VARIAZIONI SU UN TEMA DI MASAMI KURUMADA

(SAINT SEIYA)

di Hanabi, estate 1994

I personaggi di Saint Seiya sono proprietà di M. Kurumada/Shueisha.

 


CAPITOLO 7: "Traditori e traditi" - parte terza

Il nostro incontro con un cavaliere d'oro ha cambiato molte cose per noi. Ha risolto certi dubbi, ma ne ha aperti molti altri: per esempio, da dove è venuta l'armatura del Sagittario, e come ha fatto ad arrivare giusto in tempo per aiutare Seiya? Per quale motivo lo spirito di Aiolos ha scelto di manifestarsi nel nostro compagno giapponese? Come faceva Ikki a sapere in anticipo di questa designazione? Era Ioria il cacciatore a cui si riferiva? E come faceva a saperlo? Attraverso Castalia?

Ed ora cosa dobbiamo fare? E' chiaro che l'appoggio di un cavaliere come Ioria ci dà delle speranze... ma nello stesso tempo ora sappiamo la misura del potere che dobbiamo sfidare: chissà quanti cavalieri con le sue stesse capacità, a capo dei quali nientemeno che il Sacerdote Supremo!

Intanto abbiamo tutti passato diversi giorni a leccarci le ferite e ad assorbire il significato di quel che ci è successo. Io ero quello ridotto peggio di tutti: solo pochi istanti dopo la dipartita di Ioria ero già inerte sul prato, profondamente addormentato. Per poi svegliarmi ben ottantacinque ore dopo in un letto di ospedale! Solo un encefalogramma aveva potuto distinguere il mio sonno dal coma vero e proprio: i medici non potevano saperlo, ma io non avevo mai scaricato tanto le mie energie interiori in vita mia. Più che le ferite, ad abbattermi era stato il mio totale esaurimento.

Al risveglio, stranamente, stavo piuttosto bene: avevo solo il torace e la schiena tutti illividiti, quasi bruciati, ma il dolore era abbastanza sopportabile. Era già incredibile che fossi ancora vivo... ma la cosa che mi ha stupito più di tutte è stata trovare Hyoga seduto al mio capezzale.

Non un sorriso, era freddo e lontano come un'aurora boreale. E tuttavia era lì!

Mi ha dato da bere, mi ha sistemato i cuscini e mi ha acceso la televisione (dove i notiziari non facevano che parlare di UFO, la loro ingenua spiegazione per tutto quel che il duello tra Ioria ed il nuovo Sagittario ha provocato a Nuova Luxor: black-out satelliti e telecomunicazioni, flussi di particelle energetiche, luci e fenomeni di ionizzazione.) Per tutto il tempo che sono rimasto in ospedale mi ha tenuto una silenziosa compagnia, piena di malinconica affettuosità: quasi come se provasse un segreto, inammissibile senso di colpa.

Ad ogni modo la sua generosa, insperata attenzione per me mi ha commosso. Non sapevo come mostrargli la mia gratitudine, così mi sono limitato a dirgli, timidamente:

"Hyoga, non merito questo da te."

E lui ha alzato le spalle. "Chi lo sa cosa meriti veramente, Shun? Di sicuro so cosa merito io."

Il significato di quelle parole me l'ha chiarito Seiya, quando finalmente l'ho incontrato al Saint George il giorno in cui mi hanno dimesso.

"Ah, Shun, non l'hai ancora capito? Il russo ci è rimasto malissimo a vedermi vestire l'armatura del Sagittario. Crede di nasconderlo bene, ma è deluso come la morte... pensava di essere lui l'erede di Aiolos: e non è che avesse tutti i torti a sperarlo. In fin dei conti aveva la sua stessa testa, quella del crociato integerrimo, manicheista fino al fanatismo. Peccato però che una somiglianza di carattere non gli sia stata sufficiente. Ed ora Crystal sta facendo la sua brava autocritica in puro stile sovietico. Meglio lasciarlo nel suo brodo finché non ha finito."

Tanta sensibilità da parte di Seiya è una novità, ma del resto non è l'unica. Si vede che l'esperienza ha lasciato il segno dentro di lui: spesso è introverso in un modo quasi inconcepibile per chi lo conosce, evita le sue consuete compagnie, è distratto, mangia di malavoglia, non ha desiderio di andare da nessuna parte, sta seduto per ore su una panchina del giardino, con gli occhi fissi al vuoto.

Anch'io avrei qualcosa su cui meditare (per esempio, sul vero ruolo di Ikki in questa faccenda, e pensare che l'ho considerato un traditore, e gliel'ho detto pure in faccia...) Ma è meglio che non lo faccia, e poi tanto sarebbe perfettamente inutile. Del resto non me la sento di lasciare Seiya da solo in questo momento: forse è arrivato anche per lui il momento in cui si ha bisogno di un amico... così accantono tutti i miei pensieri personali, e sto con lui tutte le volte che posso.

Lui accetta volentieri la mia compagnia, ed il mio silenzio lo spinge a sfogarsi con me.

"Sai cosa mi ha detto ieri Lady Isabel? Che quando ha affrontato l'ordalia impostagli da Ioria non aveva una briciola di potere divino in lei. Niente! Era solo una ragazza mortale... e se non fossi intervenuto, Ioria l'avrebbe ammazzata! Ti rendi conto di cosa sarebbe successo, se fosse morta? Ioria avrebbe avuto la sicurezza che lei non era Athena, ed un secondo dopo ci avrebbe sterminato tutti come cavalieri decaduti; quindi avrebbe riportato l'armatura del Sagittario al Sacerdote Supremo... pronti, via: fine della guerra. Il nemico avrebbe vinto su tutta la linea! Allora le ho gridato, incazzato nero: se le cose stavano così, perché diavolo ha corso questo stupido rischio? E lei mi ha risposto, pacifica: perché solo un pericolo mortale per la mia persona avrebbe potuto spingere lo spirito di Aiolos a manifestarsi in pieno. Caro Pegasus, l'ordalia l'hai affrontata tu, non io..."

Allibisco: quanto coraggio ha dimostrato quella ragazza!

E Seiya continua: "Quando poi la rabbia mi è passata, lei è venuta a cercarmi e mi ha spiegato: Pegasus, che cosa sarebbe cambiato se tu non fossi diventato il secondo Sagittario? Saremmo tutti stati indifesi davanti a un cavaliere d'oro, ed al Santuario ce ne sono molti altri che ci aspettano... avremmo comunque perso la nostra guerra. Che differenza avrebbe fatto morire tutti qualche giorno prima?"

"Ha ragione," mormoro appena.

"Si, però lei è Athena! Possibile che una dea si lasci sconfiggere e distruggere così facilmente? Gliel'ho chiesto, e lei mi ha risposto: ah, Pegasus, ti disturba così tanto il fatto che non sia onnipotente? E' la mia scelta, da quando esisto. Non posso usare i metodi dei miei nemici per vincerli, mi unirei a loro nel male. A volte per questo sono stata sconfitta, ma è meglio perdere dalla parte degli uomini che vincere imponendomi a loro: vincerei così una battaglia, ma perderei la guerra più importante, quella che ho iniziato secoli fa con i miei pari. Non voglio che l'umanità dipenda da una divinità. Per questo, a volte è meglio che sia la divinità a dipendere da essa... ed è per questo che esistono i miei Santi: per proteggere la mia vita mortale ed aiutarmi in questo duro compito." Seiya sospira, si mette le mani nei capelli. "Io quasi mi sono messo a piangere, le ho detto: qui in un secondo si è giocato il destino dell'umanità, la sua sconfitta avrebbe cambiato la storia! Si rende conto della tremenda responsabilità che ha messo sulle mie spalle, cara milady? E non mi ha neanche chiesto se volevo prendermela..."

"Scegliere tra bene e male fa parte del nostro dovere di cavalieri."

"Ah si, il nostro santissimo dovere di cavalieri!... E dove sono invece i nostri diritti? Sai, ho capito all'improvviso perché così tanta gente è venuta qui piena di voglia di tirarci il collo. Il Sacerdote Supremo vuole fare del mondo un grande Santuario: e perché mai ad un cavaliere dovrebbe dispiacere l'idea? Sarebbe proprio lui a formare l'élite del nuovo mondo, lui che può far diventare pazzo qualsiasi scienziato, lui che convoglia nel suo corpo le stesse energie fondamentali dell'universo! Sarebbe venerato come un semidio, avrebbe da spartire il potere solo con ottantasette altri uomini su tutta la Terra... avrebbe ciò che si è guadagnato con tutti gli anni della sua vita che ha buttato nel Mondo Segreto! Potenza, ricchezze, fama, onori..."

"Seiya," mormoro, inquietato da quelle parole.

Lui gesticola. "Shun, comprendimi bene. Io sono stato il Sagittario, e seppure per poco, ho avuto tra le mani il potere più grande che possa stare in un cavaliere: avevo un po' dell'energia del Sole, avevo le stelle di ben due costellazioni... la mia e quella di Aiolos... ed avevo soprattutto il cuore pulsante di una galassia, come ce l'hai tu: solo che la mia era proprio quella dove siamo, la sua forza era molto più vicina e disponibile!" Sospira. "Quanto potere, vero? Dovrei essere almeno degno di rispetto... beh, guarda qui quanto rispetto mi concede questo mondo moderno. In esso io non sono altro che un ragazzo orfano e disoccupato, ospite di una villa che non gli appartiene, costretto sempre a guardare dal basso quelli che sono più ricchi di lui."

E tace, tristemente.

"Ti stai forse lasciando vincere dalla tentazione?" gli chiedo.

"No," risponde, con un profondo sospiro. "Non posso più concedermi questa debolezza. Athena è stata fin troppo chiara su cosa intende per aiuto all'umanità: stare nell'ombra, interferire il meno possibile con essa. Per questo ha creato il Mondo Segreto, l'ha nascosto per bene, e ci ha dato il potere delle stelle. Usare questo potere per andare contro la sua volontà è come rubarglielo. E non è solo un senso di onestà a spingermi a stare dalla sua parte: vedi, Shun, ho capito che Athena vuole la libertà per gli uomini, la libertà vera... ed io, a dispetto dei miei desideri personali, non posso che essere d'accordo con lei." Alza la testa, fa un debole sorriso. "Ho avuto la prova che lei ci ama davvero, al punto di saper guardare al di là del suo vantaggio. Ed io... beh, in un certo senso ricambio il suo sentimento."

"La ami?"

"Amo la dea, più o meno come l'amiamo tutti, ad eccezione di Ikki... beh, forse... e dannazione, non è colpa mia se si è incarnata in una bella ragazza..."

Si, è un bel problema essere sacerdoti di qualcuno in carne ed ossa: genera un gran confusione tra sentimenti religiosi e terreni. E' chiaro che i rapporti tra Seiya e Lady Isabel sono drasticamente cambiati (è un bel pezzo che lei lo tratta come il suo favorito, a dispetto di tutte le loro antiche differenze etniche e sociali: e se Tisifone ha detto la verità, l'ha addirittura baciato... chissà, forse Athena aveva riconosciuto il suo futuro alfiere, e la mortale Isabel di Thule aveva scambiato questa affezione divina per amore!)

Il che aumenta, se possibile, i travagli sentimentali di Seiya. Pensa ancora a Lamia: probabilmente è il simbolo della vita normale che avrebbe voluto fare, la compagna del mondo esterno. A dispetto di tutte le rotture, quella ragazza gli vuole ancora bene. Ma lui la evita in tutti i modi; e se la incontra per forza (perché, per guarirlo dalla sua malinconia, faccio a lui quel che lui fece a me, cioè lo porto a giocare con i bambini dell'orfanotrofio) si mette a fare lo spiritoso in maniera fin troppo sforzata, impedendo in qualsiasi modo un discorso serio.

Poi c'è Tisifone, la grande sorpresa. Un sentimento disperato rivelato dopo tanti dispetti, duelli, violenze da parte di una donna che era già cavaliere quando Seiya era ancora postulante. Però il mio amico, a dispetto della sua spiritosaggine, al dunque si è sempre dimostrato più maturo della sua età. E poi si è sempre comportato stranamente con Tisifone: non l'ha mai odiata, ha sempre resistito all'idea di ucciderla... sembrava quasi che conoscesse qualcosa in più di lei che non il suo semplice volto. Quando lei stava per morire le ha offerto il suo amore, diventando in pratica il suo compagno secondo gli usi del Mondo Segreto: un gesto di pietosa generosità... o forse no?

E comunque poi io ho rimescolato le carte, perché invece di lasciarla morire le ho salvato la vita.

"Perché l'hai fatto?" mi chiede Seiya una volta. "Lei non era niente per te."

"Beh, si era sacrificata per salvarti..."

"E allora?"

Certo, ha ragione: questa non è una risposta. Cerco di rivivere i miei ricordi di quel momento, ed alla fine ammetto: "Non so perché l'ho fatto, è stato più forte di me. Forse mi sono sentito solidale con la povera Tisifone, perché ho vissuto la sua stessa tristezza. So bene cosa vuol dire amare..."

E, concludo dentro di me, cosa vuol dire non essere corrisposti!

Seiya intuisce il mio pensiero, distoglie lo sguardo. Sento quanto lo turbi quel discorso.

Maschera la sua tensione con uno dei suoi soliti sogghigni. "Ah, Shun, non cambi proprio mai! Ora sei un temutissimo cavaliere d'argento, e ciò nonostante parli sempre come un romanzetto rosa.... è proprio vero che sei uno stupido sentimentale!"

"Sono quel che sono," rispondo, arrossendo. "E niente finora è riuscito a cambiarmi."

"E meno male!" ride lui. "Altrimenti questo sudicio mondo sarebbe peggiore, senza uno come te che mantiene sempre intatto il proprio cuore." Mi mette una mano sulla spalla, diventa improvvisamente serio. "Ed è stato proprio il tuo cuore a salvare Tisifone, Ioria... e forse noi tutti. Di questo, Shun, io te ne sarò grato. Per sempre."

***

Una notte faccio un sogno, così vivido da sembrarmi quasi una visione.

Vedo Anthrâmatha, la mia isola, la sua austera e sterile bellezza. Vedo il gran blocco di pietra al centro del cratere, con la sua figura di Andromeda incisa da antichissime mani. E vedo Albyon.

La sua atletica figura è bianca, quasi mi abbaglia; ma posso comunque riconoscere ogni dettaglio del suo volto: le labbra dal disegno duro, il naso lievemente aquilino, gli occhi ovali e penetranti, la lunga cicatrice sulla guancia. Non mi parla, sorride soltanto con la sua solita tristezza infinita. Mi indica il suolo davanti a lui. Seguo il suo gesto, e vedo una bellissima rosa rossa.

La fisso a lungo, incantato ed insieme stupito: che ci fa un fiore come quello su un'isola che non ha mai conosciuto la primavera?

Rialzo lo sguardo per rivolgere quella domanda al mio maestro, ma non lo trovo più. Invano lo cerco dappertutto, mentre un'angoscia crescente allaga la mia mente, la divora: sembra che tutto intorno a me, persino l'aria stessa, echeggi della sua assenza...

"Albyon!"

Il suono della mia stessa voce mi sveglia di soprassalto. Scatto a sedere sul letto, ansimando.

Contemplo stupito la mia stanza nella grande casa solitaria, la luce della luna che filtra dalle persiane e disegna strisce sul mio corpo. Guardo la sveglia: sono solo le tre del mattino!

Sbuffo, mi lascio di nuovo cadere tra le lenzuola e chiudo di nuovo gli occhi.

Ma per quanto ci provi non riesco più ad addormentarmi. Quelle immagini mi danzano dentro, ripetitive, ossessionanti: la mia isola, la rosa, Albyon.

Albyon.

Era diverso tempo che non pensavo al mio maestro, ma improvvisamente mi vengono alla mente tutti i miei ricordi di lui: dal primo giorno del nostro incontro, quando ero ancora un bambino, fino agli ultimi, quando ero già cavaliere. La sua calda compagnia, la sua saggezza, il suo sforzo quotidiano per insegnarmi la via al potere. Tutto il dolore che mi ha inflitto.

E tutta la gioia che mi ha dato...

Sento il cuore battermi forte. Mi copro la faccia con le mani, premendo le dita sugli occhi. No, per carità, non è il momento... non voglio ricordare anche quello...

Ma non posso farne a meno! Dolci, struggenti, indimenticabili, mi tornano alla memoria tutti quei momenti con Albyon che hanno segnato la mia vita, che le hanno dato un senso. I nostri primi contatti mentali insieme, nei quali lui mi insegnava a sentire l'energia cosmica: per lui era un tormento, mentre invece per me era un'estasi. E poi erano seguiti i nostri contatti fisici, ancor più laceranti e contraddittori: quella sua eterna lotta tra la paura e la voglia di me, quei suoi abbracci così caldi e forti, quella sua tenera violenza che mi faceva gridare di piacere...

"Albyon!" lo chiamo, disperato.

E mi afferro la testa tra le mani. Oh, Dio! Ma perché sento che questa bellissima storia d'amore è finita per sempre? Perché sento quel vuoto della sua assenza anche dentro di me, nel mio cuore? Mi sembra che un bel sogno sia svanito all'improvviso, lasciandomi senza niente in mano... niente, se non questo pugno di ricordi agrodolci, che ora eccitano crudelmente il mio povero corpo affamato di tenerezza.

"Albyon," singhiozzo, ad occhi chiusi.

Non penso neanche a quel che sto facendo, le mie mani si muovono da sole. Mi accarezzo, affondo le dita nella pelle, così forte da farmi quasi male. Mi abbraccio, mi contorco nel letto facendo l'amore con me stesso, sognando di essere con lui, con qualcuno, con chiunque...

Poi, dopo il mio orgasmo solitario, resto inerte con la faccia nel cuscino, piangendo in silenzio.

Mi sento tanto solo.

***

"Cos'hai, Shun?"

Hyoga mi rivolge quella domanda a voce bassa. E' quasi naturale bisbigliare nel planetario di Alman di Thule: c'è sempre una strana atmosfera magica in quel luogo, sembra quella di una chiesa. Il perenne silenzio ovattato, il cielo strano in cui le stelle sono troppo ammassate rispetto al vero... ed ora l'armatura di Aiolos nel suo scrigno, su un podio al centro esatto della sala: la reliquia più sacra di quel tempio moderno.

