VARIAZIONI SU UN TEMA DI MASAMI KURUMADA

(SAINT SEIYA)

di Hanabi, estate 1994

I personaggi di Saint Seiya sono proprietà di M. Kurumada/Shueisha.

 


CAPITOLO 6: "I Santi d'Argento" - parte seconda

Dragone se n'è andato. L'abbiamo salutato davanti all'aereo della Fondazione, il primo mezzo di una lunga serie per il complicato viaggio verso la sede segreta dei Cinque Picchi. Fiore di Luna lo conduceva per mano. Alla sommità della scaletta si è fermato, si è voltato verso di noi, come per salutarci un'ultima volta. Mi è rimasta impressa la sua figura pallida e atletica, con il braccio destro immobilizzato al corpo, i lunghi capelli mossi dal vento, la parte superiore del volto nascosta dai bianchi cerotti. Ha rivolto il suo non-sguardo oltre di noi, mi sono voltato ed ho visto mio fratello, seduto su una cassa all'ingresso merci dell'aeroporto. Guardava in tutt'altra direzione, ma era chiaro il perché si trovava lì. Ha spostato lo sguardo verso di me, notando la mia attenzione. Ha sorriso appena, si è alzato e se n'è andato, quasi si vergognasse che l'avessi sorpreso in un momento di umanità.

Ah, fratello! Gli voglio troppo bene... ma mi fa sempre sentire come se fossi spaccato in due. Non posso stare contemporaneamente con lui e con i miei amici, e se riesco ad averli nello stesso luogo finisce che mi sento ancor più teso, come se fossi l'elastico su cui si scarica la tensione tra lui ed i miei compagni. Anche quando è con noi, ha tutta l'aria di essere con la mente a milioni di chilometri di distanza. Si chiude in un solenne silenzio, con un'aria di cinica strafottenza fatta apposta per irritare il prossimo. Ed è meglio così, perché ignora completamente cosa sia la diplomazia o la cortesia, e quando parla va dritto come un coltello, senza riguardi per nessuno.

L'unico di noi che può stargli a pari in quanto a spietatezza è Hyoga. Tra i due è nato uno stranissimo rapporto, fondato sui peggiori sentimenti, e tuttavia di reciproco rispetto: evidentemente hanno scoperto quel che io ho capito da un pezzo, e cioè che hanno parecchio in comune, nonostante tutto. Non ultimo il sottoscritto, fratello (per modo di dire, naturalmente) di entrambi, improbabile trait-d'union tra queste due facce della stessa medaglia.

Dev'essere per questo rinnovato sentimento di fratellanza - quasi di competizione - che Hyoga ha ripreso a trattarmi con la gentilezza di un tempo, cosa di cui sono felicissimo. Lo sarei ancora di più se lui ed Ikki rinnovassero la loro antica amicizia, passando sopra i vecchi rancori. Posso comprendere le ragioni dell'astio di Hyoga, la cui mente è stata violata nei ricordi più cari; non riesco invece a capire perché Ikki ce l'abbia tanto con lui...

Ma non ho molto tempo per pensare a queste cose, perché il Santuario non ci dà requie. Un giorno, mentre sono a pranzo con mio fratello in un ristorantino cinese, sento un'esplosione di energia cosmica, l'angoscia tremenda di un compagno...

Corro a telefonare al numero segreto di Lady Isabel, e mi risponde Mylock.

"Bravo scricciolo, " mi dice trafelato, "Una certa Lamia ha telefonato qui proprio un istante fa. Sembra che Pegasus sia stato attaccato dalle parti del porto, al terminale petrolifero. E' senza armatura. Crystal è già partito per dargli soccorso. Non posso credere che sia un attacco di quei bastardi di Grecia... che osino venire proprio qui a Nuova Luxor! Ad ogni modo è meglio che voi due corriate allo stadio, perché milady è già sulla strada."

"Ci vai tu a proteggere milady," dice Ikki con decisione. "Io vado al porto. Non possiamo rischiare di perdere anche Seiya, né di lasciare solo Crystal: è l'unico di noi che non si sia ancora scontrato con un cavaliere mediano, non sa cosa potrebbe succedergli."

"Come fai ad essere così sicuro della gerarchia degli attaccanti?"

"Semplice," ribatte lui, "Seiya è in grado di battere qualsiasi cavaliere di bronzo, e questo il Santuario lo sa benissimo!"

Mi lascia e corre via, scomparendo rapidamente nella ragnatela delle strade. Ed io mi chiedo, con uno slancio di affetto, perché faccia di tutto per sembrare cinico e sprezzante, se poi nel momento del bisogno è capace di correre in soccorso di un amico...

Arriva tardi sul luogo dell'imboscata. Raggiunge un trafelato Crystal che, scrigno in spalla, veglia sul corpo inerte di Seiya. Ma è solo svenuto. Morti invece sono due cavalieri nei paraggi, uno accanto a lui, l'altro che galleggia a faccia in giù nell'acqua sporca sotto il molo. I loro corpi sono spogliati delle armature, che sono riunite in un mucchio lì vicino. E sul cemento una scritta in greco è stata tracciata col sangue: Per Athena.

"Chi erano i due morti?" chiede Lady Isabel, nel nostro rifugio sotterraneo, guardando le armature inerti. E poi sposta lo sguardo su Seiya, che si è ripreso e giace in una poltrona, con una grossa borsa del ghiaccio premuta al petto.

"Uno era Eris, di Eridanus," risponde lui con voce roca. "L'altro... non lo conoscevo."

"Io sì," ribatte Ikki. "Era stato allievo di Adriaen prima di me. Si chiamava Asterion, di Canes Venatici. Lui ed Eris erano Santi d'argento, fedeli al Sacerdote Supremo, e nota coppia di amanti omosessuali. E' stato un bene per loro andare insieme nell'Ade." Si volta verso Seiya, fissandolo con una sorta di ironico sorriso. "Ma non ce li hai mandati tu, Pegasus... sei in gamba, ma due cavalieri mediani sono troppi anche per te."

Seiya lo guarda, irritato.

"Grazie tante per la considerazione." Sposta lo sguardo sul pavimento. "Però è vero, non ero solo, o a quest'ora sarei morto."

"Come sono andate le cose?" chiede Hyoga.

"Stavo passeggiando con la mia ragazza, in cerca di un posticino tranquillo... quando Eris mi si è parato davanti. Ho mandato Lamia al sicuro, perché desse l'allarme; lui l'ha lasciata andare, dicendo che gli andava bene così, perché avrebbe richiamato anche voi facendovi cadere nella mia stessa trappola."

"Come ha osato quell'Eris presentarsi con tutta l'armatura nel mezzo di una città moderna?" brontola Mylock.

"Nel mezzo un corno," ribatte Seiya, "Non c'è mai anima viva in quella zona, ed anche se qualcuno avesse assistito allo scontro si sarebbe dileguato alla svelta, perché da quelle parti ognuno si fa i fatti suoi." Una pausa. "Naturalmente sarei morto in pochi secondi, perché ero senza armatura... del resto, mai più mi sarei aspettato un attacco proprio a Nuova Luxor! Ma all'improvviso è apparsa Castalia, sbucata da chissà dove, mascherata, con il mio scrigno sulle spalle. Era come se sapesse perfettamente dell'attacco. Mi ha dato il tempo di vestire l'armatura tenendo a bada Eris, mentre questi la insultava a tutto spiano. Poi però me l'ha lasciato, perché in quel momento era apparso un secondo cavaliere, e lei mi ha detto categoricamente di stare alla larga da lui." Deglutisce visibilmente. "Stavolta ho obbedito... così lei ha cominciato a battersi contro il nuovo arrivato, ed io contro Eris. Ho usato contro di lui quel che ho appreso nel combattimento contro Tisifone, ed ho giocato d'astuzia: era troppo sicuro di sé, mi ha fatto capire il suo punto debole, il bisogno di un appoggio stabile per scaricare i suoi colpi. Così l'ho buttato in mare e gli sono andato dietro. Sono stato addestrato a questo tipo di combattimento, evidentemente lui no... così sono riuscito ad ucciderlo. Quando però sono riemerso, esausto, ho visto Castalia a terra, e quel cavaliere che stava per massacrarla... ho cercato di colpirlo, per tutta risposta lui ha attaccato me. Ho creduto di morire, invece mi sono svegliato che Crystal mi guardava. Della mia maestra, nessuna traccia... tranne quel mucchio di armature, e quella scritta sul cemento, dal che presumo che sia sopravvissuta." Sospira. "Accidenti... ma perché se n'è andata? Perché non è rimasta con noi?"

"Per dividere le forze del Santuario, sciocco," risponde Ikki con voce sferzante. "Non l'hai ancora capito? Non eri tu il bersaglio di quest'imboscata. Era lei!"

Seiya quasi salta fuori dalla poltrona.

"Come fai a dirlo, Phoenix?!... E' me che hanno attaccato!"

Ikki alza le spalle. "Se tu avessi tanto cervello quanta potenza, avresti già capito da solo che dovevi servire come esca per attirare Castalia allo scoperto. Credi di contare tanto per il Santuario da meritare ben due cavalieri mediani come avversari, mentre tu sei persino senza armatura?"

Seiya digrigna i denti.

"Immagino che solo tu meriteresti simili attenzioni dal tuo vecchio padrone," replica, con tono pesantemente sarcastico.

Mio fratello non raccoglie assolutamente la provocazione.

"Esatto," risponde, con una sublime superbia. "Io, oppure la tua maestra, che a quanto pare è una donna piuttosto pericolosa. Ha scoperto i suoi cacciatori, li ha seguiti, ha anticipato le loro mosse. Ti ha portato l'armatura nel momento giusto. Si è presa l'avversario peggiore, lasciandoti il più idiota che ti ha regolarmente sottovalutato. E adesso circola libera e pronta a frustrare i piani del Santuario, come ci ha dimostrato scrivendo quelle parole."

"Che significano anche un'altra cosa: lei sa che siamo al servizio diretto di Athena," dice Hyoga. "Mi chiedo come sia arrivata a questa conclusione."

Segue un lungo silenzio. Guardiamo tutti Lady Isabel.

"Castalia è un'incognita," ammette. "Non sappiamo molto di lei, se non che è un cavaliere e la maestra di Pegasus. C'è la questione della sua associazione con Ioria, il fratello di Aiolos... che a quanto pare ci si è dimostrato nemico; però Seiya lo considerava qualcosa di diverso, una specie di protettore..."

"Può dirlo forte, milady," replica lui, tristemente. "Se sono riuscito a diventare cavaliere... anzi, se sono riuscito a sopravvivere al Santuario lo devo anche a lui. Laggiù sono ancora convinti che il mondo sia piatto con la Grecia nel mezzo: figuratevi quanto è stata facile la vita per uno come me che ai loro occhi era barbaro, giallo, basso, brutto e con gli occhi a fessura!... Eppure Castalia mi ha scelto subito come suo allievo, il che ha ridotto a zero il numero dei suoi amici... e mi ha accomunato a lei nell'odio dei suoi nemici, la peggiore dei quale era Tisifone."

"Quella donna-cavaliere che hai sconfitto?"

"Si. Davvero carina, come ho scoperto poi; ma ben degna di portare il nome di una delle Erinni. Le piaceva circondarsi di tirapiedi fanatici, con i quali si divertiva a terrorizzare i postulanti del Santuario. Dove passava lei restavano solo corpi sanguinanti. Ce l'aveva a morte con Castalia, al punto che mi sono chiesto se non c'erano state delle storie strane tra loro due... chissà, magari con il bell'Ioria in mezzo! Infatti quella strega passava il tempo a danneggiarci, ma non osava mai sfidare lui. Così ho potuto completare il mio addestramento, ed un giorno..." stringe un pugno, "...gliel'ho fatta pagare, battendo il suo pupillo e prendendomi l'armatura di Pegasus. Lei ha protestato, urlato, ha organizzato un attentato per ammazzarmi e tenere l'armatura in Grecia. Ma ha mandato avanti i suoi giannizzeri, non prendendomi sul serio. Li ho spazzati via tutti, ho fatto per colpire anche lei, ma dopotutto era una ragazza, non aveva nemmeno addosso l'armatura... così l'ho solo sfiorata, e le ho spezzato la maschera."

"Che razza di idiota," mormora appena mio fratello.

"Tu l'avresti ammazzata, lo so," ribatte Seiya, velenosamente.

"Sarebbe stata la cosa migliore da fare," replica Hyoga, con sorprendente freddezza. "Dovresti sapere che una sacerdotessa a cui qualcuno tolga la maschera contro la sua volontà ha un solo modo per rimediare... uccidere l'uomo che l'ha vista in faccia."

"Veramente ci sarebbe un'alternativa," oso dire, timidamente. "Considerare l'uomo che l'ha vinta e vista in faccia come suo amante... innamorarsi di lui."

"Per la miseria!" esclama Seiya, con una risata sarcastica. "Tisifone innamorata di me?!... Che bella coppia faremmo!" Smette di ridere. "Purtroppo quanto mi ama l'ha dimostrato durante il nostro ultimo duello, nel quale le ha provate tutte pur di farmi fuori..."

"E tu, generoso come sempre, hai pensato bene di rincarare la dose della sua umiliazione, battendola e risparmiandole la vita per la seconda volta," ribatte Ikki. "Una scelta davvero intelligente! Così ti sei guadagnato una nemica che ora può passare sopra a tutto, logiche, ordini superiori, giustizia e religione, pur di avere la tua testa."

"E tutto questo solo perché sono stato gentile con lei!" Seiya allarga le braccia, con aria melodrammatica. "Mah, chi le capisce le donne!" Mi guarda e sogghigna. "Tranne il qui presente Andromeda, naturalmente..."

La battuta è vecchia, ma davanti ad Ikki mi sento in dovere di reagire.

"Forse solo perché le conosco meglio di te."

Segue un istante di silenzio. E poi uno scoppio generale di risate.

"Oh-oh-oh, che rispostaccia!" esclama Seiya, e mi indica. "Ragazzi, vi presento il lato pepato del dolcissimo Shun." Ride. "Il dongiovanni della squadra! Accidenti, se alla sua età è già così scafato, chissà cosa farà a vent'anni..."

