YOU'RE MY DREAM (parte terza) di Kriss
- Mio Dio, è stato fantastico! - Erano tutti e cinque in un parco a poca distanza dall’albergo, seduti sulle panchine o per terra. Visto che avevano finito le gare, e visti i risultati ottenuti, il professore aveva concesso loro di andare a letto più tardi. Sarebbero ripartiti la mattina dopo. Così, avevano deciso di festeggiare, anche se in piccolo, le vittorie di quei giorni. Kinimoto era riuscito a recuperare anche alcune lattine di birra, sottraendole a Yamada, che si stava ubriacando e vantando con alcuni colleghi. - Grandi! Siete stati grandi. - esclamò Kinimoto, in piedi su una panchina. - Quando Okajima ha toccato per quarto, non volevo crederci. - - Ehi! Perché non volevi crederci??- - Perché lì sono stato sicuro che ce la poteste fare davvero!- - Anch’io ho cominciato a crederci sul serio appena è partito Kurihara. - annuì Yamazaki. - Scemi! Dovevate crederci da subito. - intervenne Kurihara, bevendo un lungo sorso di Asahi. - Sì, ma…- Yamazaki abbassò lievemente lo sguardo. - Beh, una cosa è dirlo e cercare di convincersene, un’altra cominciare a sentirlo davvero dentro. - Poi sorrise, il suo sorriso dolce che lo faceva sembrare un ragazzino. Era il più vecchio di tutti, ma nessuno lo avrebbe detto. - E poi Okazaki!- Kinimoto continuava entusiasta sulla panchina. - Meraviglioso! Stupefacente! Erano tutti in piedi, non si capiva più niente. E lui che continuava ad avanzare e a rimangiare metri su metri a quello dello Shinho …Nakahoshi, eh? Non uno qualunque…- Seiji spostò lo sguardo su Yukito e gli sorrise. C’era anche lui. Kurihara lo aveva costretto a venire. Praticamente, aveva deciso per lui. Negli spogliatoi, dopo le premiazioni, tutti si erano detti d’accordo che quella sera dovevano assolutamente festeggiare; magari in una delle camere, senza niente di particolare, ma dovevano farlo. - La festa grande la faremo poi a casa. - aveva detto Okajima. Yamazaki aveva annuito entusiasta, poi aveva guardato Okazaki, che stava uscendo dallo stanzone. - Ci sei anche tu, stasera, vero Okazaki?- aveva chiesto, a voce più bassa, e quasi titubante. Yuki lo aveva guardato un po’ stupito, e imbarazzato, quasi incapace di rispondere. Aveva risposto Seiji per lui. - Certo che ci sarà! Se non viene lui, che festa è!- e lo aveva sfidato con lo sguardo a trovare una scusa anche quella volta. Okazaki si era passato la lingua sulle labbra, poi aveva annuito impercettibilmente. - Ok. - aveva sussurrato. E ora era lì con loro, seduto sull’erba del prato con le gambe raccolte contro il petto e una lattina di Pepsi in mano. - …e poi quando lo ha passato, quasi alla fine…- Kinimoto proseguiva con la sua cronaca entusiasta della gara. - E che sembrava che non facesse nessuna fatica. Aah! Eccezionale! Quasi morivo!- Yuki scosse il capo, divertito. Gli altri scoppiarono a ridere. - Anch’io stavo per morire. - disse Okajima. - Uff…Così io sono l’unico che non ha medaglie. - sospirò Kinimoto; sembrava un po’ brillo. - Ma che dici! Hai quella della quattro per due!- - D’argento, però…- - Oi, ma sentitelo! Fino a qualche giorno fa non sapeva neanche come fosse fatta, una medaglia, e adesso disprezza un secondo posto ai Regionali!- - Non ti starai montando un po’ la testa?- - Ma va. Dicevo così per dire…- - Beh, in effetti, nessuno di noi, all’inizio dell’anno, avrebbe mai pensato di arrivare fino a questo punto. - intervenne Yamazaki. - Anzi, addirittura agli Interscolastici. - - Già…- annuì Okajima. - E’ solo grazie a Okazaki e Kurihara se abbiamo ottenuto questi risultati. - - E’ vero. - Sempre in piedi sulla panchina, Kinimoto alzò la lattina verso l’alto. - Allora propongo un brindisi ai nostri due campioni: affinché proseguano con le loro vittorie e continuino ad esserci di esempio e di stimolo!- Kurihara rise e scosse la testa, poi bevve con gli altri. - E che l’anno prossimo mi portino agli Interscolastici con loro!- aggiunse Kinimoto. - Se tu non ti muovi, ti ci dovranno trascinare, agli Interscolastici!- - E poi ci puoi andare anche quest’anno: a fare il tifo!- - Siete dei bastardi!- Risero ancora, troppo euforici per dare peso alle battute che si facevano l’un l’altro. - Senza di voi, Kurihara e io non avremmo fatto granché. - La voce di Okazaki si levò in un mormorio lieve, ma la udirono tutti, e tutti si voltarono verso di lui stupiti. - Cosa?- chiese Yamazaki. Yukito distolse brevemente lo sguardo. - Kurihara e io da soli non avremmo potuto neanche farla, la staffetta. - borbottò. - Quindi non sminuire sempre troppo le vostre prestazioni. - Seiji lo guardava a bocca spalancata. Yamazaki sbatté le palpebre sconcertato, poi arrossì. - Ma…Senza di voi non saremmo certo arrivati fin’ qua…- e sorrise, sempre con dolcezza. Okazaki si strinse nelle spalle, poi si alzò in piedi. - Può darsi, ma oggi, e ieri, eravamo in quattro, in acqua. E in quattro sul podio. In due non avremmo fatto un bel niente. - Yamazaki prese fiato, ma non aggiunse nulla. Gli altri erano ammutoliti. Okazaki si schiarì la voce, sempre senza guardare nessuno. - Io…Io vado a dormire. - borbottò, spolverandosi i pantaloni. - Sono un po’…stanco. - - Ss…sì, certo. Scusa. - fece Yamazaki. - E…mh…grazie. - Yuki alzò lo sguardo su di lui. - Per quello che hai detto. - - E per le gare cui ci hai permesso di assistere. - rincarò Kinimoto, sollevando ancora la lattina. Toccò a Okazaki arrossire. Poi si ficcò le mani in tasca e annuì. - Grazie a voi. - disse, a voce bassissima. - Ok…Io vado…- - Aspetta!- Kurihara sembrò risvegliarsi all’improvviso. - Io…Vengo anch’io. Ho sonno. E…domani dobbiamo svegliarci presto…- Okazaki non disse nulla, ma si fermò ad aspettarlo. - Ok. - annuì Yamazaki. - ‘Tanto fra poco rientriamo anche noi. - - Già. - aggiunse Okajima. - Dobbiamo riportare in albergo Kinimoto, che è ubriaco! - - Ehi! Non è vero! Sono lucidissimo! - Appena finì di dirlo, barcollò e quasi cadde dalla panchina. Okajima lo sorresse, poi fece una smorfia. - Si vede, sì. - Gli altri risero. Anche Okazaki. Poi augurò la buonanotte e se ne andò con Kurihara. Yamazaki rimase ad osservarli con un sorriso fino a che non sparirono alla sua vista.
Non aveva affatto sonno. Era stata la prima cosa che gli era venuta in mente da dire come scusa. Voleva andarsene con Okazaki. Voleva stare con lui, parlare con lui. Non sapeva perché. Non sapeva nemmeno di cosa parlare. Sapeva solo che non voleva perdere ancora l’occasione di stare da solo con lui. Gli si affiancò e insieme si avviarono verso l’albergo. Okazaki camminava con le mani sprofondate in tasca e lo sguardo dritto davanti a sé, naturalmente in silenzio. Kurihara prese fiato un paio di volte, ma non riuscì ad iniziare un discorso. Erano quasi arrivati all’albergo che ancora non aveva aperto bocca; doveva assolutamente trovare qualcosa da dire per non farlo andare subito a dormire. Prese fiato un’altra volta. - Ehi. Ti andrebbe di andare in spiaggia?- chiese finalmente. Yuki si voltò a guardarlo sorpreso. - Non è lontana. - continuò. - Beh, se non sei troppo stanco, naturalmente. Ok, ho detto una stupidata. Lascia perdere. Se non vuoi venire, non fa niente. - Voltò il capo e lo incassò nelle spalle, allungando il passo. - Posso rispondere alla tua domanda o hai già deciso di andare da solo? - Kurihara tornò a voltarsi. - Mh?- Okazaki lo guardava con un cipiglio divertito. - Non ho mai detto che non volevo venire. - disse. - Fai sempre tutto tu. - E sorrise. - Ah, beh…- farfugliò Seiji, sentendosi arrossire; poi si accigliò. - Mh. Allora andiamo. - borbottò. Yuki gli si mise a fianco. - Una passeggiata sulla spiaggia. Di sera. Con te. - E Kurihara si fermò di botto, guardandolo a occhi spalancati. - Non potevo certo rifiutare. - Merda! era vero! Era come se il suo invito sottintendesse qualcosa di romantico! Che cavolo gli era saltato in testa? Chiedere a Okazaki di… Accidenti! era come se gli avesse dato un appuntamento! Come se ne chiedono ad una ragazza! - Ah…Mh…Guarda che…Io non…- s’impappinò, avvampando. Yuki lo guardava mordendosi un labbro, poi scoppiò a ridere. La sua risata spontanea e solare, che fece mancare di un battito il cuore di Seiji. - Stavo scherzando. - disse Okazaki. - Davvero, volevo solo metterti in imbarazzo. - Smise di ridere, e Seiji quasi avvertì un moto di rimpianto. - Scusa. So benissimo che non me l’hai chiesto per quello. - Kurihara deglutì, poi si schiarì la voce, accigliandosi. - Mh. Stupido. - grugnì, e si rincamminò. Non aveva inteso proporgli un appuntamento, però era anche vero che voleva rimanere da solo con lui e ripensandoci era quasi la stessa cosa. Si sentiva strano; ancora euforico per la giornata esaltante, e per la birra bevuta, ma anche irrequieto, quasi impaziente. Come se avvertisse che stava per succedere qualcosa. Era nell’aria. O forse, dentro di lui. Arrivarono presto alla spiaggia. Il mare era calmo e lambiva la sabbia con un ondeggiare lieve; la luna vi si specchiava creando una scia argentata che illuminava i dintorni, così che si vedeva bene anche senza luci artificiali. Camminarono per un po’, poi si sedettero. Yukito si stirò con un sospiro. - Mi piace il mare…- mormorò, e Seiji si voltò a guardarlo. Aveva lo sguardo fisso davanti a sé, perso a guardare la distesa d’acqua che si stendeva di fronte a lui. La luce della luna rendeva la sua pelle ancora più chiara, i suoi lineamenti ancora più morbidi. Ancora una volta, Seiji si sorprese a pensare a quanto fosse bello, e sussultò, distogliendo lo sguardo e fissandolo sulla sabbia. - Sei stato grande, oggi. - borbottò. Che accidenti stava dicendo? si metteva anche a fargli i complimenti, adesso? Però era vero che era stato grande… - Mh. - fece l’altro. - Anche tu sei stato discreto. - - Discreto?!- urlò di rimando, tornando a guardarlo. - Sì, beh…Niente di eccezionale. - - Guarda che se non c’ero io, tu ti saresti scordato la bella figura che hai fatto! Solo perché hai recuperato quell’imbranato alla fine, non vuol dire che…che…- Yukito era scoppiato a ridere di nuovo, e Kurihara s’interruppe, senza fiato. - Lo so, scemo. - disse Okazaki. - Sei troppo divertente, quando ti infurii…- "E tu, meraviglioso quando ridi" fu il primo pensiero di Seiji. …Merda, merda, merda…Perché non riusciva più a detestarlo?… Grugnì accigliato e gli diede un pugno leggero sulla spalla. - Idiota. - inveì, ma senza alcuna cattiveria, mentre l’altro ridacchiava ancora. - Piantala, scemo!- - Ok, scusa. - Yuki si morse un labbro per smettere, ma i suoi occhi ridevano ancora. Più luminosi della luna. - Dovresti farlo più spesso. - si lasciò scappare Seiji. - Cosa? prenderti in giro?- Seiji lo fissò negli occhi, serio. - Ridere. - E Yuki quasi sussultò, colpito. Sbatté le palpebre, poi distolse lo sguardo e lentamente si rialzò in piedi. - Devo averne l’occasione. - disse, in tono volutamente leggero. Poi sorrise brevemente, a testa bassa, e cominciò a togliersi le scarpe, mentre Kurihara continuava a guardarlo in silenzio. Quel posto, quella luce, i suoni morbidi e ovattati della notte, gli stavano facendo uno strano effetto. Si alzò in piedi anche lui, mentre Okazaki si avvicinava al bagnasciuga e immergeva i piedi nell’acqua, e lo seguì. Gli girava un po’ la testa. Forse aveva bevuto troppa birra; però non si sentiva affatto intontito. Davanti a lui, Okazaki inspirò, allargando le braccia. - Mi piace il mare. - ripeté, e Seiji si sentì riempire da un senso di soddisfazione che lo fece sorridere. Quando era con gli altri, Yuki non diceva quelle cose, per lo più rimaneva in silenzio; mentre quando era con lui, era diverso, sembrava rilassarsi, diventare se stesso. E questo gli faceva stranamente piacere. - Un’immensa distesa d’acqua…- continuò Okazaki. Lo faceva sentire…importante. Yuki sospirò ancora, poi si voltò a guardarlo. - Dovevi dirmi qualcosa?- chiese, e Kurihara sbatté le palpebre, perplesso. - Credevo avessi sonno…- - Ah…Eh, no…Era solo così…- Non doveva dirgli niente di particolare. Voleva solo stare con lui. (…perché lo voleva?…) O no…? - E poi, anche tu hai detto che eri stanco. - gli girò contro, quasi a giustificarsi. Yukito alzò le sopracciglia e fece un mezzo sorrisino. - Non avevo preso in considerazione una passeggiata sulla spiaggia. - Kurihara prese fiato, ma non disse nulla. - Mh. - mugugnò solamente, mentre l’altro continuava a fissarlo. Forse, aveva sperato di ricevere una risposta. LA risposta. Seiji ne divenne consapevole in quel momento. Aveva aspettato, rimandato, in qualche modo cercato di non pensarci, ma adesso… Il fatto era che non sapeva ancora bene quale fosse quella giusta. Non sapeva ancora cosa volesse. …Non esattamente… Vide l’altro annuire brevemente e stringersi nelle spalle quasi rassegnato, per poi tornare a guardare il mare, e lui ebbe voglia di avvicinarglisi. …Stargli vicino?… Si tolse le scarpe ed entrò in acqua anche lui. …Essergli amico?… Presero a camminare lungo la riva in silenzio, come per un tacito accordo, le onde che lambivano loro le caviglie. …Non solo… - Oggi è stato davvero esaltante. - commentò. Non voleva parlare di quello, ma troppo silenzio lo imbarazzava. E poi, lo costringeva a pensare. - Vincere una staffetta sembra sempre più esaltante. - replicò il compagno. - Forse, è più coinvolgente. - - Se tu fossi stato con loro, non ci sarebbe stata storia. - Yuki voltò il capo a guardarlo, accigliato. - Con lo Shinho, intendo. - Perché aveva tirato fuori quell’argomento?- Dovevi iscriverti a quella scuola, no?- Okazaki strinse le labbra, poi spostò lo sguardo senza dire nulla. - E’ a causa loro che te ne sei andato?- provò. Lo vide irrigidirsi, poi riprendere a camminare, e lui lasciò andare il respiro con uno sbuffo. - Gli ho detto che se si fosse ancora avvicinato a te gli avrei spaccato la faccia. - aggiunse, senza un motivo, e l’altro si girò di nuovo con uno scatto e gli occhi spalancati. …o forse il motivo c’era… - A Kobayashi. - specificò. - Non sapevo ancora che quello fosse Kobayashi; comunque gliel’ho detto. - …era stanco di tenersi tutto dentro… - Cosa?!- Okazaki sembrava sconvolto. …voleva fargli sapere quello che sentiva, anche se magari non era così importante… - Gli ho detto che non doveva avvicinarsi ancora a te se non voleva che io gli spaccassi la faccia. - E l’avrebbe fatto veramente. - A Kouji…? - quasi gemette Okazaki, ancora incredulo, e Seiji avvertì una fitta di insofferenza nell’udire quel nome. - A quello stronzo, sì. - non riuscì a trattenersi. Okazaki scosse piano la testa. - Perché?- chiese poi, in un sussurro, e lo fissò negli occhi. Perché… - Perché ero furioso con lui. - Si morse un labbro, distolse lo sguardo. - Per come si stava comportando …mh…con te, per quello che ha detto, e…e…per tante cose. - Yuki lo fissava ancora, e lui sbuffò, arruffandosi i capelli; dopotutto era stato lui a iniziare quel discorso. - Ok, mi ha dato fastidio il modo in cui ti parlava, e come ti ha insultato, e quell’aria di superiorità. - Stava alzando la voce, e aveva preso a dare piccoli calci all’acqua. - Lo avrei massacrato di botte anche subito, ma sono riuscito a trattenermi! E poi…- - Stava dicendo la verità…- mormorò Okazaki, interrompendolo, e Seiji alzò nuovamente lo sguardo di lui. L’altro aveva il viso rivolto verso il mare, le braccia strette contro il petto come se avesse freddo; e in effetti, sembrava stesse rabbrividendo. - Nessuno ha il diritto di trattarti così. - replicò Seiji con convinzione, e Yuki tornò ancora una volta a guardarlo con un sussulto. - Che…Che cosa stai dicendo?- disse con una risatina nervosa. Kurihara notò che era anche arrossito. - Quello che ho detto. - ribadì. - E magari tu non sarai d’accordo, e non vorrai che io m’immischi, e di sicuro non avrai bisogno del mio aiuto e cose del genere. Ma se io li risento ancora, li prendo a pugni sul serio.- Era consapevole di dove lo avrebbero portato quelle affermazioni, ma ormai non gli importava. Probabilmente era lì per quello, anche se non riusciva ancora a rendersene bene conto. - Specialmente Kobayashi.- continuò, sempre più incauto. - Lui…Chi si crede di essere? Nanerottolo strafottente!- E infervorato. - Non lo sopporto! La prossima volta se lo scorda l’avvertimento!- Si passò una mano fra i capelli e grugnì. - Ecco. Tutto qua. - borbottò, un po’ in imbarazzo. Non era tutto, ma al momento si trattenne. - Accidenti…Chi avrebbe immaginato di avere un difensore tanto strenuo?- commentò Okazaki. Il suo tono era scherzoso, ma anche lui pareva imbarazzato. - Lo so che non te ne fai niente. - Fece una smorfia. - Tu fai sempre tutto da solo, no?- - Spesso, sì. - Yukito si strinse nelle spalle. - Ma è stato piacevole sentirsi annoverare fra i tuoi amici a voce alta, l’altra mattina. - - Aah…beh…- - Ed è piacevole sentirti dire certe cose, prendere le mie difese…- Sorrise. - Anche se magari non significa nulla…- Kurihara inspirò profondamente, mentre l’altro si guardava i piedi che affondavano nella sabbia molle del bagnasciuga. - Significa qualcosa. - disse poi, stringendo un pugno. Doveva dirglielo.