"Non sei mai stato tanto musone e taciturno," aggiunge Seiya. "Che ti prende?"

Faccio un profondo sospiro: perché non dovrei dir loro la verità?

"Ho fatto un sogno," spiego. "Riguardava la mia isola. Qualcosa dentro di me teme che si tratti di un cattivo presagio."

I miei amici si guardano, evidentemente preoccupati. Sanno quanto sia sensitivo, e comunque non sarebbe la prima volta nella nostra storia che ci imbattiamo in sogni premonitori.

"Purtroppo non possiamo verificare i tuoi timori," mormora Hyoga.

"Però forse si è trattato soltanto di un brutto sogno, no?" ribatte Seiya, ed alla luce tenue delle false stelle vedo un sorriso incoraggiante. "Magari ieri sera il nostro Andromeda ha mangiato pesante... probabilmente le solite porcherie che mangiano gli scapoli solitari." Fa una pausa, quindi mi strizza un occhio. "Ammesso che poi tu lo sia davvero, e che abiti tutto solo in quella grande casa senza neanche una bella ragazzina che ti faccia compagnia!"

Lo guardo, arrossendo. "Non starai parlando sul serio..."

"Io non approvo affatto la tua vita indipendente, Shun," interviene Hyoga, incrociando le braccia sul petto. "Sei troppo giovane per stare per conto tuo. Ti procuri solo dei problemi, e li procuri anche a noi che non possiamo contare sulla tua piena disponibilità. In fin dei conti, ora che tuo fratello se n'è andato non hai più motivi per stare lontano da noi..."

Faccio per rispondere, ma Seiya mi precede:

"Lascia stare, russo. Il ragazzo fa bene a cercare di capire come si vive per conto proprio. Qui al Saint George non potrebbe mai fare quest'esperienza."

"Un'esperienza che non gli serve a niente," ribatte Hyoga, quasi con uno spasimo di tristezza. "Siamo cavalieri, siamo fuori dall'umanità. Non potremo mai fare una vita normale."

"Questo lo sappiamo tutti, però almeno è giusto far finta ogni tanto, no?"

Hyoga distoglie lo sguardo e non risponde.

Arriva finalmente Lady Isabel, sempre elegante nonostante sia quasi mezzanotte. La salutiamo tutti rispettosamente. Lei restituisce il saluto, evidentemente stanca.

"Novità?" chiede Seiya.

"Nessuna, per il momento," risponde lei. Prende il telecomando delle luci, ed un faro si accende illuminando in pieno l'armatura di Aiolos.

Seiya sospira. "Immagino che voglia che rifaccia quella certa prova, vero?"

"E' ormai il rito costante con cui apriamo le nostre riunioni."

"Niente in contrario," ribatte lui, "Per me vestire un'altra volta questa armatura sarebbe la cosa più bella del mondo. Peccato che dall'arrivo di Ioria non sia più riuscito a metterle le mani addosso..."

"Esprimi il tuo cosmo, Pegasus," dice lei incoraggiante. "Provaci ancora."

Lui annuisce.

Si avvicina allo scrigno, si concentra per un lungo istante, accumulando la sua energia. Poi afferra la maniglia come se volesse aprirlo.

E non succede assolutamente niente.

"Maledizione!" impreca, lasciandola andare.

Lady Isabel abbassa la testa, con un sospiro sconsolato.

"Evidentemente si lascia indossare solo nel momento in cui è necessario," dice Hyoga.

"O forse semplicemente non sono io il predestinato," borbotta lui.

"Lo sei, invece," replica il siberiano, e c'è tutta la sua delusione in quell'ammissione. "L'abbiamo visto tutti con i nostri occhi. Ed anche se non fosse così, solo tu potresti essere il predestinato... per esclusione."

"Esclusione?" fa eco Seiya, sospettosamente.

Hyoga china la testa. "Ho compreso che l'armatura del Sagittario è qualcosa di molto sacro, come il Santo Graal delle leggende. E come esso, è destinata a qualcosa di più di un eroe: qualcuno che sia anche... puro dal peccato."

Seiya alza le sopracciglia.

"Uhm. E a quanto pare tu non ti consideri puro dal peccato, vero?"

"Non lo sono," è la cupa risposta.

Segue un certo silenzio. Interrotto da un'imperdonabile sogghigno: "Era ora, Crystal!... Almeno adesso sappiamo tutti che non sei più vergine!"

Lady Isabel tossicchia lievemente. Io mi sento sprofondare. In quanto a Hyoga, lo vedo arrossire violentemente, come se gli avessero dato uno schiaffo.

"Seiya," inizia, reagendo al suo imbarazzo con pura indignazione.

Lui alza subito una mano, cerca di tornare serio. "Va bene, va bene... scusami! Ma non ho saputo resistere. Mi faceva troppo ridere l'idea che ti consideri una specie di Lancillotto, eroe ma peccatore... e che consideri invece me una specie di Parsifal!" Apre le braccia. "Ma mi hai guardato bene? Mi conosci davvero? Sono ancora un essere umano! Purtroppo non ho avuto molto tempo per farmi gli affari miei, ma ti assicuro che di peccatucci di quel certo genere ne ho commessi anch'io..."

"Però i miei peccati... sono molto, molto peggiori dei tuoi."

Quella frase fa sgranare gli occhi a Seiya.

"Ehi, ma che cavolo hai fatto per sentirti tanto in colpa?"

Non c'è risposta, naturalmente.

Seiya si gratta le testa, evidentemente a disagio. "Beh... insomma, per tirare le somme, tu sei un peccatore e per questo, secondo te, non meriti l'armatura d'oro. Però non vedo perché hai escluso a priori anche il povero Shun, di gran lunga il più giovane della compagnia, e quello che ha avuto meno tempo per farsi gli affari propri: probabilmente, il meno peccatore di tutti noi..."

"Che ne sai tu, Pegasus?"

Segue un istante di attonito silenzio.

Seiya mi guarda, incredulo. "E che ne sai tu, russo?" ritorce.

"Qualcosa più di te... purtroppo."

E mi lancia una rapida occhiata sardonica.

Il respiro mi si strozza in gola: capisco all'improvviso a cosa allude Hyoga, qual'è il peccato che, secondo lui, ha sporcato per sempre la sua purezza e gli ha impedito di vestire l'armatura d'oro...

Chissà quanto deve odiarmi per questo!

"Senti un po', Crystal," dice Seiya con tono severo. "Non so di che cavolo parli, ma mi sembra che tu abbia sempre il chiodo fisso di salire in cattedra e giudicare il prossimo!"

Hyoga si irrigidisce visibilmente.

"Vedi di non commettere lo stesso errore anche tu," è la sua fredda risposta.

"A differenza di te io non giudico, faccio presente dei semplici fatti. Vuoi per favore ammettere che in genere sbagli a definire bene e male? Per esempio, chi fu che al torneo diede del traditore a tutti quanti? E chi ha dato fino all'ultimo del traditore anche ad Ikki..."

"Della sua innocenza non sono ancora sicuro."

"Ah no? Non ti basta il fatto che ci abbia avvertito del pericolo? Che ci abbia dato consigli perfettamente sensati ai fini della nostra causa?" Indica lo scrigno. "E qui dentro per caso non c'è l'elmo che secondo te proprio lui avrebbe rubato?"

Una potentissima energia estranea sbatte all'improvviso contro il mio senso cosmico...

"E allora, biondo?" insiste Seiya, "Che mi dici, a questo punto?"

"Cosa vuoi che ti dica?" Hyoga alza le spalle. "Possiamo essere sicuri solo di una cosa: che abbiamo ancora troppe domande senza risposta."

"Le risposte che cercate le ho io," dice una voce placida, proveniente dall'entrata.

Ci voltiamo tutti verso chi ha parlato, Lady Isabel afferra prontamente il telecomando ed accende tutte le luci del planetario.

Seiya spalanca gli occhi.

"Non è possibile... Mur!"

***

Forse è l'ultima persona che ci saremmo aspettati di vedere, ma non c'è da sbagliarsi: è proprio il bizzarro Sampadam Daivîm Abhijâtasya del Pamir, apparso misteriosamente e come sempre dal nulla, una macchia rossa ed arancione contro la tappezzeria scura. Ci guarda con quel suo ineffabile sorriso, gli occhi ovali imperturbabili, il rosario buddista tra le dita.

Anche se ci è sempre stato amico, i miei compagni reagiscono con circospezione: vanno a mettersi immediatamente tra Lady Isabel ed il nuovo venuto, pronti ad ogni evenienza. Io concentro la mia energia per essere pronto a generare le mie catene, ma senza troppa convinzione. Non sento niente di ostile da quell'uomo, ed anche se fosse... mi chiedo come potrei fermare qualcuno con poteri pari ai suoi!

Mur annuisce, con aria benevola.

"Questo è molto saggio da parte vostra. Scegliere di proteggere innanzitutto questa nobile fanciulla, anziché l'armatura del Sagittario." Una luce misteriosa si accende nei suoi occhi. "E questo nonostante sappiate benissimo che quello scrigno è l'oggetto più prezioso che esista su questa terra!"

E fa un passo in avanti.

"Fermo dove sei!" l'apostrofa subito Seiya, mettendosi in guardia. "Che intenzioni hai?"

Mur gli rivolge un'occhiata enigmatica. "Tu cosa pensi, Pegasus?"

"Io non penso niente," ribatte lui. "Semplicemente non mi fido più di nessuno."

"E nemmeno io," aggiunge Hyoga con amarezza. "Come potremmo, dopo le esperienze che finora abbiamo fatto? Tutti ci braccano, o vogliono toglierci ciò che abbiamo. Ormai sappiamo di non avere più amici nel Mondo Segreto..."

Mur scuote la testa. "Fate bene a pensarlo, anche se dopotutto non è vero. E' solo che i vostri amici restano nascosti, attenti a non rivelarsi prima del tempo. Ed a proposito di rivelazioni..." sorride, si volta verso la giovane duchessa, "permettetemi di salutare con il suo vero nome la fanciulla che servite."

Lady Isabel trasalisce.

Lui si inchina profondamente, con le mani giunte davanti al petto. "Bentornata in questo mondo, giovane Athena."

"Tu dunque... mi riconosci?"

"Io ti ho sempre riconosciuta," risponde Mur, con dolcezza. "Anche quando nemmeno tu conoscevi te stessa e credevi di essere una mortale come tutti gli altri." Rialza la testa, la guarda negli occhi. "Invece sei la crisalide di una dea potentissima, che gli eventi hanno costretto ad un prematuro risveglio... nell'alba di una grande battaglia."

Tende la mano ben curata, espande il suo incredibile potere. E lo scrigno di Aiolos si apre da solo, docilmente, rivelando la scintillante armatura del Sagittario al suo interno.

"Ehi, accidenti..." esclama Seiya, esterrefatto. Si volta di scatto a fronteggiare Mur. "Lascia stare quell'armatura, stregone! Non l'abbiamo difesa tanto per poi farcela fregare da te."

"Non è affatto mia intenzione sottrartela, Pegasus... visto che sono stato proprio io a portartela."

"Che cosa?" esclama Seiya, ad occhi sgranati.

E segue un istante di attonito silenzio.

***

"A questo punto ci devi una spiegazione, maestro," dice Hyoga, in tono secco. "Se davvero hai fatto ciò che dici, vuol dire che l'armatura era nelle tue mani. Come hai fatto ad averla?"

"Ho sottratto al Tempio i suoi otto pezzi," risponde lui con semplicità disarmante. "Ed a voi l'elmo che tanti problemi vi ha dato per la sua protezione. Poi ho riassemblato l'armatura, e l'ho nascosta nell'attesa del giusto momento per la sua riapparizione."

"Che?!" tuona Seiya, scandalizzato. "Vuol dire che... avresti potuto far questo in qualsiasi momento?! Ci hai lasciato a sbatterci da soli per tutto questo tempo quando tu potevi salvare l'armatura di Aiolos con uno schiocco di dita?!"

"Nient'affatto," risponde lui, pacifico. "Non sopravvalutare il mio potere, Pegasus: nemmeno io posso raccogliere il frutto prima che sia giunto il tempo della maturazione. E non sono stato solo nella mia impresa. Sono stato aiutato."

"Anche da qualcuno di noi, vero?" chiede Hyoga, tagliente.

"Certo," annuisce lui. "Nonostante i miei poteri, non avrei potuto trovare tanto facilmente il vostro nascondiglio sotterraneo in questa grande città, né il modo di entrarvi senza lasciare traccia: particolare importante, perché non dovevate nemmeno sospettare di me. Avreste potuto tradirmi davanti al primo cavaliere d'oro in cui vi sareste imbattuti... vedete," ed alza un dito con aria didattica, "nessuno può tenere segreti con loro, a meno che non sia a sua volta un cavaliere d'oro. Per cui colui che sa la verità non è tra di voi, ma molto lontano, ed al sicuro."

Ci guardiamo tutti.

"Lontano ed al sicuro," fa eco Seiya, pensosamente. "Vuoi vedere che si riferisce a..."

"Phoenix!" esclama Hyoga, con impeto. "Non può essere altri che lui!"

Il maestro tibetano spalanca appena i suoi grandi occhi ovali.

"Il cavaliere dell'Isola Nera?" Sembra quasi divertito dall'idea. "Ti sbagli, Cygnus: non ho nulla a che fare con lui. Non nego che mi sia stato utile, attirandosi i sospetti di tutti, ma questo è destino di chi come lui serve la luce stando nelle tenebre. No, è stato un altro vostro compagno a rivelarmi i vostri segreti... e cioè Dragone."

Quel nome cade come un macigno su tutti noi. Dragone!

Ci eravamo quasi dimenticati di lui, perso da mesi nella natura dei misteriosi Cinque Picchi per recuperare le forze.

"Non è possibile!" mormora Seiya, attonito. "Shiryu non può averci tradito..."

"Infatti non chiamerei tradimento quel che ha fatto."

"Stai scherzando!... Devi averlo costretto a parlare, perché Shiryu non avrebbe mai consentito a metterci nei guai in questo modo. Lo sai, caro Riparatore di Armature, che col tuo dannato furto ci hai fatto morire di paura, sospettare di un innocente, ed infine incontrare un cavaliere d'oro alla ricerca furiosa di ciò che tu avevi rubato?!"

"Lo so," annuisce lui. "Ed è esattamente ciò che volevo."

Seiya spalanca gli occhi. "Sei pazzo, Mur!"

"Forse, ma in questo modo la profezia di Aiolos si è compiuta. Athena si è finalmente manifestata. Un cavaliere dello Zodiaco è stato convertito alla verità." Muove le mani davanti al petto in una sorta di danza, scuote la rossa capigliatura seguendo una musica interiore.

"E adesso che fai?" chiede Hyoga, esterrefatto.

"Faccio quel che non ho fatto per quasi diciassette anni," risponde lui, continuando imperturbabile la sua sconcertante esibizione. "Festeggio la vittoria."

Seiya non è convinto, lo guarda torvamente.

"Lasciamo perdere," borbotta. "Sarà una vittoria come dici tu, ma per un pelo non siamo morti tutti, per cui scusaci tanto se non ce la sentiamo di ballare con te." Emette un profondo sospiro, cambia tono. "Ma andiamo al sodo: quel che conta è che hai incontrato Shiryu... ti spiace dirci come sta?"

Mur si ferma, lo guarda con un sorriso enigmatico.

"Incontrerete il vostro amico, molto più presto di quanto vi aspettiate. Perché due giorni fa ha lasciato i Cinque Picchi, ed è in viaggio verso Nuova Luxor, con la sua armatura del Dragone... pronto a riunirsi ai suoi compagni per la battaglia finale."

"Cosa?!" esclama Seiya ad occhi sgranati. Ci guarda tutti, ed il suo volto si apre all'improvviso in un sorriso solare. "Allora... è finalmente guarito!"

La risposta è un lieve cenno della testa, pieno di benevolenza.

"Il suo spirito è forte e limpido, ha superato la terribile prova che gli era stata imposta. Una volta di più sono felice di non averlo lasciato morire, quel giorno lontano in cui si presentò davanti alla mia casa. Anche allora adempiva al suo destino, quello di fare sempre la cosa più giusta... infatti l'armatura che ti doveva proteggere era importante, come gli eventi hanno poi rivelato."

"Ma non valeva la sua vita," mormora Seiya.

"E' ciò che penso anch'io, Pegasus, e questo nonostante l'armatura di Aiolos ti abbia indicato quale cavaliere più essenziale per la riscossa di Athena. La saggezza di Dragone e la sua purezza d'animo vi sono troppo necessari in una lotta insidiosa tra bene e male. Per cui vi prego, riaccoglietelo tra voi, guardate oltre le apparenze, e non portategli rancore per essere stato mio complice." Tace un istante, poi aggiunge: "In quanto a Phoenix, ricordate la leggenda persiana del Melek-Taus, l'uccello di fuoco che andò all'inferno per i suoi peccati... e ne spense le fiamme con le sue lacrime." Un lontano sorriso. "Fossi in voi starei molto attento a giudicare un uomo nato sotto questo segno cosmico."

Mi sento tremare, perché io ho osato farlo... ed ho sbagliato!

"Restate uniti," continua Mur, con la sua voce carezzevole e decisa ad un tempo. "L'ora della resa dei conti si avvicina. La prova che avete affrontato con Ioria è stata terribile, ma il premio che avete vinto lo meritava: ora un cavaliere d'oro porta la verità al Santuario. Il Sacerdote Supremo saprà così di aver fallito, di non esser riuscito ad eliminare Athena, lo scopo segreto di tutte le sue azioni; ed invece di aver stroncato la vostra ribellione, se la ritroverà anche nelle sue stesse stanze. Nulla può prevedere quale sarà la sua reazione, ma ricordate: lui purtroppo sa che l'incarnazione della dea è ancora vulnerabile. Preparatevi dunque al peggio, raccogliete le vostre forze, e proteggete la giovane Athena. In questo, lo spirito di Aiolos, il suo più grande difensore, vi aiuterà."

L'armatura del Sagittario vibra, quasi in risposta a quelle parole, emanando un lieve alone di energia. Noi ci voltiamo tutti a guardarla, col fiato sospeso.

