(SAINT SEIYA) di Hanabi, estate 1994 I personaggi di Saint Seiya sono proprietà di M. Kurumada/Shueisha.
CAPITOLO 4: "Phoenix" - parte seconda Mi piace la notte. Nera, cupa e cattiva come questa, con il cielo coperto che minaccia pioggia, l'elettricità nell'aria, l'eco della selvaggia musica moderna che trapela dalle pareti stesse della discoteca.
Non ci sono estranei nei paraggi. Vedo la rigidità improvvisa nel corpo adolescenziale di Shun, si è reso conto di aver abbandonato la sua migliore protezione... la compagnia della marmaglia. Mi aspetto che giri sui tacchi e torni indietro: potrebbe farlo tranquillamente. O espandere il suo cosmo per mettere in allarme i suoi compagni. Non potrei impedirgli nessuna delle due cose: del resto non sono qui per mettermi a combattere... Già. E allora perché sono venuto qui? Non lo so. Forse solo per bere qualcosa e ascoltare questo cesso di musica. Certo, se riesco anche a cogliere un avversario con la guardia abbassata... perché mai dovrei lasciar perdere una tale occasione? E sembra proprio che non la perderò, perché Shun mi stupisce. Non scappa, non espande il suo cosmo. Decide di restare, di affrontarmi da solo, senza l'aiuto dei suoi amici. Raccoglie il suo infantile coraggio e fa qualche passo verso di me. Quando giudico che sia giunto abbastanza vicino tolgo di scatto le mani dalle tasche. Lui si ferma di colpo, come se gli avessi sparato. Mi guarda negli occhi e dice, con voce tremante: "Ikki..." "Cosa vuoi?" "Io... vorrei parlarti." "Non abbiamo niente da dirci." "Ma tu sei qui perché ci siamo noi..." "Tengo d'occhio i miei nemici, nient'altro." "E consideri anche me... un tuo nemico?" "Io non ti considero affatto!" Gli volto le spalle, per andarmene. Ma non mi muovo. Fisso il vuoto davanti a me. Perché lascio che l'odio mi faccia dire delle sciocchezze? Non è vero che non lo considero, anzi, è il contrario. Lo considero anche troppo. Del resto è pur sempre cavaliere di Andromeda, potrebbe essere un avversario piuttosto fastidioso... Ancor più fastidioso perché mi ricorda il mio passato, e tutti gli errori che ho commesso. "Non mi importa cosa mi consideri, Ikki," mormora lui con voce esile, piena di dolore. "So che mi detesti e mi disprezzi, ma questo non cambia ciò che provo per te. Tu sei il mio fratello maggiore..." Sputo per terra con violenza. Lui sospira, e continua: "E va bene. Però, anche se probabilmente non ho nessun legame di sangue con te, sei stato per anni tutta la mia famiglia. Non c'è nulla che non farei per te." Mi volto di scatto. "Ma sentilo, questo ipocrita!... E allora perché ti azzardi ad ostacolarmi?" China la testa, come un cane bastonato. "Perché so che l'armatura d'oro ti distruggerebbe, in un modo o nell'altro." "Io sono la Fenice. Nulla può distruggermi, non dimenticarlo." Scuote la testa. "Vorrei tanto crederlo anch'io... ma non è così! Anche se tu riuscissi a vestire quella corazza, e restare vivo... perderesti ugualmente la tua anima. Non ci sarebbe più Ikki al mondo, ma soltanto un tiranno disumano di nome Phoenix..." "Ed è proprio quel che voglio! Non l'hai ancora capito?" Mi guarda, incredulo. "Non puoi dire questo, Ikki! Sei un cavaliere, devi saper scegliere tra il bene ed il male... non posso credere che tu non sia più in grado di farlo!" "Sta' sicuro che so meglio di te cosa siano bene e male. Bene è ciò che ti dà potenza, sicurezza, ricchezza, piacere. Male è tutto il resto." Lo fisso, tagliente. "Allora, che mi dici? Osi ancora negare il mio diritto a quell'armatura d'oro?" "Devo negarlo!" dice, quasi con disperazione. "L'armatura del Sagittario ti darebbe ciò che vuoi, ma solo per un breve istante, per poi renderti un essere miserabile, un fantoccio nelle mani di una smania di potere senza fine..." Sono stufo di sentir prediche, e specialmente da questo tremebondo, appiccicoso ragazzino! "Adesso basta!" esclamo, e faccio un passo avanti, strozzandogli