- Anche se non so ancora bene cosa. Cioè…è difficile da…da capire. E anche da dire. - Ora Okazaki lo guardava, e il cuore prese a battergli più velocemente. - Io non…non ho mai pensato molto a queste cose, e neanche al mio futuro, se è per questo. Non ricordo di aver mai avuto un vero e proprio sogno, o un’aspirazione. - Si schiarì la voce. - E…e poi sei arrivato tu, e mi hai gettato addosso tutto quanto, e tutto è cambiato. Ho scelto il nuoto per non dovermi impegnare molto e ora mi ritrovo agli interscolastici; perché tu mi ci hai spronato, mi ci hai quasi spinto, con le parole, anche solo con la tua presenza. Sei entrato nella mia vita e hai incasinato tutto. - Agitò le braccia. - Merda! sì che l’hai incasinato! E io non riesco più a… A essere lucido! A comportarmi come dovrei! A capire! E a capirmi…E…- Fece un nuovo, lungo respiro. - Non so ancora cosa provo esattamente per te. So solo che in qualsiasi cosa io faccia, qualsiasi cosa io dica o pensi o sogni, tu cominci ad esserci sempre più spesso. E…non mi dispiace che tu ci sia…- avvampò. - E se prendo le tue difese significa che…che…non ti detesto, e che ti considero mio amico. - Non era solo questo. Questo era solo il prologo. Si passò una mano sugli occhi. - Merda! E’ più difficile che fare una gara!- sbottò, e di fronte a lui Okazaki sorrise. - Non voglio che lo sia. - disse. - Non devi sentirti obbligato a…- - Ma non mi sento obbligato! Io voglio…- "…voglio lui…" Il lampo di un pensiero gli attraversò la mente, lasciandolo senza fiato. - …voglio…- annaspò. "…le sue carezze, i suoi baci…" Come un messaggio subluminale che mandava impulsi al suo cervello. Di fronte a lui, Okazaki aspettava, gli occhi chiari che lo scrutavano perplessi. "…i suoi occhi nei miei…" Kurihara spalancò i propri. Era davvero quello che voleva? - Voglio stare con te. - disse a voce alta, quasi senza pensare.- Voglio parlare, conoscerti meglio; starti vicino, e…essere importante per te. Come un amico…No…è qualcosa di più, ma per ora non so ancora esattamente cosa…Cioè, non riesco a definirla. So solo che…- Sbatté le palpebre, e si accorse che Yuki si era avvicinato. - Non riesco a non pensarti. - continuò con un sospiro. - Non riesco più a toglierti dalla mia mente. - - E allora non farlo. - mormorò Yukito. Gli era a poco più di un passo. - Ma…E’ sbagliato! Non è normale!!- Yuki alzò un sopracciglio, storcendo la bocca. - Ah…mh, nel senso che non dovrebbe piacermi un ragazzo, non in questo modo. Non ho mai pensato tanto a una persona come penso a te! neanche a una ragazza!- Non sapeva neanche lui cosa stesse dicendo; stava buttando fuori tutto quello che aveva dentro, quasi a sfogarsi. - Arrivo a desiderare di vederti, e di sentire la tua voce! a casa, a scuola, ovunque! E’ assurdo! E ti guardo e…- Il resto si perse, soffocato dalla bocca di Yuki. Si era avvicinato ancora, fino a che fra loro non ci fu più spazio. Seiji se n’era accorto; pur continuando coi propri discorsi, lo aveva annotato in un angolo del suo cervello, conscio di quanto stava per accadere, e desideroso che accadesse. Inconsciamente, non aspettava altro da quando era arrivato lì. Le labbra dell’altro premettero contro le sue, e lui si rilassò immediatamente, quasi con sollievo. - Stai zitto. - sussurrò Okazaki sulla sua bocca, allontanandosi di quel poco che gli bastava per respirare, e tornando subito dopo a baciarlo sulle labbra. - Mh…Dovevo ancora dire qualcosa…- mugugnò Seiji di rimando, ma non si sentiva affatto indispettito dall’interruzione. Probabilmente, stava commettendo un errore, ma in quel momento non aveva voglia di pensarci. Aveva pensato fin’ troppo, in quei giorni. - Parli troppo. - bisbigliò ancora Yukito con un sorrisino. - E poi ti agiti, e mi schizzi. - - Eeh? Che cavolo stai dicendo!- - Che ti agiti, e sollevi acqua. Mi stavi schizzando. - Lo baciò ancora. - Ho dovuto interromperti. - Ridacchiò, e a Kurihara parve una musica soave. - Stupido. - grugnì imbronciato. - Io parlo di cose serie e tu pensi a queste cretinate. - Yuki si scostò di poco. - Erano davvero serie?- chiese. Non sorrideva più. Lo fissava dritto negli occhi, lo sguardo penetrante, e mortalmente serio. - Cosa?- fece Seiji, perplesso, e un po’ spaventato. - Erano davvero serie le cose che hai detto?- ripeté l’altro. - Certo…- Che gli prendeva, ora? Continuava a fissarlo, quasi a volergli leggere dentro, poi gli prese il viso fra le mani. - Non mi mentire mai. - disse a voce bassa, ma con tanta perentorietà da sembrare un grido. Seiji deglutì a vuoto, quasi trafitto da quello sguardo. - O…Ok. - - Qualsiasi cosa succeda, qualsiasi cosa tu senta, non mi mentire. - insistette l’altro. Kurihara annuì. - Mai. - - Mai. - Lo ripeté quasi di riflesso. Yuki sembrava così risoluto, quasi…disperato. - Promettimelo. - Non stava scherzando. Sembrava tenerci in modo particolare. Seiji ricambiò lo sguardo. - Promesso. - Fermo, sicuro, senza indecisioni. Di fronte a lui, Yukito lasciò andare il respiro, come se lo avesse trattenuto per tutto quel tempo, e la stretta delle sue mani divenne una carezza. - Ok. - sussurrò. Kurihara lo osservò ancora per qualche secondo, e si chiese quanta gente lo avesse ferito mentendogli. "…odio la falsità…" Ripromise anche a se stesso di non farlo mai. - Se mi rompi i coglioni te lo dico subito, sta’ tranquillo. - disse, e accennò un sogghigno. - Scemo. - ribatté Yuki tornando a sorridere, e gli diede un pugno nello stomaco. - Ahio! Sei impazzito?- tossì, piegato in due. - Ma se ti ho appena sfiorato. - - Appena sfiorato un accidente!- - Bah, si vede anche quando nuoti che i tuoi addominali non sono un granché. - - Cosa…- I suoi occhi brillavano divertiti, le labbra trattenevano a stento una risata. - Bastardo. - imprecò Kurihara, l’insulto di per sé inconsistente, e gli si gettò contro. Si inseguirono e si azzuffarono, picchiandosi per gioco come non avevano mai fatto sul serio, fino a che Kurihara non riuscì ad atterrare Yukito e a gettarglisi sopra, bloccandogli i polsi sopra la testa. Sotto di lui, Okazaki provò a liberarsi, ma lui lo teneva fermo con tutto il peso del corpo. Erano bagnati e sporchi di sabbia. Kurihara sogghignò. - E adesso?- Yuki si rilassò nella sua stretta, e lo guardò con un’intensità quasi bruciante. - E adesso?- replicò in un sussurro. Kurihara sussultò, sentendosi arrossire, e smise di sogghignare. Capiva dove volesse arrivare Okazaki, e chiese a se stesso se lo volesse anche lui. Poteva lasciarlo andare e allontanarsi, oppure… Oppure. Deglutì e si passò la lingua sulle labbra. Quelle di Okazaki erano così vicine, e invitanti…Risaltavano sulla pelle chiara. Come un fiore sulla neve… Le guardò ancora, poi fissò l’altro negli occhi, mentre il cuore cominciava a battergli all’impazzata. Immerso nella loro luce, sentì che non gli importava di nient’altro, capì che le proprie proteste erano solo giustificazioni, scuse che tirava fuori per non dover ammettere a se stesso che non era vero che detestava Okazaki, per non dover ammettere che invece gli piaceva, e non solo come amico, ma anche fisicamente; capì che era questo quello che voleva. Non lo aveva cercato, ma era capitato, e adesso sentiva di non volerlo perdere, e che difficilmente ne avrebbe potuto fare a meno. Abbassò il capo e lo baciò con decisione. "E al diavolo le conseguenze!" pensò. Al diavolo tutti quanti. Le labbra di Okazaki si schiusero immediatamente e accolsero le sue con desiderio, la lingua che gliele accarezzava facendosi strada all’interno della sua bocca. Kurihara gliela sfiorò con la propria e sentì un brivido percorrergli il corpo, come una scarica elettrica che lo eccitò maggiormente. Gli lasciò andare i polsi e si abbandonò addosso all’altro, facendogli scorrere le dita fra i capelli. Erano morbidi, lisci, come di seta. E la sua lingua così calda, e vellutata…Il suo sapore lo faceva impazzire, il suo movimento sempre più frenetico lo stordiva. Sentì le mani di Okazaki scivolargli lungo il corpo, poi l’altro, con un colpo di reni e una piccola spinta, lo fece cadere di lato e gli si mise sopra, invertendo le posizioni. - Preferisco così. - sussurrò con un sorrisino, tornando poi subito a baciarlo. Kurihara riuscì solo a mugugnare, soffocato dalla bocca del compagno. Quel bastardo voleva sempre vincere. Ma non lo pensò con astio, bensì con una certa ammirazione. E poi gli andava bene anche così; in quel momento non aveva voglia di lottare, voleva solo lasciarsi andare e abbandonarsi alle sensazioni vertiginose che l’altro gli faceva provare. Era già tanto se fosse riuscito a mantenersi in qualche modo lucido. Yuki si staccò dalla sua bocca e prese a baciargli il viso: le guance, la fronte, le tempie, il mento; gli mordicchiò un orecchio, scivolò lungo il collo, e lui chiuse gli occhi con un gemito, infilandogli le mani sotto la maglietta e accarezzandogli la schiena liscia e muscolosa. La sua pelle era fresca, e ancora umida dell’acqua di mare con cui si erano schizzati, e gli fece venir voglia di stringerlo di più a sé. E di toccarlo. Toccarlo dappertutto, come l’altro aveva già fatto con lui, e come stava facendo anche in quel momento. Lo sentì sollevargli la maglia, accarezzarlo, afferrargli i capezzoli e tormentarglieli. - Okazaki. - gemette. - Non…- Si morse un labbro per non gridare quando Yukito ci fece passare la lingua e cominciò a succhiarli. - E…e se passa qualcuno?- bisbigliò ancora, una parte del suo cervello ancora abbastanza funzionante da farlo in qualche modo ragionare, anche se la maggior parte delle sue facoltà era già annebbiata. - Hn. - Le labbra di Okazaki stavano assaporando il suo torace e non sembravano intenzionate a fermarsi. Seiji si inarcò con un nuovo gemito. - Mmh…Se…qualcuno ci vede?- continuò quasi senza pensare. - Non importa. - rispose l’altro, e la sua lingua gli stuzzicò l’ombelico. - Non…- Sentì le sue mani provare a sfilargli i pantaloni della tuta e spalancò gli occhi, irrigidendosi. - No!- esclamò bloccandolo, e finalmente Okazaki si fermò. Alzò la testa e lo guardò sbattendo le palpebre stralunato. Ansimava, e la luce nei suoi occhi esprimeva frustrazione e sgomento. - Io non…- ansimò a propria volta Kurihara. Ne aveva voglia anche lui, una voglia matta, ad essere sincero. Ma non lì. - Se…se qualcuno ci…vede…?- ripeté. Non voleva che qualcuno li vedesse, non voleva che qualcuno li interrompesse, che interferisse in quello che stava succedendo fra loro. Voleva essere da solo. Da solo con Yuki. L’altro continuò a guardarlo per qualche secondo, cercando di calmare il respiro, poi si alzò in piedi con un grugnito e allungò una mano verso di lui. - Eh?- - Andiamo. - mormorò Okazaki. Seiji gli afferrò la mano e si tirò in piedi, lasciandosi aiutare. - Dove?- chiese perplesso, mentre l’altro cominciava a muoversi. - In albergo. - Non lo guardava, e sembrava avere fretta. Kurihara lo seguì fino ad affiancarlo, evitando per il momento di guardarlo, per paura di leggere sul suo viso delusione, o rabbia. Poi si rese conto della mano ancora stretta alla sua, della spalla che lo sfiorava, del calore che l’altro pareva ancora emanare, e sorrise. Yuki era sempre lì. Forse ancora più vicino.
- Seiji… - Un lieve sussurro gli sfiorò l’orecchio, come un refolo di vento cui non fece quasi caso. - Seiji. - Non era il vento. Era una voce, bassa, e morbida, che lo chiamava. Mugolò in risposta, non riuscendo a fare altro. - E’ ora di alzarsi. - Si era aggiunta una carezza gentile, che gli percorreva la schiena nuda come un guanto vellutato, fino all’incavo, ai glutei. - Mmh…E’ presto. - biascicò con gli occhi ancora chiusi. Aveva ancora sonno, e poi quella sensazione era troppo piacevole perché l’altro smettesse. Lo sentì muoversi, mettersi a cavalcioni su di lui, poi la sua bocca gli si posò sui capelli in un bacio leggero, cui ne seguirono altri. - Fra poco più di mezz’ora - sussurrò ancora Yuki. - dobbiamo essere nell’atrio. - Continuava a baciarlo, scendendo dietro l’orecchio, mordicchiandogli il lobo, scivolando lungo il collo. Seiji sospirò di piacere. Anche volendo, come poteva alzarsi proprio in quel momento? - Mh…C’è ancora tempo…- Si agitò sotto di lui e lo sentì trattenere il respiro, avvertendo inequivocabile la sua eccitazione. Gli scappò un ghigno, subito seguito da un gemito, quando l’altro gli succhiò la base del collo. - Devi ancora finire di farti la borsa. - sussurrò il compagno. Sembrava cercare di fargli mettere ragione, però non lo lasciava andare, e continuava coi suoi baci, dolci e sensuali insieme, la lingua tiepida e morbida che seguiva ora il contorno della sua schiena. - Mmh…- mugugnò di nuovo, e voltò la testa dall’altro lato. Si sentiva in pace con se stesso, tranquillo, soddisfatto. Non aveva voglia di alzarsi di già. Non quella mattina. Non dopo quella notte. Se ci ripensava, non poteva fare a meno di arrossire violentemente, ma anche di sorridere. E lo fece. Appagato. Felice. Aveva preso la propria decisione e adesso non sarebbe più tornato indietro; anzi, la notte appena passata aveva rafforzato la sua scelta, rendendolo ancor più sicuro. Le emozioni provate, la passione, il desiderio, l’eccitazione…Ma anche la dolcezza, il calore di un abbraccio, svegliarsi vicino a Yuki e crogiolarsi in quel tepore, condividerlo con lui… Tutto concorreva a rafforzare la sua convinzione di aver fatto la scelta giusta, quella che sentiva veramente nel cuore. Erano sensazioni indescrivibili, che non avrebbe mai immaginato di arrivare a provare, e soprattutto apprezzare. Fino a quel momento, la sua idea più concreta di gesto d’affetto era una sonora pacca sulla spalla. Ora che aveva scoperto qualcos’altro, sentiva che difficilmente ci avrebbe rinunciato. Anche se forse non lo avrebbe mai ammesso apertamente. - Dài, dormiglione…- Ancora un sussurro, e la sua lingua che non smetteva di stuzzicarlo. Seiji si accigliò. - Mmmh…Come faccio ad alzarmi se tu continui a provocarmi?!- Lo sentì ridacchiare e con un grugnito si voltò supino, quasi di scatto. Yuki lo guardava con un sopracciglio alzato, il sorriso che gli aleggiava sulle labbra. - Mi fai cadere, scemo. - disse, ma non era affatto arrabbiato. Lo osservava, deliziato, quasi famelico, poi lentamente avvicinò il viso al suo. La luce del sole gli accarezzava la pelle chiarissima, mettendo in risalto la muscolatura ben sviluppata ma morbida, allungata; gli occhi scintillavano, fissi nei suoi, lampi d’azzurro in quel viso perfetto, che pareva di porcellana. Bellissimo. Seiji si era sorpreso nello scoprire quante volte si soffermava a considerare l’aspetto del compagno, cosa che non aveva mai fatto neanche con una ragazza, a meno che i suoi amici non gli chiedessero pareri. Lo guardava, e non riusciva a fare a meno di trovarlo bello. Anche quella mattina, qualche ora prima, quando si era svegliato per caso… Aveva aperto gli occhi che era ancora presto, la luce all’esterno aveva appena cominciato a rischiararsi. Yuki dormiva accanto a lui, le braccia che lo cingevano in un abbraccio protettivo e il corpo abbandonato contro il suo, rilassato, e caldo. Appoggiato a lui, Seiji aveva alzato il capo e si era soffermato a guardarlo. L’altro dormiva tranquillo e il suo volto immerso nella penombra era di una bellezza che toglieva il fiato, i capelli scuri che si allargavano sul cuscino a far quasi da corona, uno sfondo che lo faceva risaltare meglio. Probabilmente, era la persona più bella che avesse mai visto. E fra tutti, con tutte le ragazze che gli andavano dietro, aveva scelto lui. Si era reso conto che era una cosa che lo riempiva di soddisfazione. Lui era l’unico, il solo, il più importante. E anche questa era una sensazione meravigliosa, quasi esaltante. Quasi con meraviglia, Seiji si era allungato verso di lui e gli aveva dato un bacio leggero sulla guancia, vicinissimo alla bocca, poi gli aveva scostato i capelli dalla fronte con un tocco lieve, cercando di non svegliarlo. Gesti inconsueti di tenerezza che non era riuscito a trattenere, e che, forse, difficilmente avrebbe ammesso di aver compiuto. …Forse… Attese il suo bacio e lo ricambiò con passione, passandogli le dita fra i capelli, stringendolo a sé. Il corpo dell’altro si distese sul suo, la pelle liscia che accarezzava la sua e le loro virilità eccitate a contatto. Yuki premette maggiormente il proprio corpo contro il suo, e lui gemette, spingendo istintivamente il bacino verso l’alto. Stava già andando a fuoco. Ricordò la notte prima, quello che avevano fatto …quello che Okazaki gli aveva fatto… quello che aveva provato, e si sentì avvampare, quasi imbarazzato; ma intanto le sue mani avevano preso ad accarezzare ed esplorare il corpo dell’altro, toccando più pelle possibile, con impazienza, con frenesìa, come la sua bocca assetata, che pareva non averne mai abbastanza di quella di Yuki, del suo sapore, della sua morbidezza. …Quella bocca capace di farlo infiammare come nient’altro… Con un nuovo gemito, succhiò la sua lingua, poi gli morse il labbro inferiore. - Ahio…- mormorò il compagno, staccandosi di quel poco che gli avrebbe permesso di parlare per poi tornare subito dopo a baciarlo. La sua bocca cominciò il solito itinerario sul suo volto, partendo da lì per poi scendere lungo tutto il corpo, collo, torace, ventre… Seiji trattenne il fiato e un nuovo gemito. Sapeva dove sarebbe andata a finire. Non indossava niente, a Yukito gli ci sarebbe voluto pochissimo per… - Okazaki…- sospirò ad occhi chiusi, mentre le sue mani affondavano nei capelli scuri dell’altro. Sentì la lingua vellutata di Yuki sfiorargli la punta del pene, e il gemito eruppe spontaneo. - Okazaki non…Ah… Se continui così…non mi alzerò mai…- Yuki ridacchiò, poi la sua lingua riprese a giocherellare con lui, a titillarlo, a eccitarlo sempre di più. Come la notte appena trascorsa. All’inizio, appena arrivato in camera, si era sentito impacciato, e un po’ impaurito. Il cuore gli batteva all’impazzata, non solo per l’emozione, e quasi si era messo a tremare. Non sapeva cosa fare, né come farlo, e si vergognava da morire. Non voleva che l’altro lo considerasse un ingenuo incapace, ma d’altro canto era anche vero che lui non aveva mai fatto quel genere di cose, e raramente ci aveva anche pensato. Ma poi si era lasciato andare, abbandonandosi alle emozioni e facendosi trasportare dal loro turbinìo, e tutto era diventato semplice, naturale, come una cosa già imparata da tempo e solo dimenticata, richiamata alla mente da un gesto, un tocco, o un sussurro. E Yuki… Yuki, che lo aveva aiutato a farlo sentire in quel modo… Era stato perfetto, meraviglioso. Lo avevano stupito la sua passionalità, il suo ardore, la sua sensualità, ma soprattutto la dolcezza, il desiderio di metterlo a proprio agio, la tenerezza di certi gesti, così diversi dalla freddezza che sfoggiava di solito da farlo sembrare un’altra persona. Seiji non si era mai sentito meglio. Sapeva che c’era dell’altro, era conscio che non erano andati fino in fondo e che il compagno si era fermato prima, per farlo familiarizzare con quanto stava accadendo… a lui, a loro, ai loro corpi…E si era reso conto che, nonostante l’inquietudine e un pizzico di paura che il pensiero ancora gli faceva venire, il suo corpo avrebbe atteso con impazienza il momento giusto. Quella bocca calda e avvolgente si chiuse su di lui, e Seiji non riuscì a trattenere un grido. - Okazaki!