YOU'RE MY DREAM (parte seconda) di Kriss
Anche quella volta, la voce della nuova rissa girò per i corridoi e i cortili della scuola. Nessuno aveva visto niente, ma si sapeva che alcuni ragazzi che facevano parte della banda di Kurameshi erano finiti in ospedale, e che lo stesso Kurameshi fosse arrivato a scuola con un braccio rotto. E naturalmente, tutti avevano notato i cerotti sul viso di Okazaki; e avevano tirato le somme. Kurihara non aveva detto niente, neppure a Tsukishima. Erano affari di Okazaki, e lui ci si era già immischiato fin’ troppo. Inoltre, dopo quella vicenda, il nome di Okazaki era sempre più sulla bocca di tutti, e la cosa lo infastidiva parecchio. Come vedere gruppetti di ragazzine che spiavano gli allenamenti del club di nuoto per poterlo scorgere. "Stupide oche!" Dopo quella mattina, e quella sera, in cui avevano parlato più del solito, lui e Okazaki non si erano più visti molto, a parte alle sedute di allenamento, durante le quali, però, ognuno era preso dai propri esercizi e dalla preparazione alle gare imminenti e c’era ben poco tempo per parlare. Okazaki, poi, sembrava sempre più chiuso in se stesso, e appena poteva se ne andava a casa. Pareva concentrato solo sul nuoto. Come sempre, del resto. Niente di cui stupirsi. Il fatto era che a Kurihara dava sempre più fastidio. E la cosa che lo urtava ulteriormente, era proprio questa sua insofferenza. Avrebbe dovuto fregarsene, lasciar perdere, lasciarlo a marcire da solo; invece, sentiva crescere il desiderio di discutere con lui, di confrontarsi, di conoscerlo meglio, magari anche di litigarci, ma sopportava sempre meno quell’indifferenza. E questo lo irritava. In ogni caso, aveva altro a cui pensare. Si stavano avvicinando i giorni delle gare, e lui doveva impegnarsi al massimo. *** - Quest’anno porteremo al Campionato anche le staffette. - Il professor Yamada stava parlando ai suoi atleti prima dell’allenamento. Mancavano solo un paio di settimane ai Provinciali e lui stava assegnando le gare ad ognuno di loro. - Ho fatto un po’ di conti e ho visto che potremo ottenere ottimi risultati anche con le staffette, specie in quelle a stile libero. - Camminava avanti e indietro tutto impettito, quasi fosse l’allenatore della squadra Nazionale. Kurihara trattenne uno sbadiglio; era contento di partecipare alle staffette, lo divertivano un mondo, ma Yamada era sempre troppo esagerato. - Se farete il vostro dovere, il nome della nostra scuola non potrà che aumentare di prestigio. - Kurihara annuì distratto, e lanciò un’occhiata ai compagni. Erano tutti molto attenti, alcuni sorridevano di già, entusiasti anche se non sarebbero stati scelti, altri seri e concentrati. Okazaki, naturalmente, se ne stava in disparte; appoggiato alla gabbia delle tavolette e degli infragambe, metteva a posto gli occhialini, lo sguardo impassibile. - Yamazaki e Okajima, voi due verrete iscritti alla 4x100 stile insieme a Okazaki e Kurihara. - Seiji guardò ancora Okazaki e sogghignò dentro di sé. Non ce lo vedeva proprio in una staffetta, a far dipendere la propria prestazione da altre persone. L’altro, comunque, non pareva indignato o scontento. Solo indifferente, come al solito. Ma mentre una volta Kurihara avrebbe archiviato quel comportamento con sdegno, adesso si chiese cosa l’altro pensasse veramente. Concluse le raccomandazioni, le decisioni e le assegnazioni varie, che Seiji aveva ascoltato sì e no con un orecchio, l’allenatore spedì tutti in acqua. Kurihara fece per dirigersi alla sua corsia, stavolta sbadigliando apertamente, quando Yamada lo richiamò. Vide che anche Okazaki era rimasto. - Vi ho iscritti entrambi alle staffette. A tutte e tre. Tu farai la frazione a farfalla, Okazaki. Ammetto che la mista sarà un po’ una prova, ma coi tempi ci siamo, quindi non vedo perché toglierci una possibilità. E’ ovvio che, al contrario, io conti molto su quelle a stile libero. So che voi due avete degli obiettivi non indifferenti a cui puntare nelle gare singole, soprattutto tu, Okazaki, ma voglio che vi impegniate al massimo anche nella staffetta. Niente scuse, né rinunce. Va bene?- Kurihara annuì. Okazaki si tolse di bocca la lente degli occhialini che stava umettando. - Certo, signore. - disse, tranquillo. E ancora una volta, Seiji si chiese se lo pensasse veramente. - E, Kurihara-kun….- continuò Yamada, e lui tornò a guardarlo. - Parteciperai ai duecento stile libero. Sarà questa la tua gara. Non voglio storie con i cento o quant’altro: devi concentrarti prima di tutto sui duecento! Ti voglio agli interscolastici. Chiaro?- Kurihara sbatté le palpebre, stralunato. - Chiaro?! - - Sì, certo. - annuì sconcertato. Il suo obiettivo era sempre battere Okazaki sui cento, ma allo stesso tempo si sentiva galvanizzato dalle speranze che l’allenatore sembrava nutrire per lui sull’altra gara. Oltretutto, ricordava ancora le parole di Okazaki, quello che gli aveva detto quella sera sulle sue capacità, sui suoi secondi cento, e il negativo, e l’attitudine fisica a quella gara in particolare. Ci aveva ripensato spesso. Aveva fatto anche più attenzione al braccio sinistro, come gli aveva consigliato l’altro, e si era reso conto di tirare effettivamente di più. Si voltò di nuovo per andare a tuffarsi, ed incontrò lo sguardo di Okazaki. Lo fissava con una luce strana negli occhi, una sorta di determinazione e di compiacimento. Sembrava contento per lui. - Non credere che con questo io abbia rinunciato alla nostra sfida. - gli disse subito, ma meno bruscamente del solito. - Lo spero proprio. - ribatté Yuki con un mezzo sorriso, e si diresse sicuro alla propria corsia. Kurihara lo guardò salire sul blocco di partenza, mettersi gli occhialini, sciogliersi un attimo le lunghe braccia, poi tuffarsi. Aveva un corpo armonioso, così come i movimenti. E in acqua pareva ammorbidirsi ancora di più, quasi fosse stato quello il suo elemento naturale. - KURIHARA! - L’urlo dell’allenatore lo riscosse, facendolo sobbalzare. - Allora, ci vogliamo muovere o no?!- Alzando gli occhi al cielo, prese la rincorsa e si tuffò anche lui. Il pensiero di tutte le serie che lo aspettavano, lo fece gemere; ma si sentiva più in forma del solito, e l’allenamento gli sembrò quasi invitante. La sera, dopo l’ulteriore seduta in palestra, arrivò a casa distrutto, ma soddisfatto ed esaltato. Così come esaltato ed entusiasta arrivò ai Provinciali. Gli piaceva l’atmosfera che si respirava nelle giornate di gara: la piscina e gli spogliatoi pieni di gente, il rumore dell’acqua che si mescolava al frastuono delle voci, l’essere in squadra contro altre squadre, il riscaldamento, speaker, giudici, cronometristi…E poi, naturalmente, la tensione dell’attesa, e il momento in cui finalmente toccava a lui. Altro che un noioso e stressante allenamento! A differenza dei suoi compagni, che arrivarono sul piano vasca per il riscaldamento già tesi ed impauriti, gli occhi sgranati ad osservare i vari avversari, lui non vedeva l’ora di gareggiare, di affrontarli, quegli avversari. Specialmente uno… Ovviamente, neanche quell’"uno" pareva preoccupato o anche solo teso. Dal suo angolino in disparte, sembrava ascoltare distrattamente i discorsi dei compagni e osservare con indifferenza le batterie che si susseguivano una dopo l’altra, quasi annoiato. Era tranquillo ed impassibile come al solito; e probabilmente riteneva quelle gare una semplice formalità per essere ammesso alle successive. "Mi sta sottovalutando" pensò Kurihara con un sogghigno, convinto che questo gli avrebbe dato un vantaggio su di lui. Poi, lo speaker aveva annunciato i 50 stile libero, e Seiji si era ricreduto. Lo sguardo di Okazaki era cambiato immediatamente: i suoi occhi si erano accesi, illuminati da una luce risoluta, decisa, quasi feroce, e parevano guardare qualunque cosa o persona come volessero trapassarla. Kurihara si trovò sulla loro traiettoria ed ebbe la sensazione di venirne trafitto. Yuki era già così concentrato che quasi non lo vide; probabilmente, non udì neppure gli incoraggiamenti dei compagni e dell’allenatore. Seiji lo aveva seguito con lo sguardo, aveva seguito la sua gara, batterie e finale, e ancora una volta aveva avvertito crescere in sé quel fastidioso, ma inesorabile, sentimento di ammirazione verso l’altro che, sempre di più, sembrava farsi largo nel suo cuore. Okazaki non aveva rivali in quella gara, il risultato era già scontato, a meno che non si facesse squalificare o non si ritirasse; e infatti aveva vinto senza problemi, lasciando gli avversari a parecchie bracciate di distanza. Eppure, aveva affrontato la gara con una determinazione e una grinta che Kurihara aveva trovato sorprendenti, quasi l’altro avesse dovuto affrontare il più pericoloso dei suoi avversari; nonostante la mancanza di stimoli, aveva pure migliorato il proprio personale. Per la prima volta, Seiji aveva preso sul serio coscienza del fatto che non avrebbe avuto di fronte un avversario qualunque. E per la prima volta in assoluto, si era sentito agitato e inquieto prima di una gara.
Si passò il pettine fra i capelli e si guardò allo specchio. Era furioso. Furioso con se stesso. Dallo stanzone comune gli giungevano le risate e il vociare dei suoi compagni. Il Senkawa si era comportato molto bene e tutti i componenti della squadra si sentivano euforici. Tutti, tranne lui. E sì che aveva in tasca tre medaglie d’oro e due d’argento. Avrebbe dovuto esultare. Era stato ammesso ai campionati regionali. Con un grugnito, tornò nello stanzone a riprendersi la borsa, e venne subito assalito dai compagni. - Ehi, eccoti, Kurihara! - esclamò sorridente Yamazaki. - Ci chiedevamo dove fossi finito. - - Pensavamo di andare a mangiare qualcosa tutti insieme, stasera. - propose Okajima. - Dobbiamo festeggiare!- - Vieni anche tu, vero?- chiese Sanjou. Lui li guardava corrucciato. Che cosa aveva da festeggiare, lui? - Certo che viene, scemo!- Si era fatto battere. No, stracciare. - Se non viene lui, che è il campione dei duecento stile!!- Okazaki gli aveva dato quasi tre secondi. Tre secondi in cento metri! - Giusto!- Risero tutti in coro. Non gli aveva lasciato neppure il tempo di uscire dal tuffo che si era già staccato. Lo aveva surclassato, umiliato, distrutto. - Ehi, Seiji. Che ti prende?- E lui tornò a focalizzare lo sguardo sugli altri. Lo stavano guardando tutti, perplessi e preoccupati. - Cos’è quell’aria da funerale?- gli chiese Aoyama. Lui non rispose. - Proprio oggi che dovresti esultare…- - Sì, sei stato grande!- Kurihara sbatté le palpebre sconcertato. - Se io avessi nuotato dei duecento come i tuoi, sarei ancora in piscina a saltare per la contentezza!!- continuò Kinimoto. - Sì. E invece è già tanto se sei arrivato in fondo alla gara!- lo schernì scherzosamente Okajima. - Che cavolo dici! Ma se ho pure fatto la staffetta e abbiamo anche vinto!- - Solo perché c’erano Kurihara e Okazaki. - Risero di nuovo tutti, e Kurihara non riuscì a trattenere un sorriso. Erano più contenti loro della sua prestazione di quanto lo fosse lui stesso. In effetti, sui duecento era andato bene; più che altro, si era sentito nuotare bene, e aveva fatto un buon tempo. Aveva pure vinto le staffette a stile libero. Ma la sua sconfitta nei cento aveva fatto passare in secondo piano tutto il resto. - Io ve l’avevo detto che con loro due quest’anno saremmo stati fortissimi!- disse orgoglioso Yamazaki. Seiji gli diede un pugno in testa. - Piantala di strillare!- gli intimò, poi con un sogghigno gli passò il braccio attorno al collo e fece finta di strangolarlo. - E la prossima volta, vedi di darmi un cambio migliore: non ho voglia di dover recuperare ancora tutto quello svantaggio!- Rimasero tutti un attimo in silenzio, stupiti, poi scoppiarono in un’altra allegra risata. - Kurihara ha ragione, Yama-kun! Sei lento!!- - E’ vero!- - Scusate, avete ragione. Ma giuro che ai Regionali mi impegnerò di più. - - Bene!- Lo lasciò andare e gli fece una smorfia. - Stavo scherzando, scemo. Ma tu impegnati lo stesso!- - Sissignore!- annuì l’altro convinto, e lui scosse leggermente la testa. Erano proprio esagitati… - Allora, dove si va, stasera?- domandò, mentre si accingevano ad uscire dagli spogliatoi. …e tenevano davvero tanto alla squadra. - Non si sa. - - Offri tu, vero Kurihara?- - EEH?! Perché io??- - Sei tu che hai vinto!- - A maggior ragione dovreste essere voi ad offrire a me!- - Eh, no, amico: toccherebbe a te. - - E’ vero!- - Sì, giusto! Vai così, Kurihara-kun! Sei tutti noi. - - Tsk. Begli amici…- - Sai che la tua è l’unica gara che Okazaki ha seguito con attenzione?- Yamazaki gli stava camminando a fianco e aveva parlato a voce più bassa degli altri, quasi volesse farsi sentire solo da lui. Kurihara si voltò a guardarlo. - Cosa?- - Okazaki ha seguito la tua finale con molta attenzione. Era in piedi, ed è rimasto ad osservare la gara dall’inizio alla fine. - - Okazaki?- - Sì. - Yamazaki sorrise. - Non lo ha fatto con nessun altro. Io credo che sia una specie…di complimento. - Lo guardò, sempre sorridente. - Non trovi anche tu?- Kurihara non riuscì a fare altro che ricambiare lo sguardo con stupore. - Vuol dire che ti tiene molto in considerazione. - continuò Yamazaki, e lui si riscosse. - Mh. - grugnì imbarazzato. - Non credo…- Non uno come lui. - Io invece credo di sì. - Anche se… "Ci sono ancora due anni." gli aveva detto quando si erano incontrati alle docce dopo la finale dei cento, fissandolo con quegli occhi inquietanti. "Adesso concentrati sui duecento…" Lui se n’era andato senza quasi ascoltarlo, infuriato e convinto che l’altro lo stesse deridendo per la sua magra figura. Ma ora, dopo quello che gli aveva detto Yamazaki, aggiunto ad altre cose che erano venute fuori anche prima… Scosse il capo, irritato. - Bah, sarà…- grugnì. Non aveva voglia di pensarci. Però non riusciva a farne a meno. - Mh…Dov’è adesso?- chiese con un borbottìo. - Non viene con noi?- - Chi, Okazaki? Ha detto che c’era suo padre e che andava a casa con lui. - Kurihara alzò un sopracciglio. - Suo padre…?- - Mh, mh. - annuì l’altro. Seiji si schermò gli occhi con una mano dal sole basso che stava tramontando, e si guardò attorno con un sospiro. Era pronto a scommettere che il padre di Okazaki fosse ancora chissà dove in giro per il mondo, e che come al solito Yukito se ne fosse tornato a casa da solo. Era stato il migliore di tutti loro. Senza ombra di dubbio, anche se era dura ammetterlo. Aveva vinto alla grande in entrambe le sue gare, migliorando i propri tempi. Aveva contribuito a vincere le staffette a stile libero. Aveva recuperato in maniera incredibile nella mista, dimostrando di essere forte anche a delfino. Avrebbe avuto il diritto di festeggiare. "Sei uno stupido, Yuki!" pensò, guardando il cielo infuocato. Poi scese le scale di corsa e raggiunse i suoi compagni che lo stavano chiamando. *** La scuola era in fermento. I sorprendenti risultati della squadra di nuoto, che fino ad allora non aveva mai combinato niente di eclatante, uniti alle aspettative che si nutrivano per quelle di baseball e di calcio, avevano animato studenti e professori, preside in testa. Yamada era, ovviamente, al settimo cielo, ma non per questo aveva intenzione di riposare sugli allori. Aveva intensificato ulteriormente gli allenamenti e li aveva personalizzati. E naturalmente pretendeva sempre di più, soprattutto da Kurihara, che si era ritrovato a lavorare più del solito, e per di più con l’allenatore che non lo perdeva quasi mai d’occhio. - Maledetto rompiscatole!- sbottò una sera entrando in palestra, dopo l’ennesima tirata del professore - Che diavolo vuole da me?!- - Farti morire! - rispose scherzosamente Okajima, prima di uscire. - Ciao a tutti. Ci vediamo domani. - - Ciao. - salutarono anche Yamazaki e Sanjou. - Ehi! Ve ne andate tutti?!- protestò Kurihara. - Noi abbiamo finito. - ridacchiarono gli altri. Kurihara li guardò con cipiglio, e un pizzico di invidia, mentre si scioglieva le braccia prima di cominciare coi pesi. Avrebbe voluto andarsene a casa anche lui, magari uscire con Hideo e gli altri. Era una vita che non lo faceva. Con gli allenamenti e la preparazione, non gli rimaneva il tempo per fare niente. Per quello aveva smesso, in prima media; col nuoto non potevi permetterti di allenarti solo qualche giorno la settimana, se volevi combinare qualcosa: un paio di giorni fermo, e già avevi perso il passo. Sentivi "l’acqua strana", diceva qualcuno. Ed era vero. Così, aveva preferito smettere, perché non aveva voglia di trascorrere il proprio tempo solamente in piscina, voleva anche divertirsi, andare in sala giochi e al cinema; magari anche nuotare, ma solo ogni tanto, senza impegni pressanti. "Saggia decisione." pensò con una smorfia. Adesso, invece, non faceva altro che far fatica ed allenarsi! E pure con l’allenatore che non faceva che stargli sul collo e ricordargli le sue responsabilità e insistere e pretendere! Non riusciva a saltare nemmeno 50 metri!! Era veramente stanco. Eppure, stavolta non aveva nessuna intenzione di mollare; era deciso a continuare, a migliorarsi, ad arrivare da qualche parte. Si era reso conto che, anche se si lamentava, era soddisfatto di macinare tanti chilometri al giorno e sollevare pesi; lo faceva sentire bene, oltre che affaticarlo, e per certi versi lo riempiva di orgoglio. Aveva uno scopo, ma soprattutto aveva cominciato a credere sul serio in se stesso. Di questo, non era ancora veramente consapevole, era un qualcosa di inconscio, che gli derivava dalle aspettative che gli altri stavano riponendo in lui e che gli infondevano una carica sempre maggiore. Senza che se ne rendesse realmente conto, gli faceva piacere che Yamada lo tenesse sotto pressione, perché stava ad indicare che si aspettava molto da lui. E non solo l’allenatore. Anche Okazaki. …Soprattutto Okazaki?… Lo aveva colpito molto sapere che aveva seguito la sua gara, e poi, sembrava davvero interessato ai suoi progressi. E questo, stranamente, gli faceva piacere. Parecchio piacere. Come se gli importasse particolarmente il giudizio dell’altro, come se tenesse alla sua approvazione. Scosse la testa e sbuffò rumorosamente. Che assurdità! Cosa diavolo andava a pensare?! Non voleva che Okazaki lo approvasse: voleva che lo temesse! Era per quello che si stava allenando tanto, per quello che voleva migliorare a tutti i costi. Ecco, sì: quella era la verità. Nient’altro. Deciso a convincersene, si concentrò sugli esercizi che doveva fare, tanto che non si accorse che era entrato qualcuno in palestra. Solo quando terminò le serie su una macchina e si mosse per cambiare attrezzo, sentì un rumore alle proprie spalle, e si voltò di scatto, sobbalzando. Okazaki stava aggiungendo pesi al manubrio e gli lanciò un’occhiata impenetrabile. - Merda!- sbottò Kurihara. - Potevi anche farmi sapere che eri arrivato: non ti ho neanche sentito entrare!