in gola il resto del sermone con un gran ceffone sulla sua faccia angelica. "Chi ti credi di essere per metterti a pontificare con me? Non sai nemmeno badare a se stesso, non ho nulla da spartire con te, ed hai il coraggio di venire a dirmi quel che devo fare?" Per un istante lui mi guarda con occhi brillanti, una mano sulla guancia colpita. Poi scatta con una rapidità degna delle sue catene e, prima che mi renda conto di cosa stia facendo, sento un colpo sonoro sulla mia faccia... "Certo che ne ho il coraggio, Ikki! Non ti lascerò buttare al vento il tuo onore in cambio di quella maledetta armatura!" Resto mio malgrado sbalordito. Ha osato restituirmi lo schiaffo! Sono arrivato a quasi ventitré anni, con un potere immenso tra le mani, per essere castigato da un bambinetto in vena di paternalismi... sono in dubbio se ammazzarlo o mettermi a ridere! Lui si rende conto di quel che ha fatto. La sua espressione grintosa diventa improvvisamente costernata. Si porta una mano alla bocca, fissandomi ad occhi spalancati. "Oddio, Ikki... scusami..." Mi tocco la guancia, sogghignando. "E' questa la tua risposta? Bene. Non potevi essere più chiaro di così." Mi volto, infilando di nuovo le mani in tasca. "Mi sembra che per stasera tu abbia avuto la tua bella soddisfazione. Mi hai divertito con il tuo zelo fraterno, perciò ti lascio vivere... per ora." Faccio qualche passo, i miei stivali che cigolano maledettamente sull'asfalto. "Aspetta!..." mi implora lui. "Piantala di rompere," gli dico senza voltarmi. Mi corre intorno e si pianta davanti a me, a braccia aperte. "Non andartene, ti prego!" Mi fermo, fissandolo gelidamente. "Sarebbe molto meglio per te se lo facessi. E' l'ultima volta che ti avverto... sparisci!" "No!" Abbassa le braccia, mi guarda disperato. "Ti prego, dimmi almeno perché fai tutto questo. Avevi conquistato la tua armatura della Fenice, avremmo potuto ritrovarci finalmente a Nuova Luxor, non avremmo partecipato a quel torneo, non ci saremmo trovati in questa situazione..." "E cos'ha di male, questa situazione?" ribatto, velenosamente. "E' perfetta. Mette le cose al loro giusto posto. Avrei dovuto accontentarmi della mia armatura della Fenice, e tornare tutto contento solo per riabbracciare te?" "Me l'avevi promesso..." mormora lui. "L'avevo promesso a mio fratello, non all'immonda schifezza che sei!" China la testa, pallido come un cadavere. "Perché mi insulti così, Ikki?" "E perché non dovrei farlo, visto che sei così stupido da starmi ad ascoltare?" Giro la testa, verso le luci colorate dell'insegna. "Ti vuoi cacciare in testa che non ti devo più niente, che sei soltanto un nemico da abbattere, la mia peggior vergogna da cancellare?" Torno a guardarlo, con rabbia. "Si! Perché dopotutto ti ho chiamato fratello, e proprio per questo muoio dalla voglia di sbarazzarmi di te!" "E allora fallo!" grida, con le lacrime agli occhi. "Io non riesco a sentirmi colpevole... ma se pensi che lo sia, eccomi qui, a tua disposizione." La sua voce diventa roca. "Non fuggirò. Non ho più nessun posto in cui poter fuggire. Hai già ucciso la mia anima, Ikki... ti basta così poco per distruggere il resto." Lo squadro, con disprezzo. "Già! Sarebbe proprio come ammazzare un bambino indifeso. Che bella soddisfazione!" "Se ti fa sentir meglio, posso battermi contro di te..." Quella timida proposta mi fa davvero ridere. "Hai davvero una gran voglia di morire, eh?" "No. Io amo la vita, con tutto me stesso." Ecco le solite lacrime che traboccano... "Ma ora so che sono stato la causa del tuo dolore, nonostante ti voglia bene... e so anche che non posso rimediare. Non mi resta che offrirti me stesso..." "Che miseria!" lo irrido. "Si, è vero, è una miseria, ma è tutto quel che posso offrire." Mi guarda, implorante. "Fa' di me quel che vuoi, ma in cambio promettimi che rinuncerai all'armatura d'oro: saprò così di esserti stato utile, almeno una volta. Non dovrai