Avvertenze per i lettori: questa è la mia prima fic (più o meno), siate clementi anche se la troverete troppo lunga e insulsa....Doveva essere un racconto, ma è diventato quasi un romanzo breve! Sigh, scusatemi... Anche il titolo è una scemenza. YOU'RE MY DREAM (parte prima) di Kriss
Kurihara uscì dalla struttura e si stiracchiò con un gemito. Era distrutto. L'allenamento era stato massacrante e l'allenatore insopportabile. Ultimamente non faceva altro che urlare e incitare e starti sul collo, senza lasciare un attimo di respiro. Sei chilometri e mezzo anche quella sera...Quasi tutti in negativo...E poi gli scatti... E tutto per colpa di quel bastardo arrogante! Al pensiero, emise un grugnito e si chiuse la giacca a vento quasi con uno strappo, prima di scendere gli scalini che portavano al cortile della scuola. Era entrato a far parte della squadra di nuoto per caso, quasi per gioco. In verità, avrebbe fatto volentieri a meno di iscriversi a qualche club, ma non potendo esimersene, aveva scelto il nuoto; era abbastanza bravo, aveva anche partecipato alle gare regionali, quando era più piccolo, raggiungendo risultati decenti, e visto che la squadra della scuola non era mai stata un granché e l'allenatore gli aveva proposto di iscriversi, quasi che lui fosse la speranza dei prossimi anni, aveva calcolato di poter fare la sua bella figura senza impegnarsi più di tanto. In effetti, i suoi nuovi compagni si erano rivelati abbastanza mediocri, anche se entusiasti, e lo avevano subito trattato come se fosse un campione. E a lui andava più che bene: si divertiva, faceva contenti i suoi che lo volevano assolutamente impegnato in qualcosa di diverso dal bighellonare con gli amici, e non faceva neanche troppa fatica. Minimo sforzo, massimo rendimento. E gli rimaneva pure il tempo per andarsene in giro e spassarsela con gli amici ugualmente. E tutto era cambiato. Okazaki, il campione delle medie; Okazaki, la matricola d'oro; Okazaki, la grande promessa dei cento stile libero; colui che avrebbe risollevato le sorti del club, l'orgoglio della squadra, il migliore. L'allenatore era al settimo cielo e d'improvviso era diventato severissimo, pretendendo il massimo da tutti. - Quest'anno abbiamo grandi possibilità, e ognuno di voi dovrà impegnarsi al massimo delle sue capacità. Non voglio lavativi e scansafatiche! E' chiaro? Okazaki darà il buon esempio, e so che tutti lo seguirete. Questo sarà l'anno della rinascita!- Così, gli allenamenti erano divenuti più duri, e si erano pure intensificate le sedute in palestra per lo stretching e i pesi. E lui non aveva più il tempo per fare nient'altro, visto che alla sera era così stanco che a malapena riusciva a finire la cena per poi andare subito a dormire. "Manco dovessimo prepararci tutti per andare alle Olimpiadi!" pensò con cipiglio, svoltando l'angolo dell'edificio. Tutta colpa di quel bastardo di Okazaki! Se lui non avesse avuto la malaugurata idea di iscriversi proprio a quella scuola, sarebbe stato meglio per tutti quanti! Arrogante, saccente, presuntuoso, pieno di sé, indisponente, scontroso, musone... Avrebbe potuto continuare in eterno, fosse stato per lui. Lo avrebbe volentieri preso anche a botte. Dopo quello che gli aveva fatto... - Come osa, quel maledetto idiota?- borbottò. - Chi si crede di essere?!- Gliel'avrebbe fatta vedere lui! Era troppo immerso nei propri pensieri per accorgersi che qualcuno gli si stava avvicinando, e quando la voce lo apostrofò, lui quasi sobbalzò per la sorpresa. - Ehi. - Una voce bassa, e fredda, che per contrasto gli fece salire il sangue al viso. Okazaki... Si voltò trattenendo a stento un ringhio e se lo trovò ad un passo, in sella alla bicicletta, che lo guardava con indifferenza, quegli strani occhi chiari attraverso i quali pareva impossibile riuscire a leggere qualsiasi tipo di sentimento. Bene...Erano soli, non c'era nessuno che poteva interromperli; era la volta buona per poter mettere in chiaro un paio di cosette. Strinse il pugno e prese fiato per parlare, ma l'altro non gliene lasciò il tempo: prese un indumento che aveva appoggiato al manubrio della bici e glielo porse con un gesto secco. - Tieni. - disse. - L' hai dimenticata in palestra. - E senza neanche accertarsi che lui avesse o no preso l'oggetto in questione, se ne andò, lasciandolo, ancora muto, in mezzo al cortile. Quasi stordito dalla sua stessa rabbia, Kurihara abbassò lo sguardo sulla maglietta che stringeva in mano: era davvero la sua. Lungi da lui l'idea di doverlo ringraziare. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era che, ancora una volta, l'altro lo aveva praticamente ignorato.
Era stato il modo in cui lo aveva guardato già dalla prima volta... Con indifferenza, quasi lui non esistesse neppure, un essere insignificante fra tanti esseri insignificanti. Era così che pareva guardare tutti, ma era soprattutto a Kurihara che dava fastidio. Lui, che fino a quel momento si era sentito al centro dell'attenzione, ora veniva trattato con sufficienza da uno stupido ragazzino appena arrivato, e che oltretutto aveva accentrato su di sé le attenzioni di tutti. - Ehi, Kurihara! Hai sentito la notizia?! - lo aveva apostrofato Yamazaki, entrando quasi di corsa nello spogliatoio. - Che notizia?- - C'è un nuovo iscritto! Ma non immaginerai mai chi è...- - Hn...Dimmelo tu. - aveva borbottato di rimando, continuando a cambiarsi e lasciando all'altro la soddisfazione di rivelargli quello che sembrava entusiasmarlo tanto. - Okazaki Yukito! - aveva esclamato il ragazzo con un gran sorriso. Lui lo aveva guardato con lo sguardo ancora assonnato. - E chi sarebbe? - aveva domandato poi, suscitando lo sconvolgimento del compagno. - Eeh?? Non sai chi è Okazaki? Ogni nuotatore della prefettura lo conosce! E anche quelli di fuori! E' il numero uno dei cento metri stile libero delle scuole medie. E' bravissimo, e da quest'anno è da noi! Saremo fortissimi, con lui. - Kurihara aveva continuato a guardarlo, incamerando le notizie e soffermandosi in particolar modo su quel "numero uno", che aveva subito cominciato ad infastidirlo, come un insetto che gli ronzasse insistente in un orecchio. Aveva mantenuto la sua espressione indifferente e si era stretto nelle spalle. - Mai sentito nominare. - aveva detto, e, prese le sue cose, si era diretto alle docce, lasciando uno Yamazaki sempre più sconcertato. Cosa volevi che gliene fregasse, a lui, di questo Okazaki; lui non era un nuotatore nel vero senso della parola, non aveva mai seguito le gare degli altri né si teneva informato su questo o quell'altro atleta. Era nel club di nuoto per caso; con la sua altezza, avrebbe anche potuto scegliere quello del basket, se solo avesse saputo tenere un pallone in mano. Non si preoccupava più di tanto di chi era forte o meno; in effetti non aveva neanche idea di quali fossero i propri obiettivi. Eppure, quel "numero uno" continuava a ronzargli nella testa. Quando aveva raggiunto il piano vasca, aveva ostentato noncuranza, ma dentro di sé era un po' incuriosito dal nuovo arrivato. Voleva proprio vedere se era così eccezionale come lo aveva descritto Yamazaki!! Lo aveva notato subito. Non solo perché era nuovo, ma soprattutto perché era letteralmente accerchiato da tutti, mentre l'allenatore, tutto gongolante, lo presentava ai compagni. E poi, era alto, svettava su tutti ed era impossibile non vederlo; probabilmente raggiungeva la sua altezza, di per sé notevole. - Oh, ecco Kurihara! - aveva esclamato l'allenatore, vedendolo arrivare. - Vieni a dare il benvenuto al tuo nuovo compagno, Kurihara-kun. - e, voltatosi verso Okazaki...- E' uno stileliberista anche lui. - aveva aggiunto con un sorriso orgoglioso. D'istinto, Kurihara aveva guardato il nuovo arrivato con ostilità, senza pensare, senza saperne neanche bene il perché, ma sentendo dentro di sé una certa avversione. In cambio, l'altro aveva posato su di lui uno sguardo freddo ed incurante; giusto per un istante scarso, sfiorandolo appena, quasi lui non esistesse nemmeno. Poi, si era voltato verso gli altri. - Direi che è ora di iniziare gli allenamenti. - aveva detto. E lo aveva lasciato là, immobile, e furente, a ribollire di rabbia.
Da quel momento, Kurihara aveva deciso che la sua specialità sarebbero diventati i cento stile libero, a dispetto del fatto che fosse sempre stato più portato per i duecento.
- Ehi, Kurihara si sta dando veramente da fare! - Dalle vetrate della piscina, un gruppetto di studenti stava sbirciando all'interno gli allenamenti del club di nuoto, soffermandosi con attenzione e ilarità sulle performance di Kurihara, che si stava impegnando con insolito vigore in una delle vasche centrali. - Non è proprio da lui. - ridacchiò uno dei ragazzi. - Vuole battere Okazaki, lo sai. - sentenziò un altro. Kurihara non aveva fatto altro che ripeterlo per giorni, ogni volta che uscivano; si lamentava ed insultava il nuovo compagno, e si era messo in testa che lo avrebbe sconfitto. - Beh, se Okazaki è quello che nuota nella corsia accanto alla sua, mi sa che Seiji-kun ci metterà tutta la vita per riuscire anche solo ad essergli alla pari! - - Potrebbe sempre massacrarlo di botte!! - Tutti scoppiarono a ridere, poi si allontanarono, a parte Tsukishima che rimase ancora un po' ad osservare il suo amico nuotare. Kurihara si era preso così tanto con quello sport che ormai era difficile vedersi al di fuori della scuola, e anche lì solo durante le pause, con ben poco tempo a disposizione. Non lo avrebbe mai ammesso, ma gli dispiaceva; si conoscevano da anni, avevano combinato un mucchio di guai, insieme, si erano divertiti... Sempre insieme. E ora... Si strinse nelle spalle: non era il caso di diventare sentimentali! Erano sempre amici. E poi, era convinto che a Kurihara facesse bene un po' di sana rivalità; in quel caso, gli stava facendo prendere sul serio qualcosa per la prima volta da che lo conosceva. Almeno per il momento. Chissà, forse avrebbe cominciato a crescere. Lo vide uscire dall'acqua, tuffarsi subito sollevando un'onda che andò a schizzare un gruppetto di ragazzi e ragazze ancora asciutti e scoppiare a ridere sguaiatamente, e fece una smorfia. Forse ci sarebbe voluto un altro po' di tempo...
