VARIAZIONI SU UN TEMA DI MASAMI KURUMADA

(SAINT SEIYA)

di Hanabi, estate 1994

I personaggi di Saint Seiya sono proprietà di M. Kurumada/Shueisha.

 


CAPITOLO 6: "I Santi d'Argento" - parte terza

Arrivo a casa con il morale distrutto, quasi riluttante all'idea di scoprire che è già troppo tardi. Comunque scendo subito nel seminterrato, col cuore in gola, ancora un residuo di speranza...

Che si spegne contemplando lo spazio vuoto al fianco del mio scrigno.

Non c'è più l'armatura di mio fratello, lui se l'è portata via. Un gesto drammaticamente definitivo, come per dire a me ed a tutti che quella non è più casa sua. Ha voluto lasciarmi comunque un regalo d'addio: la piuma metallica di una delle sue code, un'opalescente scheggia che brilla sul pavimento.

Ma è così poco... troppo poco per sostituire la sua presenza accanto a me!

"Perché?" gemo, e la mia voce rimbalza contro le pareti spoglie, echeggia in questo silenzio insopportabile. Raccolgo quella piuma di Fenice, affilata come un rasoio, la stringo, e sono contento di sentire il dolore, il sangue che mi impiastriccia le dita.... "Perché?!"

Cado in ginocchio sul pavimento, lo sguardo fisso nel vuoto. Quanto sono stupido! Lo so benissimo, il perché. Hanno tutti parlato chiaro, stasera. E mio fratello... lui più di tutti.

Forse aveva sperato di trovare in me un amico, qualcuno che lo aiutasse a portare il suo pesante fardello di dolore, di colpe e rimpianti. Ma io l'ho deluso. Sono rimasto ad adorarlo stupidamente, a pendere dalle sue labbra come un bambino; e non ho mai avuto la maturità di parlare davvero con lui, di creare qualcosa di nuovo tra noi due, che non fosse il solito binomio fratello grande - fratello piccolo. Sapevo benissimo che aveva sofferto molto, che era cambiato, ma non mi sono mai sforzato di capirlo; mi aspettavo però che lui capisse sempre me, come se questo fosse un suo preciso dovere! Invece di pensare a renderlo contento, l'ho costretto a sopportare tutti i miei capricci, le conseguenze dei miei grandi dolori sentimentali... dovuti a che cosa, poi? Al semplice fatto che Hyoga fosse felice con un altro essere umano!

Ma perché tanta assurda gelosia in me, se avevo già Ikki al mio fianco? Avevo passato la vita a desiderare di essere amato, ed ora all'improvviso non mi accontentavo più dell'affetto sincero di ben due persone... che cosa volevo di più? Cosa pretendevo, proprio io che non avrei diritto a niente? Forse quel qualcosa di sporco di cui Hyoga mi aveva accusato, quella notte al Saint George?

E' questo che ho cercato di fare ieri notte, mentre ero ubriaco?!

Le mie lacrime cadono sul pavimento. Inutili, come sempre. Mai come stavolta la colpa della mia infelicità è soltanto mia. Avevo pensato male di Hyoga, ma adesso capisco quanta ragione avesse avuto, quella notte, a dirmi che facevo schifo! Almeno uno dei sogni di mio fratello lo conoscevo bene, era quello di fare di me un uomo... ed ecco quel che gli ho mostrato, il risultato di tutti i suoi sforzi: nient'altro che un ragazzino lascivo, irresponsabile ed egoista, troppo debole e sentimentale per essere un degno cavaliere, o per riuscire in qualsiasi altra cosa nella vita!

E così Ikki si è arreso e se n'è andato, stanco di vergognarsi di me, e stanco anche di essere emarginato dagli altri, di essere insultato ed incompreso... povero fratello mio, ci voleva tanto a capire lo sforzo che stava facendo per inventarsi dei rapporti umani, dopo una vita in cui non si era mai potuto fidare di nessuno... e nemmeno di me?

Mi rialzo, barcollando come un ubriaco, e salgo al piano superiore. Sento freddo, come se tutto intorno a me mi respingesse: ora che Ikki se n'è andato, questo posto mi è estraneo, nient'altro che un simulacro del bellissimo sogno che stavo vivendo. Ma adesso il sogno è finito, brutalmente portato via come i petali dei fiori di ciliegio al primo temporale di primavera. E nel fango è finita tutta la mia stima per me stesso, la gioia di un successo tanto sperato, la compagnia della persona che per me era l'intero universo.

Non mi è rimasto più niente.

Alzo gli occhi, rendendomi conto con un brivido che tutta una parte della mia vita finisce qui. Adesso, se mai c'è stata dell'onestà in me, non mi resta che una cosa da fare... e devo farla subito.

Attraverso la sala, prendo il telefono e d'istinto compongo il numero. Al terzo squillo sento la voce brusca, inconfondibile di Mylock.

"Pronto."

"Sono Shun," rispondo. "Ho bisogno di parlare con Lady Isabel. So che è tardi..."

"Certo che è tardi. Ma chi vuoi che dorma dopo quel che è successo?" Una pausa. "Beh, che vuoi dirle? Che tuo fratello ci ha ripensato ed è tornato a casa?"

"No," esalo, con voce sorda.

"Lo immaginavo. Avrebbe mostrato troppo buonsenso, quell'irrecuperabile teppista! Ma non avrei mai pensato che arrivasse al punto di scaricare persino te. Un brutto colpo, eh, scricciolo?"

"Si." Quanto brutto, lui non ne ha assolutamente idea.

"Meno male che hai avuto il buon senso di andare a disperarti a casa tua! Milady è già abbastanza depressa per conto suo."

"Depressa?"

"Povera padroncina! Ha detto, con le lacrime agli occhi: Ed io sarei la dea Athena? Non ho nemmeno l'autorità di fermare un mio cavaliere, e pretendo di impossessarmi del Santuario... Non è servito a niente farle presente che da un delinquente nato come Ikki Hanekawa non c'era da aspettarsi nulla di diverso. E non è servita nemmeno la compagnia di Pegasus e Crystal, che le sono rimasti al fianco per renderle meno amara l'umiliazione. Milady li ha piantati in asso, ordinando a tutti di lasciarla sola, ed è andata a passeggiare nel giardino del palazzo."

"Allora non posso parlarle." Avevo così bisogno di farlo, per scaricare la mia coscienza!

"Adesso no, però... aspetta, Crystal ha qualcosa da chiederti."

"No, aspetti..."

Non faccio in tempo a finire la frase, sento immediatamente la voce impetuosa di Hyoga dall'altro capo del telefono. "Shun, alla buon'ora! Hai trovato Ikki?"

Trovare Ikki? Non avrei niente da dirgli, niente da offrirgli...

"Non l'ho nemmeno cercato," rispondo, con un filo di voce.

"Mi stai dicendo... che non hai neanche tentato di fermarlo?!" chiede Hyoga, incredulo.

"No."

La mia desolazione è così evidente che lui rinuncia a fare ulteriori domande.

"Capisco. Se le cose stanno così, è meglio che anche tu ci raggiunga qui..."

"Sto per farlo, infatti." Una pausa. "Per l'ultima volta."

Hyoga impiega qualche istante per assorbire il significato delle mie parole.

"Che vuol dire, per l'ultima volta?!"

"Vuol dire che vengo a salutarvi, ed a restituire alla Fondazione quel che non mi appartiene: le chiavi di questa casa, i soldi... tutto." Sospiro. "Sono stanco di vivere di illusioni e sulla pelle degli altri. Non ha più senso per me continuare questa storia."

"Aspetta," inizia lui, precipitosamente. "Non prendere decisioni avventate..."

"Le mie decisioni riguardano soltanto Athena." Prendo coraggio. "Per favore, Hyoga, dille... che sto per restituire anche l'armatura di Andromeda."

"Che cosa?!" esclama, sconvolto.

Chiudo la comunicazione. Non voglio litigare, e nemmeno farmi convincere. Ormai la mia decisione è presa, costi quel che costi. E' stato uno sbaglio per me diventare cavaliere, ma questo è solo uno degli infiniti sbagli della mia vita.

E' tempo di fare qualcosa per correggerli.

Un cavaliere non può sottrarsi al suo dovere, è un tradimento: ma c'è modo e modo di tradire, voglio che il mio sia il più onesto possibile. E' giusto che restituisca il mio scrigno a Lady Isabel. Voglio parlare da solo con lei, chiederle quel minimo di compassione che ha mostrato per gli altri. Le chiederò di perdonarmi per non essere stato un degno cavaliere per lei, per aver perso la speranza di riuscire a diventarlo. La implorerò perché mi conceda di andar via, per potermi confrontare con me stesso, per rimettere ordine nella mia vita, nei miei pensieri. E se così non sarà, se non mi darà il permesso di andarmene, non avrò che una soluzione per liberare il cosmo che è in me: morire.

E non sarà una brutta cosa: almeno sarà il mio ultimo fallimento.

Raccolgo le mie poche cose, mi carico lo scrigno sulle spalle, chiudo per l'ultima volta la porta di casa. Mentre sono sulla strada mi volto a guardarla, con un sospiro: sono stato felice in questa piccola reggia, merita che la ricordi con affetto.

Poi mi incammino verso il centro. Trovo una stazione di taxi e ne prendo uno (ed anche questa sarà l'ultima volta che mi permetterò questo lusso!). L'autista non è entusiasta di questa corsa notturna, vuole prima vedere se ho i soldi per pagarla, e mi studia bene per essere sicuro che non sia un drogato. Poi si offende perché non gli permetto di toccare il mio scrigno, mentre lo sistemo nel portabagagli. Non posso dirgli che non sarebbe in grado di sollevarlo, né di toccarlo senza rischiare la vita; gli rispondo che è un reperto archeologico, e così non lo sorprende affatto la mia destinazione: l'esclusiva tenuta della Fondazione Thule.