- L’altro non disse niente e continuò con quello che stava facendo. Seiji fece una smorfia. Okazaki era del suo umore più freddo, quindi sarebbe stato impossibile intavolare una discussione. Che palle! Oh, non che lui ci tenesse particolarmente. Era solo per rendere la seduta meno noiosa… E poi, lo innervosiva restare così in silenzio con una persona nella stessa stanza. - Ci siamo divertiti, domenica sera. - buttò là. Non ce la faceva a stare zitto; e poi voleva provocarlo un po’, sondarlo. - Ma anche tu con tuo padre, immagino ti sia divertito. - Okazaki alzò lo sguardo su di lui, ma lo distolse subito, sempre senza parlare. Kurihara notò che era leggermente arrossito, e si lasciò scappare un sorrisino. Ma non era di scherno. Aveva capito di aver indovinato, l’altra sera, quando aveva pensato che non fosse vero che il padre di Yukito fosse tornato, e non gli faceva piacere. Come sempre, di fronte ad Okazaki provava sentimenti contrastanti. Voleva provocarlo, metterlo in difficoltà, ma allo stesso tempo avrebbe voluto avvicinarsi di più a lui, conoscerlo, per non vederlo sempre sulle sue, e da solo. Era ridicolo, lo sapeva, e dal suo punto di vista, per certi versi, anche fastidioso, ma non riusciva a farne a meno. - E’ tornato dall’America?- insistette. - Hn. - annuì l’altro, senza guardarlo. - Giusto, giusto quella sera. Che fortuna! Sarà stato orgoglioso dei tuoi risultati. - Lo disse in tono ironico, e Okazaki alzò il capo a guardarlo; poi si strinse nelle spalle e ricominciò i suoi esercizi. - Beh, il mio lo sarebbe. - - Mh. - - Ehi, attento a non parlare troppo, altrimenti ti si secca la lingua!- lo schernì. Ancora silenzio. Accidenti a lui! Kurihara si alzò stirandosi e lo osservò mentre, sdraiato sulla panca, terminava le trazioni alternate. - Ogni tanto potresti venire fuori con i ragazzi del club. - disse. - Non saremo alla tua altezza, ma può essere divertente passare la serata con qualcuno, piuttosto che da soli a casa. - Yukito girò la testa di scatto, colto di sorpresa, e Kurihara gli fece un mezzo sorriso. - Non credi?- Okazaki stava arrossendo di nuovo, e Seiji ampliò il sorriso, soddisfatto per averlo messo in difficoltà. - Guarda che non sono stupido. Le tue balle non me le bevo più…- Okazaki spalancò gli occhi per un breve attimo, poi alzò un sopracciglio e la sua espressione tornò fredda. - Da quando ti importa di quello che faccio io?- ribatté, gelido. - Chi…Chi ha detto che m’importi!- - Non mi detesti?- - Certo! Sì!- - E allora, lasciami in pace per conto mio. Dovrebbe essere meglio anche per te, no?- Kurihara s’incupì. - Certo che è meglio! Molto meglio!- Merda! Perché si ficcava sempre in quelle situazioni?- Stavo solo cercando di…mh…Volevo solo….- S’interruppe ancora, d’un tratto impacciato. Non poteva certo dirgli che gli era dispiaciuto che avesse festeggiato da solo le vittorie ai Provinciali! Prese fiato per continuare, ma l’altro gli voltò le spalle senza una parola, e lui, naturalmente, s’infuriò. - Ehi! Ti sto parlando, maledizione!- gli urlò. Andava sempre a finire così, con lui! Arrogante bastardo… - Vuoi smetterla di fare finta che io non esista?!- Okazaki si irrigidì e lentamente tornò a voltarsi verso di lui. - Sai che non lo sopporto…- lo attaccò ancora Seiji, ma la sua voce suonò meno convinta. Okazaki lo stava fissando con intensità, dritto negli occhi, e lui si sentì d’improvviso più inquieto. Era uno sguardo penetrante, quasi feroce, molto simile a quello che l’altro sfoderava prima di una gara. …quello di una belva che ha puntato la sua preda… Poi, proprio come una belva, Okazaki cominciò ad avanzare verso di lui, sicuro, deciso, sempre senza perderlo d’occhio, e Kurihara, d’istinto, indietreggiò di un passo. Che intenzioni aveva? Voleva attaccar briga? Bene… Lui non aspettava altro. Strinse le mani a pugno, pronto a battersi, ma si accorse che l’altro si stava avvicinando un po’ troppo, e che il suo sguardo era sempre più inquietante. Kurihara si ritrovò a guardarlo stupito e un po’ spaventato, mentre il suo respiro diveniva più affannoso. - Ehi, che diavolo…- Okazaki gli era di fronte, vicinissimo. Poi lo afferrò per i capelli e lo baciò sulla bocca. Seiji sussultò sconvolto. Di tutte le cose che si sarebbe aspettato da Okazaki, quella non l’aveva proprio contemplata… Scioccato ed inebetito, indietreggiò per sfuggire alla presa dell’altro, ma questi lo assecondò e lui si ritrovò con la schiena addossata alla parete, e il corpo di Okazaki che premeva contro il suo, impedendogli di muoversi. Erano entrambi a torso nudo e il contatto della loro pelle, accaldata e sudata, gli fece venire i brividi. Brividi di piacere, che lo spaventarono. Cercò di divincolarsi, di reagire, ma Okazaki gli aveva bloccato i polsi in una stretta d’acciaio, e poi il movimento della sua lingua, che si era insinuata nella sua bocca e che la stava esplorando inesorabile, lo stava stordendo. Si sentiva sempre più debole, inerme, non capiva più nulla, mentre un calore intossicante lo coglieva alla bocca dello stomaco e gli scivolava fino all’inguine, confondendolo ulteriormente. Barcollò e sentì l’altro che gli lasciava i polsi per passargli un braccio intorno alla vita e sostenerlo; l’altra mano prese a giocherellare coi suoi capelli, all’altezza della nuca, e lui non poté trattenere un mugolìo di piacere. Avrebbe dovuto reagire, invece sentiva che stava per cedere. Avrebbe dovuto respingerlo, invece si aggrappò alle sue spalle e lo strinse di più a sé. Avvertì l’eccitazione dell’altro premere contro la propria, attraverso la stoffa leggera dei costumi da bagno, ed emise un nuovo gemito. Chiuse gli occhi. Non ce la faceva più. "No, no, no…" Incapace di resistere, aprì maggiormente la bocca e rispose al bacio. Prese a duellare con la sua lingua, assaporò la morbidezza delle sue labbra, bevve il suo respiro; con frenesìa, con voracia, quasi con impazienza, come non avesse aspettato altro da tempo. "…Perché, perché, perché…" Sapeva che era sbagliato, in un angolino remoto della sua mente annebbiata ne era pienamente consapevole, ma non riusciva ad opporvisi. Era più forte di lui. Poi Okazaki si scostò per riprendere fiato, e lui riaprì gli occhi, smarrito e atterrito, il corpo in fiamme e il cuore che batteva all’impazzata. Gli occhi dell’altro, fissi nei suoi, scintillavano, di desiderio, trionfo, forse anche un briciolo di tristezza. Niente malizia né ironia. - Preferisci così?- gli sussurrò Yuki sulle labbra. Lui sbatté le palpebre, cercando di tornare lucido. - Che… che cosa…- annaspò ansimando. - C…cosa hai…- Non riusciva a connettere, a pensare con chiarezza, il suo cervello sembrava in tilt; solo il corpo gli pareva in grado di reagire, e in quel momento desiderava solo che l’altro non avesse smesso. Okazaki si sporse di nuovo verso di lui, accarezzandogli una guancia con la propria, e Kurihara trattenne il respiro. - Non ti ignorerò più, se preferisci. - Un soffio, leggero, che gli sfiorò l’orecchio, come il bacio che arrivò subito dopo e che lo fece, ancora una volta, rabbrividire. Poi Yuki si staccò da lui. Gli accarezzò i capelli, una guancia, le labbra; poi si allontanò ed uscì. Seiji sentì subito freddo. Vuoto. Un vuoto che pareva volerlo risucchiare. Stordito, si lasciò scivolare lungo il muro fino a che non fu seduto per terra, e rimase là, lo sguardo fisso di fronte a sé, sulla porta dalla quale se n’era andato Yukito. *** "Stupido!" Stava pedalando a tutta velocità verso casa, tanto preso dai propri pensieri da non badare alla strada o alle auto. "Stupido, stupido, stupido!" Continuava a ripeterselo al ritmo delle pedalate. Cosa gli era saltato in testa di baciarlo? Proprio Kurihara, poi, che non poteva sopportarlo e che non avrebbe certo esitato a denigrarlo e deriderlo davanti a tutti!! Era impazzito?? …Beh, se avesse dovuto assecondare i propri desideri, lo avrebbe baciato già da tempo, e per la verità avrebbe fatto anche qualcos’altro… Ma i suoi erano desideri assurdi, impossibili da realizzare, e lui sapeva bene che non poteva permettersi di scoprirsi troppo; anzi, non doveva scoprirsi affatto! E invece si era lasciato andare proprio con il ragazzo che più lo detestava in tutta la scuola. …Però Kurihara aveva risposto al suo bacio…si era stretto a lui e aveva intrecciato la lingua alla sua… Se ci ripensava, il sangue gli si rimescolava nelle vene. Sapeva che non doveva farsi illusioni, ma non poteva dimenticare le sensazioni che il toccarlo aveva suscitato. …il calore della sua pelle…la morbidezza dei suoi capelli…il sapore della sua bocca…e il suo corpo, forte, muscoloso, stretto a lui… Ma soprattutto, non riusciva a dimenticare la reazione dell’altro. Certo, lui lo aveva colto di sorpresa, probabilmente Seiji era così sconvolto che non era riuscito ad opporsi alla sua invasione; ma era anche vero che Yuki si era aspettato di venir pestato a sangue, o comunque offeso e allontanato in malo modo. Non di sicuro ricambiato… Scosse la testa. Doveva smetterla. Quei pensieri non avrebbero portato a nulla di buono. Kurihara aveva avuto un momento di debolezza, forse dovuto allo shock, ma la cosa non si sarebbe ripetuta. Non desiderata, almeno. E lui avrebbe dovuto pensare a come rimediare a quello che aveva combinato, piuttosto che fantasticare su un possibile sviluppo della situazione. Doveva proprio essere impazzito! Come se non fosse a conoscenza di che cosa comportassero simili inclinazioni. Fra ragazzi. In piscina. Praticamente, si era scavato la fossa da solo. E lui lo sapeva bene. Lasciò andare il respiro con uno sbuffo e svoltò per l’ultima salita. Non ne aveva potuto fare a meno. Kurihara lo aveva praticamente provocato. Diceva di detestarlo, però continuava a stargli fra i piedi, e a farsi gli affari suoi, e a preoccuparsi per lui, e ad infuriarsi se lo ignorava… All’ennesima accusa, Yuki non ci aveva visto più. Se Kurihara avesse solo saputo quanto tempo passava a pensare a lui, si sarebbe spaventato! A volte si spaventava lui stesso. Lo spaventava il desiderio che lo assaliva ogni volta che lo aveva vicino, il tremito che avvertiva quando udiva la sua voce, la corrente elettrica che percepiva quando erano insieme, i sogni che faceva sempre più spesso tutte le notti, e non solo quando era addormentato. E avere a che fare con lui tanto spesso non lo aiutava di certo. Ultimamente, poi, si erano avvicinati molto. Si chiese se fosse stato il destino, a farlo iscrivere proprio a quella scuola, fra tante. Quando, il primo giorno, dopo essersi presentato al preside, aveva scorto Kurihara nel cortile che scherzava con i suoi amici, il cuore gli era balzato in petto. Lo aveva riconosciuto subito. Non che fossero passati molti anni, ma era cresciuto ancora, e non era più il ragazzino di una volta; però conservava la stessa vitalità, la stessa impetuosità, la grinta, e quella risata prorompente e solare che già lo aveva colpito la prima volta, più di due anni addietro. Una gioia spropositata gli aveva riempito il cuore, subito spenta dalla razionalità, che lo ammoniva a non fare stupidaggini e a non mettersi nuovamente nei guai solo per soddisfare i propri desideri. Lui aveva cercato di imporsi di non pensare a certe cose, di soffocare ogni fantasia potesse venirgli in mente sull’altro; ma aveva presto scoperto che Kurihara faceva parte dello stesso club, che aveva ripreso a nuotare, e che quindi si sarebbero per forza visti spesso. E i suoi propositi erano diventati più difficili da realizzare. Sempre più difficili, man mano che il tempo passava… Fino a che la situazione era precipitata. Arrivò alla villa e varcò il cancello. Chissà se Seiji ci sarebbe mai tornato… Fece un ghigno. Forse, per venire a picchiarlo! Entrò in casa e lasciò la borsa in entrata. Doveva farsi un bagno, mangiare, riposarsi. L’indomani doveva essere pronto ad affrontare il peggio. Si spogliò e cominciò a riempire la vasca di acqua bollente. Il problema sarebbe stato dormire… *** "Bastardo maledetto!" Kurihara avanzava a passo spedito verso la scuola, lo sguardo inferocito dritto davanti a sé. Era deciso a fargliela pagare, a quel lurido pervertito! Quella sarebbe stata la sua linea d’azione. La sera prima era stato colto alla sprovvista, e non aveva potuto reagire come avrebbe voluto. Okazaki non l’avrebbe passata liscia di nuovo, dopo quello che gli aveva fatto! Cercò di non prendere in considerazione il fatto che lui non si fosse quasi minimamente opposto all’assalto dell’altro, anzi, che lo avesse anche assecondato. Lo aveva fatto fin’ troppo la sera prima, e quella mattina si era convinto a non pensarci. La colpa era di Okazaki. Solo sua. E lui non gliela avrebbe perdonata. La sera prima era tornato a casa quasi in trance, così turbato e sconvolto da non riuscire a mangiare nulla, e aveva trascorso una notte d’inferno. Aveva cercato di non pensarci, aveva cercato di cancellare tutto dalla propria mente, ma non era riuscito a dimenticare quelle labbra, le mani che lo accarezzavano, quegli occhi. Ogni volta che chiudeva i propri, riviveva tutto quanto e, con propria vergogna, ci aggiungeva un seguito, degli sviluppi, risvegliandosi poi di soprassalto, agitato e confuso, e pieno di sensi di colpa. Si era detto che non era possibile, non era vero. Non Okazaki. Non a LUI! Eppure, non poteva negare che fosse successo. Si era chiesto perché, cosa volesse veramente Okazaki, cosa significasse per lui quello che aveva fatto, se non fosse solo una presa in giro, un modo per umiliarlo in qualche maniera. Naturalmente, non era approdato a nulla, e dopo una notte terribile e insonne, aveva deciso che lo avrebbe affrontato, senza timori o indecisioni, e che gli avrebbe fatto passare la voglia di prendersi certe libertà con lui. Almeno esteriormente, aveva cancellato i propri sensi di colpa e le proprie debolezze, e armato di nuovo spirito battagliero si era diretto a scuola, deciso a dargli una bella lezione una volta per tutte. Varcato il cancello, puntò dritto verso l’ala est, al deposito delle biciclette, sperando di beccare Okazaki prima che entrasse in classe. - Ehi! Buongiorno, Kurihara! - lo salutò Seto, affiancandoglisi. Lui gli rispose con un grugnito. - Come va? E’ un po’ che non ci si vede. - - Bene. - altro grugnito. - Domani andiamo a giocare a calcio. Una partita. Tu verrai, vero?- - Mh. - - E’ un sì o un no?- Kurihara non rispose, tutto preso a scrutare chi arrivava con le biciclette. - Ehi, Seiji! Ci sei?! Che ti prende?- Eccolo! Kurihara ignorò ancora Seto e si fece avanti. - Okazaki!- chiamò a voce alta, il cuore che già aveva aumentato i battiti. Molto studenti si voltarono stupiti a guardarlo. Okazaki, intanto, aveva posato la bici. Era fermo e gli dava le spalle. Poi si voltò, e lo guardò. E lui sentì svanire quasi del tutto la propria aggressività. Si specchiò nei suoi occhi, che il sole rendeva chiarissimi, e gli sembrò che il sangue gli defluisse dalle vene, lasciandolo senza fiato, mentre avvertiva una corrente passare tra di loro, anche a quella distanza, come un impulso che toccava solo loro due e che li legava in qualche oscuro modo. Okazaki cominciò ad avvicinarsi, e Kurihara s’irrigidì, stringendo i denti per trattenere il tremito che lo aveva colto. Cosa gli succedeva? Perché di fronte ad Okazaki si sentiva sempre a disagio? agitato senza un motivo? Beh, il motivo, quella volta, ci sarebbe anche stato, ma lui si era imposto di non farsi più cogliere impreparato e di non comportarsi come un pappamolla. Invece, si sentiva le gambe deboli e non riusciva a far rallentare i battiti del proprio cuore. Okazaki gli era davanti, ormai. - Dimmi pure, Kurihara. - mormorò a voce bassissima. Seiji notò che non era tranquillo come al solito, un leggero rossore gli tingeva le guance, e di riflesso si sentì avvampare a propria volta. Era anche consapevole degli altri studenti che li stavano osservando, ma non riusciva a liberare lo sguardo da quello dell’altro. Rimasero a fissarsi per qualche secondo, in silenzio, fermi in mezzo al cortile. Poi Seiji vide la sua lingua passare con un guizzo fra le labbra e con una fitta allo stomaco ne ricordò il tocco vellutato, la morbidezza, il sapore. Arrossendo ancora di più, distolse finalmente lo sguardo. - Dobbiamo parlare!- sbottò con tutta la durezza che riuscì ad esternare in quel momento. La campana suonò per chiamare i ragazzi all’entrata. - Dopo le lezioni. - propose Okazaki, e lui annuì con un cenno secco del capo, prima di voltarsi ed allontanarsi a passo spedito. - Ehi, Kurihara, aspetta! - gli gridò dietro Seto, inseguendolo, ma lui non si fermò. Voleva mettere più distanza possibile fra sé e Okazaki. Stargli vicino lo confondeva in un modo sconvolgente. E lui doveva mantenersi lucido, se non voleva soccombere un’altra volta. Non si soffermò sul come ci sarebbe riuscito, visto che avrebbe avuto a che fare proprio con Okazaki: al momento non voleva pensarci. Doveva solo restare calmo. Naturalmente, non ci riuscì. Per tutta la mattina, non fece che pensare al suo prossimo incontro con l’altro, a quello che gli avrebbe detto e a quello che gli avrebbe fatto, e venne rimproverato da due professori per la sua distrazione. Quando suonò la campanella per la pausa pranzo, non si ricordava neanche che lezioni aveva avuto! - Stamattina l’hai dimenticata a casa, la testa, eh, Seiji?! - lo schernì Tsukishima. Non sapeva bene cosa fare. - Hai poco da ridere: - ribatté, mentre tirava fuori il contenitore con il pranzo. - dovrai passarmi i compiti!- Okazaki aveva detto dopo le lezioni, ma non aveva specificato né l’ora né il luogo. - Eh no, amico. - continuò Tsukishima. - Stavolta te li fai da solo!- - E allora, che amico sei?!- Magari, Yuki aveva inteso prima degli allenamenti… - Sono un amico, non il tuo servetto. - ridacchiò Hideo. - Andiamo a pranzare da qualche parte, dài…- Saltò giù dal banco su cui era seduto, poi Kurihara lo vide alzare le sopracciglia e guardare con stupore verso la porta alle spalle di Seiji. Udì gli strilletti di un paio di ragazze, il sussulto e i mormorii di altre. Poi una voce. Bassa, pacata. - Sto cercando Kurihara-kun. - E il cuore gli balzò in gola, con tanta violenza da togliergli il fiato. Si voltò di scatto, sbalordito e confuso. Okazaki era già dentro l’aula, appena davanti alla porta; girò di poco la testa verso di lui, e i loro sguardi si agganciarono. Di colpo, l’atmosfera parve cambiare, divenne più pesante, quasi tangibile, ed elettrica. Una scarica che, ancora una volta, intercorreva solo fra loro due. Come non esistesse nessun altro. - Allora, andiamo?- disse semplicemente Okazaki, come se fosse una cosa normale che lui fosse passato di lì a chiamarlo. Kurihara si riscosse. Quel bastardo lo stava mettendo in imbarazzo davanti ai suoi compagni. Si diresse deciso verso di lui, avventandoglisi quasi contro, lo afferrò per un braccio e proseguì verso l’uscita. - Ehi, Seiji…- lo richiamò Tsukishima, guardandolo stupito e un po’ dispiaciuto. - E il nostro pranzo?