(SAINT SEIYA) di Hanabi, estate 1994 I personaggi di Saint Seiya sono proprietà di M. Kurumada/Shueisha.
CAPITOLO 7: "Traditori e traditi" - parte seconda Era tempo ormai, Shun si aspettava una mia telefonata. Lo capisco fin dall'esitazione con cui dice "pronto" all'apparecchio, un tono tremulo di speranza. "Sono io," gli dico, senza tante cerimonie. "Dobbiamo parlarci." "Ikki..." "Taci, e ascolta invece. Davanti al tuo cancello c'è un tipo in moto, vestito di nero, con degli occhialoni fluorescenti. Ti porterà lui dove potremo continuare il discorso. A presto." Stacco la comunicazione mentre lui incomincia a protestare, immaginandomi la sua agitazione, il ritmo frenetico dei suoi battiti cardiaci, tutti i pensieri positivi e negativi che lo colgono come una tempesta. Me lo vedo balzare alla finestra, guardare fuori, poi voltarsi e fissare il telefono, chiedendosi se sia il caso o meno di avvertire i compagni di questo contatto con me... Non credo che lo farà. Ma non faccio certo dipendere da questo le mie decisioni. Mi alzo, cammino pigramente verso la bassa finestrella del retro. Guardo fuori: stasera c'è un bel tramonto. Accende di sgargianti colori questo cielo cittadino, rendendo più cupe le ombre, che da queste parti del resto abbondano. Questo è il famigerato quartiere del porto... no, non il patetico porto Weichi, dove abita Seiya: quello è un museo, le quattro case originali su cui le Cinque Stelle hanno costruito questo scalo mondiale, e che i bravi sindaci hanno ristrutturato e trasformato in un'assurda cartolina illustrata. Ma il vero porto di Nuova Luxor è questo, moderno, sporco e frenetico, un infame cuore pulsante sul quale tutta la città vive e prospera, anche se poi si permette il lusso di disprezzarlo. Lascio liberi i miei sensi, quasi per raccogliere un ricordo di questo momento. Le mie orecchie non registrano niente di trascendentale... l'urlo quasi umano delle sirene di qualche rimorchiatore, che si fonde con il perenne tramestio. Mi arriva l'eco di qualche musica, uno sguaiato successo cantonese: gorgheggi di donna su strumenti elettronici. Inspiro profondamente: da qui non si vede il mare, ma un buon naso certo lo sente. C'è sempre una presenza umida, strisciante che si fa sentire sin dai pavimenti; un perenne odore di acqua chiusa, salmastra, vagamente somigliante a quello di una fogna, sul quale si ricamano altre delizie olfattive... il fumo di cherosene delle barche, il puzzo del pesce fritto di un cosiddetto ristorante qui vicino. Ed a proposito di odori, mi annuso le mani. Sanno ancora di sapone, quelle bustine anonime che danno ai bagni pubblici. Qui sono molto comuni, ben poche case si possono permettere qualcosa di più di un water ed un lavandino. Alla sera si vedono intere famiglie che si muovono, in zoccoli e con un catino in mano, l'asciugamano sulla spalla. Al venerdì i bagni diventano dei mercatini, con i contrabbandieri che si piazzano all'uscita per fare affari: si vende di tutto, dalla droga alle bistecche irlandesi. Negli altri giorni della settimana sono di turno le cosiddette massaggiatrici, prostitute da poco prezzo, adatte ad una clientela che non ha molti soldi da spendere. Sono esperte nell'arte di farlo in piedi, negli androni, in macchina, dove capita: qui lo sanno tutti che è meglio non andare negli alberghetti a ore dei dintorni, celle di prigione piene di topi, con le lenzuola di carta. Mia cara Lady Isabel Saori, quanto è distante tutto questo dalla tua reggia privata, con i tuoi giardini, i tuoi boschi, i bei palazzi in stile ottocento... Sospiro e vado a darmi un'occhiata allo specchio, che i miei uomini hanno sistemato in un angolo di questo vasto scantinato. Però! Niente male, il mio travestimento. Dubito che persino i miei ex-compagni potrebbero riconoscere in questa figura il famigerato cavaliere di Phoenix. Camicia bianca. Cravatta bruna con minuta fantasia oro. Giacca e calzoni verde-scuro, perfette imitazioni cinesi di vestiti italiani. Scarpe all'inglese, color cuoio. I capelli ben lisciati e pettinati con cura, in un'ordinata coda sulla nuca. Telefono portatile appeso in cintura. Grande valigia rigida ai piedi, anch'essa cinese: l'insospettabile contenitore della mia armatura. Fare sempre il contrario di quel che gli altri si aspettano, mi aveva insegnato il mio maestro. Ed eccomi dunque qui, un tizio che nessuno si disturberebbe a guardare due volte: un anonimo borghesuccio come milioni di altri, evidentemente impegnato in un viaggio di lavoro, con la testa al week-end successivo, alla ragazza da portar fuori, ai colleghi con cui farsi una buona sbronza. E, con i miei muscoli ed un paio di occhiali neri sul naso, potrei anche passare per uno Yakuza: la tipica guardia del corpo di questo o quell'oyabun, qualcuno dai cui affari è meglio tenersi alla larga. Molto bene, ormai è tutto pronto, non mi resta che sistemare gli ultimi dettagli... Mi accorgo che sto battendo il piede per terra. Me lo guardo, stupito da quel gesto di nervosismo che il mio usuale controllo non ha soppresso. Alzo la testa, vedo nello specchio il volto inespressivo di uno dei miei uomini. Scrollo le spalle: davanti a loro certe cose me le posso anche permettere. Faccio un cenno, e quello si avvicina immediatamente. "Dove sono le mie carte?" "Sul tavolo, padrone. Tutto come ci hai chiesto." Vado al tavolino di plastica, ci trovo una busta gialla. La apro, scorro il contenuto. "Sembrano abbastanza buone." "Il venditore le ha garantite per tali." "Gli avete detto cosa gli succede se non lo sono?" Rimetto le carte nella busta. "Passerò comunque ogni controllo, ma se dovrò usare i miei poteri per farlo, ve lo farò sapere... e lascerò a voi il piacere di vendicarmi." Per loro sarebbe davvero un piacere: ormai a questi disgraziati non resta che il sadismo per divertirsi. Non hanno più nemmeno desideri erotici, il mio condizionamento li ha fissati fanaticamente su di me. Mi spiace per la loro libertà, ma quella l'hanno persa anni addietro; in quanto a quel che ho fatto loro... è stato il peccato di un'altra vita, ed ora non posso fare più nulla per ripararlo. Tanto valeva approfittarne. Il telefono finalmente suona, col suo trillo sommesso. Lo prendo, facendo un gesto reciso ai miei uomini. Se ne vanno tutti, lasciandomi solo. "Pronto." "Siamo a casa base," dice una voce cavernosa, frammista a musica, voci e rumori di piatti. Emetto un sordo sospiro. "Bene. Procedi." Sento il cigolio di una porta che si apre, il rumore di fondo che si attutisce. Poi un lieve tonfo, il telefono posato sul tavolo (rivedo quel tavolo nei miei ricordi: è in mezzo ad una stanzetta cubica, spoglia, con i bidoni di birra impilati da un lato, una lampadina che pende dal soffitto). Il cigolio della porta che si chiude. Ed il silenzio. Shun è lì, da solo, a guardare il telefono. Si aspettava di trovare me. E' deluso, teme di essere stato ingannato, di essere finito in una trappola. Finalmente lo sento prendere il telefono, sento il suo respiro. "Ciao, fratellino." "Ikki!... Dove sei? Che significa tutto questo? Perché mi hai fatto portare qui?" "Perché volevo parlarti decentemente, e non potevo certo farlo al tuo telefono, visto che la Fondazione lo tiene sotto controllo. Non mi piace l'idea che Mylock ascolti tutto quel che ci diciamo, o tenti di rintracciare la mia chiamata. Ora non farebbe in tempo, neanche se sapesse dove sei... e sono sicuro che presto lo saprà." "Io non ho avvertito nessuno..." "Non ce n'è bisogno, la potente Fondazione ti fa tenere d'occhio: Lady Isabel pensa che seguendo te prima o poi si arrivi anche a me. Dopotutto non è un ragionamento sbagliato, ed è per questo che, come capirai, non posso dirti dove sono, né incontrarti di persona." Esito, poi continuo: "Mi spiace, ma devo trattarti come se tu fossi un potenziale nemico." Sento il respiro di Shun bloccarsi di colpo. "Perché dici questo? Sai... che solo un motivo al mondo potrebbe mettermi contro di te..." "Lo so perfettamente." "Ikki," inizia lui, con angoscia. "Stai forse dicendo che..." "Sto solo dicendo che non voglio mettere alla prova la tua lealtà verso Athena. Finora ho fatto il possibile per renderti più forte, un simile confronto non potrebbe che indebolirti. E questo non è certo il momento giusto, visto che molto presto avrai ben altre prove da superare... e te la dovrai cavare da solo." "Da solo?" chiede, allarmato. "Che vuol dire?" "Vuol dire che me ne vado, Shun. Lascio Nuova Luxor, e stavolta definitivamente." Seguono almeno venti secondi di silenzio. "Come, te ne vai?..." mormora alla fine, in tono scioccato. "E dove?" "Molto lontano da qui," taglio corto. "Sarà un viaggio lungo e piuttosto laborioso, perché dovrò fare a meno dei mirabolanti mezzi dei Thule; ma ormai sono un clandestino esperto, nessuno potrà fermarmi. In quanto a te... come vedi, ti ho messo nella condizione di non poterci neppure provare." Il respiro di Shun accelera, posso quasi sentire l'adrenalina che sale dentro di lui. "Era mio dovere avvertire te e gli altri," concludo, "Così non sprecherete più risorse ed energie per cercarmi, e le userete per organizzare una difesa migliore. Da dove sarò non potrò certo accorrere a togliervi le castagne dal fuoco, come ho fatto l'ultima volta... quindi dovrete arrangiarvi da soli a proteggere milady." Un lungo silenzio. E poi una voce soffocata: "No, Ikki..." "No cosa?" "Non puoi fare una cosa del genere... non puoi andartene così!" "Certo che posso. Qui non ho più niente da fare, tranne che il bersaglio. Questa dannata città non ha più nulla da offrirmi, perché mai dovrei restare qui?" "Già, perché?!" esplode lui. "Ormai ti sei preso tutto quel che volevi, ed ora sei pronto a portartelo via, come un ladro!" Mi irrigidisco. "Modera i termini, bimbo!" "Non dirmi quel che devo fare!" Rimango esterrefatto da quel tono, Shun non aveva mai osato prima adoperarlo con me. "Ne hai perso il diritto facendo quel che hai fatto, e se davvero te ne vai, la tua è soltanto una fuga da codardo! Per tutta la vita ho cercato di non farti vergognare di me... non credevo che un giorno sarei stato io a vergognarmi di te!" Sogghigno appena a quello scoppio di indignazione. "Guarda guarda... finalmente il cucciolo tira fuori le unghie. E graffia per spingermi a dargli una giustificazione al mio comportamento, vero?" "No," mormora, con tono cupo. "Non una giustificazione. A questo punto, scusa, ma voglio solo sapere... il vero motivo per cui mi hai lasciato. Non l'hai mai detto apertamente, mi hai fatto credere che fosse per colpa mia..." "E adesso hai smesso di crederlo?" "Certo!"grida, furioso. "Prima non potevo... ero troppo disperato!" La sua voce trema. "Ma più tardi, a freddo, mi sono reso conto che c'era qualcosa di sbagliato nel modo in cui eri comportato. Non potevo averti sdegnato così tanto contro di me, qualunque cosa avessi fatto. D'accordo, quella notte che mi sono ubriacato, mi sono... comportato male con te..." "Non parlarmi di quella notte," taglio corto, bruscamente. "Ma se l'hai usata come pretesto per lasciarmi!" esclama lui. "Ti sei arrabbiato tanto, quando sapevi benissimo cosa... cosa ci fosse, dentro di me." Una pausa penosa. "Vuoi dirmi che non è vero? Non ti ho mai nascosto nulla, l'unica volta che ci ho provato mi hai... subito scoperto, grazie ai tuoi poteri. Come se non bastasse, sei stato nella mia mente... non lo sapevi di già che ero debole, fragile... immorale?" Sento qualcosa di acido in bocca. Anche se non lo vorrei, ricordo come sono stato quasi sedotto da lui, come mi ha fatto sembrare normale ed accettabile quel che non avrei mai pensato od osato pensare di fare con un altro maschio, un ragazzo, il mio stesso fratello... Stringo i denti. Immorale? Che parola inadeguata! "E allora?" lo provoco, pieno di voglia di farla finita. "E allora non era affatto colpa mia!" grida lui. "Ti ha fatto un gran comodo farmelo credere, farmi quasi morire di vergogna davanti a tutti e davanti a me stesso... ma la verità è che mi hai lasciato solo perché questo rientrava nei tuoi piani, perché non ti servivo più a niente!" Un sorriso amaro mi sale sulle labbra. "Bell'esercizio di logica, anche se tardivo. Avanti, perché non continui da solo? Hai proprio bisogno che sia io a dirti in faccia: si, sono colpevole, e quindi fai bene ad odiarmi?" "Si!" esclama