"E anch'io vi aiuterò," conclude Mur, con dolcezza. "Ma ricordate che è soprattutto compito vostro portare avanti la speranza. Perché in tutto il Mondo Segreto solo voi siete i veri Santi di Athena... gli unici cavalieri che siano degni di combattere per lei."

Restiamo per un lungo istante assorti, pensando a quelle parole, al loro senso di finalità. E solo quando distogliamo lo sguardo dall'armatura, ci accorgiamo che il Sampadam Daivîm è scomparso, misteriosamente com'era venuto.

Seiya emette un lievissimo sospiro.

"Andato!... Ed un'altra volta non ci ha detto chi è veramente, quel dannato stregone dai capelli rossi che si impiccia sempre dei fatti nostri."

"Forse non c'è mai stato mistero in questo," mormora Lady Isabel, assorta. "Mur non sa solo riparare le armature, ma con quella di Dragone ha dimostrato di possedere anche il segreto della loro costruzione."

"E allora?"

"Le armature di tutti i cavalieri sono state il dono fatto ad Athena migliaia di anni fa da un suo vecchio amico ed alleato... Hephaistos, il Fabbro degli Dèi."

Segue un silenzio attonito.

"Quello dunque sarebbe veramente... Efesto?!" mormora Hyoga.

"Un'altra incarnazione divina?" chiede Seiya.

Lady Isabel guarda l'armatura di Aiolos, il suo arco che punta verso il cielo artificiale.

"Perché no?" dice con voce remota. "Gli déi non tornano mai soli."

***

Finalmente Shiryu giunge a Nuova Luxor, esattamente come preannunciato da Mur. Noi lo aspettiamo nella vecchia scuola, riuniti in trepidante attesa, ansiosi di rivederlo. Seiya poi non fa che camminare avanti e indietro come un animale in gabbia, continuando a guardare l'orologio e brontolando a proposito del tempo che ci mette ad arrivare.

"Dall'aeroporto a qui la strada è molto trafficata," gli dice Hyoga, come al solito controllatissimo. "Abbi pazienza."

"Pazienza un accidente!" Seiya guarda il pavimento. "Dopo tutto questo tempo che non lo vedo... e quasi senza aver notizie da lui!" Si picchia un pugno nella mano, con un'ombra di sorriso. "Però, se penso che lo stiamo per rivedere guarito, e che tutte quelle bende e cerotti con cui l'abbiamo lasciato sono finite nella spazzatura..."

Hyoga incrocia le braccia sul petto. "Così torniamo ad essere in quattro, finalmente." Mi lancia un'occhiata. "Più un quinto, che è andato chissà dove e a fare chissà cosa."

"Ed una sesta, se contiamo solo i cavalieri d'argento," aggiunge Lady Isabel, alzando un dito. "Castalia, cavaliere dell'Aquila, che come Phoenix è al nostro fianco pur restando lontano da noi."

"E poi c'è anche Tisifone, cavaliere di Ofiuco," dico io.

"Di lei non possiamo essere affatto sicuri," ribatte Hyoga. "Ci è sempre stata nemica."

"Ma ora è la compagna di Pegasus... almeno, secondo gli usi del Mondo Segreto. Quindi si schiererà senz'altro al suo fianco."

Seiya scuote la testa con evidente disagio. "Chissà, Shun. Forse lo farebbe, ma non credo che sarà in grado di combattere per un bel pezzo: era a malapena viva quando Ioria l'ha portata via."

Mi porto una mano al petto. "Ho ricevuto il suo stesso colpo, e sono ancora qui..."

"Si, ma tu sei il fratellino di una Fenice, forse compartisci un po' della sua immortalità. In teoria avresti dovuto andare tu all'Isola Nera, no?" Fa un lieve sorriso. "Chissà che questo non abbia a che fare col tuo destino di cavartela sempre!"

Lo fisso, stupito. Non ci avevo mai pensato, ma potrebbe essere vero...

"Non dimenticatevi poi di cinque cavalieri di bronzo," interviene Lady Isabel. "Monoceros, Ursa Major, Lupus, Leo Minor e Hydra."

Il volto di Seiya si apre in un gran sorriso. "Accidenti, è vero... mi ero scordato di loro, i nostri vecchi compagni di scuola!"

"Sono ancora vivi dunque?" dice Hyoga, freddamente. "Questa sì che è una sorpresa gradita."

"Non la chiamerei una sorpresa," replica Lady Isabel, pacatamente. "Sono pur sempre dei giovani forti e determinati, anche se forse meno dotati di voi. Tre giorni fa Asher mi ha mandato un messaggio attraverso la sede spagnola della Fondazione, chiedendo credenziali per lui ed i suoi compagni. Hanno stabilito di riunirsi tutti nelle isole Canarie, al ritorno dalle loro scuole, in modo da confondersi tra i turisti, ed essere più forti nel caso li abbiano individuati."

"Molto prudente," annuisce Hyoga.

"Ed io ho risposto che rimanessero lì fino a nuovo ordine," conclude Lady Isabel.

"Dunque lo scozzese fa il portavoce del suo gruppo," dice Seiya, grattandosi il mento. "E agisce come se ne fosse il capo. Dev'essere maturato un bel po', visto che dimostra per la prima volta intelligenza e senso di responsabilità!" Si rivolge alla duchessa. "Sa la verità su di lei, milady? Cioè, che lei è Athena?"

"Non so come, a meno che non abbia avuto qualche informazione in questo periodo di lontananza." Una pausa. "Ma ad ogni modo sembra intenzionato a combattere ancora dalla nostra parte."

Seiya fa un mezzo sorrisetto. "Non ha ancora finito di sperare, quel povero diavolo..."

Capiamo tutti l'allusione, ma Lady Isabel non arrossisce neanche.

"Asher ed i suoi compagni ci saranno molto utili," dice Hyoga. "Sono sicuro che la maggior parte dei cavalieri rimasti dalla parte del Santuario debbano essere della loro stessa gerarchia."

"Quindi di questi se ne potrebbero occupare loro," completa Seiya. "E menare le mani una volta tanto. Mentre invece noi, i fortunati, ci troveremo come sempre a batterci contro cavalieri superiori a noi di una gerarchia. A calci nel sedere siamo riusciti a passare di grado e diventare cavalieri d'argento, ma c'è da chiedersi se..."

Tace per un istante, e noi tutti completiamo quel che stava per dire. Già: esiste un limite ai miracoli che il bisogno può far compiere? Abbiamo conosciuto il potere di un cavaliere dello Zodiaco: qualcosa di quasi inconcepibile. La differenza che esiste tra la gerarchia d'argento e quella d'oro è incommesurabile rispetto a quella tra bronzo e argento....

Seiya sospira pesantemente. "Ah, maledizione, meno male che tra tante rogne almeno avremo Shiryu con noi!" Guarda di nuovo l'orologio. "Accidenti, ma quanto ci mette?"

L'attesa dura ancora a lungo, ma finalmente sentiamo il solito furgone anonimo che arriva nel cortile del Saint George.

Noi tutti al gran completo ci precipitiamo fuori, pieni di emozione.

Vediamo subito l'inconfondibile figura del nostro amico, seduto al lato dell'autista. Apre la portiera e smonta, scaricando anche il suo scrigno sacro avvolto in una fodera di seta blu, ed una borsa anonima. Il furgone se ne va e lui resta immobile ed eretto in mezzo allo spiazzo, i soliti capelli lunghi appena mossi dal vento, i muscoli ben delineati sotto il costume tradizionale dello Yunnan, abbinato bizzarramente ad un paio di moderni occhiali scuri sul naso.

A parte quest'ultimo particolare, non sembra assolutamente cambiato.

Lady Isabel avanza regalmente verso il nostro amico. Lui si inchina formalmente davanti a lei, poi fa per compiere anche il gesto della proskinesys che le spetterebbe quale divinità incarnata. Ma lei lo prende per le spalle e glielo impedisce, gentilmente.

"Bentornato tra noi, Dragone," gli dice con un sorriso radioso.

"Grazie, milady," risponde lui, emozionato. "Sono felice di essere ancora al suo fianco."

"Non hai mai smesso di esserlo, né dubitavo che un giorno saresti tornato." Alza la mano destra per sfiorargli la testa, in un gesto di benedizione. Ma si ferma di colpo, il suo sorriso svanisce.

Lui le prende subito la mano, la stringe con un cenno d'intesa. "Milady, la prego... ora mi permette di salutare i miei compagni?"

Lady Isabel esita appena, ma poi annuisce e si fa da parte.

E Seiya avanza subito. "Ehi, Dragone," lo chiama, con voce tremante.

"Pegasus..."

In un istante i due sono già uno nelle braccia dell'altro, ridendo di gioia. Seiya è commosso fino alle lacrime, batte le mani sulle spalle squadrate dell'amico e non fa che mugolare: "Ce l'hai fatta, dannato cinese, ce l'hai fatta, accidenti, ce l'hai fatta!"

"Si... ce l'ho fatta." Shiryu si stacca a fatica dal suo abbraccio. "Sono ancora qui con voi, se mi volete."

"Ma certo che ti vogliamo... non avremmo saputo cosa fare senza di te!" Seiya lo scuote, tirando su con il naso. "Ti vedo in forma, forte e persino abbronzato... e direi anche che hai preso qualche chilo!" Gli strizza i fianchi. "Dì la verità, Fiore di Luna cucina bene, eh? Beh, consolati, da questo punto di vista la situazione non è poi tanto male. Il cuoco ha finalmente imparato a fare dei piatti dal nome pronunciabile..."

"Spero che tu non abbia intenzione di sequestrare Dragone con le tue chiacchiere," dice Hyoga con un calore inusuale. "Lascia anche a noi la possibilità di salutarlo!"

Shiryu si volta verso di lui, sorridendo, e lo abbraccia. "Crystal!" mormora.

"Amico mio," risponde Hyoga, restituendo la stretta con affetto.

"Shun," dice poi Shiryu, voltandosi verso di me. Lascia gentilmente Hyoga e avanza per abbracciarmi a mia volta. Che strana sensazione che provo quando lo fa! Mi rendo conto all'improvviso di quanto mi sia mancato...

"Tutto bene?" mi chiede, con dolcezza.

"Si," balbetto, commosso. "Sono... sono così contento che tu sia tornato."

"E soprattutto, che tu sia guarito!" esclama Seiya allegramente, avvicinandosi a noi. "Sai, il caro Mur ce l'aveva detto, ma un conto è saperlo da un estraneo, ed un altro vederlo con i propri occhi."

"Mur," ripete Shiryu, con un lieve sorriso. "L'uomo a cui devo più della vita... no, Pegasus: non è un estraneo, e a volte non c'è bisogno degli occhi per conoscere la verità."

Seiya si gratta la testa. "Beh, se lo dici tu... devi aver ragione, visto che hai vissuto personalmente l'esperienza: ma è roba del passato, vero? Certo che un tipo solenne come te, con questi occhiali neri da agente segreto..." Avvicina furtivamente una mano ad essi, e Shiryu si schermisce. "Ah!" esclama, "Dunque è vero, ci vedi benissimo!"

Ridiamo tutti, ma Shiryu no. Lo vediamo voltare la testa, con un'espressione turbata.

"Ehi," mormora Seiya, smettendo di ridere. "Che ti prende, Dragone?"

Lui esita a lungo. Poi emette un profondo sospiro.

"Mi spiace, Pegasus, ma se per vedere intendi usare gli occhi... devo deluderti."

"Che vuoi dire?!"

"Io sono tuttora cieco."

E noi tutti restiamo accoltellati da quelle parole.

***

"Non è giusto," mormora Seiya, abbattuto, seduto nella sua poltrona preferita della sala, la testa tra le mani. "Dannazione, Shiryu! Quella carogna di Mur ci aveva detto che eri guarito..."

"E non ti ha mentito, Pegasus," dice lui, andandogli di fronte. "Io sono guarito."

"Si, il tuo braccio, tutte le ferite che avevi addosso..." La voce di Seiya trema. "Però sei rimasto cieco, così le mie colpe verso di te sono rimaste le stesse! Avevo tanto sperato che potessi ritornare quello di prima... che tutti e due potessimo dimenticare! Ed invece non è cambiato niente..."

"Non è vero, amico mio. Sono cambiate molte, moltissime cose da quando sono andato ai Cinque Picchi. Guardami, tu che hai ancora la vista... non lo vedi da te che non sono più l'uomo che è partito?" Seiya finalmente rialza la testa, con gli occhi lucidi, e Shiryu sorride. "Pegasus, non ho fatto tutta questa strada solo per ricevere le tue lacrime di compassione..."

Lui arrossisce di colpo, colto in flagrante. "Dragone," mormora, "Come hai potuto..."

"... accorgermi della tua commozione?" Si raddrizza. "Per me ormai è molto facile. Non ho più bisogno della vista: ho compensato la sua mancanza con tutti gli altri miei sensi, compreso quello cosmico. Ho purificato la mia anima come mai avrei potuto, e questo mi ha fatto diventare molto più forte di prima."

"Vorrei proprio crederlo," mormora Seiya.

"Perché devi crederlo?" gli dice Hyoga. "Ricorda, Mur ci aveva avvertito. Accogliere Dragone e guardare oltre le apparenze... mi chiedevo cos'aveva voluto dire. Ora capisco che si riferiva alla sua cecità."

"E ce l'ha detto forse perché temeva proprio questo," aggiungo io. "Che non avessimo fiducia in lui, che lo respingessimo solo a causa del suo handicap."

"Chi si sogna di respingerlo?" risponde Seiya, scuotendo la testa. "Ma qui stiamo parlando di combattere una guerra senza quartiere contro gente enormemente più avvantaggiata di noi..."

"Ed io sono addirittura menomato, è questo che vuoi dire?" chiede Shiryu con un triste sorriso.

Segue un certo silenzio, carico di tensione.

"Ho superato questo problema, Pegasus," continua lui. "E superando questo, ho imparato a superare tutti i problemi della mia vita. Per questo ora sono migliore di quando ho vinto Argos... mi sento un vero cavaliere d'argento."

Va alla finestra con una sicurezza sbalorditiva, rivolge i suoi occhiali neri al cielo come se lo vedesse.

"Non è stato facile per me risorgere dalle tenebre in cui mi trovavo. I primi tempi sono stati molto duri... faticavo ad accettare la mia situazione, mi sembrava che gli occhi fossero la parte più importante del mio corpo, e non mi curavo del resto. Per la prima volta, la mia stessa disciplina interiore ha vacillato: mi sembrava che gli esercizi quotidiani, il Qigong, la dieta speciale, insomma tutto quel che stavo facendo per guarire non avesse senso. Il mio maestro sapeva cosa stava accadendo dentro di me, sentiva la mia ribellione. All'inizio mi ha trattato con comprensione: poi, vedendo che non serviva, mi ha umiliato senza pietà. Mi ha picchiato, come un novizio, mi ha tolto l'armatura, mi ha vestito di stracci e mi ha cacciato a piantare riso e spargere letame."

"Che ha fatto?!" esclama Seiya, scandalizzato.

Shiryu china la testa. "Mi ha lasciato solo nella mia stolta, inutile disperazione. L'unica che non mi abbandonava mai era Fiore di Luna: mi stava sempre vicina, mi offriva il suo aiuto. Ma io non sopportavo la sua pietà: mi aveva visto diventare cavaliere del Dragone, ed ora mi vedeva chino con le ginocchia nel fango, incapace anche solo di piantare una fila diritta di riso... un povero coolie cieco. E invece di ringraziarla per quel che faceva per me, sfogavo contro di lei la mia frustrazione..."

Sospira profondamente, e lo faccio anch'io assieme a lui: come capisco il suo dolore, come lo sento dentro di me, anche se non l'ho vissuto personalmente...

"Ma il tempo passava," continua con voce più tranquilla. "E medicava le mie ferite. Ogni giorno il mio corpo si abbeverava di sole ed energia vitale. Il mio braccio destro recuperava la sua forza maneggiando la zappa. Il mio spirito rinasceva a contatto con la natura. Chino sulla madre terra, imparavo faticosamente cose di me stesso che non avevo nemmeno immaginato... cose non tutte piacevoli. Apprendevo a fare del mio lavoro un esercizio di meditazione: mi lasciavo guidare ai campi da Fiore di Luna, senza sentirmi più umiliato o sfiduciato. Mi sforzavo di compiere bene la mia opera di contadino, a dispetto della cecità; mi stancavo così tanto da dormire alla notte, e senza più incubi o paure. Giorno dopo giorno mi rendevo conto della saggezza del mio maestro, dell'amore di Fiore di Luna... e della prova di amicizia che mi aveva dato Ikki prima che me ne andassi."

"Ikki?!" trasalisce Seiya."E quando diavolo gli hai parlato?"

"In ospedale, poco prima della mia partenza."

"Non ci ha mai detto di averti incontrato..."

"Perché avrebbe dovuto farlo? Non era una cosa che vi riguardava."

"L'abbiamo accusato di essersi comportato da canaglia con te..."

"Tu l'hai accusato, Seiya," ribatto io, un po' animosamente.

Lui arrossisce. "E' vero, Shun. Ma tuo fratello non si è degnato di respingere l'accusa."

"Non poteva farlo, ammesso che lo volesse," gli spiega Shiryu. "Avrebbe dovuto dirvi di avermi incontrato, avrebbe dovuto rivelarvi l'oggetto del nostro colloquio... i miei nuovi, terribili problemi psicologici. Ed io gli avevo chiesto di tacere."

"Perché?!"

Shiryu esita, e poi risponde: "Perché la disperazione, Pegasus... è un male contagioso."

Restiamo per un istante tutti in silenzio.

Seiya scuote la testa, un rossore crescente sulla faccia. Ed infine scatta in piedi, tuonando: "Grazie tante per la considerazione, Dragone! Invece di essere sincero con noi che siamo tuoi amici..."

"Seiya!" interviene Lady Isabel, con tono pacato e autoritario insieme.

Ma lui non si lascia calmare. "Questa è proprio bella! Hai recitato davanti a noi, sei stato zitto a proposito dei tuoi problemi. Per poi scegliere come confidente proprio uno come Phoenix..."

"Non l'ho affatto scelto, Pegasus," lo interrompe Shiryu, recisamente. "Semplicemente non avevo alternativa. Puoi parlare di confidenza con qualcuno che ha i suoi poteri? Davanti a lui non avrei potuto mostrarmi sicuro di me, fiducioso ed ottimista... avrebbe scoperto il mio inganno in due secondi! Ma sono contento di averlo avuto al mio fianco, perché è stato onesto con me. Non ha usato le sue abilità per danneggiarmi: piuttosto, ha danneggiato quel poco che restava della sua immagine presso di voi!"

