VARIAZIONI SU UN TEMA DI MASAMI KURUMADA

(SAINT SEIYA)

di Hanabi, estate 1994

I personaggi di Saint Seiya sono proprietà di M. Kurumada/Shueisha.

 


CAPITOLO 4: "Phoenix" - parte terza

Il monte Suizhan è una rara isola di pace in questo mondo di progresso a tutti i costi, e deve questa sua qualità al fatto di essere tetro, impervio, brullo, sterile, pericoloso e lontano dalle principali vie di comunicazione. Non si possono sfruttare commercialmente queste scisti franose e grigiastre, sempre pronte a rotolare a valle. Allora i piccoli uomini hanno deciso di dichiararle parco naturale, quasi si vergognassero di ammettere il loro fallimento, e vi stanno prudentemente alla larga, specie in questa stagione.

L'altipiano che ho scelto per lo scontro finale è praticamente irraggiungibile da terra per un comune mortale. E' costellato da grotte, burroni e crepacci; la roccia è velata di neve e frustata da venti gelidi. La grande Fondazione Thule ha deciso di mandare qui i suoi campioni con un moderno elicottero, ma è da un pezzo che lo sento aggirarsi nei paraggi, dietro alla fumigante massa di nebbia, alla ricerca di un varco.

Decido di rendere le cose più facili al pilota, sono stufo di aspettare.

Mi alzo dal mio seggio tra le rocce, alzo lo sguardo ed apro le braccia. Sento la mia armatura fremere, la sensazione inebriante del potere che fluisce in me. E' come se dalle mie braccia partissero delle smisurate ali di energia: mi basta muoverle appena per generare un possente vento che straccia le nebbie in un istante. I miei uomini si proteggono la faccia dalla neve che sollevo, sono impressionati dalla mia potenza. Ma per me è stato solo uno scherzo, un semplice esercizio per sciogliere i muscoli... ed un po' di brividi nella schiena per i miei avversari, che vedano quale potere stanno sfidando!

L'elicottero ondeggia paurosamente a quell'improvvisa corrente, si stabilizza. Il portellone si apre, un duplice cavo viene gettato a penzolare fin quasi a terra. Un tipo spavaldo, in tuta e maglietta nonostante il freddo, si sporge dal portellone, si attacca ad una maniglia di sicurezza e si lascia scivolare lungo il cavo. Porta a tracolla una semplice sacca di tela.

E' Seiya. Senza armatura, naturalmente... Dragone non ha fatto in tempo a tornare, come immaginavo!

Poi una seconda figura appare al portellone. Stivali da neve, un'ampia casacca gonfiata dal vento, uno scrigno sulle spalle. Capelli del colore del sole nella nebbia.

E' Crystal, l'avversario più degno di considerazione. Duro come il suo soprannome... ed altrettanto fragile, rammento a me stesso con un sorrisetto.

Mi aspetto che l'elicottero si allontani, com'era nei patti. Invece una terza figura appare al portellone. E' avvolta in una tuta termica candida, con occhiali da sci, la testa coperta da un cappuccio.

E porta sulle spalle uno scrigno di bronzo!

"Lupus?" mormora uno dei miei uomini, con stupore.

No, è troppo piccolo per essere Markus.

La figura si lascia scivolare giù dal cavo, cade nella neve, con l'agilità di un gatto. Si volta e fa un cenno all'elicottero, che rombando si allontana. Quindi raggiunge i compagni, camminando con passo felpato e pieno di grazia.

"E' Andromeda!" esclama la mia Ombra favorita, "Riconoscerei quel modo di camminare tra mille."

Stringo le mascelle. Non mi piace essere imparentato con qualcuno che si fa riconoscere per la propria andatura. Spero vivamente che il mio uomo si sbagli, Shun dovrebbe essere ancora in coma, l'ho colpito sodo quella notte...

Però quella tuta mi dà da pensare. Un cavaliere non ne avrebbe bisogno per difendersi dal freddo, a meno che non possa esprimere la sua energia. E che io sappia, solo Shun può avere questa particolarissima menomazione, perché gliel'ho inflitta io!

"Maledizione," dico, a denti stretti.

"Questo non te l'aspettavi, padrone," mormora uno dei miei uomini.

E' ovvio che non me l'aspettassi. L'avevo lasciato in fin di vita, sperando che non mi seccasse più con le sue lagne per un bel pezzo. E invece eccolo lì, con la sua inutile armatura sulle spalle, a fare l'eroe!

"Non cambia nulla," rispondo, "E' ancora senza poteri, se la farà sotto alla prima occasione. E' venuto a morire con i suoi compagni... bene, stavolta lo accontenterò! Così la farò finita con lui una volta per tutte." Sento la mia Ombra agitarsi alle mie spalle. "Che vuoi dire? Parla!"

"Padrone," mi dice ansiosamente, "So che lui è... era tuo fratello; ma spero che tu voglia lasciarmelo..."

Il mio sguardo si indurisce. "Non è e non era mio fratello. Quindi te lo regalo volentieri. Fa' quel che ti pare con lui, ma ricorda: abbiamo qualcos'altro da fare, oltre massacrare questi idioti."

"Certo, padrone, non lo dimenticherò."

Mi sporgo dal mio nascondiglio, guardo sotto. I miei ospiti sono dove li volevo.

"Benvenuti, cavalieri," li saluto sardonicamente, e la mia voce echeggia tra le rocce nude, raggiungendoli da tutte le direzioni.

Il terzetto trasalisce, Shun si accascia tappandosi le orecchie, in preda ad un evidente malessere. I suoi amici lo ignorano, si guardano intorno, finché Crystal alza la testa e mi vede.

"Risparmiaci i saluti, Phoenix," esclama, "Sappiamo che non sono sinceri."

"Ma lo sono," ribatto, "Vi stavo aspettando ansiosamente, perché mi avete portato ciò che mi appartiene di diritto."

"Scordatelo!" grida Seiya, "Non ti abbiamo portato niente, siamo venuti a riprenderci quel che hai rubato!"

Scoppio a ridere. "Non sarete così stupidi o presuntuosi da crederlo possibile! Voi tre mezzi cavalieri, di cui uno senza armatura e l'altro senza energia!"

"Siamo più che sufficienti per te ed i tuoi scagnozzi," ringhia Seiya, velenosamente.

"Se le parole uccidessero, Pegasus, forse avresti qualche speranza. Ma basta con i convenevoli!" Smetto di ridere. "Allora! Vi arrendete o combattete?"

"Combattiamo," risponde Crystal per tutti.

"Molto bene. Vi rammento soltanto le regole di questo scontro, come devo fare in quanto sfidante." Alzo la mano con le dita aperte. "Noi siamo cinque, custodiamo ognuno un pezzo dell'armatura d'oro. Voi vi dividerete i pezzi in vostro possesso, e da quel momento la nostra caccia all'armatura comincerà. Ci batteremo secondo l'uso del Mondo Segreto, uno contro uno, senza altre limitazioni o regole da rispettare, ed il vincitore avrà in premio il pezzo dello sconfitto. La resa equivale al passaggio in campo avverso, con l'obbligo di obbedienza. Vita e morte sono a discrezione del vincitore. Nient'altro! Tutto molto semplice, come vedete."

"Che garanzie offri per il rispetto di queste regole?"

"Garanzie?" Poso il piede sulle rocce davanti a me. "La sicurezza che tanto nessuna regola potrà salvarvi. Se in qualche modo mancherete ai patti o tenterete di ingannarmi, sapete come sfogherò la mia vendetta."

"E se tu facessi altrettanto, su cosa ci vendicheremmo noi?" chiede Seiya, sarcastico.

"Io rispondo solo per me stesso, non ho ostaggi per nessuno. Ma non temete. Rispetterò le mie regole semplicemente perché lo voglio. Che vi basti questo!"

Crystal mi guarda con gelida sfida. "Noi rispetteremo le tue regole perché siamo cavalieri di Athena. E questa sarà la tua garanzia migliore, Phoenix."

"Molto bene." Mi raddrizzo, soddisfatto. "Non c'è altro da dire, né altro da fare."

I miei uomini compiono il gesto rituale e gridano in coro: "Nike voli sul più forte!"

"Nike sia con la giustizia," risponde appena Crystal.

Ed un istante dopo la battaglia segreta comincia!

***

Cammino con tutti i sensi all'erta, i miei passi silenziosi sullo strato sottile di neve. Sono un cacciatore che è anche una preda, il mio nemico potrebbe tendermi un agguato... o io potrei tenderlo a lui, se lo trovassi prima.

Conosco questo tipo di combattimento. Ad Anthrâ, dove lo spazio era insufficiente, ci facevano duellare bendati, in campo chiuso, per sviluppare la capacità di percepire l'avversario. Era l'unica occasione in cui il mio fisico sottile e leggero mi aiutava: nessuno riusciva a sentirmi quando mi muovevo, posavo i miei passi come piume sui ciottoli del campo. I miei avversari prima o poi commettevano degli errori, e Nemesis mi insegnava ad attenderli pazientemente, a sospendere quasi i miei pensieri e a non lasciarmi vincere dal nervosismo. E poi mi sgridava perché non attaccavo quasi mai, e mi picchiava sodo dicendomi: "Così impari a sprecare il tuo talento!"

Adesso non posso sprecarlo. Devo usarlo tutto, se voglio sperare di fare qualcosa di utile. Non mi faccio illusioni, sono io il più debole dei miei compagni. Li ho sorpresi con la mia decisione di venire qui, mi hanno chiamato incosciente e pazzo, ma Seiya ha sospirato:

"Beh, non più pazzo di noialtri, dopotutto."

E Hyoga mi ha detto, con un raro sorriso di apprezzamento: "Ti ho sottovalutato, Shun. Spero che anche i nostri avversari facciano altrettanto."

Lo spero anch'io. E' sempre stata la mia risorsa migliore!

Mi fermo un istante, ascoltando le energie intorno a me.

Chi sono i guerrieri di Phoenix? Non sono cavalieri, e questo mi rassicura: non sento il loro cosmo, anche se ho percepito una strana energia da loro... un'energia che aveva lo stesso colore di quella di mio fratello, come se ne fosse un'estensione. E adesso mi sento come immerso in quel cosmo fiammeggiante, incapace di distinguere una direzione precisa.

Se soltanto avessi le mie catene arcane...

Mi scuoto. Non le ho. E non vesto nemmeno la mia armatura, ben sapendo che ora mi impaccerebbe e basta. E pensare che il mio potere è così vicino... a solo un passo, un incubo di distanza!

Vado avanti. Il sentiero diventa pericoloso, costeggia un burrone, mentre un parete ripida delimita l'altro lato. Non è liscia, è un caos di rocce che sembrano quasi ammucchiate a casaccio, con molti slarghi e nicchie qua e là. Solo qualche lichene e qualche scarna erba montana si insinuano tra le fessure, tutto è squallido e nudo come ad Anthrâ; però l'aria è molto più rarefatta, gelida e umida, e se non avessi la tuta termica procuratami da Lady Isabel mi intorpidirei in una decina di minuti. Certo che questo vestito non è l'ideale per combattere: mi intralcia un po', e soprattutto interferisce con i miei sensi...

Abbasso il cappuccio sulle spalle, ma tengo gli occhiali: il vento gelido sale dal burrone e mi butta in faccia la neve polverizzata, senza protezioni sarei accecato del tutto. Meglio vedere un po' meno bene, e comunque ad Anthrâ ho imparato a combattere - ed amare - senza affidarmi troppo agli occhi ingannatori. Se il mio avversario pensa di mettermi in difficoltà su quel terreno così inospitale, sarà deluso...

Ad un certo punto sento un tintinnio metallico, lievissimo, provenire da un'apertura nella roccia poco sopra di me.

Ecco il mio nemico!

Mi fermo. Poi faccio un passo verso il punto da dove è venuto il rumore. Tutti i miei muscoli si bloccano a metà del movimento, mantenendo miracolosamente il loro equilibrio.

Più che vederlo, ho percepito il sottile filo di seta teso davanti a me...

Devo agire subito, senza esitare. Ormai sono stato scoperto!

Un movimento rapido delle mie braccia srotola un tratto delle catene che mi ero portato addosso, avvolte nel modo insegnatomi da Albyon per non fare rumore. Calo un fendente sul filo di seta e schizzo contemporaneamente all'indietro, fin sul ciglio del baratro.

Un grosso masso piomba istantaneamente ai miei piedi, nel punto dove mi trovavo un momento prima. Si spezza in tre grossi frammenti che schivo mentre rotolano nel burrone, precipitando per qualche centinaio di metri.

Non ho il tempo né il coraggio di guardare dove sono finiti. Salto in avanti, nel punto esatto dove il masso si è abbattuto: non sto ragionando, mi sto affidando agli automatismi che Nemesis ha impiantato dentro di me...

Se sfuggi una trappola, il posto più sicuro è proprio dov'è già scattata.

Faccio roteare la catena di difesa e scopro che ci sono altri fili di seta tesi più avanti. Altri massi cadono, rotolando; ma io non guardo verso l'alto, come il mio istinto mi urla di fare... guardo invece davanti a me, ricordando le parole della mia maestra:

Chi mette una trappola chiama l'animale che è in te. Si affida alla tua paura.

Nemesis aveva perfettamente ragione. Una figura nera balza fuori dal suo nascondiglio e mi scaglia contro qualcosa che sembra una catena d'attacco. Se fossi distratto mi colpirebbe in pieno, ma riesco a vederla in tempo per schivarla, anche se non oso spostarmi molto. Evito la punta, ma qualcosa riesce comunque ad incidermi la tuta, arrivando ad un filo dalla pelle. La catena cade a terra e per un istante la guardo, ad occhi spalancati.

Non solo la punta triangolare, ma tutti gli anelli sono lavorati ed affilati come rasoi! Non mi aspettavo proprio di trovare un adepto dell'Arte Sacra al servizio di Phoenix, e mi chiedo come mai utilizzi un'arma eretica come quella: ad Anthrâ era vietato modificare le catene tradizionali, pena la morte...

Mi raddrizzo, porto le braccia lungo i fianchi sciogliendo le mie catene.

"Chi sei?" chiedo, in greco antico.

La nera figura si avvicina, ritirando la sua catena micidiale. Porta una veste da battaglia di seta, con una strana armatura di cuoio che assomiglia per struttura a quella di Ikki. Sul viso ha una maschera liscia, senza fattezze, con solo delle fessure agli occhi ed alla bocca. I capelli sono scuri, cortissimi, quasi rasati a zero.

"Sarebbe stato un peccato se tu fossi caduto al primo colpo, Andromeda," mi dice la sua voce soffocata. "Avevo preparato le trappole con cura, ma preferisco così."

Si toglie la maschera.

"Redha!..." mormoro, esterrefatto.

"Ci rivediamo, piccolo Shun," mi sorride lui, torvamente. "O forse dovrei chiamarti... Gran Maestro di Anthrâmatha." Raccoglie il peso triangolare con la sua mano guantata di cuoio. "Per quel poco che ti resta da vivere!"

***

Tanti saluti alla mia Ombra numero uno, un arrivederci di cuore al coprispalla sinistro. Sapevo che sarebbe finita così, quindi non spreco una lacrima per quel disgraziato che è stato appena ucciso praticamente sotto i miei occhi.

Crystal il Cigno è l'unico dei miei avversari ad avere sia il cosmo che l'armatura, e devo ammettere che è un discreto guerriero. La mia povera Ombra non aveva nessuna speranza contro di lui, ma mi ha dato modo di studiare il suo stile di combattimento. Ed ha fatto un buon lavoro, resistendo abbastanza per convincere il russo a tirar fuori i suoi poteri congelanti.

Polvere di Diamanti... Koliso... Kholodnyi Smerch.

Bellissimi nomi, ma il principio è sempre quello.

Sottrazione di energia.

Crystal è convinto che nulla possa resistere ad un potere come il suo. Raccoglie il pezzo dell'armatura che ha appena conquistato, e grida:

"Uno di meno, Phoenix!... Trovami qualcuno di più degno con cui battermi!..."

La sua voce tenorile, trionfante echeggia per tutta la montagna. Ma guarda quanto è borioso, quel biondino! Si sente grande per aver ammazzato un povero imbecille...

"Phoenix!" tuona ancora, "E' te che voglio! Vieni fuori!"

"Smettila di gracchiare, sono già qui," gli dico, saltando giù dal mio nascondiglio. Atterro morbidamente davanti a lui, che arretra e si mette subito in guardia, fissandomi con occhi dilatati. "Non agitarti, Cygnus," gli dico sogghignando, "Non ho intenzione di colpirti a bruciapelo. Ci mancherebbe che avessi così tanta paura di te da batterti con degli stratagemmi!"

"Rammenta la mia promessa," mi ringhia lui, "Sono io che ti sfido. Ho fatto della tua sconfitta il principale compito della mia vita..."

"Risparmiami i proclami," lo interrompo. "Ti darò soddisfazione, mi batterò con te. Aspetta solo che faccia pulizia..."

Vado là dove giace il cadavere del mio uomo, lo prendo per le braccia e lo trascino sul ciglio del burrone. Stacco una delle scaglie metalliche dalle code della mia armatura, gliela metto in bocca al posto della tradizionale moneta, gli chiudo le mascelle e lo butto di sotto.

"Bel rispetto per qualcuno che è morto a causa tua," mormora Crystal, agghiacciato, sentendo il tonfo del cadavere sulle rocce.

Lo guardo, con un sorriso tagliente. "Tutto il rispetto che meritava. Gli ho dato anche il regalino per Caronte. Che volevi di più? Non era altro che una carcassa vuota, cibo per i corvi... spazzatura."

"Era un essere umano!" tuona Crystal, con veemenza.

"Prima che tu lo ammazzassi. Dimmi, Cygnus, è forse abitudine di voi cosiddetti Cavalieri della Giustizia aver compassione degli avversari solo dopo che li avete uccisi?"

Lui impallidisce.

"I morti hanno pur sempre un'anima immortale degna di rispetto!"

"Sai che se ne fanno, del vostro rispetto!" Sputo per terra. "I morti sono morti. O sei ancora così infantile da credere in qualche aldilà?"

Ma guarda quanto gli dà fastidio l'argomento! Tutto il suo corpo è teso come la corda di un arco. Vorrebbe tapparsi le orecchie per non ascoltarmi...

"Phoenix," mormora, "Ma come puoi dire questo? In quale abisso di perversione sei precipitato, per non credere nemmeno nelle cose più sacre?"

"In quali cose sacre dovrei credere, dopo quel che ho vissuto all'Isola della Regina Nera?" ribatto acidamente, facendo un passo avanti. "Dio, Buddha, Cristo, Athena?... No, Crystal, non credo più a queste favole. Sono adatte solo ai deboli che non possono contare sulle loro sole forze. Non c'è niente di sacro al mondo! Dio non esiste, e se c'è... non gliene frega niente di noi!"

Lui mi guarda, scandalizzato. "Ti rendi conto di quel che stai dicendo? Dovresti essere un sacerdote di Athena, e neghi l'esistenza di un potere superiore..."

"Certo che la nego!" esclamo. "Ci hanno detto di combattere per la santa causa dell'umanità... questa massa di spazzatura crudele, sporca, ingiusta ed ingorda. E ci hanno parlato di grandi ideali e sublimi aspettative..." Scuoto la testa con violenza. "No, Crystal: che si fottano l'umanità, gli ideali e le aspettative! Io voglio un motivo molto più semplice, diretto, comprensibile per battermi dopo quel che mi è costato il potere. Il mio benessere, la mia soddisfazione, la mia gloria... non quella di qualche dio o di qualche Sacerdote Supremo!"

"Come osi dire un'eresia simile?!" tuona lui, inorridito. "Non fai altro che confermare la tua indegnità al titolo di cavaliere, e ribadisci la ragione della tua condanna a morte!"

Mi metto in guardia. "Allora, paladino di tutte le divinità che io nego e calpesto, ti suggerisco di chiedere il loro aiuto per battermi... e vedremo quanto ti servirà!"

"E' esattamente quel che farò, cavaliere decaduto," risponde lui, fissandomi gelidamente. Si prepara a combattere, iniziando la sua danza, ed espande il suo cosmo negativo. "Questa è la risposta del Cigno alle tue parole sacrileghe!"

L'aria comincia a turbinare attorno a noi. Un vortice di minuscoli, scintillanti cristalli di neve si forma attorno alle sue braccia, mentre la temperatura scende sensibilmente.

Mi viene da ridergli in faccia. Povero sciocco, mi considera così poco da destinarmi il suo colpo segreto più banale?

"Polvere di Diamanti!"

Vedo il gesto definitivo delle sue braccia, la bolla d'aria superghiacciata si dirige fulmineamente verso di me. Ma mi basta concentrare appena il mio pensiero per rendere la superficie della mia armatura quasi incandescente, ed un battito delle mie ali di energia spinge l'aria surriscaldata contro di lui.

Le due correnti si scontrano in mezzo a noi. La cosiddetta Polvere di Diamanti si squaglia in un istante e svanisce in un turbine di nebbia, che il vento disperde in pochi secondi.

Ci fissiamo in silenzio, ambedue con le braccia ancora tese verso l'avversario.

Ma io sorrido, lui no.

"Hai... annullato il mio colpo senza sforzo!" mormora Crystal, attonito.

"Stupito?" Mi raddrizzo. "Non ti hanno insegnato che il colpo segreto di un cavaliere raggiunge la sua massima efficacia soltanto la prima volta che viene usato?" Avanzo verso di lui. "Ti ho già visto usare la tua Polvere di Diamanti. Buona per cogliere di sorpresa gli idioti come Hydra. Può fare paura, è vero, ma in fin dei conti non è che un po' di aria fredda. La tua grande arma non è che una burletta, per chi conosce il suo segreto!"

Vedo lo sgomento nei suoi occhi. E l'inizio della paura.

Sa che è il mio turno di attaccare!

"Rammenta che anch'io ho visto i tuoi colpi segreti, Phoenix," mi dice minacciosamente.

"Davvero?" Avanzo ancora, senza timore. "Tu non hai visto niente di quel che posso fare."

"La tua Illusione Diabolica... l'ho vista anch'io al torneo!"

"E' solo uno dei miei colpi. Uno dei tanti." Un altro passo, l'ultimo. "Dici che l'hai visto? Bene. Ti farò comprendere la differenza tra vederlo... e provarlo!"

Lui arretra istintivamente, si mette in guardia, ma vedo i suoi occhi spalancarsi, inorriditi: si sta rendendo conto che non ha assolutamente idea di come fermare il mio attacco... all'ultimo momento cerca persino di proteggersi la testa con le mani.

Come se questo potesse servirgli a qualcosa!

La mia energia penetra nel suo cervello come una lama nel burro, paralizzandolo istantaneamente.

"Ecco fatto," dico, con un sorriso crudele. "Ti è servito molto conoscere il mio colpo segreto, vero?"

Non può rispondermi. Non emette un suono, per almeno mezzo minuto non respira nemmeno, tanto che mi chiedo se non l'ho ucciso sul colpo. Ma poi emette un singhiozzo, le sue braccia cadono lungo i fianchi, la testa in avanti. Il resto del suo corpo resta nella rigidità catalettica provocata dallo shock.

"Lo sai, Crystal?" gli dico a voce bassa, "Un cavaliere orgoglioso come te non dovrebbe andare in giro con la sua più grande debolezza scritta in faccia."

Occhi sbarrati, pupille dilatate. Battito cardiaco frenetico.

"La mamma morta," continuo con voce suadente, avvicinandomi fin quasi al suo orecchio. "La cara mamma. Dimmi, pensi spesso a lei?"

Un suono raspante dalla sua gola.

Gli afferro saldamente la nuca, lo costringo a guardarmi in faccia. Mi concentro: voglio proprio divertirmi con questo borioso giustiziere...

"E' bella, mamma, vero?"