Terminata l'ultima serie, mise a posto il manubrio, spense le luci e si diresse verso gli spogliatoi. Era sudato fradicio e aveva voglia di farsi una bella doccia. Passando davanti all'entrata per il piano vasca, sentì dei rumori provenire dall'interno: qualcuno stava ancora nuotando! Era convinto di essere l'ultimo rimasto, quella sera... Incuriosito, attraversò la vaschetta di passaggio e si fermò a guardare. Lo riconobbe subito: lo stile, la bracciata lunga e potente, la respirazione ogni tre... Okazaki. Nuotava davvero bene, doveva ammetterlo. Ed era pure veloce, accidenti a lui! Era questo che lo faceva imbestialire maggiormente. Se fosse stato solo un pallone gonfiato, lo avrebbe già sistemato, facendogli mangiare la polvere ed umiliandolo davanti a tutti; invece, in acqua l'altro era ancora il migliore e lui si era reso conto che sarebbe stato difficile surclassarlo come avrebbe voluto. Ma non si sarebbe dato per vinto! Questo mai! Se si allenava come stava facendo, poteva farcela. Era già migliorato, glielo aveva detto anche l'allenatore. Prima o poi, Okazaki si sarebbe sentito minacciato anche da lui!! Avrebbe smesso di trattarlo come se non esistesse neppure. Nessuno lo trattava così. Di solito, la sua altezza e il suo fisico attiravano parecchio l'attenzione, e oltretutto scoraggiavano molti di quelli che erano tentati di prenderlo in giro. Mentre quel pivellino... Senza rendersene conto, aveva fatto un passo avanti, lo sguardo fisso sul suo avversario. Aveva una nuotata regolare, veloce...bella a vedersi ed efficace...sciolta...Sembrava che non facesse nessuna fatica... Quel pivellino...Chi si credeva di essere? 54.04 in prima superiore. Avevano la stessa età...E lui era appena sceso sotto al minuto... Virata. Battuta di gambe. Trazione subacquea. Tutto perfetto. Il suo sguardo non riusciva a staccarsi da Okazaki, quasi affascinato. Ora che aveva preso davvero sul serio quello sport, notava molte cose a cui prima non badava minimamente, e con disappunto si scoprì ad ammirare il rivale. Rimase là finché l'altro non finì; lo fissò anche mentre usciva dall'acqua, si passava una mano fra i capelli gocciolanti, andava a prendere l'asciugamano e se lo passava sul corpo snello e muscoloso. Poi l'altro si voltò, e lo vide, e lui finalmente si riscosse. Okazaki ebbe un lievissimo moto di stupore, nello scorgerlo, poi proseguì verso di lui con la sua solita espressione impenetrabile. Kurihara, ormai senza pensarci, strinse il pugno: come gli sarebbe piaciuto mollargli un bel cazzotto su quel visino perfetto ed insopportabile! Lo fissò con occhi di fuoco, mentre l'altro continuava ad avanzare, gli passava accanto e attraversava a sua volta il passaggio per dirigersi agli spogliatoi e alle docce. - Se non devi fare delle vasche, spegni le luci. - gli disse poi, facendolo imbestialire. - COSA?! - urlò, voltandosi inferocito e avvicinandosi all'altro. Quello stronzo aveva veramente superato ogni limite! - Ehi, chi ti credi di essere?! - Finalmente avrebbe potuto dirgliene quattro, dirgli quello che pensava di lui e dei suoi modi arroganti. - Guarda che io non sono come tutti quegli stupidi che ti scodinzolano attorno, facendoti un sacco di moine! E tanto meno sono il tuo servetto!! Chiaro? - Okazaki, intanto, si era girato e lo guardava. Non pareva né turbato né sconvolto da quello scatto; lo guardava e basta, aumentando la sua collera. Poi si allontanò, si diresse al pannello del controllo elettrico e fece scattare gli interruttori, togliendo l'illuminazione nella zona nuoto. E tornò a dirigersi verso gli spogliatoi. Sempre senza una parola. Kurihara era senza fiato. Quel ragazzo era pazzesco! Non gliene fregava di niente e di nessuno!! Ma lui non aveva ancora finito, e in un modo o nell'altro lo avrebbe costretto ad ascoltarlo. Lo afferrò per un braccio e lo obbligò a voltarsi verso di lui. La sua pelle era fresca, liscia, e bianchissima. Kurihara sentì i muscoli dell'altro tendersi, in opposizione alla sua presa. Gli parve anche che rabbrividisse...e che quel brivido si trasmettesse anche a lui, scivolandogli lungo le ossa e provocandogli una strana sensazione allo stomaco, cui cercò di non badare. - Aspetta un po', tu! - disse, con durezza. Erano vicinissimi. Gli strani occhi celesti di Okazaki erano fissi su di lui, sul suo viso, e in un certo qual modo lo turbavano. Era la luce intensa che vi si leggeva, così diversa da quella glaciale che di solito li ammantava, da risultare quasi preoccupante. Kurihara notò anche un leggero rossore salire alle guance dell'altro, ma era troppo irritato per dargli peso. Si riscosse con una scrollata di spalle. - Ti stavo parlando!!- ringhiò. Okazaki reclinò leggermente il capo di lato. - Qualcosa non va, Kurihara-kun?- ribatté con voce calma. Di nuovo imperturbabile. Ma la luce, nei suoi occhi, non era sparita. - TU non mi vai!- sempre più alterato. - L'avevo intuito, sì.- La sua tranquillità creava un netto contrasto con la rabbia di Kurihara, e quest'ultimo per primo cominciava a rendersi conto di star facendo la figura dello stupido, senza per altro riuscire a migliorare le cose. Anzi, la sua furia aumentava ulteriormente. - Ti ho fatto qualcosa?- continuò Okazaki. E lui gli strinse più forte il braccio. Arrivato a quel punto, non sapeva bene neanche lui cosa dirgli. Aveva solo voglia di prenderlo a pugni. Perché non lo faceva? Di solito non si tirava mai indietro, quando c'era da prendersi a botte... Erano quegli occhi. Era quello sguardo. Era il suo atteggiamento. Era lui. Infuriato più con se stesso che col proprio avversario, lo tirò ancora più vicino a sé, strattonandolo e sperando di fargli male almeno un po'. I loro corpi, ormai, quasi si sfioravano, e così i loro volti. Kurihara si accorse che il respiro del suo antagonista si era fatto più veloce ed ebbe un sogghigno di soddisfazione: era riuscito a mettergli paura, dopotutto!! - Non mi piaci. - gli sibilò. - Non mi piace il tuo modo di trattarmi. Io non sono come gli altri, che ti guardano come se fossi un Dio o chissà cos'altro! A me non me ne frega niente di quello che hai fatto, di quanto sei arrivato ai nazionali, dei tuoi strabilianti tempi del cazzo!! Il fatto che tu sia il numero uno nei cento stile libero, non ti dà il diritto di darti tante arie! Almeno, non con me. Arriverò al tuo livello, vedrai, e ti accorgerai che non sei l'unico campione! - A pochi millimetri di distanza, Okazaki lo guardò in silenzio per un po'. Il suo respiro stava tornando regolare. Kurihara lo vide passarsi brevemente la lingua sulle labbra; poi, l'altro sbuffò e facendo un passo indietro si divincolò dalla sua stretta. - Oh...allora è solo questo. - mormorò poi. - Tutto chiaro. - - SOLO questo?!! - Okazaki tornò a fissarlo. - Non ho certo bisogno di te, per accorgermi di non essere l'unico campione di questa specialità. - disse, lasciando Kurihara senza parole. - Ci sono ben tre atleti, più forti di me, ora che sono alle superiori. Dovrò sconfiggere loro, per essere davvero il numero uno. E non solo...Ma ce la farò. Mi impegnerò al massimo, per riuscirci. E se tu vuoi cercare di raggiungermi...beh, fa' pure. Tanto di guadagnato per te. Fa sempre bene avere un obiettivo da conseguire. - Lo guardò ancora per un attimo, poi si mosse di nuovo per andare negli spogliatoi. Kurihara fece un passo verso di lui. - Ti batterò! - ruggì. Okazaki si strinse nelle spalle. - Quando vuoi...- - Ti batterò!! Voglio vedere se poi continuerai a ritenerti superiore, e ad ignorarmi...- Okazaki si fermò; poi, lentamente, voltò il capo verso Kurihara. La sua espressione era così inaspettatamente triste, che l'altro per poco non soffocò per lo stupore. - E' meglio che le cose rimangano così. Molto meglio, te l'assicuro...- disse, quasi in un sussurro. E sparì oltre la porta.
Il getto di acqua tiepida lo rinfrancò. Per un attimo, prima, aveva perso il controllo, ma fortunatamente lo aveva anche riacquistato subito. La forza dell'abitudine... E inoltre, era probabile che l'altro non se ne fosse neppure accorto. Era troppo preso da se stesso e dalla propria rabbia, per pensare ad altro. Chiuse gli occhi e alzò il viso agli spruzzi. Ora ne era certo... Kurihara non lo poteva proprio sopportare. Bene. Lo detestava. Meglio. Lo odiava. Perfetto. Stava andando tutto a gonfie vele. Non era quello che voleva? ...quello che voleva fin' dall'inizio...fin' da quando lo aveva visto la prima volta... Si sporse in avanti e appoggiò la fronte contro le piastrelle con un sospiro. Sapeva che prima o poi sarebbe successo. C'era stato un periodo in cui aveva sperato che qualcosa cambiasse, che la sua fosse solo una fase transitoria, un momento di confusione, di incertezza, che si sarebbe risolto presto per il meglio. Ma niente era cambiato. Anzi: sembrava che tutto peggiorasse giorno dopo giorno. Come adesso... Fortunatamente, aveva imparato come opporvisi. Era stato anche semplice, in fondo. Fece un mezzo sorriso. Com'era facile farsi odiare... Molto più che farsi amare, questo era certo. Con un nuovo sospiro, si raddrizzò e chiuse l'acqua. Doveva smettere di indulgere in quei pensieri. E doveva smettere di piangersi addosso. Piangere non serviva a nulla; suo padre glielo diceva sempre, e lui aveva imparato sulla propria pelle che era vero. Doveva reagire. Doveva indurirsi. Doveva diventare forte. Il più forte... E niente lo avrebbe più fatto soffrire. Niente lo avrebbe scalfito. Più nessuno... Si avvolse l'asciugamano intorno ai fianchi e si voltò. Kurihara stava entrando in quel momento nel locale docce e lui quasi si sentì soffocare. Era completamente nudo. Aveva un corpo atletico e muscoloso, che pareva sprigionare forza ed energia anche senza essere in movimento , e spalle larghe su un torace ben modellato ; non aveva fatto molto sport, ma aveva un fisico notevole, adatto al nuoto. Avrebbe potuto raggiungere ottimi livelli. Questo, Okazaki lo pensò in un micro-secondo, con quella parte del cervello ormai abituata istintivamente a prendere nota di tutto quanto poteva riguardare il suo sport preferito; il resto si soffermò principalmente su altro, sconvolgendogli i sensi. ...la pelle liscia e leggermente abbronzata...la linea morbida del collo...i pettorali ben sviluppati ...la bocca sensuale...lo sguardo cupo negli occhi castani...le mani grandi e forti...le spalle, la schiena, i glutei... Prima di infilarsi sotto una delle docce, l'altro gli lanciò un'occhiata di fuoco. Lui riuscì a ricambiare con la solita freddezza, mentre una morsa gli afferrava lo stomaco. Poi se ne andò, ostentando una tranquillità che non sentiva. Appena arrivato negli spogliatoi, lasciò andare il respiro: non si era neanche reso conto di averlo trattenuto.
La campanella suonò e Kurihara l'accolse con un sospiro rumoroso, che il professore di scienze annotò con disapprovazione. Kurihara era un disastro, nella sua materia, e a volte osava pure addormentarsi durante la lezione! Avrebbe dovuto fare quattro chiacchiere con lui, e poi, magari, coi genitori; ma quando provò a chiamarlo, l'altro era già sparito. Il professore scosse la testa, alzando gli occhi al cielo: quel ragazzo era davvero incontenibile! Appena uscito dall'aula, Kurihara sbuffò. - Che palle 'sta lezione! - - Perché, l' hai seguita? - scherzò Tsukishima al suo fianco. Il compagno grugnì in risposta. Con le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni, la giacca della divisa aperta e lo sguardo accigliato, sembrava proprio un teppista. La sua altezza e il suo fisico, poi, giocavano ulteriormente a favore di quella impressione; nel corridoio, molti studenti si scostavano al suo passaggio. Quell'aspetto del suo amico era sempre piaciuto a Tsukishima; per certi versi, lo divertiva pure, dato che era uno dei pochi a conoscenza del fatto che Kurihara non era così aggressivo ed attaccabrighe come sembrava, e come spesso voleva far sembrare. Anzi. Non che si tirasse indietro se c'era da menar le mani, ma difficilmente cominciava lui, e se lo faceva era sempre per un buon motivo. - Allora ieri hai parlato con Okazaki? - gli chiese curioso. Kurihara fece un ghigno quasi diabolico. - Sì! L' ho beccato da solo e gli ho fatto capire con chi aveva a che fare. - Non era propriamente vero, ma tanto l'altro non lo sapeva. - Credeva che io fossi uno di quegli scemi che lo idolatrano tanto solo perché si dà arie da gran campione! Ora sa che sono un suo avversario. - Sogghignò ancora. - E che avversario... - Tsukishima lo guardò e si trattenne dal ridere. Kurihara sembrava proprio convinto! - Andiamo sul tetto , ti va? - propose, invece. L'altro annuì e, a passo lento, vi si diressero. - Sembra un tipo strano. - disse Tsukishima dopo un breve silenzio. - Chi? - - Okazaki. - Kurihara scrollò le spalle. - E' solo uno stupido arrogante. - - Se ne sta sempre per conto suo. Hiroshi e Tetsuo sono in classe con lui e dicono che non lega con nessuno. Neppure con Okajima e Kinimoto, che fanno parte del suo stesso club. - - Si sentirà troppo superiore. - Fece una smorfia. - E poi chi vuoi che voglia stare con uno così!! - - Beh, le ragazze impazziscono per lui...- Kurihara si fermò e scoppiò a ridere, la sua risata chiassosa e tonante che rimbombò per i corridoi. - AH! Le ragazze cosa??! Ma figurati! Uno con quella faccia! Sempre imbronciato e scontroso! E poi quegli occhi assurdi...Sembra un demone! - - Sarà...Sta di fatto che anche nella nostra classe ci sono molte ragazze che lo trovano decisamente bello. Magari è proprio quella sua aria misteriosa ad attirarle. Ufff...Forse, se ce l'avessi anch'io...