più temere il Santuario, anzi, sarai applaudito per aver eliminato un cavaliere decaduto..." "Ma piantala con questi melodrammi, Shun!... Perché mai dovrei prometterti una simile sciocchezza? Credi che la tua pidocchiosa vita valga così tanto per me al punto di barattarla con l'armatura d'oro? Avrò l'una e l'altra, con o senza il tuo consenso, e al diavolo il Santuario!" "Ma quell'armatura..." "Taci! Non credo a una sola parola di tutte le tue prediche, si sente lontano un miglio che vengono dalla bocca della cara Lady Isabel Saori. Credi a tutte le panzane che ti ha detto, vero? Ma forse ci credi perché ti fa comodo..." "Io credo a ciò che ha detto Lady Isabel perché sento profondamente dentro di me che è la verità!" "La verità!" lo irrido, "Ma che ne sai tu? Non sei che un bambinetto irresponsabile." "Non è vero!" esclama, con un disperato lampo di orgoglio. "Sono un cavaliere!" "Anch'io lo sono, non per questo mi faccio menare per il naso. Non ti è mai saltato in mente che ti abbiano detto solo quel che conviene farti sapere? Supponi che l'armatura d'oro sia una specie di talismano. Supponi che grazie ad essa Alman abbia accumulato il suo tesoro. Supponi che il vecchio immaginasse che prima o poi qualcuno avrebbe voluto portargli via il suo benefico gioiellino. Supponi che abbia pensato di addestrare dei ragazzini per difenderlo. Supponi che quasi tutti questi ragazzini sarebbero diventati i più potenti esseri della terra, obbedienti e ben condizionati a servire i Thule come cani da guardia!" Lui scuote la testa con decisione. "No, Ikki! Le cose non stanno così! Se Lady Isabel avesse voluto l'armatura per sé, perché l'avrebbe messa in palio al torneo? Dici che è un talismano? E allora perché non ha portato fortuna al suo padrone, il cavaliere del Sagittario? Dici che siamo stati addestrati per difendere i Thule? Ma noi non dobbiamo lealtà a nessuno, tranne che ad Athena..." "E che vuoi dire con questo? Athena non esiste! Voialtri siete leali sono a voi stessi, anche se vi riempite la bocca di sante parole. Ed in un modo o nell'altro fate sempre quello che i Thule vogliono! Ecco perché ti sei schierato contro di me. Hai persino mandato al diavolo i tuoi bei voti di cavaliere, facendoti condannare dal Santuario, pur di partecipare a quel ridicolo torneo da baraccone..." "Si, è vero, ho fatto tutto questo, ma perché era la mia sola speranza per ritrovarti!" "Davvero, misterioso e bellissimo Andromeda?... Dì la verità, ti è piaciuto stare sotto i riflettori, sentirti una volta tanto nella vita un personaggio da favole, sentirti osannato dal pubblico! Fammi il favore di raccontare a qualcun altro del tuo grande eroismo... non a me, che ti conosco fin troppo bene!" Mi guarda, indignato. "Se mi conosci così bene, Ikki come puoi accusarmi di mentirti? Sai che non ti ho mai detto una sola bugia in tutta la mia vita!" "Come no! Sei tu stesso una sola, colossale bugia." "Non sapevo di esserlo!" esclama, disperato. "E se l'avessi saputo, lo giuro, te l'avrei detto... io non ti ho mai taciuto niente!" Ah! Sono stato addestrato a percepire anche i minimi segnali, ed ho sentito nettamente nelle parole di Shun un'esitazione infinitesimale, qualcosa che ha rovinato la sua altrimenti perfetta sincerità. Nel momento che ha detto quell'ultima frase, si è reso conto di aver mentito... Ed ora è turbato, anche se crede di nascondermelo. Che stupido! Non ricorda che tra le mie armi ci sono i poteri mentali? Una debolezza così evidente merita di essere investigata. Potrebbe essere la chiave per scardinare senza sforzo la sua intera psiche. "Davvero non mi hai mai taciuto niente?" chiedo, sorridendo sardonicamente. Lui spalanca gli occhi, posso vedere il suo respiro farsi affannoso. "Che... che vuoi dire?" mi chiede, tutto tremante. Osservo con attenzione il linguaggio del suo corpo, che lo tradisce miserevolmente. Vedo i chiari segni della paura, e anche