- Gli sembrò di venir risucchiato in un baratro, di impazzire dal caldo, dall’eccitazione, mentre Yukito continuava a succhiare e a far roteare la lingua intorno al suo membro sempre più fremente, accarezzandogli l’interno delle cosce, afferrandogli i glutei. - Smetti…No…Sto per…- Yuki non si fermò, e lui venne inarcandosi all’indietro con un gemito che cercò di soffocare senza riuscirci del tutto. Yukito bevve il suo seme, lo svuotò, poi risalì verso il suo viso; per guardarlo in faccia, per baciarlo ancora, per tornare ad avvolgerlo col calore del suo corpo. - Merda…- esalò Seiji, ansimando. Era ancora eccitato, e sentì che lo era anche l’altro, ma entrambi stavano cercando di calmarsi. - Mmh…perché dobbiamo alzarci?- si lamentò, ma con un sorriso beato stampato in viso. - Si sta così bene…- Yuki sorrise e lo baciò su una guancia. - Abbiamo ancora una settimana, - mormorò. - poi iniziano le vacanze. - - E’ vero!- esclamò Seiji esultante, poi tornò a rabbuiarsi. - Oh, ma noi dobbiamo allenarci. Saremo in piscina mattino e pomeriggio!- Gemette. - Quel rompiscatole di Yamada mi tartasserà tutto il tempo. - - Se non ti alleni, non migliorerai mai. - - Non ho bisogno di allenarmi tanto, per migliorare! - Yuki si sollevò e lo guardò con un mezzo sorrisino. - Ma davvero…- E cominciò a fargli il solletico. - Non è ancora sceso sotto l’uno e cinquantasei e già si crede un campione. - - Piantala!- si agitò ridendo. - Non riesci a battermi neanche nei duecento!- Seiji spalancò gli occhi. - Bastardo!- Era vero che Yukito aveva fatto un tempo migliore del suo, e la cosa gli bruciava ancora. - E sì che non è nemmeno la mia gara. - Sapeva che l’altro non lo stava veramente deridendo, che voleva solo spronarlo, e al momento divertirsi, ma il pensiero di non essere riuscito a sconfiggerlo neppure nella propria specialità gli dava parecchio fastidio. - Sei un bastardo!! La prossima volta ti distruggo!- - Mh, mh. - - Vedrai. - Cercò di fermargli le mani, che continuavano a solleticarlo, senza riuscire a smettere di ridere. - Dài, smetti…- - Ehi, ragazzi!- Una voce risuonò oltre la porta, insieme ad un bussare pesante, e loro sussultarono. - Siete pronti?!- Entrambi guardarono la sveglia sul comodino. Avevano meno di un quarto d’ora. - Arriviamo subito!- gridò Kurihara, mentre Yuki scendeva dal letto. Fortunatamente la porta era chiusa. - Vi aspettiamo giù.- - Ok. - Raccattò la roba sparsa per terra e la buttò sulla borsa. - Merda, merda, merda! Devo ancora finire di preparare il borsone!- - Te lo avevo detto. - - Non dirmi: te l’avevo detto!! Merda!- Yuki aveva già tutto pronto; già chiuso e ordinato. - Come hai fatto a farci stare tutto?!- - Come ce l’avevo fatto stare prima. - Lo guardò con cipiglio dirigersi verso il bagno. Accidenti a lui e alla sua perfezione! Entrò anche lui in bagno di corsa e aprì l’acqua. - Voglio farmi una doccia e…Che fai?- Yuki si era tolto i boxer e stava entrando nel box insieme a lui. - Devo farmela anch’io. Così non sprechiamo tempo. - I suoi occhi brillavano maliziosi, mentre cercava di trattenere un sorrisino. Il box doccia era così stretto che insieme ci stavano a malapena. - Du…dubito che in questo modo…Yuki non…mph…- Un bacio soffocò le sue parole.
Arrivarono nell’atrio dell’albergo in ritardo, gli occhi stanchi, ma illuminati da una luce raggiante che a stento riuscivano a trattenere.
A scuola, i compagni li accolsero entusiasti, e il preside si complimentò con loro per la bella figura che avevano fatto fare al Liceo. Anche il giornale degli studenti dedicò loro un lungo articolo, completo di foto e di un’intervista all’allenatore. Okajima e Kinimoto andavano in giro più sorridenti che mai, sicuri che le ragazze li avrebbero finalmente presi in considerazione, visto l’interesse sempre maggiore che il club di nuoto stava suscitando nelle studentesse. Lo stesso Kurihara si trovò nell’armadietto ben sette lettere da parte di ammiratrici, che mostrò a Tsukishima con un ghigno di superiorità, subito trasformato in cipiglio quando vide la cascata che eruppe da quello di Okazaki. - Beh, pensa alla noia di doversele leggere tutte. - aveva tentato di consolarlo Hideo, ma con gli occhi che gli brillavano divertiti e un sorrisino ironico. - Idiota!- Quello che dava fastidio a Kurihara, e che Tsukishima non sapeva, non era solo il fatto che Yukito era sempre considerato il migliore, ma anche che aveva sempre tante ammiratrici che gli ronzavano attorno e che gli facevano gli occhi dolci. Magari c’era anche qualche ammiratore! - Se rispondi anche solo a una di esse, - gli aveva intimato a voce bassa, passandogli accanto mentre l’altro stava raccogliendo il mucchio informe di lettere. - ti rompo le ossa. - Non era riuscito a trattenersi. Si era reso conto di essere gelosissimo. Tenuto conto che stavano insieme solo da qualche giorno, e che tutto era ancora nuovo, per lui, la cosa lo aveva un po’ spaventato. Solo che non poteva neanche farne a meno, era più forte di lui. Si fidava di Yuki, ma era anche conscio di quanto il suo aspetto attirasse l’attenzione, di quanto anche solo un suo sguardo potesse affascinare e colpire le persone (non era forse accaduto a lui stesso?), e degli altri non si fidava assolutamente. E poi, Yuki era suo! Naturalmente, avrebbe cercato, per quanto possibile, di nascondere questo lato del proprio carattere, convinto che rappresentasse una manifestazione di debolezza, ma non sarebbe stato facile. Nascondere qualcosa non era proprio la sua specialità, e già avrebbe avuto le sue difficoltà con la cosa più importante. Comunque, al momento era troppo impegnato per pensarci seriamente. La settimana seguente iniziarono le vacanze estive, e con esse il periodo più esaltante e incasinato della sua vita.
…Il più bello della sua vita… Forse era ancora un sogno. Incredibilmente dolce, entusiasmante, meraviglioso, ma sempre un sogno. Quello che aveva sognato per anni, che aveva atteso senza mai credere potesse veramente avverarsi. Ora era lì, e sembrava reale. Non s’illudeva che potesse durare tutta la vita, ma intanto c’era, e lui voleva viverlo il più intensamente possibile. Quando Seiji gli aveva rivelato i propri sentimenti, sulla spiaggia, nel suo solito modo diretto e un po’ rozzo, Yuki si era sentito tremare le gambe, mentre il cuore sembrava gli stesse per esplodere. Non credeva che Kurihara gli avrebbe risposto così presto, ma soprattutto non credeva che la risposta sarebbe stata positiva, che lo avrebbe accettato in quel modo, completamente. Era una cosa che ancora lo stupiva, e il cui pensiero gli faceva venir voglia di ridere e di urlare dalla gioia. I dubbi non erano spariti del tutto, così come una certa insicurezza di fondo, e la paura che il dover interagire con altre persone ancora gli faceva venire. C’era sempre una vocina, in fondo alla sua anima, che gli sussurrava di non farsi accecare dall’entusiasmo, di non illudersi troppo, di non far dipendere tutta la sua vita da quello; ma stava diventando sempre più fievole, e man mano che i giorni passavano, meno convincente. Seiji era rozzo, sì, rumoroso e invadente, sbruffone e un po’ irresponsabile, ma anche generoso, entusiasta, spontaneo, capace di gesti affettuosi e pieni di insolita e sorprendente tenerezza. Voleva dare di sé un’impressione di forza e durezza, che però si scontrava con una gentilezza e un altruismo che sembravano innati. Urlava, sbraitava, sbuffava, lanciava sfide e inveiva contro chiunque secondo lui lo meritasse, Yuki stesso compreso, ma intanto era anche sempre presente quando poteva aiutare, si preoccupava per lui, prendeva le sue difese; per certi versi, a volte, sembrava volerlo proteggere. Come quando era tornato indietro, dopo che aveva già raggiunto la propria stazione, per offrirgli riparo sotto l’ombrello perché era cominciato a diluviare, e d’impulso lo aveva portato a casa propria, che era più vicina e dove avrebbe potuto farsi subito un bagno caldo. Lo aveva tenuto per mano finché aveva potuto, lo aveva investito col suo sorriso, col flusso inarrestabile delle sue chiacchiere, delle smorfie con cui condiva il tutto, e intanto aveva intercalato con frasi pronunciate a voce più bassa, il tono gentile, e lievemente preoccupato. - Hai freddo? Sei tutto bagnato. Con l’aria condizionata ti prenderai un accidente. Stai tremando. - Frasi cui Yuki non era abituato, e che in altri frangenti avrebbe respinto e considerato con sufficienza, ma che dette da Seiji sembravano acquistare un valore particolare, riempiendogli il cuore. Stare con lui si era rivelato sempre più piacevole, oltre che divertente. Una volta accettata la cosa, una volta preso atto dei propri sentimenti, di quello che provava e desiderava, Seiji si era buttato a capofitto in quella che era a tutti gli effetti una relazione di non facile gestione, ma che lui sembrava stare prendendo con entusiasmo misto a una certa serietà. Da quando erano iniziate le vacanze, avevano avuto più tempo per stare insieme. Si vedevano agli allenamenti, che adesso erano sia al mattino che al pomeriggio, e poi, sempre più spesso, Kurihara veniva a casa sua, e ci trascorreva la notte. Fra quelle quattro pareti in cui non viveva quasi mai nessuno, e che Yuki non aveva mai amato come in quell’ultimo periodo, al riparo da sguardi indiscreti e dal giudizio degli altri, entrambi si lasciavano andare, rilassati e tranquilli, e ogni gesto, ogni frase, ogni sorriso divenivano più naturali, più sinceri, più veri. Più profondi. E qualsiasi cosa facessero insieme sembrava più bella e più completa. Anche solo preparare la cena o guardare la televisione, ascoltare la musica o andare a comprare qualcosa. Seiji, rigido e impacciato quando si trattava di dover nascondere i propri sentimenti in presenza di amici e conoscenti, quando era solo con lui si liberava di imbarazzi e paure e tornava espansivo ed entusiasta. E sempre più spesso anche dolce e gentile, anche se, quando se ne rendeva conto, cercava di mascherarlo dietro il solito velo di rude indifferenza e apparente superiorità. Quasi avesse paura che quel suo modo di comportarsi venisse giudicato sconveniente e ridicolo. Forse Yuki non lo avrebbe mai ammesso apertamente, ma gli piaceva. Neanche lui di solito era molto tenero; c’erano volte in cui il suo unico desiderio era avere Seiji per le mani e cominciare a darsi da fare, in qualsiasi posto si trovassero: era successo in palestra, negli spogliatoi, nelle docce, sulla torre dell’orologio ( al pensiero, gli venne da sogghignare…) , una volta stavano per farlo addirittura in piscina, se non fosse stato per il fatto che le vetrate davano su uno dei cortili della scuola. Ma nonostante questo, gli piaceva anche moltissimo tenerlo semplicemente fra le braccia, dormire accanto a lui, sentire i suoi capelli accarezzargli il petto e il soffio lieve del suo respiro sfiorargli la pelle; ascoltarlo borbottare e agitarsi nel sonno, anche se spesso questo gli impediva di dormire; crogiolarsi con lui nel tepore delle coperte, svegliarlo con un bacio e un sussurro, ripagati con i soliti mugugnii di protesta; tenerlo stretto a sé, petto contro schiena, mentre guardavano un film o un anime nella sala video che a Seiji piaceva tanto; baciarlo all’improvviso nei momenti più impensati, fare il bagno con lui, ascoltarlo parlare a ruota libera. Momenti, e gesti, che lo facevano stare bene, e che gli riempivano il cuore di una sensazione meravigliosa e appagante. Come guardarlo dritto negli occhi e leggervi il desiderio, l’attrazione cui l’altro sembrava non riuscire a sfuggire, vederlo proteso, incantato, incatenato al suo sguardo, incapace di pensare ad altro se non a lui, a loro due, mentre il respiro gli si faceva più affannato e il volto si arrossava. Gli piaceva, quando arrossiva, e gli piaceva avere quel potere su di lui, gli dava un senso di forza, quasi di dominio, mai provato, ma anche di gioia, e di esaltazione. In quei momenti, lo sentiva come una parte di sé, come qualcosa di suo, completamente suo. La sua vittoria più importante. E voleva poterla assaporare fino in fondo, respirarla, viverla, lasciarcisi cullare finché poteva. Finché fosse durata. Il pensiero di perderlo non smetteva mai di tormentarlo, come una lama puntata contro il suo petto che lo punzecchiasse quasi costantemente, ma lui cercava di scacciarlo, o almeno di nasconderlo. Non che Seiji sembrasse poco convinto o insicuro, ma c’erano indubbiamente altri fattori che potevano interferire. Come i suoi amici. O Yuki stesso. …E i suoi sogni…
- Che palle!- Kurihara entrò in palestra imprecando a voce alta, cosa che in quegli ultimi giorni accadeva sempre più spesso. - Non vedo l’ora di essere agli Interscolastici, così quel vecchio rompiscatole la smette di sfracassarmi i coglioni!- Naturalmente si stava riferendo a Yamada, che continuava a tartassarlo e a pretendere da lui sempre di più, e Yukito fece un sorrisino. Per lui, era naturale che un allenatore fosse esigente e più severo quando teneva particolarmente ai risultati di un proprio atleta, e poi era anche vero che Seiji tendeva a fare troppo affidamento sulle proprie capacità naturali e ad adagiarsi sui successi ottenuti, quasi fossero una garanzia anche per gli scontri successivi; se non avesse avuto l’allenatore sempre sul collo, probabilmente non si sarebbe impegnato così tanto. Ma al momento, non lo disse, e si limitò ad osservare l’altro con il sorriso sulle labbra. - Perché a te non dice quasi mai niente?!- continuò a lamentarsi, mentre si scioglieva i muscoli con lo sguardo corrucciato. - Forse perché non ce n’è bisogno. - azzardò Yuki, cercando di non far trapelare il divertimento che sentiva crescere dentro. - Mh, forse. - commentò Seiji quasi soprappensiero, poi si riscosse e lo guardò. - Ehi! che cavolo stai cercando di dire??! Guarda che anch’io sono agli Interscolastici esattamente come te! e so benissimo che dovrò dare il massimo, per vincere! Non c’è bisogno che che che quell’idiota continui a sbraitarmelo dietro!!- Si stava infervorando, e la voce gli si alzò ulteriormente. Sembrava un bambino che cercava di farsi ascoltare, e Yuki accentuò il sorriso. Lo divertiva, quando si accalorava. Lo divertiva spesso, a dire la verità. - Cos’hai da ridere?!- sbraitò. - Non sto ridendo. - rispose, calmo. Aveva scoperto che questo contrasto fra il loro modo di discutere e di affrontare certe situazioni metteva leggermente a disagio il compagno, e per certi versi gli piaceva. - Beh…Mi…mi stai prendendo in giro! Non…- - Stavo solo cercando di dire che se vuoi migliorare davvero, non puoi impegnarti solo nelle gare, ma anche negli allenamenti. - Seiji grugnì. - Questo lo so già da solo!- Yuki lo guardò di sottecchi. - Però a volte non sembra…Mentre per quanto riguarda me è diverso.- - COSA??- Kurihara sbraitò di nuovo e Okazaki, stavolta, ridacchiò davvero. - Sei…Sei proprio un…- - Che cosa…?- lo incitò con aria innocente. Adorava queste schermaglie. - Un presuntuoso, arrogante, insopportabile, antipatico, stupido, pieno di te…- Okazaki sapeva che l’altro non lo pensava veramente, o se lo pensava, non era con cattiveria. Rise ancora e cominciò a caricare un’altra macchina coi pesi. - Vogliamo solo che tu dia il meglio, e che faccia fruttare al massimo le tue capacità. - disse poi, quando Seiji tacque. - So bene che un allenamento è molto meno coinvolgente ed entusiasmante di una gara, ma è importante non trascurarlo, altrimenti diventa tutto inutile. - Stava parlando in tono leggero, ma credeva veramente a quello che diceva. Alle sue spalle, sentì Seiji inspirare rumorosamente. - "Vogliamo"…?- chiese a voce più bassa, quasi un mormorìo. - Il professor Yamada, naturalmente…- e voltò il capo a guardarlo. - E io. - Seiji lo guardava a occhi spalancati; sembrava sorpreso, e colpito. Poi arrossì e distolse lo sguardo. - Aah…beh…- borbottò imbronciato. - Non avete di che preoccuparvi. - Yukito lasciò perdere gli esercizi e gli si avvicinò un poco. - Davvero?- mormorò, e aspettò che l’altro si voltasse verso di lui. Lo fece subito. - Certo!