"Che cosa..."

"Pensaci bene, Pegasus! Ikki è addestrato a conoscere la psiche umana, il campo d'azione dei suoi poteri; in più mi conosce da anni. Credi dunque che non immaginasse i miei problemi? Per questo non voleva mai incontrarmi insieme a voi: sapeva che riconoscevo le sue abilità, e ne deduceva che la sua presenza mi avrebbe messo in imbarazzo davanti a tutti. Non ha voluto sacrificare la mia sensibilità in cambio del vostro apprezzamento!"

Segue un silenzio carico di costernazione.

"Io... non lo sapevo," mormora Seiya. Guarda il pavimento. "Giuro che non lo sapevo. E pensare che ho litigato con lui per causa tua, Dragone... che scemo sono stato."

"Non più di noialtri che l'abbiamo sospettato di averci tradito," dice Hyoga.

"Anche tu, Shun?" mi chiede Shiryu, incredulo.

Annuisco, vergognosamente. Poi mi rendo conto che il mio amico non può vedere il mio gesto (e sento una fitta di pena al cuore). Così faccio un profondo sospiro e dico: "La verità... si scopre sempre troppo tardi."

"Non è mai tardi," cerca di consolarmi Lady Isabel.

"Per mio fratello si!" ribatto io. "Ha una gran sfiducia negli esseri umani; e noialtri, che dovremmo essere suoi amici, cosa abbiamo fatto per fargli cambiare opinione? Adesso non avremo neanche la possibilità di scusarci con lui. Anche se potessimo raggiungerlo e dirgli che avevamo torto, non gli interesserebbe niente... scrollerebbe le spalle, o ci riderebbe in faccia."

"Si, è vero," dice Shiryu. "Ikki è cinico, sprezzante, realista, ed agisce sempre senza mai aspettarsi qualcosa in cambio." Fa un lontano sorriso. "Ma questa è l'essenza della vera generosità."

"In che modo ti ha aiutato, al di là di salvaguardare il tuo pudore?"

"Ha ascoltato i miei sfoghi. Si è rifiutato di usare i suoi poteri su di me come gli avevo vilmente chiesto, sapendo che così mi avrebbe fatto più male che bene. Ed infine mi ha dato le chiavi per uscire dal mio incubo, mettendomi in guardia dai pericoli che mi aspettavano, quelli evidenti... e quelli meno ovvi." Sospira. "Vedete, guarire fisicamente non era tutto per me. La quiete di un lavoro manuale, la vicinanza di chi amavo erano tutte cose utili al mio corpo ed al mio spirito, ed ho finito per trovarle tremendamente allettanti. Smettere di lottare, di preoccuparmi, accettare la mia sconfitta, sposare Fiore di Luna, avere una famiglia... si, restavo cieco, ma avevo cominciato a imparare come si vive senza gli occhi: ascoltando, toccando, assaggiando. Avevo finalmente ripreso a sorridere..."

Fa una lunga pausa, quasi per rivivere quel ricordo.

"Ma Ikki mi aveva avvertito: quella era la trappola che avrebbe distrutto per sempre il guerriero dentro di me. Vincere la mia disperazione iniziale era stata la prima prova, ma non era nulla a paragone di quella che mi aspettava dopo... recuperare il mio spirito! Ho ripreso ad allenarmi dopo infinite esitazioni. Fiore di Luna era contenta, credeva che praticassi le arti marziali come pratica psicofisica, ma presto ha capito che stavo facendo ben altro... che stavo preparandomi di nuovo a combattere. L'ho sentita spesso piangere, quelle lacrime mi trafiggevano, mi dicevo che ero uno sciocco, che non valeva la pena perdere anche quel poco che avevo salvato della mia vita... ma ogni volta che stavo per arrendermi ricordavo le parole di Ikki: se mi arrendevo, ero solo un vile che fuggiva dal proprio destino!"

Si volta verso la finestra, posa le mani sul davanzale.

"E nonostante questo... sono stato cento volte sul punto di perdere la battaglia. Se questo fosse avvenuto, non mi avreste rivisto mai più."

Segue un cupo silenzio.

"Adesso capisco perché Ikki ci aveva detto di non contare più su di te," mormora Seiya. "Sapeva quanto sarebbe stata dura la prova per te. Non si è mostrato ottimista, secondo il suo solito copione." Esita. "E non so dargli torto. Ho vissuto qualcosa di analogo, anche se non avevo tutti i tuoi problemi. Ho provato le tue stesse tentazioni. E la mia battaglia... l'ho vinta per un pelo."

Pensa ovviamente a Lamia. E lancia un'occhiata penetrante a Hyoga, come per ricordargli che lui non ha ancora finito di combattere la medesima battaglia.

Lady Isabel interviene, con la sua voce piena di dolce simpatia: "Ma quel che conta, Dragone, è che alla fine hai trionfato. E per questo sei qui con noi."

Lui si volta a fronteggiarla.

"Si, milady. Ma non è stato tutto merito mio: il destino stesso mi è venuto incontro. Un giorno, mentre lavoravo nei campi, ho sentito l'avvicinarsi improvviso e rapidissimo di una energia cosmica senza paragone. Ho pensato immediatamente che un sicario del Santuario fosse venuto per me, e..." esita, a lungo, poi completa la frase: "...ed ho provato una paura quale mai avevo sentito in vita mia. La mia più grande tentazione era quella di nascondermi con la testa nel fango!"

"Dragone, questo non posso crederlo da te..."

"Credici, Pegasus. Ero sull'orlo del panico, esattamente come Ikki aveva previsto. Ma il fatto che un estraneo avesse anticipato quella reazione mi riempiva di vergogna: ero un cavaliere, dovevo vincere la mia paura e farmi avanti a dispetto di quel che avrei potuto ancora perdere! Mi sono concentrato come mai non avevo fatto sulle mie percezioni sensoriali. Nella mia memoria si dipanava il campo, potevo sentirlo sotto i miei piedi scalzi, potevo disegnarlo quasi nella mia mente. Il suono, l'eco, la vibrazione dell'aria erano tutti messaggi al centro di me stesso. Mi sono immerso nella mia coscienza cosmica, e per la prima volta dopo tanto tempo... ho visto. Non con gli occhi, ma con tutto il corpo e lo spirito! Mi sono messo a correre, evitando gli ostacoli con facilità, sono giunto nella piana di fronte alla cascata, dove mi ero addestrato per anni. Laggiù c'erano tre presenze: un cavaliere dal cosmo ostile ed accecante, il mio vecchio maestro e Fiore di Luna che coraggiosamente stava cercando di proteggere il suo padre adottivo. Senza neanche pensarci ho fatto altrettanto, attaccando l'intruso. Lui ha esclamato: Chi è questo straccione che osa pararsi sulla strada di un Cavaliere dello Zodiaco?"

"Un altro!" esclamo.

"Era incredibilmente forte. Mi ha respinto e gettato senza sforzo nella cascata. Sono rimasto stordito, ho provato un senso di panico, perché con la mia cecità non distinguevo più l'alto e il basso, sarei annegato nuotando nella direzione sbagliata... ma all'improvviso ho sentito un'energia che mi chiamava. Era la mia armatura, che il maestro aveva nascosto nel fondo del lago! L'ho raggiunta, ho aperto lo scrigno con le mie ultime forze..." Si volta verso di noi. "Le stelle hanno bruciato dentro di me, mentre i pezzi dell'armatura mi aderivano al corpo. Sono uscito dall'acqua spinto da una colonna di pura energia in cui c'era tutta la mia voglia di rivincita e la mia ansia per il maestro. L'avversario si è mostrato stupito dalla mia apparizione... ma non spaventato. Ha detto: Dunque lo straccione è Dragone, un cavaliere decaduto! Non a caso il discepolo di un altro traditore. Io ho risposto sfidandolo a duello, ma il mio maestro mi ha gridato di non farlo. Mi ha detto che quell'uomo era un cavaliere d'oro, un membro della massima gerarchia del Santuario. La sua costellazione era Cancer."

"Cancer," fa eco Lady Isabel, pensierosamente.

"Non avevo mai sentito prima il cosmo di un Cavaliere dello Zodiaco. Era enorme rispetto al mio, ma sapevo di non avere altra scelta che sfidarlo: non potevo permettere a qualcuno di fare del male ai miei cari senza combattere. Cancer ha riso con disprezzo, e mi ha comunicato la sua decisione di eseguire seduta stante la mia sentenza di morte, in modo da rendere più amara la punizione del mio maestro. Gli ho chiesto cosa avesse contro di lui, e mi ha risposto che da molti anni si nascondeva dal Santuario, celando a tutti la sua vera identità; ma aveva commesso l'errore di rivelarsi nel momento in cui era scomparsa l'armatura decapitata del Sagittario. Ora il Sacerdote Supremo lo chiamava in Grecia per scontare la sua colpa. Il mio maestro ha replicato che non avrebbe mai lasciato i Cinque Picchi, perché quello era il luogo dove avrebbe compiuto il suo dovere. Non si sarebbe mai mosso di lì per obbedire agli ordini di un impostore che aveva tradito il patto con Athena. E Cancer ha detto, ridendo: come potrai impedirmi di portarti via, visto che hai lasciato in Grecia la tua potente armatura?"

"Il tuo vecchio maestro sarebbe dunque... un cavaliere?" chiede Seiya, incredulo.

"E non un cavaliere qualsiasi, Pegasus. Da-Kwan Fusheng, il mio amato maestro, colui che è sempre stato come un padre per me, è il Cavaliere dello Zodiaco del segno della Bilancia!"

***

"Per la miseria," mormora Seiya. "Ci sono anche cavalieri ottuagenari..."

"Il potere cosmico non ha nulla a che vedere con l'età," ribatte Hyoga. "Virtualmente siamo cavalieri per tutta la vita."

"Però fino ad adesso non abbiamo mai incontrato gente molto più vecchia di noi," obietta Seiya. "Cioè, nessun nonnetto: dico bene?" Guarda Hyoga, poi me, ed io non posso che annuire: è vero, non ho mai visto cavalieri con i capelli bianchi.

Lui continua: "Avevo pensato a due spiegazioni opposte: la prima, che la consapevolezza cosmica facesse invecchiare i cavalieri meno del consueto..." Fa una smorfia. "La seconda, che nessun cavaliere potesse arrivare alla vecchiaia vera e propria, perché proprio il suo potere lo fa morire prima."

"Un'interessante questione," annuisce Hyoga.

"Ed ecco che ci troviamo davanti l'esempio di un cavaliere anziano. Il che significa che lo è davvero, e molto più di quanto non sembri... o che al contrario non lo è affatto."

"La seconda ipotesi è da scartare," dice Shiryu. "Da-Kwan era già ben conosciuto nella regione, molto prima che io arrivassi come postulante. Per tutti gli abitanti della zona non era altro che un pacifico e venerando santone taoista, sopravvissuto miracolosamente alle purghe del comunismo. E mai, in tutti gli anni dell'addestramento, mi aveva fatto anche solo sospettare la sua vera natura: non aveva mai fatto sfoggio di potere, al di là di quello di un comune sacerdote. Ma quando Cancer ha rivelato la sua vera identità, è stato come se un sole si accendesse nella mia coscienza cosmica... ho sentito improvvisamente una grande, poderosa energia emanare da lui. Non è cambiato nulla nel suo vecchio corpo, non si è alzato, non ha mosso un muscolo; eppure Cancer è arretrato subito da lui mettendosi in guardia. Gli ha chiesto nervosamente se quella manifestazione di energia significava che aveva intenzione di battersi. Da-Kwan ha replicato che i Cavalieri dello Zodiaco non dovevano mai battersi tra di loro, dovevano usare i loro poteri solo per salvare Athena. Ed ha raccontato tutta la storia di Lady Isabel, dal sacrificio di Aiolos alle ultime battaglie che avevano visto trionfare i suoi supposti cavalieri decaduti. Si è appellato alla pace, alla giustizia... ma è stato tutto inutile! Cancer non aveva più un briciolo di etica in sé, era un opportunista a cui non interessava altro che mantenere il proprio potere, a prescindere da chi fosse a capo del Santuario. Allora il mio maestro si è rivolto a me e ha detto: Shi Lou! Non posso salvarti da questo cavaliere senza mancare al mio dovere. Dovrai combatterlo tu, per Athena, per me e per te stesso. Fa' tesoro di questa esperienza, e davanti alla morte ricorda che sei l'incarnazione del Dragone Azzurro!"

"Era matto?" mormora Seiya. "Non avevi nessuna speranza!"

"Non avevo nemmeno alternativa. Per un poco sono riuscito a difendermi da Cancer: ho fatto esattamente quel che mi aveva detto il mio maestro, ho studiato il mio avversario con tanta concentrazione da dimenticare il mio terrore davanti al suo potere. Ho combattuto in uno strano spazio senza immagini e senza tempo, con quella straordinaria percezione totale che avevo appreso da poco tempo: ho sentito la mia stessa diversità, e l'ho espressa inventando colpi nuovi, nuove strategie..."

"Ed hai vinto?!" chiede Hyoga, incredulo.

"No, naturalmente." Shiryu scuote la testa. "Non potevo: al di là del suo potere offensivo, Cancer era praticamente invulnerabile a tutti i miei attacchi, grazie alla sua armatura: quasi una gemella di quella di Aiolos. In compenso la mia resistenza lo stava irritando oltre ogni limite. Nel momento che si è deciso ad attaccare con il peggio dei suoi colpi segreti, mi sono reso conto che le mie vestigia del Dragone, seppure alla massima energia che potevo trasmettere loro, non mi avrebbero protetto contro di lui..."

"Armatura d'argento contro armatura d'oro," annuisce Hyoga.

"Ma in quel momento è apparso un altro grande potere tra di noi. Ho sentito una voce calma ed insieme terribile che ci ingiungeva di fermarci. Ho riconosciuto quella voce con tutto me stesso: era la stessa che mi aveva richiamato dall'Ade..."

"Mur!" esclamo io.

"Eh?!" dice Seiya, sbalestrato.

"Shun ha ragione," annuisce Shiryu. "Era Mur."

***

"Deus ex machina," dice Hyoga.

"Citazione molto appropriata," annuisce Lady Isabel.

"Cancer si è mostrato molto sorpreso da quella intrusione. Ed anche inquietato: il cosmo di Mur non era aggressivo, ma assolutamente pari al suo in energia. Gli ha chiesto chi fosse, Mur ha risposto che a quel punto doveva essere ovvio. E Cancer è arretrato da lui, esclamando: Aries!"

Seiya si gratta la testa. "Che è, un altro dei cento nomi di quel tipo..." Si interrompe di colpo, e quasi grida: "Aries, hai detto?! Ma non è possibile!"

"Ariete," mormora appena Lady Isabel.

"Anche Mur sarebbe dunque un Cavaliere dello Zodiaco?!"

Shiryu annuisce, davanti alle nostre facce esterrefatte.

"Il dialogo che ha avuto con Cancer è stato illuminante. Ricordate le parole di Athena, quando si manifestò a noi la prima volta? Quasi diciassette anni fa, quando Aiolos fuggì dal Santuario, qualcuno lo aiutò a evitare gli inseguitori. Ebbene, tra costoro c'erano alcuni cavalieri d'oro. Per riuscire nell'impresa di confonderli, questo misterioso individuo doveva essere un loro pari grado. Non poteva essere Libra, cioè Bilancia, perché il mio maestro era già assente dal Santuario; però poi scoprirono che un altro Cavaliere dello Zodiaco mancava all'appello... e cioè Ariete!"

"Non posso crederci," mormora Seiya. "Mur... avrebbe aiutato Aiolos?! Ma com'è possibile? Non mi sembra abbastanza vecchio da poter esser stato un compagno del nostro Sagittario..."

"A quell'epoca aveva più o meno l'età di Shun, era il cavaliere più giovane del Santuario. Ma famoso per il suo straordinario potere."

"Pari a quello di un dio incarnato?" dice Hyoga. "Ormai ci eravamo convinti che fosse Efesto, il Fabbro degli Dèi!"

"Non so cosa dirvi, se non che davanti a me ha ammesso tranquillamente di essere lo stesso Aries che aiutò Aiolos a fuggire. Certo, a quel tempo molte delle armature d'oro erano vacanti, i loro cavalieri non si erano ancora rivelati; ma i relativi scrigni si trovavano comunque al Santuario. Mur rivelò la sua clamorosa defezione portandosi via il suo, esattamente come fece Aiolos."

Restiamo per un po' in silenzio, come per assorbire il significato di quelle parole.

"Tutto quadra," mormora Seiya.

"Più o meno," corregge Hyoga.

"Che ha fatto Cancer a quel punto?" chiedo io. "Si è battuto contro Mur?"

Shiryu scuote la testa. "Non ha voluto rischiare uno scontro con ben due cavalieri del suo stesso rango, ed è scomparso così com'era arrivato."

"Quindi Mur ti ha salvato la pelle un'altra volta," dice Seiya.

"Ha anche liberato il mio maestro da una situazione difficile. Per un motivo che ignoro, sembra che Da-Kwan non possa lasciare i Cinque Picchi né prendere parte personalmente ad una lotta."

"E' chiaro che i due sono in combutta, e che custodiscono i rispettivi segreti. Ricordi, Dragone? Il famoso Riparatore di Armature era quasi impossibile da raggiungere, ed ora sappiamo il perché: gli davano la caccia... e tu l'hai trovato guarda caso solo perché il tuo maestro, un altro contumace, ti ha detto dove cercare. Mur ha poi ricostruito da capo a piedi la tua armatura, cosa che Kiki diceva che non aveva mai fatto per nessuno, e si è scomodato a tirarti fuori dall'Ade con le sue stesse mani. Ed ora, in un altro momento di crisi, eccolo che appare a proteggere il discepolo del suo vecchio compagno di lotta..."

"Sembra che non abbia fatto tutto questo solo in omaggio al mio maestro, ma anche perché, immeritatamente, mi considera un amico." Fa una pausa ed aggiunge, quasi timidamente: "Credo che nutra... una certa stima personale per me."