Arrivo davanti al grande cancello, pago la corsa, scarico le mie cose e mi presento agli onnipresenti sorveglianti, che mi guardano sospettosamente.

"Sono Shun Kieunemo. Lady Isabel Saori mi aspetta."

Aprono il cancello, lasciandomi entrare. Ormai conoscono il mio nome, e la forma cubica che ho sulle spalle non è una novità per loro. Ma è notte fonda, non certo orario di visite! Mi dicono dunque di attendere e telefonano al palazzo, per chiedere conferma.

Aspetto pazientemente accanto alla guardiola, il pensiero occupato da come affrontare i miei compagni, e come iniziare il discorso con Lady Isabel. Divento vagamente consapevole di uno strano, astioso gracchiare sopra di me.

"Corvi," dice uno dei guardiani alzando la testa. "E' tutto il giorno che quelle bestiacce svolazzano nei paraggi. Non ne avevo mai visti tanti in vita mia."

Alzo appena le spalle: non ho voglia di fare conversazione, ho altro a cui pensare...

Di nuovo quel gracchiare, che penetra i miei sensi. Infastidito alzo la testa a mia volta, vedo grosse figure nere appollaiate sul muro, sotto la luce dei lampioni: altre solcano il cielo a pochi metri dal suolo, pronte a chiamare i compagni per chissà quale impresa...

E mi viene in mente una cosa: che i corvi non sono affatto uccelli notturni.

Sento un brivido familiare a quel pensiero, come se una mano mi bloccasse il respiro. Vorrei accantonare quella sensazione, ma non posso: è il mio istinto naturale che si agita dentro di me. Faccio qualche passo mettendomi in mezzo al viale, sondo l'atmosfera: si, c'è qualcosa di strano qua intorno...

Metto da parte con uno sforzo tutti i miei tristi pensieri, faccio il silenzio totale dentro di me e mi concentro. Sento come se fossi immerso nella emanazione diluita di un'energia ostile.

"Qualcosa non va, ragazzo?" chiede il guardiano.

Nella mia mente sfilano i nomi delle costellazioni... Chamaleon, Circinus, Columba, Coma Berenices, Corona... Corvus!

Reagisco senza un solo istante di indugio, la mia consapevolezza interamente invasa da un solo pensiero: un cavaliere nemico è vicino, quindi Lady Isabel è in pericolo! Getto la mia sacca con i vestiti in faccia al guardiano, cogliendolo alla sprovvista, e scatto a tutta velocità lungo il viale alberato, lo scrigno ben saldo sulle spalle.

"Ehi! Dove vai?!" urla l'altro sorvegliante, balzando in avanti. "Alt!... Fermati!!!"

Non ho tempo per spiegarmi con lui. Il mio senso senso, il mio hara mi avverte che sta estraendo dalla fondina una pistola, mentre gli altri danno l'allarme. Sento il primo sparo, ma con la mia iperconcentrazione so che è diretto verso l'alto: un colpo di avvertimento. Non mi fermo, brucio un po' della mia energia per amplificare la forza dei miei muscoli, e quando il guardiano abbassa l'arma alla mia altezza spicco un balzo, scomparendo davanti ai suoi occhi allibiti. Atterro sul prato, ben fuori dalle luci del viale, e mi tuffo nelle tenebre del parco, percependo solo il suono dell'aria che fendo come un coltello, posando appena i piedi al suolo nella corsa rapidissima che Nemesis mi ha insegnato. Nella mia mente c'è il vuoto dell'iperconcentrazione, vedo-sento-percepisco tutto il tessuto di energie intorno a me, il clangore di un pericolo che vibra in tutte le mie fibre...

Mi fermo di colpo, ansimando. Ecco! E' successo!

Non perdo un istante: mi tolgo lo scrigno dalle spalle, lo metto a terra, gli strappo via la fodera e afferro la maniglia. Non è il momento di pensare, devo solo agire, e fare in fretta. Mi ci vogliono pochi istanti per togliermi di dosso i vestiti, infilare la mia arcaica tenuta; è quasi la mia energia interiore a dirigere i pezzi dell'armatura sul mio corpo. Mi sento leggero e potente, una sensazione stranamente esilarante dentro di me. Meglio non riflettere su quel che sto facendo, dopo ciò che ho imparato di me stesso, dopo che avevo deciso di farla finita, di non vestire mai più quest'armatura, questa maschera!

Schizzo verso il palazzo di Lady Isabel, tagliando attraverso il bosco. Arrivo al giardino all'italiana, e scopro Hyoga in mezzo ad un cerchio di anonimi uomini nerboruti, con vestiti moderni addosso, ma con la classica attitudine alla lotta del Mondo Segreto. Alcuni di loro sono già a terra, sanguinanti: gli altri premono da vicino il mio amico russo, pronti ad attaccarlo tutti insieme. Al portone del palazzo Mylock urla e si sbraccia, in direzione del cielo. Vedo un grumo nero di ali svolazzanti, che si dirige verso ovest: nell'istante in cui passa davanti alla luna tramontante, scorgo una figura umana dibattersi in mezzo a centinaia di corvi, legata ad essi da altrettanti fili, un'incredibile rete vivente che porta via la sua preda...

Lady Isabel!

Supero lo shock di quella visione, balzo in avanti proprio mentre uno dei guerrieri parte all'attacco di Hyoga. Il mio amico è già pronto, ma non ha bisogno di usare la sua abilità difensiva: la mia catena schizza ad impastoiare le gambe dell'attaccante, mandandolo a gambe levate. Lo scavalco con un salto ed atterro in mezzo al cerchio di nemici, con l'altra mia catena in pugno. Gli uomini del Mondo Segreto arretrano, guardinghi, mentre Hyoga mi lancia un'occhiata esterrefatta.

"Andromeda!..." esclama; ma si riprende subito, anche lui sopraffatto dagli imperativi del momento. "Dei corvi ammaestrati hanno rapito milady, mentre questi guerrieri ci attaccavano. Ho dato a Seiya il tempo di mettere l'armatura e partire all'inseguimento: il cavaliere che orchestra tutto questo non dev'essere lontano da qui."

"Pegasus avrà bisogno di aiuto," rispondo. "Ora è il tuo turno di vestire l'armatura: di questi me ne occupo io. Vai!"

Non se lo fa ripetere, parte all'attacco e rompe l'accerchiamento, partendo verso il palazzo. Alcuni nemici cercano di correre al suo inseguimento, ma pochi buoni colpi della mia catena di difesa li abbattono come birilli. A quella scena gli altri esitano, poi si ritirano di corsa, come se ritenessero di aver esaurito il loro compito. Sanno benissimo di non avere possibilità contro un cavaliere in armatura, per quanto debole come me.

Non perdo tempo a cercare di fermarli: daranno di che divertirsi ai sorveglianti della tenuta, messi in allarme dalla mia intrusione. Hyoga riappare subito ad una finestra, solenne come un dio nordico nella sua candida armatura. Per far prima si lancia dal davanzale, quasi volando con la grazia del Cigno di cui è la manifestazione, toccando appena un balcone sottostante, e da lì lasciandosi cadere giù con un salto acrobatico. Atterra tutto rannicchiato, si rialza e mi rivolge uno sguardo angosciato.

"Ora solo la tua sensibilità può ritrovare Lady Isabel."

La mia sensibilità... dov'era quando mio fratello era con me?

"Seguimi," mormoro.

Mi abbandono al mio istinto, partendo nella corsa sovrumana di un cavaliere, movimenti amplificati nel vuoto dell'iperconcentrazione, silenzio nell'anima. Sotto di me schizzano i prati, la terra nuda sotto gli alberi del bosco; scavalco gli ostacoli senza pensare, balzo oltre siepi, muretti, recinzioni, sfioro appena l'asfalto delle strade deserte a quell'ora di notte. Hyoga mi segue come un'ombra, senza perdere un passo. Qualunque persona normale che ci vedesse non riuscirebbe a distinguere altro che una macchia di colore che sfreccia, ed anche se rallentassimo... non crederebbe ai suoi occhi.

Ma chi crederebbe ad una ragazza portata via da uno stormo di corvi?

Il lato occidentale della tenuta della Fondazione è appoggiato alle pendici di una scabra collina, resto di un vulcano spento da millenni, quasi che Alman di Thule non avesse voluto che la città da lui sponsorizzata potesse circondasse completamente la sua reggia. Abbandoniamo l'ultima strada e corriamo sulla salita sassosa, tra ciuffi di erba selvatica e bassi cespugli che frusciano al nostro passaggio. Mi fermo, per riprendere fiato e calmare le mie energie: altrimenti non posso sentire quelle che mi circondano.

Hyoga si ferma accanto a me, approfitta di quella pausa per asciugarsi il sudore dalla fronte: il suo equilibrio termico è così delicato, ma non vuole sprecare il suo potere per mantenerlo, e forse teme di disturbarmi. Io genero di nuovo le mie catene, le getto davanti a me, mi concentro.

"Non sento assolutamente nulla da Lady Isabel. Però percepisco nettamente Pegasus, che sta bruciando molta energia. C'è una presenza ostile nella sua direzione, che sta usando il suo cosmo. E' sicuramente un altro cavaliere d'argento."