- - Ma va!! E' solo la novità del momento. Le poche a cui interessa, si stancheranno presto di lui, vedrai. E poi... - - Kurihara-kuun!! - Una voce squillante lo interruppe e lui si voltò; una ragazza stava venendo verso di loro, agitando un braccio e sorridendo. Kurihara fece un mezzo sorrisino e diede una leggera gomitata all'amico. - Okazaki, eh? Guarda a chi vanno dietro le ragazze... - disse prima che la studentessa, seguita da un'amica, li raggiungesse. " Wow, che carina!" pensò subito Tsukishima della seconda. - Che c'è, Kumi-chan? - chiese Kurihara, con ostentata lungimiranza. - Scusate...Uff...Ho dovuto correre, per raggiungerti. Ciao, Tsukishima. - - Ciao... - - Ho bisogno di te, Kurihara-kun. - andò subito al dunque la ragazza, con voce flautata; e Kurihara accentuò il sorrisino. - Mh, dimmi... - - Ecco...Questa mia amica...Oh, scusate, non ve l' ho neanche presentata. Perdonami, Mieko-chan. - L'altra scosse il capo, tenendo timidamente lo sguardo rivolto a terra. - Lei è Ogata Mieko, della prima D. - Tutti si inchinarono, e Tsukishima si sentì arrossire. - Fa parte del club di ginnastica, ma è un'appassionata di nuoto. - Accidenti a Seiji, era proprio fortunato! - Beh, diciamo di un nuotatore in particolare, vero Mieko-chan? - Kumi ridacchiò, mentre la sua amica arrossiva violentemente. - Kumi-chan!! - - Che c'è!? Sei qui per questo, no? - - Io...Ecco...Sì, ma...- - Bene. Allora, lui è Kurihara-kun. Ora te l' ho presentato, quindi puoi dirgli quello che devi. - L'altra, se possibile, arrossì ancora di più, e Tsukishima si sentì in imbarazzo per lei. Seiji, dal canto suo, gongolava. - Io non...- Mieko-chan rimase un attimo in silenzio, lo sguardo basso; poi fece un lungo respiro, prese qualcosa dalla tasca della gonna e, tenendolo con entrambe le mani, lo porse a Kurihara. - Potresti consegnare questa lettera a Okazaki-san, per favore? - chiese d'un fiato. Lasciò la busta nelle mani di un attonito Kurihara, poi, sempre senza guardare nessuno, corse via. Tsukishima la seguì un attimo con lo sguardo, poi lanciò un'occhiata a Kurihara, trattenendo a stento una risata. L'altro era rigido e un rossore violento stava salendogli al viso. - Mieko-chan...- Kumi scosse il capo. - E' molto timida, dovete scusarla. Sono giorni che si porta dietro quella lettera; voleva metterla nell'armadietto di Okazaki-san, ma non ne aveva il coraggio. - Il rossore di Kurihara cresceva, mentre la mano si stringeva a pugno. - Così, ho pensato che, visto che tu sei nello stesso club, avresti potuto consegnargliela, ed è anche meglio, perché così siamo sicure che la riceve di sicuro. - Evidentemente, Kumi-chan non si era accorta della collera di Seiji. Tsukishima stava per scoppiare! - Bene! Ora devo andare. Grazie ancora, Kurihara-kun. - Fece per allontanarsi. - Oh, e vedi di dargliela, eh? Altrimenti niente più compiti di scienze!! - Tirò fuori la lingua, poi se ne andò correndo, salutando entrambi con un sorriso radioso. Kurihara rimase immobile, la lettera ancora stretta in mano. Al suo fianco, Tsukishima aveva quasi le lacrime agli occhi. - Allora, stavi dicendo....A chi è che vanno dietro, le ragazze? - commentò poi, non riuscendo più a resistere. Seiji si voltò a fulminarlo con un ringhio, e Tsukishima finalmente scoppiò a ridere. - Non ti ci mettere anche tu, Hideo!! - Tsukishima era piegato in due. - Piantala! - - Avresti dovuto vedere la tua faccia!! Proprio Okazaki! - Kurihara gli diede un pugno sulla testa, ma l'altro non riusciva a smettere. - Maledetto! - - Andiamo, dài. O salteremo il pranzo. - Sempre ridacchiando, riprese a dirigersi verso la meta prefissa, mentre Kurihara continuava a borbottare, seguendolo. - Bastardo maledetto. - - Si vede che gli occhi da demone hanno un loro fascino. - - Lo ammazzo. - - Quando hai intenzione di dargliela, quella lettera? - - Mmh?! MAI!! - - Cosa?! Non puoi non dargliela. L' hai promesso a Kumi-chan! - - Non ho promesso un bel niente. - - Non puoi non farlo. - - Ehi, sei scemo o cosa? Non mi abbasserò mai a fare una cosa simile! Non mi umilierò davanti a quel... - Erano arrivati alla porta di ferro che immetteva sulla grande terrazza all'ultimo piano della scuola, e, nel momento in cui l'aprirono, udirono delle voci provenire dall'esterno. -...pezzo di...- Kurihara si interruppe. Tre ragazzi erano stesi a terra e gemevano lamentosamente. Poco più in là, altri due si stavano affrontando. Uno era Okazaki. - Sei finito, bel faccino! - lo minacciò il suo avversario, un tipo che a Kurihara sembrava vagamente di conoscere, ma le sue parole suonarono un po' titubanti. Okazaki non pareva affatto preoccupato. - L'avevano detto anche i tuoi amici. - ribatté freddo. Kurihara sentì Tsukishima fare un fischio sommesso e commentare, con ammirazione e un pizzico di leggerezza, che quelli erano della banda di Kurameshi, un gruppetto di teppistelli che andava in giro ad attaccar briga con tutti; ma quasi non gli prestò ascolto. La sua attenzione era completamente rivolta verso Okazaki. Come quando si perdeva a guardarlo nuotare, anche in quel momento non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, preso inconsapevolmente da una sorta di ammirazione mista ad insofferenza. Desiderava con tutto se stesso che l'altro gli spaccasse la faccia, e allo stesso tempo era consapevole che aveva appena steso tre ragazzi di terza noti per la loro violenza e questo lo portava, senza volerlo, a stimarlo, nonostante tutto. - Stai zitta, femminuccia!! - urlò il teppista, partendo con un pugno, che la rabbia e l'insicurezza resero scomposto. Okazaki lo schivò facilmente, poi lo restituì, preciso, violento, in pieno stomaco. Il suo avversario si piegò in due per il dolore e Okazaki lo finì con una gomitata sulla nuca, facendolo crollare a terra. Tutto nel giro di qualche secondo. - Sss...Ahio, che male...- commentò Tsukishima, immedesimandosi per un attimo nel tipo che aveva ricevuto quel trattamento, ma con una certa ilarità nella voce. Non aveva mai potuto sopportare Kurameshi e compagnia e non gli dispiaceva che qualcuno avesse dato loro una bella lezione. Al suono della sua voce, Okazaki si voltò a guardarli; soffermò un istante lo sguardo su Kurihara, poi tornò a dare loro la schiena. Indossava solo la camicia. Aveva un fisico snello, ma muscoloso, e le spalle larghe sui fianchi stretti tipiche dei nuotatori. E poi, era alto, alto quanto Kurihara. Tsukishima non si stupiva che le ragazze gli morissero dietro! Kurihara, intanto, aveva cominciato a far alzare da terra gli studenti doloranti prendendoli a calci. - Forza, babbei. Muovetevi! Aria! Toglietevi dalle palle! - Uno alla volta, grugnendo ed imprecando, si dileguarono, senza prima esimersi dal minacciare ripercussioni, vendette, rivincite. - Ehi, niente male! - continuò Hideo, alla volta di Okazaki. - Gli ci voleva una bella batosta! - L'altro si strinse nelle spalle, sempre in silenzio. - Pff... Non dovevano essere 'sto granché, se anche uno come te è riuscito a stenderli. - aggiunse Kurihara, strafottente, e Tsukishima alzò gli occhi al cielo. - Smettila...- gli sussurrò. Ma Okazaki non pareva essersela presa; andò a raccogliere la propria giacca e la spolverò con una mano. - Chissà cos'è successo per farti smuovere dalla tua apatìa! - insistette Kurihara, in tono sempre più pungente. Non riusciva a farne a meno, voleva provocarlo, voleva che reagisse, che lo attaccasse, dandogli una scusa per poterlo prendere a pugni; come, a quanto pareva, avevano fatto quei quattro, senza evidente successo. Solo che lui non si sarebbe fatto umiliare come loro... - Piantala, Seiji. - lo rimproverò ancora Tsukishima. Okazaki si infilò la giacca e si mosse verso la porta. Non aveva più aperto bocca, e non li guardava. - EHI! Sto parlando con te!! - Kurihara gli si avvicinò, minaccioso, bloccandogli il passaggio. - Lasciami in pace. - Un sussurro, tagliente come una lama. Seiji lo afferrò per un braccio e con uno strattone lo costrinse a voltarsi verso di lui (sembrava non riuscire in altro modo ad appuntare l'attenzione dell'altro su di sé). - Ti ho già detto che non sopporto...- cominciò. Poi lo vide. Vide i suoi occhi. E si interruppe, stupito. - Lasciami in pace. - ripeté l'altro. Poi si liberò senza fatica dalla sua stretta, ormai inconsistente, e se ne andò. Una ventata spazzò la terrazza, sollevando una nube di polvere. - Cos'è successo? - chiese, piano, Tsukishima. Era convinto che sarebbero venuti alle mani. Kurihara stava ancora fissando il punto in cui era scomparso il suo antagonista. - Non lo so...- mormorò poi, confuso. Era assurdo. Okazaki stava piangendo...
- Davvero Okazaki ha steso quelli della banda di Kurameshi??- - Sì! Erano quattro contro uno, ma lui li ha fatti fuori tutti. - - Wow! Fortissimo! - - Non è bravo solo a nuoto!- - Ben gli sta, a Kurameshi! Così impara a fare il gradasso con tutti quanti!- Ormai la voce era girata e a scuola non si parlava d'altro. Okazaki era sulla bocca di tutti, ma soprattutto di tutte. Come se non fosse bastata la sua precedente popolarità, ora si era aggiunto anche questo episodio a far sì che le ragazze non guardassero che lui. Ma per il momento non suscitava ancora l'invidia degli altri ragazzi: per tutti, era quasi un eroe. Naturalmente, la rissa di quella mattina era l'argomento principale di discussione anche dei membri del club di nuoto, quando la sera stessa si ritrovarono al solito locale per cenare. Durante l'allenamento, nessuno aveva fatto molti commenti, un po' intimiditi dal comportamento riservato di Okazaki; ma ora, liberi di parlare, tutti si lasciarono andare a dire la loro. Come sempre, Okazaki aveva declinato l'invito di andare con i compagni, adducendo il fatto che lo aspettavano a casa. - Mi sarebbe piaciuto vederlo. - disse Okajima. - Anche a me! - sghignazzò Sanjou. - Specialmente la faccia di quei teppisti!! - - Già. - - Non lo credevo tipo da fare una rissa: è sempre così silenzioso, così...tranquillo! - - Si vede che gli hanno dato fastidio, e lui si è difeso. La forza non gli manca di sicuro, basta vedere quanto solleva in palestra! - - E' vero. - - Ehi, Kurihara. Tu c'eri, vero? Eri là, quando è successo...- Kurihara ingoiò l'ultima fetta del suo okonomiyaki e si pulì la bocca. L'unico che non aveva ancora detto niente sull'accaduto era lui. Stranamente, era rimasto zitto per tutto il tragitto per arrivare fino a lì e anche durante tutta la cena; non aveva fatto neppure commenti sarcastici o provocatori nei confronti di Okazaki, come tutti ormai si aspettavano, né lo aveva denigrato, sminuendo il suo comportamento davanti a tutti. - Sono arrivato che era già tutto finito. - disse, ma pareva soprappensiero. Tutto finito... E Okazaki che piangeva... Non riusciva a toglierselo dalla testa. Non riusciva a togliersi dalla testa quegli occhi, quello sguardo, il rossore. Le lacrime. Non aveva pensato ad altro per tutto il pomeriggio; anche durante l'allenamento. Okazaki non era tipo da piangere. Sembrava sempre così superiore, così menefreghista, incurante di tutto e di tutti. Solo il nuoto pareva importante, per lui. Cosa poteva averlo toccato a tal punto da farlo piangere? Forse, durante la rissa si era fatto male e temeva di non riuscire a partecipare ai provinciali, e di conseguenza di perdere un anno intero. Doveva essere quello. Non c'era altra spiegazione. E poi, a lui che importava? Non gliene fregava nulla di quell'insopportabile spocchioso!! Cavoli suoi, se aveva problemi o cos'altro! Anzi, ora che l'aveva visto, avrebbe potuto ridere di lui! Quello stupido arrogante che piagnucolava come una femminuccia!! Chissà cosa avrebbero detto di lui tutti quelli che ora lo trattavano come un eroe! Giusto. Quello, avrebbe detto. Perché non lo faceva? Perché non lo aveva ancora fatto? ...Aveva pensato solo ad Okazaki, e a quello che poteva essergli successo... Aah! Si stava comportando da stupido. Non era da lui rimuginare tanto. Con un gesto secco domandò altra acqua, poi cercò di prestare attenzione ai discorsi dei suoi compagni. - Secondo me, non sapeva ancora bene a cosa andava incontro. - stava dicendo, serio, Aoyama. - In che senso? - chiese Kinimoto. - Nel senso che non finirà qui. Kurameshi vorrà sicuramente vendicarsi.