- esclamò già di nuovo aggressivo; poi vide il suo viso, il sorriso dolce che emanava addirittura dagli occhi, e lasciò andare il respiro aggrottando le sopracciglia. - Scemo. - l’insulto di per sé inconsistente. Sembrava apprezzare il suo interessamento, ma pareva anche dargli fastidio dimostrarlo apertamente. Yuki non smorzò il proprio sorriso e fissò il compagno con intensità; aveva voglia di baciarlo, di tenerlo stretto a sé, di toccare, e assaporare, la sua pelle. Si avvicinò di un altro passo e lesse lo stesso desiderio negli occhi dell’altro. Quelle cose lo imbarazzavano sempre, forse lo imbarazzava il fatto di sentirsi attratto da Yuki in modo quasi inesorabile, soprattutto lo imbarazzava trovarsi in quelle situazioni in luoghi troppo poco sicuri e aperti a tutti, ma non si tirava mai indietro; e comunque, era spesso incapace di trattenere i propri impulsi, qualsiasi essi fossero, e se provava qualcosa difficilmente riusciva a tenerlo nascosto. Esattamente come in quel momento. - Yuki…- provò ad ammonirlo; ma non si allontanò, e il suo sguardo continuava ad essere fisso su di lui, sul suo viso, sulle sue labbra. Yuki si avvicinò ancora, gli fece passare le braccia intorno alla vita, lo strinse a sé. Sentiva il respiro del compagno farsi sempre più veloce, il petto che si alzava e si abbassava contro il proprio. Le sue labbra erano così vicine…E così i suoi occhi… Vi posò lo sguardo, alternativamente, mentre avvertiva i battiti del proprio cuore aumentare vertiginosamente, a ritmo col respiro di Seiji. - Yuki…Non possiamo tutte le volte…- Era arrossito, e Yuki non riuscì a trattenere un lieve sorriso. Aveva ragione: finiva sempre così! Ed era anche vero che dovevano stare attenti. Però, lo vide passarsi la lingua sulle labbra, deglutire, avvicinare quasi impercettibilmente, ma ancora di più, il viso al suo; quasi non riuscisse a fare altro, quasi non ci fosse altro se non quel momento fra loro, e il desiderio che pareva aumentare a dismisura in entrambi. Gli sfiorò il naso con il proprio, poi appoggiò le labbra sulle sue. Kurihara lasciò andare il respiro e si rilassò subito fra le sue braccia, facendogli scivolare le proprie attorno al collo e offrendogli la sua bocca senza esitazione, stringendosi a lui e assaporando le sue labbra con lo stesso identico ardore con cui Yuki stava divorando quelle di lui. Il suo sapore era inebriante, la sua eccitazione sconvolgente. Yuki avrebbe voluto continuare all’infinito. Invece si staccò, per riprendere fiato. Seiji aprì lentamente gli occhi. - Yuki…Sei… impazzito?- sussurrò quasi in trance, le labbra ancora sulle sue e un sorrisino che vi aleggiava.- La porta dev’essere pure aperta…- Aveva nuovamente ragione, ma non pareva seriamente preoccupato. Yuki ridacchiò sommessamente. Probabilmente sì, stava impazzendo. …impazzendo per quel ragazzo incontenibile, invadente, entusiasta, travolgente… - Yamada è andato via. - bisbigliò. - E anche Yamazaki senpai. Ci siamo solo noi. - Kurihara ridacchiò a propria volta, e lo baciò ancora, un tocco leggero, dolce. - Se continuiamo così, i nostri allenamenti dureranno sempre di più!- sghignazzò di nuovo spensierato. - Hn…- Okazaki si strinse nelle spalle. - Oh, lo so che tu non hai nient’altro da fare, ma io sì!- Yuki tirò indietro la testa per guardarlo meglio. - Ma davvero…E da quando?- - Da sempre! Dài, spostati che devo ancora iniziare gli esercizi. - ma intanto rimaneva ancora stretto a lui. - Io non ti sto trattenendo…- mormorò di rimando, malizioso. Seiji fece una smorfia e lo lasciò andare. - Mi stai distraendo dai miei doveri di atleta integerrimo. - lo accusò, avvicinandosi a una delle macchine, e Yuki scoppiò a ridere. Non aveva mai riso tanto come da quando aveva conosciuto Seiji. "…Dovresti farlo più spesso…" gli aveva detto alla spiaggia. - C’è poco da ridere! Lo dirò a Yamada!- Lo stava facendo, ed era grazie a Seiji. - E poi, non eri tu che dicevi che devo impegnarmi negli allenamenti? e non devo lamentarmi né pensare ad altro?- Non riusciva a smettere. - Piantala, scemo! Sto parlando seriamente.- Ma lo guardava sorridente, e in qualche modo compiaciuto. Quasi fosse contento della sua reazione. Anche Yukito riprese con le proprie serie, mentre ascoltava il compagno, che aveva cominciato a parlare quasi senza prendere fiato come suo solito, specie quando era di buonumore, e si chiedeva come ci riuscisse anche durante le sedute di pesistica, quando il fiato normalmente mancava già per la fatica e lo sforzo. Ansimava, sbuffava, ma non smetteva di parlare! Era incredibile! - Devo anche andarmi a comprare un costume nuovo. Quello che ho per le gare fa schifo. Mio padre mi ha dato i soldi. - Sogghignò soddisfatto, poi si voltò a guardarlo con uno scatto. - Ehi! ti va di venirci con me, dopo? Kinimoto mi ha detto che hanno aperto un nuovo negozio di abbigliamento sportivo dalle parti di Shibuya. Potremmo andare e poi fermarci da qualche parte a pranzare. Eh? che ne dici?- gli fece un gran sorriso, che lasciò Yukito senza fiato quasi quanto la proposta appena fattagli. - Offro io!- Lo guardava con gli occhi scintillanti, lo sguardo acceso ed entusiasta, e Yuki avvertì il proprio cuore stringerglisi in una morsa, dolce e dolorosa insieme, quasi un tentativo di bloccarne il battito furioso, mentre il sangue gli saliva comunque alle guance. Seiji non gli proponeva mai di andare da qualche parte con lui, non in centro, non nei luoghi che sapeva più frequentati dai propri amici e dai compagni del club o di classe. Era una cosa che ancora non riusciva a fare, che ancora lo bloccava. Non voleva che qualcuno di loro lo vedesse in giro con lui, non con quella familiarità e quella confidenza che adesso erano naturalmente esistenti fra loro due; non avrebbe saputo come spiegarlo, non sarebbe riuscito a giustificarsi. Non glielo aveva mai detto apertamente, ma Yukito lo sapeva. Notava come cambiava non appena qualcuno dei suoi amici lo scorgeva insieme a lui, come si irrigidiva, immediatamente a disagio, come tentava in qualche modo di riprendere l’atteggiamento ostile che aveva sempre dimostrato nei suoi confronti e che ormai tutti si aspettavano da lui. Se erano usciti insieme, finora era stato solo dalle parti di casa di Okazaki, che era lontana e sicuramente non luogo di ritrovo degli studenti. A volte gli faceva un po’ male, ma in fondo ci era abituato; e poi sapeva di non poter pretendere troppo in così poco tempo. Seiji lo aveva accettato, aveva accettato i propri sentimenti per lui, ma ancora non era in grado di sostenere il giudizio degli altri. Altri che erano amici, parenti, compagni; persone che gli erano vicine, alcune da anni, altre da tutta la vita. Per Yuki era diverso, forse più semplice… Nella sua, di vita, non c’era nessuno. …Solo Seiji…E solo adesso… Invece ora gli stava chiedendo di andare in centro con lui, in un negozio, e a mangiare insieme, come due amici, come aveva certamente fatto spessissimo con gli altri. Yuki non sapeva se esserne felice o spaventato. - Allora? vieni?- Yukito si passò la lingua sulle labbra e distolse lo sguardo. - Ok. - mormorò piano. - Perfetto!- esclamò l’altro esultante. - Così mi dài anche un consiglio sul costume da prendere. Il costume della vittoria!- Gli fece l’occhiolino e Okazaki scosse il capo divertito. - E poi, a mangiare! Ho già una fame, accidenti! Anche con questo caldo…I miei si sconvolgono sempre di più da tanto mangio. - - E’ perché ti alleni due volte al giorno. - - Già. Non ci facciamo certo delle passeggiate. Ieri ho macinato quasi sedici chilometri! Senza contare gli scatti…Che ovviamente non sono mai da cinquanta, i miei! merda! Yamada sta davvero esagerando! Ok, ok non mi lamento: devo solo pensare agli allenamenti e a migliorarmi! Uff…Però è uno stress. Oi, cosa ti va di mangiare? Udon, soba, curry...? Oppure MakuDo o Danny’s…Niente di sofisticato, eh? non ho molti soldi. Probabilmente dovrò cercarmi un lavoretto, magari part- time, giusto per tirare su qualcosina, anche se la voglia non è molta. Anche Hideo lo sta facendo. E’ l’unico ad essere rimasto in città: gli altri se ne sono andati tutti al mare. - Yukito sospirò: ecco perché lo aveva invitato…- Bastardi! ne avrei una voglia anch’io! Anche quello schifoso di Okajima è andato con gli altri, invece di restare ad allenarsi! Pure lui ha le gare! Ehi, non sarebbe bello se ci potessimo andare anche noi? Solo qualche giorno…- Yuki annuì con un sorriso lieve. Sì, sarebbe stato bello… Ma probabilmente impossibile. - Non mi sembra giusto che noi…- Un lieve bussare alla porta lo interruppe. Uno dei pochi eventi che avrebbe potuto farlo, in quel momento ( a parte forse una bomba! ). Comunque, si voltarono stupiti entrambi. La porta non era chiusa, e in ogni caso non c’era bisogno di bussare, per entrare in palestra. - Avanti. - invitò Kurihara. - Ah, scusate. - Yamazaki fece capolino con un sorriso contrito, e Okazaki si ritrasse all’erta, lo sguardo freddo e imperscrutabile dietro cui era abituato a nascondersi. - Yama- kun…- Seiji lo apostrofò sforzandosi di apparire naturale, ma si era irrigidito e il suo sorriso era forzato. - Che cavolo ci fai ancora qui?!- - Stavo…stavo già andando a casa, e mi sono accorto di aver dimenticato l’orologio da qualche parte. Scusatemi…- - Aah, ma figurati. Hai guardato negli spogliatoi?- Kurihara si era alzato e stava aiutando l’altro a cercare l’oggetto; Yuki invece rimase dov’era, naturalmente in silenzio, lo sguardo cupo e penetrante che continuava a seguire il nuovo arrivato. - Li ho girati in lungo e in largo, ma non l’ho trovato. - Yamazaki sembrava a disagio, e imbarazzato, impacciato più di quanto non fosse di solito; e pareva non vedesse l’ora di togliere il disturbo. - Ehi! eccolo qua!- Seiji si allungò dietro una delle panche e tirò fuori l’orologio. Yamazaki s’illuminò e lo ringraziò. Yukito continuava a fissarlo, freddo e accigliato. - Grazie ancora. Grazie. - Yamazaki s’inchinò, mentre raggiungeva la porta e la riapriva. - E scusatemi ancora, non volevo interrompervi. - Abbassò gli occhi, e a Yuki parve che arrossisse. Un brivido improvviso gli percorse la schiena. - Ma va! Una pausa mi ci voleva: non ne posso più!- Seiji rise, ormai a proprio agio, e fu imitato, anche se più sommessamente, dal senpai. Poi Yamazaki salutò e uscì. Lanciò solo un breve sguardo verso Okazaki, subito distolto; uno sguardo fugace che Yuki non riuscì a decifrare appieno. Si rese solo conto che l’altro era arrossito ancora di più, e una morsa ammonitrice gli afferrò lo stomaco. Riprese e terminò gli esercizi senza prestarvi attenzione, soprappensiero. Kurihara non sembrava essersi accorto di nulla e aveva ripreso a chiacchierare, ma Yuki aveva avuto la sensazione che il senpai potesse aver intuito qualcosa sul cambiamento del loro rapporto, e la cosa lo aveva messo in apprensione. Non voleva che girassero voci, non voleva ricominciare con gli sguardi derisori e imbarazzati, le risatine di disprezzo, i mormorii, i voltafaccia. Più che altro, non voleva che, per questo, Seiji si allontanasse da lui. Non così presto… Cominciava ad essere stanco di quelle cose. A volte si chiedeva cosa stesse facendo di male: gli piaceva una persona, esattamente come piaceva a miliardi di altre persone al mondo. Il fatto che fosse dello stesso sesso non cambiava affatto la cosa in sé… Perché lui non poteva esternare il proprio affetto come facevano gli altri? Non era solito manifestare i propri sentimenti con facilità, preferiva tenere tutto per sé, chiuso nel proprio cuore, al sicuro da intrusioni, ferite, incomprensioni; ma in quel caso avvertiva sempre più frequente l’insofferenza che il dover nascondere certi impulsi gli faceva venire. Non voleva trattenersi, non voleva nascondersi: voleva potergli sorridere, voleva abbracciarlo, accarezzarlo, guardarlo, perdersi nei suoi occhi tutte le volte che lo desiderava, senza dover stare attento agli altri, senza farsi problemi. Come faceva quando erano soli. Perché gli altri non potevano accettarlo? Lasciò andare il respiro. Ora ci mancava solo che Yamazaki andasse a spifferare ai compagni che li aveva scoperti a parlare e ridere come due vecchi amici! Beh, messa in questo modo non ci sarebbe stato niente di male, o di sospetto: avevano appianato le loro divergenze e si erano avvicinati. Abbastanza normale. A meno che Yamazaki non fosse arrivato prima di quanto avesse fatto loro credere… Sospirò di nuovo. - Che c’è, Yuki?- La voce di Seiji lo riscosse. Erano già alle docce; avevano finito senza che lui se ne fosse quasi accorto. Kurihara lo guardava interrogativamente, e forse con un briciolo di preoccupazione. Lui scosse il capo con un lieve sorriso. - Niente. Stavo solo pensando. - rispose. Il compagno fece una smorfia. - Ok. Dillo apertamente che sono noioso, e che non mi puoi sopportare! Scommetto che non mi ascolti neanche!- - Ma non è vero…- - Beh, tu te ne stai sempre così zitto che io devo parlare per due!!- Yuki aveva l’impressione che parlasse tanto in presenza di chiunque, ma non glielo disse. Ridacchiò e scosse nuovamente la testa. - Mi tocca riempire i tuoi silenzi! E poi passo per quello che blatera a vanvera…!- Agitò le braccia, esagerando la propria esasperazione; poi d’improvviso, d’impulso, ne allungò uno verso di lui e gli passò una mano lungo una guancia, con delicatezza. - Tutto ok, sì?- aggiunse, a voce bassa. Un gesto naturale, spontaneo, che colpì Yukito fino in fondo all’anima. Se c’era una cosa che adorava di lui, era proprio la sua spontaneità. Spesso, Seiji non pensava a quello che faceva: lo faceva e basta. E questo, per Yukito, rendeva tutto più vero. In quel momento, contava più quel semplice gesto di qualsiasi dichiarazione ponderata. Ma simili gesti non erano tanto frequenti, e in ogni caso Yuki non ci era abituato. Sbatté le palpebre e deglutì a fatica. - Tutto ok. - sussurrò poi, annuendo piano e sentendosi arrossire. Avrebbe anche avuto voglia di abbracciarlo, ma ci rinunciò, scostandosi, per timore che Yamazaki fosse ancora nei paraggi e potesse scorgerli. - Mh. - Kurihara annuì a propria volta, fissandolo negli occhi, poi si infilò sotto l’acqua, senza che Yuki avesse capito se avesse creduto o meno alla sua affermazione. - Accidenti, è già tardi. Ecco perché ho tanta fame!- Okazaki seguì l’esempio del compagno, deciso a non pensare ai propri timori e a concentrarsi solamente sulle ore che avrebbe trascorso insieme a Seiji. L’idea lo eccitava stranamente. Di solito, non amava uscire, o andare in qualche locale, ma quella volta era diverso, e stupidamente il pensiero gli faceva aumentare i battiti del cuore. Era una cosa davvero stupida, ma quanto mai reale. Uscì dall’edificio inspirando l’aria calda del mezzogiorno con il sorriso sulle labbra. Che si spense subito, non appena scorse la figura che si stava dirigendo verso di lui. Era un amico di Seiji, il suo migliore amico; era anche venuto a fare il tifo per lui ai Regionali… Strinse la mascella e lo guardò con freddezza, mentre il cuore aumentava i battiti. Presagiva quanto stava per accadere… - Ciao Okazaki. - lo salutò l’altro con un sorriso, le mani sprofondate nelle tasche dei bermuda larghissimi. Yuki gli fece solo un cenno del capo, l’espressione impassibile. Dentro di sé stava già cominciando ad odiarlo. - Avete finito, vedo. Kurihara è già andato via?- …Tsukishima! Ecco come si chiamava… - Sta arrivando. - rispose con voce cupa. Seiji aveva dimenticato la cuffia ed era tornato a riprenderla, rimanendo indietro. La dimenticava sempre da qualche parte. - Bene. Allora lo aspetto. - Tsukishima sorrise ancora e Yuki distolse lo sguardo, udendo alle proprie spalle la voce sonora di Seiji che si avvicinava. - Finisce che mi rapo a zero! così non dovrò più usare queste odiosissime cuffie! Oltre a darmi fastidio, le lascio sempre……Ehi! Tsukishima!- Aveva scorto l’amico e gli si fece subito incontro. - Che ci fai qui?- Si salutarono battendo un pugno contro l’altro, come due vecchi amici, compagni da una vita di giochi, peripezie, sconsideratezze. - Oggi ho avuto il turno di mattina e ho pensato di passare a prenderti per andare a mangiare qualcosa insieme. - Yukito cominciò a scendere le scale lentamente. - Ah…mh…Devo…devo andarmi a prendere un costume. E…e poi ho l’allenamento anche di pomeriggio e…Facciamo un’altra volta, ok?- - Non so quando ci sarà una prossima volta: di solito ho il turno del pranzo. Possiamo andare insieme a comprarti la roba; e torneremo giusti giusti per l’allenamento. Così parliamo un po’. E’ da tanto che non usciamo insieme. - Yuki arrivò alla fine delle scale e si fermò. Si accorse che stava tenendo le mascelle così strette da fargli male. Anche il cuore gli faceva male. Un dolore acuto e familiare che gli attraversava tutto il corpo, facendolo quasi tremare. - Ssì…ma…- Seiji tentennava ancora, impacciato e incapace di trovare la miglior soluzione al problema. Soluzione che non poteva che essere una sola. Yukito raddrizzò le spalle e fece un breve sospiro. - Ci vediamo. - salutò poi, con voce atona, e s’incamminò verso il deposito delle biciclette. Non si voltò a guardare indietro, alzò solamente una mano, a mo’ di saluto. Sapeva che Seiji non lo avrebbe seguito, che non lo avrebbe fermato; anche se magari, in qualche modo, lo avrebbe voluto. Lo udì farfugliare qualcosa, rispondere a Tsukishima, sbuffare, ma la sua voce non lo richiamò, i suoi passi non lo inseguirono. Seiji si allontanò insieme all’amico, e lui rimase da solo. Ancora una volta. Si strinse nelle spalle. In fondo, non era una novità. …allora, perché faceva così male?…