"Bisogna vedere se ci arriverà, a vent'anni," ribatte Mylock, raggelando quel momento di buonumore. "Ma non vi rendete conto della nostra situazione? C'è poco da ridere, con degli assassini alla porta di casa!" Stringe il pugno. "I nostri nemici non si fanno più scrupoli ed osano attaccarci direttamente qui, a Nuova Luxor!"

"Hai ragione, nonno," sbuffa Seiya, tornando serio. "E noi siamo sempre costretti ad arroccarci qui, in questo buco sottoterra, ad aspettare la loro prossima mossa!"

"Intanto il Santuario ha perso altri due cavalieri d'argento," ribatte Hyoga. "In questo momento la miglior tattica è la nostra."

"Già," dice Ikki, incrociando le braccia sul petto. "Dall'inizio di questa guerra abbiamo causato la morte di quattro cavalieri mediani, ed il ritorno in disgrazia di tre. Niente male per dei supposti Santi di Bronzo!... Non mi stupisce che gli attacchi del Santuario abbiano preso una piega isterica: invece di distruggerci, sono riusciti soltanto a farci tirare fuori il meglio di noi." Volta appena lo sguardo verso Hyoga, con un pizzico di derisione. "Solo tu non hai ancora fatto quest'esperienza, Crystal..."

"Ti aspetti che soccomba?" ribatte lui, gelidamente. "Penso che resterai deluso."

"Non credo, visto che non mi aspetto niente da nessuno." Ikki alza le spalle. "Comunque tieniti pronto, perché la prossima volta potrebbe toccare a te."

***

Ed il turno del russo arriva tre giorni dopo. Un certo Babel del Centauro appare nel bel mezzo della tenuta dei Thule, in piena notte, cercando di penetrare nel planetario alla ricerca dell'elmo di Aiolos. Crystal è l'unico che può intervenire immediatamente, essendo rimasto al Saint George. Ingaggia un duello furibondo e disperato con il cavaliere, riuscendo a vincere poco prima del nostro arrivo. Però a caro prezzo: quando arriviamo la sua energia interiore è così scarica da non consentirgli più il perfetto controllo del flusso di calore, per cui è vittima del suo stesso potere. Mezzo congelato e mezzo bruciato, ferito in più punti e privo anche della forza di reggersi in piedi, sviene come una scolaretta tra le braccia di Shun, che è subito accorso al suo fianco. Mio fratello non perde tempo, fa le stesse sciocchezze del torneo, espandendo il suo cosmo per aiutare l'energia vitale del compagno. Lo guardo con una smorfia: sempre la solita crocerossina... e se tenesse quell'energia per combattere come si deve, invece di gettarla via?

Anche Lady Isabel è presente, ma invece di soccorrere l'eroe di turno raggiunge decisamente il moribondo Babel, riverso tra le macerie, e gli toglie la maschera.

"Phoenix," mi chiama, guardando impietrita quel poveraccio.

La raggiungo, mi chino anch'io sul cavaliere rantolante. Due occhi pieni di furia disumana ricambiano il mio sguardo. Allungo una mano verso la sua fronte, lui ruggisce come una bestia e cerca di impedirmelo. Lo tengo fermo senza complimenti ed entro in contatto con lui. Non ho nemmeno bisogno di sentire sotto le dita la piccola depressione tra le sue sopracciglia...

"Hai visto giusto, milady," mormoro, "L'hanno condizionato."

"Morirete tutti," sibila Babel in greco, "Cavalieri traditori!..."

"Traditori di chi?" ribatto, "Athena è con noi, idiota."

Lui cerca di sputarmi addosso il suo sangue, fissandomi con un sorriso grottesco.

"Il condizionamento è troppo profondo," dico rialzandomi. "Creperà convinto del fatto suo, senza arrendersi fino all'ultimo. Sta cercando di convogliare la sua residua energia per colpirci, senza nemmeno tentare di salvarsi." Mi volto a guardare Lady Isabel negli occhi. "E' meglio che te ne vai da qui," le dico a voce bassa e decisa.

Lei mi guarda, con un brivido. Ha capito quel che sto per fare.

"Non conosci la pietà, Ikki?" mormora, inorridita.

"Questa è pietà, Isabel," ribatto, duramente.

Lei abbassa lo sguardo, respirando affannosamente. Io non ho più tempo da perdere, questo pazzo scatenato sta accumulando pericolosamente la sua energia, devo fermarlo e mettere fine alle sue sofferenze... peggio per milady, se vuole proprio restare a vedere!

Mi concentro, alzo appena la mano destra. Ma lei mi prende il braccio, fermandomi.

Mi guarda negli occhi e scuote appena la testa. "Non c'è bisogno di violenza. E' un mio cavaliere, come lo siete voi."

Si china coraggiosamente a raccogliere una delle mani di Babel. Lui la fissa con sorpresa e disprezzo, ma lei gli sorride tristemente, espande la sua aura divina, che circonda entrambi in un bozzolo di misteriosa energia...

E Babel muta di colpo espressione. La guarda tremando come una foglia, esterrefatto, impietrito. Non pronuncia una sola parola. Ma alla fine sorride appena, con le lacrime agli occhi.

Non c'è più traccia di odio in lui, né del suo condizionamento.

Peccato che sia ormai troppo tardi. Muore in pace, il suo volto disteso nell'espressione di suprema serenità che finora solo in Shun avevo potuto contemplare. Non è da me commuovermi, ma quella fine così dolce mi fa provare un groppo in gola. Mi chiedo se quel che sto vedendo sia la vera faccia di Babel, un leale Santo di Athena che avrebbe potuto combattere al nostro fianco... se qualcuno non l'avesse trasformato nel feroce sicario che Crystal ha dovuto abbattere.

Mi porto istintivamente le dita alla fronte, là dove porto il segno che avrebbe dovuto rendermi uguale a lui...

Mi volto, rabbiosamente.

"Chi ha fatto questo, Ikki?" mi chiede Lady Isabel, in lacrime.

"Un lavoro così profondo e completo sulla mente di un cavaliere? Solo qualcuno che sa che sono qui, e che conosce i limiti dei miei poteri... perché è stato lui a darmeli."

Non per questo lo perdono. Così come non ho mai perdonato Cuauhtlehuànitl. E' il mio destino di Phoenix: ho già ucciso il mio primo maestro...

Stringo un pugno.

Trema, Adriaen. Perché il secondo sei tu.

***

Hyoga si riprende quasi subito. Mi vede esausto al suo fianco, perché gli ho dato quasi tutto quel che potevo dargli. Mi fa un lieve sorriso, sorrido anch'io, gli prendo la mano e gli sussurro: "Stai tranquillo. Non hai ferite gravi. Ora ti porto all'ospedale..."

Scuote la testa.

"Chiama Daisy," mormora, con voce fioca e decisa.

"Certo, l'avvertirò..."

"Chiamala subito!" ruggisce quasi. "Dille che... che la voglio qui con me. Che ho bisogno di lei." Prende fiato. "E' di turno all'orfanotrofio, stanotte... la troverai là."

"Ma come spiegherò la tua richiesta?"

"Non spiegare nulla, riferisci solo il mio messaggio. Se ti fa delle domande, dì che sono rimasto ferito, in una sorta di... incidente."

"E' tutto quel che posso fare per te?" Stringo la sua mano. "Se vuoi, posso restare anch'io a farti compagnia..."

"No!..." Volta la testa, temperando l'asprezza della sua voce. "Voglio dire... hai già fatto abbastanza. Fammi solo questo favore, e poi va' pure a casa."

Il suo tono è talmente definitivo che non oso più dire niente.

Mi alzo, vado a spiegare la situazione a Lady Isabel, che annuisce. Poi salgo in macchina assieme a mio fratello e mi faccio portare all'orfanotrofio.

"Aspettami un attimo, per favore," gli dico.

Lui non dà nemmeno l'aria di aver sentito, perso nei suoi misteriosi pensieri.

Vado al portone, busso. Mi viene ad aprire proprio Daisy, che mi guarda assonnata ed un po' stupita. Poi mi riconosce.

"Ah, ciao! Tu sei quel ragazzo del Saint George... Shun, vero?" Si guarda alle spalle, abbassa la voce. "Come mai sei qui a quest'ora?"

Le riferisco rapidamente il messaggio di Hyoga. Lei si copre la bocca con le mani, spalanca gli occhi e mi fissa, incredula.

"Oh Dio... avevo sentito come delle esplosioni, credevo fossero fuochi d'artificio... " Mi prende un braccio, con angoscia. "Igor è ferito, hai detto?"

"Si. E vuole vederti. Ha molto bisogno di te, così mi ha detto." La vedo esitare, e soggiungo con tono pressante: "Daisy, va' da lui, ti prego!"

"Ma non posso lasciare il mio posto qui..."

"Non temere, ho già parlato con Lady Isabel; firmerà lei il tuo permesso per stanotte."

Mi guarda un istante negli occhi, e si decide.

"Va bene!" Fa per voltarsi, ma poi si gira di nuovo verso di me e mi bacia sulla guancia, con trasporto. "Grazie, Shun. Sei un vero amico."

Lascia la porta aperta, corre a parlare con qualcuno. Poi si butta sul camice rosa un maglioncino ricamato, infila di corsa le scarpe, monta su uno scooter posteggiato lì fuori e lo avvia, salutandomi con un cenno della mano. Per un istante riesco a vedere il suo viso sotto la luce di un lampione, colgo il lampo di un'espressione quasi esultante: non osa sorridere, preoccupata com'è per Hyoga, ma è chiaramente felice che lui si sia finalmente deciso a chiamarla. Poverina, chissà da quanto tempo aspettava questo momento!

Quando la luce del suo scooter scompare lungo il viale, emetto un sospiro profondo. Che bello portare un po' di gioia a qualcuno, almeno si sa di essere serviti a qualcosa...

Ma allora perché tutta questa malinconia in me? Perché questa sensazione di miseria, come se avessi dato via l'ultima cosa che mi rimaneva?

L'autista della Fondazione fa lampeggiare i suoi fari, non volendo usare il clacson e rischiare di svegliare i bambini. Mi faccio forza e raggiungo l'automobile.

"Era ora," brontola Ikki, mentre la macchina parte silenziosamente.

"Scusa," mormoro.

"Cos'hai?"

"Niente... sono solo un po' stanco."

Lui sospira, con un lievissimo, amaro sorriso che le luci della strada mi rivelano per un breve istante. Poi mi prende la testa con una mano, e me la spinge sulla sua coscia.

"Dormi, allora."

Mi abbandono a quel rude, insperato gesto di affetto con gratitudine. Perché so che mio fratello mi ha capito. Meglio di quanto forse possa capirmi io stesso.

***

Qualcosa di strano resta nell'aria, dopo quella notte: è come il presagio di una tempesta. Mio fratello diventa ancor più taciturno, non c'è verso di fargli dire a cosa sta pensando; prende ad uscire spesso di casa, per vagabondare da solo in giro per la città. Non vuole che io gli faccia compagnia, ed una volta che mi permetto di seguirlo da lontano mi raggiunge e quasi mi picchia. Poi, sapendo che questo non mi fermerebbe comunque, mi prende per le spalle, mi fissa con quel suo sguardo diritto e fermo che fa tremare le gambe di sotto.

"Dimmi, Shun: mi vuoi bene?"

"Certo che ti voglio bene..."

"E allora, se mi vuoi bene, lasciami in pace."

Apro la bocca per protestare, ma lui non mi dà il tempo di farlo, si volta e alza il braccio nel suo solito saluto militare. Lo guardo andarsene per la sua strada, le mani affondate nelle tasche dei calzoni, il passo elegante e pigro. Tutti i miei muscoli gridano la voglia di muoversi e seguirlo... per me è un controsenso voler bene a qualcuno e stargli lontano!

Ma ormai mi ha messo con le spalle al muro, non posso disobbedirgli ancora senza offenderlo. Così mi domino, mi costringo a voltarmi ed andare in direzione opposta alla sua.

Mi accorgo però che la sua compagnia mi manca terribilmente. E siccome sono nella zona del porto, finisce che i miei passi mi portano davanti alla facciata in legno della Yatch House, all'ultimo piano della quale abita Seiya. Ho bisogno di vedere un amico, per cui senza pensarci due volte salgo la scala e vado a bussare alla sua porta.

Lui mi apre, mi guarda con una vaga sorpresa, ma con un'aria cupa da far paura.

"Shun! Diavolo, non ci posso credere. Sei finalmente venuto a trovarmi."

Faccio mezzo passo indietro, imbarazzato. Ecco, sono stato inopportuno!

"No, scusa," balbetto, " E' solo che passavo di qui, e così ho pensato di salutarti." Agito la mano. "Beh, ti lascio a quel che stavi facendo, ci vediamo..."

"Stai scherzando!" esclama lui, prendendomi per un braccio. "Vieni dentro, e se c'è anche Ikki digli pure di venir su, se si degna."

"Ikki non c'è, sono da solo."

"Beh, peccato." Un pallido sorriso. "Avrebbe avuto parecchio da ridere, sentendo le mie ultime disavventure."

"Cos'è accaduto?" chiedo subito, con apprensione.

"Oh, nessun attacco, non ti preoccupare. Ho solo avuto a che fare con le conseguenze del penultimo." Mi tolgo le scarpe, e lui mi allunga un paio di pantofole di stoffa, richiude la porta. "Conosci Lamia, vero?"

"La tua ragazza?"

"Ti annuncio che non è più la mia ragazza. L'altro ieri mi ha dato il benservito."

Lo guardo, colpito. "Oh, Seiya... mi dispiace!"

"Figurati a me," annuisce lui, con inconsueta tranquillità, e va a riempire il bollitore dell'acqua. "Mi secca dar ragione a tuo fratello, ma stavolta ce l'ha in pieno. Me l'aveva detto che non poteva funzionare con una ragazza del mondo esterno. Io ormai appartengo al Mondo Segreto, e non mi è servito a un fico secco conoscere Lamia da tutta la vita."

"Ma lei sapeva che tu sei un cavaliere..."