- Tutti lo guardarono in silenzio, perplessi. - Beh...non è detto. - azzardò poco convinto Sanjou. - Magari si è spaventato e non avrà più il coraggio di attaccarlo. - - See...figurati! Non vorrà certo fare la figura del codardo che si è fatto picchiare da una matricola. Aoyama ha ragione: secondo me cercherà di vendicarsi. - - Di sicuro. - intervenne Kurihara con noncuranza, e gli altri si voltarono a guardarlo. Le persone come Kurameshi non si tiravano indietro così presto. Beh, quell'idiota di Okazaki se l'era cercata. A loro cosa gliene importava? Li guardò mentre, a testa bassa, finivano lentamente di mangiare. Uno sospirò, un altro mormorò qualcosa. Lui sbatté entrambi i palmi delle mani sul piano del tavolo e si alzò, facendo sobbalzare tutti. - Me ne vado! - tuonò. Era stanco di stare ad osservare ed ascoltare quei rammolliti che elogiavano, esaltavano e compiangevano Okazaki. Erano capaci solo di parlare. Non avrebbero mai agito. Odiavano Kurameshi, ma sottostavano alla sua prepotenza. Osannavano Okazaki, ma lo avrebbero lasciato al suo destino contro quei teppisti, limitandosi al massimo a compatirlo. Branco di imbecilli! Prese la giacca e il borsone e uscì. Era una serata fredda, ma limpida. Le luci della città creavano uno strano gioco di colori nel cielo, impedendo di vedere le stelle. Kurihara inspirò e s'incamminò verso la stazione. Era tardi, e i suoi avrebbero cominciato a preoccuparsi; nonostante non fosse raro che lui rientrasse anche a notte fonda, non si sarebbero mai abituati. Una ventata un po' più forte lo colpì di lato e lui, inconsciamente, tornò a pensare a quella mattina. Forse il vento gli aveva gettato della polvere negli occhi...Per quello lacrimavano, per quello sembrava stesse piangendo... Anche quella poteva essere una spiegazione. Oppure... Si fermò d'improvviso in mezzo al marciapiede e si arruffò i capelli con violenza. Ora basta! Stava davvero esagerando! Non aveva fatto altro che pensare a quello strafottente insopportabile di Okazaki per tutto il santo giorno!! Doveva proprio smetterla. - Non me ne frega niente!! - esclamò a voce alta, spaventando i passanti; poi fece un lungo respiro e riprese a camminare, a passo svelto e risoluto. Voleva solo arrivare in fretta a casa e mettersi a dormire. Beh, magari prima farsi anche una partitina a Tekken . Stava passando davanti al suo Liceo per andare ad attraversare, quando li vide: due figure che uscivano barcollando dal vicolo che costeggiava la palestra e si allontanavano in fretta. Per quanto le loro condizioni lo permettevano, visto che uno si reggeva in piedi a stento e l'altro lo sosteneva a fatica. - Andiamocene via, presto!! - sentì dire da uno, quando gli passarono accanto. Alla luce del lampione, notò che avevano la divisa della sua scuola. Posò il borsone a terra e si avvicinò all'entrata del vicolo, da cui provenivano grugniti e i rumori inconfondibili di una scazzottata in corso. "Oi, questa dev'essere la giornata delle risse!" pensò con un sogghigno. Si fece schioccare le dita e si apprestò a farsi avanti, ma quando svoltò nella stradina non c'era già più nessuno che si picchiava. Nella penombra del posto, vide delle sagome a terra e solo una in piedi, e udì rantoli, gemiti e imprecazioni sommesse. Poi, la figura in piedi si mosse e a passo lento uscì dal vicolo. La luce la colpì, e Kurihara lo vide. Ancora lui. Esattamente come quella mattina. Solo che gli avversari, stavolta, erano più numerosi. E naturalmente lo avevano ridotto peggio. Ma, come quella mattina, solo lui era rimasto in piedi. Kurihara lo vide barcollare leggermente e appoggiarsi un attimo al muro, prima di proseguire; ansimava e teneva la testa bassa, e pareva camminare con cautela. Kurihara avrebbe dovuto gioirne; in un angolo remoto del suo cervello sentiva che il copione prevedeva che lui esultasse a vedere il proprio avversario ridotto in misere condizioni. Invece, l'unica cosa cui riusciva a pensare era che un gruppetto di vigliacchi aveva attaccato un ragazzo da solo, e aveva pure avuto la peggio. Si voltò e contò quattro, o forse cinque, figure, nel vicolo; sei o sette contro uno. E questo non riusciva a tollerarlo in nessun caso, neppure se quell'unico fosse stato il suo peggior nemico. Tornò con lo sguardo su Okazaki; si stava avvicinando alla bicicletta, che aveva lasciato appoggiata al muro, e lo vide passarsi una mano sulla bocca. Fece qualche passo verso di lui. - L' hanno organizzata presto, la vendetta, vedo. - lo apostrofò poi. L'altro si girò di scatto, i pugni stretti ed alzati, in posizione d'attacco. - Cosa vuoi?! - ruggì, gli occhi due fessure che sembravano volerlo trapassare. Il sangue gli colava sul viso da un taglio al sopracciglio, e da una lesione al lato della bocca. Anche le nocche delle mani erano coperte di abrasioni. Stavolta non era stata una cosa da poco... - Niente. - mormorò Kurihara, di rimando. - Stavo solo passando di qua. Sono arrivato alla fine, come stamattina. - Okazaki continuò ad osservarlo con circospezione, sempre preparato ad attaccare se ce ne fosse stato bisogno. Kurihara fece un mezzo sorriso, e mezzo passo avanti. - Io non sono come quei cacasotto. Se dovessi battermi con te, lo farei ad armi pari. Tu ed io. Al massimo della nostra forma. In questo momento, mi basterebbe un pugno per sbatterti a terra. E non è quello che voglio, lo sai...- L'altro rimase a guardarlo ancora un istante, poi lasciò cadere le braccia e tornò a voltarsi per prendere la bici. - Hn... Allora, lasciami in pace. - borbottò. Alle solite... Le botte non sembravano aver migliorato il suo carattere. Ma per una volta, Kurihara sorvolò. Lo osservò mentre appoggiava la borsa del nuoto sul portapacchi e cominciava a spingere la bicicletta. Teneva le spalle erette, ma si muoveva lentamente, e aveva un'andatura incerta. - Abiti lontano? - si sentì chiedere. Non avrebbe voluto farlo, ne era certo; se si fosse fermato a riflettere, non avrebbe aperto bocca. Ma come al solito, aveva agito d'istinto, e in quel momento il suo istinto gli aveva suggerito di non voltarsi dall'altra parte. - Che t'importa? - fece Okazaki, continuando a camminare. Kurihara si accigliò. - Sarebbe meglio se prendessi il treno! - disse seccamente. Accidenti a lui! Stava cercando di essere gentile e quello stupido faceva di tutto per irritarlo. - Lascia qui la bici. - Ma Okazaki non gli prestò ascolto e proseguì fino alla strada; poi provò a salire sulla bicicletta, ma non aveva neanche cominciato, che barcollò e fece un mezzo giro su se stesso per restare in piedi, le mani strette al manubrio. Istintivamente, Kurihara si slanciò in avanti e lo afferrò per un braccio per sostenerlo. Sentì che tremava. - Stupido! - gli urlò. - Cosa credi di fare?! Sei proprio un imbecille! - Intanto, lo liberava dell'ingombro della bici e lo faceva sedere per terra. - Non riesci neanche a camminare, figuriamoci a pedalare! Ti accompagno a prendere il treno, stupido! - - Fatti gli affari tuoi...- lo udì sussurrare in risposta. - COSA?!! - A stento si trattenne dall'afferrarlo per la collottola e strattonarlo. - Sto cercando di aiutarti, razza di maleducato deficiente!! Potrei benissimo lasciarti qua a morire di freddo! - Ecco, appunto. Perché non lo faceva? Perché non se n'era andato via subito, lasciando che l'altro si arrangiasse da solo? - Nessuno ti ha chiesto niente, mi pare. - mormorò ancora Okazaki. - Lasciami pure qui e tornatene a casa. - Kurihara strinse i pugni e sentì il viso arroventarsi per la rabbia. - Scordatelo! - ruggì. - Non voglio certo che ti ammali e che tiri fuori questa storia come scusa quando ti batterò ai Provinciali!! - Ora Okazaki lo guardava, gli occhi lievemente spalancati che risaltavano fra il sangue e la polvere che gli imbrattavano il viso. Poi cominciò a ridacchiare, piano, per non aprire ulteriormente la ferita al labbro. - Sei proprio convinto, eh? - disse, scuotendo leggermente la testa. - Sta' tranquillo: ai Provinciali sarò in gran forma. E comunque, ti batterei anche con un braccio rotto. - Kurihara lo fulminò con lo sguardo. - AH! AH! Questo è da vedersi! Non riderai più quando sarò io a toccare per primo le piastre ! - Okazaki scosse ancora il capo e , senza smettere di ridacchiare, si rialzò in piedi. Sotto le escoriazioni e le ferite, Kurihara notò che era pallidissimo; molto più del solito. "Merda!" Lasciò andare il respiro con un grugnito e gli passò la bicicletta con un gesto brusco. - Sta' fermo e aspettami. - ordinò, e andò di corsa a riprendersi il borsone; quando tornò indietro, Okazaki aveva ripreso a camminare. - Ehi! Ma tu non mi ascolti proprio mai?! Accidenti a te! - - Faccio da solo. Davvero...- - Ma piantala! - L'altro sospirò. - Non ci sono più treni per arrivare a casa mia, ok? - - See! E dove abiti?! - - A....... . - Kurihara si voltò di scatto verso di lui. Era parecchio lontano. Stava per chiedergli perché non andasse a scuola più vicino a casa sua, ma qualcosa dentro di lui gli consigliò di non farlo, almeno per il momento. L'istinto. Di nuovo. E fu sempre l'istinto che lo fece agire subito dopo. A quel punto, avrebbe anche potuto andarsene: aveva provato a dargli una mano, si era anche sforzato di essere gentile con lui, ma ora non serviva più a niente; e poi, all'altro non pareva interessare, voleva fare da solo...Si sarebbe solo umiliato... Invece, a dispetto di tutta la propria insofferenza e avversione per l'altro, contro tutte le aspettative, specialmente le proprie, afferrò la bicicletta dalle mani di Okazaki e vi salì. - Sali dietro, muoviti. - borbottò, brusco. Okazaki lo guardò stralunato. - Sei pazzo. Cosa...- - Sali! Non ho tutta la sera da perdere con te! - - Cosa vuoi fare...? - - Ti porto a casa, no?! - - E' lontano...- protestò ancora Okazaki, ma con meno convinzione. - Lo so che è lontano, per questo è meglio se ti muovi. - L'altro si passò la lingua sulle labbra, incerto, poi parve decidersi e, messasi la borsa a tracolla, prese posto sul portapacchi a propria volta. - Non ...non era il caso...- mormorò, piano. - Questo lascia che lo decida io. Pronto? - - Mh...- - Era un sì?!! - - Sì...- - Bene! Allora, andiamo!- Partì di slancio, rischiando di far cadere entrambi, ma dopo un po' di zigzag d'assestamento, riuscì a trovare il passo giusto. Non era facile, Okazaki non era certo leggero, e poi era alto e rischiava di sbilanciarlo, ma Kurihara pensò che, comunque, quella fatica gli sarebbe servita come allenamento. Se l'altro lo faceva tutti i giorni, poi, perché non doveva riuscirci lui? Beh, certo... Okazaki non si portava anche dietro un'altra persona, ma questo avrebbe dimostrato che lui era più forte. Dietro di lui, il suo compagno rimaneva in silenzio, a parte quando gli indicava le strade da prendere. Il suo orgoglio aveva subito un bel colpo, pensò Kurihara con un sorrisino: il grande Okazaki che aveva bisogno d'aiuto! Però, stranamente, non si sentì soddisfatto come aveva creduto di dover essere. Anche perché era stato lui stesso a fare tutto, ad offrirsi, ad imporre addirittura il proprio aiuto; l'altro non gli aveva chiesto niente... Sì, però era così malandato che era come se l'avesse costretto, a dargli una mano. Non poteva certo lasciarlo là. Già... Immerso nei propri pensieri, prese una curva un po' stretta, e sentì Okazaki sussultare e aggrapparsi alla sua giacca per rimanere in sella. - Tieniti forte. - gli disse. - Non ho intenzione di venirti a cercare, nel caso dovessi perderti per strada! - L' altro non fiatò; anzi, per un po' non si mosse neppure. Poi, Kurihara sentì le sue braccia insinuarglisi intorno alla vita, mentre il corpo dell'altro andava a stringersi al suo, petto contro schiena. Una strana sensazione lo colse alla bocca dello stomaco, una bolla di calore che lo avvolse fin' quasi a farlo soffocare, ma in modo piacevole, appagante, e che gli scivolò lungo tutto il corpo, dandogli una carica indicibile. Quasi senza rendersene conto, prese a pedalare a tutta velocità, con un'energia che neppure lui capiva da dove scaturisse, quasi gli avessero fatto un'iniezione di vitalità, e in poco tempo raggiunse la piazza che gli aveva descritto Okazaki. Il kooban sulla destra, i giardini, l'entrata del tempio scintoista con il tori rosso...Sembrava un posto tranquillo, e da gente ricca. C'erano tre strade che s'immettevano sul piazzale, ma lui non sapeva quale prendere. Si fermò. Aveva il fiatone ed era tutto sudato, ma non si sentiva stanco: avrebbe rifatto lo stesso percorso un'altra volta senza problemi! - E adesso?- chiese al suo compagno. Okazaki non rispose e lui voltò il capo a guardarlo. - Mh...?- L'altro aveva appoggiato la testa alla sua spalla e non sembrava essersi accorto che erano fermi. - Oi...- riprovò. Niente. Si era addormentato?! Come faceva a dormire in una posizione tanto scomoda? A meno che... - Ehi, Okazaki!- Lo chiamò a voce più alta. Magari era svenuto. Lo avevano colpito in viso, magari aveva preso un colpo anche alla testa. Non lo sapeva, non gliel'aveva chiesto. In verità, non ci aveva neanche pensato. Forse doveva portarlo in ospedale. - Okazaki, svegliati!- No, lo avrebbe portato a casa sua, dai suoi genitori; si sarebbero arrangiati loro e lui sarebbe potuto tornare a casa propria. - Okazaki, sveglia, dài!!- e si mosse per scuoterlo. Perché doveva prendersi cura lui di quel rompiscatole? Non poteva sopportarlo! Era già tanto se lo aveva portato fin' lì!! - Non fare scherzi, maledizione!- gridò, e fece per scendere, preoccupato suo malgrado. Ma in quel momento, con un lieve sussulto, Okazaki si riscosse, e lentamente alzò lo sguardo su di lui. - Mmh...? Che c'è?- mormorò serafico, gli occhi assonnati fissi nei suoi. ...così grandi...e chiari...e vicini ai suoi... con quel taglio strano, molto occidentale, così come il colore, azzurro scuro, in quel momento, quasi blu... Gli occhi di un demone, li aveva definiti quella mattina... Ma ora sembravano tutto, fuorché quelli di un mostro. Avevano una luce morbida, e intensa, così lontana dalla freddezza che vi si leggeva di solito, da sembrare irreale. Era come specchiarsi in un lago, guardare il cielo al crepuscolo, e Kurihara ebbe la sensazione di potercisi perdere dentro... Di nuovo, un'ondata di calore gli afferrò lo stomaco, e scese più in basso, togliendogli il fiato. D'un tratto, divenne consapevole delle braccia che gli cingevano la vita, del corpo stretto al suo, del fatto che nessuno dei due avesse ancora distolto lo sguardo dall'altro, e si sentì avvampare. Deglutì a vuoto. Che accidenti gli prendeva?! Stava impazzendo?? Quello che aveva di fronte era un ragazzo! Anzi, peggio; era OKAZAKI!! Come poteva pensare di lui certe cose? Era...Era assurdo. Inconcepibile. Volse il capo di scatto, per non vedere più quegli occhi, e per nascondere ad essi i propri, e s'irrigidì. - Ti...Ti sei addormentato! - esclamò seccamente. - Ecco cosa c'è! E io non so da che parte andare, se tu non me lo dici! - Aveva quasi urlato e la sua voce riecheggiò nella silenziosa tranquillità della piazza. Okazaki si scostò di poco da lui e si guardò attorno. - Oh...Siamo già qui...- disse piano, e scese dalla bicicletta, lasciandolo al freddo. - Ehi, dove vai!?- Okazaki gli fece cenno di seguirlo, e lui, dopo un attimo di esitazione e un grugnito, lo seguì. Costeggiarono i giardini per un breve tratto, poi Okazaki svoltò in uno stradino che terminava con un cancello di ferro battuto e, davanti ad esso, tirò fuori un mazzo di chiavi ed aprì. Entrarono in un giardino molto bello e ben tenuto, con alberi e siepi rigogliosi, attraversato il quale si arrivava ad una casa ancora più bella, con tre piani, finestre molto grandi e una terrazza che dava sullo spiazzo antistante. Lampioncini sparsi in giro apparentemente senza un ordine preciso, illuminavano l'edificio e il parco. Da qualche parte doveva esserci anche una fontanella, o qualcosa di simile, perché si sentiva lo scorrere lieve dell'acqua. Kurihara si lasciò scappare un fischio. Okazaki si trattava bene, accidenti! - Vieni dentro...