- - Un’altra volta. - gli ruggì di rimando, senza voltarsi, ed uscì con Okazaki. Merda! Merda! Merda! Cosa diavolo gli era saltato in testa, a quel cretino, di venire nella sua classe a cercarlo?! Adesso tutti si sarebbero chiesti cosa fosse successo, si sarebbero incuriositi, magari qualcuno avrebbe anche capito che…. Al pensiero, si sentì avvampare. Con un brivido, s’immaginò lo sguardo indagatore di Tsukishima…E le sue domande. Sempre più corrucciato, aumentò l’andatura, tanto preso dai propri pensieri da dimenticare che stava ancora tenendo il braccio di Okazaki. A malapena, si accorse delle occhiate stranite che gli lanciavano gli altri studenti; voleva solo arrivare in un posto tranquillo e abbastanza isolato. In quel caso specifico, aveva scelto la torre dell’orologio, proprio perché era vietato andarci e lui sperava di non trovarci nessuno. Solo quando giunse in cima, si fermò e si voltò verso il suo compagno. - Perché cavolo sei venuto nella mia classe?!!- sbraitò ansimando. Okazaki si stava guardando intorno, incuriosito, poi tornò a puntare lo sguardo su di lui. - Non sapevo dove avremmo potuto vederci. Stamani non l’hai detto…- replicò, calmo. Kurihara spalancò la bocca, poi la richiuse senza dire nulla. Accidenti a lui! Sembrava sempre avere ragione. Strinse i pugni, e si rese conto che stava stringendo il polso di Yukito, molto vicino alla mano. Con un sussulto, lo lasciò andare e fece un passo indietro. - E non…non starmi così vicino…- farfugliò, arrossendo di nuovo. - Sei tu che mi hai preso per mano…- mormorò Okazaki. - Non è vero!!- urlò. - Sei…sei tu che…- Maledizione! Non era così che doveva andare! non così che aveva immaginato. Avrebbe dovuto prendere il sopravvento, assalirlo, magari anche picchiarlo. …perché non ci riusciva mai?… Si voltò e diede un calcio all’aria. - Merda!- sbottò. - Sei tu che fai…che fai queste cose…Cioè…Ieri sera…Cosa cavolo credevi di fare?! Cosa mi hai fatto! Volevi umiliarmi? Divertirti alle mie spalle??- Sentiva la rabbia crescere dentro di sé, e con quella l’imbarazzo, e il bisogno di nasconderlo muovendosi e alzando la voce. Prese a camminare furiosamente avanti e indietro per il locale. - Come hai osato!? Dovrei ammazzarti per questo, lo sai?- Però continuava a non farlo. - Se ci ripenso…- Se lo faceva, sentiva ancora quel calore intossicante che lo soffocava e gli faceva perdere la ragione. - Tu…Tu…Come hai potuto?! Sei un ragazzo!- Un ragazzo… E lo aveva baciato. Lo aveva abbracciato. E lo aveva fatto sentire… - E’…E’…Disgustoso!! Merda! Perché io, poi?- Non voleva pensare a come era stato realmente. Voleva solo sfogarsi, gridargli contro, fargliela pagare. …e cancellare quelle sensazioni, l’eccitazione, i brividi, il suo sapore… - Mi odi a tal punto?! Anch’io ti detesto, ma non ti farei mai una cosa simile!!- Si voltò rabbioso, tornando a guardarlo. Okazaki era immobile, rigido di fronte a lui, e pallidissimo. Kurihara notò anche che aveva le mani strette a pugno, e sperò che ne facesse partire uno per potergli rispondere. Invece rimase fermo, e zitto. - Perché?! Cosa ti è saltato in testa? Sei impazzito? oppure….- - Scusa. - La voce di Okazaki interruppe il suo soliloquio. Fredda. Impassibile. Il suo volto era una maschera di indifferenza, come se non gli importasse affatto dello sfogo di Seiji né intendesse veramente scusarsi. - Cosa?!- chiese stupito. Eppure, Seiji ebbe l’impressione che fosse davvero una maschera, un muro che l’altro innalzava di fronte a sé per impedire agli altri di avvicinarsi troppo a lui, di comprenderlo, di leggere nel suo cuore. - Scusa. - ripeté Yuki. - "Giuro su Dio che non ti farò mai più una cosa come questa" [ aaaaahaaa!! Scusate, mi sono lasciato prendere la mano dalla citazione!!….Oh, mio ANDRE’…*o* ]. Non volevo che…- Abbassò brevemente lo sguardo, perdendo per un attimo tutta la sua sicurezza, e la freddezza. - Non succederà mai più, non temere. Stammi lontano, e io non ti parlerò neppure. - Ruotò su se stesso con un unico movimento e si diresse alle scale per scendere. Kurihara lo fissava stralunato; ma si riprese subito. - Ehi, aspetta!- Lo raggiunse e lo fermò appoggiandogli una mano sul braccio. Lo sentì irrigidirsi, mentre si bloccava al suo tocco e continuava a dargli le spalle. Seiji si schiarì la voce, di nuovo imbarazzato. - Io…mh…Non ho ancora finito. - Cercò di metterci un po’ di durezza, ma la sua rabbia stava svanendo pian piano. Come al solito, di fronte ad Okazaki si sentiva sempre confuso e spesso incapace di ragionare e comportarsi con coerenza. In quel momento, avrebbe dovuto essere furioso con lui, avrebbe dovuto aver voglia di spaccargli la faccia; invece, riusciva solo a pensare alle sue parole, alla sua espressione, e a quello che nascondeva. Voleva parlare con lui, spiegarsi, farsi spiegare. - Non c’è nient’altro da dire, mi sembra. - replicò Okazaki. - Non avrai più niente da temere, da me. Ora, lasciami stare. - Cercò di divincolarsi, ma Kurihara glielo impedì. - Non è così semplice. Non hai ancora risposto alle mie domande, e io voglio delle spiegazioni. Non puoi andartene così, dopo quello che mi hai fatto. Possibile che non te ne freghi niente? possibile che non ti tocchi minimamente?!- Stava ricominciando a parlare con foga. - Come puoi essere così?…così indifferente a tutto, così gelido anche in una situazione del genere. Non ti importa proprio di niente?! - Stava per strattonarlo, quando l’altro voltò il capo verso di lui, lo sguardo di fuoco fisso nel suo. - Cosa ne sai tu, di quello che penso io?- sibilò. - di quello che sento o che provo?? Non mi conosci, non sai niente. Sai solo blaterare e giudicare! - Sembrava furioso; Kurihara non lo aveva mai visto così. - E intanto, non sai neppure cosa vuoi veramente. Mi detesti, mi odi, mi insulti, vuoi che ti stia lontano, però continui anche a farti gli affari miei, ad offenderti se ti ignoro, ad infastidirti se non ti parlo. Cos’è che vuoi, veramente? Cosa vuoi DA ME! Io non…- scosse la testa e sospirò. - Lasciami in pace. Lasciami da solo. E’ meglio; te lo avevo già detto…- Kurihara rimase a guardarlo, sconcertato. L’altro aveva il respiro un po’ affannato e gli occhi lucidi. Seiji non lo aveva mai sentito parlare tanto; non in quel modo. Era scosso. Doveva essere lui ad attaccare, invece l’altro aveva ribaltato tutto e messo le cose sotto una nuova luce, quasi costringendolo a doversi giustificare. Forse lo aveva fatto apposta per non dover rispondere alle sue accuse. O forse si era sfogato anche lui… - Nessuno può starsene sempre da solo. - ribatté convinto. - Tutti hanno bisogno di qualcuno. L’altra sera noi siamo andati a festeggiare tutti insieme, e quello che aveva più motivo di esultare per i propri risultati non c’era, perché ha preferito andarsene per conto suo! E a me non è sembrato giusto!- Cosa stava dicendo? Era impazzito??- Cioè…sì. Ma tu stattene pure da solo! Per quello che m’interessa!! Sono cavoli tuoi! E…E stammi lontano. Hai ragione: è meglio. - Sì, molto meglio… Niente più problemi. Niente più imbarazzo. …Era davvero quello che voleva?… Vide Okazaki stringere la mascella e tornare ad indossare la sua maschera di indifferenza. E Kurihara, contro ogni logica, si chiese perché non potevano essere amici… Poi una voce risuonò fra le pareti della stanzetta, ed entrambi sobbalzarono. - Guarda, guarda chi c’è qui. - Qualcuno stava arrivando dalle scale alle spalle di Okazaki, e quest’ultimo alzò gli occhi al cielo con un sospiro esasperato. Kurameshi. Kurihara fece una smorfia. Sembrava strafottente come sempre. Non se n’era già prese abbastanza? - Ti si trova sempre dove meno ce lo si aspetta, eh, bel faccino?- continuò, insolente. E Okazaki si voltò ad affrontarlo. - Questo posto è nostro!- disse un altro ragazzo. Kurameshi girava sempre con uno stuolo di tirapiedi: dietro di lui c’erano almeno altri sei studenti. Kurihara si sentiva già prudere le mani. - Allora è qui che ti incontri con i tuoi amichetti. - insistette Kurameshi. - Mi sa che il nostro posto è stato insozzato. - Seiji fece un passo avanti. - Levati dai piedi, Kurameshi. - sibilò Okazaki. Aveva i pugni stretti e Kurihara avvertiva la tensione che lo faceva fremere. - Se non vuoi che ti rompa anche l’altro braccio. - - Non venire a dare ordini a me, frocetto!! Ti spacco tutte le ossa che hai in corpo! L’altra volta sei stato fortunato!!- Si avventò con le braccia in avanti, ma Okazaki gliele bloccò. - Non mi toccare. - La sua voce era tagliente come un rasoio. Kurihara vide i muscoli del collo di Kurameshi tendersi, mentre il ragazzo provava a liberarsi; stava già sudando e il suo viso cominciava a congestionarsi. - Tu…Tu non devi toccarmi!- digrignò, cercando di mantenere contegno e aggressività. - Non dovresti toccare nessuno, tu! Brutto frocio di merda! Sei solo….- - Ehi, stronzo!- Kurihara non ce la faceva più: quell’imbecille aveva superato ogni limite. - Hai sentito cosa ti ha detto? E’ meglio se te ne vai, e di corsa. A meno che tu non voglia fare un’ennesima figuraccia; nel qual caso… - Scrollò le spalle con un sogghigno. - In effetti, ormai ci devi essere abituato!- Kurameshi si voltò con un ringhio verso di lui. - Cosa…?- - Bastardo! Cosa vuoi??- urlò qualcuno dalle retrovie. Ma Seiji li ignorò. - Quanti siete? Sette? otto? Un po’ pochi, contro due, mi pare…L’altra volta vi è bastato lui da solo, per stendervi tutti, se non sbaglio. Dovreste chiamare rinforzi. - Ora Kurameshi era paonazzo. - Cosa cazzo ti immischi, tu?! Cosa vuoi? Questa è una questione fra me e lui! Vattene, o sarà peggio per te!- Sbraitava, ma la sua voce era più acuta. Non sembrava più tanto sicuro. Seiji socchiuse gli occhi e fece un passo verso di lui. - Sei tu che ti devi levare dalle palle. - disse a mezza voce. - Mi hai veramente rotto i coglioni, con le tue spacconate. - - Lascia perdere, Kurihara. - intervenne Okazaki con voce stanca; non pareva affatto preoccupato. - E’ con me che ce l’hanno…- Ma Seiji non lo ascoltò. - Sei solo un codardo che non sa far altro che attaccar briga senza motivo, spalleggiato da una mezza dozzina di idioti perché da solo non sarebbe capace di far paura neanche ad un bambino delle elementari!- Udì Okazaki, accanto a sé, sospirare. - Stavo parlando. Mi hai interrotto, mi hai insultato, mi stai facendo perdere tempo: ce n’è già abbastanza per romperti qualche dente!- Kurameshi quasi non aspettò che finisse: si slanciò verso di lui come una furia, e il volto di Kurihara si illuminò di un gran sorriso, mentre lui schivava il primo pugno. Se lo aspettava. E non vedeva l’ora di menare un po’ le mani. - Brutto stronzo!- grugnì Kurameshi. Kurihara lo zittì con un pugno in piena faccia, poi gli sferrò un calcio nello stomaco, facendolo cadere a terra. Si sentiva esaltato. Aveva bisogno di sfogarsi, di scaricare la tensione, e quegli idioti erano arrivati proprio al momento giusto. Inconsciamente, si era reso conto che con Okazaki non avrebbe potuto farlo. Ma battersi contro Kurameshi e compagnia era il massimo. Naturalmente anche gli altri salirono a dare una mano al "capo"; erano tanti, ma non stavano tutti sul ballatoio, e loro due sembravano comunque troppo forti anche per tutto il gruppo riunito. Kurameshi continuava ad imprecare, a rialzarsi e ad attaccare, ma, sebbene robusto, era troppo impreciso e scoordinato per combinare qualcosa di buono. Okazaki, invece, si batteva bene; metteva a segno colpi precisi, efficaci, senza spreco di energie e attento ad ogni possibile distrazione degli avversari. Ad un certo punto dello scontro, Seiji se lo ritrovò alle spalle, schiena contro schiena, e sentì l’esaltazione crescere. Non durò molto; presto la maggior parte degli avversari era a terra, molti erano addirittura caduti dalle scale ed altri se ne stavano andando malconci. - Allora, ne avete avute abbastanza?- esclamò euforico Seiji. - Andatevene e non fatevi più vedere!- Kurameshi li guardò rabbioso, ma lasciò che lo accompagnassero via. - Me…me la pagherete. - biascicò, sputando qualcosa. - Non ti conviene, stronzo!- gli rise dietro Kurihara. - Ti avevo detto che ti avrei spaccato i denti. - Gli arrivarono dei grugniti, dal basso, ma non vi badò. Era su di giri. - Waah!- esclamò stiracchiandosi, mentre si voltava verso Okazaki. - Mi ci voleva proprio!- Yuki era appoggiato alla finestrella, e scosse piano il capo con un lieve sorriso. Non pareva entusiasta come lui. - Ora ti sei fatto dei nemici pure tu… - mormorò, pacato. - Chissenefrega!- ribatté stringendosi nelle spalle. - Gente così ha solo bisogno di botte!!- Non riusciva a smettere di sorridere radioso. Quello scontro lo aveva riempito di energia ed esuberanza. Aveva anche dimenticato il motivo per il quale si trovava lì con Okazaki. - Ti sei anche fatto colpire. - notò Yuki, con un sopracciglio alzato. Seiji si passò una manica sulla bocca per asciugare il rivoletto di sangue che gli stava scendendo lungo il mento. - Non è niente. - Okazaki si staccò dalla finestra e gli si avvicinò. - Tieni. - Gli allungò un fazzoletto pulito, poi proseguì in direzione delle scale. - Gr…grazie. - farfugliò stupito; poi si voltò a guardarlo con un mezzo sorriso. - Ehi, com’è che quando ci sei tu nei paraggi ci scappa una rissa?- Anche l’altro fece un sorrisino, ma molto più triste. - Chissà…- rispose con un’alzata di spalle e, nascondendogli lo sguardo, scese una scalino. - Forse perché non faccio schifo solo a te. - E se ne andò, lasciandolo senza parole, da solo sul ballatoio. Quando si affacciò dalla balaustra per chiamarlo, l’altro era già sparito. *** Quella sera, non andò agli allenamenti. Appena finite le lezioni, se ne tornò a casa. Non aveva voglia di vedere Kurihara, sapendo di disgustarlo. Non lo avrebbe sopportato. Aveva bisogno di tempo per assorbire la cosa. Se lo sarebbe dovuto aspettare; non era difficile da prevedere, avrebbe dovuto esserci abituato. Invece, il colpo era stato duro e lo aveva ferito più di quanto aveva creduto. Udire la sua voce urlare quelle parole, con furia, con rabbia, avvertire il disgusto che l’altro provava, e il suo credere che quello che era successo la sera prima fosse un modo per dimostrargli quanto lui lo odiasse… …quando, invece, era tutto il contrario… Ma Kurihara non lo avrebbe mai capito. Nessuno lo avrebbe capito… Scese nel seminterrato e si preparò per una seduta di pesistica. Era stato il comportamento dell’altro ad illuderlo; si era fatto ingannare dalle sue indecisioni, dal suo avvicinarsi, così in contrasto con l’insofferenza che invece a volte sembrava provare, dalla sua reazione. - Cretino!- sbottò a voce alta. Cretino lui, e cretino anche Seiji. Cretino, rozzo, strafottente, insopportabile, chiassoso, invadente… Com’era potuto diventare la sua ossessione? Perché ormai era davvero un’ossessione. C’erano momenti in cui non riusciva a pensare ad altro. Era assurdo! Doveva smetterla. L’altro non era nessuno, non contava niente, per lui; non era neppure un degno avversario. Convinto, si mise a fare serie su serie, quasi senza prendere fiato, deciso a togliersi dalla testa ogni problema relativo a Kurihara. C’era quasi riuscito, quando suonò il campanello. Accigliato, andò al videocitofono e premette il pulsante del visore; poi reclinò il capo in avanti con un gemito. Era lui. Cosa ci faceva lì a quell’ora? E proprio quella sera. Si morse un labbro, poi premette un altro bottone. - Cosa vuoi. - lo apostrofò, gelido. Se c’era una cosa che gli riusciva bene, era sfoggiare quel timbro di voce. Lo vide sobbalzare e trattenne un sorriso. - Mh…Devo…Devo parlarti. - disse, fra il serio e l’impacciato. Adorava la sua espressività. - Non ti sembra di averlo già fatto abbastanza, per oggi?- replicò, sempre più freddamente. A volte, si chiedeva come ci riuscisse. - Ci siamo già detti tutto…- L’altro si passò la mano nei capelli. - Non ho…finito. - insistette. "Accidenti a te, Seiji! Perché sei venuto?" - Sono stanco, e non ho voglia di vederti. - mentì. - Vattene. - Lo vide spalancare un attimo gli occhi, poi colpire il muro con un pugno. Udì anche la sua imprecazione soffocata. Poi di nuovo la sua voce, metallica, attraverso il citofono, ma sempre potente. - Se tu oggi non fossi scappato, non sarei venuto fin’ qua! - Si sporse verso la telecamera. - Ok, se non vuoi vedermi, voltati dall’altra parte, ma almeno ascoltami!!- Sembrava deciso, convinto. Yuki rimase a guardarlo ancora per qualche istante, poi , con un nuovo sospiro, premette il pulsante dell’apri-cancello e salì al piano superiore per aspettarlo. *** Kurihara sentì scattare la serratura del cancello ed espirò con sollievo. Non gli andava di rimanere a discutere davanti ad un citofono, anche se lo avrebbe fatto, nel caso l’altro lo avesse costretto. E poi, voleva vederlo in faccia. Era venuto fin’ lì spinto da un impulso improvviso e si era presentato aggressivo e convinto. Appena varcato il cancello, però, cominciò a sentirsi in imbarazzo. Quando, giunto in piscina, aveva saputo da un incredulo e stralunato Yamada che Okazaki non sarebbe venuto agli allenamenti, Kurihara non si era neanche cambiato e se n’era andato anche lui, deciso a raggiungere Okazaki per parlargli quel pomeriggio stesso. Non aveva intenzione di aspettare, dentro di sé aveva sentito che era troppo importante. E, come sempre, aveva agito d’impulso. Ora, però, tutte le sue certezze stavano scemando, soffocate dai dubbi che il non sapere bene da cosa cominciare aveva suscitato. Aveva mille pensieri, in testa, mille domande, mille questioni che voleva affrontare e risolvere, ma nulla di lineare, di ordinato; si affastellava tutto, cozzando un pezzo con l’altro e turbinandogli confusamente nella testa. E poi, con quel suo comportamento, sembrava che gli stesse correndo dietro… Quando arrivò sotto il porticato antistante la villa, aveva ormai perso quasi tutta la propria sicurezza. Okazaki gli aveva già aperto la porta e lo aspettava subito all’interno. Indossava solamente un paio di pantaloncini e una canottiera, e aveva un asciugamano gettato sul collo . Kurihara immaginò subito che fosse stato ad allenarsi nella palestrina ed esitò sulla porta. Non aveva minimamente pensato che avrebbe potuto disturbarlo. In effetti, non si era posto alcun problema: era partito e basta. - Allora?- lo incitò l’altro, e lui entrò, rigido. Un paio di pantofole era già pronto per lui e lui le infilò, prima di seguire Okazaki fino ad un salotto di medie dimensioni, perfettamente arredato. Okazaki si fermò al centro della stanza, le braccia incrociate sul petto e la solita espressione impassibile. Ma Seiji si accorse che era teso e, per qualche motivo, agitato, e che probabilmente si stava trattenendo. Lo aveva infastidito a tal punto? Si guardò attorno imbarazzato, poi si schiarì la voce. L’altro continuava a tacere. - Perché non sei venuto agli allenamenti?