"Perché Lady Isabel non si manifesta?" si chiede Hyoga, turbato. "E' già la seconda volta in poche ore che il suo potere divino la tradisce!"

"Quante delusioni stanotte, vero?" mormoro amaramente, e ritiro le mie catene.

Sento un tocco sul braccio, là dove l'armatura lo lascia scoperto. "Togliti quella maschera, Shun. Con me non serve."

"Serve a me!"

Riprendo a correre in quella collosa oscurità, appena vinta dalla luna malata e dal riflesso falso della città che si stende alle mie spalle, fino all'orizzonte. Vado in linea retta nella direzione che Pegasus mi indica con la sua incredibile energia: arrivo ad un avvallamento, lo attraverso lasciandomi andare in discesa e accelerando in salita, arrivo alla sommità e sento il cuore saltarmi nel petto...

"Ah!" Mi fermo di nuovo, ansimando.

"Che succede?!" esclama Hyoga.

"Angoscia... dolore," balbetto, cercando di distogliere l'attenzione da quell'agonia davanti a me. "Ci sono due cavalieri d'argento... e Seiya si sta battendo contro di loro!"

"Maledetti," ringhia il mio compagno, "Andiamo!"

Di nuovo mi butto in avanti, ma mi trovo davanti ad una scoscesa parete verticale. Scelgo di aggirarla da destra, e quasi vado a sbattere contro dei grossi massi: mi arrampico velocemente su di essi, incespicando nel buio, ma Hyoga esclama: "No! Torniamo indietro e passiamo dall'altra parte!"

Faccio per obbedire, ma mi irrigidisco di colpo.

Hyoga si impietrisce, mi guarda..

"Il cosmo di Pegasus... è esploso. L'ho sentito anch'io."

"Ed è scomparso," aggiungo, angosciato. Faccio uno sforzo per concentrarmi, genero le catene e le getto attorno a me. "E' inutile, non lo percepisco più!"

"Seiya... è..." Non ha il coraggio di finire la frase.

"Non lo so. Ed il peggio è che Lady Isabel continua a non emettere alcuna energia. I cavalieri d'argento hanno smesso di esprimere il loro cosmo: sento confusamente le loro presenze e niente di più." Chino la testa, avvilito. "Ho finito di essere utile, Hyoga. In queste condizioni non posso più indicarti nessuna direzione."

Lui arretra, fino ad entrare nel fascio luminoso gettato dalla luna. La sua armatura scintilla, catturando ogni particella di quella luce.

"Cerchiamo di ragionare," dice, sforzandosi di riprendere la calma. "Perché i nostri nemici hanno portato via Lady Isabel?"

"Per ucciderla?"

"Avrebbero potuto farlo direttamente nel giardino. Quindi volevano rapirla, non ucciderla... probabilmente per chiedere in riscatto l'elmo di Aiolos. Se adesso l'avessero in loro potere, se ne andrebbero. Invece tu li senti ancora, non è vero?"

Di nuovo mi concentro. "Si."

"Allora non l'hanno ancora in loro potere, o stanno aspettando qualcosa. Abbiamo ancora tempo per cercarla." Mi guarda. "E se i cavalieri mediani useranno la loro energia, vorrà dire che cercheremo loro invece di milady, e li sfideremo."

Annuisco, anche se so bene le conseguenze per me di un simile scontro. E tuttavia mi butto in avanti, ansioso di trovare Athena, ad ogni costo. Perché dentro di me so bene che non potrei mai lasciare il suo servizio senza il suo permesso... e senza le sue parole di perdono.

Ma per sentirle, devo prima salvarla!

***

Ma per quanto frughiamo la collina, il buio ed il silenzio ci impediscono di trovare qualcosa. Non osiamo chiamare Lady Isabel a gran voce, perché non abbiamo idea della sua condizione, potremmo metterla in pericolo; e poi siamo noi la parte più debole, la sorpresa è un vantaggio che non possiamo perdere... anche se non ci facciamo illusioni: un cavaliere d'argento può essere molto più abile di noi a tendere imboscate. La misteriosa Castalia l'ha ben dimostrato.

Finalmente il cielo prende una tinta grigio perla, sufficiente per distinguere meglio quel che ci circonda: alberi contorti, bassi cespugli, pinnacoli di basalto erosi dal vento: un frammento di paesaggio selvatico accuratamente privato e preservato, perfettamente solitario: un posto adatto per un duello tra cavalieri. Se non fosse per il clamore della città che arriva persino qui, potrebbe essere una scena di migliaia di anni fa: uomini che si combattono per una bella principessa.

Solo che Lady Isabel è ben più di una principessa. Ed è con sollievo che finalmente sento la sua indicibile energia divina dispiegarsi, calma e calda come un sole: impossibile non riconoscere la direzione!

"Il vecchio cratere," bisbiglia Hyoga, alzando lo sguardo.

Segue un furibondo gracchiare che sembra coprire delle urla umane disperate: un suono spaventoso ed improvviso che giunge chiarissimo fino a noi.

"Santo Dio!" esclama il mio compagno."Che cosa sta succedendo lassù?!"

"Presto!" grido, col cuore in gola.

Giungiamo senza fiato alla vetta, in tempo per vedere Lady Isabel sul fondo del cratere, con il vestito sporco e strappato; è in piedi ed a braccia aperte, come per difendere Seiya che giace inerte e sanguinante a terra. Davanti a lei una donna-cavaliere è immobile, in preda ad una tensione spasmodica. Poco più indietro i corvi si accalcano e strepitano in un grande mucchio a terra, calando furibonde beccate.

La donna-cavaliere finalmente si muove, come se si fosse liberata da un incantesimo. La sua armatura ofidica scintilla alla tenue luce dell'alba.

"La nemica acerrima di Seiya," mormoro, riconoscendola. "Tisifone!"

Lei ci ignora e balza urlando tra i corvi. Muove le braccia con accecante rapidità, proiettando uccelli morti in ogni dove. Gli altri si alzano in volo, gracchiando cavernosamente. E rivelano un corpo umano orrendamente straziato e contorto, un mucchio informe di carne sanguinolenta coperto da un'inutile armatura.

"Abbiamo trovato il signore dei corvi," dice Hyoga, freddamente. "Ed in qualche modo ha avuto quel che meritava."

Che morte orribile... non sono capace di guardare quei miseri resti senza provare un po' di pietà. Mi vergogno della mia debolezza, così preferisco spostare tutta.la mia attenzione su Tisifone. Sta osservando quello spettacolo atroce, le emozioni nascoste dalla maschera che porta. Ma noto il tremito delle sue mani. Si volta verso Lady Isabel e grida, quasi isterica:

"Maledetta strega! Hai ucciso Danian..."

"I suoi stessi corvi l'hanno ucciso," ribatte lei, la voce tremante, come se il potere che l'aveva invasa se ne fosse andato lasciandola fragile ed inerme.

"E' stata colpa tua!... Gli ordini erano di risparmiarti, ma stavolta hai osato troppo! Ora ti ucciderò, assieme al tuo beneamato Pegasus..."

Scatta come un fulmine contro di lei. Ma io sono pronto, e scatto con altrettanta rapidità, con tutta la concentrazione della mia vita: non posso sbagliare, anche se la distanza è notevole e la velocità del bersaglio altrettanto... la vita di Lady Isabel dipende da me!

La mia catena di difesa taglia l'aria come la luce di un lampo, smaterializzandosi per ricrearsi un istante dopo attorno al braccio teso della donna-cavaliere. Mi preparo per trattenere lo slancio sovrumano della mia avversaria e riesco a fermarla, con tanta foga da farla rimbalzare all'indietro e cadere di schiena.

"Bravo, Shun!" esclama Hyoga.

"Corri!" urlo, cercando di trascinare indietro Tisifone, lontano da Lady Isabel.

Senza perdere un istante lui si getta giù dall'impervia discesa, per raggiungere la duchessa.

Tisifone lancia un urlo di pura rabbia, si rialza in piedi con uno scatto funambolico ed afferra la mia catena col braccio libero. "Che siate tutti maledetti!... Ma non mi priverete della mia vendetta!"

Assesta uno strattone tale da strapparmi letteralmente da dove sto, trascinandomi oltre il bordo della scarpata. Che stupido! Mi sono lasciato prendere alla sprovvista: quella donna è un cavaliere d'argento, a prescindere da tutto... il suo cosmo è più profondo del mio!

Non ha senso che mi opponga alla sua forza, rammento una lezione di Albyon su Yang e Yin... e invece di resistere mi lascio trascinare passivamente lungo il fianco del cratere, mantenendo comunque il mio equilibrio, e correndo anzi incontro a lei.

Tisifone esita, sorpresa, e lascia la mia catena di difesa cercando di spostarsi di lato; ma io le taglio quella strada scagliandole contro la catena d'attacco. La costringo così a schivarla, e quando lei si riprende io sono già sul fondo del cratere. A tutta velocità le piombo addosso in un folle attacco puramente fisico, una sorta di body-check alla kamikaze: tutto quel che mi interessa è tenere quella donna lontana da Lady Isabel, e al diavolo le conseguenze!

"Andromeda!" grida Hyoga, "No!..."

Ma è tardi anche per fermarmi. Mi scontro violentemente con Tisifone, corazza contro corazza. Sento come un'esplosione, vedo un lampo rosso negli occhi, e poi il buio....

Quando mi riprendo scopro di essere finito ad almeno venti metri dalla mia avversaria. Mi stupisco di essere ancora vivo, anche se tutto dolorante. Poso le mani sulla mia armatura: strano, non è andata in frantumi come mi aspettavo!