lui, esasperato. "Voglio che sia tu a dirmelo, voglio sentirlo dalla tua voce! Dimmi che hai calpestato i miei sentimenti più sacri..." "In che modo? Mettendoti una volta tanto davanti alle conseguenze delle tue azioni?" "Le mie azioni?!" tuona lui, "Cosa sono di fronte alle tue, Ikki? Mi hai usato solo come paravento per i tuoi scopi personali! Hai ingannato tutti facedoci credere che eri cambiato, che eri diventato dei nostri... mentre sei sempre rimasto lo stesso del torneo! Ancora una volta hai rubato quel che non ti spettava: prima l'armatura... e adesso l'elmo di Aiolos, vero?!" Mi manca il fiato, come se mi avesse dato un pugno nello stomaco. L'elmo di Aiolos. Dovevo aspettarmi che succedesse... che sarebbero arrivati a questa conclusione. Ma anche se avrei dovuto aspettarmelo, ho lo stesso una gran voglia di gettare il telefono per terra, spaccare tutto quel che ho a tiro, mandare al diavolo tutto e tutti... "Ikki," mormora Shun, spaventato dal mio silenzio. "Ikki, sei ancora lì?" Si, ci sono, ma sto contando automaticamente dentro di me, per riprendere il controllo e poter pensare lucidamente alle conseguenze di ciò che ho sentito. E stavolta è un conteggio molto lungo... "Ikki, non tacere, ti prego," mi implora mio fratello, quasi con un gemito. "Rispondimi, non ti chiedo altro... non ti chiederò altro, per tutta la vita, te lo prometto..." "No," dico alla fine, con voce straniata. Respiro profondamente. "Non ti risponderò, Shun, non ti farò questo regalo. Non ti renderò le cose più facili, ammettendo le mie colpe per scaricare la tua coscienza. Dovrai agire e pensare sapendo che non avrai mai una risposta certa, com'è la regola di questo mondo!" Non riesco a nascondere la mia amarezza. "Anche... anche se vedo che in cuor tuo mi hai già giudicato. Beh, mentirei se ti dicessi che mi fa piacere sapere il tuo giudizio. Ma avrei dovuto aspettarmelo. Ed anche se ti sbagli, devo dirti che sbagliavi di più quando vivevamo insieme, e mi credevi davvero un eroe senza macchia e senza paura. Ammettilo una buona volta, Shun... tu non mi hai mai accettato per quel che sono veramente!" La voce mi trema, mio malgrado. "Sai, ero così stufo di dover recitare per te... dover sempre dimenticarmi di essere Phoenix per farti piacere! Volevi a tutti i costi farmi passare per il cattivo redento, il figliol prodigo della compagnia, mi imponevi di rinnegare me stesso, di vergognarmi di ciò che sono in realtà! E questo per che cosa? Per la comprensione dei tuoi amici, per il tuo pidocchioso perdono?!... Ah, la magia è durata poco, ti ho deluso, quindi ti permetti di chiamarmi ladro e traditore." Picchio la mano sul tavolo. "E sia, dunque!... Non mi giustificherò certo con te. Posso anche fare a meno del tuo affetto, tutto sommato è un prezzo equo, in cambio del fatto che almeno ora cominci a considerarmi in maniera più realistica! E se questo significa che vuoi sentirmi ammettere di essere una sporca canaglia... bene, lo sono! Sono un ribelle, un opportunista, un cinico approfittatore, un bastardo senza cuore che non si meritava un fratello buono ed onesto come te! Era questo che volevi sentirmi dire, Shun? Sei contento adesso?!" La mia voce echeggia nello scantinato vuoto. Mi rendo conto di aver urlato. C'è un gran silenzio dall'altra parte del telefono. Rotto solo da uno strano suono, quasi musicale... dei singhiozzi soffocati. Mi cadono le braccia. Shun, dannazione, quando potrò finalmente parlarti da uomo a uomo, senza che ti metta a piangere non appena oso dirti qualcosa che non ti va a genio? Cosa ti aspettavi da me? Una difesa? Una spiegazione? Un fiume di scuse puerili? Sospiro pesantemente. Non mi resta che aspettare che si calmi... e nel frattempo è meglio che mi calmi anch'io. Prendo la lattina di birra aperta che sta sul tavolo, la vuoto a grandi sorsate. "Adesso basta," gli dico poi, a voce bassa. "Tra poco devo chiudere questa telefonata, e non ti ho ancora detto quel che veramente conta. E' un messaggio importante per te, ed anche per i tuoi compagni; devo essere sicuro che lo ascolterai e lo capirai. Ci sei?" E poi, di nuovo: "Ci sei?" "... Si." Un sussurro tremante. "Bene. Allora: so che quel bastardo di Mylock ti rivuole al Saint George, ma è un errore. Tu devi stare fuori dalla Fondazione e mantenere la tua libertà di azione: quindi vai da Lady Isabel e reclama i tuoi crediti con lei. Usa pure i tuoi poteri, ma non per ritrovarmi come vogliono i tuoi amici... devi trovare Tisifone, non me!" "...Tisifone?" mormora lui, stupito. "Certo. La donna-cavaliere di Ofiuco. E devi trovarla in fretta, prima che sia lei a trovare Pegasus. Il vostro compagno è dannatamente importante, non potete permettere che venga ammazzato proprio adesso." "Perché... perché ti preoccupi tanto per Seiya?" "Lo vedrai presto, il perché," ribatto, recisamente. "Ti basti sapere che senza di lui la vostra guerra è persa in partenza. Ricordati bene che Athena si è scomodata di recente solo in un'occasione: quella di salvargli la vita. Prendi esempio dalla tua dea, se vuoi davvero esserle utile." Mio fratello non parla. Non respira neanche. "Dovete tutti stare attenti. Voi non lo sapete ancora, ma il Santuario ha deciso di spazzare via ogni eresia, a cominciare dalle Scuole Segrete. Questo potrebbe significare che presto Nuova Luxor pullulerà di cacciatori. Non avrete più un solo amico nel Mondo Segreto, nemmeno quelli che eravate pronti a giurare per tali. Shun, specialmente tu... non ti fidare di nessuno, chiaro?" Sorrido, ironico. "Concedi agli altri la stessa fiducia che hai dato a me." Il silenzio che mi risponde è pieno di vergogna. "Non fate un'altra volta l'errore di considerarmi il vostro nemico peggiore," concludo. "E' troppo comodo: di nemici ne avete altri, e molto più pericolosi di me. In particolare uno, che sta arrivando dritto dalla Grecia... ed ho una vaga idea di chi sia." Una pausa. "Se è lui, è un nemico subdolo e mortale dal quale sto volentieri alla larga: Lady Isabel però non avrà molta scelta. Siate oculati, e ricordate: battere ed uccidere sono cose molto diverse. Non sprecate l'occasione di far tornare un cavaliere in Grecia. Credo che questo sia il vero messaggio che vi manda una certa strega di nome Castalia, attraverso di me... io ve ne ho dato la chiave. Adesso fatene quel che volete." Schiaccio la lattina vuota tra le dita. Segue un lungo silenzio. E poi sento la voce di Shun, fioca, piena di incertezza. "Ikki, dopo tutto quel che hai appena detto... io non so più cosa pensare." Esita. "Non vuoi... proprio rispondermi?" Certo, la domanda di partenza. Sono o no un traditore? "Ti ho già detto che la risposta dovrai dartela da solo." Faccio una lunga pausa. "Però lascia che ti ricordi una cosa. Io non sono mai stato un vero Santo di Athena. E nemmeno un traditore nel senso che credi tu. Io sono... semplicemente Phoenix." Il cavaliere maledetto. "Ma sei... pur sempre mio fratello," mormora lui. "Ed io... vorrei tanto abbracciarti lo stesso." Quelle parole mi bruciano dentro, il richiamo di tutta una vita. "Anch'io," ammetto, con voce carica di rimpianto. "Ma non posso più farlo. E' troppo tardi, Shun... quella certa parte della nostra vita insieme... deve finire." Un istante di silenzio. Due respiri rapidi, stentati. E poi la voce di mio fratello esplode, assolutamente disperata: "No!!!... Ikki, non è vero, non può finire così, non voglio che finisca così... siamo stati assieme per tutta la vita, non puoi lasciarmi così, da nemico!" Resto in silenzio. "Ti scongiuro..." singhiozza, in lacrime. "Dimmi dove sei, ti giuro che non ti attaccherò, che non ti fermerò... ma tu stai per andartene, ed io voglio rivederti, almeno per l'ultima volta..." "No!" Mi passo la mano sulla fronte, il pugno contratto. "No, Shun. Dopo quel che mi hai appena detto, dopo tutte le accuse che mi hai sbattuto in faccia... adesso saresti davvero pronto a barattare i tuoi puri ideali, solo per rivedere un bastardo disonesto come me?" Ridacchio, a fatica. "Questo... si, questo farebbe veramente di te un traditore. Ed io non posso... permetterti di diventarlo..." La mia risata si spegne. Ecco. Mio fratello ha vinto. Alla fine è riuscito a farmi calare la maschera. Segue un lungo, vibrante silenzio. Più denso, più intenso di qualsiasi parola. "Perdonami, Ikki," sussurra infine lui. "Hai ragione, io... non ti ho mai capito." "Lo so." La mia voce si carica di triste dolcezza. "Credevi che al mondo esistesse solo il tuo modo di amare. Invece... ce ne sono degli altri." Ed il mio mi costringe a dirti addio. Chiudo gli occhi. "Sayonara, oni-chan." Il mio dito si muove da solo, premendo il tasto per chiudere la comunicazione. Quindi mi volto verso la finestra, e spengo la luce. *** "La prego, mi lasci qui." L'autista della Fondazione mi lancia una strana occhiata dallo specchietto retrovisore. "Manca più di un chilometro al Saint George." "Lo so, ma vorrei arrivarci a piedi." Allora si ferma. Per un altra persona non l'avrebbe fatto, ma Mylock ha dato ordine di lasciare a noi cavalieri il libero accesso a qualsiasi parte della tenuta. Io lo saluto e scendo, guardandolo ripartire verso l'ingresso. Poi mi volto e cammino, le mani in tasca, senza fretta. Il viale costeggia un boschetto da un lato, e dall'altro lascia libero lo sguardo tra i prati, divisi da alte siepi. Per un po' vado avanti, ma poi il mio sguardo è attirato da un albero isolato, un tiglio maestoso che regna su uno di questi prati. Mi concedo una piccola deviazione, mi avvicino ad esso, mi fermo e guardo in su, dove il sole gioca a nascondino con le foglie. Tendo la mano, ad accarezzare la corteccia dell'albero. Penso che quella creatura è senz'altro più vecchia di me (cosa sono diciassette anni per un albero come quello?) e forse avrebbe tante cose da insegnarmi. Ad esempio, ad avere pazienza, e tornare a vivere solo il presente, perché in fin dei conti per me è l'unico istante che esista... Sospiro e mi volto, appoggiando le spalle al tronco. Sento una dolce malinconia dentro, qualcosa in me che si scioglie contemplando la bellezza della primavera. Ho incontrato Hyoga, venendo qui. Era nel giardino dell'orfanotrofio, a guardare Daisy che faceva giocare i bambini. Era così triste, ed io indovinavo il perché... stava pensando che non aveva futuro con lei, e questo mentre gli sarebbe bastato un frammento di pelle su un vetrino per proclamarsi duca di Thule, e padrone di tutti i futuri del mondo. Istintivamente mi sono avvicinato a lui, ho posato appena le dita sulla sua spalla in un gesto di timido conforto. E lui mi ha detto, a voce bassa e tranquilla, priva di ogni animosità: "Per favore, lasciami in pace. Mi dà fastidio essere toccato da te." Non ho sentito rabbia, non ho sentito il dolore che avrei provato qualche giorno prima. Ho capito solo che una volta di più non sarei riuscito a rendere felice qualcuno a cui tenevo. Così ho ritirato semplicemente la mano. "Certo, scusami." E me ne sono andato, senza dire altro. E' come se qualcosa in me fosse morto di inedia. Mi sento così vecchio... da quanto tempo sono qui, a Nuova Luxor? Mi sembra una vita! Mentre sono solo una manciata di mesi: ma troppo intensi, troppo frenetici dopo i lunghi anni di addestramento. Purtroppo quegli anni mi hanno preparato a tutto, fuorché ad avere dei rapporti normali con il prossimo; e sono proprio questi ad avermi stremato, non i nemici, i duelli ed i pericoli. Per un bruciante, intenso periodo della mia vita mi sono trovato rinchiuso in un dolce universo dove tutto ciò che esisteva era il mio amore, importantissimo, al centro di ogni pensiero... Ma non era altro che un'illusione. Quel periodo è finito e non ha lasciato segni, se non dentro di me. L'universo vero è ancora qui, va avanti inesorabile e indifferente, mi fa sentire tanto stupido. Chissà, forse aveva ragione Ikki: meglio che uno come me si rassegni a restare da solo. Non posso offrire o chiedere niente a un altro essere umano. Non mi resta che cercare di nuovo la compagnia delle piccole cose, le uniche che siano adatte a me. Mi inginocchio ai piedi dell'albero. C'è un fiore selvatico che cresce lì sotto, non so il suo nome, ma è bellissimo: blu, piccolo, perfetto come un gioiello. Mi perdo a poco a poco nella sua contemplazione, mi lascio invadere da una pace struggente, una