- borbottò alla fine. Dio! Si sentiva un completo imbecille. Tanta strada, tante storie, e poi non sapeva neanche più cosa dire! - Non ne avevo voglia. - rispose l’altro. - E tu? perché non sei andato?- - Perché tu non c’eri!- ribatté a voce alta, poi si morse un labbro. - Nel senso…nel senso che dovevo…dovevo parlarti e ……- Merda! Sbuffò e si scompigliò i capelli. - Ok, sono stato un cretino! e un maleducato! Non sarei dovuto venire; non ho neanche pensato che ti avrei disturbato, e che non ti interessasse ascoltarmi. E’ solo che…Uff. Niente. Se vuoi, me ne vado. - Era stato davvero un idiota ad arrivare fin’ lì. Se solo avesse imparato a riflettere, prima di agire… - No che non voglio…- Quasi un sussurro, lieve, sottile. Kurihara alzò gli occhi e incontrò quelli di Okazaki, penetranti e luminosi. - Non ti avrei neanche fatto entrare, se non ti avessi voluto qui, non credi?- Il lampo di un sorriso, vivace, e dolce. - Ormai mi hai interrotto in quello che stavo facendo, mi hai disturbato, mi stai facendo perdere tempo… Come minimo, ti avrei già dovuto spaccare qualche dente!- Ora il sorriso era più aperto, e Kurihara si sentì arrossire, anche al ricordo delle proprie parole di quella mattina. - Giusto. Mh…sì…- Si sentiva un po’ impacciato, ma per certi versi si stava rendendo conto che gli piaceva quando Yukito gli parlava così, perché non era chiuso nel suo guscio, nascosto dietro la solita, fredda, imperscrutabilità. - Stavo scherzando. - disse Okazaki. - Allora…- Andò a sedersi sul divano. - non avevi qualcosa da dirmi? Qualcosa di così importante da non poter aspettare fino a domani…- Kurihara deglutì a vuoto e abbassò lo sguardo. - Ti ascolto. - Poi lo sentì fare un lungo respiro, e aggiungere, a voce più bassa: - Basta che non siano insulti: non sono molto in vena. - E Seiji tornò a guardarlo, quasi di scatto. - Non stasera…- finì Okazaki, sempre sorridendo, ma c’era una luce triste in fondo al suo sguardo. - Io non…- cominciò. - Non avevo intenzione di offenderti. Neanche oggi. Cioè…Stamattina era diverso, ma…- - Già…E’ solo quando lo merito, vero?- - Eh?! Sì. No!- Doveva smetterla. Era lì per parlare, per spiegarsi ed avere delle risposte, ed era deciso a mettere in chiaro molte cose. - Senti, non volevo insultarti. Cioè, sì, lo volevo! Volevo anche spaccarti la faccia, se è per questo! Ma poi…- Ma poi non sapeva più cosa gli era preso, cosa gli succedesse sempre quando si trovava con Okazaki. Anche in quel momento, i suoi sentimenti erano sempre più confusi; e il fatto che si fosse precipitato a casa sua senza pensare a nient’altro, era la riprova che la presenza e il pensiero dell’altro lo sconvolgevano in un modo che ancora non riusciva a spiegarsi. - Quello che…che hai fatto…mh, ieri sera…- Senza rendersene conto, aveva preso a camminare avanti e indietro per la stanza. - Beh, non puoi biasimarmi, se vorrei ammazzarti di botte! Nessuno mi aveva mai umiliato in quel modo ! Nessuno mi aveva mai……- Sussultò, arrossendo violentemente. …mai baciato…e fatto sentire così… Prese fiato, rischiando di soffocarsi. - Io…io. E’ vero, non mi sono sempre comportato bene, con te. Mh…quasi mai…E a volte ci sono andato giù un po’ pesante…Ok, parecchie volte. E hai ragione a detestarmi. Cioè, è normale. Però…- - Ma io non ti detesto. - La voce di Okazaki si levò in un mormorio distinto, che lo interruppe. Kurihara si bloccò, voltandosi a guardarlo scioccato. - Eeh?!- - Non ti ho mai detestato. - precisò ulteriormente Yukito. - Non l’ho neanche mai detto…Sei sempre stato tu a fare tutto. - Seiji sbatté le palpebre, incredulo. Okazaki non lo odiava?! Perché? Erano avversari, antagonisti! lui lo aveva trattato da subito con ostilità, e l’altro aveva risposto dimostrando tutta la sua indifferenza. Non potevano che essere in contrasto. Ma allora… - Allora… Perché? - alitò. - Perché mi…mi hai…- - Baciato?- concluse Okazaki per lui, fissandolo dritto negli occhi e alzandosi lentamente in piedi. - Secondo te, perché si fanno cose del genere, di solito?- Era mortalmente serio, e Seiji sentì un brivido percorrergli la schiena. Perché due persone si baciano, di solito? …No, non due! era stato l’altro a cominciare!……ma lui gli aveva risposto… Scosse il capo. Due persone…Di solito, perché… Spalancò gli occhi sconvolto. - Ma tu sei un ragazzo!!- esclamò, quasi urlando. - E’…E’ diverso!!- Cosa stava cercando di dirgli? - Ah, già…- Okazaki fece un sorrisino ironico. - Se io fossi stato una ragazza, sarebbe stato tutto più accettabile, più comprensibile. Mh? Niente di strano, niente di schifoso. Solo, forse, un po’ sfacciato. - Alzò un sopracciglio. - In questo caso, cosa avresti pensato? - Si stava avvicinando pericolosamente, e il suo sguardo aveva di nuovo quello scintillìo determinato, e quasi famelico, che ormai Kurihara stava cominciando a conoscere e, in quel particolare frangente, a temere. Deglutì vistosamente. - Non lo so…- disse poi, piano. Non voleva pensarci. Non capiva dove volesse arrivare Okazaki. O forse, aveva paura di capirlo… Ormai, l’altro era a poco più di un passo da lui, e lui, senza pensare, indietreggiò. Con un sospiro, Okazaki si fermò. - Sai, mi hai stupito. - mormorò poi. - Credevo non saresti mai più venuto in questa casa. Non dopo quello che hai detto oggi. - Sorrise brevemente. - Mi stupisci spesso, a dir la verità…E spesso non ti capisco. Non capisco cosa vuoi, né come mi devo comportare con te. Dici una cosa, ma poi agisci all’opposto; o comunque, in un modo che può essere interpretato come tale. - Seiji arrossì ancora. - Non so se devo starti alla larga perché non mi puoi sopportare, o se invece non sopporti che io stia per conto mio. - …Perché gli diceva quelle cose?… - Anche adesso, mi chiedo perché tu sia venuto fino a qua. - …Perché lo guardava in quel modo?… - Volevi spaccarmi la faccia. Perché non lo fai?- Se lo era chiesto anche lui… - Volevi parlarmi. Perché non dici tutto quello che pensi veramente?- Kurihara rimase a fissarlo stralunato, mentre gli occhi azzurri dell’altro ricambiavano il suo sguardo. Vi lesse sincerità, e interesse, e si rese conto di desiderare solamente di parlare con lui, in modo normale, tranquillo. Era anche certo che qualsiasi cosa fosse venuta fuori, sarebbe rimasta fra loro. Fece un respiro profondo. Non sarebbe stato facile comunque. - Sono venuto per…per scusarmi, credo. - disse alla fine. Vide Yuki alzare le sopracciglia stupito. - E anche per capire, per avere delle risposte, delle spiegazioni. Credo…credo di averne il diritto. - Si passò una mano fra i capelli. - Cioè, no…Ne ho bisogno. Non capisco cosa stia succedendo. A me, e a te. - Aveva cominciato anche a rendersi conto che erano cambiate alcune cose; erano cambiate fra loro, da quando aveva deciso di aiutarlo, di accompagnarlo a casa invece di lasciarlo, ferito, vicino alla scuola. - Non so più cosa voglio, non so cosa devo fare. Prima, almeno, ero sicuro di detestarti, e che, per questo, dovevo avversarti in qualsiasi modo, a parole e coi fatti. Adesso…Adesso è…diverso. - Sentì il sangue salirgli alle guance e distolse lo sguardo. - Avrei dovuto massacrarti di botte e non l’ ho fatto. In compenso, mi hanno dato tanto fastidio le parole che ti ha detto quel cretino di Kurameshi, da voler a tutti i costi provocarlo per dargliene di santa ragione. E alla fine ero così esaltato, così euforico, che mi era passato di mente il perché io fossi lì . Mi ha entusiasmato battermi al tuo fianco. - Arrossì ancora di più. - Mentre avrei dovuto essere dalla loro parte, essere contro di te…- Invece, era stato male nel vedere Okazaki andarsene in quel modo, e nell’ accorgersi di averlo ferito più di quanto avesse voluto. - Inoltre, non vorrei farmi gli affari tuoi, ma non riesco nemmeno a rimanere indifferente a certe situazioni. L’altra sera te ne sei andato da solo, te ne vai sempre via da solo, e io so che non c’è nessuno che ti aspetta; so anche che non dovrei impicciarmi, che dovrei fregarmene, ma non ci riesco, perché…perché penso che non sia giusto. - Si schiarì la voce, aggrottando le sopracciglia. - E poi, tu a volte sei freddo e impassibile, e altre mi parli come se fossi mio amico, e ti interessi alle mie gare e mi dài consigli e sembra che tu tenga ai miei risultati. - Stava alzando la voce, di nuovo infervorato. - E e e poi torni di nuovo con il muso e te ne stai zitto e non mi ascolti! E all’improvviso mi…mi…mi…- Perché non riusciva a dirlo? Lasciò andare il respiro con uno sbuffo. - Cosa…Cosa dovrei pensare?!- Erano cambiate molte cose, sì. Forse, era cambiato tutto… Okazaki sospirò piano. - Tu cosa vorresti?- Kurihara si voltò a guardarlo. - Eh?- Lo sguardo di Yukito era limpido, e determinato. - Cosa vorresti. Che tutto torni come prima, che io ti stia alla larga, oppure…Cosa? - Cosa…? Niente sarebbe potuto tornare come prima… E lui si accorse di non volerlo neppure. - Non potremmo essere amici?- chiese a propria volta, impulsivamente. - Cioè… poter parlare come adesso, ad esempio, o come…come la prima volta che sono stato qui…- borbottò quasi inintelliggibilmente. Okazaki reclinò leggermente la testa sulla spalla. - Amici? Davvero? - Seiji annuì piano, un po’ incerto. - E ti andrebbe anche di arrivare a scuola con me? - continuò Yuki, e Kurihara sussultò. Se n’era accorto. Si era accorto che non aveva voluto farsi vedere insieme a lui. Ma non pareva arrabbiato, non c’era un filo di amarezza o durezza nel suo tono di voce. Come fosse stata una cosa naturale. Come se non si fosse aspettato altro. E questo fece sentire ancora peggio Kurihara. Non aveva voluto ferirlo. In verità, non lo voleva mai sul serio. Ed era questo che, forse, più lo confondeva. Perché non poteva neanche fare a meno di avventarglisi contro, di trattarlo con insofferenza, di insultarlo. Perché era quello che ci si aspettava da lui, perché non poteva cambiare il suo atteggiamento nei confronti dell’altro dopo che aveva dichiarato al mondo che lo detestava. Come se fosse già scritto, un copione che lui non poteva esimersi dal continuare a recitare. Voltò la testa di lato, quasi con uno scatto. - Ho solo risposto alla tua domanda!- urlò senza volere. - L’ho detto solo così…E poi non voglio certo costringerti; so bene che tu preferisci startene per conto tuo!- Era di nuovo sulla difensiva. Desiderava parlare con lui, e poi era sempre quello che non riusciva mai a farlo in modo normale! - Non è sempre divertente stare da soli…- mormorò Okazaki. - ma è più semplice, più sicuro. E fa meno male. Non devi fare affidamento su nessuno, se non su te stesso. - - Non puoi sempre fare affidamento solo su te stesso! Prima o poi avrai bisogno di qualcuno!- Okazaki fece una risatina, secca, senza ilarità. - E’ quando si ha più bisogno di aiuto, che spariscono sempre tutti. - Seiji lo guardò ad occhi spalancati. Come poteva dire quelle cose alla sua età? Poi, Yuki scrollò le spalle, quasi a voler minimizzare quello che aveva appena detto. - Comunque, se mi dovesse succedere di aver bisogno di qualcuno, potrò contare su di te?- - Bbeh…Ssì…- Kurihara si agitò a disagio. - Però, solo quando siamo da soli, immagino, senza nessuno intorno…- Seiji si sentì le guance in fiamme. L’altro sembrava sempre riuscire a leggergli dentro, a capire quello che provava. E pareva non serbargli alcun rancore. Quasi a sottolineare quest’impressione, gli sorrise. Apertamente, con sincerità; e Kurihara, sorprendentemente, rimpianse che non lo facesse più spesso. Aveva un bel sorriso, vivace, espressivo, che gli illuminava tutto il viso, fino agli occhi, trasformando il gelo che sembrava sempre trasparirvi in una luce calda, solare. Seiji si scoprì a fissarlo incantato, mentre il calore che emanava quello sguardo lo avvolgeva, sconvolgendogli i sensi. Cosa gli stava succedendo? A fatica, allontanò il proprio sguardo dal compagno, quasi lo strappò via. - Senti, non volevo offenderti, ok? E neanche…neanche trattarti male…Io non…- - Non importa. - lo interruppe Okazaki. - Ma…- - Non c’è bisogno che ti scusi. - Si mosse per la stanza, gli passò accanto. - Se c’è una cosa che mi piace di te, è la tua franchezza, quando dici quello che pensi, senza badare alle conseguenze, senza farti problemi, in faccia alla gente. Non me ne faccio niente di falsi complimenti. Preferisco una critica sincera. - Kurihara voltò di poco il capo a guardarlo. - Odio la falsità!- L’ultima frase era stata pronunciata con durezza, ma Kurihara non riuscì a soffermarvisi; riusciva a pensare solo a quello che Okazaki aveva detto prima. "Se c’è una cosa che mi piace di te…" Allora era vero che non lo odiava. "…una cosa che mi piace…" E non lo ignorava proprio del tutto. "…che mi piace…" Per qualche ragione a lui non ancora completamente chiara, sentì crescere in sé una gioia inusuale, e per certi versi spropositata. - Vado a mettermi qualcosa addosso. - disse ancora Okazaki, ma lui lo fermò. - Aspetta!- Doveva sapere. Doveva chiedere. Non poteva aspettare. Yukito si fermò e si voltò lentamente verso di lui, guardandolo interrogativamente. - E tu?…- gli domandò Kurihara. - Tu cosa vorresti?- Era importante. In quel momento, gli pareva la cosa più importante dell’universo. Negli occhi di Okazaki, fissi nei suoi, passò un lampo. - Qualcosa che non potrò mai avere. - rispose. Seiji lo guardò stupito. Gli sembrava strano che Okazaki non potesse avere qualcosa… - Cioè?- insistette. E lo sguardo di Yuki lo agganciò. Si stavano già fissando, ma d’un tratto fu come se quegli occhi chiari lo inchiodassero, e lo attirassero come un magnete con una calamita. Non lo guardavano solamente, lo perforavano, andando oltre il suo corpo, studiandogli l’anima. - Non lo hai ancora capito?- mormorò pianissimo, ma con una tale intensità che parve gridare. Kurihara sentì un brivido percorrergli il corpo, una scossa elettrica che gli pizzicava la pelle. Era nell’aria, nell’atmosfera che li circondava. Qualcosa che era nato fra loro e che pareva crescere sempre di più. Un legame. Più forte dell’amicizia, più intenso, più coinvolgente. Kurihara non aveva mai provato quelle sensazioni, prima. Prese fiato, con fatica. - N…no…- farfugliò, impacciato e confuso. Non capiva. Non riusciva a metter bene a fuoco il tutto. Cosa voleva dire Okazaki? Sotto il suo sguardo, Kurihara arrossì nuovamente. C’era solo una cosa che gli veniva in mente in quel momento, una possibile spiegazione, ma era così assurda, così stupida… Okazaki intendeva veramente…? Scosse il capo. No, impossibile! (…gli dispiaceva?…) L’altro fece un lungo respiro, come rassegnato, e tornò a voltarsi per uscire dalla stanza. - Dove vai?- gli chiese subito Seiji, sentendosi improvvisamente solo senza quegli occhi su di sé; poi si morse le labbra, conscio dell’impertinenza della domanda. Okazaki era a casa propria, poteva fare quello che voleva. - Ho freddo. - ribatté l’altro. - Torno subito. Se vuoi qualcosa da bere, prendi quello che ti pare. La cucina ormai sai dov’è. - Non aveva sete. - O da mangiare, anche. - Non aveva fame. - Puoi mettere su anche un po’ di musica, se vuoi. - Non voleva ascoltare musica. Voleva solo che non si spezzasse quel momento fra di loro. Voleva avere risposta alla domanda più importante. Anche se lo spaventava. - Non mi interessa!- esclamò, a voce un po’ troppo alta. - Hn?…- Okazaki si voltò stupito. Si fermò all’improvviso, voltandosi subito dopo, e Kurihara, che lo stava seguendo ad una certa velocità, non fece in tempo a fermarsi a propria volta e gli finì addosso. Sentì le mani di Okazaki afferrarlo per le braccia e sorreggerlo. Appoggiato a lui, avvertiva il battito del suo cuore, sempre più veloce, e a ritmo con il proprio, l’alzarsi e l’abbassarsi del suo petto, mentre il respiro di entrambi diveniva più affrettato. - S…scusa…- balbettò. Ma quasi non se ne rese conto. Un riflesso, senza una vera intenzione; forse solo per dire qualcosa. Ogni sua attenzione, ogni suo pensiero, erano rivolti all’altro, al suo volto, vicinissimo, alla sua pelle candida appena arrossata sulle guance, a quegli occhi immensi, dello stesso colore del cielo, che parevano contemplarlo insaziabili, quasi a volerlo imparare a memoria; e alle sue labbra, rosse, perfette, invitanti. Le aveva sognate tutta la notte, le aveva odiate e desiderate allo stesso tempo, mentre il loro sapore e la loro morbidezza gli erano rimasti impressi come un marchio indelebile. Aveva tentato di scacciarne il ricordo, ma invano, e ora tutto stava tornando prepotentemente reale. E vicino. Okazaki abbassò lo sguardo sulla sua, di bocca, poi tornò ai suoi occhi. Lentamente, avvicinò il viso al suo, e Kurihara trattenne il fiato. Sapeva cosa stava per succedere. E sapeva anche di potersi allontanare. L’altro non lo teneva stretto a sé, non lo stava costringendo; e si stava muovendo con cautela, quasi a studiare le sue reazioni, senza imporsi con la forza e dandogli tutto il tempo di opporsi. Avrebbe potuto spingerlo via, dargli un pugno… Ma sapeva anche, e più di ogni altra cosa, che non lo avrebbe fatto, che non si sarebbe mosso. - Non…- sussurrò pianissimo. Ma lo diceva a se stesso. Il volto di Okazaki era sempre più vicino. Perso nei suoi occhi, Kurihara lo aspettò. Aspettò il tocco delle sue labbra sulle proprie, una carezza gentile, al principio appena accennata, un assaggio, così dolce da farlo tremare; poi, man mano sempre più pressante, più deciso. Sentì la sua lingua vellutata farsi avanti fra le labbra, assaggiarne l’interno, e trattenendo a stento un gemito, la accolse quasi con gratitudine; sussultò leggermente nello sfiorarla con la propria, poi ricambiò l’attacco con tutto l’ardore che sentiva crescergli dentro. Uno strano sfarfallìo lo colse alla bocca dello stomaco, togliendogli il respiro quasi quanto la bocca di Okazaki che gli divorava la sua, ma in modo piacevole, eccitante. Era pazzesco! Era sbagliato! Era assurdo! Loro erano due ragazzi. Quello che stavano facendo non era…normale. Una microscopica parte di sé lo sapeva, e forse cercava di farlo smettere. Ma non ci riusciva. Non poteva. Fu Yukito a staccarsi. Di colpo, con uno scatto. Kurihara sbatté le palpebre stralunato, le labbra socchiuse ancora piene, e avide, del suo sapore. L’altro lo fissava sconvolto, il respiro affannato e il volto arrossato. - Avevo promesso…- sussurrò. - Avevo…Scusa…- e fece per tirarsi indietro. Seiji non capiva cosa l’altro stesse dicendo, non capiva niente; sapeva solo che in quel momento gli mancava qualcosa, che aveva bisogno di continuare, di sentirlo vicino. Lo afferrò per la canottiera e lo tirò verso di sé. - Non allontanarti adesso…- sussurrò a propria volta. "Cosa sto dicendo…?" Vide l’espressione di Okazaki passare dallo stupore alla gioia all’esaltazione. Gli sembrò anche di udire una breve esclamazione, un piccolo grido di gioia, prima di venire nuovamente assalito dalla sua bocca. Fu un vero e proprio assalto. Okazaki lasciò da parte ogni cautela, ogni remora, e si avventò su di lui con una passione e un ardore di cui Kurihara non lo avrebbe mai creduto capace. Il suo bacio gli tolse il fiato, e lui gemette, stringendosi di più all’altro e passandogli le braccia attorno al collo. Le mani di Yuki, intanto, lo toccavano frenetiche; gli aprirono la giacca della divisa, gli sfilarono la maglietta dai pantaloni, scivolarono sulla sua pelle. …lungo la schiena, le spalle, i fianchi; e poi davanti, sul torace… Sentì le dita dell’altro afferrargli un capezzolo, tormentarglielo fino a farlo ergere eccitato, e lui emise un altro gemito, soffocato dalla bocca di Okazaki. Senza sapere come, si ritrovò sul divano, sdraiato, e Okazaki sopra di lui, le sue mani dappertutto, che non volevano saperne di smettere. Stava andando a fuoco. Stava impazzendo. Okazaki si staccò un poco per riprendere fiato, e lui riaprì gli occhi, quasi in trance. Yuki lo guardava con un lieve sorriso; i suoi occhi bruciavano, di desiderio, esaltazione, e qualcos’altro che Seiji non riusciva a definire. Una luce particolare, intensa…E dolcissima. Come dolci furono i baci che seguirono, sulle guance, sulla fronte, sul naso, il mento, il collo… Come ci riusciva? Come riusciva a fargli questo? A farlo sentire così? Aveva caldo, ma allo stesso tempo rabbrividiva al tocco delle sue labbra. Brividi di piacere, che lo stordivano. La sua lingua era così calda, e umida, e vellutata…Yuki gliela fece scivolare lungo il collo, fino al petto, poi si fermò a giocherellare con un capezzolo, mordicchiandolo e succhiandolo, mentre una mano aveva ripreso a tormentargli l’altro. - Okazaki…- sospirò, inarcandosi sotto di lui e affondandogli le dita nei capelli. Era eccitato all’inverosimile. In quel momento avrebbe voluto che l’altro non smettesse mai. Poi sentì quelle mani implacabili riprendere ad esplorare il suo corpo, fermarsi a slacciargli i pantaloni…Una gli scivolò sotto l’elastico dei boxer e senza esitazioni gli afferrò il membro duro ed eretto. Seiji spalancò gli occhi, improvvisamente atterrito. - Okazaki!