Ringrazio mentalmente Athena, che deve avermi senz'altro dato una mano, e cerco di rialzarmi sulle ginocchia. Con gli occhi appannati vedo Tisifone già in piedi, ma visibilmente stordita. Si volta di nuovo verso Lady Isabel, ostinata a completare la sua vendetta. Ma stavolta si trova davanti Hyoga, a cui ho dato tutto il tempo di intervenire.

"La tua giornata finisce qui, donna," l'apostrofa lui. "Vattene."

"Nessuno deve interporsi tra me e Pegasus," ansima lei, "Chi lo fa muore!"

"Rassegnati, cavaliere!" esclama Lady Isabel con sbalorditiva autorità, e fa un passo avanti. "Non avrai la sua vita, né oggi né mai. Torna pure in Grecia e dì al Sacerdote Supremo che si prepari... perché Athena è tornata!"

"Athena?!..."

Per un istante i muscoli della sacerdotessa si rilassano, fronteggia la ragazza davanti a lei come se un grande stupore l'avesse colta. Sembra quasi sul punto di cadere in ginocchio...

Ma poi, all'improvviso, lancia un urlo di guerra raccappricciante e si scaglia in avanti.

Hyoga è pronto. Dirige contro di lei una colonna quasi solida di aria ghiacciata, che la solleva di peso e la scaglia urlante in alto, oltre il ciglio del cratere; un volo spaventoso a cui segue un sordo impatto... e poi il silenzio.

"L'hai uccisa?!" esclamo, non sentendo più traccia del suo cosmo.

"Non lo so e non mi importa," ribatte freddamente lui. Accorre da Lady Isabel, la prende per le spalle. "Sta bene, milady?"

"Sto bene, ho solo qualche graffio," risponde lei, con voce rotta. "Ma sarei morta se Seiya non mi avesse salvato. Per sfuggire ai miei rapitori si è gettato con me in questo cratere da lassù" e ci indica il punto. "Mi ha fatto scudo con il suo corpo, e non ho idea di cosa gli sia costato questo gesto... ha perso conoscenza e non si è ancora ripreso!"

Hyoga la lascia e si china su di lui, studiandolo ansiosamente.

"La testa," mormora, "O la schiena. L'armatura l'ha ben protetto, ma il contraccolpo dev'essere stato tremendo. E' in coma, meno male che cuore e polmoni funzionano ugualmente. Bisogna subito portarlo in ospedale."

"Come facciamo?" chiede Lady Isabel, quasi singhiozzando. Non ha più la sua fermezza da dea, né il suo famoso autocontrollo: sembra essere sull'orlo di un attacco isterico. "Non possiamo spostarlo, ma nemmeno lasciarlo qui... dobbiamo chiamare i soccorsi! Uno di voi deve avvertire Mylock..."

E proprio in quel momento lo sento: un lampo di energia ostile sopra di noi!

Alzo lo sguardo e vedo qualcosa scattare nell'aria, diretta verso la nuca di Hyoga che è troppo rilassato per accorgersi del pericolo. In un istante senza tempo mi rendo conto che è tardi per avvertirlo, mi sembra già di vedere l'esplosione della sua testa bionda, il sangue che cancella quei lineamenti che ho tanto amato...

Reagisco d'istinto, senza neanche un pensiero cosciente: mando tutte le mie energie nelle catene, che scattano lampeggiando. Segue un tonfo secco, un singhiozzo metallico, e l'oggetto si frantuma a mezz'aria colpendo il mio amico con un'innocua pioggia di schegge.

"Ma... che cosa..." esclama lui, voltandosi di scatto.

Una tonante risata lo interrompe.

Sul ciglio del cratere appare un atletico cavaliere, con uno scudo rotondo appeso al braccio, l'altra mano occupata a giocherellare con qualcosa che sembra un sasso piatto.

"Un altro cavaliere d'argento," mormoro.

Ci eravamo illusi troppo presto che tutto fosse finito!

"Non credo ai miei occhi," esordisce lui, "Sareste voi gli assassini di Eris, di Argos e di Babel?... Siete solo dei ragazzini! Tu, cavaliere senza maschera! Ringrazia il tuo compagno con le catene. I suoi riflessi ti hanno salvato la vita... per adesso."

"Chi sei tu, che attacchi alle spalle come un vigliacco?" chiede superbamente Hyoga, mettendosi in guardia. Io mi affianco a lui, ma cerco di dominare la mia apprensione, di restare rilassato, perché sento qualcos'altro qua intorno, qualcosa di pericoloso...

"Chi sono io?... Il cavaliere di Scutum, ragazzino!"

Con quelle parole salta giù da dove si trova, ed il suo braccio scatta con tanta rapidità da scomparire alla vista. Di nuovo mi butto contro Hyoga, spingendolo indietro nell'istante in cui l'oggetto scagliato dal cavaliere colpisce il suolo davanti a lui. Esplodono scintille e si leva un odore di selce; quando la polvere si dirada vediamo gli effetti spaventosi di quell'arma: nemmeno la pietra l'ha fermata!

"Sudarshana!" esclamo, riconoscendola.

"Così è chiamato in India il disco da lancio," annuisce il cavaliere, fermandosi all'estremità dello spiazzo. "Io sono Voluyara, adepto e maestro di quest'antica arte. Vengo a completare la missione che altri hanno fallito." Si rivolge a Lady Isabel. "Vieni con me, ragazza. Abbiamo un lungo viaggio da fare insieme. E non ti preoccupare, non ti ucciderò... resterai mia prigioniera solo finché non avrò nelle mie mani l'elmo dell'armatura d'oro." Si rivolge a noi, con tono altezzoso. "In quanto a voi, sbrigatevi ad andarlo a prendere. Non vi credo proprio i responsabili della morte dei miei amici, siete troppo deboli. Quindi non mi interessa più di tanto ammazzarvi. Obbedite, e vi lascio vivere!"

Ma nessuno di noi si muove. E questo sembra davvero stupirlo.

"Che aspettate? Avete ascoltato i miei ordini, no?"

"Te li puoi tenere," ribatte Hyoga, "Noi serviamo un potere più grande di te."

"E non ti lasceremo toccare Lady Isabel neanche con un dito, finché saremo vivi!"

Il mio tono è tale da farmi meritare un'occhiata stupita dal mio compagno. Lui non sa la fonte della mia forza... la disperazione. Non voglio permettere a nessuno di portarsi via Athena prima che mi dia il permesso di lasciare il suo servizio!

"Allora volete proprio che vi uccida," sospira il cavaliere. "Peccato! Mi avreste fatto risparmiare tempo. Comunque è vostro diritto scegliere di battervi... peggio per voi!" Indica Lady Isabel. "Tu, ragazza! Spostati da lì e mettiti al riparo. Mi interessi più dei tuoi paladini e non voglio rischiare di ucciderti per sbaglio."

Per tutta risposta lei si inginocchia sulla roccia e stringe il braccio di Seiya, con un gesto quasi possessivo. "Io non mi muoverò da qui," dichiara, coraggiosamente. "Non abbandonerò Pegasus, che mi ha salvato la vita rischiando la sua. Resterò al suo fianco fino all'ultimo!"

Vedo le sopracciglia di Hyoga alzarsi lievemente, e condivido anch'io il suo stupore: non credevamo di poter sentire tanta passione nella giovane duchessa...

"Fai i capricci, ragazza?" ribatte Voluyara. "Beh, stai pure accanto al tuo bel cavaliere. Vorrà dire che voi due vi sposterete lontano da lei. Quello spiazzo alla vostra destra andrà benissimo per il nostro duello. Andiamo!"

E si incammina, mantenendo la distanza tra di noi. Hyoga inizia a muoversi nella direzione indicata, ma io esito a seguirlo.

"Che ti succede?" mi chiede sottovoce.

"C'è qualcosa di strano qua intorno," mormoro. "Se quell'uomo ci stesse ingannando?"

"Non dire sciocchezze. Non vuole coinvolgere Lady Isabel, e a noi va bene così."

"Ma ci ha indicato troppo prontamente il punto dove andare..."

"Vuoi fare la figura del codardo e rifiutare la sua sfida?"

Stringo i pugni, ringraziando la maschera che nasconde la mia espressione. Non è questo il momento di litigare; del resto Hyoga non aspetta la mia risposta, va dove Voluyara lo vuole, ed io non ho altra scelta che seguirlo.

Segue uno strano silenzio, ed io sento gridare il pericolo intorno a me, così intenso da togliermi quasi il fiato...

"Ora battiti!" esclama Hyoga mettendosi in guardia e fronteggiando il discobolo.

"Sei già sconfitto, ragazzo," sogghigna lui.

Sentiamo all'improvviso un sordo boato, mentre la terra sussulta sotto i nostri piedi come se un maglio gigantesco l'avesse colpita dall'interno. Hyoga perde l'equilibrio e cade, guardandosi intorno con orrore. Non ha ancora capito cosa sta succedendo, ma io sì...

"Era una trappola!" grido, sovrastando il rombo attorno a noi.

Rivivo tutta la sequenza del Suizhan, quando Docrates causò un crepaccio per farvi finire mio fratello. Questo è un lavoro più raffinato, meno distruttivo; dalla vibrazione sotto i miei piedi capisco che siamo sopra una galleria naturale, un residuo dei qualche storica eruzione; e qualcuno sta per provocare il crollo del soffitto della grotta, per farci finire nella voragine sottostante. E' troppo tardi per scappare, e sono troppo lontano da ogni appiglio per sperare di salvarmi lanciando la mia catena...