- lo invitò l'altro, aprendo il portoncino, e Kurihara lo seguì con un misto di curiosità e imbarazzo, che cercò di mascherare dietro un cipiglio insofferente. Okazaki gli prese la giacca e gli porse un paio di pantofole, poi sparì in un'altra stanza, lasciandolo da solo nell'atrio. - Vuoi qualcosa da bere? - gli sentì chiedere, e lui si mosse per raggiungerlo. - Dove diavolo sei finito!?- ribatté in risposta. Solo in quel momento, si rese conto che la casa era silenziosa e che quando erano entrati tutte le luci erano spente; Okazaki non aveva neanche salutato qualcuno... Probabilmente, i suoi genitori erano già andati a dormire, anche se non era così tardi, e Kurihara si ripromise di fare più piano. Non voleva certo passare per maleducato! Trovò Okazaki in una cucina molto spaziosa, arredata modernamente e provvista di ogni genere di elettrodomestico; il ragazzo era in piedi davanti al frigorifero aperto e guardava al suo interno sorseggiando un Gatorade. - Ehm... Non volevo far tanto chiasso. - borbottò Kurihara a voce bassa, a mo' di scusa. - Cioè, non ho pensato che i tuoi potevano dormire, ecco. - Okazaki gli lanciò una breve occhiata, per poi tornare a concentrarsi sul frigo e sul suo contenuto. - Non fa' niente. - disse poi. - Probabilmente sono usciti. Vuoi qualcosa?- sorvolò immediatamente, lasciando Seiji un po' perplesso: non lo stavano aspettando? Almeno, così aveva detto Okazaki, quando gli avevano proposto di cenare con loro. Capace di averla usata come scusa per defilarsi, pensò subito. E, vista la casa in cui abitava, magari era pure troppo snob per abbassarsi a frequentare certi posti. - Pepsi, succo di arancia o d'uva, thè verde, integratore...? Cosa preferisci?- Kurihara si riscosse. - Eh?!- chiese a sua volta, un po' troppo bruscamente. Vide Okazaki stringere i denti e irrigidirsi, poi prendere un bicchiere da un armadietto e lasciarlo sul ripiano. - Prendi quello che ti pare. - gli disse, passandogli accanto. - Anche da mangiare, se vuoi. - E uscì. Seiji sbuffò piano. Aveva fatto la figura del cretino, mentre l'altro sembrava cercare di essere gentile. Beh, ci mancava anche che facesse l'ingrato, dopo che lui lo aveva scarrozzato per chilometri! Offrirgli da bere era il minimo! Dopo tutta la fatica che aveva fatto, poteva anche svuotargli il frigo!! ...Scosse il capo. Doveva smetterla. Si stava comportando come un bambino idiota e capriccioso. Una volta tanto che Okazaki si dimostrava, per quanto poteva, amichevole, cosa gli saltava in testa di attaccarlo per qualsiasi cosa senza motivo? Era pure a casa sua; non avrebbe mai immaginato di vedere proprio la casa di Okazaki, non si sarebbe mai neanche sognato di andarci. E invece era lì, poteva studiare il nemico nel suo territorio, e magari scoprire un po' di cose su di lui. In effetti, si scoprì curioso di conoscerlo meglio. Si rese anche conto di avere una gran sete, così approfittò dell'offerta di Okazaki e scelse una Pepsi. Aprì la lattina e, sorseggiando la bibita, cominciò a gironzolare per la casa. Era davvero lussuosa, e grande: c'era da perdercisi! C'erano stanze di ogni tipo, tutte ben arredate e con ogni genere di comfort. C'era pure una sala video con uno schermo ultrapiatto enorme appeso alla parete ed un impianto sonoro modernissimo, che lasciò Kurihara a bocca aperta; poi, un salone che si affacciava su un giardino in stile "Zen", con una vasca per i pesci alimentata da una cascatella; una piccola sauna e, nel piano seminterrato, anche una stanza adibita a palestra. I genitori di Okazaki dovevano essere ricchi sfondati! Cavoli, in una casa così ci si potevano invitare un sacco di amici, dare delle feste, fare migliaia di cose.... A Okazaki non doveva essergli mancato niente! Poteva avere quello che voleva! Prima o poi si sarebbe fatto costruire anche la piscina, ci avrebbe scommesso. Kurihara girellò ancora per le varie stanze. Era tutto molto pulito ed ordinato, quasi asettico; per certi versi dava un'idea d'impersonalità, come se tutto, a parte forse la cucina, fosse lì per impressionare, non per essere vissuto. Stava per sbirciare dietro un'altra porta, quando lo squillo del telefono lo fece sobbalzare, bloccandolo. Si ricompose e si guardò attorno con ostentata indifferenza. Okazaki avrebbe risposto... A questo proposito, si chiese dove poteva essere finito. Il telefono continuò a squillare e Seiji cominciò ad innervosirsi. Dov'era Okazaki?! Al quinto squillo, si attaccò la segreteria telefonica, e dopo il "bip", Kurihara udì una voce calma e profonda lasciare il suo messaggio, acuendo subito la sua curiosità. "Ciao Yukito, sono tuo padre" e Kurihara si avvicinò inconsciamente per sentire meglio. "Un impegno della massima urgenza mi impedirà di rientrare in Giappone anche stavolta. Domani devo essere a Detroit, quindi capirai che non potremo vederci. Sarà per un'altra volta. Non trascurare lo studio. Mi farò sentire." Clic. Finito. Freddo, formale, come un dirigente poteva comunicare con la propria segretaria per prendere accordi, non come un padre che parla ad un figlio che vive dall'altra parte del mondo, da solo. Perché ora Kurihara cominciava ad essere convinto che anche la madre fosse lontana. Rimase a fissare il telefono accigliato; poi sentì un rumore alle proprie spalle e si voltò sobbalzando. Okazaki stava scendendo le scale dai piani superiori; si era cambiato, lavato e curato le ferite. Due cerotti spiccavano sul suo volto pallido e il labbro cominciava a gonfiarsi. - Ah...E'...E' suonato il telefono. - farfugliò Kurihara, imbarazzato per aver ascoltato un messaggio destinato ad altri. - Si è attaccata la segreteria e ...- L'altro annuì. - Ho sentito. Grazie. - e si diresse nuovamente verso la cucina. - Certo che i tuoi si fanno dei bei viaggetti, quando escono la sera! - commentò Seiji in tono scherzoso, seguendolo. Okazaki si fermò e fece un lungo respiro. - Mio padre è sempre in viaggio. - disse poi, dandogli ancora le spalle. - Per lavoro. - - E tua madre? - provò Kurihara, visto che l'altro sembrava propenso a parlare. - Anche lei è in America con lui? - Okazaki si strinse nelle spalle. - Non credo proprio. - Fece una pausa, e Kurihara quasi si protese verso di lui per sentire meglio il seguito. - E' tornata in Australia anni fa, - proseguì Okazaki. - non so dove sia adesso. - - Ah...- Allora viveva veramente da solo in quella casa enorme. Per un attimo, Kurihara pensò che era proprio fortunato: poteva davvero fare tutto quello che gli pareva, poteva rientrare all'ora che voleva senza sorbirsi i rimproveri dei genitori, giocare ai videogiochi e guardare la televisione fino a tardi, e anche lasciar perdere lo studio e i compiti, ogni tanto, 'tanto non c'era nessuno che potesse dirgli qualcosa. Poi rifletté sul silenzio in cui era immersa la casa, sul buio e la solitudine che l'altro trovava al suo rientro, così in contrasto con il chiasso e l'allegria che, al contrario, accoglievano lui quasi tutte le sere, e si rese conto che non doveva essere tanto facile vivere da solo. Non sempre, ecco. Se poi la madre se n'era tornata in Australia anni prima, Okazaki doveva essere un bambino, quando era successo. Australia... Quella parola lo colpì d'improvviso. "...tornata in Australia..." - Ma allora è australiana! - esclamò di slancio, mentre la verità gli saltava, finalmente chiara, agli occhi; Okazaki si voltò a guardarlo, stupito da quell'esplosione improvvisa. - Ecco perché hai quegli occhi assurdi: sei mezzo occidentale!!- Okazaki rimase a fissarlo, le sopracciglia sollevate. - Grazie per gli occhi assurdi...- mormorò, ma non pareva offeso; anzi, sembrava sul punto di scoppiare a ridere. - Allora è vero?!- insistette Kurihara. - Mh...- sospirò l'altro e tornò a dirigersi in cucina. Seiji prese fiato, poi si bloccò, rendendosi conto di colpo di quello che aveva detto. - Ehi...- lo inseguì. - Senti, non volevo dire...- Okazaki era appoggiato al tavolo, e lo fissava intensamente. - Sì?- - Mmh...Niente, solo...- borbottò impacciato. Merda, cos'aveva quella sera?- Non volevo offenderti, ok?!- concluse, corrucciato. - Ah no? Strano...- - In che senso?- - Non mi pare tu ti faccia molti problemi ad offendermi, di solito. - Okazaki continuava a fissarlo, e sembrava in qualche modo divertito, cosa che metteva Kurihara a disagio, aumentando la sua aggressività. - E' solo quando te lo meriti! - sbottò, stizzito. Non gli piaceva quando l'altro prendeva il sopravvento, quando lo guardava in quel modo, facendolo quasi sentire uno stupido... - Oh...Allora questa dev'essere una sera particolare. - E gli sorrise. Un sorriso lieve, appena accennato, che tuttavia gli ammorbidì lo sguardo e la linea delle labbra. Kurihara si sentì arrossire. Senza un motivo preciso, senza che lui ne capisse il perché. Il sangue gli salì al volto in una vampata e il cuore prese a battergli stranamente più veloce. Era decisamente una serata particolare, sì. Okazaki si staccò dal tavolo, e il suo sguardo si spostò, dando modo a Kurihara di riprendersi. - Non ci sono autobus, a quest'ora. - disse, cambiando discorso, e Kurihara tornò alla realtà: doveva tornare a casa! - Se vuoi, ti chiamo un taxi. Lo pago io, naturalmente. - Aveva preso a girare per la cucina, mettendo a posto il bicchiere, spostando alcuni oggetti, quasi non sapesse dove tenere le mani. - Non importa. - ribatté subito Seiji. - Non c'è bisogno che mi paghi niente. - Non voleva avere debiti con lui. L'altro seguitava a muoversi per la stanza. - Puoi anche rimanere qui a dormire, se preferisci. - propose ancora, con naturalezza. - Di posto ce n'è. Non ci sarebbero problemi. Domattina puoi prendere l'autobus e il treno e andare direttamente a scuola. Oppure posso prestarti la bici. - Kurihara era senza parole. Davvero Okazaki lo stava invitando a restare a casa sua? Si abbassava a tanto? - Ehi, guarda che non devi sentirti in obbligo di sdebitarti solo perché ti ho portato fin' qua!- si lasciò scappare, senza riflettere. Okazaki si voltò a guardarlo, il capo lievemente reclinato su una spalla. - Stavo cercando di venirti incontro. - disse, piano. - E comunque, in questo caso, sdebitarsi sarebbe comune cortesia. Anche per i mezzi occidentali con gli occhi assurdi...Da voi purosangue non usa?- Kurihara sussultò. - Aa...Beh...nnon...- annaspò senza fiato, avvampando. Maledetto! Riusciva sempre a metterlo in difficoltà. Come se non bastasse, si mise pure a ridacchiare e lui divenne, se possibile, ancora più rosso. - Lascia perdere. - sorvolò. - Allora, vuoi rimanere o no?- Kurihara si accigliò. Non sapeva bene cosa rispondere. Non aveva molta voglia di aspettare il taxi, uscire e farsi tutta la strada fino a casa, anche se in macchina; ma d'altro canto, era incerto se accettare l'invito di Okazaki. Fosse stato Tsukishima, sarebbe stato diverso; gli avrebbe chiesto lui stesso se poteva rimanere: l'aveva già fatto più di una volta. Ma Okazaki...Non era suo amico, non si conoscevano neanche bene; e poi lui lo detestava! Almeno....Sì, lo detestava. Anche se, forse, per certe cose, lo stava un po' rivalutando...Forse. - Allora...?- Merda. - Okay, va bene! Rimango!- ruggì, quasi avesse appena fatto una concessione di malavoglia. - Ma solo se non disturbo o non ti dà fastidio!- Non notò il lampo che passò negli occhi di Okazaki; vide solo che avanzava verso di lui, tranquillo. - Non ti avrei chiesto di restare, se tu mi dessi fastidio, scemo. - e gli passò accanto, sfiorandogli la spalla con la propria. Kurihara sentì un brivido percorrergli il corpo. - Porta di sopra la borsa, - continuò Okazaki. - così ti stendo la roba. - Ancora imbambolato , Seiji si riscosse e seguì il compagno al piano superiore. Anche di sopra tutto era immacolato e perfetto, ricco, di buon gusto, e senza vita. La stanza in cui l'altro lo guidò, invece, aveva un aspetto completamente diverso, tanto da colpire per il contrasto. Era spaziosa, addirittura esageratamente, se pensava alla sua e a quelle dei suoi amici, con una enorme porta-finestra che doveva renderla luminosissima e che dava su una terrazza che sembrava molto grande; ma per il resto non differiva poi molto dalla camera da letto di qualsiasi ragazzo di quella età. C'erano vestiti buttati su una sedia, libri sparsi sulla scrivania, poster, perlopiù di nuotatori, appesi alle pareti, uno stereo, qualche fumetto, una libreria; uno scaffale era riservato a medaglie e coppe, ma neanche quelle erano in ordine. In confronto al resto della casa, lì si respirava un'atmosfera più vera; c'era più calore, più accoglienza, più vita. Quasi fosse quella, la vera casa di Okazaki... - Se mi passi la tua roba, te la stendo. - - Posso...Posso fare io...- Lo aiutò a stendere, poi Okazaki tirò fuori degli asciugamani, una tuta e una maglietta e glieli porse, proponendogli di farsi una doccia e cambiarsi. - Se preferisci fare il bagno, dimmelo; devo riempire la vasca e ci vorrà un po'. - Kurihara borbottò che andava bene la doccia e, fattosi indicare il bagno, ci si chiuse dentro. Si sentiva un po' impacciato, a disagio di fronte alla disponibilità e alla gentilezza di Okazaki. Non ci era abituato, e in quei casi non sapeva come reagire; finché si trattava di attaccarlo, di scontrarcisi, era una cosa, ma se l'altro non gliene dava alcun motivo, anzi, si comportava tanto amichevolmente, lui non sapeva più cosa fare. Finì di farsi la doccia e indossò i vestiti che gli aveva dato Okazaki; non avrebbe voluto accettarli, ma almeno erano puliti, e poi non gli andava di offenderlo. Gli stavano alla perfezione. In effetti, erano quasi alti uguali, anche se lui era leggermente più robusto. Uscì e tornò nella camera di Okazaki. Questi stava prendendo un futon dall'armadio. - Dove vuoi dormire?- gli chiese, senza guardarlo. - Va bene qui o preferiresti una stanza da solo?