"Lei sapeva che Pegasus era una sorta di lottatore professionista, un wrestler che aveva passato questi anni ad allenarsi in una normale palestra, magari in Giappone mentre cercava la sorella. La mia armatura, i miei poteri? Accessori e trucchi di scena forniti dalla Fondazione Thule per il suo Grande Torneo, nient'altro." Sospira. "Che shock per lei quando un giorno, lontano da ogni palcoscenico e da qualsiasi pubblico pagante, un altro cavaliere in armatura si è fatto avanti per ammazzarmi con i suoi veri poteri sovrumani! Ha avuto la prova che la recita di Lady Isabel non è poi affatto una recita, ma una guerra reale, in cui si può morire davvero..." China la testa. "La sera dopo è venuta in lacrime a casa mia. Mi ha chiesto spiegazioni, che io naturalmente non ho potuto darle, non perché non mi fidi di lei, ma perché... non potrebbe capire. E lei mi ha detto: Seiya, già non mi andava che tu facessi il lottatore, ma ero disposta ad accettare lo stesso la tua scelta: almeno avrei potuto comprendere quel che accadeva... ti avrebbero riempito di pugni sul ring, poi a casa ti avrei medicato e ti avrei preparato la cena, ed avremmo potuto giocare con i bambini o qualcos'altro." Fa un sorriso amaro. "Lamia insomma sperava in una vita normale, ma davanti ad Eris ha capito che i cavalieri di normale non hanno proprio niente. Io vivevo il presente e non mi preoccupavo della cosa, ma lei è una donna e le donne pensano sempre al futuro. Così ho dovuto pensarci anch'io..."

Versa l'acqua calda nelle tazze.

"Cosa dovevo dirle?" mormora, quasi tra sé. "Di stare insieme ad un guerriero mistico impegnato in chissà quale epica lotta contro dei pazzi in armatura? Di vivere nell'ansia di vedermi tornare morto, senza neanche sapere perché?" Sospira pesantemente. "E poi mi sono reso conto che lei sarebbe un ostaggio ideale per dei bastardi senza etica come i nostri nemici. Così non ho nemmeno tentato di convincerla." Mi offre il tè, sorride tristemente. "Ah, Shun! Scusa se ti ho annoiato con tutti i fatti miei."

Scuoto la testa per dire che non fa nulla. E' normale, io sono un ottimo ascoltatore, non parlo quasi mai, così tutti prima o poi si confidano con me... e poi si vergognano di averlo fatto, e mi guardano storto come se fosse colpa mia.

"Vedi cosa succede a volersi credere dei ragazzi come tutti gli altri?" conclude lui, amaramente. "Guarda e impara, sei più giovane di noi, sei ancora in tempo a non fare queste cazzate. Invece Crystal c'è dentro in pieno... sta facendo diventar matta quella collega di Lamia. Se solo mi ascoltasse! Ma quel dannato russo non dà confidenza a nessuno." Mi guarda. "A te però si... prova a dirgli a cosa va incontro."

"Non mi crederebbe mai," replico, scuotendo la testa.

"Si, è vero," annuisce lui. "Non ti crederebbe. Però fammi il favore di provarci lo stesso. Perché se ti sembro giù di corda, non hai visto Lamia in questo momento... sta soffrendo come una bestia, ed io non posso farci niente!" Stringe la tazza nella mano. "Accidenti, spero che qualche altro buffone del Mondo Segreto si faccia avanti, così almeno potrò sfogarmi e ricambiare il Santuario di questo bel regalo!..."

Tanto stringe che la tazza va in frantumi tra le sue dita.

Vorrei dirgli che non è colpa di nessun cavaliere del Santuario se siamo in questa situazione, che Eris, Asterion e Babel non hanno fatto altro che obbedire a degli ordini, che anche massacrando il prossimo nemico non risolverà niente... ma è meglio per me stare zitto.

Povero Seiya!

Quando esco da casa sua mi dirigo verso la tenuta della Fondazione, e la raggiungo dopo un viaggio laborioso. Trovo Hyoga che si allena nella vecchia palestra del Saint George, in solitudine. E' a torso nudo, i calzoni della tuta macchiati di sudore, le braccia ed il collo fasciati di cerotti medicati. Mi vede, mi saluta con un cenno della testa, ma non interrompe la sequenza dei suoi esercizi, ed io mi siedo su una panchina, senza disturbarlo.

Resto un po' incantato a guardarlo: quanto controllo nei suoi movimenti! Mi ricordano quelli di Albyon, ma a differenza di lui non cerca il suo equilibrio, se lo costruisce di forza. La bellezza del suo fisico è completamente diversa da quella del mio maestro, è un altro tipo di perfezione, più sottile e nervosa... nondimeno mi affascina profondamente.

Lui finalmente smette e mi raggiunge, asciugandosi il sudore con una salvietta. Sembra contento di vedermi. Ci scambiamo i saluti, gli chiedo come sta, ma la mia è chiaramente una domanda inutile: è fisicamente in pieno recupero, e c'è qualcosa di nuovo in lui, una serenità che prima non aveva. Mi rimprovera perché continuo a chiamarlo Crystal: perché non uso il suo vero nome, Igor, o meglio Hyoga, come l'ho sempre chiamato? Non penso di potermi meritare un po' di confidenza, visto che sono il più intimo dei suoi amici?

Non posso fare a meno di arrossire miseramente. Cos'era, un'allusione a quel che c'è stato tra noi? Lui ride e si siede accanto a me, senza più il contegno freddo che mi aveva riservato negli ultimi tempi, e arriva al punto di mettermi una mano sulla spalla. Io sono talmente nervoso davanti a lui che trasalisco, e quasi mi ritraggo al suo contatto.

"Che hai?" mi chiede con un sorriso. "Paura che ti faccia del male?"

Si, non oso dirlo ma in un certo senso ho davvero questa paura. Non posso fare a meno di ricordare quella sera con lui, la dolcezza ed il dolore che l'ha seguita. Non voglio riprovare tutto questo un'altra volta... anche se lo rivivo ogni volta che lo vedo!

Lui mi chiede a sua volta come sto, preoccupato da quell'aria turbata che ho in faccia. Gli dico che sono appena stato da Seiya, sapendo della triste conclusione della sua storia con Lamia. Lui scuote la testa con dolcezza, mi dice che sono sempre il solito sentimentale. Oso ribattere che quel che è accaduto a Seiya può accadere ad ognuno di noi, che sono preoccupato per Daisy.

Lui si irrigidisce di colpo e mi dice seccamente di non occuparmi dei fatti suoi. Poi, vedendomi avvilito, mi chiede scusa, mi stringe al suo fianco.

"Non dovrei parlare così con te, Shun. Sai che sono molto geloso della mia intimità, ma in fin dei conti tu sei la persona che mi conosce meglio... e poi non avresti mai delle cattive intenzioni verso di me, non è vero?"

Il suo tono è così dolce che, quasi senza pensarci, poso la testa sulla sua spalla.

"Oh, Hyoga... io non ho mai smesso di volerti bene!"

"Lo so," sorride lui, e mi accarezza.

Mi sento sull'orlo di una vertigine, sento acutamente che in quella palestra siamo completamente soli. Una parte di me aspetta col fiato sospeso che lui continui. L'altra parte di me grida: no, Hyoga, ti prego, non ancora!...

"Che ti succede, Shun? Stai tremando."

Come può pretendere che sia tranquillo?!

"Scusa," balbetto, "E' solo che... fino a poco fa, mi sembrava di darti fastidio."

Lui sospira, scuotendo lievemente la testa. "Le situazioni cambiano." Sorride. "Per fortuna!" E mi prende le mani, guardandomi negli occhi. "In un modo o nell'altro i miei sentimenti verso di te sono sempre rimasti gli stessi. E se vuoi, te ne do una prova confidandoti il mio segreto più caro... perché ho bisogno di condividere con qualcuno quel che provo, e non c'è nessuno migliore di te per questo."

Lo fisso ad occhi spalancati, con un sorriso trepidante...

"Ho fatto l'amore con Daisy!"

Il sorriso mi si raggela sul viso.

"Davvero?" mormoro, con voce soffocata.

Lui annuisce, con aria sognante. E mi racconta, con parole tenerissime, la sua nuova gioia, l'esperienza che ha appena fatto, spinto dal senso di morte imminente che ha provato affrontando un cavaliere d'argento. Mi dice che in quell'atto d'amore ha provato la forza fondamentale della vita. La chiama la sua prima volta, pura, bella e pulita.

Continuo a sorridere, come un idiota. Già, come per dire che con me non aveva fatto l'amore, ma qualcos'altro... qualcosa di orrendo, brutto e sporco!

E lui continua, completamente ignaro della crudeltà delle sue parole, parlando proprio a me del suo nuovo amore, che l'ha riconciliato con il mondo, con la precarietà dell'esistenza, dandogli un nobile scopo in cui credere. Dice che questo amore così puro non ha intaccato il ricordo di sua madre. E mi è molto grato, perché nel bene e nel male sono stato io a indicargli la strada, gli ho dato il coraggio di compiere questo passo, e gli sono stato vicino...

Oh si, Hyoga! Troppo vicino!...

Non so come faccia a resistere, annientato come sono; ma mi fingo felice per lui, annuisco alle sue parole, da bravo amico intimo, come mi ha definito.

"Auguro a te e a Daisy di essere felici," riesco a balbettare.

E lui mi dice che non si fa illusioni, sa che il tempo concesso per la felicità sarà poco, ma ci sono istanti che valgono per tutta una vita ("Non so se puoi capirmi, Shun," mi dice, e a questo punto me lo chiedo anch'io!) Mi augura di cuore che anch'io possa fare la sua stessa esperienza, conoscere finalmente il vero amore...

Continua a parlare, ma io quasi non lo ascolto più. Lo osservo stupefatto e mi rendo conto che non sa nemmeno quel che mi sta facendo. E' perfettamente sereno, con la coscienza tranquilla, capacissimo di guardarmi dritto negli occhi senza la minima esitazione! Ma come fa a non concepire assolutamente il mio dolore... e ad avere nello stesso tempo la sensibilità per descrivere così bene i suoi sentimenti?

Il mio cervello stordito comincia finalmente a funzionare. E comprendo che dopotutto Hyoga non sta facendo niente di male. Non è affatto un mostro di crudeltà, ma soltanto una persona normale.

Sono io che non lo sono! Sono io il mostro!...

Che ironia che non l'avessi capito quando me l'aveva detto in faccia, cacciandomi dalla sua stanza... e lo capisca adesso che mi sta trattando con tutta la gentilezza possibile...

Lui si interrompe. Poi sorride, intenerito.

"Come mai questi occhi lucidi, Shun?"

Me li asciugo rapidamente con la manica.

"Non è niente... mi sono solo commosso."

Lui mi mette una mano sulla spalla, con affetto.

"Avevo ragione. Sei sempre il solito, inguaribile sentimentale!"

***

Non mi sono mai piaciute le sorprese. Tantomeno gradisco quella che trovo a casa, quando finalmente mi decido a tornare.

Lo stereo è acceso: una strana musica indiana, una nenia insopportabile alle mie orecchie. Nella sala la confusione è totale, tutto è stato spostato. Vedo mio fratello che canta e balla come un indemoniato attorno ad un mucchio di cuscini, qualcosa di selvaggio in lui che non gli ho mai visto prima.

Al mio ingresso ferma la sua danza, mi guarda quasi barcollando. Quindi si lascia cadere in mezzo alla pigna dei cuscini, rotolandosi a faccia in su con l'aria di un cherubino soddisfatto.

"Ciao," sghignazza.

"Che ti prende?!"

Poi noto il suo rossore, i suoi occhi lustri. Mi viene un sospetto, mi avvicino a lui, e mi accorgo subito di quel che è successo...

"Razza di idiota!" tuono, pieno di costernazione. "Ti sei ubriacato!"

"Ed è la mia prima volta," ammette lui, ridendo. "Non è così male come credevo. Mi gira la testa e mi sento... leggero..." Mi indica una bottiglia che giace semivuota sul tavolino. "Perché non bevi anche tu, Ikki? Mi piacerebbe vederti sorridere ogni tanto, brutto musone!"

Mi passo una mano tra i capelli. Accidenti, ci mancava anche questo...

"Ma ti rendi conto di cos'hai fatto?" Stringo i denti: no, è chiaro che non se ne rende conto. "E tu saresti un cavaliere?!... Sei peggio di un bambino!"

"Davvero?... Che meraviglia essere un bambino! Vorrei non essere mai cresciuto..." Si mette in posizione fetale. "Anzi, nemmeno nato, quanto sarebbe stato meglio per tutti quanti, si, anche per te, se fossi restato per sempre così, appallottolato nella pancia della povera mamma..."

Non mi piace per niente questo genere di discorsi, e Shun lo sa benissimo. Ma sembra talmente ubriaco dall'averlo dimenticato.

"Piantala con queste sciocchezze," sbotto. "Spegni subito questa lagna di musica e fila a letto!"

"Non è una lagna di musica," protesta lui, con voce biascicata. "E' una danza sacra del... dell'Uttar Pradesh, così mi sembra che si chiami... che mi ricorda tanto la mia isola, Anthrâ. Ricordi, Ikki? Ci dovevi andare tu... ed io avrei dovuto andare all'Isola Nera..."

"Piantala," ripeto, e lo afferro per portarlo a letto.

Lui si lascia andare a peso morto, ma nell'istante in cui faccio forza per tirarlo su scatta con una mossa di judo a tradimento, facendomi finire in mezzo ai cuscini assieme a lui. Impreco violentemente, mentre lui invece si mette a ridere a crepapelle, tutto contento del suo scherzo, tentando di immobilizzarmi con un'approssimativa tecnica di osaekomi-waza. Lo lascio fare, dominando a stento la mia impazienza.

"Ehi... ti arrendi di già?" ridacchia lui, ansimante, quando vede che non reagisco. "Tu, così grosso, ti fai mettere sotto da uno piccolo come me?" Mi afferra per la camicia, tenta di scuotermi un po'. "Avanti, gioca anche tu!... Ma insomma... possibile che non ti venga mai voglia di divertirti?"

"Divertirmi?" Lo guardo di brutto. "L'unica cosa che ho voglia di fare è riempirti di botte, stupido!"

Se penso di spaventarlo, mi sbaglio di grosso: per tutta risposta lui si china tutto su di me, fino a farmi sentire il suo fiato odoroso di liquore.

"E perché non lo fai, se ne hai così tanta voglia? Non mi fai paura... anzi, potrebbe essere un gioco molto divertente!" Si lecca un dito e lo passa sulla cicatrice che porto in fronte, indugiandoci sopra in un modo che non mi piace. "Tu fai il mio padroncino tanto cattivo e tanto arrabbiato..."