"Cygnus!" strilla Lady Isabel, "Andromeda!..."

Tutto si sbriciola intorno a noi. Sento Hyoga urlare mentre cade nel vuoto. Ma io non emetto un suono, guardo dritto nell'oscurità sbadigliante in cui sto per finire, assieme a pietre e terra, un caos primordiale che smania per schiacciarmi e distruggermi.

Che brutta cosa aver sempre ragione nei momenti sbagliati!

***

Lentamente il silenzio si fa strada nel cratere, appena rotto da qualche sasso che ancora rotola. E allora si sentono chiarissime delle grasse risate.

Da qualche parte spunta un cavaliere grande e grosso, con l'armatura tutta impolverata, trascinandosi dietro una gran palla chiodata appesa ad una catena. Si rivolge al compagno sghignazzando, gli dice qualcosa indicando la voragine che ha appena provocato. E' troppo lontano perché capisca le sue parole, ma è chiaro il tono divertito della conversazione.

Quindi i due si voltano verso Lady Isabel, che è rimasta in ginocchio accanto a Pegasus, assolutamente scioccata, con le mani premute sulle guance, i capelli spettinati ed il bel vestito ridotto ad uno straccetto sporco. Si tolgono le maschere e le si inchinano ironicamente davanti, in una parodia di buone maniere. Poi le si avvicinano, sogghignando.

Nessun dubbio su cosa si apprestino a fare. Evidentemente hanno avuto l'ordine di rapire quella ragazza, e di non ucciderla... ma pensano che comunque qualche oltraggio le spetti di diritto, per aver osato infastidire il Santuario. Per quel che ne sanno, sono soli con lei, senza nessuno che possa osare disturbarli. E Lady Isabel è una bella ragazza bianca, indifesa e formosa al punto giusto. Un bocconcino appetitoso e fin troppo facile da divorare...

A meno che Athena non si risvegli, e ricacci in gola a quei gradassi la loro libidine.

Per questo non intervengo subito, mi limito a spiare la scena. Devo ammettere che provo un sottile, sadico divertimento a vedere l'orrore dipinto sui lineamenti di milady quando capisce cosa sta per succederle. Ricordo quando a scuola brutalizzava Asher e ci trattava da pezze da piedi... quante volte le avevo augurato un trattamento simile! E quanto mi piacerebbe poter vedere la faccia di Alman di Thule mentre gli sbattono l'adorata ed altezzosa nipote...

Il discobolo l'afferra per un braccio, la trascina lontano dal corpo inerte di Seiya, e solo allora lei comincia a strillare e a piangere, cercando vanamente di lottare contro quelle mani oscene. Le sue urla arrivano chiarissime fino a me, le ascolto e scuoto tetramente la testa.

No, Athena non si manifesterà neanche stavolta... quella sul fondo del cratere non è una dea, ma una ragazzina disperata che guarda in faccia la bestialità umana. Chissà quante volte la mia povera Esmeralda ha vissuto un'esperienza simile, e senza difensori su cui contare...

Sospiro e mi alzo, perché anche se Lady Isabel mi sta sulle palle, in nome della mia amata non permetterò a nessuno di consumare uno stupro davanti a me.

Chiamo il mio potere, apro le braccia e spicco un salto nel vuoto. Mi basta controllare la compressione dell'aria per fare qualcosa che assomiglia molto al volo di un uccello: una sensazione inebriante, che mi rammenta quegli istanti del dopo-morte in cui ero solo energia. I due cavalieri si accorgono immediatamente di me, lasciano di colpo la loro preda e mi guardano attoniti, mentre atterro al centro del cratere tra volute di polvere ed aria surriscaldata.

Mi sono sempre piaciute le entrate ad effetto.

"Chi è quello, Kratos?!" grida il discobolo: una faccia da slavo, con lineamenti duri ed un po' asimmetrici, contratti in una smorfia di disappunto.

Stacco la maschera dal mio volto, l'appendo alla cintura. Così saremo tutti e tre nelle stesse condizioni, e rispetterò il mio senso dell'onore... per quel che meritano questi due idioti.

"Lo riconosco," bofonchia il tipo chiamato Kratos. "E' quell'asiatico presuntuoso che stava al Tempio... Phoenix, il cavaliere dell'Isola Nera."

Sorrido duramente. Ma bene, vedo che il ricordo di me non si è ancora spento del tutto al Santuario! Asiatico presuntuoso... veramente metà del mio sangue viene dall'Oceania; ma non vale la pena correggere uno che probabilmente non sa neanche com'è fatto il mondo.

"Ikki!..." singhiozza Lady Isabel, e mi corre incontro, in lacrime. Si butta quasi a peso morto addosso a me, cercando protezione in un modo talmente patetico che quasi mi commuove. "Oh, Ikki, meno male che sei tornato..."

La prendo per le braccia e la stacco da me.

"Non illuderti, Isabel: non sono affatto tornato." La lascio, costernata. "Sono qui solo perché tu sei quel che sei. Finita questa storia, andrò per la mia strada... e spero che non sia più costretto a tirarti fuori dai guai!" Faccio un passo indietro. "Non sai quanto mi faccia schifo l'idea di aiutare qualcuno che porta il nome dei Thule. E questo disturbo..." getto un'occhiata velenosa ai due cavalieri, "...qualcuno rischia di pagarlo caro, se non sparisce alla svelta."

"Come osi?!" urla il discobolo, avanzando verso di me. "Davanti ai cavalieri mediani..."

"E dove sarebbero, questi cavalieri mediani? Per caso uno di questi saresti tu?" Lo fisso negli occhi. "Ebbene, dov'è finito il tuo gran cosmo, guerriero? Che strano, non lo sento affatto. Forse ti credi un Santo d'Argento solo per la corazza che porti. Peccato però che senza energia non ti serva a niente!" Abbasso il tono di voce, "A proposito... non senti come ti pesa addosso?"

Quegli occhi blu slavato mi guardano con espressione vuota. Vedo già che sbatte le palpebre con un ritmo molto più lento...

"Non ascoltarlo!" urla Kratos, afferrando il compagno. Mi guarda con una smorfia. "Stava usando con te una delle stregonerie apprese dal suo maestro, il cavaliere di Gemini!"

Un angolo della mia bocca si alza in un sorriso sardonico. Peccato per l'interruzione, stavo per suggestionare quello stupido... ma Kratos ha detto in cambio qualcosa di molto interessante. Adriaen, uno dei dodici cavalieri d'oro?

E perché no? Lo sospettavo da un pezzo. Ora a quanto pare ne ho la conferma.

"Ikki," mormora ansiosamente Lady Isabel alle mie spalle, "Igor e Shun sono stati..."

"... dei poveri ingenui e basta," completo io, duramente.

"Ma sono stati battuti slealmente..."

"Nient'affatto. Le sacre regole del Mondo Segreto ammettono le trappole e le imboscate, vietano solo la superiorità numerica. E' stato un regolare duello di due contro due, e quegli stupidi hanno perso." Sputo per terra. "Se lo sono meritato."

"Come puoi parlare così?!" esclama lei, "Tuo fratello forse è morto!"

Irrigidisco il mio cuore con uno sforzo, non faccio trapelare nulla del mio dolore interiore.

"Se è morto, vuol dire che non era degno di essere cavaliere."

Lei non parla più. La sento seguirmi mentre mi avvicino al corpo riverso di Seiya. Lo guardo, scuoto la testa: non ci vuole un medico per capire che è messo molto male, ho visto la morte in faccia tante volte da capire quando sta per allungare le mani su qualcuno.

"Lo porto fuori da questo buco," mormoro. "Qui morirebbe comunque."

Lei non osa rispondere, getta un'occhiata spaventata ai due cavalieri d'argento mentre io mi carico Seiya sulle spalle come un sacco di patate. Mi rialzo, le faccio un cenno con la testa. "Andiamo, Isabel: non c'è tempo da perdere."

"E dove credi di andare, Phoenix?" tuona il discobolo, sdegnato. "La ragazza è nostra, ed anche quel barbaro che ha ucciso Eris ed umiliato la nostra Tisifone!"

E Kratos aggiunge, imbracciando la sua palla chiodata: "Fai un altro passo, e sarà l'ultimo che farai, tu e chi ti sta intorno."

Mi fermo. Do loro un'occhiata, studiando in un istante le loro posture, le espressioni delle loro brutte facce. Poi con il piede traccio una linea dritta sulla terra, tra loro e me.

"Ascoltatemi bene," dico, con tono calmo e minaccioso. "Per il momento ho cose più urgenti da fare che battermi con voi, per cui vi do una possibilità di cavarvela. Vedete questo solco che ho tracciato? Sappiate che per voi questa è la linea che divide la vita dalla morte. Vi conviene stare dalla parte dove siete, perché se oserete passare questo confine... morirete."

I due guardano esterrefatti quel segno sulla terra, divisi tra lo sdegno e l'istintiva paura di qualcosa di misterioso. Da bravi membri del Santuario sono abituati a credere ciecamente a ciò che gli si dice, ed io gioco d'azzardo su questa loro debolezza. Volto loro le spalle e mi incammino verso il sentiero che porta fuori dal cratere, ostentando la massima sicurezza. Lady Isabel mi si preme tutta al fianco, la sua piccola mano aggrappata al mio gomito, lo sguardo pieno di paura. Colgo la tensione dei suoi muscoli, una rotazione impercettibile del collo.

"Non voltarti," le sussurro appena. "Guarda avanti e cammina sicura."