Si, è bella, posso vederla attraverso il suo ricordo. Non c'è un ritratto definito di lei, solo particolari, frammenti di visioni. Capelli biondi sotto un foulard. Bocca sorridente. Calore di un seno. Occhi verdi dolcissimi... che mi ricordano tremendamente qualcuno.

Guarda, guarda!

C'è il ricordo di un naufragio. Potrei usare quello?... No, non sarebbe efficace come vorrei. Crystal non lo vive come un vero e proprio trauma. Perché?

Perché non sento il dolore di un lutto.

Che formidabile difesa ha eretto per non provarlo?

Eccola.

E' una fantasticheria coltivata con venerazione assoluta, come un film pronto ad essere proiettato centinaia, migliaia di volte.

Vedo una distesa di gelido oceano, con dei lastroni di ghiaccio che galleggiano. Crystal è su uno di essi. Guarda quel mare, si tuffa, scende negli abissi. Vede il relitto di una nave passeggeri, romanticamente adagiato sul fondo. Entra nel relitto, nuotando, senza aver bisogno di respirare: si sente completamente a suo agio. Il silenzio è solenne. Apre una porta, entra in una cabina. Sul letto, illuminata da un'adorabile luce verdognola che viene da chissà dove, è distesa la sua bellissima mamma in abito da sposa, circondata da fiori, sorridente, con gli occhi chiusi come se dormisse.

Si china su di lei, e la bacia appassionatamente...

Sorrido, con tutta la mia cattiveria. E' fin troppo facile. Mi basta distruggere quel patetico sogno perché la disperazione non trovi più argini, e dilaghi dentro di lui.

"Di nuovo, tuffati," sussurro appena, al suo orecchio. "Ma stavolta lo farai davvero, guarderai in faccia la realtà che neghi con tutte le tue forze. Le acque sono fredde, puzzano di petrolio, sono inquinate, torbide. Scendi nell'oscurità degli abissi. Guarda il relitto. E' squarciato da un iceberg, non è vero? E' piantato tra le rocce. Ora è arrugginito, corroso, coperto da alghe, da molluschi, quasi irriconoscibile. Entra in questo grottesco, orrendo cimitero. Raggiungi la tua cabina, apri la porta: ma dovrai scardinarla. E lì dentro... cosa ci troverai?"

Crystal mugola, le lacrime scorrono abbondanti dai suoi occhi. Lo sa meglio di me, ma vuole negarlo con tutte le sue forze...

La mamma. La bellissima mamma. Ma il mare che la custodisce non è sterile, non è un vaso di formalina come crede lui. Gli faccio vedere cosa ne è stato di quel cadavere meraviglioso. La sua lenta putrefazione. Mamma galleggia oscenamente dentro la cabina, tutta gonfia, inarcata dai gas. Poi gli organismi marini se la mangiano. Piano piano. A cominciare dai dolcissimi occhi verdi...

Crystal sta urlando selvaggiamente, come un animale sgozzato. Cade in ginocchio a terra, piegato in due, la faccia verdognola, gli occhi che sembrano voler schizzare dalle orbite.

"Mama.... mama.... mama!"

Si strappa i capelli, a ciocche, si rotola nella neve, completamente impazzito.

"Per questo credi tanto nell'aldilà?" gli dico, sogghignando. "Povero illuso! Faresti meglio a pescar granchi nel mare in cui tua madre è affogata, e mangiarteli. Questa sarà la maggior intimità che potrai avere con lei, ora e per sempre!"

Per un istante lui resta inerte. Poi si mette a vomitare.

Volto le spalle a quel miserevole spettacolo. Che patetico, debole cavaliere da quattro soldi!... E questo sarebbe un guerriero? Con questo stomaco delicato e questa mente mammona fatta di gelatina? Persino Shun mi è sembrato più forte di lui!

Lo disprezzo così tanto che non mi scomodo nemmeno a dargli il colpo di grazia. Probabilmente ci penserà da solo, buttandosi nel burrone per non sopportare i suoi incubi. Vado là dove aveva lasciato il suo bottino, mi chino e lo raccolgo: ecco il coprispalla sinistro, più i due schinieri che lui custodiva... e con il mio, fanno quattro pezzi dell'armatura d'oro!

Bene, il grosso è fatto. Porterò questi pezzi al mio nascondiglio, ed aspetterò gli altri: tanto ho eliminato il peggiore degli avversari, il resto sono bazzecole...

All'improvviso sento un'ondata di energia cosmica ostile alle mie spalle.

"Phoenix!..."

Una voce impastata, roca, irriconoscibile.

Mi volto, sbalordito. Crystal mi sta guardando. E' stravolto, in lacrime, scarmigliato, allucinato... ma ancora cosciente!

"Non hai... ancora... vinto!" mi dice, alzandosi sulle ginocchia, a fatica.

Lascio andare i pezzi dell'armatura.

"Complimenti," dico, acidamente. "Sembra che tu riesca ancora a ragionare. Sei stato fortunato."

"Non è... fortuna." Prende fiato, mi guarda come una belva. "E' pura rabbia!... Hai infangato i miei ricordi... più sacri, senza la minima compassione, senza rispetto. Così... invece di farmi impazzire, mi hai reso furioso, e mi hai dato la forza per reagire!"

Alzo le spalle, noncurante. "E' vero, forse ho commesso un piccolo errore. Non ho considerato la forza che il ricordo di tua madre avrebbe potuto darti." Sorrido, sardonico. "Però non illuderti troppo, Cygnus: le tue debolezze sono molto più grandi."

"Sta' zitto, dannato bastardo!..." urla lui, furibondo. "Non avrò nessuna pietà per te! Hai violato la cosa più sacra che avessi, e giuro che mi vendicherò... dovessi usare tutte le mie energie per questo!" Espande il suo cosmo fino ai limiti estremi. "Assaggia il mio vero colpo segreto, Phoenix!..."

Era ora, Crystal!

Ecco la sequenza che stavo aspettando. Concentrerà il suo cosmo tra le mani. Schizzerà alla velocità del suono o quasi a breve distanza da me. Con la stessa rapidità mi toccherà sottraendomi direttamente del calore, una volta sola o anche molte in pochi secondi. Provocherà la congelazione immediata del bersaglio, qualunque esso sia. E quando questo raggiungerà uno stato di estrema fragilità, un colpo secco ne provocherà la rottura o lo manderà in frantumi.

Questa tecnica si chiama poeticamente Kholodnyi Smerch, Uragano di Gelo.

Crystal fa esattamente tutte queste cose, bruciando in un solo impulso una quantità incalcolabile di energia. Il suo ultimo colpo riesce a far esplodere addirittura la mia armatura, mandandone i frammenti a metri di distanza.

Alla fine cade di nuovo in ginocchio, stremato. E' felice, trionfante, anche se non ha più fiato nemmeno per parlare.

Ma quando alza la testa per contemplare il mio cadavere, si accorge di aver davanti soltanto alcuni pezzi della mia armatura.

"Mio Dio..." mormora, attonito. "Ma... cos'ho fatto?!"

"Ti sei accanito contro la mia corazza, idiota," dico alle sue spalle, facendolo voltare di scatto. "Non sei il solo a saperti muovere rapidamente."

Mi guarda, con gli occhi sbarrati. "Che cosa?! Tu..."

"Io sapevo perfettamente in che cosa consisteva il tuo Kholodnyi Smerch, e mi ero preparato a controbatterlo."

"Non è possibile!" grida lui, isterico, "Non me l'hai mai visto usare!..."

"Ah no?" Indico il burrone alle mie spalle. "Hai ucciso la mia Ombra senza chiederti nemmeno per un istante come mai avessi mandato contro di te un avversario così inferiore. Così non hai pensato che avrei potuto osservarti, ed hai sprecato contro quella nullità il tuo colpo migliore!"

Crystal smette di respirare, agghiacciato.

"Tu... mi hai spiato!"

"Certamente. Non c'è nulla che lo vieti nelle nostre regole." Mi avvicino a lui. "Sei caduto in trappola come uno sciocco. Uno sciocco eroico, te lo concedo... nondimeno uno sciocco tale da non meritare di vivere."

Si alza a fatica, traballando sulle gambe, cercando di mettersi in guardia.

"Aspetta a parlare! Ora sei tu lo sciocco ad affrontarmi senza armatura..."

"Fermo!" grido, con tutta la mia volontà nella voce.

E lui resta paralizzato!

Continuo ad avvicinarmi, senza paura. I suoi occhi mi fissano, inorriditi.

Mi fermo ad un passo da lui, sorrido tristemente. "Povero stupido, credevi davvero di esserti liberato del tutto dalla mia Illusione Diabolica? La tua furia vendicatrice ti ha concesso una tregua, ma è stata come l'ultima vampa di un fuoco... prima che si spegnesse del tutto. Ed ora non hai più forze. Non hai energia. Sei mio, Cygnus... e sei un uomo morto."

Tenta invano di muoversi, disperatamente. Vedo il tremito dei suoi muscoli, ma non può nemmeno abbassare gli occhi. Solo il suo sistema nervoso centrale è fuori dal mio controllo. Potrei renderlo incosciente, se lo volessi. Ma non voglio. Anzi, libero parte dei suoi muscoli: in fin dei conti si è battuto bene, non merita di morire con quell'espressione idiota sulla faccia.

"Ikki," mormora, non appena riesce a parlare.

"Credevo che ti fossi dimenticato il mio nome."

"Faccio appello... al vecchio amico di un tempo..."

"Per salvarti la vita, Hyoga? Quando tu hai proclamato ai quattro venti di voler prendere la mia?" Scuoto la testa. "No, russo. Non ti concedo nulla. Mi hai chiamato pazzo, e sei affetto dal più classico dei complessi edipici. Ti sei eretto a giudice integerrimo, e sei pieno di peccati e debolezze. Mi hai definito cavaliere decaduto, e ti sei creduto migliore di me. Ma non lo sei. Non sei nemmeno il migliore dei tuoi compagni: sei solo uno stupido, presuntuoso arrogante, un debole senza speranza! Hai avuto il coraggio di uccidere, oggi, ma non hai mai avuto il coraggio di guardare onestamente dentro di te. Per questo hai perso, Hyoga: perché di tutti i cavalieri di questo mondo, tu sei il più vigliacco."

Preparo il mio pugno. Non mi importa di essere a mani nude, metterò fine a quel duello secondo le tradizioni del Mondo Segreto.

Un colpo al cuore!

Crystal lo capisce. La sua voce trema mentre mi dice: "Forse hai ragione, Ikki, e merito di morire. Ma sono contento lo stesso... mi porto nell'Ade anche la tua armatura. E se vigliacco sono stato, non morirò da vigliacco. Non ti chiedo pietà." Prende fiato. "Sei tu che mi fai compassione. Ti sei condannato ad esser sempre solo contro tutti. Mentre io... io ho mia madre..." Le lacrime traboccano dai suoi occhi. "Certo, so che non rivedrò mai più il suo corpo... ma il suo spirito è rimasto con me, e lo sarà per sempre!"

"Il suo spirito sa allora fino a che punto la ami?" chiedo, ironicamente. "Sa che ronzavi attorno a un ragazzino che ha i suoi stessi occhi adorabili?... Hai mai detto a Shun a chi assomiglia?"

I suoi occhi si spalancano, fissando il vuoto.

"Spera di sbagliarti, Hyoga... spera che non ci sia un aldilà, o farai schifo in eterno!"

Il mio pugno scatta con tutta la mia rabbia, sfonda la corazza inerte del Cigno, colpisce il suo petto. Il dolore esplode nella mia mano, ma non lo considero. Assaporo invece la sensazione delle costole sbriciolate, il calore del sangue sulle mie dita.

Crystal cade all'indietro, abbattendosi a terra con la faccia in alto. Vedo i muscoli della sua faccia guizzare, apre la bocca tentando un respiro, emette un fiotto di sangue. I suoi occhi annebbiati mi guardano, e sento appena le sue ultime parole:

"Per questo... sei stato così crudele, Ikki?" Un fioco sorriso nel volto sbiancato. "Allora... c'è ancora... speranza per te."

Chiude gli occhi, ed il suo cosmo si estingue per sempre.

***

Sono con le spalle ad una roccia, ansimante, sudato nonostante il freddo, la mia bianca tuta tutta strappata e macchiata di sangue.

Redha prende fiato tirando verso di sé le sue micidiali catene proibite. E' leggermente ferito anche lui: finora ho evitato di scagliare colpi mortali, solo contrattacchi fulminei per convincerlo a non prendermi troppo alla leggera. Non voglio fargli del male, se posso evitarlo...

Non per questo lui sembra meno deciso ad uccidermi.

Non è il Redha che conoscevo. Se fosse rimasto lo stesso della scuola, non farei molta fatica a batterlo, anche con queste banali catene materiali. Ma ora sembra possedere anche lui una certa consapevolezza cosmica: una strana energia che non gli è naturale, ma sembra impiantata a forza. Ed io purtroppo ho perso il mio cosmo di cavaliere, con il quale avrei potuto essergli superiore. Siamo alla pari.

Ma non certo fisicamente. Lui è un uomo grande e grosso. Ed io sono il solito, etereo ragazzino. Il duello si mette male per me, se non resto perfettamente concentrato.

E comincio anche a sentirmi stanco: ormai ci stiamo fronteggiando da un'eternità su questo pericolosissimo campo di battaglia, dove un errore di valutazione potrebbe farci franare addosso le rocce, o farci cadere nel baratro. A differenza di me, Redha sembra indifferente al rischio, come se non gli interessasse affatto vivere o morire. E questo è un vantaggio per lui.

Sono senza lo scrigno sulle spalle: me lo sono tolto per essere più libero nei movimenti, mettendolo al sicuro su una roccia. In quel momento di pausa mi accorgo che Redha lo sta guardando.

"Quella maledetta armatura," mormora.

"Ti illudi che uccidendomi sarà tua?"

"No di certo," ribatte lui, "So di averla persa per sempre."

"Ed allora cosa vuoi da me?"

"La tua vita, ed il bracciale dell'armatura d'oro per il mio padrone."

"Il tuo padrone? Mio fratello?"

"Non insultare quel semidio di Phoenix chiamandolo fratello! Tu non sei degno nemmeno di baciargli i piedi."

Resto colpito da quella fanatica devozione.

"Come puoi averlo conosciuto, Redha? Dovresti essere ad Anthrâ, assieme agli altri. Non posso credere che Albyon ti abbia lasciato andare per combattere contro di me..."

Lui esplode in un tetra risata. "Albyon!... E se ti dicessi che ti ha tradito?"

"Non ci crederei!" rispondo, di slancio.

"Ahhh... nemmeno se il Santuario ti avesse dichiarato fuorilegge?"

Mi sento tremare dentro. E' vero, sono un fuorilegge. Ed Albyon un uomo fanaticamente fedele ai suoi principi...

"E' questo che è accaduto, Redha?" chiedo, con un filo di voce.

"Sarò sincero con te, Andromeda. Non lo so." Fa roteare le sue catene. "L'ultima volta che l'ho visto è stato qualche tempo dopo la tua partenza, nel corso di una cerimonia in cui noi, postulanti sconfitti, siamo stati vergognosamente rasati e ridotti al rango di schiavi. Albyon ci ha fatto scegliere tra un giuramento di eterna fedeltà al cavaliere di Andromeda... ed una brocca di veleno!"

Mi scaglia rabbiosamente la sua catena, che schivo per miracolo. La punta percuote la roccia alle mie spalle, mandando scintille.

"Ecco quel che ci hai fatto, guerriero dall'animo puro," mi sibila, velenosamente. "Ci hai umiliati, ci hai uccisi tutti con la tua vittoria non meritata. Non eri superiore a nessuno di noi: quante volte ti ho battuto, quante volte avrei potuto ammazzarti durante l'addestramento?... Eri il peggiore di tutti i postulanti dell'isola!" Avanza verso di me. "Ma c'era qualcos'altro da tenere in conto, qualcosa che ti rendeva pericoloso per noi tutti. Nessuno voleva ammetterlo, ma ci turbavi, con il tuo aspetto, il tuo modo di fare: ci provocavi in ogni momento, quando noi eravamo disperati dalla voglia..."

"Che cosa?" Lo guardo, agghiacciato. "Ma io... non ho mai fatto niente di tutto questo!"

"Ah no? Cercavi sempre compagnia, eri gentile, amabile, seducente... insopportabilmente untuoso! Per questo volevamo tutti eliminarti, ma nessuno ci riusciva, e questo ci faceva sempre più paura man mano che gli anni passavano. Non era possibile che tu sopravvivessi sempre e comunque, qualunque cosa ti facessero! Ci accusavamo a vicenda di proteggerti..." Un sorriso ironico, "Ma tu avevi già ben altro protettore, non è vero?"

"Che vuoi dire?" chiedo, guardandolo ad occhi spalancati.

"Albyon! Niente di meno del Gran Maestro in persona!... Eri il suo giocattolo, e guarda caso, sei diventato tu cavaliere!"

Mi sento impallidire mortalmente a quell'accusa. "Non è vero!... "

"Non è vero cosa? Che hai trionfato su tutti noi solo grazie alla tua bellezza efebica? Che sei stato favorito da un Gran Maestro depravato? Nega di essere andato a letto con lui, se ne hai il coraggio. In nome di tutti gli dèi, negalo!"

Segue una breve pausa, durante la quale affronto lo sguardo velenoso di Redha, lottando per non abbassare la testa.

"Hai dimenticato che per diventare cavaliere ci voleva ben altro che essere l'amante di qualcuno? Ho vinto su di voi perché possedevo il cosmo di Andromeda!"

"E dov'è ora questo possente, grandissimo cosmo?" mi irride lui, ferocemente. "Io non vedo qui nessun cavaliere, nessuna catena mistica. Mi stai resistendo solo perché eri l'allievo personale del Gran Maestro, ma è solo questione di tempo, sei comunque spacciato. E pensare che il tuo mentore ha avuto il coraggio di chiedermi di giurarti fedeltà! Essere fedele a qualcuno che non merita neppure di vivere?... No, mai: ho preferito bere il veleno, maledicendo te ed il destino. Meglio morire che vivere per sempre al tuo servizio su quell'isola..."

"Però non sei morto," lo interrompo. "Qualcuno ti ha salvato."

"Salvato?... No! Sono comunque morto. Ho perso tutto, la mia identità, le mie speranze Sono solo un fantasma resuscitato dall'odio di Phoenix in nome della vendetta. Lui ha riaperto i miei occhi, col permesso del Santuario. E la sua potenza mi ha soggiogato per sempre. Io non sono più Redha, sono la sua Ombra fedele, esisto solo per servirlo. L'Ade per me sarà una liberazione, ma tu dovrai precedermi... o venire con me!"

Mi attacca ancora, con quello che sembra voler essere uno slancio definitivo. Stavolta non posso limitarmi a schivare, devo reagire. Balzo in avanti per tentare una difesa circolare, e paro il tremendo fendente che sta per arrivarmi; ma la sua catena si attacca alla mia, intrecciandosi con essa e frenando il movimento di difesa.

In un istante mi rendo conto degli uncini che sono scattati nell'arma del mio avversario: Redha sta usando tutti i trucchi proibiti dell'Arte Sacra, senza alcuno scrupolo! Reagisco immediatamente lasciando andare la mia catena di difesa ormai inutile, ed attaccandolo d'incontro prima che lui faccia altrettanto con me. Redha si lascia deliberatamente colpire, correndo anzi incontro alla mia punta triangolare, sotto i miei occhi inorriditi. Non emette un gemito mentre la lama entra tra spalla e ascella, afferra la mia catena e dà un tremendo strattone in avanti, facendomi perdere l'equilibrio...

Vedo con la coda dell'occhio la sua catena d'attacco scattare ad impastoiare le mie caviglie. Invano cerco di saltare con un disperato colpo di reni. Sento un dolore lancinante alle gambe mentre gli anelli taglienti mi penetrano nella carne, e cado su un fianco.

Qualcosa nella mia mente supera il dolore. Devo far ciò che Redha non si aspetta, giocare d'anticipo... il mio corpo non ha nemmeno toccato terra, e già mi metto a rotolare fulmineamente contro di lui, avvolgendomi nella mia catena d'attacco per riuscire a strappargliela di mano.

Redha spalanca gli occhi, ma la sua strana energia si alza all'improvviso e lo fa reagire ancor più rapidamente di me. Con ancora la mia lama in corpo, tenendo tra le mani la sua e la mia catena, scatta con un salto prodigioso sulle rocce, per poi scavalcarmi e usarle come leva.

Ed io vengo trascinato come un bambino, e vado a sbattere con la testa contro un grosso macigno, completamente impastoiato da un groviglio di catene: una grottesca rappresentazione del mito di Andromeda.

Quando faticosamente mi riprendo, contemplo con orrore l'assurda posizione del mio corpo. Cerco di muovere le braccia per liberarmi, ma sento un dolore lancinante, seguito dal calore del sangue. Redha deve avermi legato con la sua catena tagliente, mentre ero stordito: se mi dibatto rischio di segarmi le vene o, peggio ancora, qualche tendine...

E adesso cosa faccio?!

Il mio avversario mi viene davanti, guardandomi con un'espressione di gelida soddisfazione, quasi inumana. Afferra la punta della mia catena e se la strappa di dosso senza battere ciglio. Il sangue rosso cola come un torrente sul suo braccio.

"Visto, Andromeda? Non sono più vivo. Non sento dolore." Mi sorride. "Un regalo del possente Phoenix. Assieme a parte della sua sterminata energia."

"Come... può aver fatto una cosa simile?!"

"Egli è maestro della mente, allievo del maestro dei maestri."

Spalanco gli occhi. "Sei sotto l'influsso della sua Illusione Diabolica!..."

"Egli mi possiede, si. Ed io gliene sono grato, perché mi ha reso felice. Ti ha tolto il potere che non meritavi, e l'ha dato a me. Così ti ho vinto!... Non chiedevo altro al mondo che questo." Un tetro sorriso. "Ed anche sentirti urlare e implorare pietà." Lecca il suo stesso sangue dalla lama triangolare, pulendola. "Userò la tua stessa arma per questo. Non sei contento?"

Mi avvicina la punta al viso.

"Che vuoi fare, Redha?!" mormoro, spaventato.

"Divertirmi un po' con te. Potrei rubare la tua vita in un istante. O metterci molto, moltissimo tempo." Sospira. "Però il mio padrone ha fretta di avere in mano il tuo tesoro. Così penso proprio che mi limiterò ad affondarti questa in gola." Un altro sorriso di pura crudeltà. "Ma prima di ucciderti, affascinante cavaliere... voglio cavarmi una certa soddisfazione con te."

Mi afferra burberamente e mi volta a faccia in giù. Sento la lama incidere la mia tuta. Il rumore della stoffa strappata.

E capisco con un brivido a quale soddisfazione allude.

"Sei pazzo, Redha?!..." esclamo, sconvolto.

No, Dio mio, no, che mi faccia tutto quel che vuole, ma questo no, questo no...

"Pazzo? No..." Lo sento ridere. "Ti faccio vergognare per bene prima di morire. Del resto è in questo modo che tu hai provocato la rovina della mia vita."

"Toglimi le mani di dosso!..."

Mi tendo spasmodicamente contro le catene che mi legano. Ma un gelido dolore mi penetra istantaneamente nella carne, trafiggendomi il respiro.

"Altrimenti che fai?" mi irride lui. "Fossi in te non mi muoverei molto, le mie catene tagliano. Non abbastanza per ucciderti prima che io abbia finito con te... per cui stai buono e tranquillo. Tanto non hai scampo."

Fisso il vuoto, tremando come una foglia. E' come se la vita mi lasciasse. Non sono più lì. Sono un'anima perduta. Un triste, povero bambino che piange in mezzo ad una grande stanza squallida e vuota, i singhiozzi che rimbalzano sulle pareti...

Un soprassalto di nausea quasi mi strappa l'anima. Tossisco, ogni colpo mi provoca dolore. Sono io quel bambino! Redha. Grosso Camice. Mani oscene, respiri osceni. Vergogna. Lacrime. Redha. Uomini cattivi. Uomini cattivi...