"Naturale che ti stimi," dice Seiya con assoluta sicurezza. "Solo uno scemo non lo farebbe!"

E noi tutti siamo naturalmente d'accordo: Shiryu è quello tra noi che forse incarna meglio la figura ideale del Santo di Athena. Non riesco proprio a capire perché l'armatura d'oro non sia toccata a lui: quale macchia può avergli impedito di essere il migliore dei cavalieri? L'insufficienza del suo cosmo? Il suo forte legame con Fiore di Luna, che gli impedisce la dedizione inumana di Aiolos? O forse... la sua menomazione fisica?

Mi sento tristissimo a quest'idea, perché se Shiryu è cieco, è anche per colpa mia...

Lui continua intanto il suo racconto. "Passato il pericolo, Mur è rimasto ai Cinque Picchi per diversi giorni. Abbiamo vissuto insieme, si è occupato di me, ha perfezionato il talento che avevo appena scoperto e mi ha dato la speranza di una futura guarigione. Mi ha chiarito molte cose, facendomi partecipe dei suoi piani: aveva bisogno di avere l'intera armatura del Sagittario, perché ormai i cavalieri d'oro erano scesi in campo, solo con essa i miei compagni a Nuova Luxor avrebbero potuto difendere Athena." Si volta verso Lady Isabel. "Si, milady: con mio sommo stupore sia Mur che Da-Kwan sapevano della sua vera identità. Entrambi erano riusciti a individuare e sottrarre al Santuario l'armatura decapitata..."

"Come diavolo hanno fatto? E poi hai appena detto che il tuo maestro non si muove mai!"

"Non so cos'abbia fatto, ma credo che sia riuscito a far intervenire la sua armatura della Bilancia. Forse per questo l'aveva lasciata in Grecia."

Restiamo allibiti.

"A questo arriva il potere di un cavaliere d'oro?" mormoro.

"Un potere che faremmo meglio a non sottovalutare mai," ha ammonito Lady Isabel.

"Comunque una cosa del genere deve essere alla portata solo dei Santi più eccezionali," replica Hyoga. "In fin dei conti Aiolos sta tuttora agendo attraverso la sua armatura. Da-Kwan è probabilmente il decano di tutti i cavalieri e sa come usare al meglio i suoi poteri."

"Ma Mur aveva bisogno anche dell'elmo," continua Shiryu. "Ed in questo il potere di Da-Kwan non poteva aiutarlo. Ho accettato di farlo io: il mio debito con quei due cavalieri era troppo grande, ed inoltre non avevo dubbi sulle loro buone intenzioni." Fa una pausa. "Mi spiace, ma non potevo consultarmi con voi o spiegarvi la situazione. Toccava a me decidere, ed ho deciso di rivelare a Mur tutti i nostri segreti, anche se sapevo che questo vi avrebbe angustiato e messo in una situazione difficile. Vi prego di scusarmi per questo... ma sentivo che era la cosa più saggia da farsi."

"E tu sai sempre qual'è la cosa più saggia," annuisce Seiya. "In fin dei conti è stata di nuovo la tua mano ad armarmi nel momento del bisogno, e a darci ancora uno straccio di speranza in questa guerra." Fa una pausa. "Certo che non è stato molto simpatico per noi trovarci come degli imbecilli nel mezzo dei piani di tutti: i tuoi, quelli del tuo maestro e del bravo Mur... ed anche quelli di Phoenix, che ha avuto un tempismo eccezionale nel rimescolare le carte, lasciandoci nello stesso momento in cui spariva l'elmo di Aiolos." Si immusonisce. "Ah, Ikki... vorrei tanto sapere che diavolo ha in mente! Rinasce nel Suizhan pieno di buoni propositi, ma dopo cinque minuti già si stufa della nostra compagnia; comunque per un po' lavora con noi, e lavora anche bene. Però un bel giorno litiga con tutti e se ne va ridendo in faccia ad Athena, scomparendo chissà dove. Poi torna giusto il tempo di salvarla dai cavalieri d'argento, e ci pianta in asso di nuovo. Si fa vivo con Mylock per tirare fuori dai guai il fratellino pizzicato dalla polizia, poi si mette in contatto con lui per dirgli che lascia Nuova Luxor, e ci avverte di un sacco di cose utili per noi tutti, concludendo mandandoci tanti saluti da quell'altra individualista che è Castalia..." Scuote la testa. "A che razza di gioco sta giocando?"

"Al suo," risponde Shiryu con semplicità. "La guerra di Ikki contro il Santuario è una questione personale, ben diversa dalla nostra: parallela, ma non concomitante."

Segue una pausa di silenzio.

"Sai qualcosa che noi non sappiamo?" chiede Hyoga, guardandolo.

Lui fa un pallido sorriso. "Naturalmente Ikki non mi ha parlato delle sue intenzioni, non sarebbe nel suo stile. Comunque certe deduzioni sono ovvie." Si volta verso noi tutti. "Il Santuario ci considera nemici perché serviamo un potere diverso dal Sacerdote Supremo, ma Phoenix è qualcosa di diverso: un potente ex-alleato che ha tradito il suo padrone, dopo essere stato a sua volta tradito da lui. Un nemico di questa fatta è doppiamente pericoloso, perché è armato di una voglia di rivalsa inguaribile e possiede molte salde nozioni sull'oggetto del suo odio. Non dimentichiamo che c'è stato un tempo in cui il nostro compagno era addirittura il favorito del Sacerdote Supremo..."

"Ed ora si è rivoltato contro di lui," mormoro io.

Shiryu annuisce. "Ikki quindi conosce il nostro nemico meglio di chiunque di noi, e lo detesta con tutta la forza del suo carattere vendicativo. Non cerca la vittoria di Athena: cerca la rovina di chi ha umiliato il suo orgoglio. La contropartita è che anche il Sacerdote Supremo lo conosce, mentre di noi non ha che una vaga idea... tranne forse di Pegasus, che ha investito cavaliere; ma a quanto pare la conoscenza finisce qui. Phoenix è l'unico di noi che il Sacerdote Supremo può odiare liberamente. E temere, anche, perché si sa che è un cavaliere anomalo: pur possedendo alcune stelle, prende energia da un'altra fonte molto più potente. La sua stessa armatura è diversa dalle nostre: non ha scrigno, si rigenera da sola, il suo aspetto iridescente fa sì che non si possa mai capire a quale delle tre gerarchie appartenga. Il che significa che nessuno può sapere fin dove può arrivare il suo potere..."

"Ma è già grande," ammette Hyoga, con onestà un po' forzata. "Dopotutto è quello di noi che ha battuto i cavalieri d'argento con la massima facilità."

"Dragone, stai dicendo che il Sacerdote Supremo ha addirittura... paura di Phoenix?" chiede Seiya, un po' incredulo.

"Quel che è certo è che lo perseguita molto peggio di quanto non faccia con noialtri. Su di lui è stata posta una taglia, chi riuscirà ad ucciderlo e portarne le prove avrà diritto a prendere il suo posto al Santuario, con tutti i lussi di cui lui godeva. Persino la sua Isola Nera è stata devastata e distrutta, da un evento che probabilmente a tutti è passato come naturale..."

"Lo tsunami nel Pacifico," mormora Seiya, allibito.

Ed io ricordo come lui quella notizia di alcune settimane fa: uno strano evento sismico, nessuna vittima, solo paura per le navi di passaggio.

"Da chi hai saputo tutto questo?" chiede Hyoga.

"Da Mur, durante la sua permanenza ai Cinque Picchi."

Ci guardiamo tutti. Io sento un'ondata indicibile di rabbia verso il Santuario, e una pena infinita per mio fratello, solo e diffidato da tutti, inseguito da poliziotti e sicari, esule per il mondo, privato anche del suo ultimo rifugio...

Shiryu deve intuire i miei sentimenti, perché mi si avvicina e mi mette una mano sulla spalla, con sorprendente sicurezza.

"Shun, dovresti conoscere ormai tuo fratello," mi dice con tono confortante. "Non si farà intimidire da questo o da altro. Nulla è mai riuscito a vincerlo del tutto. Abbi fiducia in lui."

"E' solo... che vorrei tanto aiutarlo," dico con voce strozzata.

"Lo vorremmo tutti, ma non ce l'ha permesso," dice Seiya, tristemente. "Si è messo in marcia da solo, ed ora non possiamo fare niente per lui..."

"Si che possiamo, invece!" esclama Hyoga, con improvvisa decisione.

"E come?"

"Semplice, Pegasus. Combattendo fino in fondo, restando uniti perché nessuno è mai riuscito a batterci quando lo siamo stati... e vincendo. Perché anche se forse la nostra guerra è diversa da quella di Ikki, e da quelle di Castalia, Mur e Da-Kwan, la conclusione che cerchiamo è la stessa: rovesciare il Sacerdote Supremo e mettere un potere più giusto al suo posto!"

"E dobbiamo vincere, a tutti i costi," dice Shiryu, con un'improvvisa cupezza nella voce. "Non abbiamo... nessuna alternativa."

Il suo tono ci lascia perplessi.

"Beh, questo lo sappiamo anche troppo bene," mormora Seiya. "Il prezzo della nostra sconfitta sarà la morte per tutti..."

"Molto peggio, Pegasus!" lo interrompe Shiryu con veemenza. "Sai cosa succederà se Athena sarà sconfitta e non riuscirà a riconquistare il suo Santuario?"

"Beh, questo è evidente. Il Santuario userà il suo potere per schiavizzare il resto dell'intera umanità e creare una teocrazia mondiale, retrocedendo la storia di due o tre migliaia di anni..."

"E credi che cavalieri come Mur e Da-Kwan permetteranno alle cose di arrivare a questo punto?"

Segue un silenzio raggelato.

"Che vuoi dire, Dragone?"

"Il Mondo Segreto, di cui noi stessi siamo parte, è stato creato da Athena. Esiste da migliaia di anni solo per proteggere l'umanità. Ma se un simile, potentissimo strumento si rivoltasse senza speranza proprio contro chi dovrebbe proteggere, quale soluzione resterebbe?" Si volta verso Lady Isabel. "Che ordine darebbe ai suoi Cavalieri dello Zodiaco superstiti, pur di salvare il mondo dalla tirannia che lei stessa ha seminato millenni fa?"

Lei impallidisce.

"In nome del suo spirito!" la incalza Shiryu. "In nome della promessa che ha sempre mantenuto!"

Lei balbetta: "Se non esistesse rimedio... alternativa..."

"...non resterebbe che cancellare il Mondo Segreto dalla faccia della Terra," completa Shiryu, davanti alle nostre facce inorridite. "Distruggere ogni tempio, ogni scuola segreta, ogni membro; non lasciare nessuno in questo mondo capace di avvantaggiarsi sul resto dell'umanità grazie al potere cosmico. Sarebbe il sacrificio più atroce, ed esporrebbe il mondo ai pericoli che noialtri siamo chiamati a sventare, le ingerenze degli altri dèi... ma non ci sarebbe alternativa: il pericolo prossimo è molto più incombente del futuro. Aries, Libra e forse altri sono già pronti a tentare questa terribile eutanasia. Starà a noi evitarla... e salvare non solo il mondo moderno, ma anche e soprattutto il nostro!"

***

Qualche giorno dopo Lady Isabel ci convoca tutti al planetario e ci informa - piuttosto a bruciapelo, come suo costume - di aver provveduto a mandare un messaggio al Santuario, tramite gli intermediari già conosciuti, chiedendo un salvacondotto in modo da ottenere un confronto diretto con il Sacerdote Supremo.

"Grazie tante per averci consultato," dice ironicamente Seiya.

"Osate ancora mettere in dubbio la saggezza delle sue decisioni?" tuona Mylock, indignato. "Lei è Athena e non deve consultarsi con dei sottoposti!"

Seiya emette un fischio, noialtri ci guardiamo in silenzio.

"Non facciamo sterili polemiche," dice lei, perentoriamente. "Ho compiuto questo passo senza indugi perché ho voluto approfittare della situazione. E' piuttosto cambiata da qualche tempo a questa parte, e a nostro favore." Alza una mano contando sulle dita: "Uno, l'armatura di Aiolos è di nuovo interamente nelle nostre mani; due, come Ikki aveva giustamente puntualizzato, avevamo bisogno di cavalieri d'oro dalla nostra parte, ed ora siamo sicuri di averne; tre, con il ritorno di Ioria il Santuario non ha più nemmeno la scusa di ignorare la mia vera identità. Siamo finalmente nella posizione di poter negoziare una pace."

"E lei crede di poter convincere quella gente, dopo tutto quel che ha fatto pur di tenere in pugno il potere?" chiede Seiya, scettico.

Lei sospira. "E' mio dovere provarci, Pegasus."

"Così nel frattempo siamo qui a fare da bersaglio per il prossimo attacco dei cavalieri d'oro."

"Non credo," dico io. "Nuova Luxor è tutto fuorché un luogo consacrato ad Athena."

Seiya mi guarda, stupito. "E con questo?"

"Tisifone aveva alluso ad una regola che vieta ai cavalieri dello Zodiaco di calpestare un terreno sconsacrato. E guarda: Cancer è apparso ai Cinque Picchi, ma quella località è tutto sommato una scuola segreta, quindi un tempio; stesso discorso per l'Isola Nera, che sicuramente è stata devastata da un altro cavaliere d'oro..."

"Già, però Ioria, cavaliere del Leone se non erro, qui si è permesso di venire," dice lui, puntando un dito al suolo. "Ha calpestato, come dici tu, un terreno sconsacrato. Ed il signor Mur dell'Ariete l'ha fatto per ben due volte... anzi, tre, se contiamo quando è venuto a rubarci l'elmo dell'armatura d'oro!"

"Ma sappiamo già che Ioria e Mur sono delle eccezioni, e in molti sensi," ribatte Lady Isabel. "Visto anche il carattere sacro dei cavalieri dello Zodiaco, direi che Shun ha ragione."

Seiya non sembra convinto.

"E se il Sacerdote Supremo in persona ordinasse agli altri cavalieri d'oro di attaccarci? Potrebbero forse dire di no a quello che è il tramite diretto di Athena, almeno per quanto ne sanno?"

Lady Isabel sorride, duramente. "Forse dovremmo proprio sperare che il nostro avversario faccia un simile errore. Che esca finalmente allo scoperto, dando ai suoi cavalieri supremi un ordine totalmente contrario alla tradizione del Santuario." Una pausa. "Ma non credo che sia tanto stupido."

"Dunque, questo significa che dobbiamo aspettarci una tregua," interviene Hyoga. "Almeno, finché il Santuario non risponderà alle richieste di milady."

"Che ne facciamo di questo tempo che ci è stato generosamente regalato?" chiede Seiya. "Ci prendiamo una vacanza?"

Ridacchiamo, amaramente. Già, come se non sapessimo di non potercela permettere... anche se ce la meriteremmo dopo tanto combattere!

"Io ho un'idea migliore al proposito," dice Shiryu, pacatamente. "Noi tutti siamo passati di grado: su questo nessuno può aver dubbi..."

E indica gli scrigni delle nostre armature, che da quando abbiamo saputo esprimere il cosmo superiore hanno virato di colore. La vecchia sfumatura bronzea è stata sostituita da una grigia, come argento vecchio. Persino la mia armatura di Andromeda mostra il nuovo aspetto: la prova inconfutabile che ho raggiunto e superato i limiti ordinari di un cavaliere di bronzo. Come vorrei che Albyon sapesse di questo mio successo: forse tempererebbe la sua delusione perché, per quanto mi abbia sempre detto il contrario, credo che sotto sotto si sia sempre sentito umiliato all'idea di essere stato battuto da me, durante l'ordalia finale...

"Finora però non abbiamo avuto il tempo di imparare i nuovi limiti dei nostri poteri," continua il nostro compagno cinese. "A mio parere dobbiamo cercare di scoprirli in questi giorni di tregua, e far tesoro dell'esperienza per eventuali future battaglie."

Annuiamo tutti alla consueta saggezza del consiglio.

"Togli pure la parola eventuali, Dragone," dice amaramente Seiya. "E' sicuro come l'oro che dovremo batterci."

"Non credi alla pace, Pegasus?" gli chiede Lady Isabel.

"Perché, milady? Il suo beneamato difensore, il santissimo Aiolos ci credeva forse?"

Nessuno meglio di lui può sapere la risposta.

***

Così da quel giorno la nostra occupazione principale è metterci alla prova, nell'assoluta segretezza del Saint George, cercando di usare i nostri poteri al massimo e studiarne i risultati.

Un dato certo è che tutti noi siamo grandemente migliorati dal tempo del torneo. A parte lo spostamento in avanti dei nostri limiti, abbiamo maturato una grande esperienza (nostro malgrado) durante tutta questa guerra segreta: il risultato è che abbiamo imparato a variare le nostre tattiche, a combinare quel che ci hanno insegnato con le nostre nuove abilità, creando tecniche personali. Nessuno di noi sembra più prevedibile come una volta.

Per quanto riguarda me, Lady Isabel afferma che è impossibile dare una valutazione esatta sul mio miglioramento: il mio potere è troppo diverso e astruso rispetto a quello dei miei compagni. Già solo l'esistenza delle mie catene viola da sola ogni legge della fisica...

"Io so solo una cosa," afferma Seiya, recisamente. "Più passa il tempo, più il nostro Andromeda entra in simbiosi con le sue catene... è come se con esse generasse un altro se stesso, un guerriero senza forma e tintinnante che combatte per lui."

Non avevo mai pensato alle mie catene in questi termini, ma mi accorgo con stupore che Seiya ha ragione! Non sono più uno strumento, sono parte di me, del mio stesso corpo. Modulo i loro movimenti attraverso il linguaggio delle braccia e dei polsi, ma la forza del loro movimento non viene più dai miei muscoli, che sarebbero del resto inadeguati: viene direttamente dal mio cosmo.

"Questa infatti dev'essere la caratteristica dei Santi d'Argento," spiega poi Shiryu. "L'uso diretto dell'energia cosmica, con una minore intermediazione del corpo. Questo probabilmente spiega la maggior rapidità di esecuzione dei nostri avversari, che tanto ci impressionava. Una volta usciti o quasi dall'ambito puramente fisico, ogni cosa è possibile..."

"Ed i cavalieri d'oro, dunque?" chiedo. "In che cosa sono superiori a quelli d'argento?"