sensazione che ho già provato tante volte. Respiro profondamente: no, non avrei mai dovuto abbandonare questo mio contatto primordiale, così semplice ed elementare, la mia antica fonte di gioia! Riesco così ad essere di nuovo felice, a non soffrire per la mia perenne umiliazione, perché anche quella è un'illusione. Quest'universo è troppo grande e maestoso, pieno di vita e di cose belle, cosa sono i miei drammi personali di fronte a tutto questo? Cosa sono io, persino dall'alto del mio nuovo potere? Niente più che un fiorellino blu in un prato, che nessuno ha piantato, e tuttavia esiste. Per un istante chiudo gli occhi, unisco le mani davanti al petto e lascio che la mia anima si espanda libera per il cosmo, senza attingere o pretendere energia, solo per sentirlo, per sentire la sua canzone dentro di me. Capisco solo adesso quanto abbia temuto la morte in questi giorni, quando mi cullavo nel sogno della mia felicità. Mi angosciava l'idea di morire proprio quando stavo per ottenere quel che volevo... ora però non è più così. So che il futuro per me non esiste, non è mai esistito. Mi sento come tutti i fiorellini di questo prato, che sbocciano anche un istante prima del passaggio della falciatrice. Sono sereno, pronto ad accettare il mio destino senza più lamentarmi. Apro gli occhi. Sorrido, sfiorando appena la corolla del fiore con la punta di un dito, una sorta di carezza. Spero che possa sentire quanto gli sono grato. "La vita è così bella," sussurro, quasi a me stesso. Ed all'improvviso divento consapevole di non essere solo. Senza alcun preavviso: è la prima volta che i miei sensi interiori mi tradiscono... possibile che fossi così concentrato da non accorgermi prima di questa presenza? Alzo la testa, stupito. Alla mia destra, a qualche metro di distanza, c'è un uomo che non ho mai visto prima, vestito elegantemente. Prima ancora che possa chiedermi da dove sia saltato fuori, lui esordisce in inglese, con un forte accento straniero che non riesco a identificare: "Buongiorno. Mi spiace disturbarti mentre parli con i fiori..." Mi rialzo, arrossendo di imbarazzo. "Non... non era esattamente quel che stavo facendo." Che figura! "Ecco, in un certo senso, stavo pregando." "Di solito sono i sacerdoti a pregare." "Allora... diciamo che sono un sacerdote anch'io," rispondo, un po' temerariamente. Lui alza appena le folte sopracciglia. "Sacerdote? E di che religione?" "Non posso dirlo," dico, sorridendo. "Questo è un segreto." Lui risponde al mio sorriso, ma con un'aria pensierosa. "Abiti in questo grande..." Non trova la parola giusta, così fa un gesto con la mano. "No, non abito qui. Però ci lavoro." Mi correggo, precipitosamente: "Cioè, frequento una delle scuole della Fondazione." Meglio non rischiare altri errori come ho fatto con la polizia di Nuova Luxor! Il signore si ferma davanti a me. Lo devo guardare all'insù, è alto più o meno come Ikki, pur non essendo affatto longilineo: la sua muscolatura è massiccia e tonda, riempie per bene l'elegante vestito occidentale. Ha un'aria mediterranea, con la pelle olivastra che fa risaltare gli occhi chiari, di un verde dorato. I capelli sono castani, più ricci dei miei, e sono tagliati corti intorno al viso. Ha l'aria di avere circa trent'anni, ma non sono mai stato bravo a capire l'età delle persone. Mi chiedo chi sia: un dipendente della Fondazione? Un ospite di Lady Isabel? Forse, così ben vestito, è qualcuno dei miliardari che le fanno la corte sperando di sposarla... e in questo caso, mi chiedo cosa aspetti milady ad accontentarlo! "Posso sapere chi è?" gli chiedo, cortesemente. "Preferisco di no. Questo è il mio segreto." "Capisco." In realtà non capisco niente, ma non importa. "Posso esserle utile?" "Questo si. Potresti farmi da guida in questo grande...." e di nuovo gli manca la parola. "Certo," annuisco. "E facile perdersi qui. Dove deve andare?" "Veramente non lo so ancora," dice, guardandosi intorno. "Sto cercando una persona..." Per un istante mi volta le spalle, e noto all'improvviso che i suoi capelli non sono tutti corti: una ciocca sulla schiena è stata lasciata incolta, ed è legata con cura. Un sacerdote? penso automaticamente. Scaccio il pensiero, rammentando che dopo il Grande Torneo quello stile è diventato piuttosto popolare, anche tra gli adulti. Però l'istinto mi spinge ugualmente a tentare una frase in greco antico. Scelgo una citazione da Platone che mi è sempre rimasta impressa: "O´ nouz estin augos." L'uomo annuisce, distrattamente. Poi si volta di scatto a guardarmi, mentre trasalisco. Non ho neanche il tempo di reagire: mi sento afferrare alla gola e scaraventare con la schiena al tronco dell'albero. Sbatto la nuca con tanta forza da perdere quasi i sensi, per qualche secondo non vedo niente, soltanto scintille rosse... "Hai detto una cosa giusta," mi sento dire in greco, con la totale sicurezza di una lingua madre. "Il pensiero è occhio... cioè luce. Ma è una luce che spesso si fa fermare dalle emozioni. La giustizia divina invece non si ferma mai." Annaspo, sentendo il sangue colarmi tra i capelli. La vista si coagula, e vedo la camicia candida dell'uomo davanti a me... alzo lo sguardo ed incontro i suoi occhi. Non c'è dubbio, è un adepto del Mondo Segreto! Ma com'è possibile? Con tutta la mia sensibilità, non ho sentito un barlume della sua energia... me l'ha schermata completamente! Ora però non lo fa più, e sento qualcosa che mi terrorizza, anche se quella potenza non si è nemmeno manifestata, se si esclude la rapidità sovrumana con cui sono stato immobilizzato. "Mi spiace essere giunto al dunque in questo modo," mi dice, tranquillamente. "Ma ormai ti eri accorto della mia vera natura. Non temere, non ho intenzione di farti altro male: non sarebbe degno di me togliere ad Athena qualcuno ancora capace di pregare con la purezza di un bambino." "Chi sei?" chiedo, spaventato. "Le faccio io le domande," ribatte lui, e mi posa l'altra mano sul petto, a livello del cuore. "E sarà meglio per te rispondermi sinceramente. Allora, dov'è l'armatura del Sagittario?" Lo guardo negli occhi, a bocca aperta. "Rispondimi, ragazzo," insiste lui, "O ti strapperò la verità dal cuore." "Ti risponderò," dico, con voce fioca. "Se per armatura intendi l'elmo, arrivi tardi: ci è stato portato via, ed ora tutto quel che abbiamo è lo scrigno vuoto..." "Non è possibile!" esclama lui, incredulo. "E gli altri otto pezzi?" Ricambio il suo sguardo sorpreso. "Quelli?! Ma... li abbiamo perduti dopo il nostro scontro con Docrates! Per quanto ne sappiamo, sono al Santuario!" Lui mi studia a lungo, premendomi la mano sul cuore. "Per Athena," mormora, "Stai dicendo la verità! Che significa questa sciarada?!" Già, che significa? Che anche al Santuario è stato commesso un furto sacrilego, ed hanno dato la colpa a noi a mezzo mondo di distanza?! L'uomo corruga le sue folte sopracciglia. "Forse significa solo che tu sei in buona fede, ma non sei la persona giusta da interrogare. Meglio che rivolga la mia domanda a qualcun altro. Conosco un giovane orientale di nome Seiya, che è cavaliere di Pegasus..." Rabbrividisco, involontariamente. "E lo conosci anche tu, vedo. Bene, portami da lui." Mi sento impallidire. "Che intenzioni hai?" "Non sono affar tuo." "Si che lo sono. Non ti permetterò di fare del male a Seiya!" Senza di lui la vostra guerra è persa in partenza, ha detto mio fratello... e deve aver avuto i suoi motivi per raccomandarmelo. Ma oltre a questo Seiya è un compagno leale, che mi ha sempre aiutato nel momento del bisogno, anche fustigandomi quando era necessario... non condurrò mai un nemico davanti a lui! L'uomo mi guarda con una punta di disprezzo. "Un povero essere come te si arrogherebbe il diritto di proteggere un cavaliere come Pegasus?" "Si," rispondo, afferrando la mano che mi tiene la gola. "E con tutte le mie forze!" Mi concentro, cerco di convogliare energia per richiamare il mio potere... Ma lui risponde scaricandomi addosso qualcosa che non è solo energia: è fuoco liquido! La sensazione è tremenda, dilania il mio senso cosmico che è così delicato... non riesco a compensare con la rapidità necessaria, ed urlo di dolore. L'energia estranea si spegne immediatamente, con sublime controllo. Resto scioccato, ansimante, con gli occhi sbarrati. "Non tentare i tuoi miseri trucchi con me," dice il mio avversario. "Non sei che una lucciola di fronte al sole. Ora che sai che non puoi sfidarmi, obbedisci. Portami da Pegasus!" Scuoto la testa, con disperazione. "Con che coraggio mi ordini di tradire un amico? Per quanto debole e miserabile sia... non farò mai una cosa simile!" "Questo rifiuto ti costerà la vita." Smetto di lottare, mi abbandono contro il tronco. "La scelta è tua," dico, con voce tremante. "Io non ho scelta... non l'ho mai avuta." L'uomo stacca la mano che mi premeva il petto, la stringe in un pugno, la solleva per colpirmi. La guardo con un tremito. "Per l'ultima volta. Portami da Pegasus." Sento la minaccia in quella voce... e so cosa sta per succedermi: quell'uomo mi spaccherà il cuore, la classica esecuzione del Mondo Segreto. Mi vengono le lacrime agli occhi, ma raccolgo tutto quel che posso del mio coraggio. "No," rispondo, chinando lo sguardo. "Mi... mi dispiace." Per un lunghissimo istante nulla si muove. Persino la natura intorno a noi trattiene il fiato. Io aspetto il colpo mortale, la mente cancellata dal terrore, e tuttavia sicuro che non potevo fare altrimenti... e spero che Ikki sia orgoglioso del modo in cui me ne sto andando... Le mani dell'uomo mi lasciano, all'improvviso. "No," dice, con voce sorda. "Mi ripugna ucciderti. Sei poco più che un bambino... e sei davvero pronto a morire in nome della lealtà verso un amico. E' un sentimento troppo nobile per punirlo con la morte, anche se al Santuario la penserebbero altrimenti." Sorride tristemente. "Se non vuoi portarmi da Pegasus... ebbene, farò a meno del tuo aiuto. Addio, giovane sacerdote. Prega di non rivedermi mai più." Mi volta le spalle e se ne va. "A...aspetta," balbetto, cercando di muovere le mie gambe tremanti per fare un passo verso di lui. Mi mancano le forze e cado in ginocchio sull'erba. "Aspetta!" grido. Lui non si volta. Raggiunge la strada, si infila nel boschetto, tra gli alberi. Vedo un lampo di luce tra i tronchi, sento lo stormire improvviso delle foglie ad un colpo di vento. Scomparso! Resto lì, a fissare il vuoto. Chi era quell'uomo misterioso, così potente e così diverso da tutti gli assassini che il Santuario ci ha mandato contro finora? Che significato aveva la sua domanda? Era qui per cercare la sacra armatura completa... ma com'è possibile? Era per la maggior parte nelle mani del Sacerdote Supremo! Ci siamo tutti sbagliati? Oppure... quell'uomo non era affatto al servizio del Santuario, ma di qualcun altro? Ed Ikki? In che modo entra in questa storia? Le sue azioni sono così contraddittorie... non si riesce a capire da che parte sta! Sapeva che stava arrivando questo cacciatore, ed a quanto pare grazie a Castalia, un'altra figura misteriosa: ma quali scopi comuni potevano avere quei due, apparentemente schierati da parti opposte? L'eretico Phoenix ha forse portato via l'elmo per salvarlo, prima che cadesse tra le mani di qualcun altro? E' per questo che è fuggito da Nuova Luxor... e quella fedelissima Santa di Athena l'ha lasciato andare? Devo assolutamente parlare con qualcuno, avvertire i miei compagni! Respiro profondamente, chiudo gli occhi, unisco le mani e concentro i miei poteri. Sento la familiare sensazione di unità col cosmo, mi lascio possedere dalla mia energia, sento il calore delle mie catene che si dipanano intorno a me, disponendosi da sole a spirale. Hyoga. Pericolo. Cercami. Non posso fare altro che sperare che senta la mia emanazione... non lo sento emettere alcuna energia! Non è concentrato, sta solo pensando al mondo esterno, alla sua Daisy. E tu dove sei finito, cacciatore misterioso? Mi concentro... mi concentro... E finalmente sento un'energia ostile. Ma non è quella che cerco. E' una vampa soffocata, subdola e strisciante, il cui colore mi è ormai familiare: è la terza volta che lo percepisco in vita mia... Tisifone?! Si! L'ho trovata, finalmente! Mi ha eluso per giorni e giorni, ma ora sento la sua presenza. Rabbrividisco: questo significa che è molto vicina... e