Lo guardò allontanarsi ed ebbe voglia di urlare. Per la frustrazione, la rabbia, l’esasperazione. Detestava quelle situazioni, ma soprattutto detestava il fatto di non riuscire a fare niente per opporvisi. Non ce la faceva. Avrebbe dovuto spiegare a Hideo che aveva già un impegno, e che ce lo aveva proprio con Okazaki; oppure avrebbe potuto proporre di andare tutti e tre. Ma non ce l’aveva fatta. Non ce la faceva mai. Eppure c’erano volte in cui avrebbe voluto esternare tranquillamente i propri sentimenti, come faceva di solito con tutto; era frustrante, e sempre più difficile, per lui, tenerli a freno. E in certi momenti si sentiva così orgoglioso di quello che provava e per chi, che avrebbe avuto voglia di gridarlo al mondo intero. Ma in presenza degli altri, specie di amici e compagni, si bloccava, e il suo unico pensiero era fare in modo che non si accorgessero di nulla. Così aveva accettato l’invito di Tsukishima, lasciando che Yuki se ne andasse da solo, come un estraneo, come tutti erano abituati a vederlo andar via. Sicuramente Okazaki si era arrabbiato, e il pomeriggio lo avrebbe trattato con freddezza, guardandolo come se non gliene fregasse niente di lui. Se c’era una cosa che non sopportava… Beh, se l’era cercata: lo aveva invitato, lo aveva stuzzicato, e poi si era tirato indietro all’ultimo. Era proprio un idiota! Se Yuki ce l’aveva con lui, aveva tutte le ragioni del mondo. Doveva trovare il modo di rimediare, e anche… Hideo lo richiamò e lui si riscosse; si era distratto, rimuginando silenzioso, e l’amico, ora, lo osservava interrogativamente. Doveva stare attento. Fece un gran sorriso e prestò attenzione a quello che diceva Tsukishima. Ci riuscì per tutto il periodo del pranzo e del primo pomeriggio, apparentemente senza destare sospetti nell’amico, ma comunque continuando a pensare a come rimediare con Okazaki. L’idea gli era venuta mentre erano sulla via del ritorno, passando davanti ad un piccolo supermercato. - Curry!- aveva urlato d’improvviso, battendosi un pugno sulla mano, e facendo sussultare Tsukishima. Ecco la soluzione! Era uno dei piatti preferiti di Yuki, e lui glielo avrebbe preparato quella sera. Già si immaginava una cenetta intima, loro due da soli, senza nessuno che li disturbasse. Sarebbe stato perfetto. Comprò subito gli ingredienti, facendosi aiutare da due signore che stavano facendo la spesa e seguito da uno stralunato Tsukishima, e si avviò verso la piscina tutto gongolante. Non aveva ancora avvertito Yukito dei propri programmi, e tantomeno lo aveva convinto ad accettarli, ma era determinato a riuscirci. Doveva farlo a tutti i costi. Quando arrivò, Okazaki lo salutò come al solito, ma Seiji si accorse che era un po’ distante, e che tale voleva rimanere. Non tentò in nessun modo di restare da solo con lui, come invece ultimamente entrambi facevano, e questo suonò come un campanello di allarme ai sensi di Kurihara. Riuscì a bloccarlo solo nello stanzino degli arnesi per la pulizia del piano vasca e lo apostrofò subito, deciso a farsi ascoltare, e più di ogni altra cosa a farsi perdonare. In un modo che ancora non riusciva a spiegarsi bene, detestava fargli del male. E voleva che l’altro lo capisse. - Yuki, io…mi dispiace…- farfugliò. Accidenti! quelle situazioni lo mettevano in imbarazzo, e nonostante tutti i suoi buoni propositi, s’impappinava sempre. L’altro non disse niente, e continuò con quello che stava facendo, non aiutandolo certo a farlo sentire più sicuro. - Senti…Mi…mi dispiace sul serio. Non volevo che…che andasse così. Non potevo immaginare che Hideo sarebbe venuto qua e…- Ancora silenzio. Seiji strinse un pugno. - Ok! sono un idiota!- urlò, agitandosi. - un cretino! e ho sbagliato! Ti avevo promesso una cosa e poi mi sono tirato indietro. E tu hai ragione ad essere arrabbiato. - - Non sono arrabbiato. - Solo un mormorio, quasi inudibile. Kurihara lasciò andare il respiro; Yuki gli dava sempre la schiena, e ancora non lo aveva guardato. Segno che voleva dargli ad intendere che non gli importava niente, anche se non era vero. Quello scemo non avrebbe mai ammesso che c’era rimasto male per una cosa del genere, quando si vantava di fare sempre tutto da solo e di non avere bisogno di nessuno. - Non è vero che non sei arrabbiato! Mi sono comportato male e se ce l’hai con me, beh…hai tutte le ragioni del mondo. E’ colpa mia, e…Voglio scusarmi, ok? E rimediare. E…lo so che adesso è tardi, ma… - - Non importa. - Altro mormorio, e un’alzata di spalle. - Non c’è bisogno di rimediare niente. Va bene così. - Accidenti a lui! - Non va bene un accidente! Perché non mi dici quello che pensi? Vuoi che io sia sincero con te, ma tu in compenso tieni tutto per te!!- Che diavolo stava combinando? Non era certo quello il modo per convincerlo ad accettare il suo invito!- Mh…sì. Non è questo…però…Merda, Yuki! guardami!- E l’altro finalmente alzò lo sguardo su di lui, di scatto, un lampo che quasi lo trafisse. Feroce. Intenso. Ora sembrava davvero arrabbiato, e Seiji deglutì. Forse aveva esagerato. - Ti ho detto che non importa. Ho capito che ti è dispiaciuto, e non hai bisogno di continuare a scusarti. Mi…mi sarebbe piaciuto pranzare con te, ma ho capito che non sarebbe stato possibile appena ho visto quel tuo amico avvicinarsi. E comunque, non ce l’ho con te.- Si strinse ancora nelle spalle. - Questo è quello che penso. Va meglio, ora?- Kurihara prese fiato, poi richiuse la bocca. Lo aveva aggredito quasi fosse stato Yuki colpevole di qualcosa, mentre era stato lui a ferirlo. - Volevo solo… - borbottò, distogliendo lo sguardo. - Volevo solo dirti che mi dispiaceva, ok?- - Ok. - sospirò l’altro. - Ora sarà meglio andare, dobbiamo ancora pulire tutto. - Era vero. Probabilmente Yamazaki si stava chiedendo che fine avessero fatto. Ma lui non aveva ancora finito. - Senti…Ti andrebbe…Ehm, ti andrebbe di cenare con me?- Yukito lo guardò un po’ stupito, e lui alzò le mani davanti a sé. - Non ti sto prendendo in giro, te lo giuro! E non mi tirerò indietro all’ultimo momento. E’ un invito serio…Curry. Eh? che ne dici? Noi due soli soletti, e nessun altro che ci rompa le scatole. - - A casa mia?- - Aaah…- Che cretino! Aveva dato per scontato che sarebbero andati alla villa di Yuki, che era sempre vuota, ma non poteva proporre un appuntamento pretendendo di invadere la casa dell’altro senza avergli chiesto niente. - Aah…Ecco, non so…- Merda! poteva invitarlo al ristorante. Sarebbe stato più carino. Perché non ci aveva pensato prima? Non ne faceva mai una giusta! - Non credo di avere gli ingredienti per fare il curry. - disse Okazaki, pensieroso. - Non lo so per certo, ma…- - Ah! ma se è per questo, non devi preoccuparti!- esclamò Kurihara, di nuovo galvanizzato. - Ci penso io. Penso a tutto io! Ti preparerò una cenetta che non dimenticherai!- Yuki lo guardò con un sopracciglio alzato e una smorfia. - TU preparerai il curry?!- La voce del ragazzo suonò perplessa e scettica, e Seiji si accigliò. - Beh? Cos’è quella faccia?! Guarda che sono bravissimo!- - Mh, mh. - Yuki annuì, ma non sembrava molto convinto, e soprattutto pareva fosse divertito dalla cosa. - Non ti fidi di me?!- Alzò la voce, ma non era alterato sul serio; gli occhi di Yuki erano tornati a brillare, e questa era la cosa più importante. - Sì, sì, mi fido…- Sempre meno convinto, e sempre più divertito. Lo stava prendendo un po’ in giro, ma a Seiji non importava. - Allora ti va?- chiese, più serio. Yuki lo fissò. - Mi va. - disse, piano, e finalmente sorrise, togliendo un peso enorme dal cuore di Seiji. Era sempre bello vederlo sorridere… E in quella occasione lo fu ancora di più. Così, quella sera si ritrovarono entrambi nella grande e attrezzatissima cucina di casa Okazaki, intenti a preparare la cena. O almeno, Seiji ci stava provando, mentre il compagno lo osservava scettico e divertito. - Accidenti! Ci saranno delle istruzioni, da qualche parte!- sbottò Kurihara dopo aver tentato invano di capirci qualcosa. Non aveva mai preparato del curry in vita sua, ma aveva creduto che non dovesse essere così difficile. A dir la verità, non aveva mai cucinato niente da solo, e forse era per questo che si muoveva fra i fornelli come spaesato. - Istruzioni?!- La voce di Yuki suonò fra il sorpreso e l’ironico. - Beh, sì…qualcosa di scritto che mi spieghi…- - Sai quello che stai facendo, vero?- Yuki, ora, si era avvicinato, e lui sussultò lievemente. Era dietro di lui e osservava il piano di lavoro da sopra la sua spalla. - Certo che lo so!!- sbraitò lui. - Se solo tu non mi stessi fra i piedi, io lavorerei meglio!- - Davvero?- Gli fece scivolare le braccia attorno alla vita e gli diede un bacio sul collo, stringendosi di più a lui. Seiji trattenne il respiro, cominciando subito a sentire più caldo. - Ecco, vedi?! Mi…mi distrai, e…e poi mi fai sbagliare…- - Hn. - Un altro bacio, dietro l’orecchio, e lui rabbrividì. Se Yuki non la smetteva subito…- Stai già sbagliando. - - Cosa?!- Voltò di scatto il capo verso il compagno. - Cosa ne sai, tu??!- L’altro lo guardò con l’aria fra il malizioso e l’ingenuo che presagiva una frecciatina. - Lo vedo. IO so come si prepara il curry. A differenza di qualcuno…- Il suo volto, vicinissimo, era lievemente arrossato, e gli occhi scintillanti parevano emanare luce. Gli sfiorò il naso con il proprio e Seiji, senza pensare, lo baciò sulle labbra, rendendosi conto troppo tardi che invece doveva essere offeso. Quel bastardo lo faceva apposta per confonderlo! Tornò a mettere il broncio e cercò di divincolarsi, anche se si accorse lui stesso che non ci stava mettendo troppa convinzione. - Ehi! Cosa…cosa cavolo vorresti sapere tu?- Yuki tirò fuori la lingua e sorrise. - Io non ho mica la mammina che mi prepara tutto. - - Però hai la tata!!- gli rinfacciò. Accidenti a lui! si credeva sempre superiore. - Obaa- san non c’è, di sera. E nemmeno il Sabato e la Domenica. Chi credi che faccia da mangiare, quando non c’è?- Sbatté le palpebre con aria innocente e continuò a sorridergli. …Dio, quegli occhi erano qualcosa di meraviglioso… Seiji si strappò a fatica da essi, tornando ad occuparsi di quello che stava facendo. - Non me ne frega niente! Ti ho promesso una cena, e ora te la preparerò!- Non poteva gettare la spugna così presto! Sentì la risatina leggera del compagno. - Ma io vorrei arrivare vivo fino a domani. - gli sussurrò in un orecchio, e lui si girò completamante. - Cosa…?!! Sei un bastardo!! Chi ti credi di essere?? Solo perché…- Yuki scoppiò a ridere e Seiji si morse un labbro per non unirsi a lui. Gli piaceva troppo quando rideva. Lo sentiva più vicino. Anche perché era solo con lui che si lasciava tanto andare, con lui che rideva, e sorrideva, e parlava. Quando rideva così, era solo suo… - Sei un cretino pieno di te! Sono capace anch’io a fare da mangiare come te, cosa credi!? Anche perché non sarà poi così difficile. Chissà che schifezze ti prepari di solito!- Il compagno strinse le labbra per smettere. - Facciamo insieme, ok?- Seiji si accigliò. - Ma ti avevo promesso una cena…- - E la prepareremo. Dài, fammi spazio, che ti do una mano. - Kurihara sospirò. Merda! quell’insopportabile saccente aveva sempre ragione. - Uff…Lo sapevo che era meglio se ti invitavo al ristorante. - mugugnò. Ora al suo fianco, Yukito voltò la testa verso di lui. - Al ristorante avremmo dovuto trattenerci, e comportarci in un certo modo. Qui siamo più liberi, e possiamo fare quello che vogliamo. - Anche Seiji si voltò verso il compagno. - E’ stata una bella idea, mi è piaciuta. E poi, hai pensato al curry, che è uno dei miei piatti preferiti. Qualsiasi cosa ne verrà fuori, sarà comunque perfetta. - reclinò lievemente il capo su una spalla, guardandolo con dolcezza, e Kurihara si sentì arrossire. - No?- Seiji non disse niente. Si passò la lingua sulle labbra, mentre ancora una volta si faceva sorprendere dalla bellezza dell’altro. Certo che sarebbe stato tutto perfetto: erano insieme! Fece un lungo, rumoroso respiro, poi fece l’atto di tirarsi su le maniche, cosa inutile visto che indossava una t- shirt, e sorrise a propria volta, con aria risoluta. - Ok! Diamoci da fare!- Naturalmente, fece quasi tutto Yukito, anche solo guidando nelle diverse operazioni Seiji, che invece si trovò in difficoltà anche per accendere il bollitore per il riso. Si rovesciò addosso anche un po’ di sugo, macchiandosi la maglietta bianca, e facendo divertire ulteriormente il compagno. - Merda! C’è poco da ridere! Ora non andrà più via e mia madre mi scortica vivo!- - Vai nella lavanderia, in fondo al corridoio giù dalle scale a destra, e mettici sopra un po’ di smacchiatore. Intanto ti presto qualcosa io. - La cena fu deliziosa. Mangiarono in cucina, senza formalità, seduti uno di fronte all’altro scherzando e chiacchierando, tranquilli e rilassati, le nubi del mezzogiorno ormai spazzate via. E naturalmente, il curry era buonissimo. Kurihara si era sforzato di trovargli dei difetti, ma non c’era riuscito, e aveva spolverato la propria porzione con gusto, maledicendo se stesso, e il compagno che pareva sempre il migliore in tutto. - Allora, com’era?- gli chiese Yuki, mentre si lasciava cadere sul divano basso del salotto che si affacciava sul giardino Zen e lo attirava a sé. - Mh. - Fece spallucce ostentando noncuranza, adagiandosi addosso al compagno. - Non male. - Yuki spostò la testa, cercando di guardarlo negli occhi, che gli sfuggivano. - Qualcosa non andava? Forse era troppo forte? A me piace così, ma i gusti non sono uguali per tutti. Magari ho sbagliato qualche dose. - Seiji alzò lo sguardo su di lui con una smorfia. - Era buonissimo, accidenti a te!- Gli fece una linguaccia. - Volevo fare tutto io e invece…Arrivi tu e sai sempre fare qualcosa meglio di me!- Non che ora gli importasse veramente, ma un po’ gli dava ancora fastidio. Appoggiò il capo sul suo petto e fece un sospiro. - A volte ti detesto. - disse con leggerezza; ma avvertì chiaramente l’altro trattenere il respiro, e, sotto il suo orecchio, il cuore dare un battito più violento. Alzò di nuovo il viso e vide che Yuki era leggermente impallidito. - Perché qualsiasi cosa io faccia, tu sembri farla meglio!- si affrettò a dire, cercando di mantenere un tono scherzoso per rassicurarlo, ma senza dargli a vedere che si era accorto di averlo in qualche modo ferito. - Oh, giusto qualche cosa, eh? Scommetto che se facessimo a pugni, vincerei io! Anche ai videogiochi. E di sicuro anche a calcio!- Okazaki sorrise. - A calcio di sicuro: non ci ho mai giocato. - replicò. - Ma a pugni non scommetterei tanto sulla tua vittoria. - - Ah, ah! questo è ancora da vedersi! Non ci siamo mai battuti sul serio. - Yuki gli passò le dita fra i capelli, facendogliele poi scivolare sulle guance. - Spero che non debba mai succedere. - Lo fissava intensamente e Seiji si sentì ancora una volta attratto da lui, inesorabilmente, senza vie di scampo. Come richiamato da una forza misteriosa , che non riusciva a spiegare e cui non sapeva opporvisi, si allungò verso il suo volto e gli posò le labbra sulle sue. Erano fresche, e umide, il sapore inebriante, che ormai stava imparando a conoscere molto bene, simile a una droga che lo stordiva. Perché battersi, quando poteva avere quello? Non si staccò da lui finché entrambi non rimasero quasi senza fiato; poi riaprì gli occhi e incontrò quelli luminosi del compagno, che lo osservavano ancora come se lo stessero vedendo per la prima volta, quasi volessero imprimere i suoi lineamenti nella mente, per non dimenticarlo. Cominciava a dover ammettere a se stesso che gli piaceva essere guardato in quel modo; gli dava un senso di sicurezza mai provato, e di importanza, di completezza, quasi. Fece un gran sorriso e si stirò contro il compagno. - Davvero non hai mai giocato a calcio?- gli chiese senza un apparente motivo; ma il fatto era che era sempre curioso di conoscere sempre di più di Yuki, che tendeva a tenere tutto per sé. - No, non ho mai giocato. - - Perché? E’ divertente. - L’altro fece un lieve movimento con le spalle. - Diciamo che gli sport di squadra non sono mai stati il mio forte…- Lo aveva detto con noncuranza, ma per un attimo aveva distolto lo sguardo, e Seiji capì che non era a proprio agio con quei discorsi. - Mh. Meglio solo contro tutti. - buttò là, guardandolo scherzosamente. - Più o meno. - - Una volta dovresti provare. - insistette. - Dopotutto con la staffetta non sei andato tanto male!- Yuki fece un mezzo sorriso e gli scompigliò i capelli. - Scemo. - Seiji scosse la testa e si rilassò di nuovo contro di lui. Sapeva perfettamente che sarebbe stato praticamente impossibile convincerlo a giocare a calcio, o a qualsiasi altra cosa lo costringesse ad interagire con altre persone. A malapena parlava coi compagni di squadra! A volte la cosa lo preoccupava, e avrebbe voluto che Yuki uscisse con loro, e che non se ne stesse sempre da solo; ma altre, e specialmente in quell’ultimo periodo, il fatto che fosse legato quasi solo a lui non gli dispiaceva affatto. Perché non ci sarebbe stato nessuno che Yuki tenesse in considerazione quanto teneva lui. Chiuse gli occhi e sorrise fra sé. Stava bene. Era un po’ stanco, ma stare così, con Yuki, abbracciato a lui, le sue dita che gli percorrevano leggere la schiena in un lieve solletico, era decisamente piacevole. - Mh. Grazie per la maglietta. - mormorò dopo un po’, seguendo chissà quale filo di pensieri. - La faccio lavare e stirare, poi te la restituisco. - - Oh, non importa. Puoi tenerla. - Seiji riaprì gli occhi e sollevò il capo a guardare il compagno. - Tenerla?- - Sì. - Yuki lo guardava sincero. - Ehi, ma non posso! E’ troppo bella. E’ anche della Speedo. E poi tu la usi. - Gliel’aveva vista indosso abbastanza spesso. - Se ti piace, tienila pure. - Sorrise. - Ti sta bene. - - Ma non…Uff…- si accigliò. - E io cosa ti regalo?- Yukito fece una risatina. - Non c’è bisogno che mi regali niente, sciocco. Ti piace, ti sta bene, mi fa piacere regalartela. Nient’altro. - Gli diede un pugno scherzoso sulla testa. - Così quando te ne andrai, avrai qualcosa di mio. - - Beh…allora grazie. - Stava arrossendo; era contento, ma si sentiva anche in imbarazzo. Poi aggrottò le sopracciglia. - Quando me ne andrò per dove?