"Ai Cinque Picchi Mur mi spiegava che il loro potere non è solo legato alla quantità, ma anche alla qualità. La quantità si ottiene assorbendo l'energia cosmica dalle rispettive costellazioni con un'efficienza a noi sconosciuta. La qualità consiste nel padroneggiare perfettamente questo potere... forse fino al controllo molecolare."

"Cosa?!"

"Credo che significhi concentrare la propria energia in un punto, in un singolo atomo se necessario." Shiryu fa un lontano sorriso. "Non so se davvero sia possibile una cosa del genere, ma il risultato sarebbe notevole, ed un simile controllo sulla materia consentirebbe velocità... quasi illimitate."

"Altroché i miei Fulmini," sbotta Seiya.

"Aspettate un attimo," dice Hyoga. "Ricordate il Kardia Leontos?"

"Chiaro," risponde Seiya, e mi guarda. Annuisco: come dimenticare quella tempesta di energia tanto precisa e circoscritta, e gli effetti devastanti che ha avuto? "Dove vuoi arrivare, Crystal?"

"Credo che adesso possiamo comprendere in cosa consisteva. Ioria potrebbe aver provocato una sorta di fusione nucleare controllata."

Lo guardiamo tutti a bocca aperta.

"No, questo è troppo!" esclama Seiya. Ma poi aggiunge, a voce più bassa: "Però potrebbe anche essere vero: una piccola bolla di plasma... una bomba H in miniatura, più che sufficiente a generare tante particelle relativistiche da mandare tutta la città in tilt..."

"Si, Pegasus," dice Lady Isabel. "Forse hai ragione. Ma ricorda anche un'altra cosa: sei sopravvissuto a quel colpo, nonostante fosse stato scagliato direttamente contro di te."

"Bella forza," borbotta il mio amico, "Avevo l'armatura d'oro che mi proteggeva!"

"Mur ci ha detto che ogni armatura potenzialmente può diventarlo," insiste lei. "Poi Aiolos ci ha dato un'ottima lezione. Si è unito a te, portandoti sullo stesso piano di Ioria: in quel momento eravate due cavalieri d'oro, l'uno di fronte all'altro, con le stesse difese, le stesse capacità... ma uno di voi ha vinto e l'altro ha perso. Sai cosa significa tutto questo?"

Lui tace.

"Significa che far parte di una gerarchia non è tutto," conclude lei. "Ci sono sempre differenze individuali, cavalieri buoni e altri meno buoni, cavalieri che si spingono più avanti ed altri che restano al livello ottenuto, cavalieri abili e altri pigri, cavalieri convinti di quel che fanno ed altri mossi da ragioni meschine." Fa un sorriso confortante. "Se questo non fosse vero, non avreste potuto battere anche avversari che sembravano più dotati di voi. Pertanto non vi scoraggiate: nessuno è vinto in partenza in questa guerra. Se i nemici hanno grandi poteri, ebbene, anche voi li avete. Ed avete anche qualcosa in più: una buona ragione per cui combattere. Abbiate fiducia."

***

Aver fiducia... forse per i miei compagni è facile: ma per me no. Vivo questi giorni d'attesa con uno strano nervosismo che mi tormenta, che mi toglie la mia amata serenità interiore. Mi sveglio ed il tempo sembra rimanere appiccicato alle lancette dell'orologio; faccio le mie cose in una casa vuota e silenziosa che mi riempie di nostalgia per Ikki; vivo in questa città senza guardarla, senza goderla, tutto che mi sembra diafano come un sogno.

Lo scopo ed il centro della mia giornata diventano l'incontro quotidiano alla palestra del Saint George, per la seduta di allenamento. Lì almeno posso sentirmi meno solo, in compagnia di gente che conosco e a cui voglio bene. A volte mi viene la tentazione di fare ciò che Hyoga continua a suggerirmi (e Seiya a sconsigliarmi) e cioè ritornare a vivere alla vecchia scuola, ma poi lascio perdere: non è che i ricordi, anche recenti, di quel posto possano fare granché per farmi sentir meglio... e poi c'è qualcuno lì dentro con cui non so mai come comportarmi. Infine Ikki stesso mi ha detto di stare fuori dalla Fondazione, e di imparare a vivere con ciò che sono; e se trovo tutto questo faticoso, beh, vuol dire che è una prova necessaria... così vado tutti i giorni al Saint George, ma solo per allenarmi.

Lo faccio con impegno, e sorprendo i miei compagni perché per la prima volta partecipo volentieri ai duelli di prova, che facciamo per mantenere i nostri automatismi nelle arti marziali. Certo, il mio modo di combattere è molto particolare: mi diverto a stare costantemente dentro la guardia dei miei avversari senza farmi mai prendere, ed invece di colpirli mi limito a toccarli, un contatto gentile. Hyoga in particolare deve trovare frustrante tutto questo, perché si impegna a fondo per cogliere i miei errori, e se ci riesce me ne fa pentire: i suoi colpi sono giusto al di qua del pericoloso, cercano con cattiveria i miei punti deboli, tra i quali la ferita nel petto che mi ha lasciato Ioria (sta guarendo, è vero, ma fa ancora molto male se colpita duramente). Hyoga si giustifica dicendo che devo difendermi meglio, non aspettarmi favori da nessuno. So che ha ragione, ed i miei compagni approvano; però a volte, quando nessuno lo vede, mi elargisce degli sguardi che la dicono lunga su quel che prova veramente per me.

Io resto ferito da quelle occhiate gelide, o dall'amaro disprezzo che trapela se per caso, in spogliatoio, mi azzardo ad alzare lo sguardo su di lui. Mi guarda come per sfidarmi ironicamente a riprovarci, a sedurlo di nuovo, come mi accusa di aver fatto quell'unica volta che siamo andati a letto insieme. C'è qualcosa di provocatorio nel modo in cui si muove intorno a me, facendo finta di non vedermi, eppure aspettando il momento in cui mi devo spogliare... in quei momenti mi sento tanto vulnerabile, e l'unica soluzione che mi resta è cambiarmi nel posto più lontano di tutti, per poi entrare nella doccia più remota e solitaria; il che suscita le battute salaci di Seiya a proposito di quel che lui chiama - nella sua candida ignoranza - il mio eccessivo senso del pudore.

Sembra che Seiya mi consideri solo in questi frangenti, quando c'è da prendermi in giro: in pratica, da quando è tornato Shiryu, per lui non esiste quasi nessun altro. A volte mi sento un po' amareggiato per questo, mi sorprendo a fare pensieri torbidi sulla relazione tra i due; ma poi mi vergogno perché mi basta vederli insieme per capire cosa li lega: un sentimento di amicizia allo stato puro, una stima totale, un'assoluta fiducia reciproca. In Shiryu poi c'è il pacato riconoscimento della superiorità del compagno e della sua importanza, mentre in Seiya c'è - inevitabile - il senso di colpa che tuttora prova per la cecità dell'amico. E le sbalorditive prestazioni di Shiryu in palestra non attenuano questo senso di colpa neanche un po'.

Io resto a guardarle incantato, stupendomi di come il nuovo Dragone possa muoversi addirittura meglio di quando ci vedeva. Lui poi mi spiega che ha appreso a sentire il Qi, cioè l'energia che fluisce nelle forme viventi, ed a percepire anche i minimi segnali portati dall'aria: ne viene fuori un mondo sensoriale ricchissimo, a cui mancano solo forme nette e colori. Certo, per reagire correttamente e rapidamente a questi stimoli deve mantenere una concentrazione dispendiosissima, il che lo costringe ad attingere continuamente energia dal suo cosmo. Ma sembra abituato ormai allo sforzo, ed il suo autocontrollo è giunto a livelli straordinari.

Verso di me Shiryu è sempre gentile, benevolente, come se gli ispirassi una sorta di tenerezza. Cerco volentieri la sua compagnia (quando Seiya lo lascia respirare) e parliamo di tutto, in un'atmosfera pacata che mi ricorda i primi giorni qui a Nuova Luxor, quando avevo altri pensieri, altri problemi, ed il mondo mi sembrava molto più semplice di adesso. Mi racconta spesso di Fiore di Luna, verso la quale il suo amore è tanto limpido quando la sua amicizia per Seiya (ma perché invece i miei sentimenti sembrano sempre sporchi?) Lei non era felice, naturalmente, alla prospettiva di lasciar tornare il suo benamato a combattere, ma ha accettato il suo destino. Anche perché il maestro Da-Kwan ha rivelato che la guarigione di Shiryu è ancora possibile, a patto però che lui prosegua sul suo cammino di cavaliere.

"Se riuscissi anche solo a sfiorare la consapevolezza di un cavaliere d'oro, potrei recuperare la vista," mi spiega, con una nota di innegabile speranza. "I miei occhi sono ormai guariti, ma ho bisogno di questa energia superiore per riaprirne la porta mentale; per ottenerla, dovrei superare anche la normale percezione cosmica, trascenderla ed arrivare... oltre."

"C'è bisogno insomma di un settimo senso," annuisco, rammentando di aver avuto un'intuizione del genere in un'occasione, quando ho regalato la visione del mio cosmo ai miei maestri.

"Così l'ha chiamato anche Mur."

A volte mi chiede di Ikki. Non che abbia molto da raccontargli, in verità: non posso che fare una scarna cronaca del peggioramento delle sue relazioni con gli altri, tralasciando ovviamente il disastro che ho combinato nei suoi rapporti con me. Gli racconto poi del suo salvataggio di Lady Isabel, ed infine dell'ultima volta in cui ci siamo telefonati. Al solo pensarci non riesco a nascondere la mia tristezza: Shiryu se ne accorge e cerca di confortarmi, la sua gentilezza è una minaccia al mio vacillante autocontrollo: mi sento a un passo dal perdere tutto il mio ritegno, confessarmi davanti a lui...

Ma mi trattengo, spaventato da quella che potrebbe essere la sua reazione. Credo di sapere come mi consideri, un ragazzino ingenuo ed innocente, ed ho paura di deluderlo, di costringerlo a cambiare idea su di me... è uno dei pochi amici che mi rimangono ancora!

Così mi faccio forza, mi asciugo gli occhi e cerco di sorridere, e lui mi dice con apprezzamento:

"Sei molto maturato, Shun."

Se questo vuol dire essere maturi...

La sera ritorno a casa, fermandomi a volte in qualche centro commerciale per fare la spesa: è un divertimento passeggero, che però mi regala qualche secondo di ebbrezza. Sono ghiotto di frutta, cioccolato, biscotti e gelato: me li compro in quantità - a volte esagerando - e me li porto a casa, consumandone una parte per la strada. Il resto lo mangio davanti al televisore, guardando cartoni animati. Poi, a volte, prendo coraggio e mi azzardo ad uscire nuovamente di notte, a dispetto di quel che mi è successo quella sera che ci ho provato: però stavolta invece di gironzolare prendo un taxi, e vado direttamente in questa o quella discoteca la cui pubblicità ho visto in televisione.

In una di queste sortite mi ritrovo davanti ad un locale alla moda, chiamato Blitz. All'ingresso ho la sgradita sorpresa di essere fermato: temo che controllino i miei documenti per sapere se sono minorenne, ma il problema è un altro: il mio abbigliamento non va bene. Non potendo farci nulla mi rassegno a voltare le spalle e andarmene, ma una voce gioviale dietro a me dice: "Il mio amico è con me: qualcosa non va?"

Mi volto, stupito. C'è un giovane di circa venticinque anni alle mie spalle, i capelli castani tagliati in modo sbarazzino, abbronzatissimo, con gli orecchini d'oro ed un vestito estivo dall'aria molto elegante e costosa. Guarda tutto con un sorriso che sembra quasi stampato, barbaglio di denti bianchi nella luce azzurra dell'insegna.

Non l'ho mai visto prima in vita mia.

Sto per dirgli che sicuramente mi ha scambiato per qualcun altro, ma lui mi prende per un braccio, come se mi conoscesse da sempre, e mi trascina dentro regalando sorrisi a destra e a sinistra.

"Ciao, belli. Noi entriamo."

"David, noi facciamo solo quel che ci dice il capo," protestano i buttafuori.

"Che è mio amico anche lui, ed inoltre sono il suo miglior cliente," ribatte lui, ed il suo sorriso si indurisce con arroganza. "A proposito, c'è dentro? Voglio salutarlo."

"Non c'è."

"Allora sarà per la prossima volta." Sbandiera una tessera sotto il naso dei buttafuori, ed attraversa l'ingresso sempre tenendomi per un braccio. "Che rompiballe," sibila, tra i denti.

Ci troviamo in un salone tutto foderato di lucide lastre nere, con sottili pendagli di luci colorate che pendono dal soffitto a tutte le altezze, una vera cortina di scintille. Musica raffinata, poltrone di pelle lucida e tavoli di cristallo circondano una pista da ballo semideserta. I camerieri si muovono in quella scenografia, conciati nel modo più bizzarro che abbia mai visto: pelle lucida, stivali alti, capelli crestati, grandi orecchini, collari e catene, giubbottini aperti sul petto e facce dipinte come rockstar. Naturalmente non ce n'è uno che non abbia un fisico attraente, anche se riconosco le strutture muscolari un po' artefatte costruite a furia di steroidi. Di ragazze ne vedo poche, tra cui una coppia sulla pista che balla tenendosi lascivamente abbracciate. Ridono così forte che le sento nonostante la musica.

"Bene, adesso sei dentro," dice il tipo chiamato David, agitando la mano all'intorno. "Ed è chiaro che non ci sei mai stato prima. Che ne dici? E' il tuo genere di posto?"

"Non so cosa dirti," rispondo, e prendo fiato, cercando di apparire formale. "Senti, ti ringrazio di avermi aiutato ad entrare, ma hai detto una bugia... noi non ci conosciamo."

"Da questo momento si," ribatte lui, allegramente. "Avevo proprio voglia di scambiare due chiacchiere con te, era un po' che ti osservavo, là fuori. Mi incuriosivi, con la tua aria straniera. Mi ricordavi un modello... no, anzi: mi ricordavi un tipo di quel torneo..."

"Quale torneo?" chiedo, un po' nervosamente.

"Il torneo della Fondazione," risponde lui. "Ah, vedo che non sai neanche di cosa parlo. Beh, fa lo stesso, non è importante. Piacere, io mi chiamo David, e tu?"

Reprimo l'istinto di rispondere sinceramente: se questo tipo sospetta che io sia l'Andromeda del torneo, non è il caso che gli fornisca anche il mio nome...

"Mi spiace, non posso dirlo," rispondo, un po' vergognosamente.

"Ma guarda," fa lui, squadrandomi con interesse. Poi ridacchia. "Ahhh... immagino che qualcuno non deve sapere che sei qui, vero?"

Annuisco.

"Facciamo così," dice, allora. "Beviamo qualcosa... io devo salutare un paio di amici. Poi ce ne andiamo da qui, che questo posto dopotutto è un mortorio, dopo cinque minuti l'hai già visto tutto."

"E dove andiamo?" chiedo, un po' sbalestrato.

"A casa di un mio amico, che vive da queste parti. Così fai conoscenza anche con lui. Un tipo interessante, ed ha una casa che è uno schianto, con tutte le comodità... ci si sta meglio che in questo posto, e di sicuro con molta meno gente in giro."

Non mi lascia nemmeno il tempo di replicare, va verso uno dei divani agitando un braccio con fare gioviale, salutato da uno dei camerieri a cui allunga una tastatina sul sedere, tra le risate di tutti.

"Che aspetti?" mi chiede, voltandosi verso di me. "Vieni!"

Ma che tipo, questo David!

Per un istante mi chiedo cosa fare: accettare il suo invito, e passare la serata come vuole lui? O dirgli garbatamente di no, salutarlo e andarmene? Certo, non sarebbe molto carino da parte mia, dopo che qualcuno si è preso la briga di rompere il ghiaccio con me... però anche questo modo sbrigativo di far conoscenza mi sembra eccessivo...

Ma che discorsi sto facendo? Che ne so io di come si fa conoscenza con qualcuno? E che male c'è se passo una serata diversa dal solito? Non ho nessuno che mi aspetta a casa. Conoscere un po' di gente nuova, finalmente... vedere qualche posto nuovo... che cos'ho da temere? Anche se David avesse cattive intenzioni (e francamente non ha proprio l'aria del delinquente, danaroso come sembra) io non sono un ragazzino inerme: sono un guerriero addestrato. Dovrebbe essere lui a temermi, non il contrario!

Decido quindi di assecondarlo, anche se so che nessuno dei miei compagni approverebbe, e men che meno Mylock. Ma non mi importa.

In fin dei conti sono ancora un ragazzo di diciassette anni. Che mi lascino vivere!

***

Dopo un paio di drink che sorbisco mentre intorno a me la gente parla di cose che non conosco, David si alza e saluta tutti, andandosene ed invitandomi a seguirlo. I suoi amici rispondono al saluto con risatine e ammiccamenti e si tirano gomitate tra loro, ma dopo dieci secondi sono già occupati a parlarsi come se noi non esistessimo più.

Fuori dal locale è posteggiata la macchina di David, una bella auto sportiva tanto lucida che ci si potrebbe specchiare dentro. Lui mi fa salire e comincia a guidare, assordandomi con la musica del suo stereo. Giungiamo ad un condominio chiuso e sorvegliato, uno di quei caseggiati esclusivi che normalmente si vedono solo da lontano.

"Il mio amico abita qui," mi spiega, "in quell'attico lassù."

Me lo indica. Io naturalmente non riesco a capire a quale parte dell'ultimo piano si stia riferendo, poi mi viene il pensiero stupefacente che forse tutta quell'immensità è l'abitazione del suo amico!

David scende dalla sua macchina, mi invita a fare altrettanto e lancia le chiavi al portiere salutandolo allegramente (il signore rispettosamente si inchina al suo passaggio); quindi si dirige verso un ingresso tutto illuminato e pieno di cristalli, e mi fa salire sull'ascensore.

"Hyung, il tipo che vive qui, è il mio miglior amico," mi spiega. "In realtà il suo nome è un po' più lungo, ma io mi sono abituato a troncarlo così e lui non ha niente da ridire. E' figlio di un industriale coreano, non ti dico la compagnia però sicuramente la indovinerai," ed io annuisco, anche se non ho la più pallida idea di che cosa parli. "Questo è l'appartamento di suo padre, ma lui preferisce stare in albergo quando viene per affari a Nuova Luxor, così Hyung non ha nessuno che gli rompa l'anima."

