile. -

Così, quell’ipotesi gli era entrata in testa, e diventava sempre più difficile da scacciare, tanto che Hideo aveva preso a scrutare ogni ragazza gravitasse intorno all’amico per capire chi fosse questa fantomatica prescelta che aveva colpito il suo cuore.

Seiji non aveva mai pensato seriamente alle ragazze; c’era stata qualche compagna che gli era piaciuta, ma sempre a livello superficiale, niente di importante. Per questo, forse, Tsukishima trovava difficile capire chi fosse quella vera, quella che era riuscita a farlo capitolare; e sempre per questo era probabile che non sopportasse l’idea che Seiji non gli avesse neanche accennato che si era innamorato per la prima volta.

Se non lo diceva al suo migliore amico, a chi avrebbe dovuto dirlo?!

E sì che ultimamente erano anche entrati in argomento, visto che lui gli aveva raccontato dei propri progressi con Mieko.

Accidenti a Seiji!

Non era da lui nascondergli qualcosa.

Sempre che l’ipotesi di Kumi-chan fosse esatta…

A osservarlo, in effetti, c’era da dubitarne.

Nessuna ragazza in particolare pareva interessarlo.

L’unica sua fissazione, in quel momento, sembrava quel maledetto tempo sui duecento stile libero che gli avrebbe permesso di diventare il numero uno della specialità.

Come Okazaki lo era nella propria…

 

 

Si levò a sedere e si stiracchiò.

Era ancora presto, ma non riusciva a dormire.

Si sentiva stranamente eccitato.

Sorrise.

Non era poi così strano…

Forse, solo stupido, esagerato.

Si alzò e andò in bagno.

Seiji lo aspettava per le nove a Yurakucho e da lì sarebbero partiti per Atami e Ito.

Una giornata tutta loro, al mare, da soli.

Lo aveva proposto tre settimane prima Kurihara.

- Senti…Che ne diresti di andare al mare? Lo so che è inverno e che fa freddo, ma quest’estate non ci siamo andati e…-

Lui aveva accettato subito, trattenendo a stento il proprio entusiasmo.

Uscire con lui, fare una gita insieme, andare in giro senza il timore che qualcuno potesse vederli…

Dopo mesi che stavano insieme, non lo avevano ancora fatto.

Seiji era sempre impacciato e nervoso, quando era con lui e aveva paura che i suoi amici potessero scorgerlo.

Era ancora l’unica ombra che, a volte, offuscava il loro rapporto.

Per il resto, tutto era stato perfetto.

E quella domenica pareva confermarlo.

Seiji gli aveva proposto l’itinerario, programmando le cose con la solita esuberanza; non era un vero e proprio programma, piuttosto un accumularsi di possibilità e posti da visitare che era andato aumentando con il passare dei giorni.

In fondo, non importava dove fossero andati; l’importante era che ci sarebbero andati insieme.

E poi, avevano bisogno di staccare.

Lui stesso ammetteva che gli allenamenti stavano diventando sempre più pesanti, e ancor più le aspettative che tutti sembravano avere, soprattutto nei suoi confronti. Tutta la scuola sperava in lui, tutti i professori, gli allenatori, i compagni…

E lo stesso, per certi versi, stava succedendo anche a Seiji, che non ci era abituato e che s’innervosiva sempre di più.

Shiozaki era stato un grande nuotatore, e lui lo stimava moltissimo, ma aveva ragione Seiji quando diceva che non potevano pensare al nuoto ogni secondo della loro vita.

Si lavò e si pettinò, ancora col sorriso sulle labbra.

Quella domenica non aveva nessuna intenzione di pensarci.

Tornò in camera e si soffermò davanti all’armadio aperto.

Fuori stava appena rischiarando.

Cosa poteva mettersi?

Qualcosa di pesante, in spiaggia ci sarebbe stato vento.

Il maglione blu poteva andare, ma con che pantaloni?

Sbuffò, accigliandosi.

Non aveva niente di decente.

Non aveva mai fatto molto caso a quello che indossava, non gli era mai importato; per la verità, non aveva nemmeno un guardaroba molto fornito. Si era sempre ripromesso di spendere il meno possibile dei soldi del padre, per principio, e non andava certo a sprecarli per dei vestiti. Aveva lo stretto indispensabile, e finora gli era sempre bastato.

Ma adesso?

Doveva uscire con Seiji, e non aveva niente da mettersi!

Che stupido! avrebbe dovuto pensarci prima. Aveva avuto tre settimane…

Tirò fuori camicie e maglioni, pantaloni e magliette; poi scoppiò a ridere.

Era proprio assurdo! Sembrava una ragazzina al suo primo appuntamento!

Probabilmente, poi, Seiji non avrebbe fatto neanche caso a quello che lui aveva addosso.

Scosse la testa, dandosi ancora dello scemo; ma comunque indossò la roba più decente che possedeva.

Poi scese in cucina a preparare i bentoo da portare via. Se non avesse fatto troppo freddo, avrebbero potuto mangiare in spiaggia, una specie di pic-nic in riva al mare.

Sarebbe stato divertente.

Essendo autunno inoltrato, poi, c’era da sperare che non ci fosse neanche tanta gente.

Stava riponendo i bentoo in una sacca, quando suonò il telefono.

Rispose con una voce che alle sue stesse orecchie suonò squillante, cristallina.

- Pronto. -

- Ciao Yuki…- Era Seiji, e la sua, di voce, bassa, incerta, creò un contrasto tanto evidente con quella di lui da farlo sbiancare.

- Che c’è?- chiese subito, ma dentro di sé conosceva già quali sarebbero state le conseguenza della chiamata.

- Senti…per oggi…Non…non posso venire. -

Yuki chiuse gli occhi e annuì.

- Io…Mi dispiace, ma…Devo andare via con i miei e…Mia nonna. Mia nonna sta male e vogliono che vada con loro da lei. Scusami…E’ stato…-

- Ho capito. - Lo mormorò, quasi a stento. - E’ lo stesso. -

Non era vero, non era affatto lo stesso, ma s’impedì di dirglielo, di urlarglielo.

- Possiamo fare la prossima settimana, eh?-

Yuki fece un mezzo sorriso.

- Mh…-

- Yuki…Va bene?-

- Va bene…-

Sempre se non fosse saltato fuori qualcos’altro…

- Mi dispiace, Yuki…-

La sua voce era così bassa, quasi triste…

- Ok…Non ti preoccupare…-

Lo sentì sospirare, sbuffare.

Poi, ci furono dei rumori, altre voci, e Yuki si irrigidì.

- Ehi, Kurihara, sbrigati!-

Strinse la cornetta, e i denti.

- Piantatela. - Soffocato, lontano, ma reale. - Ehm, Yuki devo andare…Ci…ci vediamo domani…-

-…la tua fidanzatina, eh?…- Urla, risate.

- Yuki…-

- Ok. -

Abbassò la cornetta di scatto.

Non voleva più sentire.

Quasi non voleva crederci.

Rimase immobile, rigido, mentre il sangue pareva essergli defluito dalle vene, lasciandolo vuoto, freddo, addirittura spossato.

Lo riscosse un brivido, e si sentì dolorante, quasi gli si fosse rotto qualcosa dentro.

Uno specchio andato in frantumi…

Deglutì e abbassò lo sguardo sulla sacca che ancora teneva in mano.

Il pranzo. Pronto per due. Per un pic- nic sulla spiaggia.

Uno stupido pic- nic che aveva sognato da solo, come un idiota.

Il solito idiota…

Con un ruggito, prese i due contenitori e li lanciò attraverso la cucina, andando a colpire i mobili e gli elettrodomestici, mentre riso, verdure, alghe, si sparpagliavano sul pavimento.