che sta preparando un attacco! E contro chi, è facile immaginarlo... "Seiya," mormoro, scattando in piedi e ritirando le mie catene. Devo fare presto! Mi volto verso il Saint George, ancora lontano, oltre il bosco. Raccolgo le mie forze e senza un attimo di esitazione mi metto a correre, lottando contro la debolezza dei miei muscoli. Fendo l'aria con tutta la rapidità possibile, battendo probabilmente svariati record mondiali di atletica, e finalmente giungo tutto ansimante davanti alla vecchia scuola, nel giardino del parco-giochi. Purtroppo Tisifone ha già lanciato il suo attacco, approfittando della solitudine di Seiya. Vedo la finestra della sua stanza spalancata, in frantumi; ma grazie al cielo il mio amico è ancora vivo, e non sembra nemmeno seriamente ferito. Lo vedo sul prato, scalzo e graffiato, vestito solo di un largo pigiama piuttosto ridicolo, concentrato e in posizione di guardia. Davanti a lui la sacerdotessa-guerriera è pronta a ripetere il suo tentativo, la sua inconfondibile armatura che scintilla al sole, le mani protese come artigli pronti a ghermire la preda. "Fermati, Tisifone!" grido, concentrando il mio potere. Non ho l'armatura, ma posso sempre generare le mie catene, e se quella donna oserà fare anche un solo passo in avanti, ne farà la conoscenza... "No, Shun!" tuona Seiya, senza spostare lo sguardo dalla sua avversaria. "Te lo dico una volta sola. Non ti immischiare in questa faccenda. Se mai mi hai considerato un amico, se hai un qualche senso dell'onore, stai alla larga... o non te lo perdonerò mai!" Quel tono categorico mi lascia pietrificato. "Che nobiltà d'animo, Pegasus!" esclama Tisifone, "Ma si, lascia pure che i tuoi amici assistano senza intervenire. Per me non esistono, in ogni caso. Nulla più esiste da quando mi hai disonorata! Stavolta chiuderemo il conto, muso giallo, una volta per tutte!" "Abbiamo già discusso della cosa," grida lui, disperato. "Come devo dirtelo? Non mi batterò con te, in nessun caso! Né con l'armatura, né senza, né da sano, né da ferito... ti ho già preso a pugni una volta, e me ne sto vergognando ancora!" "Perché sei così vile, maledizione?" urla lei, scagliandosi in avanti. "Perché non mi uccidi, e mi liberi così dalla mia vergogna?!" Attacca ancora, con colpi disperati, ma mi accorgo subito che qualcosa non va... i suoi movimenti sono così impacciati, così prevedibili! Com'è possibile che quella sia la stessa guerriera che ho visto battersi nel Pacifico, e nel cratere qui vicino? Seiya non ha proprio bisogno del mio aiuto. Para senza sforzo tutti i colpi della donna, li schiva con un'agilità che dimostra quanto sia avanti con la guarigione. Poi, con una facilità irrisoria, blocca un braccio di Tisifone e glielo porta dietro la schiena, costringendola a fermarsi. Lei resta immobile, col respiro affannoso, come un animale in trappola. "Smettila con questa pazzia," le dice il mio amico, con quel suo tono serio che gli ho sentito usare così raramente... e forse per questo, ancor più impressionante. "Non avrai mai la mia vita, ed io non prenderò la tua. Questa è la mia ultima parola." Lei china la testa, e la sua voce esce in singhiozzi: "Ma che alternativa ho per riparare al mio onore, Pegasus? L'unica via d'uscita... me l'ha sbarrata quella strega della tua padrona!" Seiya la lascia. "Che vuoi dire?" "La ragazza di Thule... è la tua amante!" Per un istante lui resta assolutamente senza parole. Poi cerca di ridere, ma gli esce solo un colpo di tosse soffocato. "Senti, Tisifone, a parte la domanda più naturale, e cioè che te ne frega se io ho un'amante o meno... come puoi credere che Sua Maestà Lady Isabel Saori si degni di... considerarmi..." "Ti ha baciato," taglia corto lei. "Davanti ai miei occhi." "Eh?!" Seiya sgrana gli occhi. "E quando, di grazia?!" "Quando Danian l'ha rapita, e tu pur di salvarla ti sei buttato nel cratere con lei... un puro gesto d'amore!" La voce le trema. "Ed infatti, quando vi ho trovati all'alba, ho visto te svenuto, disteso sulla roccia... e lei che piangeva e ti baciava sulle labbra." "Stai scherzando..." mormora Seiya, rosso in faccia, gli occhi fissi nel vuoto. Non so a cosa pensi, ma io ricordo all'improvviso tante cose: il fatto che Lady Isabel si fosse scomodata ad andarlo a trovare a casa sua, dopo il torneo... il suo gesto possessivo, quando Voluyara le aveva ordinato di allontanarsi da lui... e le parole di mio fratello: Athena si è scomodata di recente solo in un'occasione, quella di salvargli la vita! Che Tisifone abbia ragione, dopotutto? "No!" esclama alla fine Seiya. "Che scemenza anche solo pensare una cosa del genere!" Sembra quasi più terrorizzato dalla prospettiva di quel sentimento, che dal pericolo che ha davanti. "Io e Lady Isabel... uno il contrario dell'altra! Non siamo mai andati d'accordo, figurati se possiamo essere innamorati... milady mi avrà visto K.O. dopo la caduta, ed avrà tentato di farmi la respirazione bocca a bocca, tutto qui." Ma poi commette un errore madornale, perché si tocca le labbra e soggiunge: "Accidenti, però, che peccato che in quel momento fossi svenuto..." E' proprio quel che ci vuole per portare l'esasperazione di Tisifone oltre ogni limite. Lei infatti lancia un ruggito colmo di rabbia, si volta di scatto con il pugno pronto a colpire, tutta la sua energia concentrata in esso. "Muori, Pegasus!" Lui si rende conto troppo tardi di star guardando in faccia la morte, alza le braccia in un'ultima difesa, io mi maledico perché capisco che Tisifone ha preso alla sprovvista anche me, non posso far niente per fermarla... Ma la guerriera non riesce a colpire Seiya. Qualcosa la solleva letteralmente per aria e la getta di lato, mandandola a ruzzolare sul prato per parecchi metri. Nel silenzio irreale che segue, sento una voce familiare: "Non ti permetto di interferire nella mia missione, cavaliere di Ofiuco." Dall'angolo della casa esce una figura maestosa, solenne, avvolta in un ampio mantello candido come la neve, che si apre sul petto rivelando lo scintillio di un'armatura. Ma non porta la maschera, e lo riconosco benissimo: è lo stesso uomo misterioso che ho appena incontrato in abiti borghesi... Ed è un cavaliere d'oro! *** Mi torna in mente un dialogo con Albyon (ricordo bene la sua lezione, impartitami dopo la mia investitura a cavaliere, nell'intimità del suo letto). Il mio maestro aveva detto: "Un semplice essere umano come me non può nemmeno concepire appieno il potere di un cavaliere. Così come un cavaliere della più bassa gerarchia non può nemmeno concepire il potere di un cavaliere d'oro." Io non sapevo neanche che esistessero, e gli avevo chiesto come si faceva a diventarlo. "Questo io non posso certo spiegartelo. Ma so che dodici cavalieri non hanno affatto bisogno di diventare cavalieri d'oro: lo sono fin dal primo istante della loro investitura. Sono i misteriosi Santi dello Zodiaco. Hanno questo privilegio perché le loro costellazioni ospitano il transito annuale del Sole: dunque dispongono di quest'energia supplementare... certo, una sola stella, insignificante rispetto ai miliardi della galassia di Andromeda, ma indicibilmente più vicina! Così hanno in mano un potere ineguagliabile dagli altri cavalieri. Il loro privilegio fa sì che le schiere di Athena abbiano sempre dei Santi della massima gerarchia su cui contare, anche quando nessuno degli altri riesce a salire di grado. Inoltre le armature di questi cavalieri sono eccezionali, destinate come sono a coloro che devono essere l'ultimo baluardo di Athena. I Santi dello Zodiaco sono i più alti dei sacerdoti, eroi schivi, predestinati dalla nascita, coscienti del loro immenso potere, parsimoniosi nell'usarlo, esempi di devozione ed oggetto di venerazione da parte di tutto il Mondo Segreto." Ed a quel punto io mi ero messo a sbadigliare, contento di addormentarmi con quella bella favola a proposito di esseri sovrumani, pensando che tanto non li avrei mai incontrati... E invece eccomi qua, di fronte a uno di loro. Mi aspetto che Seiya condivida il mio grande timore reverenziale. Invece si comporta in un modo che mi sembra quasi sacrilego: si picchia le mani sulle cosce, con un gran sorriso e gli occhi sgranati, ed esclama in maniera molto poco solenne: "Ehi, non ci posso credere! Sei proprio tu... ed accidenti, ne hai fatta di carriera!" "Lo conosci?" chiedo, stupito. "Ma certo che lo conosco!" risponde lui, indicandolo. "E' il mio amico Ioria!" Lo guardo, ad occhi spalancati. Ioria! Dunque è quello il famoso fratello minore di Aiolos... ma Seiya non ci aveva detto che era un cavaliere d'oro. Evidentemente gli aveva sempre celato la sua vera natura, come d'uso tra i suoi pari grado. Ma allora perché si è manifestato proprio adesso? E perché tanta freddezza da parte sua? A dispetto del calore con cui è stato accolto, non si lascia andare ad altro gesto di riconoscimento che un semplice cenno della testa... troppo poco per un amico. Tisifone si rialza a fatica, voltandosi appena verso il nuovo venuto. "Tu, qui!" esclama, con voce velenosa. "Ma certo. Sei l'unico cavaliere dello Zodiaco talmente svergognato da degnarsi di calpestare un terreno sconsacrato!" "Tisifone," ribatte lui, tagliente. "Mi sorprende trovarti ancora in questa città, dopo gli ordini che avevi ricevuto. Il tuo posto è al Santuario, dove la tua defezione è già argomento di molte chiacchiere. Se torni adesso sei ancora in tempo per essere perdonata. Puoi dire che sono stato io a rimandarti a casa." "Non prima di aver riparato al mio disonore," sibila lei. "E come?" sorride lui, ironico. "Uccidendo Pegasus? Vedo che pensi sempre a lui, in un modo o nell'altro. L'hai fatto fin dai primi giorni, al Santuario..." "Taci!" ruggisce lei. "... e ti ha sempre ossessionato perché, unico tra i postulanti, non aveva paura di te, e te lo dimostrava. Ti trattava sempre da donna, e la cosa ti terrorizzava. Ha saputo battere il tuo brutale allievo Cassios, e battere anche te. Ammettilo, Tisifone di Ofiuco, il piccolo e brutto barbaro venuto dall'Est ti ha vinto, dentro e fuori... e tu credi ancora di ingannare qualcuno dicendo che vuoi ucciderlo?" La guerriera non risponde. La sua maschera scintilla al sole, impassibile. Ma le braccia le cadono ai fianchi, le spalle le tremano. "Ehi," mormora Seiya, attonito. "Che significa questa storia?" Ioria si volta verso di lui, facendo frusciare il suo bianco mantello. "Ora basta con le distrazioni," dice, in tono freddo. "Stavo cercando proprio te, Pegasus. E ti avrei trovato prima... se tu non avessi un amico molto ostinato," e mi lancia un'occhiata. allusiva. "Grazie alla furia di Tisifone però ho potuto fare a meno di altre indicazioni." "Beh, mi hai trovato. E allora? Cosa posso fare per te, in nome dei vecchi tempi?" "Non credere che sia venuto in pace," ribatte lui, severissimo. "Sono qui per ordine del Santuario. Voglio innanzitutto sapere dov'è finita l'armatura del Sagittario... dove sono tutti i pezzi che ci avete sottratto." Il sorriso di Seiya si spegne. "Ehi... ma sei diventato matto?" Il cavaliere si trasforma in una stria luminosa. E quasi nello stesso istante si materializza davanti a Seiya, piantandogli una mano carica di energia sul petto. Io allibisco: ecco la rapidità con cui può muoversi... al suo confronto Pegasus si muove al rallentatore! "Rispondi alla mia domanda," insiste, minacciosamente. "Certo che ti rispondo," esclama il mio amico, indignato. "Noi non abbiamo un cavolo di niente! L'armatura ce l'avete fregata voi, si, proprio voi," e punta l'indice sotto il naso di Ioria, "compreso l'ultimo pezzo che ci rimaneva, e cioè l'elmo! Contento?" Le mascelle del cavaliere si contraggono. "Anche tu dici la verità," mormora. "Certo che dico la verità," sbotta Seiya, "Se cerchi dei bugiardi, qui non ce ne sono... ti conviene tornare in Grecia, dove ne trovi per tutti i gusti. A cominciare proprio dall'esimio Sacerdote Supremo." Il viso di Ioria avvampa. "Avevo sperato di cuore di non sentire queste parole da te. Ma non fai che confermare la tua condanna, ed io sono testimone dei tuoi insulti alla nostra massima autorità. Non mi resta che obbedire agli ordini che mi sono stati impartiti, e toglierti la vita." "Che cosa?!" "In nome di Athena," proclama il cavaliere, in tono secco e solenne. "Seiya di Pegasus, sei stato giudicato colpevole di