Padroncino?! Lo guardo esterrefatto.

"... ed io faccio il tuo schiavetto disubbidiente," completa lui, con un sorriso lascivo. "Vedrai quante belle cose ti farò per farmi perdonare, dopo... quando mi avrai punito per bene..."

Lo stacco a forza da me, scattando a sedere.

"Che diavolo stai dicendo?!"

"Ti eccita l'idea, eh?" sogghigna lui, con quella faccia maliziosa che fa prudere davvero le mani. "Sei diventato tutto rosso in faccia!"

E si mette a ridere, con abbandono sconcertante.

Resisto a fatica alla tentazione di prenderlo a sberle, sospettando seriamente che sia proprio quel che sta cercando. "Ma guarda come ti sei ridotto," dico, tra i denti. "Padroncino e schiavetto... non hai di meglio da inventarti che questi stupidi giochini sadomaso?"

"Beh?!..." esclama, con voce un po' stridula. Striscia sulle ginocchia fino al tavolino, afferra la bottiglia e tira giù un'altra sorsata, in modo talmente scomposto che parte del liquore gli cola sul mento. Se lo pulisce con la punta delle dita e se le lecca, con aria indifferente. "Sei stato tu a cominciare," dice, con voce roca. "L'hai detto tu che volevi picchiarmi, io... volevo solo accontentarti. Lo so che è molto eccitante farmi del male... tutti ci godono!"

"Tutti?"

"Si... tutti, nessuno escluso. E... vuoi sapere perché?"

Si sfila le bretelle della salopette e si strappa quasi di dosso la gaia maglietta di cotone, restando a torso nudo, bello e sfrontato come mai avrei creduto di poterlo vedere.

"Guarda questo corpo, Ikki..." Se lo liscia con le mani, sfacciatamente. "E' fatto apposta per questo gioco. Sembra tanto delicato, vero?... Ma in realtà resiste benissimo alla violenza. Ci si può sfogare sopra per tutta una notte..." una risatina saltellante, "... e senza lasciar altro che qualche livido!"

C'è qualcosa di determinato in lui, qualcosa di serio. Come se quello non fosse più uno scherzo di cattivo gusto, ma un'offerta in piena regola.

"Dì la verità," mormoro, mascherando la sgradevole tensione dentro di me. "A te piace molto questo trattamento, vero?"

"Certo!" ribatte lui, quasi con sfida. "Mi piace... e me lo faccio piacere!" La sua voce si incrina. "Cosa credi, che non voglia dell'altro, tenerezza, amore?... Sono un essere umano anch'io! Ma... se è solo dolore che ricevo... che altro posso fare, se non accontentarmi? Meglio di niente! Meglio dell'indifferenza... della solitudine..." alza lo sguardo su di me, due occhi terribili, "...e della pietà. No, Ikki! Preferisco essere calpestato da chi non vuole... ricambiare il mio amore, o non mi può amare che così, chiamandomi cattivo, sporco, facendomi soffrire, godendo delle mie lacrime, come... come hanno fatto tutti quelli a cui ho voluto bene..." Chiude gli occhi un istante, quasi con uno spasimo; ma poi mi dirige un sorriso pieno di dolce follia. "Ed io, oh fratello mio!, a te voglio più che bene... il solo contatto col tuo corpo mi fa impazzire di gioia. Godrei, qualunque cosa mi facessi, anche se mi picchiassi... per cui picchiami, se è questo che vuoi." Si getta bocconi sui cuscini accanto a me, offrendomi la sua flessuosa schiena nuda, e grida: "Avanti! Picchiami!"

Resto a guardarlo, in silenzio.

Picchiami.

Non è possibile. Vuole davvero che faccia...

... quel che faceva mio padre, rammento con uno spasimo. Si, il mio caro papà, che maltrattava senza pietà un bambino colpevole solo di avergli rovinato la pace: e per il povero Shun dev'essere stato soltanto il primo passo di una lunga, assurda ricerca dell'amore attraverso la violenza...

"Che aspetti?" ansima lui, tremando di eccitazione e di paura insieme.

La pietà, quella che lui non vuole, erompe dal mio cuore rinsecchito. Mi avvicino a lui, scosto i suoi capelli scomposti e gli poso una mano sulla nuca. Lo sento rabbrividire, come un ramo di salice nel vento.

"Oh ti prego, ti prego..."

La mia mano si muove quasi da sola, in un lieve, dolce massaggio circolare lungo i muscoli della sua spina dorsale. Per qualche istante lui resta tutto rigido sotto di me, come se temesse che quel contatto amichevole sia solo una strana, raffinata preparazione ad una seduta di tortura... poi, a poco a poco, si abbandona alla mia carezza.

"Oh, Ikki..." sospira ad occhi chiusi, come un bambino che ha appena ricevuto un regalo di Natale. "Che bello... ma allora... non vuoi più picchiarmi?"

Ingoio la mia malinconia ed inalbero un sorriso. "Dovrei picchiarti davvero, piccolo stupido, solo per avermi proposto di farlo di proposito!"

Un fioco singhiozzo. "Ikki, ma perché?... Dimmi, perché sei tanto buono con me?"

"Perché sono tuo fratello."

"Non è vero..."

E' vero, invece, e tu non lo sai...

L'afferro impulsivamente per le spalle, lo sollevo e lo abbraccio con forza. "Che importanza ha, Shun? Quel che conta è che ti voglio bene!"

Resta inerte tra le mie braccia, fragile e vulnerabile come un animale ferito.

"Si... solo tu, Ikki. Solo tu."

E in quel momento un caldo flusso di affetto passa da me a lui e viceversa, ci sprofonda entrambi in una stasi che ci estrania da tutto, che prescinde da tutto.

Mi chiedo onestamente perché stia godendomi tanto questo dolce momento di malinconia. Normalmente non lo farei, lo sanno tutti e lo sa soprattutto Shun. Farei il duro, il cinico, e se lui fosse sobrio gli direi di svegliarsi, di reagire, lo manderei al diavolo. Ma quando è fuori di testa, o addormentato, o comunque in condizione di non potermi vedere o ricordare, ecco che ci ricado... il vecchio Ikki torna fuori, paternalista e protettivo, tenero e geloso di quel povero essere bisognoso d'affetto, l'unica cosa rimasta a dar senso alla sua anima rinnegata...

Scrollo mentalmente le spalle. Al diavolo! Questi pensieri fanno male al mio equilibrio... e poi non servono a niente. Sono fatto così, punto e basta. Tanto meglio se ho imparato ad essere sentimentale solo quando me lo posso permettere.

"Adesso basta, fratellino" gli dico alla fine, in tono confortante. "Non essere così triste. Pensa sempre a quel che hai, e non a quel che ti manca. Hai me, no?"

Un caldo istante di silenzio, poi lui strofina la faccia contro la mia spalla.

"Hai ragione, e tu... hai me." Emette un lungo sospiro. "Oh Ikki, sapessi... quanto ti amo..."

Che cosa?!

Calma, mi impongo. E' sbronzo fatto, ovvio che stia facendo un po' di confusione.

E forse se ne rende conto anche lui, perché a un certo punto mormora, con voce roca:

"Perdonami... so che... non avrei diritto..."

"Di cosa?"

Le sue braccia salgono ad avvolgermi dolcemente il collo. Il suo bel volto tormentato si alza verso il mio. I nostri occhi si incontrano, ed il mio cuore perde un colpo...

Ed in quel preciso momento la sua bocca incredibilmente calda e vellutata preme sulla mia.

Un bacio!...

Mi tendo immediatamente in una sorta di spasimo, provando un impulso di schifo indicibile, frammisto allo shock della sorpresa e, inutile negarlo, un'irrefrenabile risposta sensuale quando sento quelle labbra aprirsi contro le mie... ed un lampo di blasfema felicità, per un rapido, bruciante istante, fa vacillare il mio autocontrollo.

Esmeralda, amore mio...

Ma è appunto solo un istante.

Poi reagisco, con furia disperata. Afferro la coda di capelli di mio fratello e gli tiro violentemente la testa all'indietro, per staccarlo da me. Lui mugola ad occhi chiusi, poi la sua bocca finalmente mi lascia, ed il primo suono che emette è un ansito tremendamente passionale:

"Baciami ancora... ti prego, baciami..."

"Shun, sei impazzito?" annaspo, sudando freddo.

"Si, sono pazzo di te... oh ti prego, facciamo l'amore!"

"Che cosa?!" grido, con voce stridula.

No, non è possibile...

"Si!" La sua voce è gioiosa, quasi ebbra: "Stanotte, adesso, qui... che importa tutto il resto? Siamo soli, nessuno ci vede, e non abbiamo nessuno da amare all'infuori di noi... avanti, spogliamoci!" Le sue dita cercano i bottoni della mia camicia, quasi li strappano.

"No!..." esclamo, in preda al panico, e gli afferro i polsi per fermarlo. "Ma ti rendi conto di quel che stai dicendo?! Baciarsi, fare l 'amore... queste cose non si fanno tra maschi!"

Mi guarda, ansimando. "Sì che si fanno, invece... che c'è di male, quando si ama? Ed io ti amo, Ikki... ti amo al punto di averti sempre cercato nelle braccia di altri uomini, di averti sognato mentre mi facevano godere! Mi sono innamorato di loro, ma solo perché avevano qualcosa di te... perché sei tu il vero, grande amore della mia vita!"

Touché.

Lo lascio di colpo, restando ad occhi sbarrati, assolutamente scioccato da quell'attacco a tradimento. Mi formicolano le mani, non sento più la pelle del volto, mi sembra che il mondo mi sia crollato addosso... i miei pensieri si urtano, si spezzano, diventano un caos repellente.

Qualcosa in me ride di scherno. Visto?... Ed io che mi credevo invulnerabile!

Mio fratello sembra non essersi accorto di quel che mi ha fatto. Mi accarezza tutto, felice e inconsapevole, ripetendo il mio nome quasi fosse un mantra magico, depositandomi casti baci sulle guance, sulle spalle, sulle mani, mentre io impietrito guardo il nulla davanti a me.

"Perché fai quella faccia?..." chiede, con voce roca e affettuosa. "Forse... perché ora sai che non sei il primo? Lo so che è una brutta cosa, ma non posso farci niente... e stavolta l'ho detto prima, così non ti arrabbierai, dopo." Un timido sorriso. "Però c'è qualcosa di buono in questo, e cioè che adesso sono molto bravo... ho imparato a fare tante cose che ti faranno piacere." Mi viene quasi a cavalcioni, strofinandosi addosso a me, morbido e sensuale come un gatto. "Su, avanti, abbracciami di nuovo! Baciami, mordimi, toglimi i vestiti... strappameli di dosso..."

Guardo incredulo quel ragazzo scatenato davanti a me. E questo sarebbe mio fratello....

Finalmente esco dal mio assurdo stato catatonico.

"No!"

Si ferma e mi guarda, sorpreso. "No?..."

"No." Respiro profondamente, lo respingo da me con fermezza. "Mi dispiace." Mi passo una mano tra i capelli. "Si, mi dispiace, perché è colpa mia, ma tutto questo... non è normale. Io non sono una ragazza e neanche tu lo sei. D'accordo, ci vogliamo bene, ma se è del sesso che vuoi fare..." scuoto la testa e distolgo lo sguardo, "... hai scelto la persona sbagliata."

Ma lui non mi rende le cose facili.

"Perché?" chiede, ostinato. "Perché fai così, Ikki? Perché mi dici delle bugie?... Parli di ragazze, ma finora non ti mai ho visto insieme ad una..."

"E allora?" sbotto, aggressivamente. "Ho i miei motivi. E comunque i miei gusti sono normali!"

Mi guarda con occhi velati, carichi quasi di compassione. "Oh Ikki, quanta inutile vergogna... parli di normalità, ma cos'è normale? Forse... la tua castità, quando sei un uomo giovane, forte, virile, pieno di succo da scoppiare?... Io lo so che hai così tanta voglia... che di notte non ce la fai più, l'ho sentito tante volte... annusando di nascosto tra le tue lenzuola."

Mi sento sprofondare. "Che cosa hai fatto?!"

"Scusami, ma mi piaceva tanto..." fa con una naturalezza sconvolgente, come se avesse confessato un semplice peccatuccio infantile. "Sentire l'odore del tuo corpo, scoprire una traccia... del tuo desiderio... e fantasticare di essere io il fortunato tra le tue braccia..." Si lecca le labbra con la punta della lingua, poi si infila maliziosamente una mano dentro ai pantaloni. "Quante volte poi scappavo in bagno, troppo eccitato per resistere, e mi masturbavo fino a venire..."

"Piantala!" grido, imbarazzato a morte, e lo spingo via da me con tale furia da rovesciarlo a terra. Mi rialzo faticosamente in piedi, e scopro che mi tremano vergognosamente le gambe. "Ne ho abbastanza di questa storia!" tuono, torreggiando su di lui ed agitando un pugno. "Mettiti bene in testa una cosa, razza di depravato: io non le faccio certe porcherie, d'accordo?!... Ora la pianti con queste sciocchezze, fai quello che ti dico io e te ne vai dritto a dormire! Chiaro?!..."

Il silenzio che segue la mia sfuriata è riempito dal canto misterioso di una donna, sottolineato da esotici strumenti e battiti di tamburi. Dannata musica indiana!

Mio fratello non si lascia spaventare per nulla dal mio tono imperioso. Resta languidamente disteso sul tappeto, con uno strano sorriso che non mi piace per niente.

"Come sei turbato, Ikki... lo sai? Non ti ho mai visto così... vivo! Sei splendido, anche.. quando fai finta di essere arrabbiato." Porta quasi distrattamente le dita alle labbra. "Ma io lo so cosa significa... ho già avuto a che fare con un uomo come te. Troppi sensi di colpa... hai voglia di essere sedotto un po, vero?"

"Guai a te se pensi di potermi mettere le mani addosso!" ringhio immediatamente.

E riconosco subito il perché di quella reazione. Ho paura!

"E chi ti tocca?" sogghigna lui.

E di nuovo infila le mani dentro ai propri calzoni.

Lo guardo ad occhi sbarrati, presentendo con una sorta di orrore cos'ha intenzione di fare. "Non pensarci neanche..."