- urlò, ma non riuscì a trattenere il gemito successivo. Era una sensazione pazzesca, vertiginosa, e lui non riusciva a fare altro che abbandonarvisi. E quella mano non voleva saperne di fermarsi. Okazaki, intanto, era risalito a baciarlo sulla bocca, soffocando i suoi ansiti sempre più forti, la lingua che danzava a ritmo con i movimenti della mano, eccitandolo ancora di più. Incapace di connettere, Kurihara gliela succhiò con frenesìa, e un desiderio tale da farlo quasi star male. "Dio, cosa sto facendo!?" Si aggrappò all’altro, alle sue spalle larghe, alla sua schiena liscia e muscolosa, ai suoi capelli. Venne subito dopo, il suo gemito spezzato che si perdeva nella bocca di Okazaki. *** Rimase sdraiato, immobile, il respiro affannato che si mescolava a quello del compagno. Inebriato. Sfinito. Sconvolto. Non sapeva bene neanche lui quale sensazione prevalesse sulle altre. Era ancora tutto così confuso… Sopra di lui, Okazaki si mosse piano, e lui si accorse di desiderare che non se ne andasse, che non lo lasciasse al freddo. Non ancora… Il peso del suo corpo gli pareva così lieve, così morbido, i contorni che combaciavano alla perfezione coi suoi, quasi fossero stati creati apposta. Apposta per stare uniti. Insieme. Come prima… No. No. No. Cosa andava a pensare? Sbatté le palpebre e finalmente vide il soffitto sopra di sé. Pian piano, gli stava tornando la lucidità, e con essa la consapevolezza di quanto era successo. Cos’era successo fra loro. Lui e Okazaki. Due ragazzi. La prima volta, il primo bacio. Ed era stato con un ragazzo! "Cosa mi ha fatto?" …No, non era giusto… Lo avevano fatto entrambi. Okazaki non lo aveva neanche forzato. (…Non era stato lui. Non POTEVA essere lui. Il vero Seiji Kurihara si sarebbe ribellato, infuriato, avrebbe massacrato quello stupido arrogante, andandosene disgustato. Anzi, non sarebbe neanche tornato in quella casa!…) Gli era pure piaciuto. Chiuse gli occhi. Gli era piaciuto… Questo, forse, lo sconvolgeva più di ogni altra cosa. Sentì le dita di Okazaki scostargli gentilmente i capelli dalla fronte, e un groppo gli salì alla gola. …Perché era così dolce?… Le dita proseguirono lungo la sua guancia, delicatamente. …Perché era così gentile?… Sulle labbra, seguendone i contorni. …Perché così delicato?… Un bacio leggero gli sfiorò una tempia, scivolò lieve sulla gota. Lui inspirò, non riuscendo a soffocare un singhiozzo. Percepì Okazaki irrigidirsi, scostarsi di poco. Poi la sua voce, un sussurro appena accennato. - Stai…stai bene?- Una lacrima fece capolino da sotto le sue palpebre, scivolò lungo la tempia, e ad essa ne seguirono altre, implacabili, senza freno. …no, no, no…Non era più un bambino… Doveva smettere! Doveva andarsene! Stava facendo la figura dell’imbecille e … Riaprì gli occhi, spalancandoli. Okazaki gli stava di nuovo accarezzando il viso, il dorso della mano che tentava di asciugargli le lacrime, le labbra che gliele bevevano. - Mi dispiace. - lo udì sussurrare, ad un soffio dal proprio orecchio. - Mi dispiace…Non volevo questo. - Dio, perché!? Perché non lo odiava? Perché non lo trattava male? Voltò il capo di lato, dalla parte opposta a dove si trovava l’altro. Lo sentì sussultare, mentre le sue dita si fermavano, incerte. - Perché…- mormorò, roco. - Perché l’hai fatto?- Doveva saperlo. Almeno quello. Yuki rimase in silenzio per parecchi secondi, quasi un minuto; poi, Seiji lo sentì fare un lungo respiro. - Perché mi piaci. - disse infine, a voce bassa, e Kurihara tornò a guardarlo, gli occhi spalancati dallo stupore. Quelli del compagno erano fissi su di lui, lo sguardo limpido. - Perché ti desidero a tal punto da sognarti la notte, e da non riuscire a starti troppo vicino senza toccarti. - E sincero. - Perché non riesco a non pensarti, a toglierti dalla mia mente. - Seiji si sentì arrossire. - Perché sei diventato la mia ossessione. - Silenzio. Un silenzio frastornante. E quelle parole che ancora aleggiavano nell’aria. Kurihara sbatté le palpebre inebetito, troppo sconvolto per dire qualcosa. Okazaki aveva appena detto che…….?? …che lui gli piaceva… Lui… Non era possibile! Non poteva essere vero!! Loro…Loro erano avversari, nemici… E poi erano due ragazzi! Eppure…l’altro non lo stava prendendo in giro, non stava scherzando…Seiji ne era - quasi - sicuro, glielo leggeva negli occhi… Se possibile, arrossì ancora di più. Aveva avuto la risposta che cercava, quella che più di ogni altra cosa lo aveva tormentato per tutta la sera prima e quel giorno. Perché… E adesso? Si era aspettato odio, rivalsa, umiliazione; e a questo avrebbe saputo come replicare. Invece, ora non sapeva cosa fare, non sapeva come rispondere. Era tutto così nebuloso, sconcertante, nuovo. E lui troppo intontito per poter ragionare con lucidità. …forse, non sapeva ancora bene cosa volesse veramente… - Io…io non…- cominciò, ma non era ancora in grado di continuare. Con un sospiro, Okazaki si levò a sedere. - Ecco, ora lo sai. - mormorò, quasi con amarezza, e Seiji sentì un brivido di freddo percorrergli la pelle. - Io non…non so…- Sembrava non riuscire a parlare. Yukito scosse il capo. - Lascia stare…- - Ma…ma…ma…- farfugliò nuovamente Seiji, ancora scosso. - io sono un…un ragazzo…E anche tu…- Doveva capire. Almeno, provarci… I ragazzi non facevano certe dichiarazioni ad altri ragazzi. …non con quel tono…non con quella passione… - E allora?- ribatté l’altro, accigliandosi. - Che differenza c’è?!- Kurihara deglutì a vuoto. - B…beh…di solito non…Mh… Cioè…Non è normale, ecco…- Okazaki tornò a fissarlo dritto negli occhi, lo sguardo che bruciava. - Per me, QUESTO è normale! - disse. - E per questo, mi è vietato innamorarmi?!- Strinse le labbra, come pentito per quello che aveva appena detto. Seiji spalancò di nuovo gli occhi, ancora colpito. …perché aveva usato quell’espressione?… Prese fiato, ma non gli venne in mente nulla da dire. …innamorarsi… E poi, cosa intendeva esattamente con "questo è normale"? Yukito crollò le spalle, poi si voltò, dandogli le spalle. - Bene. - sospirò, poi ridacchiò, una risata secca, bassa. - Ora hai parecchie armi con cui puoi ferirmi. Deridermi, insultarmi, affondarmi…Fornite su un piatto d’argento. Perfetto. - Si alzò in piedi, stringendosi nelle spalle, e Kurihara comprese che stava ridendo di se stesso. Si mise seduto anche lui, di scatto. - Cosa intendi dire?- chiese, serio. - Che potrai ridere di me finchè vorrai, coi tuoi amici, i compagni. E insultarmi come ti pare senza che nessuno ti dia torto. Anzi…- - Che cavolo stai dicendo?!- esclamò a voce più alta. Okazaki fece un nuovo, breve risolino, poi girò il capo verso di lui. - Credi che ai ragazzi del club farebbe piacere uscire con me, se sapessero quello che sai tu?- Tirò le labbra in un mezzo sorriso amaro. - Per non parlare poi del cambiarsi con me nello stesso spogliatoio, o del fare la doccia tutti insieme… Senza contare tutti gli altri…Altro che Kurameshi!- Seiji sussultò, comprendendo d’un tratto cosa significasse veramente l’ammissione di Yukito, le implicazioni, il perché del suo comportamento. "…QUESTO è normale…" Gli piacevano i ragazzi… (…gli piaceva LUI…ma a quello, al momento, preferiva non pensare…Non troppo, almeno…o il suo cervello non sarebbe stato in grado di concentrarsi su nient’altro…) Gli piacevano i ragazzi… E sarebbe stato facile prenderlo in giro, molto più facile ferirlo. Gli tornarono alla mente le parole di Kurameshi, i suoi insulti, e si chiese quanti altri studenti avrebbero fatto lo stesso, conoscendo la verità. Probabilmente, molti. Era scosso. E stranamente, si sentiva triste per lui. No, ai ragazzi del club probabilmente non sarebbe piaciuto uscire con lui; nonostante il loro entusiasmo, la loro disponibilità, si sarebbero sentiti in imbarazzo, forse alcuni avrebbero anche provato repulsione, o paura. Insieme nello stesso spogliatoio…Nelle docce… Le avrebbe provate anche lui. Qualunque ragazzo. E Yuki lo sapeva. Forse, per questo preferiva starsene da solo…Per questo usciva sempre per ultimo dall’acqua, e dalla palestra, che si cambiava per conto proprio, che non stava mai con loro… "…perché non faccio schifo solo a te…" Lo guardò. L’altro gli dava di nuovo la schiena. …a lui non faceva schifo… Lo vide stringersi nelle spalle, lo udì mormorare. …non gli faceva schifo…nonostante quello che gli aveva detto alla torre… - Per quello che m’importa… - …Se n’era reso veramente conto in quel momento, con tranquillità… Si alzò in piedi, di scatto. …Era venuto lì anche per quello… - Non è vero che non ti importa!- urlò, i pugni stretti, ritrovando d’un tratto la propria aggressività. …per scusarsi per quella mattina…perché si era accorto di avere esagerato…perché non aveva voluto ferirlo a quel modo… - Non è vero che stai bene così!- …Perché dentro di sé sentiva che non era giusto… - Non è vero che stai meglio senza nessuno! Ti chiudi sempre di più in te stesso per non farti ferire dagli altri, però soffri ugualmente!- Okazaki era tornato a guardarlo, sconcertato. - Sarà anche più facile, più sicuro, ma ti mancherà sempre qualcosa!- Finì con un lungo respiro, quasi avesse terminato una corsa estenuante. L’altro abbassò brevemente lo sguardo. - E tu cosa ne sai?- disse poi, piano. Niente, pensò Kurihara. Non sul piano personale, perlomeno. Se c’era qualcosa che non gli era mai mancato, erano gli amici e le persone accanto. - Ti vedo. - rispose comunque, sicuro. Lo vedeva nel suo atteggiamento, lo leggeva nei suoi sguardi, in quello che diceva. Si accorse che s’irrigidiva e istintivamente si ritraeva, nascosto dietro il suo muro di gelo e imperscrutabilità che era troppo abituato a innalzare di fronte a sé. Ma ormai Seiji aveva imparato a riconoscerlo, e a cogliervi al di sotto i cambiamenti di stato d’animo che l’altro cercava di non far trapelare. Era guardingo, e pareva stesse valutando le parole di Seiji, forse timoroso che si fosse avvicinato troppo alla verità. - Non hai bisogno di fingere, con me. - si lasciò scappare, ormai tanto preso dal proprio ruolo da non riflettere più di tanto su quello che potevano sottintendere le sue parole; poi si accigliò, arrossendo. Si schiarì la voce, imbarazzato, e si passò una mano sotto il naso. - Mh…E comunque, quello che hai detto, …quello…quello che è successo…Non lo saprà nessuno. - Non avrebbe mai usato la confessione di Okazaki come un’arma contro di lui. Non lo avrebbe mai preso in giro per quello. Non lo avrebbe ridicolizzato davanti a tutti. …e non solo perché altrimenti avrebbe dovuto anche spiegare la parte avuta da lui stesso… Non lo avrebbe fatto e basta. Così come non lo aveva fatto le altre volte. - Gli altri non c’entrano. - continuò. - E’ una cosa solo nostra. - Ora anche Yuki era arrossito. Lo fissava negli occhi, con un’espressione intensa, di nuovo calda. …solo nostra… Nessun altro era coinvolto, nessun altro doveva entrarci. …nostra… Era una cosa troppo importante, troppo…intima. …nostra… Il significato di quella parola gli piombò addosso col peso di un macigno, ma stranamente senza fargli male, senza turbarlo. Come un dato di fatto, come una cosa già appurata da tempo dal suo cuore e che aveva solo bisogno di essere riconosciuta coscientemente. …nostra… Apparteneva solo a loro due. E andava a stringere quel legame che si era creato fra loro, e che sembrava divenire sempre più saldo. Ricambiò lo sguardo dell’altro e capì che anche lui stava pensando le stesse cose. Lo lesse nei suoi occhi immensi, nello scintillìo che li animava, e che di nuovo lo attirava inesorabile, accendendogli i sensi. Sentì un brivido percorrergli la pelle e si passò la lingua sulle labbra. Gli occhi di Okazaki sembravano non volerlo lasciar andare. Cominciando a sentire caldo, Seiji abbassò i propri, spaventato per le emozioni che ancora sconvolgevano il suo corpo e che tanto facilmente l’altro riusciva a mettere in subbuglio. Si schiarì la voce, provando a trovare qualcosa da dire per raffreddare l’atmosfera, poi si mosse. Nel farlo, sentì i pantaloni scivolargli lievemente lungo i fianchi, e d’improvviso si rammentò che erano slacciati, del perché lo erano, di quello che era successo, che aveva provato, e avvampò, afferrandoli per la cintola e alzando lo sguardo imbarazzato su Okazaki. Lo vide alzare le sopracciglia, poi stringere le labbra per trattenere un sorrisino, e distogliere lo sguardo. - L’acqua è calda. - mormorò dopo. - Ti va di fare un bagno?- Seiji non disse nulla, e lo seguì al piano di sopra, paonazzo e imbronciato. L’atmosfera si era raffreddata. *** Non riusciva a dormire. Riusciva solo a pensare a quello che era successo quel giorno. A riviverlo. E a Kurihara. Ancora. Come sempre. Più di quanto avesse mai fatto. …Lo aveva tenuto fra le braccia, lo aveva accarezzato, toccato… Per un po’ aveva creduto che fosse stato tutto un sogno, un bel sogno diventato realtà. Ma poi aveva realizzato che Seiji era davvero lì con lui, che non aveva rifiutato il suo bacio, né le sue carezze, che aveva goduto al suo tocco. Era stata una sensazione così forte, così intensa, da stordirlo. Sapeva che doveva tornare coi piedi per terra e che non poteva ancora fare affidamento su Seiji, che era confuso e non in grado di discernere quello che voleva veramente, ma non poteva soffocare la propria esaltazione, e la gioia provata. In un altro momento, si sarebbe dato dell’idiota e dell’incosciente, per quello che aveva fatto e soprattutto rivelato. Si era scoperto come non avrebbe mai dovuto fare, si era reso vulnerabile; sapeva perfettamente che l’altro avrebbe potuto ferirlo in molti modi, adesso. Ma non aveva potuto restare zitto. Non dopo quello che era accaduto. Erano andati troppo avanti. E poi, ora si era mosso qualcosa. E Seiji non sembrava odiarlo così tanto, dopotutto… Yuki sorrise al buio, ricordando le parole del compagno, i suoi sguardi, l’ardore del suo bacio. E quello che gli aveva detto prima di andarsene. "- Non mi fai schifo…-" Forse non aveva voluto dire niente, forse aveva solo voluto scusarsi per quella mattina, ma per Yuki aveva significato tutto. Si voltò su un fianco con un sospiro e rimpianse di averlo fatto andar via. Era stato lui a dire che sarebbe stato meglio se l’altro fosse tornato a casa propria, se voleva evitare che lui andasse molto più a fondo con quello che avevano iniziato quel pomeriggio. …Kurihara era arrossito…Era così attraente, quando arrossiva… Difficilmente sarebbe riuscito a trattenersi, avendocelo vicino. Ma ora rimpiangeva che non fosse lì con lui, di non averlo accanto. Chiuse gli occhi. Era davvero meglio così. Meglio lasciargli il tempo per riflettere, per pensare a tutto quello che era accaduto, a quello che desiderava. Non lo voleva forzare, non voleva imporsi solo fisicamente. Voleva che anche Seiji si accorgesse di desiderarlo, voleva essere nei suoi occhi, nei suoi pensieri, nei suoi sogni allo stesso modo in cui l’altro lo era nei propri. E per quello ci sarebbe voluto tempo. Molto tempo. Kurihara era impulsivo, uno che faceva di testa sua, ma c’erano gli amici, attorno a lui, c’erano la società e le abitudini ancestrali, l’educazione, la famiglia… Sarebbe stato difficile scavalcare tutto quanto. Yuki si chiese quanto ci avrebbe messo ad accettarlo. SE lo avrebbe accettato… *** - …quindi ne basta aggiungere uno di idrogeno e la titolazione è fatta. Semplice, no?- La ragazza alzò lo sguardo sul compagno e grugnì. - Kurihara! Hai sentito una parola di quello che ti ho detto?!- Kurihara si voltò di scatto verso Kumi e la guardò perplesso. - Mh?- Kumi si alzò in piedi furibonda e sbattè i libri del compagno per terra. Quell’ignorante zuccone le aveva chiesto di aiutarlo con la chimica e le scienze, l’aveva supplicata di spiegargli gli argomenti che sarebbero stati chiesti agli esami di fine trimestre, e poi non la ascoltava neanche! - Sei un cretino! Guarda che io ho altro da fare che stare qui a perdere tempo con te! E comunque non ci sarò io a farti gli esercizi dell’esame, sai? E’ troppo comodo farsi fare i compiti dagli altri, ma poi agli esami sarai da solo!- Stava per andarsene, ma Kurihara la fermò. - Ti prego, Kumi-chan. Starò attento, te lo giuro. Mi sono distratto solo un attimo. Ho bisogno del tuo aiuto. Sai che le odio, queste materie…Mh?- La guardò con la sua espressione più supplichevole, come sempre quando aveva bisogno di qualcosa, e lei lo fulminò. - Non sono sempre a tua disposizione, sai?- ma sapeva che gli avrebbe dato una mano. Lo faceva sempre, sin’ da quando erano piccoli. - E non ti credere che, perché sei una delle speranze della squadra di nuoto, i professori siano più clementi con te!- - Lo so, lo so. Per questo mi devi aiutare. - Sbuffò. - A quei bastardi non gliene frega niente se passo gran parte del mio tempo ad allenarmi per il buon nome della scuola!