"Lavorate o... siete studenti?" azzardo.

"Lavorare? E' troppo presto! Andiamo entrambi al Prometeus, al corso per il master in materie economiche." Il Prometeus! La scuola dove sono andati i miei vecchi compagni del Saint George, quelli che non hanno avuto la fortuna di essere scelti da Alman di Thule... chissà che fine hanno fatto. Avrei voglia di fare tante domande a David, ma lui continua: "Hyung è una frana, naturalmente, ma non gliene frega niente a nessuno. Tanto tutti sanno che sarà lui a prendere il posto del vecchio a capo del gruppo, quindi perché dovrebbe sbattersi a studiare?"

"Beh, per essere pronto a subentrare al padre, o manderà in rovina la società!"

David mi guarda, curiosamente. "E allora? Non gli mancheranno di sicuro i soldi per fare qualcos'altro, se ne avrà voglia."

Quanta beata irresponsabilità! Sospiro, mentre l'ascensore si ferma, si ode un segnale musicale ed una voce automatica recita: "Identificarsi prego."

David si gira verso l'occhio della telecamera. "Dai, fammi salire. Ti ho portato un amico."

"Proprio il genere di cosa che mi aspettavo da te," risponde una voce stizzita.

"E' arrabbiato con me," mi spiega David strizzandomi un occhio. E poi: "Hyung, non è il caso che continui con questa tragedia, no? Non ti fa bene startene tutto da solo. Vedi? Se tu non esci, vengo io a trovarti. Su, da bravo! Non vorrai lasciarmi fuori e farmi fare una figuraccia con il nostro amico!"

Un'esitazione abbastanza prolungata, poi l'ascensore si rimette in moto da solo.

Arriviamo direttamente in una sala smisurata, arredata meravigliosamente, con finestroni panoramici a polarizzazione variabile, luci diffuse, e persino una fontanella incassata nel pavimento! Ci viene incontro un ragazzo orientale pallido, magro e trasandato, con addosso solo un paio di calzoni neri aderenti, un ciuffetto di barba radissima sul mento, gli occhi stanchi ed arrossati come se si fosse appena alzato dal letto.

"Ciao," mi saluta, quasi distrattamente, come se mi conoscesse da tutta la vita. Mi indica col pollice un divano semicircolare, attorno al più grande impianto video che abbia mai visto in vita mia. "Ti spiace accomodarti lì? Ho già un disco in macchina, fallo pure andare. Io devo parlare un attimo con questo qui," e prende David per un braccio, trascinandolo un po' rudemente verso quello che penso sia un mobile-bar.

Resto per un istante stupito. Mi aspettavo qualcosa di un pochino più formale... alzo le spalle e faccio ciò che mi ha detto: in fin dei conti sono io l'ospite in casa sua, ha diritto di fare quel che gli pare e piace. Mi accomodo al centro di quel divano confortevole, vedo il telecomando dell'impianto e, dopo aver passato qualche istante a decifrarne i tasti, lo avvio.

Accidenti, sembra di essere al cinema! Mentre scorrono i titoli, mi chiedo cosa debba costare un impianto di quel tipo e di quelle dimensioni. Non rammento di averlo nemmeno visto nei negozi, dev'essere una novità assoluta! E che Hyung sia un appassionato lo vedo dal mobile che circonda lo schermo: stipato di dischi laser all'inverosimile, saranno centinaia! Ma dove lo trova il tempo di vedere tutta quella roba?

Intanto il film è cominciato. E dopo neanche dieci battute di recitazione, davanti ai miei occhi sbalorditi i personaggi del film iniziano a spogliarsi, la ragazza che mostra una strana biancheria intima tutta pizzi e dalla dubbia utilità.

Penso per un istante: no, non li faranno mica vedere proprio mentre fanno quella cosa...

E invece si. La fanno. Tranquillamente, senza nascondere nulla, con tanto di particolari anatomici in primo piano!

Mi sento arrossire tutto. Sto vedendo il primo video porno di tutta la mia vita! Ed anche se ho praticato molte variazioni sul sesso, vederlo fare dagli altri è un'assoluta novità per me. Non so se immedesimarmi o sentirmi uno spione... a metà tra l'affascinato e l'imbarazzato, resto con gli occhi sgranati sull'enorme schermo televisivo, in cuor mio contento che David ed il suo amico coreano siano ancora occupati a discutere da un'altra parte.

Mi chiedo esterrefatto che tipo sia questo Hyung che si diletta a guardare film porno, e non si fa problemi a mostrarli agli ospiti! Del resto non avevo mai visto prima tanta informalità davanti ad un estraneo: era come se non gli importasse niente... come se fosse abituato a questo genere di intrusioni.

Mi guardo intorno, stupendomi ancora del lusso di quell'attico, la sua scandalosa vastità, l'eleganza dell'arredamento. Forse dovrei sentirmi un po' offeso, o amareggiato pensando che c'è della gente che vive così, che considera tutto questo normale, banale, noioso, mentre io ho conosciuto tutt'altro genere di vita...

Con una facilità incredibile mi butto quel pensiero alle spalle. Tutto sommato mi piace l'idea di essere contagiato, anche se solo per un poco, da quella spensierata levità... non dico che mi piacerebbe vivere così per sempre, però che male c'è se per una volta faccio finta di essere come quei due ragazzi? Sogghigno pensando al proletario Seiya: David e Hyung sono proprio il prototipo della gente che lui detesta ardentemente! Immagino come li definirebbe:

"Cafoni debosciati microcefali arroganti ricconi menefreghisti!"

E probabilmente avrebbe anche ragione...

Ma che importa? Non sono qui per giudicare. Sono solo tanto curioso di conoscere qualcosa di nuovo e di diverso dal solito... e dopotutto non ho nessuno a cui rendere conto del mio operato.

Neanche Ikki.

"Noioso, vero?" La voce di Hyung si inserisce di colpo nella sequela di sospiri e gemiti del video e mi fa quasi sobbalzare.

Prima che possa ricompormi, lui prende il telecomando e spegne il film, lasciando al suo posto uno schermo azzurro cupo ed una musica d'ambiente. David piomba sul divano al mio fianco, con disinvoltura, alcune bottiglie tra le mani che si affretta a posare sul tavolinetto: bevande dietetiche ed altre alcooliche, con relativa pigna di bicchieroni in vetro soffiato.

"Abbiamo fatto pace," annuncia. "E' sempre così tra me e lui. Tempesta e sereno, all'infinito."

"Meno male che finisce sempre bene," dico, sorridendo.

"Vuoi da bere?" Hyung si accomoda dall'altra parte, con un piattone di salatini, noccioline e nuvolette di gambero, che posa sul tavolino. Gliene cade qualcuna, e lui con un calcio noncurante del piede nudo la manda sotto al divano. "David mi dice che vi siete conosciuti al Blitz." Un'occhiata quasi sardonica. "E che ti piace fare il misterioso."

Arrossisco. "Non mi piace farlo, ma devo."

Già, per quanto sia imbarazzante non posso farmi identificare, potrei avere dei problemi in futuro: il mio non è il tipo di vita che si presti a razionali spiegazioni. A dir la verità poi non dovrei neanche cercare di fare nuove amicizie: se non ci fosse questa particolare situazione, ed io non mi sentissi in questo stato d'animo, probabilmente non ci avrei nemmeno provato...

"A noi va benissimo così," sorride David con noncuranza assoluta, lasciandomi di sasso. "Vero, Hyung? Tanto non ci dobbiamo mica sposare!"

E mi guardano, con aria divertita.

"Ma potrei essere chiunque... anche un criminale," dico, cautamente. "La cosa non vi disturba?"

"Ci è già successa," risponde seraficamente Hyung, alzando le spalle. "Comunque David adesso sceglie un po' meglio i suoi nuovi amici, e tu sembri una persona per bene. Però sarà meglio che ti trovi un nome, anche finto. Come ti dobbiamo chiamare?"

Esito, un po'. E poi oso dire, spavaldamente: "Chiamatemi S."

I miei due ospiti si guardano, poi scoppiano a ridacchiare.

"Mi piaci, S.!" dichiara Hyung, prendendo un bicchiere e mescolandoci dentro di tutto, comprese due pastiglie che cava dalla tasca dei calzoni. Ne beve una metà e passa il bicchiere a David. "Non fare complimenti. Qui c'è tutto per passare una bella serata..."

"Mi sembra che lui non prenda roba," dice David, pescando noccioline davanti a me.

Hyung si alza a prendere un apparecchietto, sembra un videogioco posato lì accanto. "Un igienista? Che rarità... comunque abbiamo anche roba New Age, nel frigo c'è del succo biologico di mirtilli. David, vuoi per favore..."

"Non disturbarti," cerco di dire io, vedendo che si alza.

"E' un piacere," ribatte lui. "Sai, Hyung, credo che sia anche negativo."

"Negativo?" chiedo io, stupito.

"Beh, si usa testarci tra sconosciuti," cerca di spiegarmi Hyung, con compassione davanti alla mia ignoranza. "Giusto per sapere come comportarsi, tutto qui, niente di discriminante." Continuo a non capire, ma annuisco, e lui continua: "E' un hardware nuovo che produce la mia fabbrica e, anche se caro, va forte in tutto il mondo. Guarda come funziona." Mi prende la mano, mi posa un dito sull'apparecchietto e sento una leggerissima puntura; trasalisco, lui lascia andare la mia mano e digita sulla minuscola tastiera. "Ecco, adesso lo faccio io..." e mette a sua volta il dito nello stesso incavo. David arriva con il succo biologico di mirtilli e canticchiando esegue la stessa operazione.

"Ecco il nuovo rito della giungla d'asfalto!" recita, scherzosamente. "L'apparecchio di Hyung ha un nome molto soft, ma non è altro che un rilevatore di anticorpi. Brutte malattie," aggiunge, alzando le sopracciglia, ed io spalanco gli occhi, annuendo. "E nell'attesa del responso, S., bevi pure la tua bevanda igienista, importata dall'Olanda e certificata dall'Aryuveda," e me ne versa un bicchiere. Io riconosco la confezione, ricordo di averla vista in una vetrina di prodotti naturali, costa più di un superalcoolico d'importazione...

"Che cosa fai nella vita, misterioso S.?" chiede Hyung, alzandosi per scorrere i titoli dei suoi dischi, alla ricerca di qualcosa.

"Studio," rispondo, automaticamente. Che altro si aspettano che faccia, alla mia età?

"In che scuola?"

"Non nella vostra."

"Perché giri da solo? Non hai una compagnia? O sei appena arrivato?"

"Appena arrivato."

"E da dove vieni?"

"Indovinate."

Mi chiedo che mi abbia preso per giocare a quel gioco, proprio io che di solito sono tanto timido! Ma ai miei amici sembra divertente: infatti si mettono ad esclamare, a turno:

"Olanda!"

"Canada!"

"Germania!"

"Sudafrica!"

Ed io sempre a negare.

"E' in Europa, vero?"

"Non parli inglese come un americano..."

"Dicci almeno il continente!"

Il gioco si interrompe al segnale acustico dell'apparecchietto. Hyung ci dà un'occhiata distratta, poi me lo passa. "Lo vedi? Sei negativo. Io sono negativo. David è negativo. Complimenti per il tuo ottimo stato di salute. Il mio è il più schifoso di tutti."

"Colpa delle porcherie che mangi e bevi," bofonchia David. "Dovresti fare più moto. Sai, S.? Hyung era un campione di Tae-kwon-do, ma da quando è qui ha mollato lo sport."

"Che peccato," dico, "il Tae-kwon-do è una bellissima arte marziale."

"La conosci anche tu?" mi chiede Hyung, incuriosito.

Annuisco. Le conosco tutte... il Saint George è stato molto generoso da questo punto di vista.

"Comunque ero stufo di allenarmi," continua Hyung. "Non ne vedo l'utilità."

"Diciamo che non la vedi da quando ci hanno rapinato, in centro," ridacchia David.

"Che potevo fare contro una pistola?"

"Una rapina è una cosa seria," concordo io, con simpatia. "E' sempre una violenza che si subisce. Immagino che sia stato uno shock per voi..."

"Tutto è finito prima ancora che ce ne rendessimo conto!" dice David. "Ma quanti problemi, dopo: la polizia, le banche, le carte di credito, i documenti, la Porsche nuova..."

"E la tessera del club di tennis," aggiunge Hyung, "ed i biglietti del concerto!"

"Ed il Rolex, quello che mi aveva regalato papà."

Si guardano, e all'improvviso scoppiano a ridere come due bambini.

"Il problema più grande è stato sua madre," dice David. "Voleva immediatamente venire qui, dal suo povero bimbo. E circondarlo di guardie del corpo! T'immagini che vita, se l'avesse fatto?"

"Quella megera asfissiante," annuisce Hyung, in un modo che mi colpisce sgradevolmente: in fin dei conti sta parlando di sua madre! E beato lui che almeno ce l'ha...

Finalmente il coreano trova quel che stava cercando. Traffica col video in un modo quasi brutale, che io non oserei mai adoperare con uno strumento tanto costoso; quindi piomba di nuovo sul divano, di fianco all'amico, e fa partire il disco, dicendo: "Questo è nuovo, neanche tu, David, l'hai mai visto."

Musica, titoli. La scena si svolge in una palestra, che assomiglia a quella del Saint George in modo singolare. In essa una collezione di giovani uomini belli da togliere il fiato si esercita, parlando in una lingua che non conosco, ma i miei amici forse sì perché guardano attentamente lo schermo.

E nel bel mezzo degli esercizi ginnici, ecco che ci scappano carezze insinuanti, baci passionali, e le tute sudate cominciano a volare di qua e di là...

Mi sento arrossire ancor più miseramente. Santo cielo, è un video omosessuale!

"Wow," mormora David, passando un braccio sulle spalle di Hyung.

Non posso crederci... sto vedendo la realizzazione delle mie fantasie erotiche più segrete, quelle che inseguo a volte in palestra, quando l'esercizio fisico mi rende acutamente consapevole del mio corpo: in quei momenti non oso mai guardare Hyoga, per timore che il mio vergognoso desiderio di lui diventi evidente a tutti quanti...

Lancio un'occhiata terrorizzata ai miei amici: non vorrei che si accorgessero di quanto questo video mi sta sconvolgendo. Ma scopro esterrefatto che hanno altro da fare: infatti si stanno baciando, come se io non fossi lì accanto a loro!

Sposto immediatamente lo sguardo al pavimento, imbarazzato a morte.

Accidenti... e adesso cosa faccio?!

Mi viene un impulso di rabbia, ma immediatamente me ne pento. Cos'è che mi scandalizza tanto? La loro omosessualità, sbandierata così senza vergogna? A parte il fatto che avrei dovuto aspettarmela, mi viene da ridere: con tutti i miei vizi, sono proprio la persona giusta per fare il puritano! D'accordo, la loro naturalezza mi urta un po', mi sento come se mi mancassero di rispetto: ma in fin dei conti non vedo su che base potrei pretenderlo. Il diritto di un ospite? Si, ma che ospite strano, che non si è nemmeno presentato e si fa chiamare con la sola iniziale del nome...

Mah! Probabilmente sono solo invidioso.

Scrollo le spalle e cerco di concentrarmi sul video, facendo finta di niente.

Che strano... mi sembra che i protagonisti siano un po' troppo disinvolti e sbrigativi per star facendo sul serio. Non c'è traccia in loro di quella speciale trepidazione che provo io di fronte ad un altro uomo: una punta di paura di fronte al dolore - no, non proprio, ma qualcosa di forzato si - che quel tipo di rapporto mi promette; e quel che mi spaventa, il mio languore proprio a quella prospettiva: quel particolare stato d'animo, fatto di brividi e sudori freddi, che mi fa sentire il rapporto omosessuale tanto coinvolgente...

"Sei il tipo di persona che trova eccitanti queste cose, vero?"

La voce di David, vicinissima al mio orecchio, mi fa trasalire.

Mi volto a guardarlo, la faccia che mi frigge da tanto dev'essere congestionata. Mi accorgo immediatamente che non ha più senso nascondere la mia tensione erotica, ed allora cerco di fare un sorriso disinvolto. "Penso... penso che sia questo lo scopo di questi film."

David mi rivolge uno strano sorrisetto. Poi si volta di nuovo verso l'amico, il quale gli avvolge languidamente una gamba addosso, il piede nudo rivolto verso di me, e riprende a sbaciucchiarlo.

Eh no, ancora! Allora lo fanno apposta per mettermi a disagio!

"Ehm... credo di essere di troppo," dico, tossicchiando garbatamente. "Si vede che avete voglia di stare assieme. Questo film è interessante, ma penso che per me si sia fatto tardi..."

Due paia di occhi mi fissano all'improvviso, come se mi vedessero per la prima volta.

"Ehi, S., non avrai intenzione di andartene!"

Resto stupito dalla loro espressione incredula.

"Scusate," dico, a voce bassa, "ma cosa pretendete che faccia intanto che voi due..." Non completo la frase, ma faccio un sorrisetto imbarazzato. "Beh, non mi va molto di stare qui a guardarvi..."

Si guardano. Poi si scambiano un sorriso d'intesa, e Hyung si rialza plasticamente.

"Oh, scusaci tanto," sorride David, voltandosi tutto verso di me.

"Già," sussurra Hyung, ripiombando a sedere sul divano al mio fianco. "Non è stato carino da parte nostra... trascurarti."

Ma che stanno facendo? Mi stanno schiacciando lentamente in mezzo a loro...

"Ragazzi," mormoro, trasalendo. "Cosa avete intenzione di fare?"

"Niente che tu non voglia," mi dice Hyung, giocherellando con le dita tra i miei capelli. "Sei libero di fare quel che ti piace."

"E allora perché mi state tanto addosso?"

Sghignazzano. "Per fare con te quel che volevamo fare tra noi! Ovvio, no?..."

Mi sento avvampare.

Era dunque questo a cui miravano fin dall'inizio? Un gioco a tre? O avrei dovuto semplicemente restare a guardare? Fanno tutto con troppa naturalezza, come se io fossi consenziente per partito preso... era forse implicito nel fatto di aver accettato la loro ospitalità?