- Kurihara s'immaginò una bellissima, e fredda, camera degli ospiti e, almeno dentro di sé, non esitò nella scelta. - Fa' lo stesso. - bofonchiò invece, anche se non era vero. - Va bene qui...Non importa che prepari un altro posto. - aggiunse, come se la sua decisione fosse presa solo in base al minor disturbo che recava all'altro. - Non mi costerebbe nulla. - - No, no. Va benissimo qui. Davvero. - - Mh, bene...- annuì l'altro. - Ah, sarebbe meglio che chiamassi i tuoi, per avvertirli; c'è un telefono in corridoio. - Seiji si diede una manata sulla fronte, con uno schiocco che risuonò nella stanza. - Accidenti!- esclamò. - Me n'ero completamente dimenticato!! Mia madre mi ammazza!- Corse fuori e telefonò a casa, tranquillizzando la madre e salutando Tomomi che, come sempre, voleva sapere dov'era e con chi. - Se non l'avvertivo, - disse, rientrando in camera. - sarebbe stata capace di aspettarmi alzata per tutta la notte. - Okazaki stava disponendo il secondo futon, e non disse niente. - Mh...Grazie per avermelo ricordato. - proseguì Kurihara, a voce bassa. - Hn. - L'altro si alzò in piedi con un movimento unico. - Ti devo ancora dare...- cominciò, ma s'interruppe barcollando e si appoggiò allo schienale della sedia per non cadere. Kurihara gli si avvicinò e lo sostenne per un braccio. - Ehi, stai bene?- L'altro annuì brevemente. - Mi sono solo alzato troppo in fretta. - spiegò. - Ti sei preso anche un po' di botte, oggi. - ribatté Kurihara. Okazaki, dapprima pallido , sembrò arrossire. - Sto bene. Lasciami andare...- - Sicuro?- - Sì. Ti ho detto... di lasciarmi. - Si divincolò e, tenendo basso lo sguardo, si spostò da lui. - Ti..Ti do uno spazzolino da denti. - E sparì in bagno. Kurihara scosse la testa con una smorfia. Aveva ragione Tsukishima: quel ragazzo era un po' strano! Dopo essersi lavato i denti, si tolse i pantaloni della tuta e, in boxer, s'infilò sotto le coperte. Sentiva l'acqua scorrere dalla stanza accanto. Con le mani intrecciate dietro la testa, fissò il soffitto. Gli sembrava strano, essere lì. Tutta quella giornata era stata strana: aveva ruotato attorno ad Okazaki fin' dalla mattina, per poi concludersi addirittura a casa sua. Prima la lettera, poi la rissa sul tetto e Okazaki che piangeva, poi... - Merda!!- gridò, levandosi a sedere di scatto. Okazaki, che stava rientrando in quel momento, lo guardò stupito, e Kurihara, istintivamente, si tappò la bocca, per timore di aver urlato troppo. - Scusa... - mormorò. - Puoi fare tutto il chiasso che vuoi, 'tanto non c'è nessuno. Che è successo?- Kurihara prese fiato, poi lo lasciò andare. La lettera... Con tutto quello che era successo, se n'era completamente dimenticato. - Aah...- cominciò, stupidamente. Doveva dargliela? Quella mattina era convinto di non farlo, ma adesso? Adesso era un po' diverso. Erano cambiate un po' di cose, da quella mattina. Con uno sbuffo rumoroso, gettò da lato le coperte, andò a frugare nei propri pantaloni e tirò fuori la busta. Vide solo in quel momento che era chiusa con un piccolo adesivo a forma di cuore. - Tieni. - grugnì, porgendola ad Okazaki. L'altro la guardò, poi tornò con lo sguardo su di lui, sbattendo le palpebre stralunato. - E' da parte tua?- chiese, candidamente. - EEH?! Ma...Ma che cavolo stai dicendo??!- sbraitò Kurihara. - Sei scemo?!- - Se non mi spieghi niente, come faccio a sapere di chi è? Me l' hai data tu...- - Cosa c'entra!! I ragazzi non scrivono cose simili, stupido!! Ad un altro ragazzo, poi...Cosa...Cosa ti salta in testa!?- Stava urlando, ma non gli importava; e poi, c'erano solo loro due. - E'...Una mia amica mi ha chiesto di dartela; è da parte di una sua compagna. - Okazaki riabbassò lo sguardo. - Sei fortunato. - continuò Kurihara. - E' pure carina. - - Mh...- Posò la lettera sulla scrivania e andò a sdraiarsi sul futon. - Non la leggi? - gli chiese Kurihara. - La leggerò. Con più calma. - fece un lieve sorriso. - E con meno gente attorno...- Kurihara si accigliò. - Comunque, non mi interessa. - - Come fai a saperlo? Non la conosci nemmeno!- Okazaki si strinse nelle spalle. - Lei non sa niente di me, eppure mi ha scritto una lettera...Come fa a sapere che le piaccio?- - Beh...Ti ha visto. E saprà che sei andato ai Nazionali. - Si buttò a letto, quasi con irritazione. - Le ragazze vanno in visibilio, per queste cose. - fece una smorfia. - Non lo so. E poi che ne sai che ti ha scritto che le piaci? Magari nella lettera ci sono degli insulti!- Okazaki voltò la testa verso di lui, poi, sorprendentemente, scoppiò a ridere. Una risata aperta, senza forzature, spontanea. Kurihara lo guardò stupito: credeva di averlo provocato. - Hai ragione! Potrebbero esserci degli insulti. - rise ancora Okazaki. - Sarebbe anche più comprensibile...- - Ma va', scemo! Non hai visto la busta?! C'è pure un cuore! E' la tipica lettera che una ragazza scrive ad un ragazzo che le piace. - In quel caso, una ragazza senza cervello, visto che le piaceva uno come Okazaki. - Oh...Sembreresti un esperto. Ne hai ricevute tante?- Okazaki aveva di nuovo voltato il capo verso di lui e lo osservava con attenzione, e un pizzico di malizia. E ancora una volta, Seiji si sentì arrossire. Stava cominciando a rendersi conto che quello sguardo era capace di turbarlo come poche altre cose. Si era lamentato della freddezza dell'altro, della sua indifferenza, ma adesso non sapeva bene cosa preferire. Perché prima, almeno, era in grado di reagire. Ora si trovava sempre spiazzato. Gonfiò il petto con un lungo respiro, poi lo lasciò andare. - Beh, sì. - fece, ostentando superiorità, ma intanto aveva distolto lo sguardo da quello dell'altro. - Un po'. - In verità, non gli era mai successo che qualche ragazza gli scrivesse delle lettere, e neppure che gli dicesse che lui le piaceva, ma non poteva certo ammetterlo con Okazaki. - Mh. - commentò semplicemente l'altro, e Kurihara non capì se ci avesse creduto oppure no. Poi, lo vide allungarsi verso l'interruttore. - Spengo la luce, va bene?- - Sì, sì. - E rimasero al buio. Fuori, il vento faceva frusciare le foglie degli alberi. Per il resto, non c'erano altri rumori. Kurihara si sentiva stranamente agitato. Era stanco, ma non aveva sonno e, cosa assurda, avrebbe avuto voglia di parlare. Parlare con Okazaki... Chiedere. Sapere. Conoscere. Non voleva diventare suo amico, no; era solo curioso. E poi, il fatto di dormire nella stessa camera, così vicini, creava un'atmosfera d'intimità che sollecitava una maggior conoscenza. Rimasero in silenzio qualche minuto, ognuno perso nei propri pensieri. Accanto a lui, Okazaki era immobile. Poi la sua voce si levò in un mormorio leggero. - Perché mi hai portato fino a casa?- chiese. Kurihara voltò il capo di scatto a guardarlo. L'altro lo stava fissando, gli occhi che parevano scintillare. - Perché non mi hai lasciato a scuola?- Perché... Se lo era domandato anche lui. Non lo sapeva. Era stata una mossa dettata dall'istinto, stupida e senza motivo... - Te l' ho detto. - rispose. - Non volevo che trovassi scuse per la tua sconfitta. - Non era vero. Ne fu consapevole non appena lo disse. - Ah...I Provinciali...- commentò Okazaki. Non lo avrebbe mai lasciato là, ridotto in quel modo. Non lo avrebbe mai fatto... Era quella, la verità. Ma non glielo disse. - Non pensi proprio ad altro, mh?- continuò Okazaki. Sorrise appena, quasi con dolcezza, e Kurihara avvertì un groppo allo stomaco, mentre non riusciva a distogliere lo sguardo. I raggi della luna, che filtravano attraverso la finestra, lo immergevano in una luce irreale, che faceva diventare la sua pelle ancora più bianca, quasi evanescente. Aveva lineamenti regolari, quasi perfetti, che rendevano il suo viso di una bellezza fuori dal comune, singolare, come gli occhi, e quella carnagione così chiara, in contrasto coi capelli nerissimi. Poteva capire perché le ragazze gli morivano dietro. Aveva ragione Tsukishima. ...Che diavolo stava pensando??!... Sbatté le palpebre, quasi si fosse appena svegliato. - Perché, tu sì?- ribatté, a voce bassa, cercando in qualche modo di apparire tranquillo . L'altro inalò seccamente. - Voglio partecipare alle Olimpiadi. - replicò. - Voglio arrivare a fare il tempo di ammissione per le Olimpiadi e, una volta là, arrivare almeno in finale. - La dolcezza era sparita; c'era solo una grande determinazione, e il fuoco che gli bruciava negli occhi, sebbene avesse parlato con lo stesso tono di voce, calmo e basso, quasi avesse ribadito che ai Provinciali avrebbe nuotato i 100 e i 50 stile libero. Era deciso, convinto, e dava l'impressione che niente lo avrebbe distolto dal raggiungimento di quel traguardo. Kurihara rimase colpito. Lui non si era mai posto simili obiettivi, non aveva mai coltivato sogni di quel genere; aveva sempre vissuto alla giornata, senza pensare al proprio futuro, senza un vero interesse che lo prendesse e lo stimolasse. Trovava già impegnativo doversi barcamenare con la vita di tutti i giorni, con la scuola, i genitori, gli amici...Si rese conto che era solo da poco tempo che si stava impegnando con tutto se stesso in qualcosa: da quando aveva ripreso a nuotare, e da quando aveva conosciuto Okazaki. - Ti batterò. - disse, sicuro. Okazaki tornò a sorridere. - Così andremo tutti e due alle Olimpiadi. - Si girò su un fianco, verso di lui. - E' un peccato, però, che tu ti sia fissato con i cento. Sei più portato per i due. - - Cos'è, cerchi di blandirmi per non avermi come avversario?- Okazaki scosse la testa con uno sbuffo. - Figurati... Sto solo dicendo la verità. Hai il passo del duecentista, e anche la battuta di gambe. - Kurihara lo ascoltava attento. Davvero Okazaki gli riconosceva delle qualità? - Non hai abbastanza scatto per i cento, ma hai un ottimo recupero e non hai problemi col negativo; i tuoi secondi cento sono spesso meglio dei primi. Non è da tutti...- O stava solamente prendendolo in giro? - E tu cosa ne sai dei miei secondi cento?!- - Nuoto con te!- rispose l'altro, guardandolo stupito, come se fosse la cosa più naturale del mondo conoscere le capacità dei propri compagni di squadra. - Ti vedo nuotare tutti i santi giorni! Vuoi che non lo sappia?- Kurihara si agitò a disagio. Non aveva creduto Okazaki tipo da osservare gli altri; sembrava sempre preso esclusivamente da se stesso. In effetti, non aveva neppure creduto che potesse anche parlare più dello stretto necessario. Di solito, stava zitto e non interveniva mai in nessuna discussione, durante le lunghe sedute d'allenamento in piscina e in palestra. Quella sera, invece, sembrava più loquace; e in quel particolare caso, si capiva che l'argomento gli stava a cuore. La cosa che però più colpiva Kurihara, era che non stesse parlando di sé, ma di lui. - Certo, anche dei buoni cento ti danno una base migliore per i due; però l'allenamento è diverso, e se punti tutto sugli uni, perdi sugli altri. Velocità, ritmo, acquaticità...Tante cose. - Trattenne uno sbadiglio. - I duecento sono una gara difficile: difficile da gestire, da preparare, da reggere. Né velocità vera e propria, né lunga distanza. Bisogna esserci portati, non basta l'allenamento. - Pian piano gli occhi gli si stavano chiudendo. - Tu ci sei portato; fisicamente e come fiato. Forse ti manca un po' di testa, ma insistendo potresti anche migliorare...- - Ehi! Che cavolo...- - Mh...E dovresti stringere col braccio sinistro. - - Cosa?- - Passi troppo largo. Soprattutto quando respiri. Ti ci appoggi troppo e così lo allarghi. Perdi acqua. E potenza. - Kurihara continuò a fissarlo, ammutolito. Non capiva dove l'altro volesse arrivare, dicendogli quelle cose, ma era quasi sicuro che non lo stesse prendendo in giro. Sembrava sincero... Possibile che gli interessasse sul serio quello che lui faceva? Gli dava pure consigli... Era davvero una strana serata! Lo guardò ancora, vide i cerotti sul volto stanco, vide i lividi, le escoriazioni; e gli occhi, che a fatica erano ancora aperti. - Cos'è successo stamani sulla terrazza?- chiese d'impulso, senza un apparente nesso logico. - Perché piangevi?- Gli occhi si spalancarono di colpo, laghi scuri, profondi. Era troppo buio per leggervi qualcosa di preciso, ma Kurihara avrebbe scommesso che erano turbati. Okazaki restò in silenzio per un po'. - Non stavo piangendo. - disse poi, in un sussurro. - Mi era entrata della polvere negli occhi. - Kurihara si lasciò scappare un mezzo sorriso. - Non è vero. - ribatté, poi si voltò dall'altra parte. - Ma per stavolta mi accontento così. - Alle sue spalle, Okazaki non replicò. - Buonanotte. - gli augurò. Silenzio. Per parecchi secondi. Poi un sussurro. - Buonanotte. -
Kurihara si svegliò di soprassalto. Stava facendo un sogno assurdo, che svanì appena aprì gli occhi. Era ancora notte e la luce della luna inondava una stanza enorme, che lui non conosceva. E poi, dormiva per terra, in un futon... Dove si trovava? Poi ricordò. Okazaki. Era a casa sua, quella casa immensa e splendida, in cui l'altro viveva da solo. Ancora assonnato, lo udì borbottare al suo fianco. Era agitato e le coperte erano aggrovigliate disordinatamente verso il fondo Poi, con un nuovo gemito, l'altro si voltò verso di lui, finendogli addosso, e Kurihara sussultò. Farfugliando qualcosa di incomprensibile, Okazaki gli si strinse contro, passandogli un braccio attorno alla vita e appoggiandogli la testa sulla spalla. - Ehi...!- Kurihara fece per spostarlo, ma l'altro si accomodò meglio, accoccolandosi al suo fianco. Che accidenti credeva di.... - Grazie, Seiji. - gli sentì mugugnare in un sospiro, e si bloccò. Lentamente, volse il capo a guardarlo, sconcertato. L'altro dormiva finalmente tranquillo. Osservò i capelli neri che gli solleticavano le guance, sentì il soffio regolare del suo respiro che gli sfiorava il collo, mentre il calore di quel corpo addossato al suo cominciava a provocare in lui una strana sensazione. Avrebbe dovuto allontanarlo, spingerlo via. Senza pensarci, lo coprì con la sua coperta e si rilassò contro di lui. Dopo un attimo, era già addormentato.