Dio!... Cosa mi stanno facendo?!

Sono in lacrime. Redha sta scatenando la stessa pulsione che Ikki ha impiantato in me. Ed io, debole creatura, subirò inerte quella violenza come l'ho subìta da bambino, piangendo e stando male, e chiedendo disperatamente aiuto a qualcuno che non c'è...

Ma stavolta, e per la prima volta, qualcosa in me insorge.

No!

Io non sono più quel bambino. Sono un cavaliere di Athena! Non devo invocare nessuno, non ho bisogno di nessuno! E nessuno deve permettersi di farmi questo, mai più, mai più, mai più!...

La mia anima stringe i denti. Devo espandere il mio cosmo. Devo, a tutti i costi, senza aver paura del trauma, del dolore, della vergogna... quello è il mio passato, ma io devo difendermi dal presente, devo reagire adesso!

"Che ti succede?" chiede Redha, ironico, vedendomi ansimare ad occhi chiusi.

Concentrazione. Nausea! Ricordo di mani violente... No! Devo superare quel ricordo. Non è stata colpa mia, come mi hanno fatto credere. Erano loro ad essere peggio delle bestie. Non devo abbassare gli occhi davanti a quegli orribili fantasmi del mio passato. Devo guardarli in faccia, senza vergogna. E gridare, con tutto il mio orgoglio: Fatemi quello che volete, tanto non sporcherete mai la mia anima! Mi guarderò allo specchio senza sputare alla mia immagine come invece farete voi per tutta la vostra vita!...

Grosso Camice mi guarda a bocca aperta, le sue mani esitano.

Le mani di Redha esitano...

Respirazione costante. Dolore oltre la soglia di coscienza. Io sono un corpuscolo subatomico fatto di sola volontà. L'universo è davanti a me.

Per te, Albyon. Per te, maestro mio. Non mi importa se mi hai tradito, hai fatto bene se così hai salvato la vita. Mi hai già dato abbastanza. Ed io non lascerò che un rinnegato dissacri ciò che tu, nel bene e nel male, hai amato...

"Che ti succede?!"

Redha non ride più.

Posso farcela. La mia energia sta salendo. Sto male, ma stringo i denti. E' come essere sul fondo di un lago di dolore, ma finalmente posso vedere la superficie, e nuotare verso di essa, verso la salvezza. Ad ogni bracciata disperata, la luce che mi attende è sempre più forte...

Eccola! Grido, con tutta la mia anima, lo strazio del mio corpo, un urlo selvaggio di liberazione mentre la mia galassia maestosa... il mio cosmo... tornano a brillare dentro di me!

Le catene materiali attorno a me si spezzano, investite dall'esplosione della mia energia interiore. Mi volto di scatto, tutto insanguinato, e tendo le braccia in un gesto istintivo di difesa, gridando con tutto il mio fiato:

"Sta' lontano da me!..."

Non sono catene quelle che scattano dai miei polsi, sono due raggi di luce solida. Investono in pieno Redha, facendolo urlare. La forza del mio colpo è tale da mandarlo sanguinante a rotolare a una decina di metri da me.

Segue un istante di silenzio, spezzato solo dal fischio del vento. Io mi abbandono senza fiato sulla neve, fissando il cielo bianco, assaporando la sensazione di calore dentro di me mentre il mio corpo si riadatta da solo al flusso di energia.

Oh, Dio... ce l'ho fatta anche stavolta!

Le mie mani salgono lentamente a liberarmi dai resti delle catene. Sono pieno di ferite, ma nessuna è grave. La mia energia interiore sta già bloccando il flusso del sangue. Mi sento felice ed inebriato proprio come il giorno in cui acquisii questo meraviglioso cosmo... si, ho passato un'altra ordalia, ho vinto ancora una volta la mia armatura!

E stavolta Redha non potrà dire che ho barato.

Mi rialzo faticosamente in piedi. I miei vestiti sono tutti strappati, ma non importa: ormai non ho più bisogno di loro. Me li sfilo di dosso, restando seminudo nel vento gelido, orgogliosamente eretto, con le mie catene bronzee tra le mani.

Redha si rialza anche lui, a fatica, premendosi una mano al petto. Mi guarda con una smorfia, ansimando cavernosamente.

"Come hai fatto?!" chiede, con voce stridula. "Phoenix ti aveva tolto il potere!..."

"Nessuno può togliermi quel che mi appartiene," gli rispondo. "Può solo ostacolarmi la via per usarlo. Ma tu hai preferito dimenticarlo, perché per te io non ero un vero cavaliere, perché mi hai sempre disprezzato." Sorrido tristemente. "E' stato facile per tutti voi odiarmi per anni... dire che un ragazzo con il mio aspetto poteva ottenere tutto quel che voleva senza fatica, ed invocare intrighi e complotti per giustificare ogni fallimento! Così non avete mai riconosciuto i vostri limiti, ed avete costretto me ad affrontarli tutti i giorni. Non dare la colpa alle passioni di Albyon, Redha: tu hai fatto di me un cavaliere. Tu... e tutti coloro che sono rimasti ad Anthrâ!"

Lui abbassa la testa, respirando affannosamente.

"Risparmiami le prediche, Gran Maestro!" Alza di scatto il suo sguardo fanatico ed agita il pugno davanti a me. "Che tu abbia ragione o no, maledico in eterno il momento in cui sei nato!... In un modo o nell'altro sei stato tu la causa del nostro fallimento. Tu hai falsato la nostra virile competizione, hai scatenato tutte le nostre debolezze, e ti sei fatto forte di esse. Quanto sarebbe stato meglio per tutti se tu non fossi mai arrivato su quell'isola!"

"Ma ci sono arrivato, e non per mia volontà." Avanzo verso di lui. "Redha, per una volta... smettila di darmi la colpa dei tuoi fallimenti. Guarda anche questo duello. Ho recuperato la via al mio potere grazie alla tua stupida crudeltà. Hai rovinato tu l'effetto dell'Illusione Diabolica dentro di me!"

"Come?" mormora lui, agghiacciato.

"Se solo tu avessi ragionato un istante... se ti fosse venuto il sospetto che quel che volevi farmi tu, qualcun altro me l'aveva già fatto..." chiudo gli occhi un istante, la mia voce trema, "e se avessi pensato a quanto dolore e vergogna fossero rimasti in me con quel ricordo..." li riapro, fissandolo con un sorriso amaro, "avresti capito qual'era l'ostacolo che Phoenix aveva usato per bloccare la mia psiche!"

Rimane a bocca aperta, pallido come un cadavere.

"Mi hai costretto a rivivere quell'esperienza," concludo. "Mi hai sbattuto in faccia i miei incubi peggiori, mettendomi finalmente nella situazione di soccombere ad essi... o vincerli. Mi hai dato la forza della disperazione, ed hai liberato la mia anima." Esito. "Per questo ti perdono, nonostante tutto."

"Non voglio il tuo perdono!" ansima lui, "La Fortuna ti tiene sul palmo della mano, ma questo è soltanto un altro esempio dell'ingiustizia di questo mondo!"

Scuoto la testa, il vento mi getta in faccia i capelli. "Adesso è colpa della Fortuna?... Redha, smettila di dare la colpa a tutti tranne che a te stesso. Accetta in pace la tua sconfitta. Io non voglio altro da te."

Lui mi guarda, disperato. "E sia, ho fallito! Ho deluso il mio padrone, ho rovinato il suo lavoro, non merito di vivere. Risparmiami quindi la tua lurida compassione, e uccidimi con le tue maledette catene... se ci riesci!"

Corre sulle mani e sulle ginocchia a raggiungere la sua catena di difesa, ancora agganciata alla mia e abbandonata sul ciglio del burrone. Ansima istericamente mentre la recupera, si rialza e si mette a rotearla furiosamente sulla sua testa.

Lo guardo quasi con compassione. "Che ti ha fatto Phoenix per ridurti così?"

"Non è stato Phoenix!..." tuona lui, scagliandosi contro di me in un attacco folle, scoordinato, pieno di disperazione.

Schivo appena l'arco tracciato dal peso sferico e chiamo la mia energia. Muovo quasi con dolcezza la mia catena di difesa, mandandola a strappare a Redha quell'ultima, patetica arma, gettandola poi nel burrone al mio fianco.

Lui aspetta invano da me il colpo di grazia.

"Che aspetti a farla finita?" mormora, con voce fioca. "Credi che abbia paura di morire? Dopo quel che mi hai già fatto?... No, non voglio vivere da sconfitto. Uccidimi!" E poi, vedendo che non mi muovo, si mette ad urlare: "Ti odio, Andromeda!... Ficcati in culo la tua schifosa compassione!"

Lo guardo con un sorriso pieno di tristezza.

"Non disprezzare la vita, Redha. E' una cosa così preziosa, così meravigliosa... non vedi la bellezza che ti circonda, anche qui?"

Gli indico una piccola pianta montana tutta aggrappata ad una fessura della roccia. Redha la guarda, con gli occhi sbarrati.

"Vivi anche tu il tempo che ti resta," gli dico, senza più alcuna animosità. "Te lo lascio volentieri."

Ritiro le mie catene e gli volto le spalle, andando davanti al mio scrigno, in silenzio.

Lo sento singhiozzare dietro a me, i cupi, aspri singhiozzi di un adulto. Piange forse per l'umiliazione che gli ho inflitto, o per la paura, o per la rabbia, o per la disperazione di un'esistenza senza senso. Se io fossi il guerriero che dovrei essere, dopo quel che aveva voluto farmi, sarei felice di quelle lacrime...

Ma non lo sono. Chino lo sguardo sul mio corpo, raccolgo una manciata di neve e me la passo addosso per pulirmi le ferite. Guardo la neve tingersi del mio sangue, e mi chiedo perché debba essere necessario per me, per noi tutti fare questo, soffrire così...

"Shun!"

Mi fermo. Redha ha smesso di singhiozzare. La sua voce è improvvisamente chiara, limpida, quasi irriconoscibile.

"Il coprispalla destro dell'armatura d'oro è dentro quella nicchia a forma di bocca di leone. Prendilo, è tuo... perché hai vinto."

Sorrido appena, le mie spalle si rilassano lievemente.

Oh, Redha... finalmente ti sei arreso!

Mi volto verso di lui. Vedo una bellissima espressione sul suo volto stranamente sereno. Mi guarda negli occhi, per un lungo istante.

E sorride.

"Addio, Kyrios," mormora appena.

Poi si volta e scatta in direzione del burrone, lanciandosi nel vuoto.

"No!..." grido, inorridito, e cerco di lanciare le mie catene per fermarlo...

Ma non faccio in tempo.

Non sento nemmeno un urlo.

***

"Complimenti, Andromeda!..." grida una voce fredda, baritonale sopra di me, mentre io sono in ginocchio nella neve, gli occhi sbarrati e pieni di lacrime, tutto il mio essere che grida disperatamente: non volevo questo, non volevo questo!

Non alzo nemmeno la testa, qualcosa simile alla furia dentro di me. "Lasciami in pace!" mormoro, con voce irriconoscibile.

Non voglio più combattere...

Una risata tonante mi risponde, irridendomi spietatamente. "Ti piacerebbe troppo, bambino!"

Un'altra figura nera, avvolta in un ampio mantello, salta agilmente giù dal suo nascondiglio tra le rocce. Non smuove nemmeno un sasso, atterra rannicchiata nella neve del sentiero, a una dozzina di passi da me. La sua maschera piatta scintilla, totalmente priva di espressione.

"Alzati in piedi, caricatura di cavaliere!"

Con uno scatto si libera del mantello. Sotto è vestito esattamente come lo era Redha. Ma non porta catene, e questo mi consola: almeno lui non è un adepto della mia stessa arte, non dovrò assistere alla morte di un altro dei miei compagni!

"Chi sei?" chiedo, rialzandomi a fronteggiarlo.

"Sono solo l'Ombra di Phoenix," mi risponde, con voce fanatica.

"Un'altra!" mormoro. "Anche tu dunque sei uno schiavo senza identità, pronto a morire per il tuo padrone."

"Sono pronto a uccidere, non a morire! Io non fallirò, come invece ha fatto quello stupido sul fondo del burrone." Volta appena la testa, si mette a ridacchiare. "Farsi battere dal più debole degli avversari!... Ha fatto bene a buttarsi, prima che il mio padrone lo ammazzasse con le sue mani. Non valeva niente, lo sapevo benissimo!" Con un calcio butta un po' di neve oltre il ciglio del burrone, un gesto carico di noncurante disprezzo. "Così adesso tocca a me rimediare ai suoi errori."

"Era un tuo compagno!" grido, espandendo il mio cosmo con rabbia.

"Io non ho compagni, solo un padrone," replica lui alzando le spalle. Si volta verso di me. "Non ho niente di personale contro di te, Andromeda. Ma ora tu hai due pezzi dell'armatura, quindi sei più che degno della mia attenzione." Sogghigna. "Vuoi arrenderti? Non c'è gusto a combattere contro un ragazzino come te, pur armato con quei ridicoli catenacci..."

"E allora lascialo stare, se non ti piace come avversario," dice una voce scanzonata proveniente dalla scarpata. "Vorrà dire che ti sfido io al posto suo!"

Con un balzo atletico una figura salta sulla neve del sentiero.

"Pegasus!..." esclamo, riconoscendolo a stento.

Ha addosso l'armatura!

E che armatura... lucente, splendida, carica di un'energia nuova e meravigliosa, quale mai ho sentito in nessuna corazza.

Lui si volta verso di me, si toglie la sacca dalle spalle, più piena di quando è arrivato: segno che ha già vinto un duello.

"Ci sono delle novità, vedo," mi dice con un sorriso a denti stretti. "E bravo, biondino. Pare che Athena abbia compassione di noi, ogni tanto..."

"Ma anche tu hai una buona notizia, vero?" rispondo, emozionato. "Se hai l'armatura... vuol dire che anche Dragone è con noi!"

Lui china appena lo sguardo, cupamente. "E' con noi, sì. Ma non come ci auguravamo tutti." Mi guarda, con un lampo di autentico dolore negli occhi. "I miei presagi erano giusti... ho quest'armatura perché Shiryu l'ha pagata con la vita!"

Mi sento impallidire. "Che cosa?!"

"Piantatela di chiacchierare, voi due!" urla il nero guerriero, inferocito. Si volta verso Seiya. "Accetto la tua sfida, sbruffone: almeno tu sei vestito decentemente, prometti un duello ben più degno di me. Avanti, quale bottino metti in palio?"

"Il pettorale e la cintura dell'armatura d'oro," risponde Seiya, piantandosi a gambe larghe sul sentiero.

"Aspetta, Pegasus!" esclamo io. "Lascialo a me. Non ho più bisogno del tuo aiuto..."

"Lo so benissimo," ribatte lui, con voce tesa. "Ma tu hai altro da fare che perdere tempo con questo buffone. Vesti la tua armatura, prendi il tuo bottino e cerca Crystal! Solo le tue catene possono ritrovarlo. Ho sentito il suo cosmo spegnersi di colpo, ed ho paura che quel pazzo siberiano si sia cacciato in grossi guai..."

Resto raggelato. Come? Anche Hyoga, dunque...

"Muoviti!" grida Seiya.

Capisco che ha ragione. Accantono la mia angoscia ed obbedisco.

Lui intanto si volta verso il nero guerriero. "Sentimi bene, mascherina. Sarebbe meglio per te darmi il tuo pezzo di armatura senza combattere, ed alla svelta..." La sua voce diventa cupa, minacciosa come mai l'ho sentita, "...perché un amico ha dato la vita per farmi combattere questa stupida battaglia, e non ho nessuna voglia di perdonarvelo!"

No, non posso credere che Shiryu sia morto...

"Non dire sciocchezze," risponde l'Ombra, altezzosamente. "Se vuoi il mio bottino dovrai conquistartelo con la forza!" Si mette in guardia. "Avanti, Pegasus!"

"Come vuoi, scemo."

Guardo Seiya, prima di andarmene da lì, e mi chiedo disperato se stia vedendo anche lui per l'ultima volta.

***

Perché mi sento così inquieto?

Non dovrei. Ma non sono tranquillo. Che ne è dei miei uomini? Perché non tornano?

Non mi piace dover sondare l'universo delle energie. E' il prezzo che devo pagare alla mia enorme potenza, essere quasi accecato da essa. Se solo chiudo gli occhi sento in me ogni processo evolutivo, su ogni scala, dall'atomo all'universo: la forza vitale dell'intero cosmo. Non riesco facilmente a elevare la mia sensibilità oltre una simile, possente forza...

La forza che fa di me la Fenice.

Sorrido appena. Con questa forza in pugno, non ho bisogno di aspettare il caso ed il destino: sono io il mio destino. Non dipendo dai miei uomini, essi sono solo mie estensioni, strumenti, accessori. Mi servono solo per fare meno fatica, per dar lustro alla mia superiorità; ma posso farne anche a meno!

Certo che sarebbe molto seccante. Che razza di guerrieri da quattro soldi mi ha dato il Santuario? Nemmeno al livello di questi buffoni al servizio dei Thule?

Incrocio le braccia sul petto. Sono ancora senza armatura, visto che il Cigno me l'ha distrutta con il suo ultimo, disperato attacco. Ho raccolto tutti i pezzi e li ho inceneriti in una vampa di energia. Il vento me li ha portati via, ed io li ho guardati volare lontano, con una punta di angoscia nel cuore: da quando sono diventato cavaliere, è la prima volta che compio quel rito...

Beh, non importa. Devo aver fede negli insegnamenti del mio maestro. E' lui che mi ha dato la mia forza, la mia armatura, e la mia maledizione. Sento ancora un sapore amaro in bocca quando lo ricordo. Perché gli devo tutto... e lo odio ancora, con tutto me stesso...

Maledetto, dannato mostro sanguinario, muori, muori! avevo urlato sul suo corpo morente, folle di dolore e di rabbia, le mie mani intrise del suo sangue. Che tu possa morire mille volte e finire in mille inferni per tutta l'eternità!...

Gli avevo strappato la maschera. Avevo visto il suo viso. Disteso, radioso, felice. Ed avevo sentito le sue ultime parole, appena sussurrate.

Dovevo addestrare il mio assassino, Ikki. E tu mi hai dato l'ultima vittoria, quella che vale per tutta la mia vita.

L'ultima vittoria.

Non ho mai capito cosa volesse dire...

Batto le ciglia, uscendo dal cupo mondo dei miei ricordi. Perché c'è una nuova energia cosmica, così vicina che la posso sentire chiaramente. Non si possono usare le parole per descriverla adeguatamente, ma quell'energia è viva, guizzante e calma allo stesso tempo, come un vortice d'acqua liscio e perfetto in un lago tranquillo.

Fisso il vuoto, trattenendo il fiato. Non posso crederci... ho forse fallito di nuovo?!

Un suono metallico, quasi musicale viene dalla scarpata. Abbasso lo sguardo e vedo all'improvviso una catena dai riflessi bronzei scattare ad abbarbicarsi ad un pilastro di roccia vicino a me. Tintinna e si tende, oscillando come se un peso vi fosse attaccato...

Vado impetuosamente accanto al pilastro, afferro la catena.

"Vuoi una mano a salire?!..." esclamo, e brucio la mia energia interiore per dare un violentissimo strattone verso l'alto.

Sento un grido soffocato, un rotolar di pietre, e Shun vola letteralmente davanti a me, scavalcandomi e cadendo alle mie spalle, tenendo stretti al petto due pezzi della mia armatura d'oro.

Mi volto a guardarlo. Ma bene! Ha anche addosso la sua armatura. Così ha recuperato in pieno i suoi poteri... a dispetto della mia Illusione Diabolica!

Digrigno i denti. Tosto, il ragazzino... molto più tosto di quel che sembra.

"Salve, Andromeda," lo saluto, ironicamente. "L'erba velenosa non muore mai, ma rispunta quando credi di averla bruciata."

Lui si rialza in ginocchio, scuotendosi la neve dalla testa, e mi guarda con occhi spalancati, con la stessa espressione di una fanciulla sorpresa a svestirsi.

"Mi stavi cercando forse?"

"Si," risponde, tremante.

"Che vuoi da me?"

Vorrebbe molte cose, ma comincia da quella che gli sta più a cuore. "Sto cercando Crystal dappertutto, ma non riesco più a sentire la sua energia..." Vede il mio sorriso, impallidisce. "Che gli hai fatto, Ikki?"

"L'ho ammazzato."

"Cosa?!" ansima. "Oh no... ti prego, dimmi che non è vero, dimmi che stai mentendo..."

"Non sono così debole da mentire."

"Non puoi aver ucciso Hyoga!" grida, disperato. "Era un tuo amico..." esita, e soggiunge con voce appena percettibile: "E forse, se tu hai ragione, era... mio fratello..."

"Lo so," annuisco, con un sorriso di pura soddisfazione. "L'ho letto nella sua mente. E questo mi ha dato un piacere tutto particolare nell'ammazzarlo... un altro pezzo dell'immortalità di Alman di Thule distrutto per sempre!"

Lui arretra di qualche passo, guardandomi con autentico orrore.

"Sei... sei diventato un assassino!"

"E tu no, Shun?" Faccio un passo verso di lui, indico il coprispalla che tiene. "Per aver quello, devi avere del sangue sulle mani. Che fine ha fatto la mia Ombra... Redha di Anthrâ?"

Lui china la testa, pallidissimo.

"Ahhh, è morto, vero?"

"Non l'ho ucciso io... si è suicidato."

"Diciamo pure che non gli hai dato altra scelta." Rido, aspramente. "Ma non fare quella faccia, mica te ne faccio una colpa! So bene che una femminuccia mancata come te non è degna del nome di guerriero; ma dopotutto ti vanti di esserlo, e allora non piangere su un nemico morto. Sai bene che questo è il nostro destino: batterci ed uccidere, per la gloria..." indico i pezzi dell'armatura che ancora stringe: "...e per il bottino!"

Shun vede il mio gesto, si irrigidisce visibilmente.

"Ascolta, cavaliere di Andromeda. Io possiedo l'elmo dell'armatura d'oro, più i tre pezzi di Crystal. E tu hai due pezzi con te. In tutto, sono ben sei parti del trofeo più ambito del mondo! Secondo le regole, ti sfido a duello per stabilire a chi vada questo tesoro." Mi metto in una sciolta posizione di combattimento. "Avanti, dunque. In guardia!"

Scuote appena la testa. "No."

"No cosa?"

"Non voglio battermi contro di te, Ikki..." I suoi occhi luccicano. "Nemmeno questa armatura d'oro merita un duello fratricida!"

"Certo che lo merita!" ribatto. "E poi tu non sei affatto mio fratello. Ma anche se lo fossi... non me ne fregherebbe niente! Avanti, preparati a combattere. Ti va bene, sono anche senza armatura. Prova a farmi fuori, se ne sei capace... e stai attento, perché stavolta non giocherò più con il tuo cervello: colpirò per uccidere!"

"No!..." Mi guarda, implorante. "Mi rifiuto di combattere, perché non ho dimenticato le promesse che ci siamo fatti da bambini!" Tende le mani verso di me. "Non ricordi più, Ikki? Avevamo giurato che nulla ci avrebbe mai messo l'uno contro l'altro. Avremmo sempre lottato fianco a fianco..."

"Lottare?" Esplodo in un'aspra risata. "Tu non sai nemmeno come si fa!"

Una luce di triste orgoglio nei suoi occhi. "Non è vero, Ikki. E' tutta la vita che lo faccio. "

"Ed allora dimostrami di esserne capace!"

"Contro chi o cosa vuoi, fratello... un'altra Ombra, un'altra Illusione Diabolica. Ma non lo farò mai contro di te. Perché è per te che sto facendo tutto questo."

Mi volta le spalle, restando immobile, le sue catene inerti tra le mani.

Stringo i denti con tanta forza da farli scricchiolare..