- La ragazza fece una smorfia. - AH! E da quando ti sta a cuore la scuola??- rise. Era sempre il solito esagerato!- Inoltre, tu non studieresti neanche se avessi tutto il pomeriggio libero!- - Questo non è vero!!- Lei rise ancora. - Vediamo di rimetterci con la nostra roba, o non finiremo più. - disse poi,. - Allora…Dov’ero rimasta? Ah sì. Ecco, tu hai questa soluzione, che ha un dato volume. Ok? E’ composta da questi elementi che devono essere nella giusta quantità per…- Aveva rialzato lo sguardo e si era bloccata. Kurihara era di nuovo distratto!! - Ehi!!- urlò, esasperata, ma l’altro non la considerò minimamente. Stava fissando un punto dall’altro lato del cortile della scuola, qualcosa, o qualcuno…Era tanto preso che non la sentì neppure. Kumi-chan strinse i denti per non gridare ancora più forte. Quel cretino si metteva a guardare le ragazze, quando invece doveva concentrarsi sullo studio?! Quando lei stava parlando?? Non le importava che lui guardasse altre ragazze, fra loro due c’era solo amicizia; erano amici da anni, e per lei lui era come un fratello, un fratello grande e grosso, rumoroso, inconcludente e con poco cervello, ma leale e simpatico, che lei amava aiutare e rimproverare quasi fosse stato il suo fratellino minore, nonostante avessero la stessa età. Quindi non le dava assolutamente fastidio che gli piacessero altre ragazze, anzi. Ma che si distraesse ancora quando lei gli stava spiegando chimica, dopo che le aveva appena promesso di non farlo più, dopo che lei si stava impegnando per lui, quello non lo poteva proprio sopportare. - EHI!- cercò di richiamarlo ancora, senza risultati. Furiosa, si voltò per vedere chi era la fonte di tanto interesse per quello scemo. Erano in pausa, quindi c’erano molti studenti che passeggiavano, correvano, riposavano, e molte erano le ragazze; poteva essere chiunque. Poi, anche lei si distrasse. Un ragazzo stava camminando lungo il viale centrale del giardino, il vento che gli accarezzava i capelli nerissimi e i raggi del sole che, attraverso i rami degli alberi, giocavano con la sua figura snella e la sua pelle chiara. Un ragazzo alto, con le spalle larghe… E anche lei rimase incantata. "Okazaki" sospirò tra sé, un sorrisino estatico stampato sulle labbra. La chimica le piaceva molto, e così le materie scientifiche, le piaceva studiare in genere, tanto che i suoi amici la prendevano un po’ in giro e dicevano che il suo uomo ideale era Albert Einstein. Ma come poteva rimanere indifferente di fronte a quel ragazzo dalle fattezze quasi divine? Una studentessa aveva perso una piccola sciarpa di seta, che il vento aveva incastrato sui rami di un Ginko, e stava cercando di recuperarla senza riuscirci perché troppo in alto per lei; Okazaki, passando, allungò un braccio e gliela prese, porgendogliela poi con un breve cenno del capo e proseguendo subito dopo senza aspettare i ringraziamenti, che naturalmente si sprecarono, conditi da rossori, urletti, risatine e principi di svenimento sia da parte della fortunata che delle sue amiche. Kumi strinse i denti e il pugno, indispettita. "Accidenti a lei! Che fortuna!" Ma il sorriso tornò presto sulle sue labbra. Okazaki si passò una mano fra i capelli per scostarli dalla fronte, in un gesto così lieve, morbido, da parer avere preso esempio dal vento stesso… "Dio, è bellissimo!" …poi si fermò e guardò dalla loro parte. A Kumi parve che non lo avesse fatto per caso, ma che avesse alzato lo sguardo d’istinto, quasi avesse sentito qualcuno che lo chiamasse, l’impulso di voltarsi proprio da quella parte. Il sorriso si accentuò, condito da un lungo sospiro. Ma ci rimase per poco. Nonostante l’estasi del momento, Kumi non era cieca, e si accorse che Okazaki non stava proprio guardando lei, bensì qualcuno che a lei era accanto. Kurihara! Si era completamente dimenticata di lui! Probabilmente, era sul punto di urlare qualcosa alla volta di Okazaki, di insultarlo o sfidarlo come al solito. Sapeva quanto odiasse Okazaki ( lo sapevano tutti!), e crollando le spalle, si preparò alla sfuriata, pronta, per quanto possibile, a contenerla. Ma quando osservò l’amico, dovette ricredersi. Seiji stava fissando il suo avversario, ma il suo sguardo non era di sfida, non era neanche adirato o stizzito: era immobile, incantato, perso in quello di Okazaki. Scioccata, Kumi li osservò entrambi, più volte, mentre i due parevano estranei a chiunque se non uno all’altro. Ebbe quasi l’impressione che, se avesse provato a mettere una mano ad interrompere la linea dei loro sguardi, si sarebbe scottata, tanta era l’intensità del magnetismo che avvertiva fra loro. Cosa stava succedendo? Kurihara era forse impazzito? Poi, mentre Okazaki si allontanava a passo lento, lo vide passarsi la lingua sulle labbra, abbassare gli occhi, arrossire. …arrossire??!… Kurihara arrossiva solo quando era furioso, eccitato o infervorato per qualcosa! Non certo perché qualcuno lo fissava. Un ragazzo, poi… - Io…io…mi dispiace…- stava balbettando intanto Seiji, tornando più o meno in sé, ma lei era ancora troppo sconvolta e incredula per ribattere qualcosa. - Io…devo andare…Continuiamo un’altra volta…- E si diresse dalla stessa parte di Okazaki, lasciandola in mezzo al prato, da sola. Kurihara… E Okazaki… Cos’era successo?! *** I giorni che seguirono furono terribili. Non riusciva a distogliere la mente da quello che era successo. E soprattutto da Okazaki. Andava a scuola e si allenava come al solito, ma era sempre distratto, soprappensiero, in tensione. Gli amici e i compagni lo guardavano stupiti, ma lui sembrava non accorgersene. Non sapeva cosa fare. Più che altro, non sapeva cosa si aspettasse da lui Okazaki. Né cosa ci fosse realmente fra loro. L’altro era stato chiaro, più che chiaro, su quali fossero i propri sentimenti, però non gli aveva chiesto niente, neppure cosa volesse da lui. Cioè…non specificatamente… Non c’era più niente di chiaro, di preciso, e questo lo faceva impazzire. Lui era abituato ad affrontare le cose di petto, senza riflettere troppo, senza farsi più di tanti problemi, andando dritto al punto. Ma quella volta era diverso. E lui troppo confuso. Non aveva mai pensato più di tanto all’amore, mai seriamente. Era sempre stato qualcosa di vago, di lontano; qualcosa su cui scherzare un po’ con gli amici, con cui magari farsi belli, che c’era perché dopo una certa età tutti cominciavano a parlarne, ma che non lo aveva mai toccato particolarmente, e su cui non si era mai soffermato più del dovuto. Era un’altra cosa che sarebbe venuta quando sarebbe stato il momento. Gli erano piaciute alcune ragazze, ma ripensandoci, forse era stato più perché era quello che ci si doveva aspettare da un ragazzo della sua età che per un vero e proprio sentimento. E ora, tutto gli era piombato addosso all’improvviso. E in quel modo, poi! Non avrebbe saputo come comportarsi con una ragazza, figuriamoci con un ragazzo! Il fatto era che non si era mai sentito attratto da qualcuno come lo era per Okazaki… Non lo sognava solo di notte: desiderava vederlo, parlargli, stare con lui anche di giorno, a scuola. Pensava a lui come non aveva mai pensato neanche alle ragazze, lo cercava con lo sguardo, sperava di sentire la sua voce; e quando lo vedeva, sentiva il proprio cuore balzargli nel petto e un tremito sfiorargli la pelle. E tutto questo lo spaventava. Perché non era naturale sentirsi tanto attratti da un altro ragazzo. Quello che lo turbava, era l’aver scoperto che non era spaventato da Okazaki, ma da se stesso, dalle proprie emozioni, dalle reazioni che aveva in sua presenza. Per questo motivo, quando gli capitava di trovarsi da solo con lui, non riusciva a fare altro che andarsene prima possibile, incapace di dire una parola che andasse oltre un semplice e neutro saluto. Non era da lui tenere dentro di sé i propri sentimenti e i propri pensieri, come stava facendo in quei giorni, ma aveva il terrore di scoprirsi in qualche modo, di fare qualcosa di sbagliato. Paura che qualcuno si accorgesse di qualcosa, e allo stesso tempo di ferire Okazaki in qualche modo. A volte era così esasperato da aver voglia di mettersi ad urlare. Doveva trovare al più presto una soluzione a quella situazione o sarebbe davvero impazzito. Per di più, si stavano avvicinando i Regionali e lui doveva concentrarsi anche su quello. *** Una sera uscì dall’acqua più tardi del solito. Doveva terminare una serie di duecento per migliorare i cento di ritorno e l’allenamento si era prolungato. Era l’ultimo. Anche Okazaki aveva già finito. Forse per quello si diresse in palestra tranquillo. Era convinto di essere da solo. Invece, Okazaki non era ancora andato via. Stava ancora facendo degli esercizi. Kurihara trattenne il respiro e immediatamente il suo cuore prese a battere più in fretta, come ormai accadeva tutte le volte che lo vedeva. Rimase sulla porta, incerto se andarsene o entrare cercando di fare finta di niente, anche se era divenuta ormai una cosa sempre più difficile. Si fermò a guardarlo. …a guardare il suo corpo…i muscoli che si tendevano e si allungavano a seconda dei movimenti e dello sforzo…la pelle chiara, lucida di sudore… Aveva voglia di toccarlo. Poi, l’altro lo vide, e lui s’irrigidì, arrossendo. Senza rendersene conto, fece anche mezzo passo indietro, dandosi mentalmente dell’idiota. - Non andartene. - mormorò Okazaki, e lui deglutì a vuoto, mentre un brivido gli percorreva la pelle, al suono di quella voce. - Io ho finito. Me ne vado subito. - Il suo tono era basso, come d’abitudine, ma non c’era traccia di freddezza o di amarezza; era tranquillo, e pacato. Seiji prese fiato, ma non seppe cosa dire. …avrebbe voluto urlargli che non voleva che se ne andasse, che voleva ancora parlare con lui, riuscire a comportarsi come sempre… Okazaki prese un asciugamano e si asciugò il viso e le spalle, poi lo guardò, fisso negli occhi. - Non c’è bisogno che scappi da me. - disse, e Seiji sussultò. - Non voglio forzarti, costringerti a fare qualcosa che non vuoi, o a prendere decisioni che non ti senti di prendere. Non voglio neppure che tutto questo condizioni il tuo comportamento. - fece un mezzo sorriso. - Non sei tipo da rimanere tanto a lungo così silenzioso e soprappensiero. Non c’è fretta. E non sei obbligato a rispondermi, se non vuoi. Voglio solo che tu sia sincero. Niente menzogne, niente compromessi o mezze verità; solamente quello che senti davvero. - Kurihara era sconcertato. Come al solito, l’altro sembrava aver compreso in pieno il suo stato d’animo. Ancora una volta, stupendo anche se stesso, rimase in silenzio. Yuki si mosse per uscire, ma non staccò il suo sguardo da lui. - Ora ci sono i Regionali, devi pensare soprattutto a questo. - Poi gli sorrise, il suo bel sorriso aperto e luminoso. - Devi ancora battermi, ricordi?- continuò. E Kurihara si sentì alleggerire, come se un manto pesante gli fosse scivolato giù dalle spalle, liberandolo del suo peso e permettendogli di respirare anche meglio. Rispose al sorriso con un sogghigno e si fece avanti anche lui. - Non sperare che me ne dimentichi. - ribatté. Yuki annuì lievemente, sempre sorridendogli. - Perfetto. - sussurrò poi, prima di uscire. Seiji rimase fermo per qualche secondo, poi fece un lungo respiro e, stirandosi con soddisfazione, cominciò i propri esercizi.… *** Partirono in treno, cinque atleti più l’allenatore, per raggiungere ………, dove si sarebbe tenuta la manifestazione. Kurihara era euforico ed eccitato, come sempre in vista di una gara. Quella volta erano pure in trasferta e sarebbero rimasti fuori almeno tre giorni. Le parole di Okazaki lo avevano rinfrancato, tranquillizzandolo e rendendogli tutto più semplice. Non che le cose si fossero risolte, o che lui avesse fatto chiarezza dentro di sé, ma almeno aveva compreso di aver bisogno di tempo, e, cosa più importante, lo aveva capito anche Okazaki. Così, aveva riacquistato un po’ del proprio spirito e della propria aggressività, offuscati solo dai sentimenti che il pensiero dell’altro gli provocava. Perché tutto questo non gli impediva certo di smettere di pensare a lui, e di sognarlo. Ma adesso c’erano le gare e lui si sforzava di concentrarsi solo su di esse. E poi, sapeva che anche Okazaki era molto preso dalle gare imminenti. Lo era sempre, ma per quelle in particolare. La sua vittoria, stavolta, non era scontata, c’era un avversario che aveva il tempo migliore, e che oltretutto era il vincitore dei Nazionali giovanili dell’anno prima e di quello precedente. Uno del terzo anno, un certo Kobayashi ( che naturalmente tutti, tranne Kurihara, conoscevano di fama.). Seiji, però, era convinto che la tensione che aveva avvertito in Yuki fosse dovuta soprattutto a qualcos’altro. Okazaki non sembrava tipo da farsi spaventare o preoccupare da un avversario. Li affrontava tutti alla stessa maniera, con grinta e determinazione, persone che doveva lasciarsi alle spalle facendo conto solo sulle proprie forze e la propria preparazione. D’altro canto, Kurihara era quasi sicuro che il fatto che il suo avversario, e a quanto pareva gli avversari di tutti loro, facessero parte dello Shinho lo turbasse in modo particolare. Quando Yamada aveva fatto il nome di quel Liceo, descrivendolo come la squadra più forte e più completa, quella che aveva quasi tutti gli iscritti, maschi e femmine, con i migliori tempi, Kurihara non aveva potuto fare a meno di guardare Okazaki. Si ricordava ancora le parole di Nishimaru-san, e il fatto che Yuki non avesse voluto iscriversi proprio a quella scuola, e ancora una volta se n’era chiesto il motivo. In una scuola come quella sarebbe potuto sicuramente diventare il numero uno, lo avrebbero seguito fino a farlo arrivare alle Olimpiadi, a quello che desiderava. Invece aveva insistito per non andarci… "…uno screzio con dei compagni…" Forse, gli stessi che avrebbero incontrato ai Regionali? Si soffermò ad osservarlo. Come sempre, se ne stava un po’ in disparte, da solo. Guardava fuori dal finestrino, all’apparenza imperturbabile come al solito, quasi non gli importasse dove stesse andando o con chi. Ma Seiji aveva imparato a leggere dietro quel muro, a leggere almeno una parte di quello che l’altro cercava di nascondere a tutti, e si era accorto che era teso e un po’ inquieto. Si scoprì curioso di sapere cosa stesse pensando in quel momento, cosa provasse, e d’un tratto sentì crescere in sé un’inconfessabile stizza al pensiero di non poter andare da lui a chiederglielo mentre erano lì tutti insieme. Sentì che gli mancava non poter parlare con lui… Sconcertato da quella reazione, distolse lo sguardo quasi con uno scatto, cercando di prestare ascolto a quello che dicevano i compagni. Naturalmente stavano discutendo delle gare e degli avversari più accreditati; il Liceo Shinho era sulla bocca di tutti, e questo non lo aiutò ad allontanare i suoi pensieri da Yukito. - Beh, loro non sono neanche da prendere in considerazione: sono troppo forti. Vinceranno di sicuro tutte le staffette. - - Hanno i migliori sia nei cento che nei due. - - Anche l’istituto Aiwa non è male. - - E il Koshinkan? - - E’ vero!- - Uff…Chissà se riusciremo ad entrare almeno in finale…- Kurihara alzò gli occhi al cielo. I soliti cagasotto! - Ehi! Tutto questo ottimismo mi sta dando la carica. - intervenne con ironia. - Cosa?- - Non siete ancora arrivati alla piscina che già vi date per sconfitti. Con questo spirito sarà già tanto se riuscirete ad entrare in acqua! altro che in finale…- Yamazaki lo guardò sbattendo le palpebre, come se non ci vedesse bene, mentre Okajima si accigliava. - Ma…- cominciò Kinimoto. Non erano male, come compagni di squadra, ma alle volte lo esasperavano proprio. - Che vi frega di chi c’è e di chi ha il tempo migliore. Voi date il massimo in ogni caso, e poi si vedrà chi è il più forte!- E poi aveva bisogno di sfogare un po’ della rabbia che aveva cominciato a sentire dentro di sé contro qualcuno. - Lo Shinho è forte di qua, lo Shinho è forte di là! E chi saranno mai?! Anche noi abbiamo vinto. Possiamo batterli come chiunque! - Ora gli altri tre lo guardavano a bocca aperta. Poi, quasi all’unisono, il loro volti s’illuminarono e tutti e tre cominciarono a gridare. - Hai ragione, Kurihara-kun!- - E’ vero! Non siamo inferiori a nessuno!!- - Gliela faremo vedere a tutti quanti!! - - Anche noi abbiamo dei campioni!- - Senkawa…GOOO!!- Erano così esaltati che l’allenatore dovette intervenire per far smettere tutto quel chiasso che disturbava gli altri passeggeri. Kurihara scosse la testa con una smorfia, poi la voltò verso l’altro lato del corridoio, e incontrò lo sguardo di Okazaki. Lo aveva distolto dal finestrino e lo fissava su di lui, diretto, ed intenso. Sembrava sorridere, ma le sue labbra non erano tirate. Gli sorrideva con gli occhi. E ancora una volta lo attirava a sé. Come una calamita. Come se lo stesse ipnotizzando. Seiji si sentì improvvisamente la gola secca, e il cuore che come al solito prendeva a battergli più veloce. Con uno sforzo di volontà, si alzò in piedi. - Vado in bagno!- annunciò a voce alta, rendendolo noto a tutto il vagone, e vi si diresse a passo rigido. Doveva allontanarsi da quel dannato ragazzo! *** La vasca per il riscaldamento era piena all’inverosimile, il boato di voci e acqua smossa quasi frastornante. Miscuglio ideale per galvanizzare Kurihara, che entrò nella sua corsia con un gran sorriso stampato sulle labbra. Si sentiva in uno stato d’animo particolare. Si era reso conto che il livello degli avversari era decisamente superiore all’ultima volta e che avrebbe dovuto dare tutto se stesso, se voleva farsi valere. Una sfida che lo rendeva ancor più temerario e aggressivo, e per certi versi anche più sicuro di sé. O forse più incosciente, com’ erano più propensi a credere i suoi compagni di squadra. Inoltre, per uno scherzo del destino, si era ritrovato a dividere la stanza proprio con Okazaki, e questo lo aveva sconvolto ed esaltato allo stesso tempo, aumentando in qualche modo la carica di adrenalina che già lo elettrizzava, oltre che il suo stato di stordimento. I ragazzi avevano stabilito la suddivisione delle stanze mentre erano ancora in viaggio, distribuendosi gli uni con gli altri a seconda delle ipotetiche disponibilità delle stanze, e dimenticandosi completamente di Okazaki, che per loro era già destinato a far compagnia all’allenatore; cosa, quest’ultima, che aveva infastidito Kurihara più di quanto avesse potuto credere, e che lo aveva reso nervoso per il resto del viaggio. All’albergo, però, Yamada aveva incontrato un vecchio compagno di scuola che allenava un’altra squadra e aveva deciso di dividere la stanza con lui, senza esimersi dal sentenziare i propri ordini e le sue, di disposizioni, imponendo a gran voce che Yamazaki stesse con Okajima e Kinimoto e, da bravo Senpai, li tenesse sotto controllo, mentre Okazaki avrebbe fatto lo stesso con Kurihara. - Niente grilli per il capo, casini o distrazioni di qualsiasi tipo! Ti voglio concentrato solo sulle gare! E’ chiaro?!