Diede anche un pugno a qualcosa, sentì rompersi un vetro, un liquido caldo gli scivolò fra le dita.

Non gli importava.

Non guardò neppure.

C’era solo quel dolore sordo, che gli soffocava il cuore, e quasi gli rendeva difficile respirare.

- Stronzo! Stronzo! Stronzo!-

Lo urlava andando in giro per la casa, mettendola a soqquadro, senza essere sicuro se si stesse riferendo a Seiji o a se stesso.

Sapeva solo che era successo di nuovo, che era di nuovo solo, che aveva avuto ragione.

E che faceva un male dannato, come se ogni volta fosse peggio.

Sentì bruciare gli occhi e deglutì a vuoto.

"Non piangere, Yuki. Non serve a niente. A niente. E’ solo una perdita di tempo, una debolezza inutile. Che t’importa? non hai bisogno di queste cose. Non hai bisogno di nessuno."

Salì le scale di corsa, si tolse i vestiti- quanto ci aveva messo, a sceglierli?-, si cambiò.

Poi afferrò il borsone e scese di nuovo.

Doveva uscire.

Doveva fare qualcosa.

L’unica che poteva dargli un po’ di ristoro, qualche soddisfazione.

Prese la bici e si diresse alla piscina del quartiere.

Lo conoscevano, ormai.

Fece tutto di corsa, con un’impazienza che quasi lo faceva tremare.

Inspirò e si riempì le narici dell’odore confortante del cloro.

Poi si tuffò.

Acqua.

Fresca. Limpida.

La sua valvola di sfogo.

Il suo mondo.

 

 

Lo aspettò per quasi un’ora.

Era tornato prima per andare da lui, ma quando aveva suonato il campanello, non gli aveva risposto nessuno.

Forse non voleva vederlo; però era anche vero che le luci della casa erano spente.

Aveva deciso di aspettarlo a tutti i costi.

Non poteva lasciare le cose così.

Era stato irrequieto per tutta la giornata, incapace di prestare attenzione a quello che dicevano gli altri e di divertirsi spensierato come ci si sarebbe aspettato da lui.

Aveva pensato a Yuki, a come poteva stare, a quello che lui gli aveva fatto.

Dio, che imbecille!

Si passò le mani sulla faccia, poi fra i capelli.

Infine sentì il rumore della ghiaietta smossa.

Si voltò di scatto.

Le ruote della bici.

Yuki era tornato. Seiji notò che aveva il borsone.

Era stato a nuotare?

- Ciao, Yuki…-

L’altro gli passò accanto senza guardarlo, e Seiji strinse una mano a pugno.

- Ciao, Seiji. - Piatto, atono. - Avevi detto che ci saremmo visti domani. -

Armeggiò con le chiavi, poi aprì il cancello, e lui lo seguì.

- Volevo…Volevo parlarti. -

Yuki non disse niente, ma non gli impedì neanche di proseguire.

Non che questo stesse ad indicare qualcosa di buono, ma almeno aveva la possibilità di spiegare, di capire, magari di risolvere le cose.

Almeno qualcosa.

Entrò in casa e quasi sussultò.

Il disordine che regnava, così in contrasto con la perfezione che c’era di solito, lo colpì subito.

- Yuki…-

- Scusa il caos. -

Sempre freddo, indifferente.

Quasi fosse una cosa normale.

- Yuki…-

L’altro si fermò, si voltò, posò su di lui il suo sguardo gelido, e Seiji deglutì; sarebbe stato più difficile di quanto potesse immaginare.

- Questa stanza è più ordinata. - disse.

Come se gli importasse veramente.

Seiji prese fiato, poi lo lasciò andare.

- Yuki…Mi dispiace, per oggi. -

L’altro annuì.

- Lo so. Me lo hai già detto. -

Merda!

Si schiarì la voce.

- Sì, è vero, ma…Mi dispiace sul serio. Non…-

Accidenti! perché era così difficile?

- Io non…-

- Non c’è bisogno che tu lo ripeta. Ti ho sentito. Se non c’è altro, io avrei da fare. -

Non solo freddo. Tagliente, sferzante.

Come un punteruolo di ghiaccio che gli si infilava nel petto.

Fece un passo verso di lui, alzando le mani davanti a sé, quasi ad implorarlo, quasi a cercare di attirarlo nuovamente vicino.

- Lo so che mi sono comportato male, che…che mi sono di nuovo tirato indietro all’ultimo momento…-

- Lascia perdere. -

No! non poteva.

- Perché non vuoi ascoltarmi?! Perché non possiamo parlare un attimo in modo normale?-

Yuki fece spallucce, incurante, e Seiji fece un altro passo verso di lui

- Avevi detto che avevi capito!-

Lo urlò, ma bloccò subito dopo qualsiasi cosa avesse intenzione di dire.

Gli occhi di Yuki erano su di lui, e parevano volerlo trafiggere, scintillanti di rabbia, ferocia, dolore, ogni maschera li nascondesse prima ormai lasciata cadere.

- E tu avevi detto che saresti andato via con i tuoi genitori!- Un sibilo, secco.

Un’accusa.

La verità…

Seiji aprì la bocca e la richiuse.

Poi chiuse anche gli occhi e sospirò, crollando le spalle.

- Non erano le voci dei tuoi, quelle che ho sentito. Sembravano più quelle dei tuoi amici. O sbaglio?- Seiji lo guardò solamente, non riusciva a dire nulla. Yuki sogghignò. - Non sbaglio…Sono venuti anche loro da tua nonna?- Ridacchiò, scuotendo la testa. - Almeno ti sarai divertito…-

- Yuki…-

- Yuki un cazzo!!- Gridò, poi strinse le labbra per zittirsi. Era furioso. Seiji non lo aveva mai visto così. Ora stava facendo un lungo respiro, distogliendo lo sguardo, cercando di calmarsi. - Sei andato via con loro?- chiese alla fine, a voce molto bassa.

Sembrava tranquillo, ma Seiji sapeva che non lo era.

Stava solo cercando di sapere, di conoscere la verità.

- Sì…-

Una verità che sapeva già che gli avrebbe fatto male.

- Mi…mi hanno invitato e…hanno insistito…-

Ultimamente erano diventati molto sospettosi, soprattutto Tsukishima; lo osservava, faceva domande, lo cercava spesso per andare a divertirsi, o a parlare, si lamentava, anche se scherzosamente, del fatto che era sempre troppo impegnato con gli allenamenti…Seiji lo conosceva, e aveva intuito che l’amico lo stava studiando. E questo lo aveva inquietato.

- Non sono riuscito a…-

…a trovare una scusa, a essere convincente, a fregarsene di quello che gli altri avrebbero potuto sospettare…

- Non ho potuto…-

Sbuffò, scuotendo la testa.

- Non hai potuto certo dirgli che avevi già un appuntamento. - finì Yuki per lui, un lieve sorrisino che gli aleggiava sulle labbra. - Un appuntamento con quel tuo compagno di nuoto che tanto detesti, quel musone rompiscatole. Chissà cos’avrebbero pensato!-

- No!-

…sì…

Agitò le braccia, si mosse ancora verso di lui.

Il sorrisino era sparito; era tornata la collera, era tornato il dolore.

- Non mi mentire ancora!- e Seiji sussultò. - Non anche adesso. - Seiji deglutì a vuoto. Lo spazio fra di loro sembrava aumentare. - So perfettamente che non ti va di farti vedere insieme a me, che non vuoi uscire con me per timore che qualcuno che conosci possa scorgerti, e chiedersi cosa ci facevi con una persona che non sopporti e che di solito se ne sta per conto proprio. Lo so. Non sono così stupido. Quindi, non c’è bisogno che cerchi le parole giuste per dirmi certe cose. Dimmi solo la verità. ‘Tanto, credo di conoscerla già da solo…-

La verità…

"Non mi mentire mai…Qualsiasi cosa succeda, non mi mentire…"

L’unica cosa che gli aveva chiesto…

E lui l’aveva già rinnegata.