- chiese, soffermandosi più attentamente su quanto aveva detto l’altro. - Quando te ne andrai via. - Yuki lo guardava con l’aria di chi sta spiegando una cosa semplicissima, indiscutibile, ma Seiji continuava a non capire. - Via?!- Okazaki sbatté le palpebre. Sembrava quasi stupito. - Via…da me. - Lo disse come se fosse una cosa evidente, certa, così normale che non c’era neanche il bisogno di discuterne. Kurihara spalancò gli occhi, scioccato, poi si tirò su a sedere. - Che cavolo stai dicendo?!!- esclamò a voce alta. - Niente…Pensavo solo che poteva rimanerti qualcosa di mio, quando mi lascerai. - Si strinse nelle spalle. - Se la vorrai tenere, ovvio. - Sempre tranquillo, pacato, quasi stesse discutendo di quello che avrebbero potuto fare la sera seguente. Seiji lo guardò stralunato. - Quando ti lascerò…? Perché dovrei lasciarti?! Sei impazzito?- Perché stavano parlando di quelle cose? Perché aveva tirato fuori quell’argomento? - Prima o poi succederà…- E perché ne parlava come se fosse una cosa naturale? scontata? Ancora sconvolto, Kurihara rimase con lo sguardo fisso sul compagno. Non era vero. Non stava davvero ascoltando quelle cose assurde, e Yukito non le stava dicendo sul serio. A meno che non fosse veramente impazzito all’improvviso. - Stai scherzando, vero?- chiese, piano. L’altro ricambiava lo sguardo, quasi stupito dalla sua reazione, e forse lievemente spaventato. No, non stava scherzando. Accidenti a lui! Seiji si alzò in piedi di scatto. - Sei scemo?!- urlò. - Che cazzo ti salta in testa di fare questi discorsi!?! E poi, cosa ne sai di quello che farò io?- Era furioso, e aveva preso, come al solito in quei casi, a camminare per la stanza. Si trattenne a stento dal dare un calcio ad un bellissimo tavolinetto basso, ma avrebbe avuto voglia di spaccare qualcosa. - Io… Io… Decido io cosa farò e tu non puoi sapere come andranno le cose! E…Merda! Credi che io possa andarmene così? E’ questo che pensi di me? - Scosse la testa, agitò le braccia. - E’ assurdo! Non so neanche perché stiamo parlando di questo. - Non voleva parlarne, non voleva pensarci. Non lo aveva mai fatto. Difficilmente rifletteva sul futuro, e in quel caso particolare, ancora meno. Viveva il loro rapporto giorno per giorno, come faceva un po’ con tutto, e al momento gli piaceva così. Non pensava che potesse finire. Si accorse in quel momento che non voleva proprio pensare a una cosa simile. Non alla fine. Non ad una separazione. Si rese conto che gli faceva male… Tornò a guardare il compagno con lo sguardo accigliato e i pugni stretti. Anche l’altro si era alzato. Era in piedi davanti al divano, rigido, e pallido. Lo vide passarsi la lingua sulle labbra, poi distogliere lo sguardo. - Se ne vanno tutti, prima o poi…- Una spiegazione. Come una verità assoluta. - Io non sono "tutti"! non sono come gli altri!- Possibile che non lo capisse? - Tu non c’entri. - Lo disse a voce bassa, ma convinta, mentre il bagliore di un sorriso gli attraversava lo sguardo. Triste, quasi rassegnato. - Non c’entrano neanche gli altri. Sono io…E’ da me che la gente si allontana. - Sorrise più apertamente. - Credo di non essere molto bravo a tenere legate a me le persone. - Ancora tranquillo, come se stesse ribadendo un dato di fatto. E Seiji, di fronte a lui, non riuscì a dire niente. Un brivido di freddo gli percorse la pelle, mentre una morsa dolorosa gli afferrava lo stomaco. D’improvviso, ebbe una tale voglia di abbracciarlo che lo spaventò. Quasi quanto lo avevano spaventato le parole di Yuki. - Questo…questo è stupido…- farfugliò poi. Stupido. E sempre più assurdo. - E’ una cazzata bella e buona…- Loro due erano legati. - E…E tu non puoi pensare queste cose!- Ed era stato Yuki a legarlo a sé. - Come puoi farlo anche adesso?!- E a tenercelo. - Come fai a portare avanti un…Questo…Noi…se credi…- Si passò una mano fra i capelli con furia. - Accidenti, Yuki! Allora perché hai iniziato? se comunque sei convinto che non possa funzionare, che debba finire per forza?!- Non riusciva a pensare che qualcosa avrebbe potuto sciogliere quel legame… Era una cosa che al momento andava oltre la sua concezione. - E’ come…come se non tenessi in considerazione quello che c’è tra noi!- Quasi lo urlò, di nuovo. Era arrabbiato, ma non solo. Per certi versi aveva anche paura. Non gli piacevano quei discorsi, e non gli piaceva pensare negativamente. Si era messo con Yukito quasi d’istinto, di slancio, perché stava bene con lui, perché gli piaceva, perché lo desiderava; non aveva mai dato una connotazione ben precisa a quello che era nato fra loro, e non aveva mai anticipato quello che poteva essere il loro futuro. Invece, Yuki gli aveva gettato addosso tutto quanto, ancora una volta, costringendolo a riflettere, e a pensare a cose cui non voleva pensare. E spaventandolo. Perché il pensiero che qualcosa potesse cambiare, che tutto quello potesse finire, in quel momento gli faceva paura. - Come fai ad andare avanti pensando in continuazione queste cose?!- Doveva scacciarla, doveva far sparire quella sensazione. Yuki era ancora fermo nello stesso punto. Seiji si accorse che teneva le mani strette a pugno. - Non ci penso in continuazione. - Stava anche tremando?- Per la verità, cerco di non pensarci. - Una pausa, un lieve sospiro. - Però, cerco anche di non farmi troppe illusioni. So che le cose non vanno sempre come si vuole. Se si tratta di me, riesco anche a tenerle sotto controllo, ma se ci sono di mezzo altre persone, mi è…mi è più difficile. - Fece un mezzo sorriso. - Ecco un’altra cosa che tu sai fare meglio di me…Stare con la gente, intendo…- Kurihara prese fiato, scosse il capo, agitò le braccia. - Non ti capisco. - esalò poi. - Non ti capisco, cazzo! E…E questi discorsi sono assurdi! Parli come se…come se fossi certo che io me ne andrò, come se fosse normale, come se non ti fidassi di me! O di te. O…- …o di loro… Forse, era questo che più lo turbava. Che Yuki non sentisse la forza di quel "loro" quanto la sentiva lui in quel momento, che non la capisse, che non ne comprendesse l’importanza. Non che lui ci avesse riflettuto a fondo, prima di allora, ma forse la sentiva già tale a livello inconscio, come una cosa naturale, ovvia. Una sensazione che gli dava una sicurezza mai provata prima… Mentre Yuki pareva sicuro solo della fine. Come poteva rimanere così tranquillo, dicendo quelle cose? - E’….Non so… - Scosse nuovamente la testa. - Non ti capisco proprio. - Poi gli diede le spalle, voltandosi verso la porta-finestra che dava sul giardino perfetto ed illuminato ad arte. Quasi non lo vedeva. Non gli importava. C’era solo quell’attrito fra di loro, incomprensioni che lo turbavano come non avrebbe mai immaginato. Merda! perché quello stupido aveva tirato fuori quei discorsi? Proprio quella sera! Lui l’aveva immaginata tranquilla, intima, una serata da trascorrere insieme a chiacchierare, scherzare, magari anche…beh, anche a fare qualcos’altro. Aveva anche pensato di chiamare i suoi per avvertire che non sarebbe rientrato! E quello scemo andava a parlare di fine! Accidenti a lui! Perché doveva rovinare tutto? Perché…… - Mia madre se n’è andata che avevo cinque anni. - La voce di Yuki si levò alle sue spalle, interrompendo i suoi pensieri, e lui quasi sussultò. Yuki non parlava mai di quelle cose… - Una mattina a colazione è uscita con le valigie e non è più tornata. - Il tono non era triste né teso; stava raccontando, spiegando. - Non ha detto niente, non mi ha neppure salutato; come fosse una mattina come le altre. Io sapevo che era arrabbiata con mio padre, li sentivo sempre urlare e litigare, e sapevo che se n’era andata per quello, ma per qualche anno ho creduto che sarebbe tornata. Credevo sarebbe tornata per me, perché ero suo figlio, e non poteva avercela con me, e avrebbe sicuramente desiderato rivedermi. - Una pausa, e Seiji quasi s’immaginò di vederlo stringersi nelle spalle. - Non l’ho più vista né sentita. So solo che è tornata in Australia perché me l’ha detto mio padre. Sinceramente, non ricordo neanche che faccia avesse, e adesso non me ne importa neppure. - Kurihara lo sentì lasciare andare il respiro e lentamente si voltò verso di lui; l’altro lo stava guardando, l’espressione limpida, quasi serena. - Mio padre…Mio padre è come hai potuto constatare tu stesso: praticamente inesistente. Una voce al telefono, un telegramma, regali costosissimi recapitatimi da corrieri sconosciuti…E’ sempre stato così, o forse è cominciato soprattutto dopo che mia madre è andata via, non ricordo. Inconsciamente, da bambino lo ritenevo responsabile del suo abbandono, e non gli ho mai dimostrato molto affetto; cosa che in ogni caso lui non ha mai ricercato né stimolato. Forse il mio atteggiamento lo ha tenuto lontano, forse non sono il figlio che avrebbe voluto, o forse gli ricordo in qualche modo quella "sgualdrina occidentale", come ogni tanto la chiama lui, di mia madre; sta di fatto che sembra sempre fare in modo di stare con me il meno possibile. Si è anche preso un appartamento in centro, per quando è in città, così è più vicino alla sede centrale della ditta. E il fatto è che, se anche una volta ci stavo male e mi arrabbiavo, adesso comincio ad apprezzare sempre di più la sua lontananza. A volte, penso che non gli importi molto di me; gli interessa solo che io diventi uno studente modello, il migliore della scuola, elogiato da studenti e professori, e che io studi tanto per essere ammesso nelle migliori Università, così da seguire poi le sue orme. - Scosse il capo con un risolino divertito. Sembrava davvero che non gli importasse, ma Seiji si chiese lo stesso quanto tutto quello dovesse averlo ferito. - Credo di averlo deluso parecchio, in questi anni! A scuola non sono decisamente un granché, e il peggio, dal suo punto di vista, è che a me non frega un accidente. - Fece un nuovo, lungo respiro. - Per il resto…Non ho mai avuto molti amici. Quando ero piccolo, parlavo poco e me ne stavo per conto mio…un po’ come adesso, immagino…Ogni volta che alcuni miei compagni mi prendevano in giro, o mi picchiavano, io mi rintanavo da qualche parte a piangere; poi ho capito che non serviva a nulla, e ho cominciato a mostrarmi più forte, più aggressivo di loro, per certi versi anche più duro, li guardavo male e tenevo tutti a distanza, e mi difendevo dalle loro botte fino a che non mi lasciavano in pace. Ero il bambino strano con lo sguardo cattivo che giocava da solo, di cui tutti bisbigliavano e magari ridacchiavano, ma che nessuno avvicinava più di tanto. Non ne ero molto contento, a dire la verità, ma più avanti…adesso…ho anche imparato che spesso essere legati a qualcuno può diventare più difficile, e meno bello, di quanto si possa immaginare. - Strinse le labbra e distolse lo sguardo da lui per un istante. - Questo non c’entra con te. Era solo…solo per farti capire, forse. - Agitò le mani davanti a sé e sorrise. - Chissà perché ho tirato fuori tutte queste stupidaggini. Non farci caso. - Seiji rimase a fissarlo. Come poteva non farci caso? Non lo aveva mai sentito parlare così a lungo, e mai di sé, della sua famiglia, di cose tanto personali. Kurihara era convinto che non lo avesse fatto per rivelargli quello che aveva passato, anzi, era certo che detestasse dare l’impressione di autocommiserarsi, e farsi compatire in qualche modo, e che non gli piacesse affatto parlare di quelle cose. Stava cercando di fargli capire il proprio punto di vista, il perché apparisse tanto sicuro del fatto che anche Seiji, come altri, potesse allontanarsi da lui. Non era una lamentela, non era un piangersi addosso, ma davvero un dato di fatto, una convinzione radicata, evidente, quasi sicura, nella sua semplicità. - Non tutti si comportano alla stessa maniera. - disse poi. Yuki annuì. - Lo so…- replicò, ma sembrava comunque non voler abbandonare le proprie opinioni. Era come se stesse sottintendendo che, nonostante quello, in ogni caso il risultato non sarebbe cambiato. Kurihara fece un passo verso di lui. - Io non sono come tua madre!- esclamò convinto. Doveva farglielo capire. Doveva farglielo entrare in testa!- Non sono come tuo padre! O come i tuoi…i tuoi compagni, o i tuoi amici!!- - Lo so…- ripeté l’altro, sorridendogli. - Fortunatamente. …Ma io sono io, e…- - Questa è una stronzata! Non c’entra un cavolo!- Stava di nuovo gridando. - Noi siamo legati, non puoi negarlo! E…E non mi sembra che sia una situazione difficile, o brutta. Per me, almeno, non lo è. E tu sei tu, sì, e io sono contento che tu lo sia, perché altrimenti non starei con te. E’ a TE che sono legato, ed è perché TU mi piaci, non per qualche altro assurdo motivo!- Lo vide arrossire, e si sentì avvampare a propria volta, conscio d’un tratto di quanto aveva appena detto. Non lo aveva mai dichiarato a voce alta, così alta, con tanta convinzione, e per un momento la cosa lo turbò, colpendo anche lui come evidentemente aveva fatto con Yukito. Ma durò un attimo, giusto il tempo per assimilarla, e per rendersi tangibilmente conto che era quello che sentiva davvero. - Tu…tu mi hai legato a te, e sempre tu continui a tenermi legato; anche…anche con tutti i tuoi cavolo di difetti! In questo momento, niente…niente potrebbe farmi allontanare da…da te. Ok? Neanche questi discorsi stupidi, e le tue stupide convinzioni. E…Niente…- Si sentiva il volto in fiamme. - Non c’è nient’altro. Nient’altro che conti, adesso. - Espirò quasi a fatica. - Ok?- Di fronte a lui, il compagno lo guardava confuso, le guance ancora arrossate e gli occhi lucidi, quasi febbricitanti. Seiji si accorse di esserglisi avvicinato ulteriormente. Se avesse allungato un braccio, lo avrebbe potuto toccare. Ne avrebbe avuto voglia. Di toccarlo, di accarezzarlo. Ma prima di tutto voleva che l’altro si togliesse dalla testa quei pensieri. Lo vide mordersi il labbro inferiore, poi fare un lieve sorriso, morbido, dolce, quella dolcezza che teneva sempre chiusa dentro di sé, e che sembrava sfoderare solo con lui, solo a volte, insospettabile caratteristica del suo essere, che Seiji non avrebbe mai creduto potesse diventare tanto importante, e in alcuni momenti indispensabile. Si rilassò con un sospiro, e fece l’ultimo passo verso di lui. - Ok?- ripeté. Yukito annuì lentamente, sfuggendo un attimo dal suo sguardo, e Seiji si accigliò. Quella testa dura non era ancora convinto! - Non voglio più sentirti fare questi discorsi. - esclamò. - Non mi piacciono! E non mi piace che…che dubiti di me, e che…- Yuki si sporse in avanti e gli fece scivolare le braccia attorno al collo, stringendosi a lui. - Va bene…- Un sussurro che gli sfiorò l’orecchio. Kurihara chiuse gli occhi e sbuffò. - Sei un cocciuto, testardo rompiscatole, lo sai?!- lo accusò, ma intanto lo strinse ancora di più a sé, accarezzandogli la schiena, infilandogli le mani sotto la maglietta. Quello, aveva voluto, per tutta la sera; non discutere o litigare. - Hn. - Le labbra del compagno gli accarezzarono la guancia, poi raggiunsero le sue. - Vedi? abbiamo perso tempo. - sussurrò Seiji. - Potevamo cominciare prima…- Udì la sua risatina, poi la sua lingua cominciò a farsi strada all’interno della sua bocca, e lui le rispose immediatamente. Quella discussione lo aveva innervosito e spaventato, e lui voleva scacciarla dalla sua mente, soffocarla, anche se si rendeva conto che gli aveva permesso di conoscere qualcosa di più di Yukito, qualcosa di profondo che difficilmente sarebbe venuto fuori. Si baciarono a lungo, con passione e desiderio, stretti l’uno all’altro quasi non riuscissero a stare in piedi altrimenti, o temessero di perdersi. - Meglio così…- ansimò Seiji, quando finalmente si staccarono. - No?- Yuki annuì con un sorriso, le dita fra i suoi capelli e il naso che sfiorava il suo. Prese a baciargli il volto, baci lievi, leggeri, come ali di farfalla che si posavano ovunque, e lui vi si abbandonò con un sospiro soddisfatto. - Ti è mai piaciuto un ragazzo, prima?- chiese Okazaki dopo un po’, e lui riaprì gli occhi. - Mh?- Sbatté le palpebre sconcertato. Cosa c’entrava, adesso?- No!- rispose deciso, anche se veramente non ci aveva mai pensato. - Mh…Prima o poi potresti incontrare una ragazza, una che ti piace sul serio, una che potrai sposare, e con la quale mettere su famiglia, e cose del genere…- Kurihara lo guardò a occhi spalancati e lo afferrò per le spalle. - Ancora??!- - E’ solo un’ipotesi, ma possibile, no? Sarebbe normale. Tutti, più o meno, desiderano queste cose. - Aveva di nuovo il tono tranquillo e limpido, stava di nuovo tentando di spiegargli, di fargli capire. Seiji lo spinse sul divano alle sue spalle con lo sguardo torvo. Quello zuccone voleva sempre aver ragione!! - Vuoi stare zitto? o preferisci che ti strangoli?!- - Stavo solo…- Gli si sedette sulle gambe, bloccandolo sotto di sé. - No! Vuoi sempre avere l’ultima parola su tutto, ecco cos’è, accidenti a te!- Ma stavolta avrebbe vinto lui, a qualsiasi costo. Yuki si agitò sotto di lui, ma con poca convinzione, e poi i suoi occhi sorridevano. Non stava facendo sul serio. - Ma può succedere…- Kurihara avvicinò il viso al suo. - Se lo pensi, o lo dici, ancora, ti picchio. - ringhiò. Yuki sollevò le sopracciglia, stringendo le labbra in un sorriso trattenuto, e Seiji lo spinse di nuovo, facendolo sdraiare e gettandoglisi addosso, e soffocò qualsiasi sua protesta, ipotesi idiota, o convinzione, con un bacio appassionato, quasi violento. L’altro gemette. Era tutto quello che in quel momento Seiji voleva sentire.