- Ehi!- Qualcuno lo stava scrollando. - Ehi, sveglia!- Più forte. - Eddài, ma'...- mugugnò. - Lasciami dormire ancora un po'. - - Se non ti alzi ora, arriveremo tardi a scuola. - Una voce fredda, bassa. Non era sua madre! Si levò a sedere quasi di scatto e la luce del giorno che inondava la stanza lo abbagliò per un attimo. Poi vide Okazaki, già in piedi che lo guardava con un sopracciglio alzato. - Muoviti!- - Cosa ti salta in testa di urlare così a quest'ora della mattina?!- urlò a propria volta. - E' l'alba, accidenti a te!!- - Veramente sono già le sei...- - Appunto! Sei pazzo a svegliarmi così presto?!- - Ti ricordo che da qui ci si mette un po' di tempo, per arrivare a scuola. Se vuoi anche fare colazione, è meglio che ti alzi. - E uscì dalla stanza. - Merda!- Kurihara si alzò imbronciato. Quel rompiscatole aveva ragione: ci voleva una vita per raggiungere la scuola! E a lui, cos'era venuto in mente di rimanere a dormire lì? A quell'ora sarebbe stato ancora nel mondo dei sogni, se fosse stato a casa propria. Sbuffando rumorosamente, andò in bagno, si lavò, si vestì e uscì in corridoio. Aveva una fame da lupi. Chissà se Okazaki aveva qualcosa da dargli da mangiare. Aveva parlato di colazione, ma Kurihara dubitava che l'altro avrebbe preparato qualcosa. Stava per scendere, quando udì la sua voce dal piano di sotto. Con chi stava parlando? Scese in fretta e si diresse verso la cucina. - ...e non dire "niente". Non voglio sentire bugie. - Una voce di donna. Si fermò ad ascoltare. - Quelli sono lividi, ed escoriazioni. Cosa ti sei fatto, Yuki-chan?- - Niente...Mh. Ho avuto problemi con la bicicletta. Sono caduto. Niente di grave. - - Niente di grave, dice lui...- - E' vero. Senti, adesso è tardi; ne parliamo un'altra volta, mh?- Silenzio. Un sospiro. - Come vuoi. - - Mh. Bene. E...c'è una cosa...Potresti preparare per due?- - Per due?!- - Sì. Un mio...compagno di nuoto si è fermato a dormire qui, stanotte. Ieri...Ieri sera abbiamo fatto tardi e...lo ho invitato a restare. - Sembrava imbarazzato, quasi a disagio. Chi era la donna con cui stava parlando? - Un tuo compagno di nuoto? - esclamò questa con entusiasmo. - Ma certo che preparerò per due. Mi fa piacere! Sai cosa preferisce? Uova, pesce...? - - Non lo so. - borbottò Okazaki. - E' lo stesso. Credo. - - Va' a chiederglielo. Sbrigati!- - Senti, non...- Kurihara pensò che fosse il caso di farsi vedere ed entrò in cucina. - Buongiorno. - salutò. Vicino ai fornelli, c'era una donna anziana, bassa e minuta, che lo guardò con un aperto sorriso; una ragnatela di rughe le segnava il volto, ma il suo sguardo era acceso e vivo come quello di una donna molto più giovane. Kurihara le fece un breve inchino. - Obaa-san, questo è Kurihara-kun. - lo presentò Okazaki, e Seiji si accorse che era arrossito. - Lei è Nishimaru-san. E'...- - Oh, puoi chiamarmi Obaa-san. - lo interruppe lei. - Vieni, Kurihara-kun, accomodati. La colazione sarà pronta fra poco. - - Grazie...- - Anche per te, Yuki-chan, quindi va' a cambiarti. - Okazaki fece per dire qualcosa, poi ci rinunciò e se ne andò. La donna tornò a sorridere a Kurihara. - Allora sei un compagno di Yukito?- - Siamo nello stesso club. - - Siete tutti così alti, voi nuotatori?- ridacchiò lei. - Beh, non proprio tutti...- Lei annuì, mentre faceva saltare delle verdure nella padella. Quando parlò di nuovo, il suo tono era più serio. - Sono molto contenta che tu sia qua. E' la prima volta che Yuki invita qualcuno a casa sua. Non ha mai avuto molti amici e il fatto che avesse cambiato scuola così all'improvviso mi preoccupava. Invece, sembra che abbia già trovato un amico. - Kurihara si passò la lingua sulle labbra. Amico... Lui non era proprio suo amico. Anzi, tutto il contrario. ...Beh, sì... più o meno... Ma non lo disse, per non deludere la donna. Sembrava molto affezionata a Okazaki... - Lo conosce da molto? - chiese, invece. - Yuki-chan?- sorrise di nuovo, mentre gli porgeva una ciotola di riso. - Oh, sì. Da quando era poco più alto di così. Ho cominciato a lavorare in questa casa che lui aveva un paio di anni. Poi, quella disgraziata di sua madre se n'è andata, abbandonando il figlio e il marito, e io mi sono presa cura di lui come potevo. - Scosse la testa, tutta presa dai ricordi, e Kurihara non la interruppe. Stavano venendo fuori cose interessanti. - Un bambino di cinque anni...E lei lo ha lasciato da solo. - Scosse ancora il capo. - Scusa, non dovrei parlare di queste cose. - Accidenti. - E il padre? - insinuò. - Suo padre è sempre molto impegnato con il lavoro. Non è quasi mai a casa. Tiene molto, a suo figlio; ma è anche molto severo, ed esigente. Credo che non si capiscano. E questo rende le cose ancora più difficili per Yuki...- Gli servì la colazione e Kurihara cominciò a mangiare, ascoltandola con attenzione. - Se non avesse il nuoto che lo prende così tanto....Si è sempre impegnato tanto, ed è diventato proprio bravo. Oh, ma tu lo saprai già. Nuoti con lui!- Rise. Kurihara inghiottì e annuì accondiscendente. - Che vecchia sciocca sono! Sono sempre stata così orgogliosa di lui, che ne parlo come fosse mio figlio! - Probabilmente perché era come se lo fosse davvero. Seiji le lanciò un'occhiata, poi si sporse un po' in avanti. - Come mai ha cambiato scuola e si è iscritto ad una così lontana? - domandò, abbassando d'istinto la voce. Nishimaru-san fece un cenno di diniego. - Non lo so. L' ha deciso lui. Quando era in prima media, di punto in bianco, ha smesso di andare a scuola e di studiare. Si allenava e basta. Ho dovuto insistere molto, affinché riprendesse; lui alla fine si è convinto, ma ha voluto a tutti i costi cambiare scuola. E poi, lo scorso anno di nuovo; non voleva saperne di entrare allo Shinho. Suo padre era fuori di sé : il liceo Shinho è molto rinomato. Ma non c'è stato niente da fare: Yuki se n'è voluto andare. - Agitò ancora la testa. - Non ho mai saputo il perché...Ma ho sempre immaginato si trattasse di uno screzio con dei compagni. - Kurihara sorseggiò il thè verde, pensieroso. Altre risse? Altri litigi? Allora era proprio un'abitudine. - Si è picchiato di nuovo anche ieri, vero?- domandò la donna, a voce bassa, e Seiji sobbalzò, scottandosi la lingua. Gli aveva letto nel pensiero?! E poi, cosa significava "di nuovo"? Già da prima non faceva che prendersi a botte con qualcuno? - Nno...no. - farfugliò, istintivamente pronto a sostenere la menzogna di Okazaki. - E'...E' caduto dalla bici. - La vecchia sospirò evidentemente scettica, e Kurihara sperò che non insistesse. Guarda se doveva anche mettersi a coprire Okazaki! - Te l' ho già detto, Obaa-san. - intervenne d'improvviso il suddetto, con voce gelida, e per poco Seiji non sussultò nuovamente. Okazaki entrò in cucina, lo sguardo fisso sulla donna, che lo ricambiava, e per un attimo Kurihara si sentì invisibile. Poi, Okazaki si sedette e cominciò a mangiare, e Nishimaru-san tolse i piatti che Kurihara aveva già ripulito. - Ho ritirato la tua roba. - gli disse Okazaki. - E' sulla sedia in camera mia; ricordati di prenderla. L'accappatoio era ancora umido; te ne presto uno io, e domani ti riporto il tuo. - Kurihara stava per ribattere che non ce n'era bisogno, ma non voleva alzare la voce con Nishimaru-san presente e si trattenne. - Mh, grazie. - borbottò. - Vado a fare la borsa. - Si alzò e fece un inchino di ringraziamento alla donna. - Grazie infinite, signora: era tutto buonissimo. - - Di niente, Kurihara-kun. E' stato un piacere. - Seiji tornò di sopra facendo le scale di corsa. Okazaki sembrava tornato quello di sempre e lui cominciava ad essere più teso. Arrogante lunatico! Certo che doveva averne passate... Forse era per quello che era così. Beh, inutile stare a pensarci. Non erano affari suoi. La sera precedente era stata un episodio che non si sarebbe ripetuto: ognuno dei due sarebbe tornato alle proprie attività e ai propri interessi. Si sarebbero visti solo al club, e poi ognuno per conto proprio. Non avrebbe più parlato con lui come la sera prima. Mentre ficcava tutto nella borsa, sentì che per certi versi gli sarebbe mancato... Ma fu il pensiero di un attimo; si riprese subito e, deciso a fregarsene a tutti i costi, scese nuovamente al piano di sotto. Okazaki stava già mettendosi le scarpe, e lui fece altrettanto. L'altro era già fuori, quando Kurihara si sentì chiamare dall'interno. - Kurihara-kun!- Era Nishimaru-san, che con un sorriso radioso gli porgeva un pacchettino. - Ho preparato qualcosa per il pranzo anche per te. Ecco qua. - - Ma non...- - Vi allenate tanto, dovete mangiare!- Si inchinò, e abbassò la voce. - Ti sono grata per aver aiutato Yuki-chan. E sono felice che tu sia venuto. Spero di rivederti presto. Buona giornata. - Di nuovo lo guardò con un sorriso. E Kurihara vi lesse una gratitudine infinita e, forse, il desiderio inespresso che lui potesse rimanere vicino a Yukito ancora per molto. Un amico... Perplesso, Seiji s'inchinò e ringraziò ancora, poi seguì Okazaki, che a passo svelto si dirigeva alla stazione. Nessuno dei due fiatò per tutto il tragitto; alla stazione, Okazaki prese un biglietto anche per lui, e sempre in silenzio s'infilò fra la folla senza assicurarsi che Kurihara lo seguisse, tranne quando, spintonando, riuscì a salire sul loro treno e, afferrato il compagno per una manica, lo trascinò dentro. Kurihara digrignò un'imprecazione e ancora una volta maledì la sua idea di aiutare Okazaki. Quest'ultimo aveva ripreso la sua solita espressione fredda ed indifferente, e sembrava non considerarlo minimamente, quasi fosse un estraneo fra i tanti che affollavano il treno. Altro che amico! Altro che aiutarlo! Un bel pugno in faccia, si meritava! Schiacciato fra studenti ed impiegati che chiacchieravano o dormivano, Kurihara sbuffò rumorosamente e guardò truce chiunque avesse il coraggio di posare gli occhi su di lui. Notò pure un gruppetto di studentesse che continuavano a fissare Okazaki con sguardo adorante e a ridacchiare fra di loro imbarazzate, mentre un'altra, più timida, non faceva che alzare lo sguardo su di lui, per poi distoglierlo e riposarlo subito dopo, quasi avesse il timore di perderlo di vista ogni secondo, e questo aumentò di parecchi gradi il livello della sua irritazione. L'altro sembrava non accorgersi di niente, oppure non importargliene assolutamente. Fissava fuori dal finestrino, assorto in chissà quali pensieri, e se ne distoglieva solo per annunciargli a voce bassa che dovevano cambiare treno. Kurihara lo seguiva imbronciato. Avrebbe avuto voglia di scrollarlo, di urlargli contro, di dargli uno schiaffo, pur di fare in modo che l'altro gli rivolgesse la parola in maniera normale, e che non si limitasse a trascinarselo dietro come un peso. Un peso insignificante. Se c'era una cosa che non sopportava... Lo osservò quasi a volerlo incenerire. Okazaki camminava guardando dritto davanti a sé, ignorando completamente la sua presenza. La sera prima era stato diverso... La sera prima aveva parlato, l'aveva invitato a restare casa sua, era stato gentile... Perché adesso si comportava così, accidenti a lui? Era così immerso nei propri pensieri che quando l'altro parlò lui quasi non lo sentì. - Da qui possiamo proseguire fino a scuola anche a piedi, ma se preferisci prendiamo un altro treno. - - Cosa?!- Okazaki sospirò, crollando le spalle. - Vuoi prendere il treno?- e lo guardò con un sopracciglio alzato. - O ti va bene se continuiamo a piedi?- Seiji lo fulminò con lo sguardo. - A piedi!- sbraitò poi. - Hn. - E riprese a camminare. - Ti è finalmente tornata la voce?- commentò Kurihara seguendolo. L'altro non rispose. - Ehi! Sto parlando con te!- L'altro si fermò. Poi, si voltò a fronteggiarlo. - Ti ascolto. - disse. Ancora una volta spiazzato, Kurihara aprì e chiuse la bocca un paio di volte, e non trovò niente da dire. Così, lo fece Okazaki. - Il fatto che io non parli, non significa che non ascolti; anzi. E' che non mi piace sprecare il fiato blaterando a vanvera. Se non ho niente da dire, sto zitto. Ma ti ascolto. Ti ascolto sempre...- Lo fissava negli occhi, e Kurihara ricambiò suo malgrado, quasi fosse ipnotizzato. - Dimmi pure. - continuò l'altro. - Non...Nn...niente. - farfugliò impacciato. - E'...Accidenti!- esclamò poi, cercando di reagire. - Non c'è niente, niente di preciso! Solo...Solo il tuo modo di...di comportarti. E'......- S'interruppe, e l'altro alzò le sopracciglia, invitandolo a proseguire. - E'...?- - Che ne so?! - ruggì lui di rimando. - Te ne stai zitto, tieni il muso, poi parli e sei ...uhm...quasi gentile. Quasi...E poi di nuovo muto, quasi io non ci fossi, come non mi conoscessi neanche! Non lo sopporto! Non si capisce mai quello che sei, o quello che vuoi! Come cavolo si può esserti amici?! - Si morse un labbro, immediatamente conscio di quello che aveva appena detto, di quello che significava. Amici... Loro due non sarebbero mai stati amici. Perché diavolo non riusciva mai a tenere chiusa quella boccaccia? - Da quando t'importa? - ribatté Okazaki, con noncuranza; ma Kurihara si accorse che aveva distolto lo sguardo per qualche secondo ed era arrossito. - Credevo mi detestassi...- - Infatti!- lo assalì Seiji. - E allora è meglio quando ti sto alla larga, no?- - Ssì...Certo. Cioè...Dipende. - Si sentiva nuovamente a disagio. - Da cosa?- insistette l'altro, e il suo sguardo tornò ad agganciarlo. Non si era mai trovato tanto in difficoltà come quando era davanti a Okazaki... - Eh?...Ah...Mh. Da tante cose. Cioè...sì..... - Sbuffò rumorosamente, e voltò il capo con cipiglio. - Lasciamo perdere, ok? Non mi va di parlarne. - L'altro rimase in silenzio per un attimo. - Non è facile capire neanche te...- mormorò poi, e Kurihara alzò di nuovo gli occhi su di lui. Okazaki lo guardava ancora, con un lieve sorriso, che fece sparire subito, ma che gli rimase impresso negli occhi. Kurihara strinse le labbra, per trattenere quello che, spontaneo, stava per fargli in risposta. - Andiamo, va'. - borbottò brusco. - E' già tardi. - Okazaki annuì, e si rincamminarono, uno accanto all'altro, entrambi in silenzio. "Non è facile capire neanche te..." Già...Non si capiva neppure lui! Sembrava quasi gli desse fastidio che l'altro non volesse essere suo amico. E questo era assurdo! Fuori da ogni concezione! Che cosa gli stava succedendo? Doveva smettere di pensarci! Non era da lui rimuginare tanto. Allargò le spalle, quasi gli servisse a sentirsi ancora più risoluto, e si schiarì la voce. - Perché non prendi mai il treno?