Lo guardò dritto negli occhi.

Non sarebbe scappato, stavolta.

Aveva sbagliato, lo aveva ferito, e ora ne avrebbe pagato le conseguenze.

Prese fiato, quasi dovesse immergersi sott’acqua.

- Mi hanno invitato ad andare con loro. C’era una festa in un quartiere, giostre, giochi, un mercatino…Cose così. Ho detto che non potevo, ma loro hanno insistito, e hanno cominciato a fare domande, a chiedermi che cosa avessi di tanto importante da fare, e con chi, e…Ultimamente, ho passato poco tempo, con loro, e… Stanno diventando curiosi, e io so che, anche solo per divertirsi, sarebbero capaci si seguirmi, per…per scoprire cosa sto facendo, cosa mi…mi tiene tanto occupato, e lontano da loro e da quelle cose che mi divertiva fare prima. - Yuki annuiva lentamente, ogni tanto, come se le parole di lui andassero a confermare le sue ipotesi. Come se sapesse già tutto. - E’ stupido, lo so. E’…è da paranoici, da imbecilli. - Stava cominciando a muoversi, ad agitarsi. Voleva fargli capire, spiegarsi. Farsi perdonare. - Ma…ma a volte non riesco ad impedirmi di…Non riesco a fregarmene. Mi sembra che tutti mi debbano guardare come se stessi facendo qualcosa di sbagliato, qualcosa che non capiscono. E che non possano comprendere il mio comportamento. A volte, è così frustrante nascondere certi pensieri, certi stati d’animo! Mi esaspera!- Agitò le braccia, si scompigliò furiosamente i capelli, sbuffò. - Però…Però, quando ci sono gli altri…non lo so, mi blocco, e non penso ad altro che a fare in modo che nessuno si accorga di niente.-

Yuki annuì ancora.

Il suo sguardo, ora, era più triste, quasi comprensivo.

- Io…Io non so perché agisco così. Non…-

- Hai paura che si allontanino da te, che ridano di te, che ti disprezzino.-

Sembrava lo stesse dicendo più a se stesso; una cosa già vista, già vissuta. Normale.

Seiji spalancò gli occhi.

- No!-

Poi sospirò, crollando le spalle.

"…non mi mentire…"

- Forse…- bisbigliò.

Rimasero in silenzio, istanti che a Seiji parvero infiniti. I secondi prima di una condanna.

Avrebbe voluto chiedergli ancora scusa, gridargli tutto il suo dispiacere, ma sapeva che non sarebbe servito.

Yuki aveva già capito.

A volte sembrava conoscere i suoi stati d’animo meglio di quanto li conoscesse lui stesso.

Lo vide muoversi per la stanza, toccare un soprammobile con noncuranza, mettere a posto un libro che era già al proprio posto, e s’irrigidì.

- Quando?- gli sentì chiedere, a voce bassa.

- Cosa?-

- Quando ti hanno chiesto di uscire con loro?-

Seiji sospirò.

- Venerdì sera…-

Yuki fece un mezzo sorriso, sollevando un sopracciglio.

- Venerdì…Il nostro viaggio era programmato da tre settimane…- Lo sussurrò, quasi stesse parlando a se stesso. Poi si strinse nelle spalle, e alzò di poco la voce. - Potevi anche dirmelo prima, allora. Così stamattina dormivo di più. -

Lo disse con un tono che voleva essere scherzoso, ma che suonò piuttosto tagliente.

- Ho rimandato fino all’ultimo momento. Ero convinto di rifiutare. Ma poi sono venuti a casa mia a prendermi e mi hanno…- S’interruppe. Si stava giustificando, stava cercando di scaricare tutte le colpe sugli altri, e non era giusto. Lui era stato libero di scegliere, era sempre libero di scegliere, e aveva deciso coscientemente di barattare il proprio affetto per Yuki con la sicurezza e la "normalità".

Di fronte a lui, Yuki annuì nuovamente, poi alzò lo sguardo su di lui.

- Se è così difficile, per te, forse sarebbe meglio staccare un po’. -

Calmo, ragionevole.

- In che senso…?-

- Nel senso che forse preferiresti pensare con tranquillità a…a tutto questo. A noi. Allontanarti un po’, riflettere, magari tornare alle vecchie abitudini. - Sorrise. - Non so…-

Seiji spalancò gli occhi.

- Non…non voglio allontanarmi! Non…- Lasciò andare il respiro. - E’ solo che…I ragazzi mi stanno sempre più addosso, fanno sempre più domande, e Tsukishima mi conosce bene, nota qualsiasi cosa, accidenti a lui! E io…A volte non so che fare. -

Era stupido, infantile, ma in quell’ultimo periodo si sentiva davvero quasi braccato.

- Se sei tanto nervoso, vuol dire che qualcosa non va. Che non sai ancora cosa è più importante. -

Forse, era vero…

- Non lo so…- mormorò invece.

- Non voglio che tu ti senta costretto, non voglio che sia tanto difficile. Preferisco che tu lo senta veramente, che sia appagante, tranquillo, bello, piuttosto che…che questo, che vederti tanto teso. E insicuro.-

Come riusciva a parlare con tanta calma?

- Non sono costretto…-

Ma era vero che era nervoso, irrequieto.

- E non voglio nemmeno vivere in attesa, - continuò Yuki. Aveva distolto lo sguardo, e pareva non sapere dove posarlo di preciso. - sperando che nessuno si metta in mezzo ogni volta che decidiamo di fare qualcosa insieme. Non voglio essere sempre messo da parte. - Seiji prese fiato per ribattere, ma Yuki fece un cenno secco di diniego, e lui non fiatò. - Non posso rimanere per sempre in balìa di quello che faranno o che possono fare i tuoi amici. Posso accettare alcuni compromessi, ma non tutto. - Si passò una mano fra i capelli, sospirò. - Forse…Forse devi ancora capire bene cos’è veramente importante per te. Non dico che tu debba scegliere fra me e gli altri, o fra me e qualsiasi cosa, ma magari che guardassi dentro di te, e scoprissi quello che desideri davvero. - Alzò nuovamente gli occhi su di lui. - Senza più paure, indecisioni. Senza più menzogne. -

Seiji rimase immobile.

Senza sapere cosa dire.

L’altro era serio, lo sguardo fermo fisso nel suo.

Voleva davvero che si separassero?

- Prenditi del tempo, tutto quello che ti serve. Una pausa. Forse, da solo ti è più semplice. Non lo so…-

Separarsi…

- Non…non mi serve del tempo. E’ solo…- Solo cosa? Cosa voleva veramente?- Sono stato un cretino, e…e… mi dispiace…Non volevo che…-

Il compagno fece un sorrisino, così lieve che si notava appena.

- Dici sempre che ti dispiace, ma la volta successiva ti comporti alla stessa maniera. -

Seiji sussultò, colpito come da uno schiaffo.

Pensò a tutte le volte che gli aveva chiesto scusa, fatto promesse…e a quelle in cui era tornato a ferirlo…di nuovo…nonostante tutto.

Crollò le spalle con un lungo respiro.

- Forse hai ragione. - mormorò. - Forse mi serve un periodo di…di pausa…Per riflettere. -

Non lo aveva mai fatto.

E forse era arrivato il momento.

Il momento di interrogarsi su quello che sentiva, e su quello che voleva.

Arrivato a quel punto, non poteva più andare avanti giorno per giorno…Sembrava non riuscire più a far conciliare le cose.

Di fronte a lui, Yuki annuì.