"Non sono affari tuoi," risponde lui, divertito. Si rilassa sul tappeto, ad occhi chiusi, canticchiando la musica indiana che ancora ci circonda, muovendo le mani sotto la stoffa. "Non ti faccio neanche vedere cosa sto facendo..." Allarga le ginocchia, muove i fianchi, le braccia contratte sul petto madido di sudore, le mani sempre maliziosamente nascoste, sempre più frenetiche. Ad un certo punto si tende tutto e rovescia la testa all'indietro. "Ahhhh..." geme, senza alcun ritegno.

Provo un prepotente impulso alla fuga. La mia strana paura si trasforma in panico; ma da bravo animale inorridito non riesco a muovermi, inchiodato lì dove sono dai miei stessi muscoli. Sento una gran frustrazione in corpo e vorrei urlare, perché stavolta Shun ha davvero passato il segno, ha osato troppo... ma non riesco a fare nemmeno questo!

Mi scopro invece a osservare quello spettacolo indecente con una sorta di fascino orripilato, troppo incantato da esso per fermarlo, o per riderci sopra come forse dovrei fare... no, non ci trovo niente da ridere! E' qualcosa di tremendo, una vera e propria danza erotica, la musica pulsa adesso con un ritmo ossessivo, mio fratello sta cantando e mugolando assieme, la voce incrinata dal piacere, ed io non riesco più a capire se sono qui o se sono lì sul pavimento, se sono lui, o qualsiasi cosa lui sia...

"Ah!" esclama lui, aprendo di scatto gli occhi e sorprendendo così la mia attenzione morbosa. Mi fissa tutto ansante, con un sorriso di trionfo. "Bugiardo... fai tanto lo sdegnoso, ma ti è bastato vedermi godere... per avercelo duro come il marmo, non è vero?"

Le sue parole mi crocefiggono come pali roventi.

Ha ragione!

Annaspo miseramente, cercando di trovare me stesso nel mare di vergogna che provo. Mi chiedo se sia io ad essere uno sporco vizioso, o se piuttosto sia Shun a chiamare un mostro osceno e sconosciuto nascosto dentro di me...

"E ti lamenti che tutti ti odiano," mormoro, tremando. Guarda cosa fai al prossimo!

Ma lui continua la sua svergognata esibizione, indifferente, o più probabilmente eccitato dal mio tremendo imbarazzo. Tira fuori le mani e si succhia le dita, in maniera chiaramente allusiva.

"Non sei stanco di guardare e basta?" sussurra, sempre con quel sorriso diabolico sulle labbra. "Su, Ikki, smetti di resistere. Vieni qui...." Si accarezza tra le gambe, e quasi geme: "Ti prego, voglio sentirti... dentro di me..."

Oh, dannazione! Se solo fosse una ragazza...

La faccia mi arde, i miei lombi si torcono, non ce la faccio più, devo reagire, devo reagire!

"Basta!!!" grido, con tutta la mia voce. "Smettila con questa pazzia!... Ti rendi conto di cosa mi stai proponendo, razza di idiota?!... Di scopare con mio fratello!!!"

"E allora?" chiede lui, con incredibile candore. "Ti sentiresti incestuoso, è questo che vuoi dire?" Si torce all'indietro mettendosi a ridere, una risata quasi isterica. "Se è questo a fermarti, non ha senso... sappiamo entrambi che non sono veramente tuo fratello, no?" Volta la testa da un lato, stringendosi le braccia al corpo con un gesto che rivela tutto l'abisso di miseria su cui sta facendo l'equilibrista. Non ride più quando mi dice, con voce roca: "Non preoccuparti, puoi fare tutto quel che ti pare con me, tanto io... io non appartengo a nessuno..."

"Taci!...." urlo, straziato, e senza neanche ragionare un istante mi chino ad afferrarlo, lo sollevo di peso e gli assesto uno schiaffo così forte da scaraventarlo di nuovo a terra. "Non osare mai più dire una cosa simile, hai capito?! Hai capito?!..." Stringo i denti, la voce mi esce a forza da un nodo che mi strozza la gola. "Tu appartieni a me, maledetto idiota. A me! Sei mio fratello, tutto ciò per cui ho lottato per anni... e fai schifo!!!"

Giro sui tacchi e mi dirigo di corsa in cucina, sbattendo la porta alle mie spalle ed appoggiandomici sopra con tutto il mio peso.

Chiudo gli occhi. Bravo stupido, e adesso? Sono scappato come un coniglio, ma questo non risolve nulla. Non posso certo lasciare Shun da solo in questo stato. Non devo...

Ma come posso tornare di là e guardarlo ancora in faccia?

Mi rendo conto di un silenzio irreale. Sembra che la musica sia finita.

Trattengo il fiato. Dall'altra parte non mi giunge nessun suono. Mi chiedo se non abbia per caso colpito mio fratello più forte di quanto credessi. Una nuova punta di angoscia entra nel mare che già provo per conto mio. Vorrei riaprire la porta per vedere cosa sta succedendo, ma non ci riesco...

Un singhiozzo. Finalmente.

Il rumore di qualcosa di infranto. E' come se in cocci fosse andato qualcosa dentro di me...

Un tonfo sordo contro la porta. Shun è dall'altra parte.

"Perché, faccio schifo?" geme, con la voce impastata di lacrime, quasi irriconoscibile. "Dimmi, perché?... Solo... perché mi sono innamorato di te? O forse... perché sono così povero... da non poterti nemmeno comprare un regalo, vero?"

Resto attonito. Un regalo?

"Sei sempre stato... il solo che mi trattava bene. Stanotte... nella mia solitudine... mi sono reso conto che al mondo avevo solo te. Volevo tanto farti capire quanto ti sono grato... ma tutto quel che ho è in prestito, non possiedo niente di veramente mio, nemmeno la mia armatura! Non mi restava che una cosa sola da offrirti, il mio corpo... quel poco di piacere che ha imparato a dare... mi sembrava che potesse piacerti, ed era tutto quel che avessi, te lo regalavo con amore, solo per procurarti un po' di gioia, per farti sentir bene, non capisci, Ikki?!... Non avevo altro da darti! E' per questo che faccio schifo?!... Eh?"

"Shun," inizio, rendendomi però conto di non sapere cos'altro dirgli...

"Apri questa porta!" urla lui, battendo i pugni su di essa. "Di che hai paura, grande Phoenix?!... Di guardarmi in faccia?!"

Batto le palpebre, ingoiando amaro. Già, dovevo aspettarmelo, quel riferimento sarcastico... e comunque mio fratello ha ragione, è vile da parte mia nascondermi.

Sospiro, mi volto e riapro la porta.

Lui è lì, in ginocchio davanti a me, la faccia inondata di lacrime, il respiro affannoso. Mi guarda con un'agghiacciante furia selvaggia negli occhi.

"Ti ho fatto una domanda, Ikki! Perché faccio schifo?!... Abbi il coraggio di dirmelo... perché faccio schifo a te, a tutti! Allora è proprio vero che... il mio amore è qualcosa di sudicio, è un'offesa! E se voglio dare quel che posso per fare felice chi amo, questo è male... non è fare l'amore, come credo io: è scopare, come dici tu!... Certo, almeno tu mi hai respinto prima di... di scopare con me, non dopo, come qualcun altro... già, perché sei tanto onesto, Ikki, tanto pulito, tanto tutto d'un pezzo!" Si aggrappa a me, con tutte le sue forze, e ruggisce: "Però una cosa me la devi spiegare, tu che sei così grande, così forte, così saggio... non dirmi che non sapevi di già che faccio schifo! E allora perché hai aspettato così tanto a dirmelo?!" Mi colpisce con pugni furibondi, urlando: "Invece no, caro fratello, non è vero?... Troppa fatica! Hai lasciato vigliaccamente che fossero gli altri a dirmelo al posto tuo!!!"

Io resto immobile, senza difendermi da quella scarica di colpi, sopportandoli in silenzio.

Lui smette, all'improvviso. Mi lascia e si rimette penosamente in piedi, barcollando. Si riallaccia le bretelle della salopette, sbagliando i buchi dei bottoni, e mi rivolge una pietosa espressione sfrontata.

"Beh, adesso lo so anch'io. Contento?! Ti puoi finalmente liberare di me, senza rimpianti, perché... lo so, non si fa l'eroe per uno come me. Specie... quando questo schifo non è poi neanche un fratello, ma soltanto una grande scusa per sentirsi nobili e buoni!..." Si asciuga rabbiosamente le lacrime, con il dorso della mano. "Va... bene, Ikki. La recita è finita. Adesso... me ne vado, come vuoi tu. Ma prima di togliere il disturbo, voglio dirti una cosa... non sei poi tanto diverso da tutti quelli con cui ho avuto a che fare finora. Mi hai usato anche tu, proprio come fai con i rametti che mastichi: mi hai strappato da dov'ero, hai succhiato quel che ti piaceva, ed ora che senti l'amaro mi getti via, sporco di saliva, e di disprezzo!..." Scrolla le spalle. "Beh, non importa: non sei né il primo né l'ultimo... mi ripulisco da solo, come sempre. E vado a cercare qualcun altro che mi raccolga. Ciao!"

Gira sui tacchi e, senza curarsi di mettersi qualcos'altro addosso, fa per uscire.

"Fermati!" grido, spaventato. Dove crede di andare in quello stato? A farsi arrestare dalla polizia? O a farsi sbattere gratis dal primo che capita?

Ma lui mi saluta, agitando la mano.

Corro a prenderlo, lo blocco sulla porta e lo trascino di nuovo in sala. Lui si dibatte, lotta come una tigre, mi costringe a trattenerlo con la forza. "Lasciami andare!" non fa che urlare, come un indemoniato. "Non voglio più vederti! Lasciami andar via!..."

Disgraziato, maledetto, piccolo pazzo ubriaco!, vorrei gridargli, Non hai la più pallida idea di quanto vorrei davvero lasciarti andar via, mandarti al diavolo una volta per tutte...

Ed invece lo tengo stretto a me, soffrendo in silenzio, con la bile in bocca.

***

Arriva finalmente l'alba. La guardo dalla finestra, con ancora i vestiti della sera prima addosso, la mia faccia stanca che si specchia nel riflesso del vetro. Lo spalanco e lascio che la brezza gelida del mattino si porti via l'aria viziata di questa maledetta notte. Shun non reagisce in nessun modo, disteso sul suo letto come un morto ed altrettanto pallido. Ha pianto per tutta la notte ed ha vomitato anche l'anima, riducendosi ad uno straccio bagnato. Ora dormirà sodo, finché non si sveglierà urlando dal mal di testa, con la nausea a suggellare la lezione che lo farà meditare due volte, prima di ubriacarsi un'altra volta.

E nonostante tutto lo guardo con invidia, pensando che probabilmente non si è nemmeno reso conto di tutto quel che ha fatto e detto in questa notte d'inferno. Ora è sprofondato in un pietoso oblio nero, mentre io... io non ho niente del genere. Sono più stanco di lui, e tuttavia so che non potrei dormire, che anche se mi stendessi resterei a fissare il soffitto cercando di rimettere ordine nei miei pensieri, chiedendomi dove e quando ho sbagliato, e cosa mi resti da fare adesso.

Appoggio le mani al davanzale. Maledizione! Che fine ha fatto il mio controllo interiore, l'arma formidabile che Adriaen aveva messo a punto dentro di me? Ora non sono altro che un uomo confuso e molto, molto più vulnerabile di quanto credessi. Rammento amaramente le parole di Cuauhtlehuànitl: Guardami! Io sono Phoenix, quel che tu vuoi diventare. Non provo niente per nessuno, né odio né amore. Non mi interessa se tu vivi o muori, se piangi e soffri. La tua esistenza mi è indifferente. Se vuoi essere forte ed invincibile come me, impara che i sentimenti non sono altro che catene...

Di nuovo guardo Shun. Catene, eh?

C'è una certa ironia in tutto questo.

Sospiro, richiudo la finestra, mi butto addosso la mia giacca e vado fuori, a farmi una passeggiata per schiarirmi un po' la mente.

Le strade della città sono già piene di formiche umane, che si affrettano ad una nuova giornata di lavoro. Fendo quella folla silenziosa e scalpicciante come la prua di una nave, sentendomi più solo così che quando contemplavo la desolazione dell'Isola Nera. Entro in un bar all'occidentale tutto scintillante, prendo qualcosa di caldo al banco. La cameriera mi sorride, in quella maniera un po' stereotipata che si usa da queste parti, e mi chiede se sono un attore: le sembra di aver già visto la mia faccia alla televisione.

Esco di lì e cambio direzione, dirigendomi verso il mare, privilegio di questa zona esclusiva di Nuova Luxor: un tratto di spiaggia ben curata e attrezzata, accuratamente preservata per dare l'illusione di un ambiente naturale. Ci sono alberi ed aiuole fiorite, sedie a sdraio e panchine, barchette a vela che solcano la piccola baia; non si sospetta nemmeno che a cinque chilometri da qui passano le superpetroliere.

Strappo un rametto da una siepe e faccio per mettermelo tra i denti. Ma mi ritornano in mente le parole amare di Shun. Mi hai usato anche tu, proprio come fai con i rametti che mastichi...

Ci ripenso ed infilo il rametto in tasca, con un sospiro. So di essere puerile, ma non posso farci nulla in questo momento.

Baciami ancora, ti prego, baciami...

Chiudo gli occhi. No, non voglio ricordare. Mi fa troppo male...

Ti amo, Ikki, ti amo al punto di averti sempre cercato nelle braccia di altri uomini...

Tutto in me si contorce al ricordo di quelle parole. Avrei voglia di picchiare la testa contro un muro e gridare: Shun, perché mi hai fatto questo? Perché?!...

Sono attonito allo spettacolo di me stesso ridotto in questo stato: la facilità con la quale mio fratello ha sfondato tutte le mie difese interiori ha dell'incredibile. Da quando sono diventato Phoenix nessuno, nemmeno Adriaen, era riuscito a ferirmi tanto a fondo...

E' stata una salutare lezione, tento di dire a me stesso.

Ma il risentimento brucia dentro di me.

Shun, come sarebbe facile odiarti... mi hai costretto a guardarti con gli occhi di tutti quelli che ti hanno fatto del male; ed anche se non li giustifico, devo ammettere che ora capisco in pieno il loro punto di vista su di te.