"Razza... di... codardo!..." sillabo, inferocito. "Vuoi farmi credere di essere un eroe, mentre sai benissimo che non puoi batterti contro di me semplicemente perché non vali niente!... Ho ammazzato il tuo caro amico Hyoga, ma nemmeno il desiderio di vendetta basta a scuoterti dalla tua vigliaccheria..." Espando la mia energia, rabbiosamente. "Adesso basta. Per l'ultima volta, Shun: voltati e battiti... o muori!"

Non c'è risposta da lui. Solo un lieve scuoter di testa.

"Peggio per te!"

Alzo il pugno per scagliare un'onda d'urto che sbricioli quel cuore troppo tenero...

... e sento all'improvviso come se mi fosse esplosa una bomba nella schiena!

Urlo e cado in avanti, sulle ginocchia, colto assolutamente di sorpresa.

Riprendo fiato a dispetto del dolore, e sento una voce odiosa dietro a me: "Spiacente di averti colpito alle spalle, Phoenix; ma tu stavi facendo altrettanto ad un avversario inerme, e per ucciderlo. Shun non ha accettato la tua sfida, così ti sfido io al suo posto. Battiti con me se ne hai voglia!"

Mi alzo di scatto, mi volto.

"... Pegasus!"

Ma è impossibile!... Ha addosso l'armatura!

"Ti do una brutta notizia, Ikki," sorride lui, sardonicamente. "Il Riparatore di Armature esiste davvero. Ed ora per te si mette molto male... visto che dei tuoi scagnozzi non ne è rimasto vivo uno!" Inclina la testa. "E tu, a proposito? Dove hai lasciato la tua bella armatura con le code?"

Rispondo al suo sorriso, a denti stretti. "Non ho bisogno della mia vecchia armatura, visto che tra poco ne avrò una nuova. Tu hai tre pezzi, Shun altri due e fanno cinque. Quando vi avrò ammazzato entrambi li metterò insieme ai miei quattro..."

"Tre di quei quattro non ti appartengono ancora!..."

Mi irrigidisco. Quella voce alle mie spalle...

"Crystal!..." esclama Shun, con voce incredula e felice.

No, non è possibile!

***

Hyoga è vivo!...

E' ferito e sanguinante, con il pettorale dell'armatura sfondato, pallido come un cadavere; e tuttavia la sua energia cosmica è alta e limpida.

Ci raggiunge tenendosi una mano premuta al petto ferito. Non ha occhi per nessuno se non per Phoenix.

Mio fratello è attonito, ma non perde la sua splendida arroganza. Lo guarda avvicinarsi restando immobile come una statua, alto ed eretto, come se invece dell'oscura veste da battaglia avesse addosso l'armatura più invulnerabile del mondo.

"Dovresti essere morto, Cigno," esordisce, velenosamente. "Credevo di averti sfondato il cuore."

Un sorriso durissimo appare sul volto di Hyoga.

"Ti ho ingannato anch'io, maestro di inganni. Mi hai fatto male, è vero, ma la mia energia interiore ha posto rimedio ad ogni cosa... e le mie ferite non sono più mortali."

"Di quale energia interiore parli? Non avevi più nulla in corpo!"

Hyoga toglie la mano dal petto, si sfila qualcosa che porta al collo, sotto l'armatura. Appare un rosario con una croce che ricorda molto la costellazione del Cigno.

"Guardala, Ikki. Guardala, anche se tu non puoi capire cosa sia. E' un dono di mia madre, la Croce del Nord, il simbolo della nostra fede e del suo amore." Scuote la testa. "Tu non puoi nemmeno concepire l'immensità della forza che può darmi il ricordo di mia madre. In suo onore posso raggiungere le vette più alte del mio potere. Grazie a questo amore che nemmeno la morte può spezzare, io ho vinto la mia armatura del ghiacci!..." Sorride, orgogliosamente. "E tu, grande Phoenix, ti sei illuso che bastasse un incubo orrendo per distruggere tutta questa gloria dentro di me?"

Ikki non muove un muscolo.

"La perfezione non è di questo mondo," risponde, per nulla impressionato. "Certo posso aver sbagliato a giudicare le tue forze e le tue debolezze. Sei un caso interessante, Crystal, quasi paradossale..." Sorride, porta il pugno davanti al petto, "... e meriteresti uno studio più approfondito, anche se questo ti costerebbe definitivamente il cervello!"

"No, Crystal!" si interpone Seiya, con urgenza. "Non fare sciocchezze. Sei ferito. E da quel che hai detto, ti sei già preso una dose di Illusione Diabolica..."

Hyoga lo guarda quasi con distacco. "Pegasus. Hai l'armatura, vedo... bene, Dragone ha mantenuto la sua promessa."

Seiya esita, ma prima che possa parlare ancora Hyoga tende un braccio e lo spinge fermamente di lato, voltandosi a fronteggiare Ikki.

"Non credere di farmi paura con il tuo colpo segreto, Phoenix. L'hai detto tu che una tecnica raggiunge la sua massima efficacia solo la prima volta che viene usata. Ho visto la tua Illusione Diabolica. L'ho sperimentata." Mi guarda appena, sorride. "E compatisco Shun che l'ha provata prima di me. Però vedo che lui ne è uscito." Torna a guardare Ikki. "Ed anch'io ne sono uscito. Quindi, come vedi, il tuo colpo segreto non vale più nulla!"

"Ah no?" chiede ironicamente Ikki.

"No. Per cui ti faccio il favore di offrirti la resa. Sei solo. Senza armatura. E noi siamo qui, vivi, e più forti che mai: Shun ha di nuovo il suo cosmo, e Seiya la sua armatura. I tuoi uomini sono stati tutti sconfitti, ed il tuo colpo segreto è inefficace."

"Di tutte le cose senza importanza che hai citato, quest'ultima è la più stupida. Hai davvero il fegato di mettere alla prova questa affermazione?"

"Ma certo. Anzi... lo pretendo." Hyoga tende il suo pugno davanti a sé, un gelido fuoco negli occhi. "In nome del mio bottino che ti sei portato via, e degli insulti a me ed a mia madre!"

"Va bene, Cigno." Ikki sorride, si mette in guardia. "Non mi importa di essere senza armatura, non mi serve affatto con uno come te. L'Illusione Diabolica è solo uno dei miei colpi, come già ti ho detto... ma poiché tu lo insulti dicendo di saperlo fermare, ti ricaccerò in gola la tua presunzione!"

"No!" esclamo, facendo un passo avanti.. "Crystal, in nome del cielo..."

"Stanne fuori, Shun!" mi sibila lui, per niente gentile. "Ed anche te, Seiya. Questa è una questione privata tra Ikki... e me!"

"Al diavolo le questioni private, russo!" tuona Seiya, "Sono io quello che può combinare qualcosa di buono qui, non te che stai a malapena in piedi!"

Per tutta risposta Hyoga si mette in guardia ed inizia la sua danza.

Vorrei disperatamente fermarli: non voglio un duello mortale tra i miei due fratelli, anche se forse né Hyoga né Ikki lo sono veramente...

Ma Seiya mi prende per un braccio e mi tira indietro. "Lasciali fare, ormai non possiamo fare niente per loro. Spero solo che il russo sappia quel che sta facendo."

Guardo Hyoga, con un brivido di angoscia. So benissimo il rischio che sta correndo, ho provato sulla mia pelle cosa voglia dire essere investiti dall'energia di Phoenix! Ma lo vedo sorridere appena, con un'espressione tagliente: è evidente che ha in mente un piano.

Ed Ikki lo capisce benissimo; ciò nonostante vedo nei suoi occhi obliqui un'assoluta sicurezza, mentre concentra la sua paurosa energia.

Il siberiano muove le braccia, ed il turbinio affascinante dei suoi cristalli di neve lo avvolge.

"Ancora la tua Polvere di Diamanti?" lo irride Ikki, preparando il suo pugno mortale. "Sarebbe questo trucco consunto la tua arma segreta contro la mia Illusione Diabolica?"

Il sorriso di sfida di Hyoga non si scalfisce, ma la sua iperconcentrazione è intensissima, il suo cosmo brucia come una fiamma gelida.

"Ti sto aspettando, Phoenix."

"Ed allora... così sia!"

Tutto dura un istante. Ikki scatta in avanti. Hyoga muove le braccia con un gesto violento, mandando l'aria ghiacciata non contro l'avversario, bensì davanti a sé, contro lo strato superficiale di neve, sollevandolo di colpo Non si possono seguire tutti i suoi movimenti, ma sembra che all'improvviso si formi uno stranissimo muro davanti a lui, incorporeo e tuttavia scintillante, proprio nel momento in cui dalla mano di Ikki parte l'energia concentrata...

E l'energia rimbalza istantaneamente indietro!

Ikki viene centrato in pieno dal suo stesso colpo riflesso. Si blocca, raggelato, gli occhi spalancati in un'espressione di orrore e di sorpresa. Non emette neppure un gemito, un singhiozzo.

Si abbatte nella neve come un burattino a cui abbiano tagliato i fili.

"Incredibile!" esclama Seiya, sbalordito. "Crystal ha usato sua la Polvere di Diamanti come uno specchio!"

Hyoga respira profondamente, rilascia la sua concentrazione. Prende tra le dita la sua Croce del Nord, la bacia devotamente e mormora: "Spasiba, mama."

E poi guarda il corpo inerte ai suoi piedi.

"Oh, Dio, no!!!..." grido, spaventato.

Mi libero dalla presa di Seiya e corro da Ikki, mi inginocchio nella neve, lo afferro, con il cuore in gola al pensiero che possa essere morto... ma vedo subito che respira ancora.

E' vivo, ma è come una bambola rotta. Il suo volto è ancora paralizzato in un'espressione assurda. Ha la bocca semiaperta da cui cola la saliva, perché non deglutisce più. Mi accorgo che esce del sangue da una vecchia cicatrice che ha tra le sopracciglia, alla radice del naso. Glielo tergo con un poco di neve, gli scosto dolcemente i capelli e lo accarezzo, ora che finalmente lo posso fare, ora che non può sentirmi e cacciarmi via... e mi scopro con gli occhi pieni di lacrime.

"Oh, Ikki..." singhiozzo, stringendolo a me.

"Lascialo stare, Shun!"

Hyoga mi afferra brutalmente per una spalla e mi spinge indietro, rovesciandomi sulla neve. Si pianta al mio posto, guarda il corpo riverso di Ikki con un'espressione di gioia selvaggia.

"Guarda come ci aveva ridotti, questo traditore. Guarda su di lui gli effetti del suo stesso colpo! Siamo stati così, noi due e Markus. Delle carcasse prive di vita, dei dementi, dei vegetali!..."

"Hyoga!" esclamo, rialzandomi in ginocchio.

Ma lui ha già afferrato Ikki per la sua veste, e lo solleva fino a parlargli quasi sul viso.

"Ed ora, Phoenix, goditi gli incubi, gli atroci incubi che ci hai inflitto. Non ho certo la tua maestria per guidare gli effetti del tuo stesso colpo, ma posso immaginare qualcosa che ti dà fastidio ricordare. L'Isola Nera, Phoenix. Ricorda l'Isola Nera! Ricorda l'Isola Nera!..."

 

 

L'Isola Nera. L'Isola Nera...

Il suo nome corretto è Isola della Regina Nera. Una Regina divina e mostruosa, che veste una collana di cuori umani ed una cintura di mani mozzate. Kali, ovviamente; anche se qui si chiama Coatlique.

E' un'isola schifosa, nera, puzzolente. Con due o tre pescatori morti di fame, malaticci, in sudice capanne sulla costa tagliente come un coltello. Con un vecchietto maligno che parla greco antico, l'ultimo intermediario del Mondo Segreto. E lassù sul vulcano, in un'isola tra due fiumi di lava appiccicosa, c'è un tempietto nero che custodisce ciò che chiamano il Gioiello.

I pirati indonesiani che mi hanno drogato e picchiato per tutto il viaggio mi hanno buttato qui come un pacco, legato come un salame. Il vecchietto malefico mi ha spiegato poi che quei bastardi sono mercanti di schiavi, e portano i postulanti credendoli tali. Una volta quei fuorilegge sanguinari hanno provato a vedere cosa ci fosse da rubare in quel tempietto sul vulcano. Ma il cosiddetto Demone della Montagna ha sparpagliato i loro pezzi sanguinolenti fino alla loro barca all'ancora. Così i superstiziosi bastardi non ci hanno riprovato più, ed hanno anzi regalato al vecchietto una schiavetta da buttare in pasto al Demone o nel vulcano, per placare lo spirito malvagio che infesta l'isola.

Il Demone in questione è un vecchio impossibilmente erculeo e mostruoso, rivestito di cicatrici, che ha sempre sulla faccia la maschera orrenda di Coatlique, e si chiama Cuauhtlehuànitl... cioè, Aquila-di-fuoco-che-ascende.

Cioè Phoenix!

Cuauhtlehuànitl è infatti il cavaliere della Fenice, la più oscura e misteriosa delle figure cosmiche. E sono anni, direi quasi secoli che cerca il suo successore. Non è un uomo, non ha sentimenti umani, a volte sembra non avere nemmeno il cervello a posto. Parla a grugniti, quando si degna di farlo. Accoglie i nuovi postulanti spazzandoli via, sbriciola le loro ossa con la facilità con cui si gratta. Poi li lascia agonizzare nei vapori soffocanti della montagna, e raccoglie solo quelli che strisciano ancora vivi.

Io sopravvivo.

Mi picchia, mi ordina di fare cose impossibili, mi urla in faccia come una belva. Mi dice che se voglio essere il suo successore devo svegliarmi, devo aver più voglia di vivere che di morire. Mi ordina di arrampicarmi a mani e piedi nudi su una parete di lava appena rassodata, con le pietre roventi che dilaniano la mia carne. Mi rinchiude in una caverna a soffocare lentamente nei fumi dello zolfo. Mi addestra a calci, a pugni, fino a farmi svenire.

Ma io sopravvivo.

Altri no. Non che i miei compagni siano molti, ma sono stravolti, sfiniti, disperati, pazzi, allucinati, non dormono, non mangiano, muoiono con l'orrore in faccia. Una volta Cuauhtlehuànitl esce dal tempio, grugnisce sotto la sua grottesca maschera, allarga le braccia e urla come un'animale in gabbia. Poi colpisce la pietra a mani nude, la spezza, provoca un cratere profondo quattro metri e largo dieci, poi mi dice ghignando che questo è uno scherzo per una vera Fenice. Ha spaccato mezza montagna solo per mostrarmi il potere che ha, e che potrebbe essere mio...

Ed io sopravvivo.

Mi toglie di colpo cibo ed acqua. Per un po' riesco ad andare avanti con le riserve del mio corpo massacrato, e grazie alle energie misteriose che comincio a riconoscere in me. Ma poi non ce la faccio più. Muore il mio ultimo compagno di addestramento. Cuauhtlehuànitl mi ordina di mangiare la sua carne cruda, bere il suo sangue e sopravvivere.

E' la prova più spaventosa, atroce, insensata, crudele che si possa concepire. Piango, mi dispero, mi lamento, grido che piuttosto morirò. Lui alza le spalle, grugnisce come al solito. Prende il cadavere del disgraziato, lo sbatacchia cento volte contro una roccia davanti ai miei occhi inorriditi, come si farebbe con un polipo da cucinare. Quando l'ha ridotto in poltiglia me lo butta davanti e ripete: mangia se vuoi continuare a vivere.

Ed io penso con orrore a Shun, che avrebbe dovuto essere qui al posto mio. Penso alla promessa che gli ho fatto... e mentre la mia anima muore sfinita, obbedisco e mangio.

Così sopravvivo.

Non mi è difficile pensare a Shun. Perché in questo inferno, se mai si può definire così semplicisticamente questo posto, c'è una sola luce, ed è la luce a cui si attacca disperatamente il mio essere per non impazzire del tutto. Si chiama Esmeralda.

Nonostante il nome ridondante, è solo la schiavetta che doveva essere buttata nel vulcano; ma poiché il vecchio mostro non sapeva che farsene, l'ha buttata da qualche parte, ed il vecchietto del villaggio l'ha presa con sé. Esmeralda potrebbe essere della mia stessa razza: pelle bruna, capelli neri arruffati, occhi orientali. Non so quanti anni abbia, è una bambina che forse è già madre; piccola, sottile e magra nel suo rattoppato, sudicio e ridicolo vestitino occidentale. Ma quello che mi sconvolge di lei è che ha la stessa, identica espressione di Shun; ha la sua grazia, la sua dolcezza, e persino i suoi stessi gesti! Nel vederla mi sembra sempre di vedere lui, come avrebbe dovuto essere se non avesse preso da chissà chi quell'assurdo aspetto caucasico...

Grazie al cielo il vecchietto è troppo avvizzito per metterle le mani addosso, come sicuramente avranno già fatto in molti. La mette però a lavorare come una bestia dalla mattina alla sera, in cambio di due pesci secchi, due tazze d'acqua e una coperta tutta lacera dove dormire. Non la lega di notte perché tanto non può scappare da nessuna parte. Così è una notte che lei viene a portarmi dell'acqua fresca, mentre giaccio mezzo morto in mezzo alla pomice della mia caverna, abbandonato lì dopo una giornata spaventosa. Quel gesto di pietà, quel sorriso così simile a quello di mio fratello mi fanno piangere come mai non ho pianto in vita mia. Avevo dimenticato la gentilezza, una parola buona, anche se detta in una lingua a me sconosciuta... prendo la sua mano callosa e la bacio, colmo di gratitudine. Lei mi dà la forza di andare avanti. Perché diventando cavaliere sarà mia, come tutta quest'isola fetente, ed io potrò liberarla da questa assurda, barbara schiavitù, e regalarle una vita degna di un essere umano.

Così sopravvivo.

E resisto più di quanto possa mai aspettarmi, stupendomi della forza della carne umana, che supera di gran lunga quella del ferro e dell'acciaio. Cuauhtlehuànitl continua a maltrattarmi, ma nondimeno continua ad insegnarmi cose nuove. Una volta mette la mano nel fuoco, la tira fuori senza una sola scottatura. Mi impone di concentrarmi e fare altrettanto. Io obbedisco, con più furia che calma volontà. E urlo la mia agonia, ma non tiro fuori la mano nemmeno quando sono convinto di non aver più nessuna mano da tirar fuori. Me la tira fuori lui, ed io guardo sbalordito la mia pelle intatta, solo strinata. Lui grugnisce soddisfatto, mi dice che è un buon segno e mi lascia libero senza pestarmi come al solito.

Così quella sera sono io a raggiungere la spiaggia per incontrarmi con Esmeralda. Lei mi porta in una specie di tana sul mare, foderata di alghe secche e crepitanti, puzzolente di salsedine e pesce, e mi parla fitto fitto nella sua lingua che non capisco. Io sono talmente disperato per la mia solitudine animalesca che mi metto a parlare torrenzialmente in giapponese, come se lei mi capisse, raccontandole la mia vita. Dopo questa pazza conversazione, lei si toglie di dosso il suo sudicio vestitino e preme il suo corpo infantile contro il mio.

Chiudo gli occhi e credo di sentirle addosso persino l'odore di Shun, e mi accorgo di quanto mi manchi. Così l'abbraccio e la stringo a me, resto in silenzio e ricordo ancora quando ero un ragazzino, a casa, e tenevo il mio fratellino a letto con me, consolandolo dopo che papà l'aveva sgridato come al solito...

Lei si stende sulle alghe crepitanti. Mi prende le mani e le posa sui suoi minuscoli seni da bimba. E' tutta ossa, ma è calda. Ed io sono cresciuto, sono uomo da un pezzo... così perdo la testa e faccio l'amore per la prima volta in vita mia, goffamente, ma con tenerezza. Lei piange di gioia perché non l'ho brutalmente stuprata come si aspettava, povera creatura. Poi mi abbraccia e sussurra dolcemente il mio nome, che ha finalmente imparato.

"Ikki... Ikki... Ikki..."

Ed io la amo.

Ma il giorno dopo, a bruciapelo, Cuauhtlehuànitl mi dice che si è stancato di me. Se voglio l'armatura della Fenice, devo diventare Fenice; sottrarre l'energia cosmica al suo cavaliere e prendermi la sua vita. O lui si prenderà la mia.

In quel giorno quindi si decide il mio destino.

Esco sulla piana di lava, seminudo come sempre, lottando contro il mio terrore, richiamando in me tutta la folle determinazione che mi ha tenuto insieme fino ad adesso. Penso ad Esmeralda, a lei che ha salvato la mia umanità. E assaggio la gloria dell'amore, gridandomi che è per lei che combatto, per la mia e la sua libertà, per il nostro futuro...

Cuauhtlehuànitl esce dal tempietto, ed allibisco. Non è il solito mostro. E' uno splendente cavaliere con addosso un'armatura dalla bellezza inenarrabile. La bestia di sempre è diventata un nobile guerriero, la cui anzianità si nota solo dalla sterminata coda di capelli bianchi sulle sue spalle, che rivaleggia con le tre dell'armatura.

Lui si inchina a me, ed io faccio altrettanto. Poi mi volta le spalle e sostituisce la maschera scintillante dell'armatura con la consueta, selvaggia effigie di Coatlique. Quindi, un pezzo alla volta, si spoglia della corazza e quando ha finito...

... la distrugge in una vampa di energia fiammeggiante!

Mi manca il fiato. Ma come? Distrugge quello che io sto cercando di guadagnarmi?!

Parto subito all'attacco, disperato. Lui mi affronta ridendo follemente, il suo corpo incredibile che scatta più veloce di quanto non abbia mai creduto. La nostra lotta è terribile, lui non mi risparmia niente, colpisce per uccidermi, e intanto mi insulta, mi sprona, mi maledice...

Mi rendo conto che non sono alla sua altezza, che morirò, è solo questione di tempo.

Con la forza della disperazione, facendo appello a tutte le mie energie interiori, contrattacco, colpisco anch'io, con tutta la mia furia. Per un istante lo metto in difficoltà, e la cosa accende una gioia selvaggia in me...

Ma non riesco ad approfittarne abbastanza.

Lui smette, ansimando. Il suo respiro roco è spaventoso.

"Non va bene," grugnisce.

Gira sui tacchi e va nel tempietto, lasciandomi di sasso. Trasalisco quando lo vedo uscire di nuovo trascinandosi dietro proprio Esmeralda, che singhiozza terrorizzata. Mi dice che sa benissimo da dove venga la mia forza e la mia debolezza. Ma che nessuna Fenice può permettersi questo. Mi invita ad odiarlo. E poi strappa di dosso alla mia Esmeralda il suo lacero vestitino, lasciandola miseramente nuda.

Lei grida, piange, mi guarda disperata.

"Ikki! Ikki!..."

La manaccia sudicia di Cuauhtlehuànitl fruga volgarmente in quel tenero corpicino, mentre quel mostro ride. Ed io ruggisco di piena furia.

"Lascialaaaa!!!...."

L'attacco, deciso stavolta ad ucciderlo, con tutte le mie forze. Lui butta da un canto la mia ragazza, mi ghigna in faccia, mugugna una nenia nella sua maledetta lingua:

"Ah tlamiz noxochiu... ah tlamiz nocuic... in noconehua!"

I miei fiori ... i miei canti... non periranno mai.

"Maledetto pazzo!..." grido, quasi schiumando di rabbia.

E lo colpisco, lo colpisco...

"Ayya, poechoa!..." urla il vecchio mostro.

Ho sbagliato! Mi sono sbilanciato in avanti senza riflettere. Cuauhtlehuànitl mi respinge come una foglia secca.

"Ikki!..." grida Esmeralda, vicina a me, troppo vicina a me...

In un istante senza tempo guardo in faccia la morte, la maschera di Coatlique mi fissa per l'ultima volta. So già che sta per arrivarmi una tremenda onda d'urto, che mi spappolerà e manderà i miei pezzi chissà dove. Chiudo gli occhi...