- Hn.-

Era rigido, e pallido.

Seiji ebbe voglia di abbracciarlo, di stringerlo a sé.

Il pensiero di non poterlo fare gli diede stranamente le vertigini.

- Allora…ci vediamo domani…Agli allenamenti.-

La voce di Yuki suonò perlopiù atona, ma Seiji vi colse una vibrazione, un accenno di incertezza che lo colpì; e si chiese cosa potesse provare l’altro, come stesse, quanto tutto quello lo facesse soffrire, o se invece non avesse visto l’ora che accadesse.

- Yuki…- Fece un nuovo passo verso il compagno, ma l’altro si mosse e gli passò accanto per uscire dalla stanza.

- Ci vediamo domani. - ripeté, e il suo tono era tornato freddo, impersonale.

Seiji sospirò a occhi chiusi, poi lo seguì.

Passando davanti alla cucina, notò il caos che vi regnava.

Vide il cibo sparso per terra, sui mobili, vide i contenitori aperti, rotti, gettati malamente per la stanza.

Due bentoo.

Due…

Sentì il cuore stringersi in una morsa.

- Le tue scarpe. -

Più avanti, già nell’atrio, Yuki lo stava aspettando.

E lo invitava ad andarsene…

Quasi sforzandosi, Seiji lo raggiunse, s’infilò le scarpe, uscì.

Poi si voltò.

Yuki era appoggiato allo stipite e lo guardava senza manifestare alcuna emozione.

Seiji aprì la bocca, prese fiato, la richiuse.

- Qualsiasi cosa tu possa pensare, - disse alla fine. - non volevo farti del male. Non ho mai voluto fartene. Anche se non ci sono riuscito…-

L’altro continuava a guardarlo.

Si era ritirato in una zona di penombra e Seiji non riusciva a distinguere la sua espressione.

- Ok. - replicò poi.

Imperscrutabile. Noncurante.

Un breve cenno del capo, poi la porta si chiuse.

Lui era rimasto fuori.

Fuori dal mondo di Yukito.

Fuori dalla sua vita.

Mentre raggiungeva il cancello, si chiese se sarebbe riuscito a rientrarci ancora…

 

 

Notte infinita.

Buia. Fredda.

Senza sonno.

Era a pezzi, ma non riusciva a dormire.

Fissava il soffitto sopra di sé, le lame di luce come disegni arcani che lo ipnotizzavano.

Aveva passato la serata a mettere a posto la casa, per non far trovare tutto quel disordine a Nishimaru- san, e per tenere occupata la mente.

Ma era durato poco.

E ora, a letto, nel silenzio della propria stanza, tutto ritornava, doloroso, lacerante.

L’ammissione di Seiji, le sue scuse, il disagio e l’incertezza, la paura…

…e i suoi occhi, il suo viso, il suo corpo…

Quando alla fine si era dichiarato d’accordo sul fatto che aveva bisogno di tempo per riflettere, Yuki si era quasi sentito mancare, mentre un dolore lancinante gli afferrava il petto, come se una lama lo avesse attraversato, lasciandolo sanguinante, morente.

Seiji era sembrato dispiaciuto, ma se n’era andato.

Lui ce lo aveva spinto…

Voleva mettere in chiaro le cose, capire quali fossero i veri sentimenti di Kurihara, metterlo alla prova.

Quei mesi con lui erano stati…quasi perfetti.

Non era mai stato tanto bene con una persona, non aveva mai condiviso tanto, né riso, parlato, gioito. Mesi in cui aveva capito tante cose anche di se stesso, i propri bisogni, i desideri, le sicurezze e le paure.

Una sera, Yamazaki senpai gli aveva detto che sembrava aver imparato anche a sorridere…

E lui era arrossito, imbarazzato e grato allo stesso tempo, orgoglioso del fatto che tutto fosse dovuto a Seiji.

Ma nonostante tutto, nessuno dei due aveva mai esternato apertamente quello che sentiva veramente. Era come scontato, implicito nei gesti, negli sguardi, ma mai detto.

E poi, nell’ultimo periodo, Seiji aveva cominciato ad essere sempre più nervoso, teso, scostante.

Yuki aveva pensato fosse dovuto al nuoto, alle pressioni che subiva a causa delle aspettative degli allenatori; invece la causa erano i suoi amici, e la difficoltà a sostenere il loro rapporto.

Il loro rapporto…

Non più semplice, non più completamente perfetto, non più così rassicurante.

Un legame che pareva andarsi rafforzando, ma che non aveva ancora una connotazione certa.

Quando Seiji, ancora una volta, aveva scelto i propri amici, per non dover dare spiegazioni, per non compromettersi, Yuki si era sentito come tradito, e aveva avuto il bisogno di appurare come stessero le cose.

Voleva sapere, capire. Non avrebbe sopportato altre bugie.

Non fra di loro.

Nell’attimo stesso in cui aveva esposto le proprie idee al compagno, avrebbe voluto mordersi la lingua, maledirsi per il suggerimento che stava dando, ma non era riuscito a zittirsi.

Preferiva la verità, per quanto dolorosa potesse essere.

E lo era stata…

Fece un sorrisino, al soffitto, al buio.

Forse, dentro di sé, aveva sperato che Seiji s’indignasse, che si mettesse ad urlare che non aveva nessuna intenzione di stargli lontano, che non aveva bisogno di riflettere, perché quello che provava per lui era già sicuro, forte, inequivocabile.

Speranza vana, che si era infranta come le onde contro una scogliera.

Come sempre.

Seiji non era affatto sicuro, i suoi sentimenti non abbastanza forti.

Se n’era andato, aveva chiesto tempo.

E Yuki era convinto che quel tempo sarebbe durato per sempre, che l’altro non sarebbe tornato.

Come tutti…

Normale.

Prevedibile.

Non se lo era forse aspettato?

Quindi, niente di preoccupante, niente di sconvolgente.

Fece un lungo respiro.

Doveva dormire, riposarsi.

Doveva pensare ad allenarsi, a migliorare, a diventare il più forte.

Non aveva certo tempo da perdere con quelle cretinate.

Non ne aveva bisogno…

Adesso avrebbe potuto dedicarsi completamente al nuoto, senza tante interferenze.

Annuì convinto, quasi a sottolineare a se stesso le proprie decisioni.

Una lacrima gli scivolò lungo la tempia, seguita da altre, improvvise, inesorabili.

Inondarono gli occhi, il collo, il cuscino.

Non riusciva a fermarle.

Forse, non voleva fermarle…

Si girò su un fianco, raggomitolandosi nel letto vuoto, freddo, abbracciando il cuscino e affondandoci il viso, e continuò a piangere come non aveva più fatto da anni.

 

 

Seiji tornò a frequentare gli amici e le cose da quel lato sembrarono tranquillizzarsi.

Aveva deciso di mettere a frutto quella pausa fra lui e Yukito per capire meglio quello che gli stava accadendo, quello che sentiva, e provò ad impegnarsi in quel senso.

Ma dopo solo qualche giorno, si ritrovò più confuso di prima.

Non era abituato a riflettere, e trovarsi costretto a farlo lo sconvolgeva sempre troppo.

Non sapeva come muoversi, cosa fare, come risolvere la situazione.

Aveva perlopiù messo a tacere la curiosità e le frecciatine degli amici, ma Tsukishima continuava ad accorgersi di ogni suo cambiamento di umore e di comportamento.

E Yuki…

Yuki era tornato ad essere freddo, scontroso, chiuso in se stesso come all’inizio, e Seiji si era accorto che gli faceva male.

Non riusciva più a sopportare quello sguardo indifferente, la sua lontananza, il muro che di nuovo il compagno aveva innalzato intorno a sé.