Però conosco anche la purezza del tuo spirito, ed è per quella che ti ho sempre voluto bene. So che non c'è nulla di cattivo in te, quel che fai nasce sempre dai più bei sentimenti, anche se il risultato è una catastrofe...

Cammino sul lindo lungomare, le mani affondate nelle tasche, la testa bassa: tutto è bello intorno a me, ma potrei essere nel posto più infernale e non mi accorgerei della differenza. Per quanto tenti di divagare e pensare a qualcos'altro, non ci riesco.

E adesso che faccio? Vado avanti come se niente fosse? In fin dei conti non è successo niente, ho assistito solo alla sbronza di un ragazzino fuori di testa...

Sorrido tetramente. Che faccio, mi prendo in giro da solo? Il problema non riguarda soltanto Shun: è soprattutto mio. Mi basta chiudere gli occhi per riprovare tutto quel che vissuto stanotte. E so benissimo che questo ricordo mi accompagnerà finché campo, perché ha intaccato le colonne su cui si basa la mia personalità... le cose sacre in cui tutto sommato ancora credo.

C'è stato un momento in cui quasi quasi ci avrei provato, con mio fratello...

Il pensiero mi brucia in petto come la morte, ma non posso ricacciarlo nell'inconscio, come farebbe qualsiasi persona normale. E' la mia maledizione, come mi aveva detto il mio ultimo maestro il giorno che si congedò da me al Santuario. Ricordati, Phoenix: io ti ho dato il potere di ingannare le menti altrui, ma tu hai perso il potere di ingannare te stesso.

Eppure mi rendo conto di averci provato. E che qualcosa in me non si arrende e ci prova ancora. Cerco freneticamente un colpevole da detestare, qualcuno su cui scaricare la responsabilità di tutta la vergogna ed il dolore che ho provato stanotte; qualcuno da punire per aver reso mio fratello quel che è. Cerco di ricostruire in me questa oscura figura su cui indirizzare il mio odio: le facce non mancano, tanti sono stati quelli che hanno approfittato della debolezza di carattere di Shun, delle sue ferite interiori... già, ma chi gliele ha inferte per primo? Chi l'ha reso così?

Sono stato io, troppo possessivo e protettivo verso di lui. Io, che ho scommesso sulla mia stessa nobiltà sulla sua pelle. Shun ha avuto ragione da vendere, ad accusarmi di averlo usato per costruirmi la mia immagine. Perché non ammetterlo, almeno davanti a me stesso? Ho voluto vantarmi di esser riuscito ad improvvisarmi padre, madre, fratello, amico, tutore e maestro di un altro essere umano. Ma ho fallito.

E quindi è inutile da parte mia prendermela con mio padre che ha maltrattato Shun, o con il sadico Mylock che l'ha picchiato spesso e volentieri, o con i suoi maestri che l'hanno fatto cavaliere scopandoselo in tutte le salse, o con l'amico del cuore che l'ha sedotto e abbandonato... questo cercarmi a tutti i costi un capro espiatorio è solo una vigliaccheria. Un'altra delle mie molte vigliaccherie in questa storia.

Quanti bei buchi nella mia onestà interiore! Che cosa non volevo assolutamente vedere in Shun? Quanto era disperatamente innamorato di me? O piuttosto, avevo paura di scoprire che il mio amore per Esmeralda non è poi così puro come credevo?... Dannazione, sono stato più cieco di Shiryu, al quale ho avuto persino il fegato di fare la predica! Ed ora mi ritrovo al punto di partenza, con tutti i miei dubbi intatti, e con un fratello che a diciassette anni è un campionario di tutte le perversioni di questo mondo...

Alzo la testa, guardando il mare all'orizzonte.

Che schifo di situazione!

Sento il rombo di una moto alle mie spalle, una sensazione familiare. Mi fermo.

La moto mi sorpassa, frena bruscamente sulla strada; il tipo che c'è a cavalcioni fa scattare il cavalletto, smonta e si gira verso di me. E' vestito di plastica nera, con i capelli rasati e grossi orecchini, occhialoni fluorescenti che lo fanno assomigliare ad una mosca. Si porta due dita alle labbra, poi si china a toccare il suolo davanti a me.

E' il gesto della proskinesys, troppo arcaico per essere notato dai passanti.

"Parla," dico in greco.

L'uomo si toglie gli occhiali, per mostrarmi lo sguardo secondo i miei ordini. "Tutto è pronto, padrone."

"I traditori?"

"In fondo al mare."

"Bene. Sparisci, prima che ti notino."

Obbedisce prontamente, rimettendo a posto quegli occhiali assurdi, salta sulla moto e riparte rombando, zigzagando tra le macchine.

Resto immobile in mezzo al marciapiede.

Ecco, ho già cominciato a reagire. Del resto non è da me lasciarmi imprigionare da una situazione senza far nulla per cambiarla... anche se so per esperienza che correggere gli errori è molto più faticoso che commetterli.

Tocca a me trovare una via d'uscita, costi quel che costi.

Perché la responsabilità di quel che è successo è soltanto mia: ero io il fratello grande, quello che doveva decidere per il bene di Shun. Se l'avessi lasciato quando era il momento, lui avrebbe finalmente imparato ad amare anche se stesso; si sarebbe liberato una buona volta dalla mia influenza nefasta, imparando a far conto sulle sue sole forze.

Ma io gli ho sempre voluto troppo bene, e non ho mai avuto il coraggio di imporgli questa ordalia, farlo soffrire tanto...

Così, tra tutti i crimini che ho commesso, vien fuori che il peggiore è frutto dell'unico, buon sentimento sopravvissuto in me.

Mi viene tristemente da ridere.

Che ironia. Che lurida, tremenda ironia!

Sento allentarsi un poco la mia tensione interiore, abbastanza per farmi capire quanto sia stanco. Perciò mi dirigo nuovamente verso casa.

Là mi aspetta una bella sorpresa: una macchina della Fondazione ferma davanti al cancello, ed un'inequivocabile figura dai capelli color lino che suona nervosamente il campanello.

Poi si ferma. E quindi si volta lentamente verso di me.

"Ikki..."

"Che sorpresa incontrarti, Crystal." Mi avvicino. "Ma non sei qui per caso... e nemmeno per incontrare me, dico bene?"

Lui stringe i pugni al mio tono ironico, ma mantiene un gelido controllo.

"Cercavo Shun. E' in casa, lo sento. Ma non risponde."

Si aspetta forse che mi angosci alla notizia. Ma lo deludo: infilo stancamente la mano in tasca e tiro fuori la chiave elettronica, aprendo il cancello.

"Non risponde perché sta dormendo. C'è qualche motivo per disturbarlo?"

"Lady Isabel ci aspetta alla sua tenuta per comunicarci alcune sue idee." E continua, in tono polemico: "Avevo pensato di accompagnare Shun, visto che tu lo lasci sempre solo."

Mi volto appena verso di lui.

"Oh, quanto sei premuroso... sai, sono davvero commosso."

Entro e gli sbatto il cancello sulla faccia.

"Ikki!" esclama lui, "Allora non hai capito... c'è una riunione!"

"Buon divertimento. Noi due stiamo a casa. Comunicalo pure a milady."

"No, aspetta!" Mi guarda velenosamente tra le sbarre del cancello. "Non mi piace questa storia. Shun non è la persona che lascia un amico fuori di casa, né che manca ad un impegno. Voglio vederlo."

"Ah, si?... Peccato, lui non vuole vedere te."

"E come fai a dirlo? Grazie ai tuoi dannati poteri?" Si sta arrabbiando sul serio, il biondo. "Che stai nascondendo, Ikki?" Afferra le sbarre. "Avanti, parla! Che cosa hai fatto a Shun?!"

"Io? Non gli ho fatto niente. Prova a chiederti ogni tanto cosa gli hai fatto tu."

Lascia le sbarre, e mi fissa torvamente.

"Credi di sapere tutto, ma sei troppo presuntuoso. Ci sono cose che non puoi capire, semplicemente perché non hai il cuore di farlo. E comunque Shun non ti appartiene. Esigo che mi lasci parlare con lui."

Lo squadro dall'alto in basso.

"C'è un solo posto dove puoi esigere qualcosa, Igor Almanovich: la bella tenuta di tuo padre. Per cui vacci, e non rompere oltre. Abbiamo avuto una lunga notte, io e mio fratello, e vogliamo stare in pace. Dì alla divina Isabel che giocheremo con le parole un'altra volta."

Mi volto, apro la porta di casa, entro e la chiudo. Il campanello suona ancora, furibondo, ma io lo stacco. Faccio altrettanto con il telefono, mi spoglio e faccio una gran doccia. Quindi vado a stendermi sul mio letto, con un profondo sospiro.

E quella vaga soddisfazione che provo dà finalmente tregua ai miei pensieri, facendomi scivolare in un sonno nero e senza sogni.

***

"Devi dire a tuo fratello che è ora di farla finita con questi atteggiamenti!"

La voce di Mylock trafigge le mie orecchie ed acuisce lo spaventoso mal di testa che mi tormenta. Non gli rispondo, non sono dell'umore giusto per discutere con lui... ammesso che sia mai servito a qualcosa!

"Cos'è questa storia di ignorare l'invito di milady, e costringerci tutti a cambiare i programmi? Cosa crede, che queste riunioni non riguardino anche lui? E adesso, si può sapere dove diavolo è, invece di essere qui con te?"

Mi piacerebbe rispondergli, ma nemmeno io ho la più pallida idea di dove sia Ikki. Quando è arrivata la macchina della Fondazione lui ha semplicemente preso la sua giacca e se n'è andato. Non ho avuto il coraggio di chiedergli nulla, sapevo che era in collera con me. Con tutte le sciocchezze che avevo combinato, mi aspettavo una gran lavata di testa da parte sua, e magari qualche bello schiaffone... ma non sono stato così fortunato. Non mi ha permesso nemmeno di scusarmi, si è chiuso in camera sua, ed io ho sperato invano che uscisse, che mi rivolgesse una parola. Un tetro silenzio è stato tutto quel che ho ricevuto da lui... la peggiore punizione che potesse infliggermi.

"E che cos'è questa faccia stravolta con cui ti presenti, eh?" insiste Mylock, chinandosi su di me per guardarmi meglio. "Che hai fatto ieri notte, ti sei dato alla pazza gioia? Oppure hai litigato con il tuo bravo fratello maggiore?" Si abbassa a guardarmi negli occhi, fa un sorrisetto maligno. "E magari lui ti ha messo sulle ginocchia e ti ha sculacciato?"

Capisco benissimo a cosa allude, e devo lottare per non reagire a quella provocazione...

"Finiscila."

La voce di ghiaccio di Hyoga alle sue spalle.

Mylock si raddrizza, si volta di scatto ed esplode, indignato:

"Ehi, signorino, non ti permetto di dirmi..."

La sua voce si affievolisce davanti alla minacciosa fermezza di quegli occhi grigioazzurri.

"Mylock, ti prego," mormora Lady Isabel, tempestivamente. E lui si aggiusta la giacca con un brontolio, fin troppo contento di quell'intromissione che gli permette di arretrare senza perdere troppo la faccia.

Hyoga mi guarda con una triste tenerezza nello sguardo.

"Shun non deve essere rimproverato a causa di suo fratello. Ha già abbastanza problemi a conviverci ogni giorno."

Emetto un sospiro esasperato. Allora non sono proprio riuscito a spiegarmi con lui!

"Ti devo parlare," mi ha detto non appena sono arrivato allo Stadio, prendendomi sottobraccio tra le rovine. Io mi sono divincolato, ho scosso la testa e gli ho voltato le spalle.

Lui è rimasto un istante immobile, poi quella sua rara passione è esplosa nella solita maniera imprevedibile: mi ha afferrato per un braccio, mi ha sbattuto contro un muro annerito e mi si è piantato davanti.

"Non sono abituato ad essere trattato in questo modo per due volte di fila, Shun," mi ha detto, con voce tempestosa.

"Lasciami in pace!" ho ribattuto io, furiosamente. "Non ho niente da dirti."

"Davvero? Non ci credo. Ci eravamo lasciati da buoni amici e non vedo perché nel frattempo ti sono diventato così antipatico. A meno che qualcuno non abbia provveduto ad avvelenarti l'anima." Ho scosso la testa (ed ho provato la sensazione che il cervello mi sbattesse di qua e di là...), ma lui mi ha preso per le spalle, mi ha stretto forte. "Shun, ti voglio bene come ad un fratello, ti ho confidato tutto di me, perché non è più vero il contrario?"

C'era tanta pena nella sua voce che ho sentito gli occhi bruciarmi...

"Ti prego, Hyoga, lasciami stare," ho mormorato, con voce strozzata.

"Non ho intenzione di lasciarti stare finché non avrò chiarito questa storia con te. Guardati! Si vede lontano un miglio che stai soffrendo. Come puoi pretendere che io stia tranquillo? Voglio una spiegazione!"

"La vuoi davvero?... Va bene! Io... mi sono ubriacato, ecco tutto." Ho visto l'incredulità nel suo sguardo, ed ho reagito con rabbia. "Si! Ero triste!... Anche se non ci crederai, sono un essere umano anch'io, e sono capace di soffrire come tutti gli altri!..."

Lui ha fatto un passo indietro, colpito dalla mia amarezza.

"Shun, io... non posso crederci. Uno come te che si ubriaca..."

"Adesso metti in dubbio anche quel che dico?" l'ho aggredito a mia volta.

"No... so che non hai mai mentito. Ma questo non fa che confermare le mie paure." Ha sospirato pesantemente, voltando la testa di lato. "Era inevitabile che accadesse. Dunque Ikki ha incominciato a renderti la vita difficile..."

"Ikki?" L'ho guardato, attonito. "Che c'entra lui?"

"Non sarai così ingenuo da credere di potergli nascondere qualcosa. E se ha scoperto le stesse cose che ho scoperto anch'io... posso immaginare come si senta."

Ho spalancato gli occhi, fissandolo come se mi avesse accoltellato al cuore.

"Che cosa... intendi dire?"

"Non fare l'ingenuo fino a questo punto." Mi ha messo una mano sulla spalla, quasi con imbarazzo. "Mi spiace, non avrei voluto parlare di questo, ma devo farlo. Conosco Ikki e so quanto poco possa essere comprensivo nei confronti degli altri. Era un pezzo che mi chiedevo come avrebbe reagito di fronte alle tue... debolezze. Ed ecco la risposta: con nient'altro che puerile disprezzo ed arroganza, come se non sapesse di aver anche lui le sue colpe..."