tradimento nei confronti dell'autorità del Santuario: hai disonorato la tua armatura in un pubblico torneo, ti sei sottomesso ad un potere terreno, hai sparso il sangue dei Santi di Athena e ti sei ribellato a colui che è la fonte del tuo potere. La punizione per un simile delitto è la morte." Seiya lo fronteggia, a pugni stretti. "Non posso crederci, Ioria... E tu saresti venuto fin qui dalla Grecia, con tutta la tua bella e tintinnante armatura d'oro, solo per fare da boia?" "E' necessario. Tu ed i tuoi compagni decaduti avete inspiegabilmente decimato persino le fila dei Santi d'Argento. Il Santuario non può permettersi ulteriori perdite." "E non ti sei chiesto per caso come mai un gruppo di cavalieri come noi è riuscito a mettere nel sacco per tanto tempo il Santuario? Non ti sei chiesto se magari avevamo qualche asso nella manica... una ragione per combattere migliore della vostra?" "Mi è nota la potenza del male," ribatte lui, e la voce gli trema. "Ha saputo corrompere persino la purezza di mio fratello." "Guarda che stai sbagliando tutto, Ioria!" "Mi sono sbagliato solo a pensare che avresti affrontato il tuo destino da uomo, Pegasus. Eppure sei stato educato bene, mi aspettavo più coraggio da parte tua. Questi tuoi puerili tentativi di convincermi non ti salveranno dalla punizione." "Ed io mi sono sbagliato a crederti un tipo sveglio," ribatte Seiya, temerariamente. "A quanto pare sono bastate poche balle da parte del Sacerdote Supremo per trasformarti in un assassino da quattro soldi, pronto a rinnegare tutta la propria nobiltà d'animo ed uccidere dei cavalieri inferiori!... Ma non hai un briciolo di vergogna?" "Vergogna?" fa eco lui, amaramente. "Sono più di sedici anni che convivo con questo sentimento, Pegasus. Li ho trascorsi tutti espiando i peccati di mio fratello, sopportando ogni sorta di umiliazioni, vivendo lontano dal Tempio. Solo pochi sapevano che avevo in me il cosmo di un cavaliere d'oro, e quanto mi costasse guardare da lontano gli onori dovuti ai miei pari grado! Ma il Sacerdote Supremo era tra costoro, e finalmente mi ha convocato al suo cospetto, chiedendomi cosa desiderassi dopo tanti anni di dolore. Gli ho risposto che desideravo solo riparare agli errori di mio fratello, per cancellare l'onta del tradimento dalla mia famiglia. E lui mi ha ordinato quest'ultima espiazione: giungere qui, in questa terra maledetta ed eliminare tutti i cavalieri decaduti. Un compito meschino ed umiliante, vero... ma non ho altra scelta che portarlo a termine." "E che ne è dell'amicizia che ci legava? La calpesterai senza esitazioni, non è così? Così come calpesterai il tuo legame con Castalia. Dovrai uccidere anche lei!" Un'espressione di dolore solca quel bel volto da statua greca. "Castalia," mormora. "Io... ho ricevuto degli ordini precisi, non posso disobbedire. Devo eliminare tutti i cavalieri decaduti, e purtroppo la tua maestra è tra questi. Lei mi conosce, capirà che il nostro legame ha pur sempre un limite... quello del tradimento." "Continui a parlare di tradimento!" esplode Seiya. "Possibile che in tutti questi anni non ti sia mai saltato in mente che tuo fratello fosse dalla parte della ragione? Che abbia fatto quel che ha fatto per dei seri motivi, lui che era considerato il migliore tra i cavalieri? In nome di cosa sei così pronto a sputare sulla sua memoria? Solo perché il Sacerdote Supremo ti ha ordinato di farlo?" "Taci!" tuona Ioria, esasperato. "Non voglio più ascoltarti, Pegasus. Non voglio più sentire le tue ridicole scuse. Hai paura di morire, e cerchi di seminare dubbi nella mia mente per sfuggire al tuo giusto castigo. Mi aspettavo più forza d'animo da te. Vesti la tua armatura, ed affronta il tuo destino da uomo!" "E perché mai dovrei indossare la mia armatura?!" esclama Seiya, furibondo. "Per farti sentire bene nei tuoi panni di giustiziere? No! Sporcati pure con il mio sangue infetto, se è questo che vuoi! Mettiti sotto i piedi la coscienza, rinnega gli ideali di tuo fratello, dài un calcio ad Athena e passa nel campo dei suoi nemici! Se è così facile ingannarti, se è così facile prenderti per il naso, vuol dire che non c'è rimasto più niente di Santo in te!" Il cavaliere d'oro impallidisce spaventosamente. "E' così che vuoi morire? Insultandomi, invece di combattere?" "Dicendoti in faccia la pura verità," ribatte Seiya, coraggiosamente. "Aiolos non era un traditore. Tu stai per diventarlo!" "Addio, Pegasus." Ioria si concentra, la sua mano diventa istantaneamente luminosa. Seiya non cerca di sfuggire al colpo... sa già che la sua velocità non lo salverebbe da quella del cavaliere d'oro. "No!" grido io, gettandomi disperatamente in avanti. Ma è troppo tardi. Ioria colpisce. Nello stesso istante in cui Tisifone, ben più vicina di me, balza davanti a Seiya, facendogli da scudo con il suo corpo. *** Vedo un raggio di luce solida infrangersi contro la schiena della guerriera, sbriciolare con un'esplosione la parte posteriore della sua armatura, attraversare il suo corpo e mandare in frantumi anche il pettorale. Seiya viene colpito da una pioggia di schegge insanguinate. Quindi Tisifone gli cade tra le braccia senza un grido, senza un gemito. Tutto è finito quasi nello stesso istante in cui è cominciato. Per un lungo istante nulla si muove in quella scena. Ioria guarda inorridito quel che ha fatto. Seiya è sotto shock, con il pigiama tutto sporco di sangue, lo sguardo perso nel vuoto, tenendo goffamente tra le braccia il corpo inerte di Tisifone. Io sono fermo, paralizzato, a qualche passo da loro. Ma sono il primo a scuotermi da quella stasi mortale. Accorro dal mio amico, lo aiuto a posare a terra il suo fardello. Seiya non è ferito seriamente: mi scosta quasi con violenza, si inginocchia accanto alla guerriera, la chiama con voce rotta: "Tisifone!... Tisifone! Maledizione, rispondimi!..." Mi guarda, ansiosamente. Io scuoto la testa, impotente. "No," geme, e la afferra per le spalle, la scuote. "Tisifone, non puoi morire! Non puoi morire così, in questo modo tanto... stupido! Avanti, svegliati... parlami!" Lei resta inerte, come una bambola rotta. Sembra già morta; ma all'improvviso dalla sua maschera sale una voce fioca, esile, che non tradisce il minimo dolore. "Scoprimi il viso, Pegasus. Tanto... sto per morire." Lui obbedisce e le toglie la maschera, delicatamente. Appare il volto sudato, sbiancato di una giovane donna, dall'espressione sorprendentemente dolce. Seiya la guarda, con le lacrime agli occhi. "Non ha senso tutto questo, Tisifone... ti rendi conto di quel che hai fatto?" "Si," risponde lei, con un debole sorriso. "Non ho permesso... che tu morissi." "Ma se hai passato gli ultimi tempi a fare di tutto per uccidermi!" "Chissà," mormora lei, sempre con quel triste sorriso sulle labbra. Volta faticosamente lo sguardo verso il cavaliere d'oro. "Ioria del Leone, mi appello al tuo onore. Hai avuto... il tuo sangue. Ora ti chiedo una vita... per una vita. Risparmia Pegasus. Il mondo sarà migliore con lui... e senza di me." "No," geme Seiya, e la prende tra le braccia. "Non dire questo, ti prego!" "Era tempo per me di morire," sussurra lei, e chiude gli occhi. "Ho goduto nel fare del male agli innocenti... ho sempre avuto paura dell'amore e muoio... senza averlo mai conosciuto..." "Non è vero!" La voce di Seiya si affievolisce. "Non è vero, povera sciocca... quel che hai fatto adesso, come lo chiami?" La accarezza, con penosa dolcezza. "Non è un atto d'amore?" Lei riapre gli occhi. "E se lo fosse... tu l'accetteresti da una come me?" La sua voce si spegne a poco a poco. "Seiya... più giovane di me, di un'altra razza... nemmeno bello, e tuttavia l'unico... che mi abbia fatto sentire una donna. Ti ho odiato per questo, ti ho... temuto, e forse ti ho anche... amato." "Non era questa la mia intenzione, te lo giuro..." Seiya scuote la testa, disperato. "E se solo me l'avessi detto prima... fatto capire, e non in questo modo assurdo..." "Sarebbe cambiato qualcosa?" chiede lei, tristemente. Segue un istante di silenzio. "Tisifone," mormora alla fine Seiya. "No," sussurra lei. "Marina." "Marina?" "E' il mio vero nome. Prima... del Mondo Segreto. Non l'ho più sentito da quando ero... bambina, ed ora vorrei tanto sentirlo... da te..." Sta morendo rapidamente. E Seiya lo sa. Chiude gli occhi, tenendo la testa della guerriera premuta al petto. La sua voce esce, dolorosa e ferma, carica di rimpianto: "Va bene, Marina. Allora ascoltami. Davanti agli dèi, io accetto il tuo amore. E ti offro il mio." Che sia sincero o meno, in quel modo le restituisce l'onore: un ultimo regalo davanti alla morte. Si china a baciarla sulle labbra esangui, lei inerte e tremante... quando il bacio finisce, la vedo sorridere, gli occhi luminosi, mentre Seiya la accarezza. Mi sembra di violare un momento sacro con la mia presenza. Perciò volto la testa per non guardare. E segue un silenzio misericordioso, che dura per un istante lungo un'eternità... "Marina," sento all'improvviso chiamare, e rabbrividisco comprendendo cosa significa. "Ti prego, Marina, rispondimi..." Seiya esplode in un urlo disperato. "Rispondimiii!!!" Si mette a piangere, come mai l'ho visto fare, tenendo stretto il corpo senza vita della donna, cullandola tra le braccia. Io lo guardo, commosso dal suo grande dolore, senza sapere cosa fare per aiutarlo... mi volto verso Ioria, immobile come una statua, con quella sua espressione di dignitoso cordoglio sulla faccia. Lo fisso negli occhi, come per chiedergli con che coraggio ora potrebbe eseguire il suo compito, distruggere un avversario già così annientato. E lui sospira pesantemente. "Una vita per una vita, Pegasus... e Tisifone è morta al posto tuo. Non posso certo disonorare il suo sacrificio eroico, qualunque siano gli ordini del Santuario. Quindi, per questa volta, non ti ucciderò. Ma presto mi rivedrai, ed allora compirò comunque il mio dovere." Si volta, facendo frusciare il bianco mantello. "Aspetta, Ioria!..." lo chiama Seiya, con un ruggito. Lui si ferma. "Perché non hai bloccato il tuo colpo?" geme il mio amico, con voce quasi irriconoscibile. "Dimmi, perché?!... Un cavaliere con le tue capacità sovrumane doveva accorgersi delle intenzioni di Tisifone! Sapevi meglio di me che mi amava, che ti avrebbe impedito di uccidermi... dove avevi la testa, quando mi hai colpito?!" Le spalle del cavaliere d'oro tremano. "Hai ragione, Pegasus," dice, senza voltarsi. "La mia emotività ha preso il sopravvento. Furioso com'ero, non mi sono accorto di lei, ed è stato un grave errore da parte mia..." "E pensi di cavartela così a buon mercato?!" ruggisce Seiya, lasciando la donna e scattando in piedi. "Tisifone è morta, maledetto, è morta per colpa tua!!!" Si strappa di dosso la giacca insanguinata del pigiama, restando a torso nudo. "Non voglio la tua schifosa misericordia, assassino. Tu puoi anche essere il più grande dei Santi dello Zodiaco, ed io un misero cavaliere decaduto... ma anche convalescente, anche senza armatura, giuro che non me ne andrò da questo mondo se prima non te l'avrò fatta pagare!!!" "Seiya, no!" grido, cercando di fermarlo, ma lui mi respinge urtandomi con violenza. Finisco mio malgrado addosso al corpo di Tisifone, mentre lui parte all'attacco come un pazzo, senza neanche richiamare le sue energie cosmiche. Raggiunge in due balzi il cavaliere d'oro e gli assesta un violentissimo destro alla mascella. Ioria non fa assolutamente nulla per evitarlo. Incassa quel colpo tremendo senza neanche vacillare sulle gambe, fermo come una statua, con un'impassibilità sconcertante. Seiya arretra e mugola, tenendosi la mano destra contusa, soffiando dal dolore, guardando esterrefatto quella figura quasi inumana nel suo autocontrollo. Poi, dall'angolo della bocca di Ioria, esce un filo di sangue. Segno che il pugno è arrivato a destinazione, e che il cavaliere dopotutto è fatto di carne come noi. "Ora... ti senti meglio, Pegasus?" chiede, con voce triste e tranquilla. Seiya lo guarda, tremando. "Ioria..." "Come vorrei che tu potessi davvero uccidermi," mormora lui, con sincero dolore. "Ho tolto la vita ad un'innocente. E' stato per sbaglio, ma questo purtroppo non significa niente. Mi sento sporcato lo stesso da questa morte, nel profondo del mio onore, e ne porterò la macchia per sempre..." "Aspetta a parlare!" esclamo, spinto