Si era nuovamente immerso negli allenamenti, e pareva non interessarsi ad altro, impegnato con più vigore del solito a migliorare e a raggiungere quei risultati che sognava da anni, e che i due allenatori non facevano altro che prospettargli.

Il fatto era che Seiji supponeva che lo stesse facendo anche per non pensare ad altro, per togliersi dalla testa ogni distrazione, ogni debolezza; il suo modo per sfogarsi, per non soffrire, per indurirsi.

Non parlava più con nessuno, nemmeno con Yamazaki, che da quando era cominciato il nuovo anno era sembrato avvicinarglisi molto (facendo anche ingelosire Kurihara…). L’unico con cui passava un po’ di tempo era Shiozaki, che lo stava aiutando nella preparazione delle prossime gare.

Non sorrideva neanche più…

Era sempre così cupo che molti erano restii ad avvicinarglisi.

Seiji aveva provato a costringersi a non pensarci, ma ogni volta che entrava in piscina, lo stomaco gli si contraeva, e il pensiero di lui gli riempiva la mente, e ogni fibra, quasi tutto il proprio corpo fosse pieno di lui.

Lo cercava con lo sguardo, si fermava ad osservarlo, si perdeva a fissarlo e a studiare ogni suo cambiamento di espressione, di umore, ogni gesto, anche piccolo.

E ogni volta sentiva che gli mancavano i suoi sorrisi, e la sua voce.

…e i suoi baci, le carezze, le parole dolci, gli scherzi…

C’erano momenti in cui non desiderava altro che stare con lui, tornare a parlargli come prima, con quella complicità che era nata fra loro e che lo aveva fatto sentire tanto importante, e sicuro; andarlo a trovare, passare la notte con lui.

Ma sapeva che non avrebbe potuto farlo, almeno finché non avesse risolto le cose, e messo ordine nel proprio cuore.

Yuki lo teneva a distanza, e lui si rendeva conto che chiedergli scusa non sarebbe più bastato, che non poteva fargli promesse e poi ferirlo ogni volta.

Yuki non lo avrebbe più accettato.

Non accettava neppure la sua amicizia.

Non lo voleva fra i piedi.

Probabilmente, non voleva neppure vederlo.

Due giorni dopo la loro separazione, Sekigawa e Koi avevano raggiunto il gruppetto per pranzare con gli occhi che brillavano per lo stupore e il divertimento.

- Ehi, avete sentito che Okazaki è finito in presidenza?-

Seiji si era voltato a guardarli con uno scatto, il boccone che quasi gli andava per traverso e un brivido che gli scivolava lungo la schiena.

- Cosa?!-

- Sì, stamattina. -

- Ce lo ha spedito Mitsuyashi. -

Tutti si erano protesi verso i nuovi arrivati, curiosi di conoscere l’accaduto e pronti a commentarlo e a divertircisi, mentre Seiji si era irrigidito, la testa bassa a fissarsi le scarpe.

- Mitsu stava spiegando, con quel suo modo di fare pomposo e la voce stridula. -

- E’ un tale rompicoglioni!-

- Beh, Okazaki guardava fuori dalla finestra e non sembrava per niente interessato alla lezione. Mitsu se n’è accorto e gli ha fatto una domanda. Okazaki lo ha guardato un attimo, poi si è stretto nelle spalle ed è tornato a guardare dalla finestra. -

A Seiji era parso di vederlo.

- Non ha detto niente. -

- Davvero, sembrava che non gliene fregasse nulla!-

- Io ho pensato che fosse pazzo. Mitsuyashi è veramente un rompiballe, e Okazaki non va certo bene, nella sua materia. -

- Già. Ma il meglio deve ancora venire. Il prof gli fa: Okazaki, hai intenzione di seguire la mia lezione o preferisci andare in corridoio? Eravamo tutti in silenzio. Okazaki si è voltato a guardarlo, lo ha fissato con quell’ espressione che ti fa venire i brividi, poi si è alzato e si è diretto alla porta. -

- Credevo di morire!-

- Mitsu si è messo a strillare: Okazaki, cosa stai facendo?! E lui, tranquillo, freddo: preferisco andarmene in corridoio. Come se niente fosse. -

Commenti, ululati, risate.

E Seiji che immaginava la scena, lo sguardo freddo, tagliente, la totale noncuranza; e si chiedeva perché, perché proprio in quei giorni, all’improvviso, come non gliene fregasse niente delle conseguenze delle sue azioni. E sentiva una punta di rimorso, un senso di colpa che cominciava a roderlo.

- Accidenti, l’ha fatta grossa!-

- E sì che di solito è così tranquillo; non dice mai niente e non fa mai granché per farsi notare. Beh, anche se lo si nota lo stesso…-

- Adesso lo sarà non solo per i suoi meriti!-

- Certo che…Quando ha risposto così, avrei voluto applaudirlo! E’ stato grandioso. Vorrei avere anch’io il suo coraggio!-

- Sì. Solo che tu ti beccheresti i tuoi bei giorni di sospensione senza possibilità di appello, diretti, filati. Scommetto che Okazaki, invece, riuscirà a passarla liscia; ci sarà già tutto il club del nuoto a cercare di intercedere per lui! Anche il preside sarà restio a sospendere l’asso della scuola. Okajima e Kinimoto dicono che per lui si parla del record nazionale, e addirittura di Olimpiadi! Altro che il Koushien di Kunimi!!-

- E’ vero…Però, mi è piaciuto lo stesso.-

- Se non lo sospendono, Mitsu sarà furibondo!-

Altre risate, altri commenti.

Seiji si era alzato, li aveva lasciati, lo aveva cercato.

Lo aveva trovato alla torre, seduto sul davanzale a guardare di sotto.

- Sei impazzito?!- lo aveva apostrofato subito. Voleva liberarsi della tensione che aveva sentito crescergli dentro da quando aveva udito quella storia, voleva farlo ragionare, voleva sentire cosa aveva da dire.

Voleva credere di essergli ancora vicino, in sintonia con lui.

L’altro lo aveva freddato con uno sguardo insofferente, un sopracciglio alzato come a chiedergli di cosa stesse parlando.

- Cosa ti è saltato in testa? Hai intenzione di farti sospendere?-

Yuki aveva sorriso, un sorrisetto ironico quasi più freddo dei suoi occhi.

- Le voci sono già girate, a quanto pare. - Una smorfia. - Le voci girano sempre…- Poi, era tornato serio, lo sguardo gelido fisso nel suo. - Comunque, che t’importa? Non mi sembra che siano affari tuoi. -

Seiji aveva stretto i denti.

Gli era sembrato di essere tornato indietro, alle loro prime discussioni, ai loro primi incontri, pieni di astio e menefreghismo, un ribattere di frecciate pronunciate più per orgoglio che per vero disprezzo. Ma che in quel momento, dopo tutto quello che era poi successo fra loro, ferivano più di una pugnalata.

- Non puoi comportarti così…Non puoi buttare via tutto per……-

- Per…? E buttare via cosa?- Si era alzato, si era voltato. - Si può sapere che diavolo vuoi? Qualsiasi cosa sia successa, sono fatti miei. -

Il muro.

Sempre più alto. Sempre più profondo.

Un modo per tenerlo a distanza, per difendersi.

- Fatti gli affari tuoi e lasciami in pace. - Categorico, diretto. Poi, un nuovo ghigno. - E forse è meglio che torni dai tuoi amichetti, altrimenti si chiederanno che cosa stai facendo. E con chi.-

Seiji se n’era andato.

Non aveva notato il pallore del compagno, le sue mani strette a pugno, il tremore che gli aveva percosso il corpo.

Aveva udito solo le sue parole, il tono pungente con cui le aveva pronunciate, il significato che avevano.

Aveva capito che la colpa era solo sua.