Non è una cosa facile da chiedere a chi sa benissimo il pericolo che abbiamo alle spalle. Comunque lei respira profondamente, ritrova una parvenza di calma e mi obbedisce. Per quanto mi sia antipatica devo ammettere che ha un coraggio degno di rispetto... e la sua fiducia in me ha qualcosa di stupefacente, dopo tutto quel che è successo tra noi.

"Non ce la faremo mai," mormora, a fior di labbra.

"Zitta," le rispondo, concentratissimo. So bene che il bluff non durerà per molto; ma in questo modo mi sto guadagnando tutto lo spazio di cui avevo bisogno per esprimere i miei poteri senza mettere in pericolo lei e Pegasus. Ormai tra me e quei due idioti ci sono almeno venti passi. Ventuno... ventidue... ventitré...

"Ci stiamo lasciando ingannare da una minaccia da quattro soldi!" esplode finalmente il discobolo, il primo a svegliarsi. "Questa non è altro che una banale riga sulla terra... altroché la linea tra la vita e la morte! Phoenix!..."

Sento la sua armatura tintinnare mentre fa un passo avanti. Ora! Mollo uno spintone a Lady Isabel, mandandola a ruzzolare per terra; mi giro di scatto con tutta la mia energia già pronta nel pugno, e senza neanche sbarazzarmi del fardello di Seiya la scaglio concentrata verso la testa del mio avversario.

Lo prendo in pieno, paralizzandolo giusto a metà del passo che stava completando oltre la linea. Lui manda un grido strozzato, strabuzza gli occhi, quasi come se volesse guardarsi il punto ancora luminoso di energia che gli ho disegnato tra le sopracciglia... poi stramazza a terra come una statua senza piedistallo, la faccia nella polvere.

"Voluyara!..." urla Kratos, guardandolo con orrore. Poi guarda me, con tutto il corpo contratto da uno spasimo di furia impotente.

"Chissà, forse il tuo amico aveva ragione," gli dico, sogghignando. "Quella non era che una riga sulla terra... quando la ragazza ed il suo amico erano troppo vicino a voi. Ma adesso che sono al sicuro e che posso battermi liberamente, è diventata davvero la linea tra la vita e la morte. Quell'imbecille l'ha già attraversata: vuoi provarci anche tu?"

Lui digrigna i denti.

"Che tu sia maledetto, Phoenix... era vero ciò che si diceva di te al Santuario!" Raccoglie le sue energie. "Sei proprio degno della taglia che il Sacerdote Supremo ha messo sulla tua testa. Pensavo che non valesse la pena di sporcarsi le mani con un cavaliere di bronzo, ma ora mi sono ricreduto." Fa roteare la sua catena con la palla chiodata. "La linea tra la vita e la morte, eh?... Bene, non la supererò. Ma lascerò che lo faccia la mia arma per me!"

Me la scaglia addosso, con tutta la forza che ha.

"Ikki!..." esclama Lady Isabel.

Ho il peso di Seiya addosso, ma una mano l'ho sempre libera, e quella mano è la stessa che al torneo bloccò la catena di mio fratello. L'arma di Kratos, per quanto abbia un aspetto molto più minaccioso di quella di Shun, non è una manifestazione di energia. E' un oggetto fisico, materia ordinaria... qualcosa di brutale e grossolano come il suo cavaliere.

Vuoi fare la gara a chi è più violento tra noi due? Ci sto!

Concentro la mia energia nel pugno, ma stavolta per generare un'onda d'urto: la distanza tra me è Kratos è sufficiente perché abbia una bella colonna d'aria su cui contare. L'impatto dei nostri colpi provoca un botto supersonico; la palla chiodata rallenta di colpo, si arroventa e quasi si scioglie mentre mi si avvicina. L'afferro al volo, indifferente al metallo surriscaldato: sono la Fenice, il fuoco non mi fa paura!

"Ebbene?" sogghigno, con il respiro appena affannato. "Tutto qui quel che sai fare?... Mi sembra un po' poco. La verità è che voi cavalieri d'argento vi siete rammolliti, a vivere al Santuario sicuri del vostro potere. Non avete ancora capito che la pacchia è finita."

Lui è rimasto di sasso, sbalordito dalla facilità con cui ho parato il suo attacco. Approfitto di quella pausa per posare a terra il corpo di Seiya: voglio farla finita una volta per tutte con questo buffone che si crede migliore di me.

Ho ancora in pugno la sua palla chiodata: afferro con l'altra mano la catena a cui è legata e do un violento strattone. "Avanti, idiota. Passa la linea! Non ho tempo da perdere con questi giochetti."

Lui resiste, stringe i denti e tira a sua volta verso di sé.

"Passala tu, Phoenix!... Questa è la linea tra la vita e la morte anche per te!"

Ahhh... fa tanto il gradasso, ma sotto sotto crede ancora alla mia suggestione.

Lascio andare di colpo la catena. Lui quasi ruzzola all'indietro, mi guarda ad occhi sbarrati mentre avanzo con sicurezza, un sorriso di disprezzo sulle labbra.

"Non hai bisogno di trascinarmi dall'altra parte, vengo da solo. Non mi fa paura varcare la linea tra la vita e la morte, l'ho già fatto una volta... sulle ali della Fenice!"

Leggo la sua espressione incerta. Ora non è più tanto sicuro di riuscire a battermi. Comincia a temermi sul serio, e questo lo farà reagire impulsivamente.

"Sei troppo presuntuoso," ruggisce infatti, la voce carica di frustrazione. "Credi di aver visto tutto quel che posso fare? Sono uno dei Santi d'Argento... e te lo dimostrerò con i fatti!"

Libera un'altra palla chiodata dalla seconda estremità della sua catena, la fa roteare velocemente. Mi fermo: la mia iperconcentrazione riconosce dei movimenti strani del suo corpo, quasi degli scatti asimmetrici... ma sono così rapidi che non riesco a seguirli. Fatto sta che mi sembra di distinguere la rotazione di una sfera... poi l'immagine si sdoppia, e di nuovo, finché sembra che Kratos controlli non una, ma molte palle chiodate.

Sorrido, con una sorta di inchino ironico. Abile! Un'illusione ottica, così non riesco a capire quale sia l'arma vera e da dove mi colpirà. Brucio il mio cosmo. Se solo fossi così stupido da aspettare il suo arrivo!

Ma non lo aspetto: me ne infischio di tutte le palle chiodate dell'universo e parto direttamente all'attacco. Colgo Kratos assolutamente in contropiede: chissà forse si aspettava che restassi più tempo a guardare incantato i suoi giochi di prestigio! Mi scaglia addosso la sua arma, ma sbaglia malamente il colpo. Io non sbaglio il mio: schizzo in avanti come un proiettile, e scarico su di lui una tale onda d'urto da mandarlo a sbattere contro la parete del cratere, provocando una frana che seppellisce quel che resta di lui.

Mi fermo, per dissipare il calore della mia armatura e riprendere fiato. Guardo ai miei piedi: accidenti, nella foga dell'attacco ho superato la linea! E ridacchio, perché sono ancora vivo...

"Attento!" grida Lady Isabel.

Ma chissà, forse ho cantato vittoria troppo presto!

Perché Voluyara si sta alzando furtivamente alle mie spalle: non era ancora morto! Mi volto di scatto verso di lui, nello stesso istante in cui stacca dal braccio il suo scudo rotondo, dal bordo affilato come un rasoio, e lo lancia verso di me con violenza inaudita.

"Ce l'ho fatta!" grida, con rabbiosa esultanza. E scoppia in una risata feroce. "La tua lurida testa è mia, Phoenix!..."

Alza la mano guantata, per riprendere lo scudo che sta tornando indietro come un boomerang. Il suo volto è attraversato da un ghigno di soddisfazione.

Che si interrompe di colpo quando il bordo tagliente dello scudo gli tronca il braccio all'altezza della spalla.

Lady Isabel manda un urlo soffocato, si tappa la bocca con le mani.

Voluyara si guarda attonito il moncherino. Non fa nulla per fermare l'emorragia pulsante, resta a fissarsela con la faccia sbiancata dallo shock.

"Il mio scudo... si è rivoltato contro di me!... Ma come..."

Cade in ginocchio, spruzzando sangue dappertutto. I suoi occhi si alzano, si focalizzano increduli su di me come se mi vedessero per la prima volta. "Phoenix?!..." bisbiglia, e scuote lievemente la testa. "Sei ancora vivo! Ma..."

"... ma tu credevi di avermi ucciso," completo per lui. "Peccato per te: era solo un'illusione. Che ti è costata cara, perché ora hai finito di contare sul tuo cervello. Ed anche sul tuo braccio destro, che ti sei tagliato da solo. Guardalo!"

Abbassa gli occhi nel punto che gli indico. Vede il suo arto mutilato a terra. E solo allora si rende veramente conto di cosa è successo. Urla di orrore e si contorce, stringendosi quel che resta del suo braccio. Poi tace, all'improvviso, i denti stretti in uno spasimo di sofferenza.

"No, non è vero... Mi stai ingannando di nuovo... anche questa è... un'illusione..."

"Chissà," sogghigno. "Forse hai ragione. Come quando hai visto la mia testa ai tuoi piedi. Prova a raccogliere il tuo scudo, Voluyara. Prova a colpirmi di nuovo!"

"Basta, Ikki!" grida Lady Isabel, esasperata. "Non prenderti gioco di lui!..."

Voluyara annaspa, emette un gemito di disperazione. "Come...?" balbetta.