Sento il colpo, una doccia calda e maleodorante su tutto il corpo, e poi un suono spaventoso, flaccido.

E sono... ancora vivo?!

Riapro gli occhi, sconvolto. Invano cerco Esmeralda. Ce l'ho addosso, la mia amata. Fatta a pezzi da Cuauhtlehuànitl nel momento in cui si è gettata davanti a me per farmi scudo col suo piccolo, adorabile corpicino.

Per un istante eterno non respiro. Sono talmente sotto shock da non poter nemmeno vomitare, vedendo davanti a me i frammenti osceni, rossi del mio primo amore, riconoscendo le sue viscere attorno ai miei piedi.

Poi urlo. E l'eco di quell'urlo sarà per sempre dentro di me. Urlo come un animale, come una bestia impazzita. Urlo mentre tutto in me si schianta e si distrugge, urlo mentre muoio di dolore, mentre tutto il mio essere è spinto oltre ogni limite, mentre la mia energia esplode dentro di me come una supernova. Ululo come un lupo, gli occhi sbarrati, i capelli impastati di sangue, la carne macellata che era la mia tenera Esmeralda su di me, intorno a me...

Cuauhtlehuànitl inala quasi voluttuosamente l'odore di morte in cui siamo immersi.

"Ahhh... un sacrificio umano! E' un buon auspicio, per gli dèi assetati di sangue." Si rimette a mugolare la sua nenia, ripetitiva, ossessiva. "Nteutl tone... tlaextia motonameyotia..."

Divinità che brucia... risplendi fulgida, ora...

Smetto di gridare, stringo i denti fino a straziarmi le gengive.

Mostro fanatico... hai ucciso un'innocente e non ti importa niente!

Stringo i pugni, ad occhi chiusi. Il fuoco. Il fuoco dentro e fuori di me...

Esmeralda! Esmeralda! Sei morta, mia Esmeralda, amore mio, non ti rivedrò più!...

Riapro gli occhi, fissando Cuauhtlehuànitl. L'energia mi avvolge.

Perché hai coinvolto Esmeralda, bastardo?! Solo perché l'amavo?!... Ma te la farò pagare, maledetto assassino spietato, esisterò solo per strapparti il cuore...

Ed all'improvviso ho addosso l'armatura, rinata intorno a me dalle sue ceneri, scintillante sul mio corpo ancora insanguinato.

Cuauhtlehuànitl arretra, la sua ghignata si interrompe di colpo. Mi guarda rigido, sento il suo roco ansimare, la consapevolezza della sua condanna.

"Gli dèi... sono contenti," mormora. "Hanno gradito il sacrificio. In questo sangue, Ikki è morto... ed è rinato... Phoenix!..."

Si, Ikki è morto!... Ora e per sempre, che io sia Phoenix, il fuoco della vendetta!

Guardo il mio maestro per l'ultima volta. Poi lo colpisco, lo massacro, lo uccido a mani nude, dilaniandolo in un'estasi nera di orrenda violenza.

Maledetto, dannato mostro sanguinario, muori, muori!... Che tu possa morire mille volte e finire in mille inferni per tutta l'eternità...

 

 

"So cosa sta provando," sorride Crystal, ad occhi chiusi come se assaporasse un ricordo. "La sua mente si sta distruggendo da sola, divorata da un incubo spaventoso... ogni desiderio di vivere lo abbandona, e resta solo la disperazione." Riapre gli occhi. "Ho provato anch'io il suo veleno, è solo giusto che sia proprio esso ad uccidere il suo spirito!" Alza il pugno, espande il suo cosmo. "Ed ora morirà anche il suo corpo. Avrà la fine che meritano i traditori di Athena, e questa assurda guerra finirà una volta per tutte!"

Cala il colpo, ma la sua mano non arriva a destinazione. In un lampo la mia catena di difesa si è avvolta al suo braccio, bloccandolo. Mi pianto a gambe aperte nella neve e do un violento strattone all'indietro, facendolo cadere di schiena.

"Ehi!..." esclama, colto assolutamente di sorpresa. "Ma cosa..."

"Shun!" mormora Seiya, sbalordito.

Non credo che mi abbia mai visto così.

Hyoga fa per rialzarsi, guarda esterrefatto la catena che gli tiene il braccio, poi guarda me, ad occhi spalancati. "Che stai facendo, Shun?!"

"Non lo vedi?" rispondo, con veemenza. "Mantengo la promessa che ti feci davanti a tutti. Non ti lascerò uccidere mio fratello! Se vuoi la sua vita, dovrai prima prendere la mia!"

Si alza in piedi, furibondo. "Sei pazzo?... Non ti rendi conto di quel che stai dicendo. Togli subito questa catena dal mio braccio!"

Per tutta risposta espando la mia energia. "No, Hyoga. E non ti consiglio di provare a togliertela da solo. Il tuo cosmo mi è ostile, e mi basterebbe sollevare appena la mia concentrazione perché la mia energia si scarichi lungo questa catena."

Un tetro sorriso appare sulle sue labbra pallide. "Oseresti attaccarmi, proprio tu?"

"Si. Molto a malincuore. Non voglio la tua vita, ma tu non prenderai quella di mio fratello finché potrò impedirtelo."

"Sei un mio compagno, Shun!"

"Ed anche qualcosa di più. Ma questo non ha importanza. Ora per te non sono che un cavaliere decaduto, esattamente come mio fratello. Puoi batterti contro di me e cercare di uccidermi, se vuoi. Io sono pronto."

Lui mi scruta. Vede nei miei occhi che faccio sul serio, e scuote lievemente la testa.

"Sei uno stupido! Vuoi difendere a tutti i costi qualcuno che non lo merita. Non puoi provare pietà per questo traditore che chiami fratello: sta solo sperimentando la tortura e la morte che aveva destinato a me!... Non ricordi più cos'hai provato a causa sua? Non ricordi che ti ha disprezzato, insultato, colpito a tradimento, ridotto persino a quel che è lui adesso? Non ricordi che ha tentato di ucciderti, e più di una volta?"

Respiro profondamente. "Certo che lo ricordo, Hyoga, ma non mi importa. Ikki è per me quello che per te è tua madre. Se adesso è mio nemico, per tutta la mia infanzia è stata l'unica persona che mi abbia voluto bene. Quindi io sono con lui, soprattutto adesso che ha bisogno di me, e se sta male il mio dovere è aiutarlo. Del resto nessuno di noi sa cosa gli abbiano fatto per farlo diventare così cattivo; quindi nessuno di noi ha il diritto di giudicarlo."

"Io lo giudico!" tuona lui facendo un passo avanti. "Ha tentato di uccidermi, ha giocato senza scrupoli con i miei ricordi più cari. Non ho nessun motivo per perdonarlo... o per dimenticare tutto lo spargimento di sangue di cui si è reso colpevole. Per cui togliti di mezzo, e non ostacolarmi!"

Afferro il peso triangolare della mia catena e mi metto in posizione di attacco.

"No, Hyoga. E mi sorprende che proprio tu mi chieda una cosa simile. Mi hai sempre trattato da cavaliere, a dispetto del mio aspetto da bambino... ed ora mi credi capace di mancare alla parola data?"

Lui china lo sguardo, per un istante. Poi lo rialza e mi fissa cupamente.

"E va bene, Shun. Come vuoi tu. Per quanto mi dispiaccia... e non hai neppure idea di quanto... devo rispettare la tua scelta." Si mette in guardia. "Forse era scritto nelle stelle che un giorno avremmo dovuto batterci l'uno contro l'altro. Ebbene... quel giorno è arrivato!"

Espande il suo cosmo, ed io faccio altrettanto...

"Ehi, ragazzi, ma siete tutti matti?!" esclama Seiya interponendosi di corsa tra noi due, le braccia aperte. Ci guarda e soggiunge: "C'è bisogno di litigare ed ammazzarsi tra compagni per una scemenza come questa?"

"Non è una scemenza, è una questione di principio!" replica Hyoga, seccatissimo. "E Shun è grande abbastanza da sapere quel che fa."

Seiya si volta verso di lui.

"Su questo non ho dubbi, russo. Ma in questo caso sei proprio tu che mi sembri esagerare un pochino. D'accordo che hai il dente avvelenato con Ikki, ma arrivare al punto di batterti contro Shun perché vuol difendere suo fratello... accidenti, se non lo facesse, non sarebbe Shun, no?"

Hyoga resta pallido e fremente di gelida furia.

Ma Seiya non si fa certo intimidire dal suo sguardo e continua, imperterrito: "Senti, ragioniamo un attimo. Forse non è necessario uccidere Phoenix, ormai l'abbiamo battuto. Abbiamo l'armatura, ci manca solo l'elmo ma Shun può ritrovarlo con le sue magiche catene... direi che abbiamo già raggiunto il nostro scopo, no?"

"No!..." Hyoga stringe i pugni. "Ho troppo rispetto per la forza di Phoenix per poter stare tranquillo. Lasciarlo vivo vuol dire rischiare di ritrovarcelo addosso una seconda volta, e Dio sa che siamo stati fortunati a batterlo adesso, grazie solo ai suoi errori ed alla sua superbia!... Capisco benissimo i sentimenti di Shun, ma lui deve fare una scelta tra essi e la giustizia."

Quelle parole offendono profondamente qualcosa dentro di me.

"E' questo dunque il tuo ideale di giustizia?" esclamo, indignato. "I sentimenti da una parte e la ragione dall'altra?... Come puoi essere così inumano e pretendere di combattere per l'umanità? Se Athena è davvero la sua protettrice, allora forse sei proprio tu ad essere il cavaliere più indegno tra tutti noi!"

"Oh, cavolo!..." mormora appena Seiya, con l'espressione di chi abbia assaggiato un frutto acerbo. E mi guarda allibito.

Anche Hyoga mi sta guardando, pallido come un cadavere, quasi senza fiatare. La sua espressione rivela quanto le mie parole lo abbiano percosso duramente.

"Come... ti permetti di... insultarmi in questo modo?" mi sibila, con voce carica di minaccia.

"Io non ho mai insultato qualcuno in vita mia," ribatto, affrontando il suo sguardo. "E non sono mai stato zitto per paura di quel che poteva succedermi!"

Hyoga è furibondo. "Allora hai scelto un brutto momento per fare l'impertinente..."

Una roca, cupa risata lo interrompe. Lo vedo abbassare lo sguardo sconcertato sul corpo ai suoi piedi. Ed all'improvviso, con un movimento più rapido dello scatto di un serpente, Ikki si volta, gli afferra una caviglia e lo scaraventa a faccia in giù nella neve, rotolandogli sulla schiena e passando un braccio attorno al suo collo, l'altro gomito puntato alle vertebre cervicali.

Tutto è durato un solo istante.

Hyoga fissa il vuoto, ansimando, gli occhi ancora sbarrati dalla sorpresa. Ikki sorride appena, senza lasciare la sua presa mortale.

"Potrei ammazzarti, Cigno... adesso, subito. Ma eri impegnato con un altro avversario, ed io non ho bisogno di colpi a tradimento, specie con te. Insisto a dire che sei tu la feccia di questa banda di mezzi cavalieri! Persino una tremula femminuccia come Shun può darti delle lezioni di carattere... il che è tutto dire!"

Esplode in una risata sarcastica, liberatoria. E lascia andare il suo avversario, rialzandosi senza alcuno sforzo. Si pulisce il volto con la neve, sputa orgogliosamente e ci guarda, con la sua solita espressione superba.

"La vostra patetica illusione di vittoria finisce qui, idioti... avete giocato la vostra mano, e adesso tocca a me!"

***

Questi imbecilli credevano di avermi battuto così facilmente? E' un pezzo che ho ripreso i sensi, ma volevo sentire quel che dicevano, divertirmi un po' alle loro spalle.

Shun mi ha difeso. Era pronto a battersi per me...

Che razza di stupido! Era Crystal ad avere ragione, una volta tanto. Un avversario come me si uccide, non si risparmia! Io sono un animale da preda che, una volta lanciato, non si ferma più; sono una Fenice, sempre pronta a risorgere dalle sue ceneri, mai doma, mai battuta, mai vinta del tutto!

Avrei dovuto aspettare ancora un poco, fare il morto e lasciare quei due a battersi tra di loro... alzo le spalle a quel pensiero. Si, sarebbe stato più furbo da parte mia, ma mi ero seccato di stare lì a sguazzare nella neve con gli occhi sbarrati.

Uno come me non ha bisogno di macchinose strategie. Ora che so che non mi devo più aspettare l'aiuto di nessuno, è arrivato il momento di usare davvero i miei poteri... e finirla di giocare una volta per tutte.

Crystal si rialza, rosso in viso per l'umiliazione ricevuta. Guarda velenosamente Shun, come se fosse tutta colpa sua. Lui ritira la sua catena con un'aria imbarazzata ed esultante insieme, anche se non so proprio cosa ci sia da ridere in questa situazione. Devo dire che mi ha sorpreso vederlo tirare fuori gli artigli: non lo credevo capace di tanto! Quasi quasi mi dispiace doverlo fare fuori. Se solo avesse un altro sangue, un'altra faccia, un po' più di ormoni maschili in corpo...

Ma non ce li ha. E mi basta guardare quegli occhi alieni per detestarlo di nuovo.

"Ma... come hai fatto a riprenderti così in fretta e così bene?" mi chiede Crystal, quasi sull'orlo di un attacco isterico.

Sorrido, a denti stretti. "Non crederai che il segreto dell'Illusione Diabolica sia solo nella mia energia! Me l'hai rimandata indietro, ma non hai certo saputo usarla al meglio. Persino il mio stesso maestro faticherebbe ad orchestrare un incubo in grado di farmi impazzire, dopo quel che ho vissuto all'Isola Nera... cosa diavolo credevi di potermi fare tu, imbecille presuntuoso? Mi hai solo rinfrescato la memoria, nient'altro. Rivivere semplicemente un ricordo, anche il più atroce possibile, non basta a danneggiare sul serio nemmeno una psiche molto più debole della mia... perché si riprova un trauma a cui si è già comunque sopravvissuti!"

"Ma allora..." mormora appena Shun, e si interrompe, guardandomi ad occhi spalancati.

Smetto di sorridere di colpo, accorgendomi di quel che stava per dire.

Già! Stupido io che ho commesso con lui proprio questo preciso errore. Gli ho fatto rivivere un ricordo invece di modificarlo in un'illusione più spaventosa, come ho fatto con Lupus e con Crystal.

Maledizione, ma come ho fatto ad essere così... così inetto?!

"Adesso basta con queste ciance," dico, velenosamente. "Ho perso fin troppo tempo. Rinuncio alle sacre regole: mi batterò contro tutti voi insieme, così vi spazzerò via in una volta sola e risolverò il problema in un attimo."

"Ma sei completamente pazzo?!" esclama Seiya. "Uno contro tre?"

"Uno contro quattro, anche... non importa quanti siate, il vostro destino è comunque segnato. Pegasus!..." Mi volto verso di lui. "Se hai l'armatura vuol dire che Dragone te l'ha portata. Digli di venire fuori da dove si nasconde ed unirsi alla compagnia. Non ho nessuna voglia di andarlo a cercare!"

"Non è stato Dragone a portare l'armatura a Pegaso, sono stato io!"

Mi volto a quella vocetta acuta che ha parlato in greco antico.

Vedo un bambinetto di forse dieci anni, apparso sulle rocce quasi per magia. Ha i capelli lunghi, la faccia sporca, una tela arancione addosso, varie collane e rosari al collo e sandali ai piedi nudi.

"Kiki!" esclama Seiya, che ha l'aria di conoscerlo. "Sparisci, accidenti!..."

"Vuoi scherzare!" ribatte lui, sedendosi sulla roccia, indifferente al freddo. "Perdermi il più bello della battaglia?"

"Chi è quel bambino?" chiede Crystal, esterrefatto.

"Non è certo un bambino comune," mormora Shun concentrandosi su di lui. "Appartiene al Mondo Segreto... e possiede una grande energia cosmica!"

"Certo che la possiedo!" esclama il marmocchio, tutto orgoglioso. "Il mio nome è Kiki Lobsang, discepolo e fratello spirituale del Sampadam Daivîm Abhijâtasya, il grande Mur del Pamir!"

Segue un denso silenzio.

"E chi sarebbe questo tizio?" chiedo, seccamente. "Il Riparatore di Armature, forse?"

"Questa è solo una delle numerose arti in suo possesso, Fenice," mi risponde il bambino, fissandomi alteramente. "E ti assicuro, non la usa per chiunque!"

"Ma per Dragone si è scomodato," ribatto, ironico. "Conoscendo i mezzi dei Thule, immagino che sia stato pagato profumatamente per questo."

Kiki scuote la testa. "Non c'è ricchezza terrena che abbia un qualche valore per il grande Mur. Egli non è un semplice artigiano, non vende i suoi servigi a nessuno. Vive con me nel suo rifugio solitario, inaccessibile e segretissimo." Sorride. "Però Dragone, grazie alle indicazioni del suo grande maestro, è riuscito comunque a raggiungerci. Aveva con sé due armature morte, e ci chiedeva di ridar loro la vita per riconquistare con esse l'armatura d'oro del Sagittario. Allora il mio venerato maestro ha immediatamente acconsentito ad aiutarlo."

"Il tuo venerato maestro sapeva di aiutare un cavaliere condannato a morte dal Santuario?" chiedo, beffardamente. "Non credo che Dragone sia stato tanto stupido da dirgli tutti i guai in cui sarebbe incorso, associandosi a un traditore..."

"Il grande Mur non obbedisce al Santuario e non teme le sue vendette," ribatte lui, con sorprendente noncuranza. "Dragone ci ha detto onestamente la sua situazione. Ma quando ci ha detto chi era il nemico che minacciava l'armatura del Sagittario..." mi lancia un'occhiataccia, "... il mio venerato maestro si è convinto a riparare le armature."

Stringo i pugni.

"La mia fama si è dunque spinta così lontano che il tuo dannato maestro decide di impicciarsi in una lotta a lui estranea?... Strana politica, scegliere tra un cavaliere decaduto e l'altro! Cos'ha di speciale Dragone, è forse più bello di me?"

Kiki apre le braccia. "Non so cosa risponderti, Fenice. Non posso ancora comprendere le azioni del mio maestro, ma so che agisce sempre saggiamente." Alza la sua testolina arruffata dal vento. "C'era un problema, però. Come ho già detto, le armature portate da Dragone erano morte. Ripararle non bastava, bisognava infondere in loro una scintilla vitale. Ora la forza di Dragone era grande, ma difficilmente poteva bastare a tutte e due le corazze... così, piuttosto di rischiare di fallire, lui ha preferito sacrificarla tutta per l'armatura del suo amico."

"Che significa? Che Dragone è morto?"

Alza le spalle. "Non so nulla del suo corpo, se non che Mur l'ha regolarmente svenato secondo il rito, trasfondendo la sua energia vitale nell'armatura di Pegasus. Poi il mio maestro mi ha ordinato di portarla immediatamente al suo cavaliere, cosa che ho fatto. Qualunque cosa sia accaduta al corpo di Dragone, il suo spirito è lì dentro." E indica la corazza di Pegasus.

"Quel pazzo, stupido cinese..." mormora Seiya, con le lacrime agli occhi, "Ma chi gliel'aveva detto di morire per questo?!"

"Ci ha detto che era giusto così," risponde Kiki. "Che lui era già morto una volta, e tu gli avevi ridato la vita. Quindi questa ti apparteneva." Mi guarda, corrucciato. "Considerava più importante per te battere questo cavaliere che ogni altra cosa... compresa la sua stessa vita."

Seiya sospira profondamente, posa una mano sul suo pettorale.

"Non sono sicuro che la vittoria valga davvero questo prezzo, Shiryu... ma onorerò il tuo sacrificio, te lo prometto!"

Esplodo a ridere. "Molto commovente, Pegasus!... Penso che tra poco potrai incontrarti con il tuo eroico amico nell'Ade, e raccontargli come sei stato capace di adempiere alla tua promessa."

"Chiacchieri troppo, Phoenix," ribatte lui, velenosamente. "Ti credi davvero il superuomo che dici di essere? Ci sfidi tutti insieme mentre tu sei mezzo nudo e senza armatura: non provocarci oltre, spingendoci davvero ad accettare la tua sfida e disonorarci!"

"Pegaso," interviene Kiki dal suo osservatorio, "Stai dicendo una sciocchezza..."

"Già, marmocchio," dico io, espandendo il mio cosmo fiammeggiante. "E' talmente fuori di sé da dimenticarsi di quale energia io sia la manifestazione!"

"Che vuoi dire, Phoenix?!" esclama lui.

"Che io non avrò mai bisogno di un Riparatore di Armature, idiota!... Perché di tutte le armature del cielo, la mia è l'unica immortale!"

Apro le braccia, godendomi appieno l'ebbrezza del mio potere e richiamando a me le ceneri di ciò che è stato distrutto. Tanta è la mia energia che quei tre buffoni devono arretrare davanti a me, proteggendosi gli occhi con le mani, e tutta la nebbia attorno a noi si dilegua in un attimo, spalancando una irreale finestra di sole spettrale su quella scena...

Mi volto di scatto verso di loro, e sento dietro a me un familiare sibilo. Le tre code della mia armatura frustano nuovamente l'aria! La maschera scintillante della Fenice è sul mio viso, ma me la strappo per vedere bene in faccia quei tre miserabili che non sanno che cosa stanno sfidando.

"Ora siete contenti, cavalieri?"

Sono tutti e tre a bocca aperta, sbalorditi.

"Non è possibile... ha ricreato la sua armatura!" mormora Crystal.

"Certo!" esclamo io. "Ogni più piccola particella della mia corazza conosce esattamente la sua posizione, e non finisce mai tanto lontano che io non riesca più a richiamarla con la mia energia. La Fenice non guarisce dalle ferite, semplicemente si distrugge per rinascere più forte di prima!..." Avanzo verso di loro. "Vi siete illusi, ma non siete al mio livello, non lo siete mai stati. Avanti, consegnatemi i vostri bottini in modo che non debba perder tempo a cercarli in mezzo ai frammenti delle vostre carcasse!"

"Va' all'inferno, Phoenix!" esclama Seiya.

"Prima tu, Pegasus," dico, con un tetro sorriso, espandendo la mia energia.

Ora si accorgeranno cosa significa sfidarmi, e per di più su un campo di battaglia di mia scelta! E' una trappola mortale, uno spiazzo grossolanamente triangolare chiuso su due lati da ripide pareti di antico basalto: l'unico lato libero è quello della scarpata attraverso la quale mi hanno raggiunto. Non hanno più via di scampo.

"Attenti!" grida Shun, mettendosi in guardia. "Sta per attaccarci tutti!..."

"Preparate pure le vostre ridicole difese,"sogghigno, "Mi basta un battito... un solo, semplice battito delle Ali della Fenice... per spegnere le vostre ridicole ambizioni per sempre!"

Allargo le mie ali di energia. Quando le sento cariche al punto giusto, scateno tutta la mia potenza in un'onda d'urto della larghezza di mezzo chilometro.

La terra rimbomba e trema, percossa con la violenza di un terremoto. Il vento si alza furioso davanti a me sollevando interi macigni. Un muro giallastro di polvere e neve sporca investe in pieno i miei tre avversari trascinandoli contro le pareti verticali della montagna, su cui saranno spiaccicati.

Sento a malapena le loro urla, affogate nel tuono che riempie l'aria. La loro fine mi è indifferente: in quel momento assaporo in pieno la mia gloria, distaccato completamente dalla mia umanità. Sono proprio come quel mostro di Cuauhtlehuànitl, crudele e immenso nella mia potenza, una creatura stellare a cui i confini della carne stanno stretti...

Sono Phoenix!

Il rumore assordante si placa, lentamente. Esco dal mio stato estatico, ansimando. La polvere turbina ancora, ma si sta posando come veli sporchi sulla piana stravolta.

Tutto è compiuto!