Che superare quel muro sarebbe stato sempre più difficile.

E che per riuscirci, doveva volerlo con un’intensità e una forza che non era sicuro di possedere.

 

 

Yamazaki…

 

Giorni.

Settimane.

La vita gli sembrava andasse avanti quasi per inerzia.

E che le cose non riuscissero a smuoversi, a migliorare.

Andava a scuola, stava con gli amici, nuotava.

Nuotava, nuotava, nuotava…

Si era reso conto che era l’unica cosa che in qualche modo riusciva a distrarlo.

Non proprio del tutto, perché la piscina era anche l’unico posto in cui vedeva Yuki per tanto tempo; ma il pensiero di avere un obiettivo, di doversi preparare al meglio per poterlo raggiungere, lo impegnava a tal punto da permettergli di non pensare ad altro.

Poi tornava a casa, si buttava a letto, e cadeva in depressione.

Gli succedeva sempre più spesso; rimaneva ore disteso sul letto a fissare il soffitto, senza fare nient’altro.

Non aveva più toccato la play station né il dreamcast, non guardava quasi più nemmeno la televisione, e aveva sempre meno voglia di uscire.

Stava lì sdraiato.

E lasciava vagare la mente.

Che tornava sempre a Yuki…

Anche lui si stava dedicando esclusivamente al nuoto, la scuola era diventata quasi una cosa secondaria. Era ancora migliorato e ormai anche le gare scolastiche contavano poco. Era parecchi gradini sopra a tutti, ed era evidente che puntasse a qualcos’altro che non ad una vittoria ai nazionali di categoria. Shiozaki stava pensando di iscriverlo ad alcune gare del campionato universitario, affinché avesse maggiori stimoli, e magari arrivasse a migliorare ulteriormente il proprio tempo. Il traguardo "Olimpiadi" non era più solo un sogno di Yukito.

E Seiji era l’unico che paresse riuscire a stargli dietro in qualche modo.

Non era al suo livello, ma nei duecento era già considerato uno dei migliori delle scuole superiori, un talento con un ottimo futuro davanti, una promessa; e lui era intenzionato a farsi valere, a migliorare, a diventare il numero uno.

Non voleva restare indietro.

Voleva dimostrargli il proprio valore.

E stargli vicino fino alla fine, arrivare in cima insieme a lui.

Come gli aveva promesso.

Anche se magari l’altro non lo ricordava…

Questo pensiero da solo bastava a farlo gemere.

Il pensiero che a Yuki non importasse più niente di lui, che avesse cancellato ogni ricordo bello di quello che avevano vissuto insieme per tenere vive solo le delusioni, alimentando il proprio rancore e il desiderio di tenerlo lontano.

Lo coglieva un senso di malessere, misto a rabbia e frustrazione, che lo teneva sveglio per buona parte della notte.

Era la notte, il periodo più difficile.

La notte silenziosa e solitaria, senza nessuno che potesse osservarlo, giudicarlo, preoccuparsi, fargli domande.

Di giorno, circondato da amici, compagni, genitori, si concentrava sui propri doveri, sfoderando spesso un umore più allegro di quanto non sentisse veramente.

Di notte, tutto gli piombava addosso.

La notte era di Yuki…

…nera come i suoi capelli, morbida come i suoi gesti, colma di aspettative come le sue carezze…

E vuota, senza di lui…

Si girava e rigirava nel letto senza riuscire a trovare pace, e la mattina si alzava stanco e nervoso, domandandosi cosa gli stesse succedendo, e perché doveva stare tanto male per una scemenza simile.

Non riusciva a capire. Non riusciva a capirsi.

A capire i propri sentimenti, i desideri.

E perché avesse tanta paura al pensiero di venire respinto, nel caso avesse provato a riavvicinarsi a Yuki…

 

 

- Oggi, col compito di matematica, ci sarà da ridere. Ieri sera ho provato a fare qualche esercizio e non me n’è venuto neanche uno!-

Stavano camminando uno di fianco all’altro, mentre dalla stazione si dirigevano a scuola.

Erano anche un po’ in ritardo.

- Tu hai fatto qualcosa?-

Domanda retorica.

Tsukishima sapeva perfettamente che Kurihara non aveva neanche aperto il libro, ma voleva spronarlo a dire qualcosa, coinvolgerlo in qualche discorso.

L’amico aveva lo sguardo accigliato, e stanco, come non avesse dormito, e fosse perso nei propri pensieri.

Erano giorni che aveva quell’aspetto, giorni in cui, dopo aver ostentato il solito buonumore e l’allegria rumorosa che gli era abituale, appena rimaneva solo diventava taciturno e pensieroso.

Nessuno ci aveva fatto caso, solo Tsukishima, che lo conosceva bene e che si stava preoccupando per lui.

Anche perché, nell’ultimo periodo, Seiji cadeva nel suo umore cupo anche quando era solo con lui, tanto abituato alla sua presenza da non farci quasi più caso.

- Scommetto che non hai neanche provato ad iniziarne uno!- continuò scherzosamente.

Seiji parve riscuotersi.

- Esercizio? Figurati!- Sbuffò con noncuranza. - Peccato che Kumi-chan non è nella nostra classe. -

Hideo ridacchiò.

- Già. Peccato!-

- Mh. -

Kurihara era già distratto.

Tsukishima lo sentì sospirare piano e voltò leggermente il capo a guardarlo.

- Che c’è, Seiji?- Sapeva che probabilmente non sarebbe servito a niente, ma non poteva fare a meno di chiederglielo.

L’amico sollevò una spalla.

- Niente. -

- Sembri stanco…-

Non era solo quello, ma al momento provò in quella direzione.

- Sì, un po’ lo sono. Le gare sono vicine, e gli allenamenti diventano sempre più stressanti. Per non parlare degli allenatori!-

Il nuoto sembrava ormai contare più di ogni altra cosa, per Seiji.

E sembrava anche essere diventato, da parte sua, un’ottima fonte di scuse per tutto.

Hideo immaginava che non dovesse essere semplice dover convivere tutti i giorni con in testa il traguardo da raggiungere a tutti i costi, ma sapeva che Kurihara non era tipo da lasciarsi abbattere troppo da una cosa simile. Anzi, di solito era proprio il motivo che lo rendeva sempre più sicuro, galvanizzato e pronto a vantarsi delle proprie capacità; era in quei momenti che tirava fuori tutta la sua grinta, la sua testardaggine, la voglia di prevalere, l’entusiasmo.

C’era qualcos’altro, qualcosa che lo turbava da un po’.

- Stavolta dovresti essere il favorito, no?-

- Sì, ma voglio scendere sotto l’uno e cinquantadue. -

- Oh. E’ un tempo importante?-

Kurihara annuì lentamente, guardando dritto di fronte a sé.

- Sì…-

Si stava di nuovo perdendo.

- Ho sentito che vogliono far gareggiare Okazaki con gli universitari per fargli tentare il record nazionale. -

Lo disse così, senza quasi pensare, giusto per dire qualcosa e provare nuovamente a interessare l’amico, magari stuzzicandolo tirando fuori il suo rivale.

E la reazione ci fu.

L’altro arrossì d’improvviso, mentre un lieve sussulto parve farlo rabbrividire.

Hideo lo vide deglutire, stringere le labbra, poi voltarsi verso di lui.

Il suo sguardo era più acceso, vivo, quasi quanto il colore che gli tingeva le guance, non più perso nel vuoto o all’inseguimento di chissà quali pensieri.

E la luce che vi brillava non era d’insofferenza, disprezzo, superiorità; ma di considerazione, interesse, forse anche un briciolo di smarrimento.

Una luce che Tsukishima non aveva mai notato, e che lo colpì in maniera particolare.