…Erano in camera. Non sapeva neanche come ci fossero arrivati. Non se lo ricordava. Non gli importava. Ora c’era solo Yuki, solo la sua bocca, la sua pelle, il suo sapore. Lo stava baciando, con una foga e un ardore che parevano senza fine, senza freno, come non esistesse nient’altro, come se l’altro non potesse respirare, vivere, senza quel contatto. …senza il suo respiro, le sue labbra, la sua lingua… Le sue mani gli scivolavano sulla pelle. Lo sentì sollevargli la maglietta e aprì gli occhi. Quelli di Yuki scintillavano, febbricitanti. Immaginò la stessa luce nei propri. Alzò le braccia e lasciò che il compagno lo spogliasse, facendo la stessa cosa con lui. …completamente… Gli parve di stare tremando. Non era il freddo. Era eccitazione. Desiderio. Lo desiderava. Lo voleva come non aveva mai voluto nient’altro. Nessun altro. Baciandolo ancora, Yuki lo portò fino al futon, già steso, quasi li stesse aspettando; ci si sdraiò, lo attirò contro di sé. La sua pelle nuda era calda, e liscia. Il contatto contro la propria, una carezza sempre più eccitante. Yuki si staccò, gli prese il volto fra le mani, glielo accarezzò, con le dita gli percorse i contorni, i lineamenti. E il suo sguardo lo studiava, profondo, instancabile. Gli parve che il cielo lo volesse inghiottire. Fece un mezzo sorriso. In quel momento non gli importava neanche se ci si fosse perso. Aveva bisogno di lui. E sapeva che la stessa cosa valeva anche per il compagno. Era una sensazione esaltante, che quasi stordiva. Sorrise ancora, e Yuki ricambiò, attirandolo nuovamente vicino. Seiji sospirò e lasciò che l’altro riprendesse a baciarlo, la lingua che danzava frenetica nella sua bocca; lasciò che rotolasse su di lui, che lo toccasse, lo mordicchiasse, che esplorasse minuziosamente il suo corpo; si abbandonò completamente a lui, quasi subito senza coscienza, certo solo del fuoco che gli bruciava la pelle, e il sangue, e l’anima. - Yuki!- gridò quando la sua lingua gli stuzzicò la piccola apertura fra i glutei, per poi risalire fino al pene, accarezzarlo per tutta la sua lunghezza, stuzzicarlo quasi con tenerezza. Spinse con impazienza i fianchi verso la sua bocca, aspettando che lo avvolgesse, che lo racchiudesse nel suo calore vellutato… - Ah!- …che lo succhiasse, lo svuotasse, gli togliesse anche quel briciolo di lucidità che gli era rimasta. Si morse le labbra per non urlare ancora, inarcò la schiena, gli afferrò i capelli. Dio, gli sembrava di impazzire! - Yuki…- Il compagno risalì verso di lui, verso il suo volto, che prese a baciare con la consueta dolcezza, e ad accarezzare. - Yuki…- gemette ancora, quasi un’implorazione. I baci continuavano. - Yuki, non smettere. - - Ti sembra che abbia voglia di fermarmi?- Un mormorìo, e una breve risatina. - Non smettere. - Stava ansimando. - Non ti fermare, stavolta. - Yuki si staccò, si spostò per guardarlo in faccia. Lo sguardo di Seiji era quasi annebbiato, ma non si perse la luce vivida che brillava in quello del compagno. - Cosa…?- - Vai fino in fondo. Non smettere.- Chiuse gli occhi, mentre il contatto della virilità del compagno contro la propria gli faceva andare il sangue alla testa. - Ti prego.- Lo sentì inspirare, quasi bruscamente, poi un sussurro, lievissimo. - Sei sicuro?- Lui riaprì gli occhi, lo guardò, annuì. Il volto dell’altro, incorniciato dall’ombra scura dei capelli, pareva quello di un angelo maledetto. E bellissimo. Gli occhi grandi spalancati su di lui esprimevano incredulità, stupore, e gioia. Poi, Yuki gli si avventò contro, divorò la sua bocca, lottò, e vinse, con la sua lingua. - Ti…ti farò male. - sussurrò poi, quasi senza fiato. Il suo respiro era un soffio che gli sfiorava il volto. - Mh…- - Non voglio farti male…- Continuava a baciarlo, le mani che gli accarezzavano i capelli in un tocco leggero. E si muoveva. E lo eccitava. - Non importa. Fallo. - sibilò di rimando. - Seiji, non…- - Voglio farlo, Yuki. Voglio che sia stasera. Adesso!- L’altro ansimava. Anche lui stava ansimando. I loro respiri si mescolavano. Seiji fece un mezzo sogghigno. - Oppure non sai cosa fare?!- Yuki alzò un sopracciglio e ricambiò il ghigno. Stavolta, le mani si strinsero, attorno ai suoi capelli, e dallo sguardo del compagno sparì ogni dolcezza, sostituita da un ardore che pareva volerlo bruciare. Tornò a baciarlo, tornò a toccarlo; le sue mani, la sua lingua, sembravano non finire mai, tentacoli che non tralasciavano nemmeno un millimetro della sua pelle. Seiji gemette, agitandosi contro il compagno. Poi Yukito si scostò, si alzò, e lui spalancò gli occhi, frustrato e quasi spaventato. - Aspetta!- lo ammonì il compagno. Quasi non lo vide andare via. Seppe solo quando tornò. Aveva freddo, si sentiva vuoto, non capiva più nulla. Sapeva solo che voleva Yuki, e lo voleva lì con lui. …addosso a lui…dentro di lui… - Yuki…- Il compagno aveva preso qualcosa, un barattolo; Seiji vide che lo apriva, che prendeva una manciata del contenuto, e capì. Quasi gli venne da ridere. Poi sussultò. - E’ freddo!- esclamò con voce roca. - Sst…- Yuki gli si era sdraiato accanto, e le sue dita lo stuzzicavano, spalmandogli la crema intorno al piccolo foro fra i glutei. Anche dentro. Seiji si morse il labbro inferiore, ritraendosi istintivamente. - Rilassati.- La voce del compagno era un sussurro lievissimo, un soffio all’altezza del suo orecchio, accompagnato da brevi, dolcissimi baci. Seiji chiuse gli occhi e lasciò andare il respiro, lentamente, a scatti. Le dita divennero due, poi tre. Seiji strinse i denti. - Rilassati…- Sentì che Yuki gli metteva qualcosa sotto i fianchi, per farglieli sollevare, che si spostava sopra di lui, e lui allargò maggiormente le gambe, d’istinto, pronto ad accoglierlo. Aveva un po’ paura, ma non si sarebbe tirato indietro. Un nuovo bacio, e lui tornò a riaprire gli occhi. Lo sguardo di Yukito era fisso nel suo, tenero e fremente insieme. E poi non furono più le dita. Era qualcos’altro, che premeva contro di lui, vellutato, caldo, impaziente. Deglutì a vuoto… - Rilassati…- …lo guardò, si passò la lingua sulle labbra… Negli occhi dell’altro passò un lampo famelico. - Seiji…vuoi…vuoi che smetta? - Ma non era quello che il suo sguardo gli stava veramente chiedendo. Seiji gli sorrise. Nessuno dei due aveva intenzione di smettere. Gli fece passare le braccia attorno alla schiena e lo strinse maggiormente a sé. - Vai avanti. - Vide il suo sorriso, il suo volto perfetto vicinissimo, udì il suo sospiro; e lo aspettò. Lo sentì cominciare ad entrare e trattenne un gemito di dolore. …"Rilassati, rilassati, rilassati"… Sbuffò e gli afferrò i glutei, aiutandolo. Subito sentì un dolore lancinante. Si aggrappò alla sua schiena in maniera quasi spasmodica, mordendogli una spalla per non urlare. Avvertì il pizzicore caldo di una lacrima scivolargli lungo la tempia. Poi si lasciò andare, si abbandonò all’altro, alla sua forza, al suo vigore. E il dolore passò in secondo piano, sopraffatto da un piacere che Seiji non avrebbe saputo descrivere con le sole parole. Un piacere che andava oltre qualsiasi sensazione avesse mai provato. - Yuki!- L’altro era dentro di lui, sembrava riempirlo completamente; e si muoveva, ritmicamente, e sempre più veloce. Senza pensare, Seiji si mosse a propria volta, assecondandolo. Sentì i propri gemiti intrecciarsi a quelli del compagno. Il suo sguardo azzurro, rapito ed eccitato, era qualcosa di stupefacente. Lo attirò verso il proprio, respirò il suo respiro. Poi, quasi perse contatto con la realtà. Fu solo piacere, un piacere che raggiunse i limiti dello stordimento, dell’incoscienza; che toccò ogni fibra del suo corpo, ogni muscolo, il cuore, l’anima. Sensazione pazzesca, indicibile. La lingua del compagno era tornata a dardeggiare nella sua bocca, a ritmo coi movimenti dei suoi fianchi, sempre più frenetici, e lui gliela succhiò, le rispose, allacciò le gambe attorno alla sua vita, stringendolo, sempre più eccitato. Gli sembrò di impazzire, di essere sull’orlo di un baratro. Si avvinghiò a Yuki, gridò il suo nome, gioì nell’udire il proprio. Raggiunse l’orgasmo, inarcandosi all’indietro, e subito dopo si sentì inondare dai fluidi del compagno. - Yu…ki…- riuscì a esalare, prima che l’altro gli crollasse addosso esausto. Sentiva il suo ansimare contro il collo, il calore del suo corpo che lo avvolgeva. Ancora quasi senza coscienza, alzò una mano a carezzargli i capelli. Gli pareva di non avere più forza. Poi l’altro cominciò a muoversi. Lo stava baciando, piano, dolcemente, e gli sfiorava il viso con le dita, asciugandogli le lacrime, scostandogli la frangia madida di sudore dalla fronte. Era così delicato…e gentile…e dolce… - Come va?- Un sussurro, lieve come la brezza. Seiji non aprì neanche gli occhi; fece un gran sorriso, beato, soddisfatto. - Mai stato meglio. - rispose. Udì la breve risatina di Yuki, che si unì ad un nuovo bacio, una nuova carezza; e alle sue premure, al lenzuolo che lo coprì, alle braccia forti che lo avvolsero, il corpo che lo accolse. Con un mugolìo, si rilassò contro il compagno e scivolò in un sonno leggero. …
- Scusa per prima. - Yuki lo disse con un filo di voce che Seiji udì appena. Erano nella camera di Yukito, abbracciati sul futon, al buio. In salotto, aveva preso lui l’iniziativa; era la prima volta, e la cosa non gli era dispiaciuta affatto: toccarlo, baciarlo, stuzzicarlo ovunque, sentirlo gemere di piacere. Era stata una sensazione inebriante. La reazione di Yuki, comunque, non si era fatta attendere; aveva ripreso il sopravvento e in qualche modo ribaltato la situazione. In ogni caso, erano entrambi così eccitati che erano arrivati al piano di sopra senza quasi accorgersene, continuando a baciarsi e abbracciarsi persino mentre salivano le scale. Seiji si stirò contro il compagno, il capo appoggiato sul suo petto. Sentiva battergli il cuore. - Mh? Per cosa?- mormorò, accarezzandogli un fianco. - Per quello che ho detto…Prima, in salotto…- Kurihara sorrise al buio, poi sollevò la testa a guardarlo. - Hai già rimediato, direi. - sogghignò malizioso. Avevano fatto l’amore, per la prima volta, ed era stato qualcosa di meraviglioso, superbo, insuperabile. A ripensarci, gli veniva voglia di ricominciare immediatamente. Yuki reclinò il capo di lato e gli sorrise a propria volta, con dolcezza, passandogli un dito su una guancia. Seiji apprezzava sempre di più quel lato del suo carattere, insieme alla sua passionalità, e al desiderio di prevalere a volte addirittura feroce, che gli aveva mostrato anche quella notte; caratteristiche che creavano un contrasto particolare, e che rendevano Yukito speciale. - Mh…Non far caso a quello…quello che ti ho raccontato. Sono scemate senza importanza.- Fece spallucce, e Kurihara storse la bocca in una smorfia. Sapeva cosa intendesse Yuki. Scivolò sopra di lui e si sporse a baciarlo. - Non sono senza importanza, e non sono scemate: è la tua vita. Non puoi sempre tenere tutto nascosto dentro di te. E poi, io sono curioso. - Gli fece una linguaccia e lo baciò ancora. - Comunque, non ne parlerò con nessuno, non te lo ritorcerò contro in nessun caso, non ti compiangerò, non ti rinfaccerò niente, e così via. - Sogghignò di nuovo, quando lo vide sorpreso dalla sua perspicacia. Conoscendolo anche solo un po’, Seiji aveva immaginato che fosse in imbarazzo per essersi aperto tanto. Probabilmente si sentiva più vulnerabile, e in un certo modo temeva di non avere più tutto sotto il proprio controllo. - Va meglio, così…?- aggiunse in un sussurro. Yuki lo guardò lievemente accigliato, poi annuì. - Hn. - Gli dava fastidio che lui lo capisse in quel modo, e Seiji gongolò. Non era solo l’altro che sembrava riuscire a leggergli dentro! A quel proposito, gli venne in mente un’altra cosa. Un’altra cosa che lo incuriosiva, ma che soprattutto, per certi versi, lo infastidiva. Yuki gli passò le dita fra i capelli, tirandoglieli indietro, poi gliele fece scivolare lungo la schiena. - Me li devo tagliare. - commentò Seiji, soffiando verso l’alto. - Li portavi cortissimi, un po’ di tempo fa…- Kurihara lo guardò scioccato. - Eeh??!- Come cavolo faceva a saperlo…? - Tre anni fa, circa.- Forse aveva visto una foto, quando era venuto a casa sua. Eppure non gli sembrava di averne in giro, non di quel periodo. L’unica che teneva fuori era quella con Tomo-chan, scattata cinque anni prima al mare; e in ogni caso, l’aveva messa in un cassetto prima che lui entrasse in camera sua. - Chi te lo ha detto?- Yuki ridacchiò. - Ti ho visto. Ai Regionali delle medie. Tre anni fa. - Ora era lui ad essere stupito. Sconvolto, anzi. Rimase a fissarlo a occhi e bocca spalancati. - Come…E…e ti ricordi com’ero??- - Certo. - Lo attirò a sé e lo baciò sulle labbra. - La prima volta che ti ho visto…Come potrei dimenticarla?- Era incredibile. - Ma…Ma…- Non sapeva cosa dire. Lo aveva veramente spiazzato. - Eravate in due, o forse in tre.- In tre…Lui, Takuma e la Ishikura… - Una squadra piccola…Ma tu facevi un tifo sfegatato, ti si sentiva per tutta la piscina. Ti ho notato subito. - Gli scompigliò di nuovo i capelli. - Eri già un casinaro rumoroso!- Accidenti! quasi non se le ricordava lui, quelle cose! - Quindi…Quindi, quando sei arrivato quest’anno già sapevi chi ero?!- - Non sapevo che fossi iscritto a questa scuola. Ma appena ti ho rivisto, ti ho riconosciuto, sì. - Lasciò andare il fiato in un breve soffio. - Eccome se ti ho riconosciuto!- Lo mormorò quasi a se stesso, ma Seiji lo sentì. Avvampò, quasi senza fiato. - Cioè, vuoi dire…vuoi dire che…- …che lo aveva notato "in quel senso"…che già prima… - Che mi avevi colpito in maniera particolare e che ritrovarti nella stessa scuola, e soprattutto nello stesso club, non mi dispiaceva per niente. - concluse l’altro per lui, lo sguardo malizioso. Seiji arrossì ancora di più, a disagio. Si sentiva in imbarazzo, ma per certi versi anche compiaciuto. - Perché non me l’hai detto, che mi conoscevi?- Yukito ridacchiò ancora, e lo strinse maggiormente a sé. - Perché stavo cercando di tenerti a distanza per non cadere in tentazione!- Kurihara lo guardò stupito, poi scosse la testa e scoppiò a ridere anche lui. - Non mi sembra che tu ti sia impegnato poi molto. - commentò sarcastico. - Colpa tua che non hai fatto altro che starmi fra i piedi!- - Allora, è stata una fortuna!- Rise ancora, mentre si perdeva a osservare il suo volto. …una fortuna… Si sentiva strano. Come se gli stesse per succedere qualcosa. Non qualcosa di fisico, ma piuttosto a livello interiore. Qualcosa che stava cambiando in lui… Scosse ancora il capo, come a scacciare quelle sensazioni, e tornò a concentrarsi sul compagno. …una fortuna… La più grande che gli fosse capitata? Non lo sapeva con certezza, ma poteva anche darsi di sì. - Non ti ho più visto a nessuna gara, dopo quella volta. - continuò Yukito. - Ho pensato che avessi smesso.- Seiji sbuffò. - Infatti, avevo smesso. Poi i miei mi hanno quasi costretto a iscrivermi a qualche club, e io ho scelto di nuovo il nuoto. Era l’unico in cui sapessi fare qualcosa. E poi speravo di non dover fare tanta fatica: era una squadra così scalcinata, che nessuno si aspettava niente!- Yuki storse la bocca e Seiji gli fece una smorfia di rimando. - Invece poi è arrivato il grande campione, il numero uno delle medie, l’astro nascente dei cento stile libero…- Seiji scimmiottò la voce nasale di Yamada, anche se quegli aggettivi li aveva usati anche Yamazaki, e Okazaki scoppiò a ridere. -…e io sono rimasto fregato!- - E perché avevi smesso?- riprese Yuki. - Non andavi male.- - Perché non avevo palle di allenarmi mattina e sera come mi tocca fare adesso per colpa di qualcuno qui!- e gli diede un buffetto scherzoso sulla testa. Yuki ridacchiò ancora, ma più incerto. - Sul serio?- - Sul serio.