Il misterioso Kiki, colto appena di striscio dal mio colpo, non si è fatto niente. Mi accorgo che aveva elevato uno scudo difensivo, deve avere dei robusti poteri telecinetici. Ma la sua faccia è attonita, fissa il disastro che ho compiuto a bocca aperta.

"Tu... non sei un essere umano, Fenice," mormora, "Ora capisco perché il grande Mur si è schierato contro di te."

"E me ne ricorderò a tempo debito, non ti preoccupare," gli rispondo, tagliente.

Avanzo in mezzo alle volute di polvere e all'odore di selce, alla ricerca dell'armatura d'oro, in un silenzio irreale spezzato appena dal rumore di qualche sasso che rotola.

Scorgo uno scintillio. Mi fermo. La polvere si dirada, e vedo un'armatura candida spuntare tra le rocce, circondata da pezzi di ghiaccio. Mi avvicino.

E' Crystal, a faccia in giù, probabilmente morto, anche se non ci giurerei... quel ghiaccio sembra uno scudo elevato in extremis.

Faccio per andarmene, ma vedo un pezzo di catena spuntare da sotto quel corpo esanime. Mi chino, prendo Crystal per un braccio e lo tiro fuori dalla terra che lo ricopre quasi interamente. E scopro sotto di lui Shun, svenuto e pallidissimo, la faccia sporca e graffiata che guarda il cielo.

Mi viene da ridere, comprendendo cos'è successo. Tutto mi aspettavo, fuorché che Crystal pensasse innanzitutto a proteggere il suo sfidante, dopo essere stato ad un passo dal battersi con lui. Cosa diavolo l'ha spinto a rischiare tanto? L'amicizia? L'amore fraterno? Oppure... quegli adorabili, dolcissimi occhi?

Puah!

Sbatto di nuovo il corpo del russo addosso al suo beneamato, che crepino insieme. Mi volto: dove diavolo è finito Pegasus? L'onda d'urto dovrebbe averlo colto in pieno...

Mi blocco. Vedo uno scintillio dorato tra la polvere. E davanti ai miei occhi sbalorditi appare l'armatura d'oro assemblata, una plastica figura di arciere. Senza testa, poiché manca solo il mio pezzo personale, la fascia con la maschera.

La guardo, esterrefatto. Ma come è possibile?... E' come se durante il mio attacco tutti i pezzi si siano riuniti in un solo punto e si siano disposti da soli in bell'ordine! Che sia stato il moccioso? Scarto subito l'idea: se la sua telecinesi arrivasse a tanto, sarebbe troppo potente per essere un semplice postulante...

"Che diavolo significa questo scherzo?" mormoro.

"Significa che non siamo in quattro contro uno, ma in cinque."

E' la voce di Seiya!

Lui esce dalla polvere, venendomi incontro da dietro l'armatura d'oro. Non ha un solo graffio addosso, sembra che il mio colpo non l'abbia nemmeno sfiorato!

"Ma è impossibile!" esclamo.

"Già," annuisce lui, altrettanto sorpreso, "Ci stiamo disputando questa corazza e non abbiamo considerato la sua volontà. Evidentemente deve amarmi più di quanto ami te... perché si è assemblata da sola davanti a me e mi ha protetto."

"Protetto come?!"

"Non ne ho idea, ma la tua onda d'urto non mi ha raggiunto."

"Non dire scemenze! Niente poteva resistere al mio colpo. E tu osi dire che è bastata questa armatura, vuota, davanti a te per salvarti?"

"Vuota, dici? Dimentichi che questa armatura contiene lo spirito di un cavaliere del massimo grado... come la mia contiene lo spirito del Dragone! E mi sembra chiaro che questo arciere celeste non abbia proprio voglia di diventare la nuova Fenice."

Alzo le spalle, con un sorriso di scherno.

"Ma che impressione!... Non so che diavoleria tu o i tuoi alleati abbiate escogitato: come quel marmocchio dimostra, il mondo è pieno di gente che non si fa gli affari suoi... ma ci vuole ben altro a fermarmi! Dici che quell'armatura non mi vuole? Anche se fosse vero, non mi importa: sai benissimo che sono stato già capace di dominarla, una volta. E in quanto a Dragone, sono d'accordo con te solo in un punto: che la sua vita non valeva la tua. Ma nessuno l'ha costretto a fare l'eroe, e quindi... buon viaggio all'inferno anche da parte mia!"

"Non permetterti di parlare così!" tuona lui, "Sei stato tu a costringere Shiryu a questo sacrificio. Tu, con la tua pazza sfida al torneo, e poi con questa stupida guerra segreta! Tu che hai dichiarato apertamente di buttar via tutto quel che poteva dare una qualche nobiltà a quel che ci è stato fatto. Hai deriso tutti per il loro senso dell'onore, hai insultato i nostri ideali più sacri, hai minacciato di coinvolgere degli innocenti... e poi ti sorprendi se noialtri, anche se pieni di guai fino al collo con il Santuario, ci stiamo dando da fare per fermarti?"

"Non mi sorprende, infatti. Ho sempre saputo che eravate degli stupidi."

"Adesso mi hai definitivamente rotto, Ikki."

Inspira profondamente, espande il suo cosmo, e letteralmente scompare davanti ai miei occhi. Li spalanco in un istante di sorpresa, prima di sentirmi proiettare all'indietro da una forza irresistibile. Mi piego sulle gambe, ma riesco a non cadere, sentendo la mia armatura arroventarsi per disperdere l'energia di quell'attacco...

Accidenti, che razza di colpo! Seiya non si è certo risparmiato.

Mi volto verso di lui, che ansima e mi guarda con aria cupa, vedendo che non mi ha fatto niente.

"Molto spettacolare, Pegasus. E' quello che chiami il tuo Fulmine?"

Lui incassa l'ironia con la sua solita faccia tosta.

"Io sono un tipo semplice," ribatte, "Non ho un gran assortimento di colpi segreti. E nemmeno il tuo bel fisico, come sai dai tempi della scuola. Però fin da allora non era facile farmi desistere da un proposito... ed il mio proposito adesso è stenderti!"

Neanche il tempo di finire quelle parole, ed è ancora all'attacco...

Ma stavolta so cosa aspettarmi. Scruto in iperconcentrazione i suoi movimenti, riconosco i singoli colpi che mi porta. Potrei sopportarli sulla mia armatura, ma preferisco pararli: voglio umiliare quel vanaglorioso attacco!

E ci riesco magnificamente. Non un colpo arriva a destinazione. Quando Seiya smette e scatta alle mie spalle, lo sento ansimare più di prima.

"Stanco?" lo irrido. "Quanto sei stupido, Pegasus! Hai visto con Crystal quanto sia pericoloso usare due volte la stessa tecnica con lo stesso cavaliere."

Lui si volta. "A questo punto me ne sbatto del pericolo. Ho questo colpo, e lo userò fino alla fine."

"Anche se non mi fai nemmeno il solletico?"

"Non importa." Si rimette in guardia, ostinato come un mulo. "Ricorda che sono tante gocce d'acqua a spaccare la roccia!"

Sogghigno. "Non credo che avrai tutto questo tempo." Espando a mia volta la mia energia. "Lo sai? Mi è venuto in mente che tu sei l'unico a non aver ancora sperimentato la mia Illusione Diabolica."

"Grazie tante, ne faccio a meno!"

"Non sei in condizione di scegliere!"

La mia mano carica di energia scatta verso di lui. Lo vedo spalancare gli occhi, alzare le braccia incrociate davanti a sé per difendersi...

Ma qualcosa impastoia fulmineamente il mio braccio, facendomi sbagliare tutto. La mia energia si disperde nel vuoto, mancando clamorosamente il mio avversario. Guardo esterrefatto cosa mi ha impedito di portare avanti il mio attacco...

La catena di Andromeda!

Mi volto di scatto verso il punto dove ho lasciato Shun. Ma è impossibile, non si è ripreso, è ancora là sotto Crystal, privo di sensi... come diavolo ha fatto a lanciarmi la sua catena?!

Non faccio in tempo a farmi quella domanda che la catena che mi ha bloccato si dissolve, trasformandosi in un flusso luminoso che si accumula su Seiya, circondandolo come un'aura. Lui spalanca gli occhi, il suo cosmo si alza inglobando quell'aura.

"Ma... che significa tutto questo?!" mormoro, stupito.

"Significa che ci sono cose più importanti della tua semplice potenza, Phoenix," risponde lui, con aria ugualmente stupefatta. "La fiducia di un amico, per esempio... capace di compiere un autentico miracolo!"

"Che diavolo vuoi dire? Che Shun ti ha... prestato il suo misero cosmo?"

Non avevo mai saputo che fosse possibile una cosa simile...

Lui fissa il vuoto. "Si, ma ti assicuro che non è affatto misero... e persino io sono stupito da quel che sento!" Scuote la testa. "Dovresti essere orgoglioso del tuo fratellino, invece di odiarlo! Guarda di cosa è capace... la gloria che mi ha dato!"

Espande il suo cosmo, raggiungendo un livello di energia così elevato che persino il mio senso interiore si sgomenta. Non riesco a distinguere le varie correnti di energia, ma è chiaro che non sta mentendo, il suo cosmo è la somma di più d'una costellazione, ed è tra le energie più grandi che abbia mai conosciuto.

Rispondo espandendo la mia energia, eguagliando quella del mio avversario. "E sia, Pegasus!... Unisci pure il tuo cosmo con quello di chi vuoi, non ti basterà contro di me. Io non ho bisogno dell'aiuto di nessuno. Ho sempre saputo contare sulle mie sole forze, senza mai aspettarmi niente dagli altri, ed è questa la chiave del mio potere!"

"Imbecille!" grida lui, "Nessun uomo basta solo a se stesso! Tu non hai nemmeno idea di quanto devi agli altri... e soprattutto a Shun!"

Spalanco gli occhi, colto da un'ondata di pura furia.

"Lo so benissimo, invece!... E questo è il mio ringraziamento!"

Esplodo in un urlo di rabbia, mentre investo Seiya con un'onda d'urto fiammeggiante che dovrebbe smembrarlo in mille pezzi.

Di nuovo lui incrocia le braccia davanti alla faccia. Il mio colpo lo spinge violentemente contro la parete di roccia, mentre un tuono squarcia l'aria. L'impatto è così violento da formare un cratere, e tuttavia Pegasus... resta tutto intero!

Lo guardo esterrefatto. Lui si toglie le mani dal viso, lentamente. Guarda il vuoto con stupore, sento il pulsare di un'altra energia dentro di lui.

Dragone!

"Grazie, Shiryu," ansima, stringendo i denti, "Hai messo la forza del tuo scudo in questa nuova armatura!" Mi guarda, con una nuova e più tremenda determinazione. "Bene, vediamo come ce la caviamo a darle anziché prenderle!"

E parte al contrattacco. Io non mi curo nemmeno di difendermi, so già che il suo Fulmine è inefficace con me...

Ma stavolta non è così! Il suo attacco si rivela molto più potente di prima, riesce a sbilanciarmi, a farmi arretrare... non riesco a bloccare tutti i colpi, alcuni giungono anche nei punti dove la mia armatura non mi protegge. Urlo, più di stupore che di dolore... e quando Seiya finisce, devo posare un ginocchio a terra, sputando sangue.

Fisso il vuoto. Che è accaduto?! Credevo di saper contrastare quel ridicolo Fulmine!

"I miei omaggi alla tua forza, Phoenix," mormora Seiya respirando affannosamente. "Un altro sarebbe morto al tuo posto, dopo un attacco simile. Non tentare la fortuna due volte."

Mi rialzo in piedi, furioso con me stesso. Ma che diavolo mi sta succedendo?!... Io sono la Fenice! Posso spezzare le stelle, e sono qui a farmi prendere a pugni da un cavalierucolo da quattro soldi...

Devo farla finita!

"Non fare il gradasso, Pegasus! Qui chi sta tentando la fortuna sei tu. Vediamo se puoi sopravvivere due volte alla carezza delle mie Ali!"

Mi concentro e scaglio la mia energia contro di lui, un muro di vento solido, surriscaldato dal brusco attrito delle molecole d'aria.

Ma mentre lo colpisco mi accorgo che una nuova aura, candida come la neve, brilla intensamente attorno a lui. Ed un turbine di aria gelata lo circonda improvvisamente, vanificando il mio colpo...

L'energia negativa del Cigno!

Quando il silenzio torna a regnare, Seiya mi guarda, trasfigurato. Il suo cosmo è adesso davvero spaventoso.

"Ora ci siamo davvero tutti, Phoenix." Chiude gli occhi un istante. "Crystal. Shiryu. Shun. Io. Uniti in un solo cosmo per sconfiggere la tua pazzia... per richiamare l'uomo sepolto dentro di te."

"E ridurlo di nuovo in schiavitù, vero?" esclamo, con sarcasmo. "Vi farebbe comodo che io fossi così debole!"

Mi rendo conto che sto cercando di non rivelare che, per la prima volta, la mia sicurezza interiore sta vacillando... mi vergogno di questo, ed espando nuovamente il mio cosmo.

"E' inutile da parte tua," mi dice Seiya scuotendo la testa. "Ora le parti sono invertite. Sono i tuoi colpi ad essere inefficaci. Per ognuno di essi... ognuno di noi può opporre una difesa."

"Balle!" esclamo, furibondo, "Non avete ancora visto niente di ciò di cui sono capace!"

"E non credo che lo vedremo mai. Perché ormai è chiaro, non stai combattendo al massimo delle tue possibilità."

E' vero!... grida una voce dentro di me. Non c'è altra spiegazione!

Mi sciolgo dalla mia posizione d'attacco. Devo trovare il perché di questo, devo capire cosa mi sta impedendo di vincere... devo distruggere assolutamente questo dubbio, se voglio andare avanti!

"Vuoi sapere cosa ne penso io?" mi chiede Seiya, con il sorriso sfacciato di un tempo. "Secondo me, l'uomo dentro di te si è svegliato da un pezzo, e tu non vuoi ammetterlo."

"Non dire scemenze!..."

"Il cattivissimo Phoenix è così superiore a tutti che disdegna il tradimento, i colpi sleali, combatte onestamente secondo le regole, e fa di tutto, ma proprio di tutto, per non uccidere il fratello che dice di odiare!... Sai, potrei anche credere alla tua recita, se non avessimo vissuto insieme." Ride, cupamente. "Ikki l'ombroso, quello che non dava confidenza a nessuno, che non perdonava nessuno, che nessuno riusciva mai a far ridere... ah, sapessi quanto stavi sulle scatole a tutti! Sembrava che la tua massima aspirazione fosse quella di essere considerato il peggior stronzo della scuola. Ti avremmo tutti spaccato la faccia volentieri..."

"Ma nessuno di voi ha mai avuto il fegato di provarci."

"No, cretino, perché avevi Shun con te!"

Resto di sasso. E poi esplodo in una cupa risata. "Vuoi dire che era quel marmocchio pauroso a proteggermi da voi?!"

"Per quel marmocchio eri pronto a fare l'impossibile!" esclama lui, severamente "Non potevamo odiarti sul serio quando vedevamo la tenerezza con cui lo trattavi, quando eri con lui il miglior fratello maggiore che si potesse immaginare. Era Shun a farci capire quanto eri nobile, a dispetto del tuo atteggiamento da piccolo boss." Fa un passo avanti. "E guarda che hai poco da fare lo spiritoso a proposito del coraggio di tuo fratello: è sempre stato capace di cose che nessuno di noi osava neppure pensare! Era il più piccolo di noi, ma ebbe il fegato di cantarle sul muso a Crapa Pelata per difenderti... e quando Alman ti dichiarò intoccabile..."

"Che cosa?!" esclamo.

"Ma si, era noto che dopo un certo incontro con lui nessuno ti sfiorava più nemmeno con un dito... e lo sapevano tutti che quel bastardo di Mylock si vendicava di ciò picchiando tuo fratello per ogni tua mascalzonata. Ma lui faceva di tutto per nascondertelo, e non si lamentava mai..."

La mia risata diventa isterica.

"Ma davvero! Che eroismo... mentre io ho sopportato ben altro, sfide contro la natura stessa, prove che costavano il sangue, le lacrime e l'anima, e costringevano a guardare in faccia la morte!... Ed ora dovrei commuovermi per qualcuno che osò insultare quel terribile scimmione di Mylock, e che si calava i calzoni davanti a lui senza fiatare!"

Seiya mi guarda indignato. "Idiota! Ma ti rendi conto di quel che stai dicendo?! Shun a quel tempo era un bambino! Che altro eroismo potevi pretendere da lui?"

Ora basta. Basta!!!...

Non mi rendo neanche conto di essere balzato all'attacco. Ma non con i miei possenti colpi segreti, bensì con uno dei miei vecchi, familiari pugni di un tempo! E quell'assalto selvaggio coglie assolutamente di sorpresa Seiya, che finisce a terra prima di decidere come reagire.

"Non me ne frega niente di Shun!" urlo, fuori di me. "Così come non me ne frega niente di voialtri. Non avevo amici tra di voi, né mi interessava averne. Mi consideravate uno stronzo? La cosa era reciproca! E proprio tu, Seiya, mi sei sempre stato sulle palle: non ti sei mai fatto i fatti tuoi e ti sei sempre sentito il perno di tutto il mondo!... Ma che mi importa di ascoltare le tue prediche?! Se avessi voluto semplicemente schiacciarvi da quei vermi che siete, avrei semplicemente partecipato al torneo e vi avrei sputtanato davanti a tutto il mondo. Ho altre mire per la testa che fare i conti con quattro patetici compagni di scuola!"

Seiya si rialza, asciugandosi il sangue dalla bocca.

"Ma certo, grande Phoenix!... Vuoi l'armatura d'oro, vuoi diventare l'uomo più forte dell'universo, ribaltare il Mondo Segreto, dichiarare guerra a tutte le potenze nucleari, fare il bagno nel sangue dei Thule... e magari farti proclamare un dio e farti costruire un tempio sull'Isola Nera!"

"Che ne sai tu dell'Isola Nera?! Che ne sai dell'inferno che era? Non ti rendi conto che tutte le belle parole che tu e i tuoi amici mi avete buttato addosso fino ad adesso non hanno più senso per qualcuno che ha vissuto laggiù?"

"Perché, noialtri invece ci siamo divertiti dove ci hanno mandato? Siamo diventati cavalieri vincendo l'armatura alla lotteria?... Ci siamo ammazzati di dolore e fatica per questo! E abbiamo mantenuto la nostra umanità intatta, nonostante tutto. Se tu l'hai persa davvero per la strada, non hai vinto proprio niente diventando Phoenix.... anzi, sei diventato il peggior perdente di tutti noi!"

Quelle parole mi colpiscono.

Un perdente!... Come mi era sempre sembrato... Cuauhtlehuànitl.

Tu mi hai dato l'ultima vittoria, quella che vale per tutta la mia vita...

Ma non aveva nelle mani lo stesso potere che adesso tengo io?

"Parli di ciò che non conosci, idiota," sibilo, mettendomi in guardia, pieno di voglia di farla finita una volta per tutte. "E' inutile che ti racconti le atrocità che ho vissuto, non potresti nemmeno concepirle. Fai presto a predicare dal tuo pulpito, a parlare di bene e male, di cose giuste e sbagliate! Di quale giustizia ti sei eletto a paladino? La stessa che ho provato io sulla mia pelle? Ero innocente e nessuno mi ha salvato dall'inferno, amavo un fratello e per questo mi sono meritato la dannazione!... No, Seiya; tientela, la tua giustizia! Io imporrò la mia, la semplice legge del più forte, e al diavolo tutti i lacrimevoli ideali di umanità. Tanto non ho più paura dell'inferno, né del giudizio di nessuno. Questa battaglia deciderà chi di noi due ha ragione, e non altro: né uomo, né dio!"

Lui arretra, si mette in guardia espandendo il suo cosmo multiplo, e mi guarda quasi con tristezza. "D'accordo, come vuoi tu. Decidiamo in questo modo balordo chi ha ragione! Ma non ti auguro di vincere, e non perché morirei per questo, ma perché sarebbe in definitiva... la tua peggior sconfitta!"

Espando anch'io il mio cosmo, mettendoci tutta la mia frustrazione, la mia rabbia, il ricordo orrendo dell'Isola Nera, l'odio che provo per il mondo che mi ha tradito. Vedo Seiya preparare l'attacco definitivo, e decido di andargli addosso per rivolgergli contro la sua stessa velocità...

Ma cos'è questa disperazione dentro di me?

... e lui scatta con il suo Fulmine...

Devo liberare le mie ali, ora o mai più!

... scarico anch'io il mio colpo peggiore...

Perché sono giunto a questo punto?!

... sento un'esplosione nel petto mentre i pugni di Seiya sfondano il pettorale della mia armatura, nonostante sia carico di energia...

Come può farmi questo? E' solo un cavaliere della bassa gerarchia!

... e mentre mi sbatte di schiena contro la parete di roccia, sento il sapore del sangue e mi sento mancare le forze...

No, non è un solo cavaliere. Tutti sono contro di me. Come al solito!

... e per un istante infinito tutto ciò che sento è solo il battito del mio cuore.

Largo al possente Phoenix, cavaliere decaduto dell'Isola Nera.

Mi verrebbe da ridere...

"Ikki!"

La voce soffocata di Seiya, vicinissima a me.

Mi accorgo esterrefatto di aver perso i sensi per un istante. Sono ancora in piedi, contro la roccia, Seiya mi sta sostenendo tra le braccia. Abbasso il mio sguardo istupidito, vedo il mio avversario sporco di sangue. Ma non è il suo. E' il mio...

E' riuscito a penetrare nella mia armatura, a colpirmi al torace. Mi ha spaccato le costole. Ogni respiro è un'agonia, ma stringo i denti, ho sopportato di peggio... devo affrettarmi a usare la mia energia cosmica per riprendermi, per fermare l'emorragia interna, devo... devo rimettere a posto le costole...

C'è il nulla dentro di me. Alzo gli occhi, attonito, senza un gemito. Ho fallito, sono stato ferito, sono stato sconfitto... ma perché? Perché?!

"Reagisci, Ikki!..." grida Seiya, con voce stridula.

I miei occhi si focalizzano definitivamente su di lui. E una rabbia disperata mi sorge nel petto. Brutto, miserabile tappo schifoso! Ipocrita bastardo come tutti i suoi compagni... eccolo a recitare la parte del buon samaritano, dopo che mi ha quasi ammazzato!

Con uno sforzo lo allontano violentemente da me, mi appoggio alla parete di roccia premendomi le ferite. "Che te ne frega... se reagisco o meno?" dico, a denti stretti. "Era meglio per te uccidermi... finché ne avevi la possibilità!"

"Hai perso, Ikki!" mi grida lui, con impeto. "Renditene conto una buona volta!"

"Perso?" Vorrei ridere ma ne viene fuori solo una smorfia. "Non dire... idiozie." Mi rimetto in guardia, ma sono vergognosamente traballante. "Non hai ancora visto niente di quel... che posso fare..."

"Non espandere il tuo cosmo mentre sei ferito gravemente!" esclama lui, spaventato. "Quell'energia ti serve per sopravvivere!"

"Solo un battito..."

Il buio mi soffoca e mi annega.

Riapro gli occhi non so quanto tempo dopo.

Sono sdraiato sulla roccia, vedo a malapena una faccia china su di me. Sto meglio grazie ad un'energia dolce, calda e consolante che mi fluisce nel petto. Mi ricordo acutamente Esmeralda, la sua confortante carezza di quella notte lontana. Mi sembra di rivedere il suo dolce visetto sporco ed affettuoso...

Ma all'improvviso riconosco quel cosmo che aleggia su di me.

Spalanco gli occhi e grido: "Non mi toccare, tu!..."

Shun trasalisce violentemente, ritira le mani di scatto come se si fosse scottato. Mi guarda quasi implorante, ma rispondo a quello sguardo con tutto il mio disprezzo.