- Sì. E’ per la prossima settimana. Lo iscrivono fuori gara ai Campionati universitari; sono solo le prime fasi, ma Shiozaki spera che possa trovare maggiori stimoli. -

Hideo annuì.

- Sì, beh…Sempre di più che contro dei liceali. - commentò, continuando ad osservare l’amico.

- Di sicuro…- ribatté Seiji. Poi spalancò gli occhi e tornò di scatto a guardare di fronte a sé, sbuffando e cominciando a borbottare. - Adesso c’è anche quello Shiozaki che lo pompa! Come se non si credesse già chissà chi per conto proprio!! Bah! vedremo cosa saprà fare. -

I soliti commenti, la solita strafottenza, quella che ci si aspettava sempre da lui.

Ma stavolta Tsukishima non poté fare a meno di sentirla falsa, forzata.

Rimase in silenzio, camminandogli accanto, ora anche lui stesso preso dalle proprie considerazioni.

Svoltarono l’angolo della scuola.

C’era ancora qualche studente che stava entrando dal grande cancello, alcuni di corsa, altri con tranquillità, quasi non gli importasse dell’orario.

Hideo fece una smorfia.

- Che palle! Non ho proprio voglia. -

- Sapessi io…-

Stava per proporre di andarsene da qualche parte, magari a casa sua che non c’era nessuno, quando notò più avanti un gruppetto di studenti che indicava qualcosa. Sembravano agitati.

Nello stesso momento, sentì un rumore, un ruggito cupo, e uno stridìo.

Poi vide il camion, un auto-articolato che sbucò sbandando nella via.

Andava troppo veloce e pareva senza controllo.

- Ehi! quello dev’essere ubriaco!-

Gli studenti indietreggiarono all’unisono, quasi d’istinto, pronti a ritirarsi all’interno del giardino della scuola. Poi una ragazza strillò.

Un ragazzo stava camminando verso di loro, fiancheggiando il muro dal lato opposto del cancello e spingendo una bicicletta. Sembrava non essersi accorto di nulla.

E il camion si stava andando a schiantare proprio contro quel muro.

Tsukishima fece un passo avanti.

- Ehi!- urlò. - Attento!!-

Non sentiva, teneva pure gli occhi bassi.

Se non si muoveva…

- Yuki…-

Un sussurro.

Atterrito. Sconvolto.

Si levò al suo fianco, e lui si voltò di scatto.

Fece in tempo solo a vedere il volto pallido dell’amico, gli occhi spalancati, poi l’altro gettò a terra la cartella e si mise a correre.

- YUKI!!-

Stavolta un grido, un urlo che parve squarciare l’aria.

E intanto correva verso l’altro, andandogli incontro.

- Kurihara!- Gridò anche Tsukishima.

Fece un passo avanti, si mise le mani fra i capelli.

- Dio…-

 

 

Correva verso di lui.

Correva, correva.

Senza pensare, senza sentire.

Vedeva solo Yuki, davanti a sé, e quel camion, che sbandava, scodava, e si avvicinava minaccioso al muro di recinzione.

A Yuki.

Gli parve di udire un grido, un urlo quasi lacerante.

Non si rese nemmeno conto che era uscito dalla propria bocca.

Non sapeva neanche lui cosa stesse facendo di preciso.

Sapeva solo che doveva raggiungerlo, toglierlo di lì.

…Una rientranza. Più avanti c’era una rientranza…

L’altro alzò finalmente lo sguardo, e lo vide.

Si accigliò sorpreso, si fermò, si tolse le cuffiette.

Poi si voltò di scatto verso la propria sinistra.

Seiji lo vide irrigidirsi, lasciar cadere la bicicletta, fare un passo indietro.

Sembrava volersi addossare il più possibile al muro che aveva ora alle spalle.

Il camion si stava avvicinando, ma Seiji ormai non lo vedeva più.

Aveva raggiunto il compagno, e nello slancio della corsa, lo afferrò per la vita e lo trascinò avanti con sé, fino al rientramento che ricordava.

Ci si gettò dentro, schiacciandosi il più possibile contro la parete di fondo, coprendo il corpo di Yuki con il proprio, la sua testa con la mano.

Rimase così per un po’, secondi, minuti, tenendo il compagno stretto a sé, immobile.

Nelle orecchie, lo stridore delle gomme, il ruggito del motore, il rumore che si faceva sempre più forte alle sue spalle.

Poi, silenzio.

Improvviso. Quasi tutto si fosse fermato; anche il tempo.

Seiji lasciò andare il respiro, e lentamente si staccò dal compagno.

- Yuki…?-

L’altro aveva lo sguardo fisso davanti a sé, gli occhi spalancati.

Seiji si accorse che stava tremando.

- Yuki…Stai bene?-

L’altro si riscosse; sbatté le palpebre e voltò il capo verso di lui.

Annuì, quasi incerto.

- Sì…- sussurrò.

Era pallidissimo.

- Sì, sto bene…-

Poi sembrò vederlo, come si fosse reso conto solo in quel momento di dove si trovasse, e di cosa fosse successo.

I suoi occhi misero a fuoco, si posarono su di lui, inquieti, di nuovo accesi.

- E…E tu. Tu stai bene?-

Seiji fece un sorrisino.

- Certo che sto bene. -

Gli faceva solo male una mano, e un po’ la caviglia, ma erano niente in confronto a quello che sarebbe potuto succedere, a quello che aveva evitato.

Ed era assurdo, ma l’unica cosa cui riusciva a pensare in quel momento era che si trovava di nuovo con Yuki, vicino a lui, e gli parlava. Stretto a lui in quel posto angusto, i corpi quasi aggrovigliati l’uno all’altro, gli parve di non essere mai stato meglio da settimane.

Prese fiato per dire qualcosa, ma il compagno lo interruppe.

Alzò la mano verso il suo volto, gli sfiorò appena sopra la tempia, spalancò gli occhi.

- Stai sanguinando. - disse. Sembrava sempre più pallido.

Seiji fece spallucce.

- Aah…Non è niente. -

- Stai…stai sanguinando! Hai battuto la testa!-

Era agitato, la voce quasi tremante e lo sguardo preoccupato.

- Sta’ tranquillo. Ho la testa dura!- replicò con un sorriso, mentre si sentiva riscaldare dentro.

…preoccupato…preoccupato per lui…

- Non…Dobbiamo uscire di qui. Devi andare in ospedale.-

Provò a muoversi, ad alzarsi, ma erano troppo stretti, bloccati dal veicolo che li chiudeva lì dentro.

Finalmente, Seiji fece caso ai rumori all’esterno.

Voci, passi, urla.

- Ora verranno a tirarci fuori.-

Lo disse con leggerezza.

Nonostante la scomodità, non aveva molta fretta che accadesse.

Stava bene così, con Yuki tanto vicino che i loro volti quasi si sfioravano, il corpo ancora tremante stretto al suo.

Lo guardava e sorrideva, non riusciva a distogliere lo sguardo da lui, dai suoi occhi azzurri spalancati, lucidi, meravigliosi, dalle labbra martoriate dai denti.

Yuki era riuscito a fatica a tirare fuori un fazzoletto e ora gli tamponava con delicatezza la tempia.

- Perché non si muovono?- digrignò, guardando verso l’alto.

- Se tu non te ne andassi in giro con la testa fra le nuvole, tutto questo non sarebbe successo!- lo rimproverò Seiji, e Yuki tornò a guardarlo.

Aveva lo sguardo dispiaciuto, e Seiji sogghignò.

- La prossima volta, almeno, tieni il volume del walkman più basso!-

Yuki sussultò leggermente, poi lo vide sorridere e crollò il capo, sorridendo a propria volta.

- Ok. -

- Scemo. -

- Pazzo incosciente. -

Insulti inconsistenti.