da una forza irresistibile in me. I due contendenti mi guardano, attoniti. Ma io mi rialzo sulle braccia. Non so come, ma toccando il corpo esanime della guerriera ho sentito qualcosa di strano... "Non è ancora detta l'ultima parola," mormoro. E' come se un istinto naturale mi dicesse cosa devo fare. Mi concentro, poso le mani sulla devastazione del petto di Tisifone. Non è una donna comune, è un cavaliere d'argento, ed anche se il suo cuore è fermo, il suo potere cosmico deve aver lottato fino all'ultimo per mantenerla in vita... non ce l'ha fatta perché il danno era troppo grande, ma se alla sua energia aggiungessi la mia? Se lottassi per trattenere la sua scintilla vitale dalla mia parte? Chiudo gli occhi. Mi sento prendere dalle vertigini, ho dei lampi di strane visioni... ombre che avanzano su uno sfondo di sangue. Rivivo una sensazione aliena, che ho provato di recente, anche se non ricordo in che occasione. Sento uno sforzo tremendo, qualcosa di caldo che mi scivola sul collo. "Shun!" esclama Seiya, ed apro gli occhi. "Che stai facendo? Ti esce del sangue dalle orecchie..." Ioria gli mette una mano sulla spalla, col fiato sospeso. "Non lo distrarre!" Accantono decisamente ogni sensazione, ogni dolore, mi concentro ancora. Eccola! La scintilla vitale di Tisifone è finalmente nelle mie mani... la nutro, la rinforzo. Comincia il piccolo miracolo: il cuore si contrae, debolmente, i vasi sanguigni iniziano a rimarginarsi. Ma il danno è così vasto, così tremendo... Non ce la posso fare da solo! "Aiutatemi," dico, con la voce che mi trema, "Ho bisogno di energia... tanta energia!" Ioria accorre prontamente al mio fianco, impone le mani a sua volta sul petto della ragazza, riversa un quieto, fenomenale flusso di energia cosmica. Ormai la scintilla si rafforza quasi da sola, fino al punto in cui il cosmo di Ofiuco ritorna a pulsare naturalmente in essa. "Non so come hai compiuto questo miracolo, ragazzo," mormora Ioria, incredulo, continuando al mio posto l'azione risanatrice. "Devi essere un grande amico degli dèi oscuri!" Io arretro e mi lascio cadere seduto sull'erba, esausto. Al mio posto viene Seiya, che si inginocchia ansiosamente accanto alla ragazza. "Volete dire che... Tisifone è davvero salva?! Ma... mi era morta tra le braccia..." "Ora però vive." Ioria le prende le braccia e gliele incrocia dolcemente sul petto. "E continuerà a vivere, te lo prometto. E' ferita ed esausta, ma d'ora in poi sarà sotto la mia speciale protezione. Nessuno oserà farle del male, se non vorrà incorrere nella mia ira. La riporterò in Grecia e l'affiderò a Cassios, il suo allievo... non potrò trovare mani più devote delle sue per curarla." "Non sarebbe meglio lasciarla qui?" "No. E' stata dichiarata decaduta, ma il motivo per cui ha rifiutato di obbedire agli ordini è ancora perdonabile. Una questione d'onore non è un tradimento. Se restasse qui, condividerebbe il vostro destino, quello di essere braccati e cacciati fino alla distruzione. Non potrei proteggerla adeguatamente, come ho giurato a me stesso di fare." La solleva tra le braccia, la porta con delicatezza all'estremità dello spiazzo, posandola accanto al muretto. "Lei ora è il mio fardello, Seiya... e lo porterò fino a quando non le avrò restituito ciò che le ho tolto ingiustamente." Il mio amico fa un tremante sorriso. "Grazie, Ioria. Sei ancora l'uomo d'onore che conoscevo..." Il cavaliere d'oro si rialza. "Tutto questo però non ha niente a che vedere con la mia primitiva missione," dice, con un'improvvisa durezza nella voce. "Quella di estirpare la mala pianta del tradimento. Tu, ragazzo!" Si volta verso di me. "Ho evidentemente sottovalutato le tue capacità. Mentre rianimavi Tisifone hai espresso un cosmo ben superiore a quello di un comune sacerdote..." "Altroché sacerdote," mormora Seiya. "Questo è il cavaliere di Andromeda!" Ioria mi squadra, incredulo. "Tu, Andromeda? Colui che ha sconfitto Kratos, uno dei Santi d'Argento? Dimmi che non è vero!" "E' vero, invece," ammetto, timidamente. "Che peccato," mormora, cupamente. "Dover sprecare il talento di un adolescente già degno delle vestigia d'argento... chissà cosa avresti potuto diventare, se fossi rimasto fedele alla dea!" China la testa. "Ma purtroppo il nome di Andromeda è stato maledetto al pari di quello di Pegasus. In onore di Tisifone ho promesso di risparmiare quest'ultimo, però... mi spiace, non posso fare altre eccezioni." La sua mano carica di energia si punta su di me. "Addio, giovane cavaliere. Possa la dea perdonarti per averla tradita." "Ioria, che fai?!" urla Seiya, trasalendo. "No!..." Ma lui scatena lo stesso la sua energia. Non ho neanche il tempo di un pensiero. Mi sembra di ricevere una cannonata nel petto. Ma quel che è peggio è la sensazione bruciante che si irradia dal cuore a tutti i vasi sanguigni... ho l'impressione di precipitare nel vuoto. Poi il buio mi soffoca. Tante voci mescolate insieme, come in una grande sala affollata... non riesco a distinguere una parola, sento tanta angoscia. Poi un fischio altissimo nelle orecchie, che copre le voci. Il suono si attutisce, vedo una luce rossastra. Odo dei singhiozzi soffocati, che mi rimbombano dentro. Mi rendo conto che sono io ad ansimare. Lotto per aprire le palpebre, le lacrime mi rotolano sulle tempie. Sono sdraiato a terra. E Ioria è sopra di me. "Per Athena!" mormora, sommamente stupito. "Allora sei davvero amico degli déi oscuri, ragazzo. Questo era lo stesso colpo che ha quasi ucciso Tisifone, e tu sei ancora vivo..." Cerco di muovermi, di alzare le braccia. Ma sono ridotto ad un pupazzo rotto. I nervi sono in fiamme, eppure ho tanta voglia di vivere... vorrei tanto pregare, implorare Ioria di non uccidermi, di non farmi più del male! Ma non riesco nemmeno a parlare. "Mi spiace doverti far soffrire così," mormora lui, con un sospiro tormentato. "Povero ragazzo, mi chiedo perché mai tu debba meritare la morte, con l'animo nobile che ti ritrovi... ma purtroppo non tocca a me giudicarti." Si prepara per il tradizionale colpo al cuore. "Un istante, e metterò fine alla tua agonia..." "No!" fa Seiya, con voce impastata, a terra a qualche passo da me. Ha forse cercato di difendermi? Lo sento gridare, quasi con orrore: "Ioria, non farlo!" Ed il cavaliere d'oro si ferma. Ma non per la preghiera del mio compagno. Sta fissando il ciondolo che porto al collo, il regalo dei miei maestri. "Ma questa... è l'Athena indiana!" La sua mano su di me trema, come se fosse incapace di colpire quel simbolo sacro che mi è scivolato in qualche modo sul petto. "Dunque la prima impressione che avevo avuto di te era giusta, Andromeda... le sei ancora devoto, nonostante tutto!" "Certo che le è devoto!" tuona Seiya, "Come tutti noi! Ma tu, Santo dello Zodiaco, sei devoto solo a chi si riempie la bocca di quel nome!" Ioria avvampa d'ira. "Bada a come parli, Pegasus." "E perché? Tanto che cos'ho da perdere, con un bastardo senza onore come te?" Seiya si rialza, a fatica. "Tutto potevo perdonarti, Ioria... ma questa carognata finale proprio non la mando giù! Perché hai colpito a tradimento quel povero ragazzo? Che male ti aveva fatto? E che male poteva farti, visto che è pure senza armatura?!... Non gli hai lasciato nemmeno la possibilità di difendersi!" La voce del mio compagno si carica di indignazione. "Ma questi sono gli avversari che ti scegli, dall'alto del tuo cosmo di cavaliere d'oro. Contro chi hai scagliato i tuoi colpi, oggi? Contro un ferito. Contro una ragazza innamorata. Contro un ragazzo generoso che aveva l'unica colpa di aver riparato ai tuoi errori!..." La sua energia sale. "Ed hai il coraggio di parlare di Athena, proprio tu che hai disonorato per ben tre volte l'armatura che hai addosso!" "Risparmia le forze..." replica lui, ma la sua voce si affievolisce. Perché il cosmo di Seiya si sta espandendo oltre ogni ragionevole limite. La figura seminuda del mio compagno sembra emanare una luce arcana, il suo corpo è contratto, i pugni stretti davanti a sé, gli occhi chiusi, una rabbia vendicatrice che stravolge i suoi lineamenti... "Non è possibile!" esclama Ioria, alzandosi di scatto. Una luce gialla schizza nel cielo come una cometa, e piomba su Seiya. Segue una silenziosa esplosione di energia, che ci acceca tutti. Poi la luce si affievolisce, si spegne. Quando riesco a distinguere di nuovo le cose, quasi non credo ai miei occhi. Seiya non c'è più. Al suo posto c'è una nuova, splendente figura, con addosso un'armatura che conosciamo fin troppo bene. Quella del Sagittario! *** "Mërtvye dùši!..." Quell'esclamazione soffocata che si ode nel silenzio non può essere che di Hyoga. E' arrivato giusto in tempo per assistere a quell'incredibile miracolo. Ioria è ancora accanto a me. I suoi occhi spalancati fissano quella figura in armatura. "Aiolos, sei tu..." mormora, con voce quasi trasognata. Ma poi chiude gli occhi, scuote la testa quasi con rabbia. "No!... Mio fratello è morto!" "Il suo corpo è morto. Il suo spirito, la sua missione vivono in eterno!" Non posso credere che quella voce preternaturale sia di Seiya! Ma la mano del cavaliere sale a staccare la maschera, ed appare proprio il volto del nostro compagno, quasi in trance. Per un lungo istante resta immobile. Poi batte le palpebre, come se fosse emerso da un sogno. Ed infine si guarda esterrefatto, alzando le braccia e rigirandole davanti a sé. "Ehi... ma da dove viene quest'affare?!" si chiede, di nuovo con la sua voce. Gli occhi di Ioria si stringono, con un'espressione quasi rapace. "L'axia," mormora, "Eccola, dopo tante ricerche! Non so per quale magia sia finita addosso a te, Pegasus, ma non mi importa. Ora che l'ho finalmente trovata, la riporterò in Grecia, e toglierò così l'onta del tradimento dalla mia famiglia!" "Non c'è mai stato tradimento, Ioria!" esclama Seiya, con forza. "Non capisci? Sei stato ingannato dal Sacerdote Supremo. La voce di Athena non è più al Santuario! Guarda, il Sagittario è tornato per combattere al suo fianco... la profezia di tuo fratello si è compiuta!" Ma certo, la profezia! Quella per cui Alman di Thule aveva lavorato per tutta la vita, creando il Saint George, mandandoci alle scuole segrete, ordinando quel fatidico torneo. Solo un cavaliere tra tutti noi avrebbe potuto vestire l'armatura di Aiolos: quello che avrebbe dovuto prendere il suo posto di difensore a fianco di Athena... Il predestinato era dunque Seiya. Ed Ikki lo sapeva! Ioria si toglie nervosamente dalle spalle il mantello, lo getta sul prato. "Levati immediatamente quell'armatura, Pegasus. Non sopporto che uno come te la vesta. Non sei il cavaliere del Sagittario, e non hai il cosmo per portarla degnamente! O credi che ti basti indossare quella corazza rubata per considerarti un Cavaliere dello Zodiaco?" "Non voglio considerarmi niente più di quel che sono," ribatte lui. "Un guerriero di Athena! E questa armatura è nata per servirla, al pari di me. Se la dovrò usare contro di te, Ioria del Leone... sarà soltanto per colpa tua!" "Ora basta, Pegasus! La tua arroganza ha passato ogni limite." Ioria unisce le mani davanti a sé, concentra la sua paurosa energia. "Credi davvero che quell'armatura ti renda invincibile?... Assaggia allora il vero potere di un cavaliere d'oro." E grida, all'improvviso: "Kardia Leontos!" Non vedo in cosa consiste questo colpo: vengo accecato da un lampo di luce, e l'aria esplode intorno a me. Riesco ad alzare braccia davanti alla faccia per proteggermi, i miei sensi sovraccarichi, non ho mai sentito niente di simile, tanta potenza così focalizzata, più mortale di ogni arma moderna... Finalmente l'aria si placa, carica di odore di ozono. Apro gli occhi, e vedo uno spettacolo spaventoso: il prato intorno a noi ingiallito di colpo, che sembra essere stato pettinato in tutte le direzioni; gli alberi spogliati di tutte le foglie, i poveri rami contorti bizzarramente. Hyoga è dall'altra parte dello spiazzo, accosciato ai piedi di un tronco, con gli occhi sbarrati dal terrore, la camicia strappata, i resti di uno scudo di ghiaccio tutt'intorno a lui. Io mi rendo conto di essere passato indenne alla tempesta solo per caso: mi trovavo ancora vicino a Ioria, è come se mi fossi protetto alla sua ombra. Lo vedo alto ed eretto come una statua d'oro, al centro esatto della devastazione. Ed ai suoi piedi, steso