Se è così la colpa è mia, non mi sono accorto di questo tacito accordo; ho creduto ad un semplice interesse di David nei miei confronti... ma certo, mi dico ironicamente: mi ha voluto conoscere solo perché gli ricordavo qualcuno, e mi ha portato a casa del suo miglior amico solo per fare due chiacchiere!

Che colossale ingenuo sono stato.

Così adesso mi ritrovo in questa situazione scabrosa, e devo decidere cosa fare: e devo decidere in fretta, anche, perché sento che l'eccitazione dei miei compagni sta salendo, l'atmosfera si sta facendo ad ogni istante più pesante, più sensuale...

Il cuore mi sta battendo forte. Che mi prende? Perché esito?

"Aspettate!" dico, incerto, e cerco di uscire da quella calda morsa umana, prendendo tempo. "Io cosa c'entro con voi due? Sono... un estraneo."

"E allora?" ridacchia Hyung, come una ragazzina, e mi scosta i capelli per depositarmi un caldo bacetto sotto l'orecchio. Rabbrividisco a quell'umido contatto, mi viene da ritrarmi, ma David mi tiene gentilmente fermo e mi indica il televisore con un cenno del mento. "Guarda."

Non vorrei, ma obbedisco. Sullo schermo, due figure muscolose si muovono ritmicamente.

"Vorresti essere uno di quei due, vero?"

Respiro più forte. Non riesco a staccare gli occhi da quei corpi nudi, il loro ritmo penetra nel mio ventre, i loro ansiti di piacere mi stordiscono, e la bocca di Hyung sta scendendo lentamente sull'incavo della mia spalla... oh, essere di nuovo baciato, accarezzato, trafitto, coccolato, potermi di nuovo lasciarmi andare a quel demone che mi consuma...

"Scommetto che sei già eccitato," sussurra David al mio orecchio.

Socchiudo gli occhi. Mi vergogno da morire, ma è proprio così!

"Avanti, fallo pure. Masturbati." David mi prende una mano, me la fa posare proprio lì, me la fa muovere ed io mi metto ad ansimare. "Così, bravo..."

Spalanco gli occhi, in un soprassalto di coscienza: oddio, ma cosa sto facendo?!

"Lasciami!" esclamo, e ritiro di scatto la mano.

Hyung l'afferra al volo, portandola subito dietro alla mia schiena e tenendomi fermo. David mi si preme tutto addosso, ridacchiando, e comincia a slacciarmi i vestiti, infilando le mani dappertutto.

"Siete impazziti?!" annaspo, mentre Hyung mi morde sulla spalla e spinge con forza un ginocchio tra le mie gambe, accarezzandomi insidiosamente. "Basta! Smettetela!"

"Ma dai, che ti piace..."

Mi manca il fiato.

Certo che mi piace! O di sicuro non starei qui senza reagire, in mezzo a questi due ragazzi perversi che si stanno disputando il mio corpo. Sono io che li sto lasciando fare.

Una parte di me, lontanissima, mi grida di rifiutare quel pesante approccio. Sto solo assecondando i vizi di una coppia annoiata e depravata, mi farò usare come al solito, e tutto questo non mi darà niente, non lenirà la mia tremenda solitudine.. .

Ma ho paura di dare ascolto a quella voce! Stanotte non voglio pensare ai miei problemi, non voglio più essere il ragazzo serio, il cavaliere di Athena, la persona ponderata che gli altri vorrebbero che sia. E non voglio nemmeno essere il solito romantico, che aspetta di fare l'amore solo con la persona amata: tanto so fin troppo bene che nessuno si innamorerà mai veramente di me!

E non ho più tempo da perdere, perché se solo guardo nella mia anima, sento con lacerante chiarezza che la mia vita è vicina alla fine. E se non voglio piangermi addosso come al solito, ho bisogno di dimenticare il mio destino, ho bisogno di ridere, e godere, e chi se ne importa se lo faccio con due persone sconosciute, tanto meglio, nessuna responsabilità, nessun senso di colpa...

"David," mormoro con voce roca, arrendendomi. "Oh, David..."

"Apri la bocca," ordina lui, dolcemente.

Ed io obbedisco, ad occhi chiusi.

***

Chissà che ora è.

Mi stiro un po', fino a far scricchiolare le giunture. Sono contento, tutto sudato, un pochino dolorante là sotto: o meglio, mi sento friggere tutto, dentro, ma invece di togliermi la voglia quella sensazione non fa che acuirmela. Per cui lancio un'occhiata ai miei due compagni, che giacciono inerti e disfatti sul divano. Che faccio, ci provo?

Mi chino su David, lo chiamo sommessamente.

"Mmmh?" fa lui, assonnato.

"Dai," sorrido, accarezzandolo, strusciandomi contro di lui.

"Accidenti," sbotta, "ma sei insaziabile!"

"S. come Sesso," ridacchia Hyung, mezzo addormentato. "Ecco perché si fa chiamare così."

Mi allungo a baciare il collo del flessuoso coreano. "Oh, per favore... almeno tu, lo vuoi ancora?"

Resto deluso. Hyung ne ha abbastanza, e questo mi dispiace un po' perché con lui per la prima volta in vita mia ho provato il gusto di un rapporto attivo con un maschio. E' stata una sensazione particolarissima, tutta alla base anziché in punta, per il resto è stato come fare normalmente all'amore... e mi è piaciuto parecchio, anche se qualcosa in me rimpiangeva comunque il morbido corpo femminile.

Torno a David, l'attivo della coppia: lui preferisce di gran lunga penetrare che essere penetrato. E siccome a me va benissimo anche questa soluzione, gli prendo la mano, me la porto lì e gli faccio sentire che sono pronto.

Lui ritira la mano, con un gesto infastidito. "Hai idea di quante volte l'abbiamo già fatto?" dice, sbadigliando. "Io non ne posso più."

"Si che puoi," sorrido, e striscio giù sul suo corpo, affondando la testa tra le sue gambe.

"Oh cavolo... questo sta ricominciando davvero!" si lamenta lui. "Hyung, per favore, fa' qualcosa... ridagli il tuo vibratore!"

Ah, il vibratore! E' qualcosa di cui ignoravo persino l'esistenza: uno strano aggeggio tutto nero, solido ma flessibile, un'imitazione molto realistica del membro maschile. Quando me l'hanno mostrato l'ho osservato con molta curiosità, confrontandolo con quel che la natura mi aveva dato, assaggiandolo in punta di lingua per sentire che sapore aveva; quindi ho cercato scherzosamente di prenderlo in bocca, facendogli i complimenti che avrei fatto ad un uomo vero. I miei compagni mi guardavano stranamente, zitti e quasi perplessi. Ho chiesto perché si chiamava vibratore: loro, increduli, mi hanno mostrato come si faceva funzionare, ed io ho ridacchiato stupito, sentendo tra le mani quella strana vita elettrica. Poi, ghignando, David e Hyung mi hanno punito per la mia ingenuità facendomela sentire da un'altra parte, ed io ho gridato per tutto il tempo, implorandoli tra le lacrime di smettere perché era troppo grosso, troppo duro, troppo sconvolgente...

Così sconvolgente che ora mi eccita l'idea di riprovarlo!

"Eccolo, però ti devi arrangiare da solo," sbadiglia Hyung, spingendolo verso di me. "Ormai sai come si fa, no?"

"Oh no, così non mi piace!" protesto. Non voglio fare l'amore da solo, lo faccio già tutti i giorni! Mi contorco tutto, per mettermi a cavalcioni di Hyung senza mollare il mio lavoro su David. "Su, adoperalo tu... intanto che io continuo qua sotto..."

Sento un sospiro esasperato.

"David, ma dove sei andato a scovarlo, questo pazzo erotomane?!"

"Che posso dirti?" sbotta il compagno. "E pensare che faceva tanto il riservato ed il candido!"

Alzo la testa, per rivolgergli uno sguardo malizioso. "Non ho forse fatto quel che vi aspettavate da me? E non sono stato bravo?"

Non può fare a meno di fare uno stanco sorriso.

"Ah, bravissimo, stupefacente, ma... senti, per favore, adesso togliti da lì," e punta un piede sulla mia spalla, respingendomi. "Sono stufo, S., e non mi tira più neanche se me lo succhi per tutto il resto della notte. Ora voglio solo dormire un po'."

"Ma, David..."

"Niente ma. Ho finito! Buonanotte."

E si mette un braccio di traverso sugli occhi, con un gesto definitivo.

Mi volto speranzoso verso il suo compagno. "Hyung, tu..."

"No, basta." Si butta addosso a David, ad occhi chiusi. "Sei molto eccitante, molto carino, il miglior tipo che ci sia mai capitato... ma neanch'io ce la faccio più a starti dietro." Si tira un cuscino in testa. "Da bravo, lasciaci in pace!"

Resto in ginocchio a guardarli, con un sospiro. Poveri ragazzi, che poca resistenza hanno! Forse è per via del loro stile di vita poco salubre?

O sono io che davvero non ho fondo in certe cose, come diceva Nemesis?

"D'accordo," mormoro, temperando la mia delusione. "Non vi importuno più."

Non ho assolutamente sonno, così decido di rialzarmi per raccogliere i miei vestiti sparpagliati qua e di là per la sala: sono solo un po' spiegazzati, ma ancora abbastanza in ordine. Poi divento consapevole di tutto quel che ho sulla pelle: accidenti, sono io che ho proprio bisogno di una bella ripulita!

Vago dunque per la casa, alla ricerca del bagno. Trovo un locale enorme tutto foderato di legno, con tanto di vasca idromassaggio a due posti incassata nel pavimento, ed una doccia-sauna con i getti orientabili. E' proprio quel che mi ci vuole! Così cerco nell'armadio un asciugamano pulito, quindi mi butto in quel paradiso con piacere. Ne esco chissà quanto tempo dopo, sentendomi fresco e rilassato. Mi rivesto senza fretta davanti all'enorme specchio, spiando il contenuto dei numerosi flaconi sulla mensola, godendo il silenzio ed il lusso intorno a me.

Ritorno in sala, là dove ho lasciato i miei due compagni d'avventura a ronfare tutti nudi sul divano. Contemplo la scena, che ha qualcosa di apocalittico: cuscini rovesciati e macchiati, materiale sadomaso sparpagliato qua e là, e sul tavolino una confusione indicibile di salatini schiacciati, bottiglie semivuote, bicchieri sporchi, flaconi di pillole, telecomandi, riviste porno e tubetti di gel lubrificante.

Sospiro. E così ho fatto anche quest'esperienza!

Forse dovrei vergognarmene. Ma invece mi sento tranquillo con me stesso, contento di averci provato. Il mio corpo ringrazia, con quella felicità fisica che solo il sesso può dargli. Ora che mi sono sfogato, sento che posso di nuovo trovare un equilibrio, vedere le cose da un punto di vista più calmo.

Mi avvicino ai miei compagni. Provo una sorta di gratitudine per loro, per quest'occasione che mi hanno dato. Del resto non ho negato loro proprio nulla, mi fa piacere vederli così stanchi ed appagati. Tendo la mano a sfiorare la spalla di David, il quale non si sveglia. Hyung invece si accorge di me, si toglie per un istante il cuscino dalla testa e farfuglia, mezzo addormentato:

"Ancora qui, S.? Che cosa vuoi?..."

"Niente," sussurro.

Lui tende un braccio incerto, e senza neanche aprire gli occhi bofonchia, come se si trattasse di una lezioncina imparata a memoria: "La doccia è in fondo di là, la cucina dall'altra parte. La chiave dell'ascensore è già inserita. Lasciaci il tuo numero di telefono per una prossima volta. E se vuoi un taxi, dì al portiere di chiamartene uno. C'è dell'altro?... Ah già, i soldi. Se li vuoi sono là. Ciao."

Ed abbraccia il suo amante, tornando a dormire.

Resto di sasso a quel commiato sbrigativo. Mi aspettavo qualcosa di diverso, inutile negarlo...

Ma questo ragazzo ricco e viziato mi ha sbattuto in faccia la cruda verità: sono già stato dimenticato. Non sono altro che un altro dei passatempi che il suo amico porta a casa per fare la pace, un occasionale numero di telefono da contattare la prossima volta che avranno da sconfiggere la noia. E l'offerta finale di denaro suona tanto come un modo per ridurre quel che ho fatto alla prestazione di un professionista, che si paga e si manda via, e la faccenda è chiusa.

Mi sento pungere dentro, un dolore acuto e intenso. Non pretendevo chissà che cosa, sapevo che si trattava solo dell'avventura di una notte, ma speravo di concluderla in un modo un po' più cortese...

Si, ma quale modo?, mi chiedo all'improvviso, con una desolante chiarezza. Una falsa promessa di rivedersi? O un finto sorriso di complicità tra chi conosce le comuni depravazioni? A parte il fatto che nessuno di noi le considera tali, perché per me si tratta di atti di amore, e per loro si tratta di meccanici passatempi, tanto sfruttati che per non annoiarsi devono stimolarsi e impasticcarsi...

Sono dunque arrivato al punto di augurarmi l'ipocrisia altrui?

No... ha fatto bene Hyung a mettere le cose in chiaro.

Mi passo il dorso della mano sui miei stupidi occhi. Beh, al diavolo!, come direbbe mio fratello. Forzo un sorriso. Mi sono divertito ed è la sola cosa che conta.

Mi raddrizzo, e faccio per uscire, ma mi fermo distrattamente per vedere i soldi che Hyung mi ha offerto: voglio proprio vedere quanto vale la mia prestazione secondo lui. Trovo un bel mucchio di contanti, che nella moderna Nuova Luxor ormai sono considerati denaro squallido, in quanto praticamente tutto si paga con carta di credito. Il contante è per chi non può lasciar traccia di sé... o non vuole.

Qualcosa di perverso - si, stavolta è la parola giusta - mi spinge a prendere una manciata di quei soldi, non so neanche quanti. Invece di fare l'offeso, o permettere alla leggerezza altrui di umiliarmi, sto al gioco e prendo ciò che mi sono guadagnato.

"Addio, ragazzi," dico, anche se so che non mi stanno a sentire. "E' stato bello."

Quindi me ne vado, senza girarmi indietro nemmeno una volta.

Da basso, il portiere mi studia mentre chiama il taxi, e cerca solennemente di fare l'indifferente: ma è chiaro che è abituato ai maneggi dei suoi condomini. Prima di andarmene gli metto in mano alcune banconote, senza neanche guardarle, e lui mi saluta tutto felice e sorpreso.

Mi faccio portare a casa, e durante il tragitto quasi mi assopisco. Ormai sta albeggiando, la città è immersa in quel momento magico che precede un nuovo giorno...

Ma a un certo punto sento qualcosa che mi fa trasalire di colpo, come se mi avessero dato una pacca sulla spalle.

Apro gli occhi di scatto, ed il mio sguardo segue da solo una grossa automobile con i vetri polarizzati, che sfreccia insieme alle altre in senso opposto...

Senza neanche ragionare esclamo immediatamente all'autista: "Si fermi!... Per favore, si fermi!"

Lui rallenta, preso alla sprovvista."Veramente non posso fermarmi qui."

"Allora faccia inversione! Devo raggiungere quella macchina che abbiamo appena incrociato."

"Quale? Ce ne sono..." Si interrompe, perché guardando negli specchietti vede che in effetti una macchina si è fermata, accostandosi al lato della strada, ed intralciando così il cammino delle altre. "Va bene," brontola, "meno male che a quest'ora non c'è traffico." E compie la manovra.

Mentre ci avviciniamo all'automobile vedo un ragazzo uscirne e guardarsi intorno, e riconosco immediatamente Seiya. Faccio accostare il taxi, l'autista che passa rapidamente la mia carta di credito nel lettore, lamentandosi che gli farò prendere una multa; quindi scendo e raggiungo il mio compagno, che mi guarda con un misto di sollievo e nervosismo.

"Cavoli, Shun! Dov'eri andato a finire? Sali, presto, che dobbiamo andare tutti allo stadio."

Apre la portiera e quasi mi scaraventa dentro, e vado a finire addosso alla manica di seta di Shiryu, il quale mi rivolge un sorriso soddisfatto, gli occhi nascosti dai soliti occhiali neri.

"Buona giornata," mi saluta.

"Sei stato tu a chiamarmi!" esclamo, riconoscendo la sensazione che ho provato.

"Ho fatto affidamento alla tua sensibilità," risponde lui. "Del resto anch'io ti ho sentito, il che è la dimostrazione che da questo punto di vista sono molto migliorato."

Sospiro. "Meno male, perché io ero molto distratto."

Seiya entra e si siede al mio fianco, comprimendomi un po': un'altra volta stretto in mezzo a due ragazzi... "Aspettati una lavata di testa da parte di Crapa Pelata," dice, guardando davanti a sé. "Stava già agitandosi parecchio perché a casa tua non c'era nessuno e non rispondevi al telefono."

"Non potevo perché ero fuori."

Seiya mi lancia un'occhiata esasperata. "Il telefono di casa tua è un cellulare! Sai che significa? Che quando esci puoi portartelo dietro, basta che lo stacchi dall'alimentatore..." Si passa una mano tra i capelli. "Già, ma è chiaro che nessuno te l'ha detto, e tu a certe cose non ci arrivi da solo, vero?"

"Ci siamo offerti di andare noi a cercarti," spiega Shiryu. "Avevamo ancora un'ora a disposizione per l'appuntamento con Lady Isabel."

"Grazie..." mormoro, un po' vergognosamente.

"E ce la siamo mangiata quasi tutta," brontola Seiya guardando l'orologio. "Anche se a dir la verità non ci credevo più di tanto, che ti avremmo ritrovato. Dragone ci ha messo la sua nuova sensibilità, io le mie intuizioni ed una mappa stradale del tuo quartiere, e la dea Fortuna un bel po' del suo."

"Cos'è successo per convocarci così presto?" chiedo.

"Non lo so con sicurezza," risponde Seiya evasivamente. "Certo milady è stata categorica a buttarci giù dal letto." Una pausa. "Almeno non ha parlato di pericoli, e questo mi tranquillizza."

"Se ci pensi bene, Shun, la spiegazione potrebbe essere molto semplice," aggiunge Shiryu.

Lo guardo. Ed il cuore mi sussulta nel petto.

Già. E' arrivata la risposta del Santuario!


capitolo 8
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