I loro volti erano sempre più vicini…

Fronte contro fronte.

Le labbra ad un soffio.

I respiri quasi uno solo.

- Ehi, laggiù! Tutto bene?!-

La voce di un uomo proruppe dall’alto, e loro due si staccarono di scatto.

Qualcuno si era arrampicato sul camion e si sporgeva sulla rientranza.

- Tutto…Tutto ok. - farfugliò Seiji.

- Vi tiriamo fuori subito. -

- Sbrigatevi. Ha bisogno di un dottore. -

Yuki era tornato a preoccuparsi, e Seiji, nonostante tutto, fece una smorfia.

Avrebbe avuto solo bisogno di un altro paio di minuti lì solo con lui.

Altro che dottore!

 

 

La stanza era piena di gente.

La madre di Kurihara era accorsa immediatamente appena avvisata, e poi si erano aggiunti amici e compagni, preoccupati per lui e subito pronti a saltare qualche ora di lezione per andarlo a trovare. C’era anche Yamada, agitato e sconvolto.

Alla fine, Kurihara aveva riportato una distorsione alla caviglia e una frattura alla mano, e per quel giorno doveva rimanere in ospedale per alcuni accertamenti, visto che aveva battuto la testa.

Per il resto, sembrava stare bene, ma si capiva che l’idea di dover stare fermo lo faceva innervosire.

- Potevano mettermi solo una stecca!- si era lamentato, guardando accigliato il gesso che gli arrivava a metà avambraccio.

- Non dire sciocchezze. - lo aveva rimbrottato sua madre. - Così ti andrà a posto meglio. -

- Sì. E poi fa più scena il gesso!-

- Le ragazze impazziranno per te. -

- Ti considerano già un eroe!!-

- Hai rischiato la vita per salvare un ragazzo.-

- Il tuo avversario! L’arcinemico! Non uno studente qualsiasi.-

- Kurihara l’eroe del Senkawa!-

Avevano riso tutti, orgogliosi per quello che aveva fatto e sollevati perché non gli era successo niente di grave, e Seiji si era unito agli altri.

Gli piaceva sentirsi al centro dell’attenzione ed elogiato.

Un po’ discosto, appoggiato al muro vicino alla porta, Yamazaki lo osservò ridere, scherzare, chiacchierare, e rassicurare tutti quanti sul suo stato di salute; poi uscì in silenzio.

Si era proccupato, e adesso vedere che stava bene lo rincuorava.

Gli dispiaceva solo che l’altro dovesse interrompere la preparazione per un po’, ma sapeva che sarebbe potuta andargli molto peggio, quindi non c’era di che lamentarsi.

Aveva sentito dai racconti di alcuni studenti, e di Tsukishima in particolare, com’erano andate le cose. Tsukishima era sembrato stralunato, ma Yamazaki, dopo lo spavento iniziale e la rassicurazione che entrambi erano perlopiù illesi, si era sentito riempire il cuore.

Kurihara era intervenuto per salvare Okazaki…

Aveva rischiato la vita.

Poteva essere un nuovo spunto, il punto di partenza per un loro riavvicinarsi.

Doveva esserlo!

Non potevano continuare in quel modo.

Yamazaki sapeva che nessuno dei due era soddisfatto dalla situazione. Non che glielo avessero rivelato; ma per lui era evidente che entrambi, in un modo o nell’altro, stavano soffrendo.

Si diresse allo stanzino e bussò piano prima di entrare.

C’era solo una giovane infermiera e lui si guardò attorno stupito.

- Mi scusi…Stavo cercando…C’era un ragazzo, prima, uno studente…-

L’infermiera sorrise, le guance arrossate.

- Quel ragazzo alto che era qui per l’incidente del camion?- Yamazaki annuì.- Il dottore l’ha dimesso. E’ andato via poco fa. -

Yamazaki uscì e tornò indietro.

Camminava in fretta, e si guardava attorno quasi con frenesìa, cercando il compagno.

Non poteva già essere uscito.

Al contrario di quanto era successo per Kurihara, nessuno era andato a trovare Okazaki; solo Shiozaki si era informato sulle sue condizioni e aveva parlato col medico per avere la rassicurazione che il suo atleta non aveva nulla di grave e avrebbe potuto riprendere gli allenamenti già il giorno seguente.

Quando Yamazaki era entrato nella piccola stanza dove Okazaki stava aspettando ulteriori visite e i risultati delle lastre, non c’era nessuno con lui.

L’altro si era stupito che lui fosse lì, e lo aveva guardato pochissimo, quasi si vergognasse di qualcosa, o lo imbarazzasse la sua presenza.

Yamazaki gli aveva sorriso, chiesto come stava, raccontato le reazioni di studenti e professori.

Gli aveva anche domandato cosa fosse successo, ma il compagno gli aveva a malapena risposto.

- L’autista era ubriaco e aveva perso il controllo, - aveva commentato Yamazaki. - ma almeno non si è proprio andato a schiantare contro il muro, altrimenti…Per fortuna non ti sei fatto niente. Mi hanno detto che anche Seiji-kun sta bene. -

A quello, Okazaki aveva reagito.

Aveva alzato gli occhi su di lui, l’espressione interessata, e Yamazaki si era trattenuto a stento dal sorridere maliziosamente.

- Vado adesso a sentire come sta, poi torno. Così ti faccio sapere.-

Okazaki si era accigliato e aveva alzato le spalle, arrossendo.

- Torno subito. -

Era già sulla porta, quando aveva sentito la sua voce.

- Grazie…- Bassa, quasi inudibile. Yamazaki si era voltato verso di lui, interrogativamente. - Per essere venuto. -

Non lo guardava, ma Yamazaki gli aveva sorriso ugualmente.

- Figurati…Hai chiamato i tuoi? Vuoi che lo faccia io?-

Era contento di essere lì, contento di potergli magari essere utile in qualche modo.

- Non importa. Non c’è nessuno, a casa. -

- Ok. Allora…vado.-

Era andato, e la stanza di Kurihara, piena di gente e allegria, lo aveva colpito per il contrasto con quella di Okazaki.

Gli aveva quasi fatto male al cuore…

Però quello sciocco non poteva essersene andato, dopo che lui gli aveva detto che sarebbe tornato per riferirgli come stava Kurihara!

Di nuovo da solo, di nuovo…

Si stava dirigendo nuovamente verso la stanza di Kurihara, quando lo vide.

Stava dando un’occhiata all’interno, dalla piccola finestrella sulla porta; poi si scostò subito, senza entrare, e si posizionò con le spalle contro un muro, poco lontano.

Yamazaki si rese conto che da quel punto l’altro poteva osservare la porta senza dare troppo nell’occhio, e inconsciamente sorrise, mentre si chiedeva perché l’amore dovesse sempre essere così difficile, così intricato.

Scosse il capo.

Da dove gli venivano quei pensieri?

Forse, con la scusa che sua madre era una disegnatrice, leggeva troppi manga per ragazze…

Aspettò anche lui, anche lui a qualche distanza, sicuro che, se fosse intervenuto, l’altro sarebbe tornato a casa senza andare a trovare Kurihara.

E questo non doveva succedere.

Okazaki attese che uscissero tutti, anche la madre del compagno, lasciò passare qualche minuto, poi si avvicinò alla porta, bussò, ed entrò.

Yamazaki lo seguì con lo sguardo fino a che l’altro non si richiuse la porta alle spalle, poi sospirò di sollievo e si lasciò cadere seduto su una seggiola, quasi spossato, gli occhi che cominciavano a pizzicargli per le lacrime.

Appoggiò la testa alla parete.

Doveva proprio smettere di leggere tutti quei fumetti!

Sorrise al soffitto.

Forse più avanti…


parte quinta
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