- grugnì. Percepì che Okazaki aveva voltato di poco la testa verso di lui. - Perché se rimango di più in piscina, la sera, poi non trovo più coincidenze. Con la bici è più comodo. - - Mh. - Ancora silenzio. - Comunque...Grazie per avermi portato fino a casa, ieri sera. - Un mormorio leggero, pacato. Kurihara si strinse nelle spalle. - Mh, niente. - bofonchiò, un po' imbarazzato. - E poi, mi hai già ringraziato. Ora basta. - - Mmh?- L'altro, ora, lo osservava con aria interrogativa. - Oh, perché ti ho invitato a restare?... Quello era....- - Ma no! Ieri sera, quando...- S'interruppe con un sussulto, ricordando improvvisamente l'episodio a cui si riferiva, e che aveva inconsciamente rimosso. ...il braccio che gli cingeva la vita...la testa sulla spalla....il respiro leggero... Prese fiato e quasi si soffocò. ...il corpo caldo appoggiato al suo...il sussurro sommesso... Continuò ad avanzare, rigido, e sentì che era arrossito. ... "Grazie Seiji." ... Maledizione! - Ah, mh...Comunque, non importa. Lascia stare. - Avvertiva ancora quella sensazione di calore che gli rimescolava il sangue, che lo stordiva, e che lo esaltava... - Però vedi di non farti pestare anche oggi, perché non ho nessuna intenzione di farti di nuovo da portantino, ok?- - Ok. - - Ti sei messo nei guai. Quelli non molleranno tanto presto. - E a lui che gli importava? - Mi so difendere. - Kurihara fece una smorfia. - See. Solo perché ne hai stesi un paio, non vuol dire che tu possa sempre farcela. Sei stato fortunato che erano degli imbranati senza-palle! Ma ne arriveranno altri. - - Starò attento. - Avvertì il tono leggero con cui l'altro gli rispondeva e si voltò verso di lui accigliato. Okazaki stava trattenendo un sorrisino. - Sei un idiota presuntuoso, lo sai?!- s'infuriò. - Fa' pure come ti pare! Fatti massacrare di botte! Per quello che mi frega...- - Ho detto che starò attento. - ma non riusciva a far sparire il sorrisino, e si posò una mano sulla bocca. - Ok, scusa. - Kurihara gli lanciò un'occhiataccia. - Cavoli tuoi...- bofonchiò. Era vero. A lui non importava affatto. - Spero mi lasceranno in pace per un po', dopo ieri. - - Dubito...- - E nel caso, mi difenderò finché non la smetteranno. - Kurihara sbuffò. - Dovrai dargliele proprio di santa ragione, per farli smettere. ...Mh...Perché hanno iniziato, fra l'altro? - Non riusciva proprio a non essere curioso. - Mi trovavo dove, secondo loro, non avrei dovuto stare; e siccome non avevo nessuna intenzione di andarmene...- Okazaki aveva risposto subito, ma Seiji si era accorto che il suo tono era cauto. Non aveva ancora spiegato perché piangeva... Kurihara, comunque, dubitava che gliel'avrebbe mai rivelato. Non lo avrebbe mai neanche ammesso. Fece un sogghigno. - Ti sei messo contro i peggiori della scuola! Bel colpo, tenuto conto che sei appena arrivato! - - Hn...Tu, e quella gentaglia...Ho proprio cominciato male. - - IO?!- esclamò. - Ehi, che c'entro io!? Non paragonarmi a quegli imbecilli! Non...- - Non sto facendo un paragone: sto solamente elencando i nemici che mi sono già fatto al Senkawa. - Okazaki lo guardava con aria apparentemente innocente, che non riusciva del tutto a nascondere un pizzico di malizia. Kurihara prese fiato, richiuse la bocca, tornò a guardare avanti con un movimento secco. - Già...- digrignò poi. Erano nemici. L'aveva dichiarato lui stesso a tutti quanti. - Siamo quasi arrivati. - commentò Okazaki. Lui annuì distratto. Che materia aveva, alla prima ora? - Non siamo neanche in ritardo. - Okazaki lo disse come se gli dispiacesse. Inglese. Doveva chiedere i compiti a Tsukishima. Tsukishima! Probabilmente lo stava aspettando al solito posto, come ogni mattina. Beh, niente di male; gli avrebbe spiegato che... Che cosa? Che era rimasto a dormire a casa di Okazaki, dopo avercelo accompagnato? Che era tornato a scuola con lui? Beh, anche in questo caso, nessun problema. No...Nessuno... Eppure, quasi senza rendersene conto, rallentò il passo, e dentro di sé si sentiva a disagio al pensiero di arrivare a scuola insieme ad Okazaki, di quello che avrebbero detto tutti, specialmente i suoi amici. Cioè, non che gl'importasse quello che gli altri pensavano di lui; però...... Dopo quello che lui aveva detto dell'altro. - Che succede?- La voce di Okazaki lo riscosse. Tornò in sé e si accorse di aver rallentato parecchio. L'altro lo guardava stranito. - Qualcosa non va?- chiese ancora. Lui fece un cenno secco di diniego. - No...Niente. - Non poteva certo dirgli che non voleva arrivare a scuola con lui. Proseguirono ancora un po', Kurihara pensieroso e sempre più accigliato. Cominciavano a vedersi numerosi gruppetti di studenti con la divisa del Senkawa e lui diventava più nervoso. Poi, Okazaki si fermò. Erano davanti ad un piccolo negozio che vendeva giornali, riviste e fumetti. - Devo prendere una cosa. - disse, piano. - Tu va' pure avanti, se vuoi. - Seiji si sentì rinascere. - Va bene. - accettò subito. - Allora, ci vediamo agli allenamenti. - - Mh, mh. - - Ok, ciao. - Okazaki alzò una mano in cenno di saluto ed entrò nel negozio, mentre Seiji riprese il suo cammino verso la scuola col cuore leggero. Si rese conto dopo pochi passi, che avrebbe anche potuto aspettarlo; non glielo aveva neanche proposto. Doveva avergli dato l'impressione di avere una gran fretta di lasciarlo là da solo, come se non vedesse l'ora di toglierselo dai piedi e non avesse saputo come fare. Magari l'altro non ci aveva neppure fatto caso. "...Sono contenta che tu sia qui...Yuki non aveva mai invitato qualcuno a casa sua...Non ha mai avuto molti amici..." Si morse un labbro. Era proprio un imbecille. Ma ormai era troppo tardi. Incassò la testa nelle spalle e, con lo sguardo basso, arrivò a scuola quasi automaticamente. Tsukishima gli venne subito incontro salutandolo, e lui si impose di rispondergli come al solito e di concentrarsi sui compiti che doveva chiedergli. Ma non poté fare a meno di domandarsi se ci sarebbe stato qualcuno a salutare Okazaki, appena fosse arrivato.
Lo guardò allontanarsi finché non svoltò l'angolo. Poi uscì dal negozio senza aver comprato nulla e s'incamminò per la stessa strada, le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni e la testa bassa. Cosa si era aspettato? Credeva che Kurihara si sarebbe presentato tranquillamente a scuola con lui? Era prevedibile che arrivare con lui lo avrebbe imbarazzato; visto il suo solito modo di fare, era probabile che tutti sapessero che lo detestava, e farsi vedere insieme a lui avrebbe suscitato stupore, curiosità, domande. Lo sapeva perfettamente. Niente di nuovo. Allora perché quel senso di sconforto? la delusione mista a rabbia che gli faceva rimescolare il sangue? Aveva forse creduto che quello che era successo la sera prima avrebbe potuto cambiare le cose fra di loro? Fece un sorrisino di scherno, rivolto a se stesso. Che stupido! Niente sarebbe cambiato. Non certo in meglio, almeno. Inutile farsi illusioni. Neppure se Kurihara stesso si era offerto di accompagnarlo fino a casa, se ce lo aveva portato sobbarcandosi il suo peso per chilometri, se aveva accettato di rimanere a casa sua, se avevano parlato, e dormito insieme. Abbracciati insieme... Al pensiero, il cuore gli mancò di un battito e il respiro gli si fece più affannato. Si era svegliato alle prime luci dell'alba con la sensazione di stare ancora sognando; si era accorto del corpo tiepido contro cui era accoccolato, e la sensazione si era rafforzata, fin' quasi a divenire certezza. C'era qualcuno, accanto a lui, qualcuno che gli aveva passato un braccio attorno alle spalle, e posato una mano su un fianco, e che lo teneva vicino a sé. E non lo scacciava... Aveva aperto gli occhi, lentamente, quasi avesse avuto paura di quello che avrebbe visto, o, peggio, non visto, di scoprire che quanto sentiva fosse solo frutto della sua immaginazione, o davvero solo di un sogno. Invece, l'altro era lì, non era sparito. Dormiva tranquillo, il capo appoggiato al suo, i capelli che si mescolavano ai suoi, e il collo ad un soffio dalla sua bocca. Yukito aveva avuto la tentazione di posarvi un bacio, ma si era trattenuto. Non voleva svegliarlo, non voleva interrompere quel momento quasi magico. Si era spostato leggermente, con cautela, e si era perso ad osservare quel volto, di solito molto espressivo, e che di fronte a lui manifestava quasi sempre rabbia, odio, insofferenza, ora finalmente rilassato, i lineamenti addolciti dalla luce soffusa che cominciava a rischiarare la stanza; e le labbra lievemente socchiuse, per una volta non imbronciate. Sorprendendo anche se stesso, si era chiesto che sapore avessero... Poi, Kurihara si era mosso; con un mugolìo, si era girato proprio dalla sua parte e lo aveva quasi travolto, stringendosi a lui e insinuando una gamba fra le sue. Yuki aveva sentito il proprio corpo infiammarsi all'istante, mentre il desiderio saliva fino a rischiare di soffocarlo. L'altro non aveva quasi niente, addosso - una maglietta e i boxer - e lui poteva avvertire chiaramente i contorni del suo corpo, che premeva contro quello di lui, e si muoveva per assestarsi meglio e lo eccitava sempre di più. Si era passato la lingua sulle labbra secche; nel farlo aveva sfiorato la pelle dell'altro, vicinissima all'orecchio, e un brivido gli aveva percorso la schiena. Non riuscendo a resistere, lo aveva baciato dietro l'orecchio, un tocco lieve, delicato, e lo aveva abbracciato, accarezzandogli i capelli arruffati, tenendolo stretto a sé, almeno per quella volta. Avrebbe avuto voglia di percorrergli tutto il corpo con la bocca, con le mani, baciarlo ovunque, toccarlo ovunque, assaporare ogni centimetro della sua pelle. E guardarlo negli occhi, e leggervi lo stesso desiderio. Ma sapeva benissimo che era impossibile. Un sogno stupido, solo suo. E che nessuno avrebbe ricambiato. Tantomeno uno che lo odiava. Col fiato corto e il sangue impazzito che gli batteva alle tempie, era scivolato fuori dal letto prima che accadesse l'irreparabile e si era chiuso in bagno. Era rimasto appoggiato colle spalle alla porta, cercando di calmare il respiro, poi si era spogliato e aveva fatto un bagno, lasciando che l'acqua fredda gli percuotesse la pelle. Era ancora così eccitato che quasi si era sentito male. "Perché? Perché? Perché?" si era chiesto con rabbia. Perché proprio Kurihara? Quello stupido, goffo, strafottente, chiassoso scimmione! Non aveva niente che lo rendesse meglio di altri. Non era neppure bello!! Non nell'accezione stretta del termine, almeno...Aveva un volto comune, occhi e capelli castani, niente di particolare; un bel fisico, sì, e l'altezza, ma c'era di meglio, in giro. Perché proprio lui?! E poi lo odiava... Forse era per quello... Perché diceva sempre quello che pensava, perché non fingeva ammirazione o reverenza se non la sentiva, perché era capace di mostrare i suoi sentimenti senza paura, senza finzioni. Perché si entusiasmava, si arrabbiava, rideva, s'immusoniva, con una spontaneità simile a quella di un bambino, senza forzature, d'istinto. E poi la sua energia, la sua vitalità. Era stato questo, già dalla prima volta... Si era rannicchiato sullo sgabellino, stringendosi le ginocchia al petto, mentre l'acqua continuava a spruzzarlo. Doveva toglierselo dalla testa. Doveva assolutamente smettere di pensarci. E di farsi illusioni... Bastava rammentarsi che l'altro lo detestava. Non era neppure così difficile, visto che Kurihara non perdeva occasione di insultarlo, di aggredirlo, di trattarlo con durezza. Lui stesso aveva fatto in modo di rendersi il più possibile chiuso ed ostile. Era sembrato funzionare. Eppure, la sera prima Seiji si era fermato ad aiutarlo, dando l'impressione di preoccuparsi per lui, lasciando da parte il suo rancore; avrebbe dovuto gioire, nel vederlo ferito, e avrebbe dovuto ridere di lui, nello scoprire le sue lacrime. Invece, lo aveva aiutato, e aveva parlato con lui, era rimasto a casa sua, si era mostrato curioso. Forse lo aveva fatto per trovare qualcosa con cui schernirlo, o ferirlo, ma a prima vista era parso sincero. Anche quella mattina. Per mantenere i propri propositi, lui era tornato ad indossare la sua maschera di indifferenza che gli serviva a celare i suoi veri sentimenti, sperando, senza desiderarlo veramente, che l'altro si allontanasse da lui, per far morire in sé qualsiasi fantasia, qualsiasi illusione; e, come previsto, Kurihara si era infuriato. Ma, al contrario del previsto, era sembrato che ad irritarlo fosse stata la difficoltà, che il suo comportamento induceva, ad avvicinarsi un po' di più a lui, quasi gli desse fastidio non poterlo fare; aveva parlato di amicizia, come se ci credesse veramente, come se ci tenesse, e Yuki si era trovato confuso. L'unica cosa di cui era davvero certo era che, se gli fosse stato troppo vicino, prima o poi si sarebbe scoperto, e avrebbe rovinato tutto irrimediabilmente. Perché non gli sarebbe bastata l'amicizia... Quindi, forse, era ancora meglio che fra loro non iniziasse nulla. Più facile a dirsi che a farsi. Ma lui era convinto di poterci riuscire. Oltrepassò il cancello e si diresse verso la sua aula guardando dritto davanti a sé. Udiva gli studenti mormorare il suo nome, al suo passaggio, percepiva gli sguardi curiosi, ma non si fermò, non parlò con nessuno. Se stava da solo era tutto più semplice. C'era più abituato. Si sedette al proprio banco e guardò fuori dalla finestra. Intorno a lui, i compagni entravano a gruppetti in aula, chiacchierando, vociando, scherzando fra loro. Lui continuava a guardare fuori. Aveva solo voglia di andare in piscina, di nuotare. Lui, da solo contro il tempo. Solo contro tutti.
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