- Ora il compagno spalancò gli occhi, incredulo. Per lui doveva essere inconcepibile che qualcuno, qualcuno per certi versi anche dotato di qualche talento, potesse lasciare un’attività, il nuoto, addirittura, perché non aveva voglia di allenarsi o esercitarsi. - Guarda che non tutti sono fanatici come te. - - Non è fanatismo. E’ che…- - Ok, esaltazione. - - …non puoi pretendere di arrivare a certi livelli senza allenarti; e fare fatica, anche, è vero, ma poi…- - Ok, ok, ok. Non ricominciare con la predica. Lo so già. E domani sarò ad allenarmi come sempre. Ho mai saltato un giorno?- Okazaki sospirò, poi fece un cenno di diniego. - Quindi non ti preoccupare e lascia che mi lamenti un po’, ogni tanto.- - Ogni tanto…- Kurihara lo guardò truce e fece l’atto di dargli un pugno. Insopportabile presuntuoso! - A quei Regionali, eri ancora con quelli dello Shinho?- chiese poi, quasi con noncuranza, ma soddisfatto di aver trovato lo spunto per andare a parlare di quello che gli interessava. Sentì il corpo del compagno, sotto di sé, irrigidirsi impercettibilmente, mentre lo sguardo si staccava dal suo. - Cioè, quelli che adesso sono allo Shinho…- continuò. Lo sguardo dell’altro, ora, si era incupito, e a Seiji quasi dispiacque aver tirato fuori l’argomento; ma era troppo curioso per fermarsi a quel punto. - Hn.- Yuki annuì quasi di malavoglia. - Perché te ne sei andato?- Yuki si strinse nelle spalle. Seiji si accorse che era a disagio. - Non mi andava di iscrivermi a quel Liceo come aveva già programmato mio padre.- - Beh, per quello, potevi pensarci alla fine delle medie…Hai cambiato scuola anche dopo la prima, no?- Yuki tornò a guardarlo. - Che c’è, Seiji? Che importa questo, adesso?- Seiji fece un lungo respiro. - Niente…Volevo sapere qualcosa di più di te, e…Ok, no. Volevo sapere cos’era successo fra te e i tuoi ex-compagni. - Si schiarì la voce. - Fra te e Kobayashi. - - Non è successo niente, fra me e Kobayashi.- Imperscrutabile, indifferente. Di nuovo il muro alzato di fronte a sé per mascherare il suo vero stato d’animo. - Non è vero. - - Non siamo mai andati molto d’accordo, tutto qua. - - Oh, tanto da coinvolgere anche gli altri…Da renderti nervoso ancora adesso…Tanto da farti scappare…- Yukito lo fulminò, furioso. - Non sono scappato!- Aveva alzato la voce, le guance arrossate e lo sguardo che pareva volerlo trapassare. Seiji trattenne il respiro per qualche secondo. Forse aveva esagerato. Si allungò verso di lui e d’istinto gli diede un bacio leggero su una guancia. - Ok, scusa. - mormorò. - E’ che…Sono sicuro che è successo qualcosa fra di voi, qualcosa che ti ferisce ancora e che sembra quasi impedirti di reagire. Ai Regionali eri…Non lo so…Accidenti, non hai nemmeno sferrato un pugno! E quelli se ne meritavano tanti! Quasi non riuscivo a trattenermi io!- Fece un nuovo respiro profondo. - E…ok, non sei scappato, però allo stesso tempo non hai ribattuto, non ti sei ribellato con forza, come invece mi sarei aspettato da te. - L’altro sbuffò e roteò gli occhi. - E’ qualcosa di particolare, che ti rende triste, e io…mh…non voglio vederti così. - - Non mi va di parlarne. - Merda! - Neanche con me?- Yuki aggrottò le sopracciglia, distolse lo sguardo. - E’ una cosa stupida, senza importanza…- Merda! Merda! Merda! - Accidenti a te, Yuki!- esclamò esasperato. Basta con le buone maniere. - Cosa significa senza importanza? Come quello che mi hai raccontato prima, in salotto?! Lascia che sia io a deciderlo! E’ un pezzo della tua vita e io voglio conoscerlo. Voglio conoscere te, e quello che hai vissuto. E voglio sapere cosa ti ha fatto quello stronzo, e perché osa insultarti in quel modo, e metterti le mani addosso!- Questo ancora non gli era andato giù. - E cosa…cosa c’era tra voi. - E questo lo infastidiva ancora di più. Lo infastidiva non conoscere quel periodo della vita dell’altro di cui lui non aveva fatto parte, e soprattutto quelle persone che avevano avuto un ruolo importante in essa. Era quasi come se lo urtasse non essere il primo, l’unico, il più importante in assoluto. Yuki sospirò, quasi rassegnato. - Non è importante. Davvero…- mormorò pianissimo. Non lo guardava. Sembrava in imbarazzo. - Per me lo è. - ribatté Seiji.- E vorrei che fossi tu a parlarmene. Non voglio sentire storie assurde raccontate da altri. - Yuki tornò con gli occhi su di lui, fissi nei suoi. - E dài…- insistette Kurihara con aria supplichevole, blandendolo con un altro bacio. - Sarà come per il resto: non lo dirò a nessuno, è una cosa solo tua, che rimarrà fra noi…- Okazaki deglutì, e Seiji quasi trattenne il respiro; l’altro stava per cedere. - Se ridi, ti ammazzo!- lo minacciò Yuki in un sussurro tagliente. Era serissimo. Seiji annuì, quasi sorpreso. Non pensava assolutamente dovesse esserci da ridere, anzi. Ci fu una pausa abbastanza lunga, poi Yuki sbuffò piano, come a farsi coraggio. Probabilmente, non aveva mai parlato con nessuno di quelle cose… - Io…Quando ero alle elementari, lui…Kobayashi…mi piaceva. - cominciò a voce bassa, e Seiji avvertì subito una morsa afferrargli lo stomaco. - Lui…è sempre stato molto popolare, fin’ da piccolo: bello, forte negli sport, bravo a scuola, e poi carismatico. Affascinava tutti, ragazzi e ragazze, anche i professori. E’ sempre stato molto bravo, con le parole, aiutato anche dalla sua voce, molto particolare e…bella, credo. - Ora la morsa era diventata dolorosa; era come se qualcuno gli stesse stritolando lo stomaco. - A me non interessavano veramente queste cose, al principio; l’ho notato solo perché era il migliore a nuoto, e in particolare nello stile libero veloce. Era già anche la mia specialità, ed era quello in cui volevo migliorare. Lui era la mia meta, quello da raggiungere, e poi battere. Per migliorarmi, per diventare più forte. E’ stato lui a…chiamarmi, ad avvicinarmi per primo. Credo mi avesse notato perché promettevo bene; ero fra i più giovani, ma già superavo parecchi di quelli più grandi di me. E poi, non facevo che allenarmi. Lui aveva sempre qualcuno, intorno, un gruppetto di ragazzi che era sempre con lui, ed erano sempre i migliori della squadra; quelli che, pur non essendo alla sua altezza, potevano a tutti i diritti ritenersi degni di essere suoi amici. - Scosse la testa e fece un breve sorriso di scherno. - Questo lo dico adesso…Allora non vedevo nulla, e non mi importava di vedere: Kouji mi fece entrare a far parte di quel gruppetto e a me bastava. Non me ne fregava niente degli altri, e poi non ero abituato a stare con tante persone, ma…ma non mi dispiaceva che mi tenessero in considerazione, che mi parlassero, che non mi allontanassero…E poi, Kobayashi sembrava ritenermi importante, e interessante, e questo contava più di ogni altra cosa. - Scosse ancora il capo. - Che cretino…- Sorrideva, ironico, quasi sprezzante, lo sguardo inquieto che non si fissava mai su Seiji, come non volesse assistere alle sue reazioni, e parlava a voce sempre bassa, ma in fretta, deciso, quasi non vedesse l’ora di scaricarsi di quel peso. Seiji rimase in silenzio, timoroso di interromperlo. - Lui è passato alle medie e ci vedevamo un po’ meno, ma ognuno seguiva i risultati dell’altro, e poi le scuole facevano parte dello stesso complesso. Quando arrivai in prima, tutti mi accolsero con entusiasmo, soprattutto Kouji; a nuoto ero ancora migliorato, e tutti sembravano contenti che finalmente ero rientrato in squadra, che con me si sarebbe ulteriormente rafforzata. Mi sembrava la cosa più bella che potesse capitarmi…- Lasciò andare il respiro. - E intanto, Kobayashi passava sempre più tempo con me, solo con me, e a me piaceva sempre di più. Allora non mi sembrava ci fosse qualcosa di male…Non ci pensavo…Pensavo solo che lui era intelligente, determinato, forte, bello…E che sembrava contento di stare con me. Nient’altro. Una sera mi ha chiesto cosa pensavo di lui, e…e io gliel’ho detto. Non subito, ma…ma gliel’ho detto. E lui… e lui ha ammesso che.. anch’io gli piacevo. - Altra pausa, il silenzio che pareva scandire il tempo. Seiji quasi non respirava, il dolore che ora gli prendeva tutto il petto, mentre Yuki rimaneva voltato, senza guardarlo. - Ero contento, così contento da sembrare stupido. O forse, ero tanto stupido da essere felice per una cosa simile. - Fece spallucce. - Non ero mai andato così volentieri a scuola come in quel periodo. Una mattina, Kouji mi ha dato appuntamento per il primo pomeriggio, prima degli allenamenti, nel magazzino dove si tenevano i vari attrezzi della palestra e dei campi sportivi. Una cosa tranquilla, un modo per poter stare da soli per un po’, ma per me era quasi un appuntamento vero e proprio. Credo che mi abbia chiesto se gli volevo bene…o qualcosa del genere, e io naturalmente gli ho detto di sì…Gli ho detto un sacco di cose: che era importante per me, che per lui avrei fatto qualsiasi cosa, che mi piaceva. Le solite cretinate. Un’infinità di cretinate…Dio, quant’ero stupido! Lui mi guardava, ero quasi convinto che lo stesse facendo con dolcezza… Invece poi è scoppiato a ridere, e con lui tutti gli altri, come ad un segnale prestabilito. - Kurihara aggrottò le sopracciglia; non capiva bene. Yuki fece un mezzo sorrisino. - Aveva invitato il suo gruppetto affinché assistesse alla scena di nascosto, e si rendesse bene conto di chi aveva in squadra. Il piccolo frocetto che si divertiva a guardare i compagni che si cambiavano e magari tentava anche di sedurli. - Scrollò ancora le spalle, ostentando indifferenza. - Li ho ascoltati ridere e tirare fuori tutto quello che pensavano, la loro indignazione e il disgusto, lo scherno e l’incredulità; senza muovermi, senza fiatare. Probabilmente, non riuscivo a credere che stesse succedendo davvero. Poi me ne sono andato. Sono anche riuscito a non correre via!- Ridacchiò, ma Seiji si accorse che si era irrigidito e che il suo respiro era meno regolare. - Naturalmente, il giorno dopo la voce era già circolata, se non per tutta la scuola almeno all’interno del club, e naturalmente l’atteggiamento di tutti nei miei confronti era cambiato. Non più stima, non più considerazione, la squadra non poteva più essere con me. Con uno come me…Il carisma di Kobayashi non si era smentito nemmeno in quel caso! Dopo un po’ non sono più andato a scuola, e l’anno dopo l’ho cambiata. E poi sono finito qui… - Sbuffò piano, quasi un sospiro. - Probabilmente, hai ragione tu: sono scappato. Non sopportavo più gli sguardi, i risolini, i mormorii, le frecciate, la compassione, la delusione…Anche perché cominciavo a rendermi conto che, per certi versi, avevano ragione, che era vero che mi piacevano i ragazzi, e che questo, forse, era sbagliato, e che agli altri poteva dare fastidio. Non lo so…’Tanto ora non m’importa più. - Terminò con un altro sospiro, un altro sorrisino. Seiji rimase in silenzio. Quasi non riusciva a credere a quello che aveva appena ascoltato, mentre un misto di rabbia, dolore, impotenza si faceva strada dentro di lui, lasciandolo senza fiato. Non sapeva cosa dire. Non sapeva come dirlo. Per non ferirlo ulteriormente, per non fargli ancora del male. Perché nonostante l’indifferenza che l’altro continuava ad ostentare, lui era convinto che la cosa lo toccasse ancora sul vivo. E quello che più lo aveva colpito, e che in qualche modo lo preoccupava, era il modo in cui l’altro la affrontava. Era come se ce l’avesse più con se stesso che con gli altri, come se la colpa principale fosse stata sua, perché si era fatto raggirare, accecare, perché aveva ceduto e perso il controllo, guidato solo dai sentimenti, dal suo "stupido" bisogno di avere qualcuno accanto, e non dalla ragione, fredda e insensibile, ma tanto più sicura e forse autentica. - Ecco, ora sai tutto. Niente di speciale. - disse ancora, con voluta leggerezza. Seiji lo sentì muoversi sotto di sé, e d’istinto si spostò. L’altro continuava a non guardarlo. - Yuki…- riuscì a dire. - Devo andare in bagno. - mormorò il compagno, mettendosi seduto. Gli dava le spalle. La sua pelle chiarissima risaltava nella penombra della stanza. - Yuki, mi dispiace…- Perché lo aveva costretto a parlare proprio di quello? - Ehi…non c’è niente di cui ti devi dispiacere. E’ una cosa passata, e tu non c’entri. - Fece ancora spallucce. - E puoi anche riderci su: stavo scherzando, prima…- aggiunse a voce sempre più bassa. …Troppo bassa… - Yuki!- Gli posò una mano sulla spalla e sentì che si irrigidiva. Gli parve anche che tremasse un po’. - Non volevo…Non…Sono uno stupido! E…- - ‘Tanto non me ne frega più niente. - Un sussurro sempre più sottile. "Non è vero!" Lo vide passarsi una mano sugli occhi, lo sentì tirare su col naso; si accorse anche che stava cercando di alzarsi in piedi. E di allontanarsi, di nascondersi. Istintivamente, lo abbracciò da dietro. - Yuki, non…- - ‘Tanto non mi servono queste cose. - Udì il suo bisbiglìo quasi fosse un grido, i singhiozzi trattenuti a stento, le spalle che tremavano. - Diventerò così forte che nessuno potrà più dirmi niente, nessuno mi toccherà. Anche se faccio schifo, arriverò tanto in alto che nessuno mi raggiungerà. Nessuno…Rimarranno tutti indietro!- Provò a divincolarsi, ma Seiji lo strinse maggiormente a sé. - Lasciami…Devo…devo andare in bagno…- Non lo avrebbe lasciato andare; non sapeva bene cosa dire, ma era convinto che non dovesse rimanere da solo. - Lasciami…- …non di nuovo… - Ho già fatto fin’ troppo la figura dell’idiota, per stasera…- Cercò di ridacchiare, continuando ad asciugarsi gli occhi quasi furiosamente, con stizza. - Non credi?- …non anche quella volta… - Smettila, Yuki!- Lo fece voltare quasi con forza e lo baciò. Era la prima cosa che gli era venuta in mente. Voleva fargli capire che lui era diverso, che ci sarebbe stato sempre, che non lo avrebbe lasciato da solo. Non dopo quella sera, non dopo quello che c’era stato fra loro. Non ci aveva riflettuto, non riusciva nemmeno a dirglielo; stava agendo d’istinto, ancora una volta, reagendo a quanto sentiva dentro. - Seiji, non…- Yuki tentò di allontanarlo, ma con poca convinzione, e lui continuò a baciarlo su tutto il viso, asciugandogli le lacrime, accarezzandogli la schiena, stringendolo ancora a sé. - La…lasciami…Non ho bisogno che…- Seiji si staccò e lo afferrò per le spalle, scrollandolo. - Smettila!- Quasi lo urlò, pentendosene subito nello scorgere il sussulto del compagno. Lasciò andare il respiro e gli prese il volto fra le mani. - Smetti…Non voglio più sentirti dire queste cose. E non me ne frega niente di quello che pensano gli altri: io non ho mai pensato che tu fossi un idiota, e neanche che fai schifo. Anzi. E se per te non conta niente quello che penso io, beh…allora mi arrabbio! Perché io ci sarò anche quando tu sarai arrivato tanto in alto. Non mi farò lasciare indietro, e sarò con te. Mi impegnerò, per esserci. Fino alla fine. - Che accidenti stava dicendo?!- Cosa te ne fai di diventare tanto forte, se poi non c’è nessuno, con te, che ne gioisca? Non m’importa se pensi di non averne bisogno: io sarò là lo stesso, e poi mi dirai se non è meglio.- Lo vide spalancare gli occhi e mordersi le labbra, mentre altre lacrime straripavano implacabili, scivolando lungo le guance, e fra le sue dita. Sorrise e lasciò che il compagno gli passasse le braccia attorno al collo, si stringesse a lui, affondasse il viso sulla sua spalla. Una felicità indicibile lo riscaldò come una fiammata, un senso di soddisfazione ed esultanza che quasi lo stordiva. Non si era mai sentito così forte, e importante. Indispensabile. Yukito aveva bisogno di lui, si appoggiava a lui. Era una sensazione che non aveva mai provato con nessuno, e che gli faceva venire voglia di ridere e urlare. Tornò lentamente a sdraiarsi sul futon, trascinando con sé il compagno e lasciando che si adagiasse su di lui. - Allora, abbiamo finito di piangere?- disse scherzosamente, dopo che l’altro aveva cominciato a rilassarsi. - Non stavo piangendo!- ribatté Yuki, la voce più decisa, anche se soffocata dal suo collo. Seiji sogghignò. - Ah, è vero: ti è entrata della polvere negli occhi!- - Vaffanculo!- Gli arrivò prima l’insulto, direttamente all’orecchio, poi un morso. Ma il tutto condito da una risatina, morbida, armoniosa, e lui quasi non avvertì dolore. Quasi…
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