a terra, c'è Seiya. "E' tutto inutile, Pegasus," dice il ricciuto cavaliere, chinandosi sulla sua vittima inerte. "Sei forte e determinato. Sei un degno cavaliere d'argento. Ma tra me e te c'è un baratro incolmabile. Non puoi nemmeno concepire un cosmo come il mio. Ti muovi a velocità superiori a quelle del suono? Io sono limitato soltanto dalla natura stessa dell'universo. La mia armatura serve a proteggermi dalle energie che io stesso genero, non dai colpi degli avversari! Io non sono un dio... ma sono la cosa più prossima ad esso che esista su questo mondo." Seiya rotola dolorosamente su un fianco, cercando di rialzarsi. "Vai a fare... il pavone da un'altra parte," ansima. "Non mi sto vantando, sciocco," ribatte Ioria. "Sto solo spiegandoti che non hai speranze con me. Sei ancora vivo solo grazie all'armatura che porti, ma la tua energia non è certo sufficiente a trasformarla in un'arma di offesa." Si inginocchia accanto a lui, tende una mano. "Ora te la strapperò di dosso..." Una scarica di energia lo colpisce, come un fulmine. Ioria urla e vola letteralmente per aria, cadendo di schiena sull'erba a qualche passo da Seiya. Segue un istante di attonito silenzio. Il cavaliere si rialza a fatica, evidentemente scosso. "Anche tu sei vivo solo grazie alla tua armatura," dice la voce calma e triste di una ragazza, chiarissima nel silenzio. "Ricordatelo, cavaliere, quando pensi di essere quasi un dio." Ci voltiamo tutti. Lady Isabel è lì, al bordo dello spiazzo. *** "Ci mancava solo lei..." geme Seiya, puntando la braccia a terra. "Crystal, per l'amor del cielo! Portala via!" Lady Isabel alza la sua piccola mano, in un gesto imperioso. "Fermati, Cygnus. Il mio posto è qui con voi." "Poche chiacchiere, milady!" grida Seiya, disperato. "Questo non è un buffone qualsiasi... è un cavaliere d'oro, e noialtri siamo tutti al capolinea!" Ricade a terra, sfinito. "Si salvi almeno lei..." La sua voce si spegne. "Milady?" fa eco Ioria, rivolgendo uno sguardo sospettoso a quella figura esile, vestita di un impeccabile tailleur color panna che la fa apparire ancor più fragile e indifesa. "E' il mio titolo quale duchessa di Thule," risponde lei, con calma mortale. "Sei tu dunque... colei che al Santuario chiamano la puttana di Nuova Luxor." Lady Isabel impallidisce spaventosamente. "Maledetti," sibila Hyoga, indignato. "Un giorno vi pentirete di quest'insulto!" "Non mi stupiscono simili puerili appellativi," dice la giovane duchessa, stringendo i pugni ai fianchi. "Non sono altro che il segno della paura e dell'ignoranza che regnano al Santuario. Ma se tu, Ioria, sei veramente un cavaliere d'oro, devi essere al di sopra di tali emozioni. Esigo quindi il tuo rispetto." Egli esita a lungo, poi annuisce. "Quel che dici è giusto, fanciulla. Hai diritto di essere trattata con onore." Si raddrizza, lentamente. "Come tutti gli esseri umani davanti alla morte." Segue un istante di pesante silenzio. "Si, conosco la sentenza del Santuario," risponde Lady Isabel, senza mostrare la minima paura. "So che devi uccidermi. Per questo ti ho risparmiato la fatica di cercarmi, e non temere, ho dato ordine che nessuno si avvicini a questa zona. Non voglio che degli innocenti siano coinvolti in questa... esecuzione." Ioria fronteggia quella ragazza, suo malgrado impressionato dal suo coraggio. "Ammiro sinceramente la tua forza d'animo, fanciulla," le dice, in tono cupo. "Mi rattrista il tuo destino, ma purtroppo hai perpetrato lo stesso delitto di cui si macchiò il tuo avo, interferendo nelle sacre faccende del Mondo Segreto. Hai organizzato un torneo sacrilego, ti sei arrogata il diritto di disporre di un'armatura sacra a tuo piacimento, hai corrotto questi cavalieri asservendoteli." Una pausa. "Nonostante questo, mi ripugna alzare apertamente la mano su di te. Avrei preferito fare in modo che la tua morte apparisse un incidente, e che te ne andassi all'Ade inconsapevole del tuo triste destino..." "Se sono colpevole dei gravi delitti di cui mi accusi, non merito di essere uccisa con un atto di codardia," ribatte lei. Apre le braccia, fissando Ioria negli occhi. "Avanti, dunque, cavaliere del Leone. Guardami in faccia... e colpisci!" E nello stesso istante in cui pronuncia quell'ultima parola, la sua aura divina sorge da lei. La luce del sole sembra brillarle addosso, accendere di scintille il suo vestito, i capelli castani appena mossi dal vento... ed i suoi occhi azzurri, fissi, ingannevolmente placidi. Ed in quel momento tutti i nostri cosmi si attivano, esattamente come accadde quando Athena si manifestò la prima volta. Io sento una nuova forza, consolante, che mi lenisce il dolore del corpo, mi restituisce almeno la possibilità di alzarmi a sedere. Seiya riesce ad alzarsi a sua volta, Hyoga fa un passo avanti, con un'espressione quasi estatica... Ma le nostre energie sono nulla a paragone del cosmo che divampa da Ioria! Ho sentito una sola volta in vita mia qualcosa che gli assomigliasse: l'energia di Mur, quando ci portò Shiryu e la sua nuova armatura. Mi rendo conto che il Santo dello Zodiaco aveva ragione, quando diceva che la differenza tra noi ed i cavalieri d'oro era un baratro... i nostri poteri, accanto ai suoi, fanno la figura di giochi di prestigio! "Come puoi far questo?!" esclama il cavaliere d'oro, esterrefatto, fissando quella ragazza bella e terribile davanti a lui. E grida, dall'alto della sua spaventosa energia: "Chi sei veramente, fanciulla?!..." "Non lo sai?" sorride appena lei, con la luce di tutte le stelle del firmamento negli occhi. "Sei un alto sacerdote, e non mi riconosci?" L'aura divina si spegne, lentamente. E così i nostri cosmi. Per un attimo, regna solo il silenzio. Ioria respira affannosamente, con gli occhi dilatati. "No," mormora, "Tu non sei... tu non puoi essere quel che vuoi sembrare! Io sono un alto sacerdote, è vero: ma proprio per questo so meglio di chiunque altro quante potenze oscure esistano a questo mondo!" Abbassa la testa, evidentemente scosso. "Adesso... almeno comprendo come hai fatto ad assicurarti la devozione di questi poveri cavalieri... e persino della saggia Castalia. Li hai ingannati tutti con questo potere. Ma io non sono come loro, dovrai fare di meglio per convincermi che tu sei l'incarnazione di Athena!" Rialza lo sguardo, di scatto. "Rispondimi: questo palazzo è la tua casa, e tu sei la padrona di quell'entità chiamata Cinque Stelle. Non è così?" Lady Isabel annuisce. "Dimmi allora cosa ci farebbe la dea così lontano dalla sua amata Grecia, in un territorio sconsacrato, senza un tempio in cui essere adorata, invischiata nei sordidi affari di un mercante in questo mondo triviale!" "Sarebbe un'esiliata," risponde lei. "Viva solo grazie alla fuga dal Santuario del migliore dei suoi eroi, scacciata dalla sua patria natale, la Grecia che era sempre stata la sua dimora, e costretta a nascondersi per sedici lunghi anni, affinché i suoi nemici la dimenticassero e credessero di aver vinto!" Ioria trasalisce. "Sedici anni?!" Le rivolge uno sguardo indagatore, a cui lei non si sottrae. "Vorresti dire che... saresti tu la bambina in fasce che mio fratello rapì quella notte fatale?" Lady Isabel fa un triste sorriso. "Non mi rapì, Ioria. Mi salvò la vita! Quale migliore dei cavalieri, mi riconobbe subito quale dea incarnata, e mi sottrasse dalle mani assassine del Sacerdote Supremo, il quale paventava segretamente la mia venuta perché avrebbe significato la fine del suo potere. Aiolos del Sagittario fece il suo dovere di cavaliere fino in fondo, portandomi al sicuro, mettendomi tra le braccia amorevoli di Alman di Thule, e lasciandomi la sua armatura perché mi proteggesse. Ecco perché sono qui, a migliaia di miglia dalla mia terra natale... circondata dalla mia piccola, fedele schiera, contro la quale il Santuario si è invano accanito per tutto questo tempo. Tu sei solo l'ultimo dei nemici inviati ad assassinarci, e la misura della malvagità di chi ti ha mandato sta proprio in questo: non ti ha detto che saresti venuto qui a distruggere ciò per cui tuo fratello aveva sacrificato la vita!" Ioria china la testa, evidentemente turbato. "Come... come vorrei crederti, fanciulla," mormora, alla fine. "Ma il tuo bel racconto potrebbe essere un'invenzione, il tuo potere quello di un'entità malvagia! Mi stai dicendo ciò a cui tutta la mia anima anela, perché amavo mio fratello di un amore sincero, e non mi sono mai rassegnato all'idea di un suo tradimento... ma non posso mettere in discussione le parole di chi ho sempre considerato la fonte della giustizia! Ho bisogno di prove!" "Prove!" tuona Seiya, indignato. "Non ne hai mai chieste al Sacerdote Supremo!" "A lui io devo obbedienza, Pegasus!" ribatte Ioria, esasperato. "Sono un Santo dello Zodiaco, ed il Sacerdote di Grecia è l'unica autorità che abbia sopra di me! Nessuno meglio di me sa quali immense qualità deve avere colui che avrebbe in mano il potere di dominare il mondo... e tuttavia rifiuta di farlo in onore del patto con Athena!" "Forse le cose non resteranno così per molto," dice Lady Isabel. "Stimi forse il Sacerdote Supremo perché non ha ancora dichiarato apertamente guerra al mondo moderno? Non è questa la sua tattica. Ha lavorato per anni, oscuramente, misteriosamente; ma è già riuscito a corrompere la purezza del Santuario. Ne sei testimone anche tu, proprio grazie al fatto che hai dovuto vivere lontano dal Tempio! Ingiustizie, violenze, lotte per la supremazia... la vertigine del vostro potere vi ha contagiati tutti!" "Il Sacerdote Supremo è il Santo dei Santi!" tuona Ioria. "Non è lui il colpevole del male che infetta il Santuario..." "Ed allora chi?" chiede Lady Isabel. "Io, che mi sono rivelata solo poco tempo fa? I miei cavalieri, che erano ancora bambini al tempo in cui Aiolos prese la coraggiosa decisione di salvarmi, e salvare così la speranza? Se fosse stato lui la mela marcia, con la sua morte il Santuario avrebbe riconquistato l'antica purezza. Ma non è stato così, vero?... Guardaci bene, Ioria del Leone. Chi è veramente il male tra noi e voi? I miei cavalieri sono pronti a morire per salvarmi, e per salvarsi tra di loro. Per quanto esseri umani, e quindi diversi, accantonano tutto in nome dell'onore e della lealtà. Non hanno mai attaccato per primi, si sono sempre dovuti difendere. Hanno assaggiato la disperazione più di una volta, ma hanno resistito e continuano a farlo. E voialtri del Santuario? Dov'è la vostra nobiltà?" Lady Isabel tende l'indice su Ioria. "Cavaliere d'oro! Se hai un briciolo di onestà in te, rispondi!" La testa ricciuta del cavaliere si china. Immagino a cosa stia pensando... agli anni di ostracismo, alla vita difficile di Castalia, al gretto razzismo con cui Seiya era trattato. E probabilmente pensa anche a ciò di cui Ikki era stato testimone: lo sfarzo pagano del Tempio, i ministri che intrigavano, favoriti che andavano e venivano, piccoli tradimenti consumati giorno per giorno. Volta la testa per lanciarmi un'occhiata, rivedo quella stessa compassione che ha mostrato ogni volta che si è trovato sul punto di uccidermi... Alla fine rialza lo sguardo a Lady Isabel. E c'è una luce disperata in esso. "Fanciulla, tu hai ragione. Ma io... ho giurato fedeltà all'uomo che mi ha ordinato di ucciderti. Non posso mancare alla parola data." "Sei un cavaliere!" esclama Hyoga, a pugni stretti. "La tua prima fedeltà la devi ad Athena e a nessun altro!" "Isabel di Thule," dice allora Ioria, con voce tremante. "Puoi provarmi al di fuori di ogni dubbio... di essere veramente Athena?" "Come?" "Con un'ordalia." Segue un silenzio di tomba. Lady Isabel sorride appena, con amarezza. "Ma certo, l'ordalia... il metodo più antico e più terribile. Superare la prova, o morire nel tentativo!" China la testa. "Cosa dovrei fare?" "Fermare il mio colpo sacro: il Kardia Leontos, alla massima potenza. La leggenda dice che fu la dea stessa ad insegnarlo al primo cavaliere del Leone... dal modo in cui lo contrasterai saprò se sei o no l'incarnazione di Athena." "Tu sei pazzo!" tuona Seiya, indignato, avanzando nella radura. "Oseresti scagliare quel dannato colpo contro una ragazza, solo per vedere se e come riesce a salvarsi?!" "Non ho altra scelta, Pegasus!" ribatte Ioria, e fissa intensamente Lady Isabel. "Allora? Temi forse di affrontare questa prova, fanciulla?" Lei