- Seiji aveva risposto con un grugnito, combattuto fra la rabbia che l’evidente sfiducia dell’allenatore nei confronti della sua affidabilità aveva suscitato, e il divertimento al pensiero di quello che avrebbe detto lo stesso, se avesse saputo che, in quel momento, la vicinanza di Okazaki era l’unica cosa che avrebbe potuto distrarlo. Si era diretto verso la stanza assegnata loro ostentando più malumore di quello che provava e a cena si era lamentato coi compagni più di quanto veramente sentisse, mentre in realtà si era accorto che fra le diverse sensazioni che stava provando, il piacere era quello che prevaleva. Comunque, quella sera erano entrambi così stanchi che si erano addormentati quasi subito, senza quasi dirsi niente. E il mattino dopo era il primo di gare, e sarebbe stato subito il turno di Kurihara. Terminò il riscaldamento ed uscì dall’acqua; avrebbe voluto fare qualche scatto, ma c’era troppa gente e ci rinunciò. Aveva perso di vista sia i compagni che l’allenatore, e senza pensare si chiese dove fosse Okazaki. Lo scorse per caso poco dopo, mentre si dirigeva alle docce passando da una stradina che dava sul retro; era fermo insieme a tre ragazzi, abbastanza alti, anche se non come loro, e muscolosi, che indossavano tuta o accappatoi dello Shinho. Kurihara si accigliò e continuò ad avanzare lentamente verso di loro, troppo presi dalle loro faccende, per notarlo. Quello in mezzo, il più alto, stava dicendo qualcosa a Okazaki, puntandogli un dito contro, mentre gli altri due ridevano; Seiji si accorse che Yukito era teso, e avvertì la tensione crescere anche dentro di sé. Si avvicinò ulteriormente, fino a che cominciò a udire le loro voci. - ……anche quelli come te?- stava chiedendo il più alto. Aveva una bella voce, profonda e dal timbro morbido, che manteneva nonostante si stesse rivolgendo a Okazaki con ironia. Gli altri due ridacchiarono di nuovo. - Ma no. Secondo me non lo sanno ancora. - disse uno di loro. - Già. Figurati se lo vorrebbero nel club se sapessero che gli piace guardare i compagni che si spogliano!- rincarò il terzo, e tutti e tre scoppiarono nuovamente a ridere. Kurihara vide Okazaki stringere il pugno e respirare a fatica, lo sguardo cupo fisso sul tipo più alto che gli stava davanti, e, sempre più furioso, si fece ancora avanti. D’improvviso, gli venne voglia di spaccare la faccia a qualcuno. - Perché ti piace ancora, vero?- mormorò con voce suadente il più alto, e alzò una mano a sfiorare la guancia di Okazaki. A quel punto, Kurihara non solo aveva voglia di pestare qualcuno, ma anche di urlare. Come si permetteva quello strafottente bifolco di parlare in quel modo a Yuki? Come osava accrezzarlo?? Non si soffermò sul motivo di una tale reazione da parte propria. Al momento, era troppo furioso, per farlo. Gli venne naturale, spontaneo; come se fosse ovvio per lui reagire così. Okazaki allontanò con un gesto secco la mano dal proprio viso. - Non mi toccare. - sibilò, lo sguardo di fuoco; ma Seiji si accorse che era nervoso, e meno sicuro del solito. - Davvero?- continuò in tono falsamente ingenuo il suo antagonista. Chi era, quel cretino insopportabile? - Mi hai stancato, Kouji. - replicò ancora Okazaki. - Pensa pure quello che ti pare. - E si mosse per andarsene. Ma l’altro allungò nuovamente la mano e lo afferrò per un braccio. E Kurihara non ci vide più. Per un secondo, pensò che forse a Yuki avrebbe dato fastidio la sua intromissione, ma fu giusto la cosa di un attimo: ne aveva abbastanza di quei discorsi idioti e dei modi di quello stronzo. Più che altro, gli dava fastidio che continuasse a mettere le mani addosso a Okazaki… Fu questo che, anche se inconsciamente, lo fece scattare. Si fece avanti a passo deciso, diretto verso Yukito. - Ehi, Okazaki. - lo chiamò, e nel passare urtò con una violenta spallata uno dei due ragazzi che davano manforte a Kouji. - Ehi!- sbraitò il ragazzo. - Guarda dove vai!- Seiji si fermò e voltò il capo, scrutandolo da capo a piedi con un sopracciglio alzato. - Scusa, non ti avevo visto. - disse, poi tornò a voltarsi. - Di solito, non le noto, le nullità. Accidenti a te, Okazaki! - continuò poi, come se nulla fosse. - Ecco dove ti eri cacciato. L’allenatore ti vuole e tu stai qui a perdere tempo con questa gente. Ti ho cercato dappertutto. - Okazaki, intanto, lo guardava stupito; sembrava imbarazzato che lui fosse lì, ma allo stesso tempo anche contento. - Andiamo, sbrigati. - continuò Seiji. - Stava parlando con noi. - intervenne la voce profonda di Kouji. - A chi è che hai dato della nullità?- aggiunse un po’ fuori tempo un altro. Kurihara sbatté le palpebre un paio di volte, prima di voltare nuovamente la testa verso i tre, osservarli per qualche secondo e tornare a rivolgersi a Yukito. - Conosci ‘sti bifolchi?- chiese con un borbottìo scettico. Okazaki lo guardò sconcertato, poi sembrò riprendersi un po’; si strinse nelle spalle e assunse l’aria indifferente che sapeva sfoggiare così bene in qualsiasi situazione. - Purtroppo. - mormorò. - Le conoscenze non si possono scegliere: capita quel che capita. - - Già. Certo che ti non ti era andata granché bene, con questi qua. - Yuki si strinse di nuovo nelle spalle, e Kurihara si rese conto che non era ancora del tutto tranquillo. - Ehi, tu!- udì uno dei ragazzi esclamare. - Si può sapere chi sei?- Questo era Kouji. - Mi piacerebbe conoscere chi si diverte ad insultarci in questo modo. - Seiji sogghignò e si girò completamente verso i tre, fronteggiandoli. - Senti, senti. Anche a me piacerebbe sapere chi siete voi, e chi vi dà il diritto di andare in giro ad insultare i miei amici. - Kouji sorrise. Aveva un viso regolare, quasi bello, se non fosse stato per gli occhi forse troppo piccoli, e capelli lisci che gli arrivavano alle spalle; Kurihara immaginò che avesse un gran successo con le ragazze. - Non lo stavo insultando. - disse pacato. - Dicevo semplicemente la verità. - Seiji fece un passo in avanti, incombendo minaccioso su di lui. - Stai attento a come parli, piccoletto. - ringhiò. Non era così basso, ma Seiji, in confronto, pareva molto più imponente. E sembrava che all’altro la cosa desse fastidio, perché Kurihara lo vide arrossire e stringere i denti stizzito. - Non ti scaldare. - replicò subito Kouji, ostentando la solita calma. - Così, sei il nuovo amichetto di Yuki-chan…- E Seiji lo guardò con un sopracciglio alzato. - Nuovo amichetto…?- ripeté tranquillo, stupendo anche se stesso. - Perché, quello di prima eri tu?- Con altrettanto stupore, vide l’altro sobbalzare e arrossire ulteriormente, irrigidendosi e perdendo d’un tratto buona parte della sua baldanza. Gli altri due si fecero immediatamente avanti, prendendo le difese del loro compagno, furiosi e indignati, ma Kurihara non prestò loro molta attenzione. Poi udì Okazaki fare un lungo respiro alle sue spalle, e sentì la sua mano appoggiarglisi sul braccio. - Lascia perdere, Kurihara. - mormorò piano. - Non ne vale la pena. - Seiji rimase a fissare Kouji ancora per qualche secondo, poi si rilassò. - E’ vero. Non ne vale la pena. Stiamo solo perdendo tempo. - Poi allargò le spalle e sogghignò. - Comunque, io sono Kurihara Seiji, primo anno al Liceo Senkawa! Ricordatevelo, perché nei duecento stile, oggi, leggerete il mio nome al primo posto sul tabellone!- I tre di fronte a lui lo guardarono sbigottiti, poi ridacchiarono. - Sembra che sarà un tuo avversario, Oda. - disse Kouji. - Sembra di sì. - sghignazzò soddisfatto il tipo che lui aveva urtato. Kurihara si sentì ancora più esaltato. - Chiunque voi siate, il Senkawa vi farà a pezzi. - insistette convinto. Udì Okazaki mugugnare qualcosa e vide che cominciava ad allontanarsi. - Prima vedi di entrare in finale, e poi ne parliamo. - lo sfidò intanto Oda. - Ci vediamo in acqua, nanerottolo. - ribatté Seiji con un ghigno, e fece per seguire Yuki; poi si fermò e tornò ad avvicinarsi a Kouji. Un impulso improvviso. Come al solito. Non sorrideva più. Lo guardò dritto negli occhi, i suoi una fessura in cui passò un lampo minaccioso. - Non so chi tu sia, e neanche mi frega. - disse a voce bassa, quasi un sibilo, tagliente. - Ma se ti vedo ancora avvicinarti a Okazaki, ti spacco la faccia. E non è un modo di dire: te la spacco sul serio. - Glielo assicurò con un sorriso che non aveva niente di allegro, poi se ne andò, soddisfatto di se stesso e ancora più caricato. Kurihara era solo una matricola, ma sembrava anche robusto e aggressivo, e Kouji non era riuscito a controbattere. Si limitò a deglutire, per poi allontanarsi dalla parte opposta. *** Seiji mantenne la promessa. Non era stata proprio una promessa; era stata più una sfida, una minaccia, forse addirittura un eccesso di spavalderia. Ma la mantenne. Dopo che si era allontanato dagli atleti dello Shinho, Yuki aveva litigato con lui. Era nervoso, esasperato, deluso, e pieno di rabbia. L’intervento di Seiji, nonostante lo avesse colpito per molti versi piacevolmente, gli aveva fatto anche male, lo aveva fatto sentire un debole, incapace di reagire alle più piccole provocazioni, e aveva aumentato la sua collera e l’insicurezza che lo prendeva in quelle situazioni e che lo frustrava ancora di più. Gli aveva intimato di lasciarlo in pace, di non immischiarsi sempre negli affari suoi, di non intromettersi senza che lui glielo chiedesse, e detto che non aveva certo bisogno di lui per risolvere i propri problemi, non aveva bisogno di nessuno, e chi si credeva di essere lui per ritenere il contrario. Era così furioso che aveva parlato senza quasi prendere fiato, a voce alta, e per poco non si era messo a piangere, riuscendo a stento a evitare il disastro. Kurihara lo aveva guardato accigliato per tutto il tempo, poi era sbottato, sorprendentemente scusandosi. - Va bene, ho capito! Hai ragione! Scusa. Non avrei dovuto. E’ solo che non ce l’ho fatta a stare zitto! Mi dispiace! Ok?- E Yukito si era reso conto di non essere arrabbiato con lui, che Seiji era solo una scusa, il capro espiatorio contro cui accanirsi. Era furioso con Kouji, con gli ex compagni, e soprattutto con se stesso, che non riusciva ancora a dimenticare, a rimanere abbastanza indifferente, a cancellare ricordi e delusioni con una scrollata di spalle. Inoltre, gli aveva dato fastidio mostrare la propria debolezza proprio a Kurihara, e questo lo aveva fatto scattare. - Oda è quello che ha il primo tempo. - aveva detto dopo un po’ di silenzio; il suo modo per fargli capire che non ce l’aveva con lui. - Uno e cinquantasette. Parte veloce, ma non ha un gran recupero. - Kurihara aveva annuito quasi indifferente, poi gli aveva chiesto chi fosse quell’altro, quel Kouji. - Kobayashi?- aveva risposto, distogliendo lo sguardo. - E’ quello che ha il primo tempo nei cento. - E non solo… Ma questo lo aveva tenuto per sé. - Quel Kobayashi?? Il tuo avversario?- Seiji era sembrato incredulo. - Credevo fosse più alto. Non mi sembra ‘sto granché!- Yuki aveva scosso la testa e lo aveva guardato senza riuscire a trattenere un sorriso. - L’altezza non conta così tanto…- aveva mormorato, muovendosi verso di lui. Quando gli era arrivato accanto, si era fermato. - Puoi batterlo. - gli aveva detto, in un sussurro. Ne era convinto. E lo sperava di tutto cuore. Seiji si era voltato verso di lui e aveva sorriso apertamente. - Infatti, lo batterò. - aveva assicurato. Era sembrato molto convinto anche lui. Mantenne le aspettative di entrambi, e vinse la gara. Nonostante Yamada gli avesse praticamente ordinato di restare in albergo a riposarsi per mantenere la concentrazione per il giorno dopo, Yuki era sugli spalti, insieme ai compagni di squadra, che lo guardavano un po’ stupiti. Nelle batterie, Seiji era partito male e, non avendo avversari di valore, non era migliorato molto e aveva mantenuto la quinta posizione che aveva all’iscrizione. Ma la finale era tutta un’altra cosa. Yuki aveva notato che Kurihara tendeva a dare il massimo più l’avversario era temibile e difficile l’impresa, quindi era convinto che avrebbe potuto fare una bella gara. Ai cento, virò sesto, ma quasi appaiato agli altri; tranne Oda, già staccato al primo posto. Yamada urlava e scuotava il capo, il tifo era sempre più forte, Yuki non riusciva a staccare gli occhi da Kurihara. "Ora Seiji…" Accanto a lui, Yamazaki gemette. - E’ passato troppo lento. - "No…va bene così…" - E’ perfetto così…- mormorò, quasi senza farci caso. "Le gambe, Seiji. Aumenta quelle gambe." Quinto. Quarto. "Più veloce." Alla virata era già terzo. "Adesso, Seiji. L’ultima vasca." - …In seconda corsia sta recuperando Kurihara, del Senkawa. Ormai è secondo!…- La voce all’altoparlante suonò stridula ed eccitata. Intorno a lui, tutti gridavano. Fece un passo in avanti, si avvicinò al limite della scalinata, contro la balaustra. "Vai. Ce la puoi fare." - Ora.Vai. Muovi quelle gambe, accidenti! Oda non ce la fa più. Non puoi farti battere!- Seiji toccò le piastre. E il suo nome comparve al primo posto sul tabellone. 1.56.41. Solo una manciata di centesimi lo divideva da Oda. Ma era primo. Si voltò verso di loro a braccia levate, poi uscì dall’acqua quasi di corsa, come se avesse appena terminato una passeggiata e non una gara, e andò a dire qualcosa a Oda; Yuki immaginò che fosse un’altra delle sue sbruffonate e scosse piano la testa. Si rese conto soltanto dopo di avere ancora i pugni stretti alzati davanti a sé e il respiro affannato, e che probabilmente aveva incitato Seiji a voce alta. Fece un lungo respiro e si voltò per andarsene. I suoi compagni stavano esultando emozionati. Yamazaki lo guardava. - E’ stato grande, vero?- e gli sorrise. Lui si passò la lingua sulle labbra. - Hn. - mugugnò, un sopracciglio alzato e la solita espressione che gli altri erano abituati a vedergli in viso. - Se fosse partito prima con le gambe, non avrebbe fatto tanta fatica, e avrebbe migliorato maggiormente il suo tempo. - aggiunse in tono freddo, prima di lasciare gli spalti. Voleva dare l’impressione che non gli importasse più di tanto della vittoria di Kurihara, ma ebbe la sensazione che Yamazaki non ci avesse creduto poi molto. Stava ancora sorridendogli, e lui sperò almeno di non essere anche arrossito. *** - Ehi, Kurihara!!- - Kurihara-kun! Siamo qui!- Seiji si voltò e rimase a bocca aperta. Tsukishima, Seto e gli altri lo salutavano euforici e sorridenti dagli spalti destinati al pubblico. - Che diavolo ci fate voi, qui!?- li apostrofò, avvicinandosi. - Siamo venuti a fare il tifo per te!!- - Sì. A sostenere il nostro amico. - - Guardate che ho gareggiato ieri… - - E’ vero che hai vinto?- Glielo chiesero in quattro, quasi all’unisono, e lui sfoderò un sorriso che andava da un orecchio all’altro. - Vi siete persi la gara più bella della giornata!- gongolò. - Anzi, probabilmente di tutta la manifestazione. - Urla e incitamenti lo investirono, riempiendolo ulteriormente di orgoglio. Sentirsi al centro dell’attenzione lo faceva stare… - Ehi, hai visto quella?- …bene. - Accidenti, che carina!- - Wow! Anche quella là…- Il sorriso si trasformò in uno sguardo torvo. - Ehi…- provò a richiamarli. - Quante ce ne sono. E sono tutte in costume!- - Abbiamo fatto proprio bene a venire. - - Ve l’avevo detto, io!- - EHI!- I ragazzi lo guardarono sconcertati. - Che c’è?- - Io sono qui! Non eravate venuti per sostenermi?!- - Aah, ma ora non stai mica gareggiando. E poi, te ti vediamo tutti i giorni, mentre tutto questo ben d’Iddìo…- - Eh! Tu te lo sei già potuto gustare, ma noi no!- Tornarono alle loro incombenze tutti contenti, e lui si appoggiò cupo al muro che aveva alle spalle. Maledetti. Sugli spalti sopra di lui, Tsukishima ridacchiò. Lui era rimasto. Come sempre. - Non ti arrabbiare, Seiji. Non sei contento di vedere i tuoi amici?- - Begli amici, sì. - grugnì. Hideo rise ancora. - Allora, questa gara favolosa?- chiese poi, e lui tornò al suo sorriso gongolante. Non riusciva a nasconderlo, se pensava alla giornata precedente. Prima della finale, si era reso conto che non sarebbe stato facile vincere; ma non aveva perso di un briciolo la propria sicurezza. Probabilmente, soltanto lui era convinto di potercela fare. Lui, e Okazaki… La consapevolezza della fiducia che l’altro pareva avere nelle sue possibilità, gli aveva dato una carica non indifferente. Così come l’essersi accorto che era presente sugli spalti insieme agli altri, quando avrebbe dovuto restare in camera. Gli avrebbe mostrato la propria forza, gli avrebbe dimostrato che anche lui poteva raggiungere determinati risultati. E poi, quel cretino di Oda, poco prima della partenza, lo aveva stuzzicato, credendo di fargli perdere sicurezza, mentre lo aveva caricato ancora di più. - Corsia due?- gli aveva detto, passandogli vicino per raggiungere la propria. - Mi sembri lontano dai migliori. - Così, a fine gara Seiji lo aveva subito avvicinato. - Ehi, corsia quattro!- lo aveva apostrofato. - Peccato, da così lontano ti sei perso il migliore!- Oda era distrutto, tutta la squadra dello Shinho sconvolta, e lui ancora più esultante. Aveva recuperato tutto lo svantaggio nei secondi cento, sorpassando i suoi avversari uno dopo l’altro e terminando in crescendo. Quando aveva alzato lo sguardo sul tabellone e aveva letto il suo nome al primo posto, aveva avuto la tentazione di urlare. Non si era sentito neanche stanco. Si era voltato verso la postazione della squadra e alzato le braccia in segno di vittoria. …Okazaki era là…sporto in avanti…e lo guardava…gli era addirittura sembrato di sentire i suoi occhi su di sé… - E’ stato esaltante!- Naturalmente, a Tsukishima non parlò di Okazaki. Gli descrisse solo la gara, la sua grande prestazione, parlando a ruota libera e a voce alta, e condendo il tutto con gesti e sorrisi. - Davvero, ti sei perso la gara migliore!- Hideo sorrideva. - Oggi avete la staffetta?- - Sì. Siamo entrati in finale anche con la quattro per duecento. - - State andando alla grande!- - Già, già. - - Oggi ci sarà anche la gara di Okazaki?- chiese ancora Hideo, e il cuore prese a battergli più in fretta. Accidenti! gli bastava anche solo sentire quel nome, per turbarlo? - Mh. - annuì. Quando, dopo la gara, aveva raggiunto i compagni sugli spalti, Yuki non c’era già più. Lo aveva trovato in camera più tardi, seduto sul davanzale della finestra, che guardava fuori. Lui aveva aspettato che gli dicesse qualcosa, che facesse qualche commento, dei complimenti; invece, l’altro era rimasto zitto. - Allora?!- era sbottato dopo un po’ lui, non riuscendo più a sostenere quel silenzio, quando moriva dalla voglia di sentire quello che pensava il compagno. - Mh?- Okazaki lo aveva guardato perplesso, poi aveva alzato le sopracciglia. - Oh…Hai aspettato troppo per aumentare il ritmo delle gambe. E gli ultimi venti metri eri scomposto. Avresti potuto scendere sotto l’uno e cinquantasei. - Seiji era balzato in piedi dal letto su cui si era buttato e gli aveva urlato contro, esasperato. - Che cavolo stai dicendo?!! Ho vinto! Ho battuto quello scemo di Oda!! Che accidenti c’entrano le gambe e e e tutte le altre cavolate!!