"Ma che cosa stai dicendo?" ho esclamato, senza capirci niente di quel discorso. "Ikki non sta facendo niente di male..."

"Adesso basta, Shun! Per quanto andrai avanti con questa storia di difenderlo sempre e ad oltranza?... Apri gli occhi! Non vedi che da quando è tornato non facciamo che litigare tra noi?" Scuote la testa, tetramente. "Ma non è questo che mi sorprende... piuttosto, la sua vigliaccheria di prendersela solo con te! Dimmi, devo essere io ad insegnargli come si vuole bene ad un fratello? Devo essere proprio io ad insegnargli a perdonare?"

"Perdonare che cosa?!" ho urlato, disperato. "Il fatto che io sia così spregevole? Lo sa, l'ha sempre saputo! Mio fratello! Magari lo fosse davvero... e tuttavia guarda cos'ha perso, cos'ha sacrificato per uno come me!" Ho strappato la sua mano dalla mia spalla, rabbiosamente. "No, Hyoga, tu non hai proprio niente da insegnargli. E se c'è qualcuno che mi sta facendo soffrire... quello sei proprio tu!"

Ho esultato dentro di me, perché finalmente avevo trovato il coraggio di dirglielo...

Ma lui non ha reagito come mi aspettavo: mi ha guardato con aria di commiserazione. "Si, certo, capisco. Adesso la colpa è mia, vero? Di qualcuno pur dev'essere, e ti faresti ammazzare pur di ammettere che il torto è di tuo fratello." Un sospiro amaro. "E va bene, dì pure quel che vuoi, sfogati contro di me, respingi la mia amicizia. Resta pur sempre il fatto che fino a poco fa eri il ragazzo più felice del mondo, o almeno così volevi farci credere... e adesso sei così triste da ridurti persino a ubriacarti!"

Ed ha fatto per andarsene.

Io ho gridato alla sua schiena: "Ma non capisci, Hyoga? Sono successe tante, troppe cose nel frattempo!" Si è fermato, ed io ho aggiunto, con voce tremante: "E nessuna di queste... è stata divertente."

"E' vero," ha risposto lui senza voltarsi. "Ma quando mai ci siamo divertiti in passato? Quando ci addestravamo? Quando lottavamo nell'arena? Oppure quando il nemico era proprio tuo fratello?" Ha scosso la testa. "Trovati una scusa migliore, Shun."

E se n'è andato, cupo come un temporale.

Ma ora mi accorgo che non era in collera con me, come credevo: era determinato a rovesciare tutte le colpe su Ikki! Non sono riuscito a convincerlo della sua innocenza, ma nemmeno avrei potuto: qualunque cosa avessi detto, lui era pronto a interpretarla a suo modo...

"Torniamo al sodo," ci scuote Seiya, la sua voce aggressiva che fende il silenzio. "Non è Shun l'oggetto di questa riunione, ma questa guerra schifosa con il Santuario. Sono stufo di vivere ogni giorno come se fossi sotto assedio. In fin dei conti che cavolo vogliono questi buffoni di Grecia? Non si fanno chiamare Santi di Athena? E allora che combattano per la dea, e non contro di lei! E' da non credere che ci dobbiamo nascondere come dei conigli in questo bunker, quando avremmo ogni diritto di stare al Santuario e prendere a calci tutti quelli che ci stanno dentro!"

Non fa che reiterare la sua opinione, che ci avrà già detto almeno dieci volte dall'inizio della riunione. Lady Isabel sospira pesantemente e scuote la testa, con pazienza.

"Il tuo punto di vista è corretto. Ma forse potremmo riuscire a sistemare la questione senza violenza. Questa guerra non è mai stata apertamente dichiarata, non ci sono stati contatti tra noi ed i nemici, al di là degli attacchi... forse, se si trovasse la maniera di parlamentare con loro..."

"Non c'è che un messaggio da mandare," sbotta lui, "Che si tolgano dai piedi e basta! L'armatura di Aiolos deve essere restituita con tante scuse, ed il Sacerdote Supremo deve presentarsi ad Athena con delle buone spiegazioni per quel che ha fatto. Le armature dei cavalieri morti devono tornare alle Scuole Segrete, tutte le condanne devono essere sospese..."

"Tutto questo richiede che Lady Isabel vada in Grecia, per farsi riconoscere," dice Hyoga, "Altrimenti queste condizioni non sarebbero nemmeno prese in considerazione. Cominciamo a chiedere un salvacondotto..."

"Che cosa?" esclama Seiya, indignato. "Noi dovremmo chiedere? Noi che siamo dalla parte della ragione?"

"I cavalieri del Santuario potrebbero non saperlo," ribatte Hyoga. Ed una cupa distanza riempie i suoi occhi. "Come non lo sapevo io, al tempo del torneo, quando sono venuto qui per uccidervi. Non c'è nulla di peggio per un credente dell'idea di combattere dalla parte sbagliata. Se non avessi saputo che Lady Isabel è Athena, contro Babel avrei perso, ed anche così... la vittoria non mi ha dato alcun piacere, perché il mio avversario era sincero."

"Quanti sentimentalismi!" sbotta Seiya, alzando una spalla. "Parli proprio come il qui presente Andromeda."

"Che male c'è nel mio modo di parlare?" reagisco di malumore, chiamato in causa da quella battuta. "Si! Io mi metto nei panni degli altri, e allora? So mettermi anche nei tuoi, Pegasus. Credi di risolvere i tuoi problemi personali nel sangue dei nemici, ed è per questo che ti turi le orecchie a tutte le proposte di pace di Lady Isabel..."

"Almeno io ci provo, a risolvere i miei problemi. Non aspetto che qualcun altro venga sempre a risolverli per me, come fai tu."

Lo guardo, fulminato da quel rimprovero.

"Ti spiace dire come e quando ho scaricato sugli altri i miei problemi?"

"Vuoi un elenco in ordine cronologico o alfabetico?" ribatte lui, ironicamente. "Visto che siamo finiti su quest'argomento, e ci siamo finiti per colpa tua, ora ti becchi la risposta piena... è un pezzo che voglio dirti un paio di cosette. Noi tutti abbiamo fior di problemi familiari: io ho perso una sorella per la strada, Crystal deve convivere con l'idea di essere figlio di chi sappiamo, Dragone muore dalla voglia di sposarsi e non può... ma abbiamo il buon gusto di tenerci queste storie per noi, perché sappiamo che c'è dell'altro al mondo, cose più importanti anche della nostra felicità. Tu invece non pensi ad altro che a tuo fratello. Fai il pacifista adesso perché non hai più niente per cui combattere: ti sei dato da fare finora solo per riconquistare Ikki ed ora che ce l'hai ti senti a posto. Del resto lui è uguale a te, si disturba a stare con noi solo perché ci sei tu, e non è che si dia la briga di nascondercelo. A voi due non frega niente di Athena, di sacre armature e quant'altro: siete peggio di due sposini, fedeli solo a voi stessi, e adesso che avete coronato il vostro bel sogno d'amore siete per noi solo delle palle al piede!"

Mi sento raggelare a quelle parole durissime. Per un attimo guardo Hyoga. Poi mi accorgo che sto facendo proprio quel che Seiya mi rimprovera: cerco qualcuno che mi difenda!

Di nuovo fisso il mio compagno giapponese, raccolgo il mio coraggio e rispondo: "Non sei giusto nei miei confronti, Seiya. Non mi sono mai tirato indietro, in nessuna occasione. Hai dimenticato che sono venuto con te su quell'isola del Pacifico..."

"E con che risultato? Spiacente per i tuoi delicati sentimenti, Andromeda, ma è ora di tirare qualche somma! Ebbene: tutti noi ci siamo dimostrati all'altezza dei cavalieri d'argento. Rendo onore alla forza del tuo borioso fratello: persino da moribondo è riuscito a stendere uno come Docrates. Io ho preso a calci Tisifone, e mandato all'Ade quel maledetto Eris. Dragone ha ammazzato Argos, Crystal ha fatto fuori Babel. E tu? Quali sono le tue grandi imprese? Hai fatto fare una figuraccia a quel cretino di Asher, sai che sforzo. Poi hai ucciso della minutaglia che non aveva nemmeno un cosmo decente. In compenso ti sei fatto mettere fuori combattimento da Pyros, poi da Argos, e sei vivo solo perché qualcuno ti ha sempre tirato fuori dai pasticci..."

"E' solo da questo che giudichi il valore di una persona?" protesto con voce tremante, "Dalla qualità dei morti che ha sulla coscienza?"

"Si dà il caso che questo sia il modo di giudicare il valore di un guerriero," ribatte lui, acidamente. "Ed anche se ti fa schifo, è questo che dovresti essere. Invece sei un fallimento, e te lo perdonerei, perché sei ancora un ragazzino... se solo non conoscessi le possibilità del tuo cosmo! L'ho sentito quando mi hai dato la tua energia, sul Suizhan... qualcosa di oscuro e spaventoso, come un pozzo di cui non si conosca il fondo! Adesso vorresti dirmi che è tutta un'illusione, che il fondo è lì a portata di mano, che tu vali davvero così poco?"

Segue uno sgradevolissimo silenzio, durante il quale non riesco a far altro che fissare Seiya, sull'orlo del panico.

"Mi avete messo sotto processo, stasera? Di qualunque cosa parliate, finisce sempre che ve la prendete con me..."

"Hai detto giusto: di qualunque cosa noi parliamo. Tu non dici mai niente, ti limiti sempre ad ascoltare. Sei sotto processo? Può darsi. Devi capire che di mezze lealtà non ce ne facciamo niente."

"Tutta la mia lealtà è per Athena!" tuono, quasi isterico. "Sono pronto a morire per lei, cos'altro pretendi?!"

"Che tu sia pronto anche a combattere, non solo a farti ammazzare!" Seiya si alza e fa un passo verso di me. "Non stiamo aspettando il mostro che deve mangiarci, per cui tu ti lasci incatenare ad una roccia come ha fatto Andromeda, e tanti saluti... stavolta dobbiamo andare noi a distruggere il mostro nel suo covo, e di imbelli vittime sacrificali non ce ne facciamo proprio nulla!"

"Cosa posso farci, se questo è tutto quel che posso offrire?!"

"Risposta troppo comoda, Shun! Non te la puoi permettere. Abbiamo bisogno di tutti in questa guerra, e del meglio che sappiamo dare... non certo del poco che hai elargito tu fino ad adesso, o dell'inutile, stupida arroganza di tuo fratello!"

E proprio in quel momento risuona una nota musicale, seguita dal fruscio delle porte dell'ascensore magnetico che si aprono.

Ci voltiamo tutti verso la sommità della scala. La figura imponente di Ikki è lassù, torreggiante su di noi, con le mani affondate nelle tasche della sua giacca a frange, i neri capelli scomposti, un'aria stanca e tagliente in quei suoi occhi da falco.

"Vedo che siete contenti di vedermi," esordisce nel silenzio, con una nota sardonica nella voce. "Stavate parlando di me? Eccomi qui."

***

Che tempesta di emozioni!

Me le godo tutte, scendendo lentamente le scale. L'atmosfera intorno a me è carica di un bizzarro flusso di ostilità, che quasi di comune accordo mi si avventa addosso come ferro ad una calamita. Percepisco anche l'esultanza di Shun, appena velata dal timore di chi sa di averla fatta grossa. Non gli do nemmeno il beneficio di un cenno, lo lascio cuocere nel suo brodo. Poi studio i presenti, uno ad uno: un breve esame che non piace a nessuno di loro.

"L'armonia regna sovrana in questa sala," dico, ironicamente.

"Come osi presentarti in ritardo, razza di delinquente?!" tuona Mylock, con voce stridula. "Chiedi immediatamente scusa, o altrimenti..."

"Altrimenti cosa?"

Meglio per te starmi alla larga, brutto figlio di puttana.

Lui capisce perfettamente il senso della mia occhiata, e rinuncia a completare le sue puerili minacce. Faccio un lieve sorriso di scherno, poi getto uno sguardo al soffitto della sala. Che posto odioso! Una bolla d'aria sottoterra, che mi ricorda il modo in cui ho concluso la mia ultima vita. Come possono aspettarsi che sia felice di venire qui?

"Benvenuto nella nostra umile riunione, grande guerriero," esordisce Seiya, con una grottesca parodia di buone maniere. "Ti ringraziamo di esserti degnato di partecipare, sottraendo tempo prezioso alle tue attività. Vuoi anche che ti serviamo il tè con i pasticcini?"

Cominciamo bene! Scrollo le spalle, senza nemmeno rispondere ad una simile cretinata. Ma Crystal attacca a sua volta, con la voce più fredda di un inverno siberiano:

"Stavolta Mylock ha ragione, Ikki. Hai mancato di rispetto a tutti. Devi delle scuse, se non altro a Lady Isabel che ti ha aspettato fino ad adesso."

Sogghigno. Quanto orgoglio ferito! Se potesse, mi spaccherebbe la faccia. Vuole vedermi umiliato, almeno davanti a qualcuno, ma non gli do questa soddisfazione.

"Risparmiami le lezioni di galateo, biondo. Non sono un dipendente della Fondazione, anche se i miei documenti dicono così, e non è colpa mia se milady ha preso troppo sul serio le sue stesse finzioni. Quindi non devo scuse a nessuno."

"Miserabile insolente..." comincia Mylock, quasi saltando per aria. Ma Lady Isabel lo ferma con un gesto deciso della piccola mano, mi guarda negli occhi con alterigia.

"Hai intenzione di mettere alla prova i limiti della mia tolleranza, Ikki?"

"Lei non metta alla prova i miei, milady."

La vedo rabbrividire lievemente al tono minaccioso della mia voce.

Ma decido di non inquietarla oltre, per cui mi appoggio alle sbarre della ringhiera e soggiungo, con noncuranza: "Sono qui, che diavolo vuole di più? Un po' più tardi degli altri, ma anche questo cane da guardia si è presentato regolarmente alla padrona. Per cui si accontenti."

Segue un silenzio nervoso.

"Non interrompiamo oltre la nostra discussione," dice Crystal, cupamente. "Abbiamo già perso abbastanza tempo."