qualcos'altro... Qualcosa che ha a vedere col sesso. Non può essere qualcosa di recente, non si sentirebbe così in colpa verso di me... Ma certo! Che stupido a non pensarci prima! Proviamo a vedere se ho ragione. "Perché allora non mi hai mai parlato dei tuoi amori all'orfanotrofio?" Colpito! "Come... come puoi sapere..." mormora, inorridito. Rispondere sinceramente. "Me l'ha detto anni fa Alman di Thule, che voleva farmi sapere che razza di fratello avessi. Quando ti ha fatto esaminare dai suoi psicologi ti ha fatto mettere sotto ipnosi, e devi aver divertito tutti con i tuoi racconti erotici." Con il massimo rimprovero, adesso. "Peccato che tu non abbia mai voluto divertire anche me!" Ecco sbriciolata la sua sicurezza interiore! "Oh Dio, no, no..." geme, coprendosi la faccia con le mani. Non dargli respiro. Incalzarlo con pesante ironia. "Avevi paura che sapessi che ti facevi smanacciare fin da bambino, eh?" "Ti prego..." Si toglie le mani dalla faccia, mi guarda con occhi sconvolti, "Non te l'ho mai detto perché non volevo metterti in guai più seri di quelli in cui già ti trovavi a causa mia..." "O perché avevi paura che ti scaricassi, come meritavi?" "Non è stata colpa mia!" grida, sull'orlo dell'isteria. La sua ultima difesa. Ma avrà il coraggio di usarla? "Dimostramelo. Raccontami com'è successo." Annaspa, arretra di qualche passo."No!..." Non ne ha il coraggio! "Se vuoi che ti creda, parla. E racconta tutti i particolari, mi raccomando." Avanzo verso di lui, incalzandolo. "Ora non puoi più attaccarti a nessuna balla per stare zitto. Avanti! Com'è cominciato?" "Io... non..." Guarda in tutte le direzioni. E' in preda al panico. "Parla!" "Non posso..." geme, disperato. "Perdonami, non posso!!!" Si volta di scatto e cerca di fuggire. "Fermati!..." La mia voce lo trafigge come una coltellata. In fin dei conti mi ha obbedito per tutta la vita, non può resistere ad un ordine così imperioso. Il suo passo esita quel tanto che mi basta per raggiungerlo ed afferrarlo per un braccio: ormai è la mia preda, non me lo lascio più scappare. Lui non tenta di liberarsi, guarda la mia mano che lo stringe. "Quanto ho sognato questo gesto da te," mormora, con un filo di voce, "Ed ora lo fai... solo per farmi del male..." Si gira di scatto, mi guarda negli occhi e poi, all'improvviso, mi piomba tra le braccia. "Oh Ikki, Ikki!..." singhiozza, con voce tormentata. "Abbi pietà di me!..." Sono talmente sconvolto da quell'impudenza da restare senza fiato. Come osa questo bastardo mettermi le mani addosso?!... Mi trattengo dal respingerlo, con uno sforzo. Abbi pietà di me!... Ma si, ne avrò: gli farò affrontare la vergogna che non ha il coraggio di guardare in faccia. Non si può dire che il mio sia un attacco a tradimento, lui sente senz'altro la mia energia salire, la mia mano prepararsi al colpo. Lo sento trasalire lievemente; ma invece di tentare di difendersi, fuggire o almeno staccarsi da me, mi abbraccia più stretto, chiude gli occhi e mette la testa contro la mia spalla, con l'abbandono totale di quando era bambino... Maledizione, Shun! No... non mi incastrerai di nuovo. No. No! No!!! Scateno con rabbia disperata la mia Illusione Diabolica. Lui lancia un grido lacerante, irrigidendosi con uno spasmo tetanico contro di me. Troppa energia! Ancora un poco e perdevo del tutto il controllo, uccidendolo sul colpo... Ma perché mi preoccupo di non ucciderlo, dopotutto? Sto facendo tutta questa fatica per niente... Non riesco a capire se sono troppo misericordioso o troppo crudele. Ma so che sto facendo proprio ciò che voglio. E questo mi calma. Shun perde lentamente il controllo sui propri muscoli. Fa per cadere ma lo afferro saldamente; vedo il suo sguardo vitreo, annebbiato, scruto le sue pupille, in piena iperconcentrazione: non mi basta provocare un incubo, devo scovare un ricordo... un ricordo gelosamente nascosto... Che bello! Sono riuscito a svegliarmi