lo fissa a lungo, alteramente. "Nemmeno io ho scelta," risponde alla fine. "Un rifiuto da parte mia sarebbe per te una prova della mia colpevolezza... e mi uccideresti comunque." "Potrei però scegliere una morte meno dolorosa," mormora lui, quasi con pietà. Lei sorride, tristemente. "Ho seminato il dubbio in te, cavaliere, ed ora hai diritto di sapere la verità." Apre di nuovo le braccia. "Procedi, dunque! Sono io stessa a chiedertelo. Scaglia pure il tuo colpo sacro, senza risparmiarmi nulla. Io sono pronta." "No, Ioria!" esclama Seiya, inorridito. "Non puoi farlo, che lei sia Athena o meno! Non puoi colpire a sangue freddo una ragazza disarmata..." "Ma io devo sapere!" ribatte lui, tormentato. "Sebbene ripugni anche a me quel che mi accingo a fare... devo farlo! Devo avere la prova definitiva, devo sapere da che parte sta la giustizia..." "E questo secondo te sarebbe il modo per scoprirlo?!" grida Seiya. "Non ti è rimasto più un solo briciolo di anima da ascoltare? Devi per forza usare la violenza, andare contro tutta la nostra etica, la nostra stessa ragione d'esistere?!" "Non ascoltarlo, Ioria!" esclama Lady Isabel. "Lui non ha ancora accettato il fatto che la mia vita mortale non mi sia mai appartenuta. Non ho paura di morire! Colpiscimi, cavaliere del Leone... ora!" Lui esita, si vede chiaramente che lotta contro un'interiore riluttanza... ma poi unisce le mani davanti al petto, e grida: "Kardia Leontos!!!" Dalle sue mani si forma una bolla di pura energia, intollerabile alla vista. Un vento furioso si diparte da essa, scuote i capelli di Lady Isabel, apre la giacca del suo tailleur rivelando la candida camicetta sotto, il suo petto virginale che sta per ricevere quell'immensa quantità di veleno cosmico... Ma la bolla resta al suo posto, davanti a Ioria! "Che cosa?!" urla il cavaliere, esterrefatto. Sposto lo sguardo. Seiya è balzato tra lui e Lady Isabel, il volto trasfigurato, le braccia tese in avanti, un muro luminoso e traslucido di fronte a lui. "Sacro Scudo del Sagittario!" grida, con una voce che non è la sua. Mi alzo in piedi, tremando. Non è possibile... l'energia di Seiya! E' superiore persino a quella di Ioria! "Pegasus!" esclama il cavaliere d'oro, sconvolto. "Come puoi fermare il mio colpo?!" "Posso farlo!" grida lui. "Ti sono sempre stato superiore, fratello!..." Ioria arretra di due passi, con gli occhi sbarrati. Ed anche noi comprendiamo cos'è accaduto. Davanti a noi non c'è più solo Seiya di Pegasus, ma anche Aiolos del Sagittario! Lo spirito del cavaliere defunto, di cui è permeata la sua armatura, ha trovato nel nostro amico una natura affine alla sua e si esprime ora attraverso di essa. Non è una vera e propria possessione, ma l'unione armonica di due esseri in uno solo... col potere di entrambi. "Cos'hai fatto, Ioria?!" tuona Seiya, con una nuova, inflessibile furia nello sguardo. "Non sai più distinguere tra il bene e il male! E' questo che tuo fratello ti ha insegnato?... Lo hai accusato di essere un traditore, ma tu lo sei mille volte di più! In nome delle bugie altrui hai calpestato tutto ciò che è santo, il vincolo di sangue, le sacre promesse, l'amicizia, il rispetto verso la divinità!" Avanza di un passo, la sua armatura che tintinna, sfavillante di energia. "Ma è giunto per te il tempo della giusta punizione. Non sei più degno di esistere!" "No," balbetta il cavaliere del Leone, sconvolto. "Non è vero... oh, Athena!" "Non invocare la dea, empio criminale!" ruggisce il nostro compagno, gli occhi dilatati di un gelo fanatico che mi fa rabbrividire. "Tu, un Santo dello Zodiaco, hai commesso il più abominevole dei peccati. Non hai riconosciuto Athena, ed hai osato persino stendere la tua mano sacrilega contro di lei!" Ioria è scosso fino alle lacrime. Tenta disperatamente di disperdere la bolla di energia del suo stesso colpo, ma non ci riesce... il muro traslucido generato dal nuovo Sagittario la contiene e la controlla, mantenendola a qualche metro da lui. "Pagherai con la vita l'oltraggio che hai commesso," proclama Seiya, con quella voce tremenda, colma di furia vendicatrice. "Non ti sarà concessa nessuna pietà. Guarda! Sarà lo stesso colpo sacrilego che hai diretto contro Athena ad ucciderti. Invoca il suo perdono, prima di morire!..." Ioria si rende conto dell'inutilità dei suoi sforzi di fronte a quella figura sovrumana, potentissima e determinata davanti a lui. La fissa con occhi disperati, e smette ogni resistenza. Non so cosa mi prenda. Sono atterrito da quella scena, dalle potenze in gioco... ma rammento le parole di Ikki, e so solo che devo fare qualcosa, impedire quell'esecuzione sommaria! Mi getto in avanti, con quel che resta delle mie forze, senza pensare alla follia che sto facendo, e mi metto tra Ioria e la sua bolla di energia. "Shun!" esclama Hyoga, colto alla sprovvista. "Che fai?!..." "Ioria non deve morire!" grido, con tutta la mia voce. Guardo gli occhi di Seiya, tremo vedendo quell'altra volontà che brilla attraverso di essi... l'inflessibile Aiolos, il grande cavaliere fedelissimo di Athena, il puro per antonomasia. "Ti prego," dico a quest'entità che non conosco. "Trattieni la tua furia. La nostra dea ha ancora bisogno di quest'uomo, e della nobiltà del suo cuore... se proprio vuoi punire qualcuno che ha tradito la fiducia di un fratello maggiore, uccidi me!" Ioria mi prende per le spalle, mi volta verso di sé quasi con violenza. "Sei pazzo, Andromeda? Io ero venuto qui per essere il tuo carnefice! Ti ho quasi ucciso, perché ora vuoi salvarmi la vita?!" "Perché tu sei un potente cavaliere d'oro!" gli dico, col cuore in gola. "Ed ami ancora la giustizia. Hai visto con i tuoi occhi che siamo innocenti di ciò che ci accusano. Devi tornare in Grecia, devi dire a tutti la verità... devi dire agli altri cavalieri che Athena è con noi!" Scuote la testa, chinando lo sguardo. "Io... non posso più vivere con la mia vergogna." "Quale? Quella di aver dubitato di tuo fratello?!" grido, disperato. "L'ho fatto anch'io, ed ora sono qui a fare proprio quel che lui mi ha ordinato, per il bene della nostra causa!" Mi aggrappo al suo braccio. "Io e te abbiamo commesso lo stesso delitto verso chi amavamo, ma tu sei molto più forte di me, molto più importante per Athena... sei tu che devi vivere!" "Anche se ha mostrato a tutti la sua colpevolezza?" chiede quella voce tremenda alle mie spalle. Mi volto. La bolla di energia mi abbaglia. Oltre ad essa vedo la figura dorata del nuovo Sagittario, sento la pressione indicibile del suo cosmo spietato. Ricordo all'improvviso una frase di Albyon, che si è stampata per sempre nella mia memoria. "Non esistono innocenti a questo mondo..." E, quasi senza pensare, faccio un passo verso quella sfera luminosa. "No, per l'amor del cielo!" grida Hyoga. Che gli importa? Con tutto il male che gli ho fatto, può ancora aver compassione di me? "Shun!..." Trasalisco sentendo all'improvviso la voce di Seiya, la voce del mio vecchio compagno, che lotta per riprendere il sopravvento! "Togliti da lì!" mi grida. "L'energia è instabile ed io... non riesco a controllarla..." E poi, con un urlo disperato: "Ioria! Dannazione, che aspetti?!..." Due braccia d'acciaio mi circondano istantaneamente il petto. Trasalisco, cerco di dibattermi, ma Ioria si gira tenendomi stretto e voltando le spalle alla sua bolla di energia. "Lasciami!" grido, lottando furiosamente per liberarmi. "Lasciami!!!" "Pegasus ha ragione," mi dice all'orecchio, quasi con tenerezza. "Che cavaliere sono, che lascio morire un povero ragazzo al posto mio?... No, sono disonorato, ma non fino a questo punto." Mi stringe ancor più forte. "Sei troppo vicino, la tua carne indifesa non ha speranze contro il mio colpo sacro. Per cui sarò io a farti da scudo." "Non voglio!" grido, disperato. "Lasciami, ti prego! Renderai tutto inutile..." "Grazie per aver avuto pietà di me, giovane cavaliere. Addio." "No, Ioria, non morire!" Mi contorco in un ultimo, inutile sforzo. "Non morire!!!..." Ed in quell'istante sento un rombo tremendo, che fa tremare la terra. Una forza irresistibile ci getta entrambi a terra, ed io finisco sotto il gran corpo del cavaliere del Leone. Stordito, riesco a girare la testa, vedendo un riquadro di cielo... ed uno spettacolo incredibile: una fontana di luci abbaglianti che si diparte da una stria verdastra, una colonna fantasma di aria ionizzata che si distorce subito sotto l'azione del vento. Sento il respiro affannoso di Ioria su di me. Evidentemente la sua bolla di energia non l'ha colpito, ma è stata scagliata in alto... ed ora starà già solcando gli spazi interplanetari! Il cavaliere mi lascia, entrambi ci rialziamo faticosamente, e ci voltiamo. Seiya è ancora con le braccia in alto, gli occhi fissi nel vuoto, ansimante, quasi incredulo. "Ce... l'ho fatta..." mormora, con un filo di voce. Si, ha controllato alla fine l'energia di un cavaliere d'oro. Ma sappiamo tutti chi ha veramente compiuto quel miracolo, chi gli ha dato la forza di compierlo. Aiolos! Ed infatti la voce del Sagittario torna a farsi udire, stavolta calma, quasi triste. "Athena ti ha graziato, fratello." L'energia in Seiya avvampa un poco, come un fuoco che si avvia a spegnersi. "Per intercessione di questi ragazzi generosi, sui quali hai levato la tua mano assassina... questi coraggiosi cavalieri, che tu hai osato chiamare decaduti." Il mio compagno chiude gli occhi, barcolla. "Vivi dunque, Ioria, ma ricorda questa lezione sulla giustizia... ricordatela per sempre." L'armatura d'oro si stacca dal suo corpo, da sola, un pezzo dopo l'altro, e cade a terra con un suono quasi musicale. Infine Seiya si ritrova di nuovo seminudo, e arretra sfinito crollando tra le braccia di Hyoga, che è accorso al suo fianco. "Pegasus!" esclama il mio compagno, sorreggendolo. "Ci sono," mormora lui, di nuovo con la sua voce, "Dammi solo... un po' di tempo..." Rialza la testa a fatica, guarda Ioria. E lo guardiamo anche noi, col fiato sospeso, aspettando la sua reazione. Cosa farà ora? Lui avanza nella radura devastata, si avvicina a Lady Isabel. Poi piega un ginocchio davanti a lei, china la testa e fa il gesto della proskinesys! "Fanciulla, riconosco in te l'incarnazione di Athena," le dice, con voce tremante. Tende le mani unite davanti a sé. "Ti chiedo perdono per la mia stupida cecità; io, uno dei tuoi cavalieri supremi, mi sono lasciato contaminare dall'oscurità come un novizio.... non ho saputo riconoscere il tuo cosmo, ho persino preteso una prova indegna da te. Ma tu l'hai superata gloriosamente." Sorride, senza osare alzare la testa, con le lacrime che gli rigano le guance. "E benché ora la consapevolezza dei miei peccati mi sia amara come la morte... la gioia di sapermi fratello di un eroe e non di un traditore travolge la mia anima. Lotterò per te, mia dea. Tornerò in Grecia a gridare la verità. Ed espierò la mia colpa dando per te quella vita che Aiolos mi ha indegnamente concesso." Lady Isabel sorride, posa la manina delicata sulla sua testa ricciuta. "Non sono in collera con te, cavaliere," dice, con voce dolce come il sole dopo una tempesta. "E non voglio che la tua vita sia fatta solo di espiazioni. Combatti per me e per la verità, ma non cercare la morte." Con la punta delle dita alza il suo bel volto commosso. "Ho bisogno di te, cavaliere del Leone. Stai molto attento a sfidare la collera del Sacerdote Supremo. Rammenta che sei fratello di Aiolos... e che il nostro nemico questo non l'ha mai dimenticato." Lui prende la mano di Lady Isabel e la bacia. "Ti aspetterò al Santuario, mia dea." Si alza, maestosamente. "Seiya... ora sai di essere tu il nuovo alfiere di Athena. E ne sono felice, perché forse c'è anche la mia mano in ciò che ti ha reso l'erede di mio fratello. Prosegui la sua missione, tu che ne sei più degno anche di me. Quando tornerai in Grecia ti restituirò la tua Tisifone, sana e salva." Si volta verso Hyoga. "Tu, Cygnus, cavaliere dei ghiacci, troverai in Grecia il tuo maestro che ti aspetta... preparati a mostrarti degno del potere che ti ha dato." Si volta verso di me. "E tu, giovane Andromeda... ricorda che Ioria del Leone non dimentica mai i suoi debiti." Si volta, va a raccogliere il suo mantello, poi l'esanime Tisifone tra le braccia. E con un lampo di luce dorata scompare.
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