"Come ho fatto a ridurti così, vuoi dire?" Mi avvicino a lui, con tranquillità. "Semplice. Quando ti ho abbattuto la prima volta non ti ho ucciso, ma ho comunque azzerato le tue difese mentali. Eri già mio nel momento in cui mi hai attaccato di nuovo. Non ho fatto altro che confondere i tuoi sensi: un'arma come la tua richiede un perfetto controllo, e senza di esso... diventa un magnifico strumento di suicidio!"

Voluyara china la testa fino a terra, ruggendo di dolore.

"Maledetto... il mio braccio... oh dea Athena, aiutami... aiutami!"

Lady Isabel non può restare sorda a quell'appello disperato. Mi guarda, in lacrime.

"Ikki! Fa' qualcosa, ti prego!"

"Falla tu," ribatto, duramente. "Sei tu che sta invocando. Salvalo, se ci tieni tanto a salvare qualcuno che stava per stuprarti."

Lei ammutolisce di colpo, stringe le mascelle. Sento la sua rabbia, ma l'agonia di quel disgraziato la costringe ad accantonarla. Chiude gli occhi, come se tentasse di concentrarsi. Non le riesce di richiamare il suo potere, ma non si arrende: raccoglie l'orlo della sua gonna e ne strappa una striscia. Quindi si dirige verso il cavaliere mutilato, con quella benda improvvisata in mano.

La seguo con lo sguardo, cupamente. Ed intanto mi concentro, espandendo la mia energia. Perché quella sciocca, dannata ragazza è troppo importante... ed io non posso rischiare di perderla dopo tutto quel che ho fatto per lei.

Voluyara è rimasto rannicchiato, con la fronte nella polvere. Lei gli si avvicina timorosamente, lo chiama. Ma non c'è risposta. Con uno sforzo sposta lo sguardo sul moncherino sanguinante, prepara un laccio emostatico di emergenza... ed allora se ne accorge.

Si impietrisce.

"Che è successo?" sussurra appena. "Il sangue... non pulsa più..."

Leva su di me uno sguardo smarrito. Io non evito i suoi occhi azzurri, incrocio le braccia sul petto. Vedo la comprensione farsi lentamente strada in lei, il respiro che le si strozza in gola.

"Oh Dio, Ikki, non dirmi... che l'hai ucciso!"

"Si. Ho fermato il suo cuore."

La mia quieta ammissione la riempie di orrore.

"Perché l'hai fatto?" grida, sconvolta. "Perché?!..."

"Perché era la cosa migliore che potessi fare. Non potevo contare sul tuo potere divino, oggi ha fallito troppe volte. Voluyara avrebbe potuto ammazzarti."

"No!" singhiozza lei. "Non l'avrebbe mai fatto..."

"Non ho voluto correre il rischio," taglio corto. "La scelta era mia. E poi ho fatto un favore a quel disgraziato. Una morte indolore era molto meglio della vita che gli avresti offerto tu."

Mi viene impetuosamente davanti, fissandomi con occhi tremanti di indignazione. "E con che diritto hai deciso per lui e per me?!" La sua voce si alza in un urlo isterico. "Rispondi, Phoenix!..."

"Calmati adesso!..." esclamo, e senza tanti complimenti le assesto un bel ceffone, qualcosa che forse non ha mai ricevuto in vita sua. Tace di botto e mi guarda sconvolta, toccandosi la guancia colpita. "La vera Athena non farebbe mai domande tanto sciocche."

Annaspa, umiliata più da quella frase che dalla sberla che l'ha preceduta. Poi abbassa la testa e si mette a piangere a dirotto.

"Avanti, usciamo di qui," le dico in tono più calmo. "Pegasus ha bisogno di soccorsi, ed abbiamo perso anche troppo tempo. Vieni con me."

Torno nel punto dove avevo lasciato Seiya, e lei mi segue barcollando, come ubriaca. Controllo che quel rompiscatole sia ancora vivo, quindi me lo carico nuovamente sulle spalle. Infine comincio a salire il sentiero, con la ragazza silenziosa al fianco.

All'improvviso sento un rumore di sassi scostati e rotolanti, seguito da una vampata di energia cosmica così forte e vicina da balzare persino alla mia coscienza. In un istante infinitesimale capisco cosa sta succedendo.

Kratos!

Nemmeno con lui il mio attacco era stato definitivo... avevo sottovalutato la sua resistenza! Quel bastardo si è ripreso mentre mi occupavo del suo amico, ed è rimasto nascosto tra i detriti della frana, raccogliendo tutte le sue energie per un attacco a tradimento. Stavolta non sono assolutamente pronto a difendermi: ho abbassato la guardia un attimo troppo presto... ed ho anche il peso di Seiya sulle spalle!

Sposto immediatamente Lady Isabel dietro di me, per farle da scudo: dovrei essere io l'obiettivo dell'attacco di Kratos, ma non voglio correre rischi. Faccio giusto in tempo a vedere quel bastardo schizzare fuori dalla frana e scagliare la sua palla chiodata. Non ho altra scelta che mettermi in modo da proteggere Seiya, ed offrire al colpo la mia armatura sperando che regga...

Ma un lampo di luce bianca scatta ad imbrigliare la palla chiodata. L'arma di Kratos cambia completamente direzione e si dirige verso la voragine aperta sul fondo del cratere, trascinata lì da quello strano oggetto...

La catena di Shun!

Ed infatti dall'orlo della voragine spunta mio fratello, reggendosi alla sua catena con una sola mano. Con molta furbizia esce dal baratro usando l'arma dell'attonito Kratos, che invece di lasciarla continua a reggerla come un cretino. Poi si volta verso la voragine, fa uno sforzo e tira su anche il suo compagno, aggrappato all'altra sua catena.

"Andromeda!" grida Lady Isabel, piangendo di gioia. "Crystal! Siete salvi!..."

Cerco di non mostrare il mio sollievo, ma è come se una doccia fresca rilassasse i miei muscoli. Mio fratello vive! Ed è lui a quanto pare l'artefice della sopravvivenza sua e del suo amico. Lo vedo riprendere fiato, in ginocchio sull'orlo della voragine, con l'armatura sporca di terra e le mani sanguinanti, ma per il resto illeso.

Però non posso vedere la sua faccia. Sorrido tristemente. Ha tirato fuori quella bella maschera che non metteva più dai giorni del torneo.

"Dannati mocciosi," urla Kratos, inferocito. "Come osate essere ancora vivi?... Fatevi da parte! Devo abbattere quel cane di Phoenix, e non ho tempo per voi!"

Crystal si alza in piedi, preparandosi ad affrontarlo, ma Shun si alza a sua volta e fa un gesto reciso con il braccio, fermando il compagno.

"Cavaliere," dice con voce chiara e decisa, "non dimenticare le sacre regole. Prima di Phoenix i tuoi avversari eravamo noi! E sono io adesso a sfidarti, uno contro uno... la tua catena contro la mia." L'afferra tra le mani e la tende di scatto, facendola tintinnare. "A te la scelta: puoi batterti contro di me, o ritirarti e tornare in Grecia."

"Tornare in Grecia?!" esclama Kratos indignato. "Per svergognare i Santi d'Argento, e dire al Sacerdote Supremo che sono arretrato davanti ad un bambino?! Ti farò pagare quest'insulto, moccioso. Prima ammazzerò te..." punta l'indice su di me, "... poi lui!"

Shun non si spaventa assolutamente a quella minaccia. La sua voce rivela anzi una triste determinazione quale mai ho sentito prima.

"Il mio maestro una volta disse che non dovevo permettere ai miei avversari di illudersi di vincere, di vincere senza merito, o di prolungare la loro agonia." Espande il suo cosmo. "Forse ho mancato a questo insegnamento, una volta... ma ora non lo farò più."

Abbasso un istante lo sguardo, reprimendo un sorriso di orgoglio. Era ora, fratellino! Forse stai finalmente imparando a crescere. Sospiro profondamente. Ma adesso devo farmi da parte, prima di rovinare tutto un'altra volta.

Poso a terra il corpo inerte di Seiya.

"Crystal!" grido, raddrizzandomi. "Avanti, vieni a prenderti cura del tuo amico!... Io ho altro da fare che star qui a fare la crocerossina, o la dama di compagnia di milady."

"Ma... Ikki!" mormora lei, guardandomi sorpresa.

Le sorrido appena. "Ora ci sono i tuoi bravi ragazzi a proteggerti, Isabel. Io non lo sono, e questa compagnia non mi si addice. Per cui me ne vado."

"No!" Mi prende per un braccio. "Ti prego, resta con noi. Non te lo ordino, te lo chiedo..."

Libero il braccio dalla sua presa.

"La risposta è sempre no." Le volto le spalle e mi incammino. "Sayonara."

"Phoenix, aspetta!" mi chiama Crystal, correndo verso di me.

"Fratello!..."

Mi fermo a quella voce disperata.

"Che diavolo vuoi ancora da me, Shun? La tua vita non mi riguarda più. Vuoi fare bella figura davanti ad Athena? Allora accomodati, e buon divertimento." Faccio il mio solito saluto militare e me ne vado, con una risata sardonica. "Tanto sarà solo un allenamento, non certo un duello: il tuo avversario ha già un piede nella tomba!"

"Un piede nella tomba ce l'avrai tu, Phoenix!" ruggisce Kratos, furibondo. "Rimani qui se ne hai il coraggio! Rimani qui, o ti fermerò io, e stavolta per sempre!..."

Continuo a salire il sentiero, senza nemmeno degnarmi di rispondergli. Tanto non puoi più fermarmi, idiota. C'è mio fratello tra te e me... e la sua nuova forza ti distruggerà.