"Aspettate," interviene Shun. "Prima di continuare, è giusto che anche mio fratello sappia quelle notizie che ci ha dato Lady Isabel al nostro arrivo..."

"Giusto e sacrosanto," aggiunge Seiya, e mi viene davanti. "Lasciate che gliele dia io, visto che è un compito ingrato. Ebbene, Ikki: abbiamo ricevuto un messaggio dalla Cina. Il nostro amico Dragone sta molto meglio, il suo braccio destro è quasi completamente guarito, e le arti del suo maestro gli hanno fatto recuperare quasi tutte le forze." Mi fa una faccia di odioso rammarico. "So che avresti preferito saperlo morto. Mi dispiace."

Non raccolgo nemmeno quella stupida provocazione.

"I suoi occhi?" chiedo, ansiosamente.

"Per il momento è ancora cieco, ma presto ci vedrà." Sorride. "Ne sono sicuro!"

Abbasso la testa, con un sospiro. Peccato. Recuperare la vista gli avrebbe reso le cose più facili, ed invece... dovrà percorrere per forza la strada più lunga.

Seiya mi afferra di scatto per un braccio. Rialzo la testa, vedo la sua faccia vicina alla mia, piena di un'indignazione oltre ogni limite.

"Credevo di scherzare, invece ti dispiace davvero di quel che ho detto!"

"Che cosa mi hai detto, razza di cretino?" l'apostrofo, liberando il braccio dalla sua presa con uno strattone. "Delle parole che non vogliono dir niente!"

"Niente?! Ti ho detto che Shiryu sta guarendo, che presto sarà con noi..."

"Scordatelo!"

Un silenzio scioccato segue le mie parole. Io mi scosto i capelli dalla fronte, sento il velo di sudore sulla pelle. Non posso spiegar loro quanto si illudono... l'ho promesso a Shiryu. Ed io mantengo sempre le mie promesse, anche quando non mi conviene.

"Dragone non ritornerà, e se lo farà non sarà certo presto," mi limito a dire, con tono asciutto. "E' inutile perder tempo ad aspettare che guarisca e ci raggiunga. Dobbiamo imparare una buona volta a fare i conti senza di lui."

"Come osi dir questo, tu..."esplode Seiya, e più che vedere sento il suo pugno destro che scatta nella mia direzione.

Alzo fulmineamente la mano e lo paro, afferrandoglielo. Poi stringo le dita, fino a sentire le sue ossa scricchiolare. "Datti una calmata, Pegasus!"

"Non sei proprio cambiato, Phoenix!... Sei sempre il solito schifoso opportunista che Docrates ha così ben definito. Proprio degno di te abbandonare un amico!... Da quando Dragone è stato ferito ha smesso per te di essere un compagno. Non ti sei degnato nemmeno di andarlo a trovare in ospedale, troppa fatica. E adesso ci dici di non contare più su di lui, trattandolo come se fosse morto..."

"Non hai capito un accidente, ma non importa!" Apro la mano e lascio andare il suo pugno, allontanandolo da me con uno spintone. "Non mi aspettavo niente di diverso da te. Continua pure a blaterare, ma non provare mai più a mettermi le mani addosso. La prossima volta non te la caverai così a buon mercato."

Lui ansima, pieno di furia impotente, e mi punta addosso un dito.

"Non me ne frega niente dei tuoi consigli! Tu non hai mai avuto fiducia in nessuno di noi, ma io sì, e sono sicuro che tra poco Dragone ritornerà. Vedrai, sarà lui a ricacciarti in gola quel che hai detto adesso, parola per parola!"

"Continua pure a sperarci," ribatto con un sorriso amaro. "Male non ti fa. Ma per il momento le cose stanno esattamente come prima. Le illusioni servono solo a non guardare in faccia la realtà, ed io ho smesso di averne... persino quelle che mi facevano più comodo. Sarebbe ora che apriste gli occhi anche voi."

Tutti distolgono lo sguardo da me.

"Ikki," mormora Lady Isabel nel silenzio, "a parlare di Dragone, rammento che un giorno ci consigliò di aver fiducia nella tua esperienza. Secondo te esistono possibilità di negoziare una tregua con il Sacerdote Supremo?"

"No."

Resta stupita dalla secchezza della mia risposta.

"Nessuna possibilità di evitare la violenza?"

"Nessuna."

"Meno male che qualcuno mi dà ragione ogni tanto!" bofonchia Seiya.

Lady Isabel non è convinta, mi guarda quasi smarrita.

"Come puoi essere così sicuro?"

"Per tutto il Santuario lei è solo una presuntuosa che osa possedere una cosa che non le appartiene. Che sia Athena o no spetta al Sacerdote Supremo dichiararlo, ed evidentemente lui non ne ha voglia. Chiunque lei sia, è comunque condannata a morte. I cavalieri del Santuario fanno sempre quel che il Sacerdote Supremo ordina, e per chi avesse dei dubbi è pronta la cura del mio maestro Adriaen." Scrollo le spalle. "Lei non ha nessuna moneta per comprare la pace."

La ragazza china la testa, avvilita. Seiya le si avvicina.

"Ikki ha ragione, non può comprare la pace. Ma ha le armi per conquistarla! Del resto a questo serviamo noi cavalieri, no? Suo nonno ci ha fatto addestrare per combattere, non per fare della diplomazia. Ed allora lasciamo perdere i convenevoli ed organizziamo un attacco diretto: elimineremo alla radice questa guerra inutile e vendicheremo Dragone." Si sporge verso di lei. "Io conosco la posizione del Santuario. Andiamo ad Atene, da lì ci facciamo portare da un elicottero in zona, e quindi entriamo in azione!"

Lady Isabel esita. Poi si gira verso Crystal.

"A questo punto cosa ne dici, Igor?"

"Non so cosa pensare, ma... forse devo avere più fede nella forza della giustizia. In fin dei conti finora abbiamo battuto avversari che sembravano più forti di noi. L'idea di Seiya, con qualche ritocco, potrebbe essere giusta."

"Shun?"

"Lei sa cosa penso, ma farò quel che vuole, e per quel che servirà... la proteggerò ancora, qui o in Grecia."

"E tu, Ikki? Qual'è la tua opinione?"

"La mia opinione? E' che siete tutti dei patetici illusi."

Un silenzio scioccato segue le mie parole.

"Credevo... che tu fossi d'accordo con me!" esclama Seiya, con voce stridula.

"D'accordo con te?" Lo guardo con disprezzo. "Il tuo cosiddetto piano fa schifo, non capisco come qui dentro tutti ti abbiano preso sul serio. Andare ad Atene, prendere un elicottero... come se il Santuario non si sapesse difendere da questo tipo di intrusioni! Ma dove diavolo ti sei addestrato, in Grecia o da qualche altra parte? Ti sei dimenticato che laggiù esistono cavalieri in grado di distruggere o ingannare ogni mezzo moderno, ed un sacco di semplici guerrieri perfettamente capaci di uccidere?"

"E allora?" chiede lui, insolentemente.

"Piantala di fare il gradasso! Senza Dragone siamo solo in quattro. Quattro cavalieri di incerta gerarchia contro tutto il Santuario! E quali alleati abbiamo? La tua Castalia, un cavaliere d'argento, e nient'altro. Possiamo contare su qualche cavaliere d'oro? Abbiamo solo in pugno delle supposizioni su quel certo Mur. E come se non bastasse, non abbiamo più nemmeno l'armatura completa di Aiolos!"

"Ma abbiamo Athena con noi," dice Crystal. "Non dimenticarlo."

Mi metto a ridere. "Athena!... Allora che vada da sola in Grecia, se è così potente e sicura di sé."

Lady Isabel trasalisce visibilmente, gli altri mi guardano quasi con orrore.

"Stavolta le chiedi scusa, Ikki," ringhia Seiya, venendo a parlarmi quasi sotto al naso. "Altrimenti è la volta buona che io..."

"Per favore, Pegasus!" Lady Isabel sente il suo signorile controllo vacillare, e cerca disperatamente di mantenerlo. "Niente polemiche inutili. Ikki è un cavaliere ed ha diritto di esprimere le sue opinioni..." mi guarda, "Sempre che poi proponga delle valide alternative."

Sono esasperato da tanta stupidità.

"Devo proprio dirvelo io? Non ci arrivate da soli?... Non abbiamo alternative! Stando così le cose, semplicemente non possiamo andare in Grecia, né per parlamentare, né per combattere. Aspettiamo pure gli altri cavalieri di Alman... per quel che servirà quel branco di incapaci... ma se vogliamo avere speranze dobbiamo essere sicuri di avere dalla nostra qualche cavaliere d'oro. Altrimenti andremo tutti verso il massacro, e nella più stupida delle maniere!"

"Non ti facevo così codardo, possente Phoenix!" tuona Seiya, furibondo. "Da te non me lo sarei proprio aspettato. Non fai che romperci l'anima con la tua presunta superiorità, sei sempre pronto a sparare insulti a tutto spiano sui compagni di lotta... siamo tutti indegni di combattere al tuo fianco, perché solo tu sei capace di farlo! Ma adesso che si arriva al dunque il grande guerriero preferisce ritirarsi con la coda tra le gambe, come un..."

Non finisce la frase. Gli assesto un manrovescio che lo manda col sedere per terra. I suoi compagni fanno un passo verso di me.

"Fermi!" esclama Lady Isabel.

Nel silenzio che segue, alzo la testa.

Basta.

Mi sento finalmente libero, leggero, come se mi fossi tolto un peso di dosso!

Tutti si accorgono di quel che è successo dentro di me. E mi guardano raggelati.

"Non potete dire che non ci abbia provato," dico loro, tranquillamente. "Mi ci sono messo d'impegno, ma adesso ne ho abbastanza. Ho sopportato anche troppo la vostra compagnia, le vostre stupidaggini, la vostra ipocrisia. Mi chiedo perché abbia fatto tutta questa fatica. Tanto voi tutti mi odiate e mi temete al pari di prima, se non peggio. E non tanto perché sia Phoenix, nome che mi avete appioppato come un insulto ogni volta che vi davo fastidio... quanto per via dei miei poteri mentali! Non è facile convivere con qualcuno che sa sempre quando mentite, vero? Qualcuno che può vedere senza sforzo tutto lo schifo che siete dietro la vostra facciata di bravi eroi! Questa è la vera colpa che non mi perdonate, non quella di essere stato un ribelle ed un assassino. L'unico di voi che poteva affrontare il mio sguardo senza paura era Dragone, e adesso che è fuori gioco... non ho più un luogo pulito dove posare gli occhi!"

Segue un pesante silenzio imbarazzato. Shun fa un passo verso di me, comincia:

"Ikki, io..."

"E tu stammi alla larga," gli intimo, fulminandolo con un'occhiata. "E' per te che mi sono prestato a recitare il ruolo del bravo ragazzo. Ma non appena mi hai avuto accanto ti sei lasciato andare, e sei diventato più rammollito che mai." Sorrido, amaramente. "Sei un cavaliere, e sarebbe ora che ti decidessi a crescere e diventare un uomo, anziché giocare a fare il bambino. E' chiaro che la mia compagnia non ti fa bene, per cui ti annuncio che me ne vado."

"Come, te ne vai?" Mi guarda disperato. "Non vorrai lasciarmi di nuovo solo!..."

"Certo. E ti do un consiglio. Stavolta non cercare di sostituirmi con qualcun altro. Impara a vivere senza prostituirti per un po' di compagnia. Sii pure quel che sei, ma con un poco di dignità in più, e vedrai che avrai molte meno occasioni di frignarti addosso."

Le mie parole lo lasciano senza fiato.

Volto le spalle alla compagnia e comincio a salire le scale.

"Aspetta, Ikki!"

E' la voce sferzante di Lady Isabel. Mi fermo.

"Non ti ho dato il permesso di andartene."

Riprendo a salire.

"Hai dei doveri verso me e i tuoi compagni!" tuona lei alle mie spalle. "Non puoi metterli da parte quando ti fa comodo!"

Non mi curo nemmeno di risponderle. Sull'ultimo gradino la sento gridare, quasi isterica:

"Cavaliere di Phoenix!... Rimani qui! E' un ordine!"

Mi fermo, mi volto appena verso di lei.

"Ho sentito bene? Un ordine?"

"Hai sentito benissimo. Io sono Athena, e tu un mio cavaliere. Obbedisci!"

Segue un silenzio vibrante, tutti mi guardano col fiato sospeso, aspettando la mia risposta.

Sorrido, tranquillissimo.

"Se tu sei Athena, allora ascoltami bene, perché non te lo ripeterò più. Non accetto ordini da nessuno, tantomeno da te. Non ti devo niente. Se vuoi riprenderti il potere che mi hai dato, fai pure... non sai il piacere che mi fai."

Aspetto, ma naturalmente non accade niente. Come immaginavo. Lei si limita a fissarmi con occhi sbarrati, la faccia tutta rossa di furia impotente.

"Bene, allora o tu in questo momento non sei Athena... o la dea dentro di te è abbastanza furba da aver capito l'antifona. Sa che la Fenice è una creatura selvaggia, che non si lascia dominare da nessuno. E tu, Lady Isabel Saori... non costituisci un'eccezione."

Segue un silenzio agghiacciato. Crystal fa un passo avanti e dice:

"Aspetta, Ikki, non dire cose di cui potresti pentirti. Ora sei consapevole anche tu della natura divina di Lady Isabel, e se le disobbedisci deliberatamente... questo fa di te nuovamente un cavaliere decaduto!"

"E allora?" ribatto, alzando le spalle. "Io sono sempre stato un cavaliere decaduto, per lei e per tutti voi. Non mi sono mai illuso del contrario! Per cui è giusto che ora vada per la mia strada."

"E dove andrai?" chiede Shun, quasi in lacrime.

Faccio il mio solito gesto di saluto e salgo gli ultimi gradini. La porta si apre davanti a me.

"Phoenix," dice Lady Isabel, la voce piena di orgoglio ferito, "Non credere di poter fuggire da me. Ti farò ritrovare, dovessi spendere tutte le risorse della Fondazione per questo!"

Ridacchio.

"Non sprecare soldi, divina Isabel. Non mi hai trovato quando eravamo nemici, e non mi troverai nemmeno ora. Ti consoli sapere che sarò sempre io a ritrovare te. Addio."

Varco la soglia e la porta si richiude alle mie spalle.


parte terza
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