- - Per migliorare la prossima volta. - aveva replicato, calmo, Okazaki. Lui lo aveva guardato a denti stretti, il respiro pesante e gli occhi incupiti. Poi, l’altro aveva accennato un sorrisino e lentamente era sceso dal davanzale. - Bella gara. - aveva mormorato, fissandolo. - Gran bella gara. - E a lui era parso di rinascere. Non lo aveva dato a vedere. Aveva grugnito, passandosi la manica sotto il naso e annuendo come se non gliene importasse più di tanto. Ma dentro di sé aveva esultato. - Riuscirò a vincere anche contro di te, fra non molto. - si era vantato, ma con poca aggressività, e Yukito era scoppiato a ridere. - C’è poco da ridere, scemo!- …gli piaceva, quando rideva… - Anche Oda ha riso di me, e guarda che fine ha fatto. - …si illuminava… - Smettila!- …no…invece, avrebbe dovuto continuare… - E vedi di non farmi fare brutta figura, domani. Ho detto che li avremmo fatti a pezzi, e voglio mantenere la parola. - Aveva smesso, e la stanza era parsa ripiombare nel buio. - Non farti battere da quello stronzo. - Lo sguardo di Yuki era diventato feroce. - Non ho nessuna intenzione di perdere. - la sua voce dura come l’acciaio, una lama affilata e tagliente. - Contro nessuno. - E Seiji aveva pensato che, per quella volta, fosse un bene non essere suo avversario. - Le ragazze sono venute qui per lui. - continuò Tsukishima, e lui si riscosse. - Cosa?- - Quando ha sentito che il club del nuoto voleva fare una spedizione per venire a sostenervi, un gruppetto di studentesse del Senkawa ha organizzato la gita fin’ qua, per fare il tifo per Okazaki. - Stupide oche! ‘Tanto non le avrebbe degnate di uno sguardo. - E noi ci siamo aggregati come gruppo di sostenitori del Grande Seiji!- e rise. A Yuki non importava niente di nessuna di loro. A Yuki importava solo di… - Che cos’hai, Seiji?- Lui sbatté le palpebre, e si rese conto che si era di nuovo distratto. - Cosa?- ripeté. Tsukishima lo guardava serio. - Qualcosa non va?- domandò ancora. Seiji scosse la testa e si mise a ridere, una risata che anche alle sue orecchie suonò forzata. - Figurati! Anzi, va tutto benissimo. - Hideo lo conosceva bene, e probabilmente lo capiva più di chiunque altro. Doveva fare attenzione a quello che diceva e faceva. Ma se c’era una cosa che non era capace di fare, era nascondere per molto il proprio stato d’animo. E in quel periodo, in quel momento, lui si sentiva parecchio confuso. La notte prima, aveva fatto fatica ad addormentarsi. Dopo la tensione della gara, l’eccitazione della vittoria, l’entusiasmo dei compagni, avrebbe dovuto sentirsi svuotato, e stanco. Invece, si era ritrovato a fissare il soffitto, sveglissimo, a pensare a quello che era successo quel giorno. Non alla gara. A tutto il resto. All’incontro con i ragazzi dello Shinho, alle proprie reazioni, a quello che aveva detto e fatto, al perché si era comportato in un certo modo. A quello che sentiva per Okazaki. Aveva sperato di riuscire a togliersi dalla testa quel problema almeno per quei giorni, ma a quanto pareva si era rivelato sempre più difficile. Il fatto era che si era reso conto che gli aveva dato fastidio il modo in cui quei tre avevano trattato Yuki, molto più di quanto gliene avesse dato Kurameshi; specialmente Kobayashi, il suo sguardo, la sua voce, l’intimità che sembrava esserci fra lui e Yukito; lo aveva urtato sentirsi al di fuori, scoprire di conoscere ancora così poco di Yukito, di non essergli poi così vicino; ma soprattutto, lo aveva fatto imbestialire vedere Kouji mettergli le mani addosso. Sensazioni che, quando ci aveva ripensato più tardi, e a mente un po’ più fredda, lo avevano sconvolto. Si era comportato come se Yuki fosse… Come se fosse "suo". Solo "suo". E questo era assurdo. A malapena erano amici. No…non era vero…Fra loro c’era qualcosa, era innegabile. Qualcosa di profondo, e particolare. Cui Yukito, però, aveva già dato un nome, mentre lui non sapeva ancora bene come definire, ancora non capiva. Più che altro, non capiva se stesso, i propri sentimenti, quello che voleva. Con questi pensieri, si era girato e rigirato nel letto, mentre la causa di tutti i suoi problemi dormiva poco lontano da lui. Voltandosi su un fianco, si era soffermato a guardarlo. Aveva il capo girato verso di lui, il volto rilassato illuminato dalla luce del lampione all’esterno e le labbra leggermente socchiuse. Seiji si era scoperto a pensare a quanto fosse bello. E poi…a desiderare che quelle labbra si posassero ancora sulle sue, che percorressero il suo corpo, e di essere accarezzato e abbracciato e……. Si era voltato dalla parte opposta con uno scatto, sconvolto ed eccitato, cercando di calmare il respiro. "Accidenti! cosa mi sta succedendo?" si era chiesto. Non poteva piacergli un ragazzo. Non era possibile. Lui era normale. Normale… E Okazaki era solo un compagno di nuoto. Quello che era successo fra di loro era stato solo un episodio, un momento di debolezza da parte sua, o forse di entrambi, e non si sarebbe ripetuto. Avrebbe fatto in modo che non si ripetesse. Era un uomo. Non aveva bisogno di quelle cose. Era sicuro di essersene convinto, quando si era addormentato. Invece, adesso stava reagendo con insofferenza alla presenza di tutte quelle ragazze venute apposta per vedere Okazaki. - Mh, mh. - assentì l’amico, ma senza molta convinzione. Quasi fosse… - Perché dovrebbe esserci qualcosa che non va?- …geloso. - Sei strano…- Geloso?!! - Stavo solo pensando…mh, alla gara di oggi. Credo che partirò per ultimo. - Perché avrebbe dovuto essere geloso? - Ah! E poi, a quel maledetto di Okazaki. - continuò, ricordandosi che ancora non gli aveva dato contro. - E a quelle sceme che sono venute solo oggi per vedere lui! Ah, ah! quelle oche si sono perse il migliore!- A lui non importava niente di Okazaki! - Fra l’altro, non è così sicuro che vinca. - Sogghignò. - Ce n’è uno che ha il tempo migliore, ed è pure il campione nazionale!- Kobayashi. - Oh, allora anche questa si preannuncia una gara interessante. - commentò Tsukishima. Quello stronzo di Kobayashi. - Già…- Yuki doveva assolutamente batterlo! - Oggi sarà una giornata piena. - - Mh…- - …Sei sicuro di stare bene?- Accidenti a lui! - Certo che sto bene! Che diavolo ti è preso? sei venuto qui per farmi da mamma??- Hideo sollevò le mani. - Ok, ok. Stai calmo. Mi stavo solo preoccupando per te!- Fortunatamente era abituato alle sue sfuriate. - Mh, sì. Ok. - Si staccò dal muro e si mise le mani in tasca. - Senti, io devo andare. Quel rompiscatole del coach si starà già chiedendo dove sono finito. - - Va bene. - Tsukishima annuì. - Ehi, vedi di farmi vedere un’altra grande gara, ok?- Seiji lo guardò e sorrise. - Per quanto mi riguarda, puoi contarci. E tu vedi di far sentire la tua voce, da lassù!- - La sentirai anche in acqua!- Kurihara rise, poi fece una smorfia. - E dài un calcio in culo a quei bastardi laggiù. Neanche i loro amici tengono più in considerazione. - Rise anche Hideo, alzando il pollice a mo’ di saluto, poi si allontanò per andare a raggiungere gli altri. Seiji rimase a guardarlo per un attimo, poi si allontanò a propria volta. Non sarebbe stato facile nascondere qualcosa a Hideo. *** La gara non fu solo interessante. Fu spettacolare. E Okazaki perfetto. Impeccabile. Impressionante. Era rimasto per conto proprio per tutto il pomeriggio, sdraiato in un posto appartato con un asciugamano che gli copriva il capo. Poi, poco prima della sua gara, si era alzato e si era sciolto i muscoli. Il suo sguardo era già lontano. Kurihara avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma ci aveva rinunciato. La luce negli occhi del compagno era così risoluta e truce, che gli aveva messo i brividi. E poi, probabilmente l’altro non lo avrebbe neanche sentito, tanto era concentrato. Nessuno osò dirgli nulla, neppure l’allenatore. Non ne aveva bisogno. Partì bene, e lui e Kobayashi si staccarono subito. Forse, solo i rispettivi allenatori e qualche parente stretto s’interessò agli altri atleti che partecipavano alla finale. Tutti gli occhi erano puntati sui primi due. Rimasero appaiati fino ai cinquanta; virò primo Kobayashi, ma di uno spazio infinitesimale, e all’uscita Okazaki era già davanti. Cominciò a staccarsi, poco alla volta, ma inesorabilmente. Poi, ai settantacinque, parve aumentare ulteriormente il ritmo. Kobayashi non sembrava aver rallentato. Era Okazaki che aveva qualcosa in più. Se lo lasciò alle spalle con una scioltezza che aveva dell’incredibile, quasi il suo avversario fosse uno qualunque, non il campione nazionale delle scuole superiori. Quasi avesse giocato con lui, quasi gli avesse lasciato l’illusione della speranza fin’ quasi alla fine, per poi distruggergliela nel tempo di un respiro. La piscina era un boato unico. Seiji non sentiva nulla. E non diceva nulla. Non riusciva neanche a gridare. Lo guardò toccare le piastre, inequivocabilmente primo, e si voltò verso il tabellone. 52.24. Urla, gioia, addirittura lacrime. Yamada era fuori di sé. - Grandioso!- urlò Kinimoto. - Eccezionale. - rincarò Yamazaki, quasi senza fiato. Seiji rimase a guardare Okazaki, lo fissò mentre usciva dall’acqua, mentre riprendeva la propria roba, mentre passava accanto al suo avversario senza degnarlo di uno sguardo. - Merda. - esalò alla fine. Forse, Okazaki era davvero un demone! *** Il Senkawa era ormai sulla bocca di tutti. Non aveva una gran squadra; aveva portato ai Regionali solo due atleti iscritti alle gare singole e due staffette maschili. Ma con quei pochi era riuscito ad ottenere ottimi risultati, e ora gli altri atleti li guardavano con ammirazione e un pizzico di stupore. Anche il secondo posto nella quattro per duecento, con la prestazione da medaglia d’oro di Okazaki e lo strepitoso recupero in ultima frazione di Kurihara, che aveva fatto tremare i primi classificati fino alla fine, aveva suscitato più entusiasmo della vittoria scontata dello Shinho. Yamada andava in giro sempre più sorridente e impettito, e dava l’impressione di stare per scoppiare dall’orgoglio, mentre gli studenti del Liceo venuti a sostenere i propri atleti erano così entusiasti che avevano attirato l’attenzione di tutti, e contagiato anche qualcuno. I riflettori più luminosi erano puntati su Okazaki, che era stato avvicinato anche da alcuni giornalisti, interessati a questo giovane talento che poteva rappresentare il futuro del nuoto nipponico. Naturalmente, anche l’entusiasmo delle sostenitrici era quasi esclusivamente puntato su Okazaki, con disappunto della maggior parte dei ragazzi. Quello di Kurihara, forse, era ancora maggiore, anche se dovuto a motivi diversi. Tutta quella gente che stava sempre intorno a Yuki lo innervosiva; e lui aveva paura a domandarsi perché gli facesse quell’effetto. E poi, la prestazione del compagno aveva fatto passare in secondo piano la sua, e la sua vittoria, in confronto, sembrava una cosa da nulla. Inoltre, in prima frazione di staffetta, Okazaki aveva fatto registrare un tempo migliore del suo, e questo lo aveva fatto imbestialire. Possibile che non riuscisse a batterlo neanche nei duecento?! D’altro canto, non poteva fare a meno di ammirarlo, di stupirsi e stimare la sua forza, la sua determinazione, le sue capacità; non riusciva ad invidiarle e, anzi, lo attiravano maggiormente verso l’altro. Quasi fosse orgoglioso di lui. Orgoglioso di essergli amico. …orgoglioso di piacergli… Comunque, coi compagni grugnì e sbuffò tutto il tempo, inveendo contro quell’insopportabile che gli aveva rubato la scena, e cercando di esagerare al massimo il proprio malcontento. *** Il giorno dopo, Okazaki, senza avversari di rilievo perché Kobayashi aveva rinunciato alla gara, fece registrare un 23.98 sui cinquanta stile libero, che si rivelò il secondo miglior tempo a livello nazionale, e che aumentò l’interesse di tutti nei suoi confronti. Kurihara era combattuto fra complimentarsi con lui e dargli un pugno. *** "…Finale della staffetta quattro per cento stile libero maschile…" Yamazaki fece un lungo respiro. - Eccoci. - mormorò. "…Corsia numero uno: Istituto Tecnico Naha Suisan…" - Ehi!- lo apostrofò Kurihara. - Non avrai mica paura, eh?- "…Corsia numero due…" Poi sogghignò. - E’ adesso che viene il bello!- Davanti a lui, Okajima gemette. Quando si trattava di gareggiare, Kurihara era davvero incontenibile! Veramente, era spesso incontenibile, ma quando c’era di mezzo una sfida, sembrava caricarsi ulteriormente. Non gli importava chi aveva di fronte: lui si buttava e si confrontava, senza nessuna paura. "…Corsia numero tre…" Okajima, invece, in quel momento aveva una paura tremenda. "…Liceo Superiore Senkawa…" Erano entrati col terzo tempo. Nella corsia vicina, con il primo, c’era lo Shinho. - Possiamo batterli. - aveva detto l’allenatore. - Li batteremo!- aveva assicurato, convinto e sorridente, Seiji. "…Yamazaki…" Era stato Okazaki a consigliare l’ordine di partenza della squadra. - Kobayashi partirà per primo, per farsi registrare il tempo. - era intervenuto con la sua voce fredda, e tutti lo avevano guardato esterrefatti; non per quello che aveva detto, ma perché aveva detto qualcosa. - Per questo ha saltato i cinquanta. - Era sembrato molto sicuro. - Quindi è meglio mettere Okajima e Yamazaki nelle prime due frazioni, poi Kurihara e io. - "…Okajima…" Nessuno aveva aperto bocca, tutti troppo sorpresi dal fatto che Okazaki avesse fatto sentire la propria voce per una cosa simile, e che avesse mostrato interesse per la staffetta. Tutti loro erano convinti che non gliene importasse niente: dopotutto, aveva già ottenuto dei risultati stupefacenti nelle gare singole. - Che cavolo dici!?- Naturalmente Kurihara non era stato zitto per molto. - E’ meglio non lasciarli andare via già da subito!- Okazaki aveva scosso la testa e alzato gli occhi al cielo sbuffando. - Se lo Shinho avrà un certo margine di vantaggio già dall’inizio, può essere più facile che le frazioni intermedie, con meno stimoli, non migliorino i loro tempi e che lo svantaggio non aumenti troppo. - "…Kurihara…" Poi, si era stretto nelle spalle e si era allontanato. - Fate come volete. - aveva mormorato, come se non gli importasse. Non era facile andare d’accordo con Okazaki. Non era facile capirlo. "…Okazaki…" Comunque, fecero come aveva consigliato lui. E Yamazaki si ritrovò in prima frazione a confrontarsi con Kobayashi. […] Yamazaki diede il cambio a Okajima al quinto posto, ma era così vicino agli altri che poteva anche essere terzo. Aveva migliorato quasi di un secondo il suo personale. Lo Shinho era naturalmente già primo, ma Kobayashi non era riuscito a scendere al di sotto dei cinquantatre secondi e, tornato dai compagni, aveva gettato a terra la cuffia con un gesto di stizza. Okazaki era ancora il migliore… Seduto sulla seggiola ancora vestito, Yukito non pareva interessato né alla gara né agli avversari. Kurihara lo guardò solo un attimo, per poi tornare ad urlare incitamenti a Okajima. - Scu…sate. - ansimò Yamazaki, tornato ai blocchi insieme a loro. - Sono… solo quinto. - Okajima non stava perdendo terreno; anzi, pareva recuperare qualcosina. - Va bene così. - si levò, inaspettata, la voce fredda di Yuki, e Seiji sussultò: sembrava provenire dalle profondità della terra! Allora non era così indifferente… - Ehi. - disse ancora, e Kurihara quasi cadde dal blocco su cui stava salendo. Okazaki si stava rivolgendo a lui. - Vedi di darmi un buon cambio. - Seiji si voltò inferocito verso di lui. L’altro era in piedi e si stava stirando il collo. Un sorrisino gli aleggiava sulle labbra. - E tu vedi di non perdere tutto il vantaggio che ti regalerò!- gli ruggì contro. Stupido arrogante! Fu l’ultima cosa che pensò prima di tuffarsi. Poi ci fu solo la gara, quelle due vasche che in quel momento contavano più di qualsiasi altra cosa. "…la battuta di gambe…la respirazione…e non scomporti, quando cerchi di aumentare il ritmo…il braccio sinistro non tira…" Era la voce di Okazaki, che gli risuonava in testa, i suoi consigli, i suoi ammonimenti. E le sue speranze, le sue aspettative… "…Dammi un buon cambio…" Il suo modo per spronarlo. Toccò le piastre in accelerazione, facendosi quasi male alla mano. Secondo. Lo Shinho aveva ancora un buon vantaggio. Ma loro avevano Okazaki. *** Come previsto, Kurihara recuperò buona parte dello svantaggio. In staffetta si esaltava ancor più che nelle gare singole. Yuki cominciò a salire sul blocco di partenza. Yamazaki e Okajima gridavano a squarciagola vicino a lui. Nakahoshi, dello Shinho, si tuffò per l’ultima frazione. Si piegò in avanti, afferrò i bordi del blocco, aspettò. "Dài Seiji. Dài Seiji. Dài Seiji." Secondo. E lo Shinho avanti di un po’. Toccava a lui. Si tuffò, e come ogni volta tutto cambiò. L’acqua lo avvolse, scivolandogli sulla pelle come una fresca carezza, e lui subito si sentì meglio. Più forte, più eccitato, più invulnerabile. Era come entrare in un altro mondo, luminoso, ovattato, sicuro. Un mondo dove non arrivavano insulti, dove non c’erano menzogne e ambiguità, dove nessuno poteva dirgli niente, guardarlo, disprezzarlo; dove lui era il più forte. Il SUO mondo. Lì, in quel momento, era lui che dettava le regole. Si avvicinò ai cinquanta metri e già aveva agganciato Nakahoshi. Uno dei suoi vecchi amici. Come buona parte dello Shinho, del resto. …Amici… Si spinse dopo la virata e aumentò il ritmo. …Se non avesse fatto tanto male, ci sarebbe stato da ridere… Nakahoshi era sempre più vicino. …Nessuno era suo amico… Affiancato. …specialmente nessuno di loro… Arrivò alla fine senza neanche accorgersene. Alzò la testa verso i compagni, li guardò prima di guardare il tabellone. Yamazaki piangeva e rideva insieme, Okajima saltava esultante, anche lui con le lacrime agli occhi, Kurihara era in piedi sul bordo e urlava a braccia levate; e tutti erano rivolti verso di lui, gli sorridevano, si complimentavano. …Anche Kurihara gli sorrideva… Tutta la piscina gridava, a malapena si udiva la voce del cronista all’altoparlante. Lui sentiva solo quelle dei compagni, un frastuono che gli parve una melodia. Seiji si sporse verso di lui, gli scompigliò i capelli bagnati, lo fissò negli occhi con un sorriso. - Grandioso! - esclamò. I suoi occhi brillavano come due stelle. Allungò una mano verso di lui, e Yuki gliela afferrò, tenendogliela per parecchi secondi. Poi ne sentì altre, che lo sollevarono di peso fin’ sul piano vasca, e si ritrovò in mezzo agli altri tre che lo abbracciavano e si complimentavano e piangevano e ancora gridavano. All’inizio della giornata, si era chiesto perché tenesse tanto anche a quella staffetta. Ora lo sapeva. Voleva vincere. Ma non sempre da solo.
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