Alla sommità del cratere sospiro, tolgo anch'io la mia maschera, la maschera di carne che ho portato fino ad adesso. Lascio che il mio volto esponga al nulla la sua tristezza.

Paqei maqos. Il dolore insegna. E' la dura legge del Mondo Segreto.

E forse, per quanto abbia sperato il contrario, è anche la legge di tutto l'universo.

***

Hyoga apre la porta della stanza d'ospedale in cui il dottore mi ha lasciato, dopo aver finito di medicarmi. Alzo la testa per guardarlo brevemente, poi con un sospiro mi abbottono le bretelle della salopette. Le mani bloccate da strati di cerotti mi rendono un po' difficile il lavoro.

"Come va?" mi chiede, richiudendosi la porta alle spalle.

"Un mucchio di punti di sutura sul palmo delle mani. Per il resto, niente di speciale." Alzo le spalle. "E tu?"

"Io sto bene, solo qualche ferita superficiale."

"Seiya?"

"Ho appena parlato con il medico che l'ha in cura." Osa un pallido sorriso. "Dice che non ha mai visto una testa tanto dura come la sua. Ci è andato vicino a romperla, stavolta... ma la crisi è passata, il coma si è trasformato in un sonno profondo."

"E Lady Isabel?"

"Niente di serio, a parte qualche graffio, una stanchezza estrema e stress emotivo. Le hanno somministrato un sedativo, ed ora sta riposando in una stanza su questo stesso piano. E' una dea incarnata, ma il suo corpo è quello di una comune mortale... e direi che ha sopportato anche troppo da ieri sera fino ad adesso."

Emetto un lieve sospiro, chinando la testa.

"Volevi parlarle, vero?" mormora lui. "Sai, non le ho ancora detto niente delle tue intenzioni. Francamente, non ne ho avuto il tempo..."

"Meglio così." Scendo dal lettino, mi avvicino alla finestra e guardo fuori. C'è una luce malinconica sull'ordinato giardino che circonda la clinica della Fondazione. "Non sono più così sicuro delle mie decisioni."

"Lo credo bene!" Lo sento avvicinarsi, fermarsi alle mie spalle; la sua voce suona incoraggiante. "Volevi lasciarci perché eri avvilito per le critiche ricevute, e questo lo capisco... ma oggi hai dimostrato a te stesso e a tutti noi quel che vali veramente. Ti sei battuto con grande abilità e decisione, ed hai sconfitto un cavaliere d'argento. Non hai più motivo di ritenerti inferiore a noialtri..."

"Già." Faccio un sorriso amaro. "Finalmente anche il sentimentale Andromeda ha ucciso il suo bravo cavaliere mediano! Questo secondo te mi darebbe il diritto di starvi alla pari, non è vero?" Mi volto e lo guardo negli occhi, lasciando trasparire tutta la mia tristezza. "Ti sbagli. Non è questo il motivo per cui sto cambiando idea. Semmai, oggi ho imparato che non sono e non sarò mai un vostro vero compagno."

"Che cosa dici..."

"Dico la verità! Io non sono come voi." Torno a guardare fuori dalla finestra. "Non sono capace di accettare serenamente la necessità di uccidere, per nessun motivo. La mia testa capisce, il mio corpo agisce... ma la mia anima si ribella! Non riesco a fare a meno di provare una grande pietà per i nostri nemici." La mia voce si incrina. "Kratos... mi ricordava tanto un mio compagno di addestramento."

Già, il povero Saltius, con la sua cieca fiducia nella propria forza e violenza. Albyon lo uccise durante l'ordalia, con meccanica freddezza. Ed io ho ucciso quel cavaliere d'argento nello stesso modo, reagendo al suo attacco in maniera del tutto automatica. Come una macchina da guerra senza cuore.

"Come puoi provare pietà per quella canaglia?" chiede Hyoga, indignato. "Ci ha teso un tranello, non ha riconosciuto Athena ed anzi ha tentato di oltraggiarla, ci ha insultato..."

"Tu sai se quella canaglia avesse degli amici, in Grecia?" lo interrompo, senza cambiare tono. "Sai se avesse una famiglia, una compagna?" Alzo lo sguardo al cielo. "Tutti costoro aspetteranno invano il suo ritorno. Kratos non rivedrà mai più ciò che ha amato... e qualcosa deve pur aver amato in vita sua. Non era poi molto diverso da noi, non sarebbe diventato cavaliere se non avesse avuto qualche qualità morale."

"Shun, se dovessimo pensare a tutto questo ogni volta che combattiamo..."

"Qualcosa in me sente che dovremmo farlo. Mi sbaglio? Su questo non c'è dubbio. Del resto non ti ho appena detto che non sarò mai come voi, che resterò per sempre un simulacro di guerriero e niente più?"

Sento la sua mano posarsi sulla mia spalla.

"No... questo non è vero. E' solo che questa è l'altra faccia della tua grande sensibilità, la tua forza maggiore... ed insieme la tua peggior debolezza. Vorrei dirti che non dovresti avere questi pensieri, ma sarebbe come dirti di non essere te stesso... ed io non vorrei che tu cambiassi, mai." Mi lascia. "D'altra parte mi dispiace vederti soffrire così, per cui ti prego: fai uno sforzo su te stesso. Guarda anche il lato positivo delle cose."

"Di che lato positivo parli?!" esclamo, e scuoto la testa rabbiosamente. "Io non riesco a trovare proprio niente di buono in quel che è successo! Mi sembra solo una follia dei nostri nemici, che ha esposto senza pietà le nostre debolezze... l'incostanza del potere di Athena, l'insufficienza delle nostre difese, la mancanza di esperienza! Ci siamo trovati a batterci in condizioni disperate, con il disastro pronto a travolgerci ad ogni istante. Ce l'abbiamo fatta, siamo sopravvissuti, ma a che prezzo? Quattro cavalieri mediani morti..."

"Tre," corregge Hyoga, asciutto.

Mi volto a guardarlo, stupito, e lui continua: "Dopo l'arrivo dei soccorsi, sono tornato sul luogo del combattimento per spogliare i nostri nemici delle loro armature. Ma Tisifone non c'era più. Invano l'ho cercata dappertutto. Non ho trovato altro che qualche traccia di sangue, segno che è sopravvissuta."

"Ne parli come se ti dispiacesse."

Lui affronta il mio sguardo senza battere ciglio. "Si, mi dispiace. Per quanto possa sembrare crudele e cinico da parte mia, avrei preferito che quella donna fosse morta. Ora non può più tornare in Grecia, con un secondo fallimento sulle spalle. E' ferita e nascosta in questa città ostile, come una belva feroce, con un unico scopo nella mente, quello di uccidere Seiya!"

Distolgo lo sguardo, con un sospiro. "Poveretta."

Hyoga scuote la testa, esasperato.

"Senti, Shun: se vincere non ti dà gioia, se le minacce ad Athena ed ai tuoi compagni non suscitano in te alcun desiderio di vendetta, se provi tanta compassione per i nostri nemici... allora perché non vuoi più andartene? Cosa ti sta spingendo a cambiare idea?"

"Vuoi proprio saperlo?" Mi allontano da lui. "L'esempio di mio fratello, Hyoga. Soltanto quello."

Lui china la testa, pensierosamente.

"Già," mormora, con voce lontana. "Phoenix. E' stata una vera sorpresa per me riemergere da quel baratro e trovarlo a proteggere Athena e Seiya..."

"E dopo il modo in cui era stato trattato," completo io, un po' animosamente. "Cavaliere decaduto, l'avete definito! E tuttavia guarda che lezione di nobiltà ha dato a tutti quanti. Nel momento del bisogno si è fatto avanti, ha combattuto tenendo a bada due cavalieri d'argento; e quando il pericolo è finito se n'è andato di nuovo, senza aspettarsi ringraziamenti da nessuno!"

"Ha fatto solo il suo dovere..."

"Già. Il suo dovere! Superiore anche all'antipatia, ai problemi personali, all'inimicizia di chi doveva proteggere." Emetto un grosso sospiro. "Se Ikki ha avuto la forza di accantonare tutto questo per combattere a fianco di Athena, come posso io comportarmi diversamente? So bene che i miei problemi sono niente a paragone dei suoi... non posso essere così miserabile da arrendermi ad essi ed andarmene. Mi vergognerei troppo, sentirei di aver in qualche modo disonorato il gesto generoso di mio fratello..."

Mentre sto parlando Mylock irrompe nella stanza, con la sua consueta mancanza di rispetto per la privacy altrui. Hyoga gli lancia un'occhiata seccata, ma soffoca subito ciò che stava per dirgli, ed io faccio altrettanto: non l'abbiamo mai visto tanto pallido.

Il grosso intendente si rivolge a me con aperta malevolenza. "Non far sermoni sulla generosità di Phoenix prima del tempo, scricciolo!"

"Che cosa vuol dire con questo?" reagisco immediatamente.

Ma Hyoga alza un braccio nella mia direzione e si rivolge a Mylock con tono perentorio. "E' successo qualcosa?"

"Qualcosa?!" Mylock lascia trasparire tutta la sua disperazione. "La cosa più terribile che potesse capitarci, dannazione!... Qualcuno ha appena approfittato di questo nostro momento di crisi per penetrare nel rifugio dello Stadio, quello che reputavamo segreto!"

"Impossibile!" mormora Hyoga, ad occhi sgranati.

"Ne è sicuro?" chiedo io, incredulo.

"Certo che ne sono sicuro!" tuona lui, con impeto. "Perché l'elmo dell'armatura d'oro... l'oggetto più importante che avessimo... è scomparso!"


capitolo 7
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