Allora china la testa e si allontana da me, in silenzio.

Meno male! Ci mancava anche quello, alla mia umiliazione...

Eppure sento una pressione dolorosa al petto, e so bene che non sono le costole rotte.

"Gentile come sempre, eh?"

La voce fastidiosa di Pegasus.

"Non importa," mormora Shun, a voce appena udibile. "Ha ragione ad odiarmi. Guarda cosa gli hanno fatto in quell'isola spaventosa. E ci è andato per colpa mia."

"E' una femminuccia!" dichiara Seiya, seccamente. "Questa storia dell'Isola Nera è tutta una scusa. Può anche aver sofferto più di noi ma questo non gli dà il diritto di fare il gradasso."

"Non parlare così, per favore."

Quanta comprensione in quella voce così triste...

"E adesso cosa ne facciamo?" La voce cupa di Crystal.

"Non possiamo ucciderlo," risponde Seiya. "Carogna com'è... è pur sempre un nostro vecchio compagno di scuola."

"E ricordate che prima di uccidere lui dovreste uccidere me. Per difenderlo sarei pronto a battermi anche contro di voi... e con tutte le mie forze."

Perché fai questo, Shun? Per farti perdonare? O sono le solite promesse che non costano nulla?

"E allora che diavolo vorresti fare?" chiede Seiya.

Una lunga pausa.

"Prendete con voi l'armatura d'oro."

"Manca l'elmo."

"Ikki ci dirà dove l'ha nascosto. Altrimenti ve lo troverò io."

"Ammesso che l'abbia davvero portato qui."

"L'ha portato. Decaduto o no, è sempre stato un uomo d'onore."

"D'accordo. E poi?"

"Porterete l'armatura al sicuro, e la nostra missione sarà finita."

"E tu?"

"Io resto qui con mio fratello."

Non ti voglio, Shun!

"A far cosa?"

"Non lo so ancora. Potremmo cercarci un luogo nascosto dove i sicari del Santuario non ci trovino..."

"... nel quale Ikki riprenderà in pieno le sue forze e si sbarazzerà immediatamente di te."

"Non mi importa. Tutto quel che volevo era che non indossasse quell'armatura d'oro che l'avrebbe distrutto. Nient'altro."

"Quindi hai ottenuto quel che volevi. E adesso sei pronto a morire, eh?"

"Se mio fratello lo vorrà, si."

Rassegnato. Come sempre, Shun... non hai mai imparato a ribellarti al destino!

Segue un lungo silenzio.

"Ci stai mettendo in una posizione impossibile," dice Crystal. "Né io né Seiya desideriamo la tua morte, e tantomeno batterci contro di te. Quindi non possiamo lasciarti solo con Ikki, né tentare di ucciderlo. A questo punto dovremmo portarlo con noi a Nuova Luxor; ma ti rendi conto dei problemi che questo comporterebbe? Prima di tutto, chi ci garantirebbe che non tornerà a inseguire l'armatura d'oro? Che rinuncerà ai suoi propositi di vendetta? E con che coraggio potremmo chiedere a Lady Isabel di non punirlo per il disastro provocato al torneo e tutto il resto?"

"Ma che importanza ha tutto questo, Crystal? Non avremo molto tempo da trascorrere in questo mondo, visto che il Santuario ci ha condannati..."

"Sono sicuro che le cose non sono così compromesse come credi. E' vero, tu e gli altri avete violato i precetti del Santuario, ma per ragioni ben degne di considerazione, ed io ho fiducia nella giustizia del Sacerdote Supremo." Una pausa. "Però Ikki è un altro discorso. Lui si è macchiato di ribellione aperta ed alto tradimento. Se lo nascondiamo, se lo aiutiamo in qualsiasi modo, rischiamo di essere tutti coinvolti nella sua inappellabile condanna... persino io che non sono stato dichiarato decaduto!"

Poso le mani a terra e mi alzo faticosamente a sedere. Vedo Seiya e Crystal a qualche passo da me, che guardano Shun che ne sta in disparte, rivolto verso la scarpata, le sue catene sciolte tra le mani.

"Crystal..." dico con voce fioca, facendoli voltare tutti di scatto, "Non farti problemi per questo. Sei già stato condannato, per il solo fatto di essere stato mandato nel Mondo Segreto da Alman di Thule. In Grecia è già pronta la sentenza che ti aspetta... per cui non sperare di poter salvare i tuoi amici buoni appellandoti al Sacerdote Supremo."

Mi premo con forza le dita nel diaframma, per non tossire.

Crystal è rimasto a bocca aperta. "Non ti credo, Ikki!" esclama, incredulo. "Stai mentendo! Come può un traditore come te sapere così bene quel che accade al Santuario?!"

Prendo fiato, a fatica. "Senti, non ho voglia di complicate spiegazioni... e non so nemmeno perché vi stia avvertendo. Io non sono il solo vostro nemico, c'è qualcun altro che vuole quell'armatura d'oro... "

Shun si irrigidisce di colpo. Si volta verso la scarpata e getta le sue catene lontano da sé con un gesto improvviso. Lo guardiamo, stupiti.

"Che succede?" chiede Crystal a voce bassa.

Lui chiude gli occhi. "C'è qualcosa di strano qua intorno, come... come delle energie ostili."

Segue un silenzio angosciante. Seiya mi si avvicina e mi chiede, pressante: "Abbiamo ammazzato quattro delle tue Ombre. Avevi in serbo qualche altro trucco?"

"No," rispondo, sinceramente. "I miei uomini dovrebbero essere ancora a Nuova Luxor."

"Pegasus!..." strilla Kiki, scattando in piedi dal suo trono tra le rocce.

E all'improvviso risuona ovunque un selvaggio grido di guerra.

Dalle rocce intorno a noi saltano giù numerosi guerrieri mascherati, tipici combattenti del Mondo Segreto, che si lanciano all'attacco contro di noi.

"E questi chi sono?!" esclama Seiya, sorpreso, preparando le sue difese.

"Non lo so," mormoro, anche se dentro di me temo di sapere la risposta...

"Che cavolo vogliono da noi?!"

Crystal si accorge che due degli assalitori si stanno dirigendo a tutta velocità verso la figura dell'arciere, approfittando dei compagni che fanno loro scudo.

"L'armatura d'oro!" urla, balzando in avanti, "Ecco cosa vogliono!"

"No!" grida Seiya, rabbiosamente, "Maledetti... con tutta la fatica che abbiamo fatto!"

Segue Crystal nel suo slancio. Ma almeno otto guerrieri si oppongono a loro, battendosi come diavoli, bloccandoli per il tempo sufficiente a permettere ai loro compagni di portar via il trofeo.

"Abbiamo l'axia!" grida uno di loro.

"Bene!" risponde un altro. "E allora uccidiamo tutti questi traditori!"

Non mi faccio illusioni: chiunque siano quei buffoni, ce l'hanno anche con me! Me ne vedo arrivare addosso uno squadrone, ma prima che riescano ad avvicinarsi si trovano davanti Shun, le sue catene pronte tra le mani.

"Non osate fare un passo in più!"

Naturalmente quelli non ci pensano nemmeno ad obbedire, si buttano all'attacco senza esitare. E Shun scatena immediatamente un autentico vortice di catene, qualcosa di così bello e micidiale che nessuno di loro riesce a controbattere...

E bravo il mio difensore! Continua così, distraili... e distraiti!

Devo agire in fretta, approfittare della confusione per rialzarmi in piedi, raccogliere le forze e svignarmela, anche dai cari paladini dei Thule, e tante grazie a tutti per la diversione! In fin dei conti mi basta trovarmi un angolino in cui potermi leccare le ferite, riprendere le mie energie e quindi ricominciare da capo. Tanto ho ancora il mio elmo nascosto al sicuro...

Phoenix non è ancora battuto!

Arrivo a metà della piana, e la terra mi trema sotto i piedi.

Tutti si fermano, smettono di lottare. E' l'immobilità degli animali nell'attesa del terremoto. Posso sentire il mio corpo rabbrividire, un senso di panico nelle viscere mentre ascolto il rombo della terra, minaccioso, che sale, fino a vibrare fin nelle mie ossa...

"Ikki!!!..." urla Shun, con tanta forza che la sua voce supera per un istante il fracasso assordante.

Davanti ai miei occhi inorriditi vedo la terra spaccarsi, una fenditura che parte da un'estremità della piana e l'attraversa diametralmente con la velocità di un fulmine. Intorno ad essa la terra collassa su se stessa, frana aprendosi in uno squarcio largo una decina di metri.

Ed io sono proprio sull'orlo!

Mi manca la terra sotto i piedi, mentre tutto intorno a me si sbriciola e finisce nella voragine. Se fossi in forze mi basterebbe saltare per mettermi in salvo. Ci provo ugualmente, ma tutta la mia energia interiore è occupata a tenermi in vita, non sono che un comune essere umano, non posso sperare di farcela. Mando un urlo di istintivo orrore scivolando nel crepaccio, e riesco guardare nelle sue viscere mentre vi cado. Un miasma fetido mi arriva in faccia da quelle rocce frananti, penso in un attimo di straziante lucidità: No! Non è la morte giusta per una Fenice, questa...

Ma qualcosa di caldo scatta velocissimo ad avvinghiarsi al mio braccio teso, bloccando la caduta. Il contraccolpo mi fa urlare di dolore, mentre penzolo nel vuoto andando a sbattere contro la parete del crepaccio. Quando riapro gli occhi, guardo stupito la catena di Shun che chissà come mi ha preso al volo, salvandomi la vita.

Alzo la testa, seguendola con lo sguardo. L'estremità sparisce oltre il bordo del crepaccio, scintillando nello squarcio di cielo che mi sovrasta. Il tuono della terra si spegne, e sento ancora i rumori ovattati della battaglia, urla, colpi, tintinnio di catene...

All'improvviso cado bruscamente giù per qualche metro, vedo Shun scivolare fin quasi dentro al crepaccio, ma resistere disperatamente per non lasciarmi, mentre almeno due avversari stanno approfittando della situazione di svantaggio in cui si trova.

Una rabbia disperata esplode nel mio torace squarciato, mi metto ad urlare: "Lasciami andare!... Non voglio il tuo aiuto!"

Per un istante lui si volta a guardarmi. Posso vedere il dolore che sta provando, inchiodato com'è in quella posizione, con tutto il mio peso attaccato ad un braccio, e quei due bastardi che lo prendono a calci nei fianchi...

"Non posso!" mi grida, disperato. "Ti ho già rubato tutto, non posso rubarti anche la vita!"

"Mollami, ti ho detto!... Mollami o finirà che creperai anche tu!..."

Lo vedo spalancare gli occhi, in un istante di irreale immobilità. E non so perché, ma mi viene voglia di ridere...

"Addio, sciocco."

E la mia mano sale a sciogliere la catena che mi tiene il braccio.

Tocca sempre a me decidere per te, Shun.

"No!..." grida lui, "Ti prego, Ikki, non farlo!"

Ma io non mi fermo.

Lo sento raccogliere tutte le sue forze, espandere il suo cosmo fino ai livelli più estremi concessi ad un cavaliere della sua gerarchia...

Si volta di scatto, il corpo incredibilmente arcuato per non scivolare all'indietro, ed usa la mano libera per vibrare un'accecante frustata con la sua catena. Sento un secco clangore metallico, un urlo di morte, e vedo uno dei due assalitori volare sul crepaccio e caderci dentro, la faccia ridotta ad un ammasso sanguinoso. L'altro si getta contro Shun evitando il colpo di ritorno della sua catena; ma non il calcio d'incontro che miracolosamente lui riesce a sferrargli, sufficiente a fargli perdere l'equilibrio e a farlo cadere nel baratro dietro al suo compagno.

Il bastardo urla, precipita, ma con un disperato colpo di reni riesce ad attaccarsi a me, tentando di salvarsi. Sento Shun urlare di dolore allo strappo del suo braccio, scivolare quasi del tutto nel crepaccio, ma ancora non mi lascia... con rapidità accecante lancia la sua seconda catena, attaccandola chissà dove, e resta sull'orlo del baratro, quasi spaccato in due dalla tensione.

"Ikki!..." grida, straziato, "Aiutami!... Non so quanto possa resistere... e se perdo il controllo la mia catena ti ucciderà!..."

E' vero, tra tutti i problemi che sta affrontando c'è anche quello... la sua armatura sente il contatto con la mia e smania per difendersi dal mio cosmo ostile!

Ma allora perché non mi lascia semplicemente andare? Gli basterebbe un solo pensiero per distruggere quella tintinnante magia che gli esce dalle braccia...

Maledizione, so benissimo che non lo farà mai!

Mi decido a raccogliere le mie forze per scrollarmi di dosso quel peso fastidioso, sferrando un calcio all'indietro al quale risponde uno scricchiolio di ossa infrante. Il guerriero mi lascia sparendo nell'oscurità del crepaccio con un lungo ululato agghiacciante.

"Buon viaggio, idiota!..." ansimo. Stringo i denti per resistere al dolore del mio petto ed afferro la catena di Shun, usandola per arrampicarmi alla svelta ed uscire di lì. Lui mi aiuta, benché non abbia quasi più fiato.

Riemergo finalmente alla luce e rotolo lontano da quello schifoso crepaccio, fradicio di sudore gelido, il petto in fiamme. Shun trova la forza di rialzarsi in piedi, mi afferra per un braccio e mi trascina barcollando al sicuro, fino al centro della piana sopravvissuta, sulla quale i suoi compagni stanno facendo strage degli assalitori.

Cadiamo entrambi in ginocchio, tutti doloranti ed infangati. Per un istante non possiamo nemmeno parlare, da tanto siamo stravolti. Ma appena riesco a trovare il fiato bastante, strappo il mio braccio dalla sua presa e gli dico, con impeto:

"Ti aspetti che ti ringrazi, forse?... Perché non mi hai mollato, eh? Perché sei stato così stupido?!"

Non osa nemmeno guardarmi in faccia, e risponde: "Perché vorrei tanto che ci fosse un domani... anche per te."

Credi sempre che ci sarà un domani. Era ciò che ci eravamo promessi a vicenda, sui moli di Nuova Luxor, tanto tempo... una vita fa.

"Ma io sono un tuo nemico, idiota!" grido, "Non ti devo nessuna riconoscenza!"

"Lo so. Sono io che te la devo."

"Non la voglio!... Non voglio niente, niente da te, mi hai sentito?!"

Mi piego fin quasi con la fronte a terra. Il petto mi fa male da morire, mi sento soffocare... non voglio che nessuno mi guardi in faccia mentre sono in quelle condizioni.

Shun mi prende gentilmente per le spalle, sento la sua voce angosciata: "Ikki!... Che ti succede?"

Trovo la forza per scrollarmelo di dosso, con rabbia disperata.

"Vattene via!..."

Quelle mani calde mi lasciano immediatamente.

Sento un sospiro sconsolato, un sordo tintinnio mentre lui si alza e si allontana di qualche passo. Ma rialzando la testa scopro che è ancora lì, davanti a me, pronto a difendermi di nuovo.

Stringo i denti, esasperato.

"Accidenti, Shun... ma non riuscirò mai a liberarmi di te?!"

"Era la nostra promessa, Ikki... restare sempre insieme, e proteggerci a vicenda."

"Io ho rinnegato quella promessa!"

"Non è vero," mormora lui, con voce lontana. "Mi hai protetto ancora... persino da te stesso. Mi avevi colpito con la tua Illusione Diabolica solo per impedirmi di venire qui. Non hai distrutto la mia mente, ma l'hai resa soltanto più forte. Ed eri pronto a sacrificarti per me, nel crepaccio..."

Inghiotto a vuoto.

"No," mormoro, e poi esclamo: "No! Non montarti la testa per i miei errori. Stai presumendo troppo. Ci mancherebbe che volessi morire per te... semplicemente, mi fai talmente schifo che non volevo la tua compagnia... nemmeno nell'Ade!"

"Davvero?"

Mi si avvicina, inginocchiandosi davanti a me. Faccio per respingerlo ma lui mi afferra per i polsi, ferma gentilmente le mie mani. Poi se le porta alle tempie.

"Se sei sincero... se davvero mi odi tanto... allora fammi morire. So che hai poca energia, ma puoi ancora entrare nella mia mente, e spegnere la mia vita. Ti sarà facile come soffiare su una candela, io... non ti resisterò in nessun modo." Prende fiato, cercando di mostrarsi coraggioso. "Almeno così saremo entrambi liberi... e tu sarai finalmente felice!"

"E' tardi per me per essere felice!" ruggisco. "Non mi è rimasto altro che la vendetta..."

"E allora prenditela, Ikki. Non voglio più vivere con il tuo odio da sopportare." Chiude gli occhi, tremando. "Finiscila, ti prego... adesso, una volta per tutte!"

Resto a guardarlo, stupito dall'improvviso silenzio della mia anima.

E allora? Dov'è finita tutta la mia decisione? Shun ha perfettamente ragione, siamo arrivati al dunque, il momento è giusto, non c'è niente che mi possa fermare: quindi adesso devo ucciderlo... devo farlo, se voglio dare un senso a tutto quel che ho fatto finora!

La mia energia si alza di quel poco che mi sarebbe sufficiente...

Ma non riesco a dominarla: qualcosa dentro di me si ribella alla mia stessa volontà, una creatura fatta di ricordi, istintiva, carnale, che confonde i miei pensieri, che grida dentro di me chiamando il tremulo, coraggioso bambino che per anni è stato lo scopo della mia vita. Quel bambino è diventato un ragazzo, è qui, ha lottato per cinque anni, è riuscito nell'impossibile solo per tornare da me, per adempiere a una promessa, ed io lo ringrazio rubando la sua vita...

"Maledizione!" ruggisco, pieno di rabbia, di frustrazione. No, non posso essere così debole, non voglio essere così debole! Non sto rubando niente, sto solo compiendo un atto di giustizia! Mia madre, mio padre, il mio futuro... Esmeralda... tutto questo mi è stato tolto, e perché?!... Ce l'ho tra le mani, il perché, la causa prima di tutte le mie disgrazie! E se non riesco nemmeno a vendicarmi, a compiere questo semplicissimo sacrificio umano, che senso hanno tutte le mie ambizioni, i miei sogni di gloria? Pretendo di dominare il mondo... e non so nemmeno dominare me stesso...

All'improvviso la mia energia scompare.

Fisso il vuoto, sentendo tutto in me chiedere la resa con un sospiro; i miei pensieri si guardano allo specchio, e non vedono nulla. Il mio universo si sbriciola, tutte le mie azioni perdono significato; gli scopi per i quali sarei stato pronto a morire sono adesso polvere di polvere. Mi vien voglia di ridere a crepapelle, ma non ci riesco, i polmoni mi fanno troppo male!

Così finisce il grande Phoenix, cavaliere decaduto dell'Isola Nera.

Le mie dita scompigliano dolcemente i riccioli infangati di Shun. Lui riapre gli occhi, timidamente, e mi guarda incredulo mentre ridacchio.

"E va bene, mi arrendo," gli dico, a voce bassa e finalmente tranquilla. "Avevi ragione tu. Per quanto dica di volerlo... per quanto sia giusto e forse anche necessario... non posso uccidere mio fratello!"

I suoi occhi si spalancano ancora di più, mi fissano pieni di lacrime.

"Ikki!... Ma allora... tu..."

Sogghigno, tristemente. "Ma si... hai visto giusto. Anche se non hai il mio sangue, anche se sei un pietoso sacco di lacrime, persino anche se sei figlio di Alman di Thule... non riesco proprio a rinnegarti sul serio. Per questo ho perso: perché il grande Phoenix non è altro che uno stupido sentimentale. Non importa chi mi ha ridotto così... oggi sei stato tu a battermi, piccolo pazzo!"

Shun trema, mentre le lacrime rotolano sulla sua faccia sporca. E' in procinto di scoppiare in singhiozzi, ma io non voglio che lo faccia. Per cui tolgo le mani dalla sua testa e gli affibbio uno scappellotto, dicendo con voce falsamente ilare:

"Avanti, va' dai tuoi amici adesso, e lasciami da solo! Merito davvero di morire, perché non ho saputo scegliere da che parte stare. Così ho rovinato tutto!" Lo guardo e ripeto, senza più riuscire a ridere: "Ho rovinato... tutto."

Sento di nuovo quel dolore bruciante nel petto, un nodo in gola, vedo le immagini sdoppiarsi, sento qualcosa di caldo che scivola sul mio viso...

Me l'asciugo con la mano, guardo incredulo le mie dita bagnate. Non è possibile, ero convinto che non sarei mai più stato in grado di piangere, dopo la morte di Esmeralda! Mi ero sempre sentito orgoglioso del deserto dentro di me, felice di non dover mai più provare quella sensazione, superiore ad ogni essere umano per quello...

Invece eccomi qui. Miserabile. Sconfitto. Ferito. Umano.

L'ultima vittoria.

Apro le braccia e mormoro, con voce soffocata: "Vieni qui, fratellino."

"Oh, Ikki!..." grida lui, e si butta tra le mie braccia come se non aspettasse altro, facendomi un male infernale. Lo abbraccio, stringendolo a me con tutte le mie forze, mentre entrambe le nostre armature restano quiescenti in omaggio al nostro affetto ritrovato.

"Ti prego, Ikki, perdonami," singhiozza lui, "Perdona tutto il male che ti ho fatto!"

Povero ragazzo, si sente davvero in colpa, lui che è l'innocente causa di tutti i miei mali, l'unico davvero innocente. Non ha scelto lui di venire al mondo, non ha scelto lui da che padre nascere, il suo aspetto effeminato, il colore della sua pelle o quello dei suoi occhi. Non è mai stata facile la vita per lui, ma ha saputo cavarsela meglio di quanto abbia fatto io. E' diventato un buon guerriero pur rimanendo se stesso, senza tradire la sua anima. Avrei dovuto essere orgoglioso di un fratello così. E invece mi sono accanito contro di lui come un pazzo, perché è così facile, così tremendamente facile fargli del male...

"Sei tu che devi perdonarmi, Shun," gli mormoro, accarezzandogli i capelli come quando era un bambino. "Perché sono io che ti ho tradito. Ho mancato alla mia promessa più sacra, quella che avevo fatto a te." Chiudo gli occhi, assaggiando il sale delle mie lacrime. "Se soltanto... avessi il tempo di rimediare al male che ho fatto..."

Ma so benissimo che ormai è troppo tardi.

Così resto in silenzio, sentendomi finalmente a casa, e godendomi quella malinconia liberatoria senza farmi illusioni su un futuro che per me non esiste più.

Sento dei passi di corsa, e la voce spaventata di Crystal. "Phoenix!... Che stai facendo a Shun?!"

"Buono, russo," sussurra Seiya, commosso, fermando il suo impetuoso compagno.

Bravo, Pegasus. Non interrompeteci, per favore. Non avremo molto tempo...

"Allora!" tuona all'improvviso una voce, dall'alto delle rocce. "Quanto ci mettete a far fuori questi miserabili traditori?!"

Mi irrigidisco di scatto. Non è possibile!

Quella voce!

Allontano bruscamente Shun da me. Lui mi guarda ad occhi spalancati, la faccia ancora inondata di lacrime. Ma io gli faccio cenno di stare calmo; quindi mi premo la mano al petto e mi rialzo, a fatica, allontanandomi da lui.

Alzo lo sguardo. Sento le scuse mormorate dai guerrieri superstiti, una furiosa imprecazione. E poi percepisco un'ondata di nuova energia che si espande da lassù, qualcosa di terrificante.

Shun mormora, spaventato: "Ma... che razza di cosmo è questo?!"

"Il cosmo di un cavaliere d'argento," rispondo cupamente.

"Che cosa?!" chiede Crystal, incredulo.

Faccio un cenno reciso con la mano. "State buoni e zitti, se ci tenete alla pelle!"

Dall'alto della rupe appare un gigantesco energumeno in armatura scintillante, una belva alta quasi due metri e mezzo, con un fluttuante mantello sulle spalle ed una maschera di uomo barbuto che conosco anche troppo bene.

"Docrates," dico, tra i denti, "Maledizione!"

Mi risponde una grassa risata.

"Salve, Phoenix. Ci rivediamo, purtroppo!... Ti è piaciuto lo scherzetto del crepaccio?"

Faccio una smorfia. L'avevo sospettato...

"Sei stato tu a provocarlo, vero?"

Altra risata. "Certo! Un bel taglio, degno dell'eroe da cui prendo il mio nome celeste."

"Quale eroe? La Mosca?" esclamo, con disprezzo. "Sarebbe la costellazione adatta a te, puzzolente codardo."

Docrates smette di ridere. "Bada a insultare il cavaliere di Heracles, traditore!... E non parlare di codardia, ti ho tagliato la strada mentre tentavi di fuggire." Sogghigna, ferocemente. "Capisci bene che non potevo permettertelo. Ti volevo qui, in questa bellissima trappola che hai preparato con le tue stesse mani."

Stringo i denti, mascherando il dolore che mi costa parlare a voce alta.

"Che diavolo ci fai qui? Il Santuario ti aveva ordinato di non interferire con le mie azioni!"

"Sta' sicuro che obbedisco ai suoi ordini molto meglio di quanto faccia tu."

Sorrido, ironicamente. "Ahhh... dunque eri tu il cane che mi avevano sguinzagliato dietro per tenermi d'occhio."

Un cane interessato, visto che Docrates mi odia a morte. Eravamo rivali acerrimi al Santuario, ci saremmo battuti mille volte se le leggi non ce l'avessero vietato.

"Ho chiesto io di avere questo onore," risponde lui. "Non mi sono mai fidato di te. E nemmeno il Sacerdote Supremo: infatti aveva fatto condizionare alcuni tuoi uomini in modo che servissero lui, e non te... a dispetto di tutte le tue stregonerie!"

Sogghigno, ma sento un brivido gelido nelle viscere.

"Mai fidarsi troppo dei regali altrui, eh? Scommetto che il mio maestro al Santuario non mi ha poi insegnato tutto sulla manipolazione della mente."

"Si vede che aveva i suoi ordini. Non si poteva rischiare che tu diventassi troppo potente."

"Se sapevi dov'ero quando mi nascondevo a Nuova Luxor, perché non mi hai attaccato allora, visto che stavo disobbedendo al tuo padrone?"

"Morivo dalla voglia di farlo!... Ma io non sono un traditore come te, ho chiesto il permesso del Santuario, annunciando la tua intenzione di rubare l'armatura d'oro per tenertela. Il Sacerdote Supremo mi ha risposto che un pazzo ambizioso come te aveva comunque la sua utilità, e mi ha ordinato categoricamente di lasciarti fare!"

"Che cosa?!" esclamo.

Mi sento impallidire mortalmente. Ora capisco tutto... mi sono lasciato manovrare come un cretino! In questo gioco di tradimenti, il più tradito di tutti alla fine sono io!

"Mi ha sorpreso quest'ordine," ammette Docrates, "Credevo che il Sacerdote Supremo volesse riportare in Grecia l'armatura d'oro, come proclamava a tutti. Ma poi ho capito che non può più fidarsi della corazza di un traditore. Quel che vuole veramente è togliere di mezzo per sempre quell'armatura, con le sue mani... o grazie ad un ambizioso, stupido e vanaglorioso cavaliere appositamente allevato allo scopo, condizionato, esaltato... e naturalmente, sacrificabile."

Una gelida furia mi serpeggia nelle vene.

"Dunque è vero... quel bastardo mi ha dato un compito aspettandosi già che avrei fatto di testa mia. Mi ha persino indotto a disobbedirgli! Perchè sapeva che se avessi indossato l'armatura d'oro, mi sarei inevitabilmente distrutto con essa!"

Sento Shun fare un passo avanti. Ed avrei voglia di urlargli: Si, fratello! Avevi ragione tu a mettermi in guardia...

Docrates ride. "La giusta punizione per la tua superbia, no? Ma nella remota ipotesi che tu avessi adempiuto alla tua missione, avrebbe avuto comunque molto da ridire sui tuoi metodi troppo pubblici. Credo che ti avrebbe giudicato indegno della sua fiducia..."

"Che si fotta lui e la sua fiducia!" esclamo, furibondo, "Mi avrebbe condannato a morte comunque, è questo che vuoi dirmi?... Ma non ti illudere, farà lo stesso con te, razza di idiota, non appena avrai fatto quel che vuole: credi che lascerà vivere un cialtrone che possa sparlare delle divine virtù del Sacerdote Supremo?!"

"Non tentare i tuoi inganni con me, Phoenix!" Docrates avanza fino al ciglio della rupe. "Il Sacerdote Supremo è giusto e saggio, e sa ricompensare chi lo serve devotamente. Ma tu non meriti i suoi onori. Sei solo spazzatura proveniente dalla Grande Fondazione Thule, la protettrice dei traditori del Santuario! Però potevi essere utile, con tutta la tua smania di vendetta: per questo sei stato prelevato da quel buco di fogna nel quale ti sei addestrato. E tu, razza di stupido presuntuoso, ti sei illuso che tutto questo ti fosse dovuto in virtù della tua grande forza!"

Ride, spietato. Ed ha ragione di ridere... oh quanto ha ragione!

"Avevo l'ordine di non intervenire," continua lui, "Tranne che nella remota possibilità che tu perdessi l'armatura d'oro a causa dei cavalieri decaduti." Scuote la sua grossa testa. "Ti ho sempre disprezzato, Phoenix, ma nemmeno io potevo credere che questo sarebbe potuto accadere. E invece è accaduto!... Ti sei fatto miseramente battere da questi dilettanti, tu, il possente cavaliere della Fenice! Ti facevi vanto di essere fuori dalle tre gerarchie, e non sei nemmeno all'altezza di quella di bronzo!"

"Prova tu a batterli, allora, visto che sei tanto bravo," sbotto, velenosamente.

"E' proprio quel che farò," dichiara lui. "Visto che hai fallito, rimedierò io ai tuoi errori e porterò a termine la tua missione." Si volta alle sue spalle, fa un cenno, poi guarda di nuovo giù, con impazienza. "C'è un piccolo problema, però. Mi risulta di avere tutta l'armatura... tranne l'elmo con la maschera!"

Qualcosa illumina finalmente la mia cupa disperazione.

Ah! La mia carta vincente!

"Oh che sfortuna," esclamo sarcasticamente, riprendendo un po' della mia perduta baldanza. "Come farai allora ad obbedire al tuo venerato padrone?"

Docrates fa un gesto di impazienza. "Sai benissimo che non posso riportare in Grecia un'armatura incompleta. Devo trovare quel pezzo mancante, a tutti i costi. Dov'è?"

"Non sarai così cretino da credere di trovarlo qui, vero?"

Si toglie di scatto la maschera, guardandomi minacciosamente.

"Dovevo immaginarlo. L'hai nascosto tu, sporco traditore!"

Sorrido apertamente. "Certo! Era il mio pezzo preferito, quello che più di tutti mi si addiceva... la testa."

"Te la stacco con le mie mani, la testa!... Avanti, parla! Dove l'hai nascosto?"

Incrocio le braccia davanti al petto. "Ahhh... ma se te lo dico, cosa ci guadagno dopotutto?"

"Lo troverò comunque!"

"Balle. Ci sono migliaia di cavità, nicchie e caverne su questa montagna. Mi sono fatto prendere per il naso dal Sacerdote Supremo, ma non sono così scemo come mi credi! Potresti cercare per anni... e non trovarlo mai!"

Lui quasi schiuma di rabbia, ma non ha altra scelta che venire a patti.

"E va bene, Phoenix," ruggisce. "Diciamo che potrei offrirti un'opportunità di cavartela."

"Alle mie condizioni, naturalmente," aggiungo, lottando per tenere la voce ferma.

"Quali?"

Mi discosto ancora di più dai miei ex compagni.

"Innanzitutto mi lascerai chiudere i conti con questi tre buffoni," e li indico con un gesto sprezzante. "Mi sta troppo antipatico lasciare un lavoro a metà. Voglio fargliela pagare per avermi costretto a rivedere la tua brutta faccia!"

Crystal fa un passo verso di me, indignato, ma Seiya lo ferma. Io non mi volto verso di loro, continuo a guardare Docrates, sperando solo che non si accorga della gravità delle mie ferite.

"E pensi di potercela fare tutto da solo?" mi schernisce lui. "Se vuoi ti do una mano..."

"Non voglio l'aiuto di nessuno, tantomeno il tuo. Le loro teste sono mie. In cambio di esse... e della tua distrazione, ti dirò dov'è l'elmo."

Lui esita. Poi ride fragorosamente.

"Ahhh, ora si che ti riconosco, Phoenix! Scaltro e tortuoso come sempre, eh? Capisco a cosa stai pensando. Io troverò l'elmo, tu te la svignerai con le teste dei tuoi nemici, e poi potrai tornare in Grecia e dire al Sacerdote Supremo che io ho disobbedito ai suoi ordini, e ti ho rubato l'armatura d'oro mentre eseguivi la sentenza del Santuario!"

Gli faccio il mio peggior sorriso da gatta morta.

"Complimenti, scimmione, sei diventato furbo anche tu. Se vuoi l'elmo, non avrai me... e viceversa. Decidi tu cos'è più importante." Inclino la testa. "Ma al tuo posto opterei per l'armatura: in fin dei conti la sentenza del Santuario riguarda questi tre, mentre io..."

"... tu sei in missione speciale per il Sacerdote Supremo," annuisce lui, ironico. "Capisco."

"Anch'io sono in missione per conto del Santuario!" grida Crystal, sconvolto. "Non posso essere stato condannato..."

"Taci, idiota, e ascolta invece!"

Lui trasalisce, sbalordito. Gli ho parlato in russo: una facoltà transitoria che posso usare solo grazie al colpo recente che gli ho inflitto... e che presto perderò. Ma non importa, quel che conta è che lo stupore lo lasci senza parole, e che soprattutto Docrates non ci capisca.

"Che vuole quel moscerino fastidioso?" dice lui, con una smorfia. "Ah, protestare contro il volere inappellabile del Sacerdote Supremo. Beh, spiacente, ragazzo, ma gli ordini sono ordini." Si rivolge a me. "Per un attimo avevo pensato che tu volessi salvare queste nullità dalle mie mani. Ma vedo che sei sempre il solito, Phoenix: opportunista e pronto a saltare sul cadavere di chiunque pur di averne un vantaggio!" Incrocia le braccia. "E va bene, uccidili tu se è questo che vuoi. Io starò qui a godermi lo spettacolo. Spero che ne valga la pena. Ma sappi che se farai il furbo..."

"E perché dovrei?" sorrido, sardonico, "Tanto non me ne faccio niente del solo elmo. Te lo do volentieri, in cambio della pelle. Poi... sistemeremo i nostri conti in Grecia, te lo garantisco!"

Un sorriso pari ed uguale al mio mi risponde.

"Con immenso piacere, sbruffone."

Mi volto verso i miei ex compagni, voltando le spalle a Docrates. Mi metto in guardia e mormoro appena, in giapponese: "Ascoltatemi e fate quel che vi dico io, se volete avere almeno una possibilità di salvare la pelle e fregare quel bastardo lassù. Mettetevi tutti in guardia ed espandete il vostro cosmo come se voleste attaccarmi."

"Che diavolo hai in mente?" sussurra Seiya, guardandomi stupito e tuttavia obbedendo per primo "Non penserai che possiamo lasciare l'armatura nelle mani di quel cavaliere!"

"Non dire scemenze, non potete batterlo nelle vostre condizioni. Siete stanchi e feriti, e poi quello non è un cavaliere come voi, vi supera di una gerarchia. Ci può ammazzare tutti come topi. L'unica soluzione è svignarcela."

"Come?"

"Al mio segnale, invece di batterci, scavalcheremo tutti il crepaccio e ci butteremo verso la scarpata. Al resto penso io."

Alzo il livello della mia energia. Devo lottare per controllare i muscoli della mia faccia, per restare impassibile a dispetto del dolore che mi strazia dentro... perché usando il mio cosmo le mie ferite interne si riaprono, il sangue torna a scorrere, le costole bruciano insopportabilmente.

Mi sta bene! Me lo merito per la mia stupidità.

"Sembra che non abbiamo scelta, dobbiamo fidarci di te," mormora Seiya.

"Bravo. E adesso l'elmo. Quel Kiki ci sta seduto sopra. C'è una nicchia segreta sotto quella roccia. Basta spaccare tutto, tanto l'elmo è invulnerabile."

"Perché ce lo dici?" chiede Seiya, spalancando gli occhi.

"Gli errori si pagano."

Vedo una luce interrogativa nei suoi occhi. Ma grazie al cielo sta zitto. Allora sposto lo sguardo su mio fratello. Mi sta fissando, con angoscia. Sa che non deve parlare, ma la sua domanda è chiara come il sole nei suoi occhi: si chiede se abbia davvero recuperato la forza sufficiente per fuggire con loro...

"So quello che faccio, Shun. Sei pronto? Non annuire, rispondi soltanto."

"Sono pronto."

"Igor, ascoltami," mormoro in russo.

Crystal trasalisce appena. Lo fisso negli occhi, vedo la sua tensione. So benissimo che tra tutti è quello che proprio non si vuol fidare di me. La sua mente sta correndo freneticamente per cercare di capire cosa sta succedendo, ma Docrates si sta agitando, il tempo che ho guadagnato è ormai alla fine...

"Ti affido mio fratello," gli dico, augurandomi di cuore che Shun non capisca.

Lui spalanca gli occhi, comprendendo tutto all'improvviso. Mi guarda, fa per parlare...

"Via!!!..." urlo, lanciandomi verso il crepaccio.

Grazie al cielo non hanno esitazioni, la loro reazione è così rapida che occhi umani faticano persino a seguirla. In un istante Seiya mi sorpassa ed è già in volo oltre il crepaccio. Poi anche Shun. Crystal salta per ultimo, non prima di avermi guardato un'ultima volta.

E stavolta non c'è odio nel suo sguardo.

"Ehi!..." ruggisce Docrates, colto di sorpresa, richiamando le energie del suo immenso cosmo. "Maledetti... dove credete di poter fuggire?!" Si volta verso i suoi uomini. "Presto, raggiungeteli! Uccideteli tutti!"

Io mi fermo di colpo, sul ciglio del crepaccio. Non salto. Non era mia intenzione farlo, naturalmente.

E solo allora Shun capisce cosa avevo in mente.

"No!!!..." urla, disperato.

Fa per lanciare le sue catene, tentare di saltare di nuovo... ma Crystal onora l'impegno che gli ho dato e lo blocca con tutte le sue forze, tentando di trascinarlo indietro, mentre lui urla si e si dibatte come un pazzo.

Seiya lo aiuta, e mi guarda con le lacrime agli occhi. "Ikki!...Vieni con noi!... Non è necessario per te fare questo!"

Sorrido, amaramente. Certo che è necessario! Qualcuno deve coprire la loro ritirata, o Docrates li prenderà comunque. E quel compito spetta soltanto a me, perché ormai non c'è più niente da salvare in Ikki Hanekawa, cavaliere di Phoenix.

Mi volto di scatto verso il mio avversario, facendo sibilare le code della mia armatura ed ergendomi con tutto quel che resta del mio orgoglio. Sono una Fenice zoppa, sanguinante, con un'ala rotta, ma ho fatto tremare tutto il Mondo Segreto, nessuno potrà mai vantarsi di avermi umiliato. I nemici stanno scendendo precipitosamente dalla rupe, il cosmo terribile del loro padrone mi sovrasta minaccioso, ma io non ho paura, li guardo con un mezzo sorriso.

Venite avanti, bastardi. Avrete pane per i vostri denti!

Il mio cosmo si alza, glorioso come mai l'ho espresso, potente come non sono riuscito ad esprimerlo forse in tutta la mia vita, sfolgorante come quello di un cavaliere d'oro. Tale è la mia energia che i guerrieri nemici si fermano nella loro discesa, mi guardano con sgomento.

"Docrates!" grido, con tutto il fuoco delle stelle nella mia voce. "Credevi che sarei stato tanto stupido da venire a patti con te?!... Il Sacerdote Supremo mi ha preso in giro, ma in cambio voglio che si morda le mani e maledica il mio nome per tutta l'eternità!"

Lui guarda Crystal, Shun e Seiya ormai al di là del crepaccio e urla: "Maledetto... hai detto a loro dove hai nascosto l'elmo!"

"Certo! Ne sono più degni di te!"

"E' tutto inutile! Li prenderò comunque, vivi o morti, loro ed il tuo dannato elmo..."

"Non ci contare troppo, idiota!"

L'energia fluisce in me, insieme a tutta la mia rabbia per essere stato tradito, divento io stesso fuoco distruttivo mentre il mio corpo raggiunge i limiti estremi del dolore. Grido di estasi e di strazio mentre la mia anima rinuncia alla vita solo per poter sferrare quel colpo, il colpo finale della Fenice, la terrificante tempesta di energia che ho chiamato nella mia lingua Houkoyu Tensho...

"Ikki!..." urla Shun, al di là del baratro.

Ma io non lo ascolto. Sferro il mio colpo definitivo gridando con tutte le mie forze:

"Docrates!...Va' all'inferno, te e quel bastardo che ti ha mandato!!!..."

Vedo un attimo di orripilato stupore sulla faccia del mio avversario. Poi la mia energia si abbatte su di lui e lo disintegra letteralmente, sbriciolando la rupe su cui si trova assieme ai suoi uomini. Un tuono assordante squarcia l'aria, il vento furioso e rovente si porta via le urla di morte dei nemici, l'intera parete di duro basalto esplode in milioni di pezzi.

Cado in ginocchio, ansimando. Dentro di me si è rotto definitivamente qualcosa, sento il sapore del sangue in bocca, il gelo della morte nelle mie viscere. Guardo davanti a me e vedo quel che resta della banda di Docrates scomparire tra pietre, terra e polvere, salvo i due che hanno l'armatura d'oro e che fanno in tempo a svignarsela. La frana ora marcia irresistibilmente verso il crepaccio, verso di me... forse avrei potuto salvarmi se non fossi stato ferito, ma ora sono spacciato, non mi resta che morire sputando in faccia a tutto il mondo!

Meglio così, tanto non me la sono mai goduta veramente, questa vita di merda!

Mi volto, a fatica, vedo Shun guardarmi con orrore supremo, talmente sconvolto da non poter nemmeno usare il suo cosmo, trattenuto saldamente dai compagni che hanno smesso di lottare contro di lui. Mi rialzo con le mie ultime forze, mentre il rombo della frana è quasi sopra di me ed i sassi mi rotolano già tra i piedi...

Voglio morire vedendo per l'ultima volta mio fratello. Avrei tante cose da dirgli, ma non c'è più tempo, non c'è più voce. Gli sorrido, lo saluto alla vecchia maniera, due dita sulla fronte.

Perdonami, Shun, perdona questo pazzo che muore. Se c'è un aldilà per me veglierò su di te da laggiù... e se non c'è... beh, fa lo stesso!

"Ikki!..." urla lui, in lacrime, disperato, e tende le braccia verso di me, "No!... Ti avevo appena ritrovato!..."

Il sorrido mi svanisce sulle labbra.

"Addio, fratellino," mormoro appena.

"Ikkiiiiii!!!..."

Un peso terrificante mi arriva alla schiena, mi spinge senza che io resista giù, nel crepaccio, assieme a tutto il resto della frana. Cado, vedo in un istante mirabile un frammento di cielo roteare su di me...

E poi tutto mi schiaccia, e un lampo di dolore è l'ultima luce che vedo.

***

Il silenzio regna sul monte Suizhan. Un silenzio pesante, rotto solo dal sibilo del vento, dalle grida di un'aquila che solca il cielo. Le nuvole si sono squarciate a mostrare un sanguinoso tramonto, la luce rossastra che scintilla sulle chiazze di neve.

I miei compagni e Kiki mi guardano, mentre io cerco di spostare rocce e sassi per scavare in quell'immensa frana, chiamando ad ogni pietra che sposto:

"Ikki!... Ikki!"

Sono ore che scavo, le mani mi sanguinano, il mio respiro è sempre più stentato, i miei richiami sempre più isterici. Hanno provato a fermarmi ma è stato inutile, ho aggredito chi mi toccava, ho insultato orribilmente Seiya e Hyoga che hanno lasciato consapevolmente morire mio fratello.

Ed ora non mi rassegno. Aveva addosso l'armatura della Fenice, forse si è salvato, forse è intrappolato appena lì sotto, e questi maledetti falsi amici non mi vogliono aiutare! Ma lo tirerò fuori io da qui, non me ne andrò se non lo avrò trovato, se non avrò trovato almeno qualcosa di lui...

L'armatura mi pesa addosso. Il mio cosmo è esausto. Cerco di usarlo per spaccare le rocce più grosse, ma quando lo espando scopro disperato che la calda fiamma di Phoenix è scomparsa completamente. Nessuna energia. Niente, in nessuna direzione. Tantomeno da là sotto. E sono così vicino al corpo di Ikki, in termini cosmici, da sapere fin troppo bene cosa significa quel silenzio assoluto...

Mio fratello è morto!

Alla fine mi metto ad urlare come un cucciolo abbandonato, un ultimo, inutile richiamo straziato che non avrà mai più una risposta:

"Ikki!!!..."

Sento dei passi dietro a me. Due mani affettuose che mi prendono per le braccia.

"Vieni via, Shun... ti prego."

E' Hyoga.

"No!..." urlo, disperato, e mi divincolo dalla sua presa, guardandolo con rabbia folle. "Sei contento adesso? Phoenix il criminale, il cavaliere decaduto è stato finalmente eliminato! Non era quello che volevi?!"

"Non l'ho ucciso io. Ha voluto sacrificare la sua vita per noi, e per riscattare il suo onore di cavaliere." Di nuovo mi prende per le braccia, mi stringe forte. "E' stata una sua scelta precisa. Ikki era un degno guerriero, e ti voleva bene. Devi accettare la sua volontà... ed il dono della sua vita."

Scuoto la testa, in lacrime.

"Era mio fratello, Hyoga... mio fratello, mio fratello!..."

Cado a faccia in giù sulla terra squarciata, singhiozzando, stringendo la terra tra le mie mani impotenti, desiderando invano di essere morto assieme a lui.

Hyoga si raddrizza, sospira, si volta verso Pegasus.

"Cerchiamo almeno di estrarre il suo corpo," mormora.

"Non possiamo," replica Seiya, con voce cupa. Ha in mano l'elmo e la maschera del Sagittario, l'ultimo regalo di Ikki. "La frana è colossale, sono centinaia di metri cubi di rocce e detriti sparsi ovunque, e questo crepaccio era profondissimo. Siamo tutti feriti ed esausti, non abbiamo forze bastanti. E dobbiamo mettere in salvo alla svelta quest'elmo, prima che qualche altro cavaliere venga a prendercelo."

Hyoga sospira.

"Hai ragione... ma non possiamo lasciare un nostro amico così, senza una tomba." Abbassa lo sguardo, raccoglie tra le dita il suo crocefisso. "Mamma, se tu sei viva nel mio spirito, fa' che anche lui lo sia. Aiutalo a raggiungerti... perché lo merita."

Rialza lo sguardo.

"So che tu non credi a ciò in cui credo io, Ikki... ma lascia che questo sia il mio ultimo omaggio per te!"

Si concentra, espande quel che resta del suo cosmo, ad occhi chiusi. Le sue mani accarezzano quasi l'aria, dominandola e giocando con la neve rimasta sulla piana sconvolta...

E quando ha finito, una bellissima croce di ghiaccio eterno si eleva contro il sole morente, eretta là dove c'era il crepaccio, nel luogo dove mio fratello riposa per sempre.


capitolo 5
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