prima dell'alba, come volevo da un pezzo, ed a sgattaiolare via dalla camerata, sotto il naso di Occhio Stanco che sta appunto ronfando. Il mio sogno si sta per avverare! Eccomi fuori! L'aria è fredda, tutto è silenzioso anche se la città si è già svegliata. Lo scivolo è davanti a me, in tutta la sua sfolgorante maestà, ed io posso sentirmi il suo signore e padrone, senza aver bisogno di mio fratello per poterci salire! Mi ci avvicino, estatico. Mi arrampico sulla scaletta tutta scrostata, con la gioia che solo un bambino di sei anni può provare. E giù, la prima discesa! Che bello! Ancora! Mi diverto così tanto che mi scordo di non fare rumore. Così vedo uscire Grosso Camice che mi guarda, spalanca gli occhi e sibila: "Ehi tu!... Vieni qui!" Finito il divertimento... devo fare il bravo bambino ed obbedire. Mestamente lascio il mio caro scivolo e mi avvicino esitante a Grosso Camice, che mi guarda fisso. Perché mi guarda così? E' tanto arrabbiato? Mi sta sorridendo! "Non aver paura. Vieni dentro che qui fa freddo." Mi prende il mento con due dita e mi alza il viso. "Come mai sei già alzato? Ahhh... volevi giocare tutto solo, vero?" "Si, signore," rispondo, ed oso sorridere a mia volta. La prima volta che ricevo un gesto gentile da qualcuno lì dentro... "Ma così disturbi gli altri. Non posso permettertelo." "Capisco, signore. Mi scusi." "Non importa. Hai fame, bel musetto?" "Si, signore." Mi arruffa i capelli, con tenerezza. "Andiamo a vedere cosa posso darti da mangiare." Sono contento ed emozionato. Gli sono simpatico! Incredibile! Lo seguo dentro l'edificio, lo vedo incontrare Occhiali Spessi, un altro assistente. Allora mi lascia e mi dice: "Va' a lavarti le mani, che io devo parlare un attimo." Obbedisco. I bagni sono il consueto spettacolo desolante, sporchi e decrepiti, i muri tutti incisi di scritte, la muffa che serpeggia nelle pareti. Ma tanto devo solo lavarmi le mani; anche se il sapone è un bene raro perché il dispenser è sempre rotto... La porta si apre, entra Grosso Camice insieme a Occhiali Spessi. "Hai finito?" mi chiede, e la voce echeggia tra le pareti spoglie. "Si, signore," dico, asciugandomi le mani sulla maglietta e andando da lui. Di nuovo mi prende il mento tra le dita e mi alza il viso. Sorride ancora, ma stavolta mostra i denti. Occhiali Spessi chiude a chiave la porta, e lo scatto della serratura rimbomba. Mi manca il fiato. Che significa? Cosa vogliono farmi? "Non aver paura, bella bambina tutta bianca," sogghigna Grosso Camice. "Ora facciamo un bel gioco..." Occhiali Spessi mi afferra di scatto, mi tappa la bocca con la mano, con tanta forza da quasi soffocarmi. Con l'altra mano mi afferra i polsi e me li tira dietro alla schiena, si appoggia al muro tenendomi fermo, mentre io spaventatissimo tento di reagire. "Stai fermo," mi ansima in faccia Grosso Camice, "O ti pesteremo così tanto che nemmeno il tuo fratello negretto ti riconoscerà più!" Guarda Occhiali Spessi, "Tienilo bene e non farlo urlare, capito?" "E tu fai presto." Sotto i miei occhi inorriditi lui si slaccia i calzoni e se li abbassa, fa altrettanto con la sudicia biancheria. In mezzo alle gambe ha qualcosa di enorme e mostruoso, tutto rosso, con dei peli neri intorno. "Ahhh, ti piace il mio amichetto? Vuoi fare conoscenza con lui?" "Sbrigati!" dice Occhiali Spessi, con aria divertita. Grosso Camice mi mette le mani addosso, mi tira su la maglietta, mi spoglia. Io cerco di lottare, ma la mano sulla mia bocca preme troppo forte, sono spaventato a morte, mi viene da vomitare, sto male... "Ah, fatti vedere come sei fatta bene... una bella bambina, solo con un piccolo adorabile cosino..." Mi tocca proprio lì, me lo afferra mentre con l'altra mano si strofina quell'orrore a qualche centimetro da me, ansima e mugola mentre anche Occhiali Spessi è molto eccitato. Mi dice delle parolacce bruttissime, che non riconosco nemmeno tutte, ghignandomi all'orecchio e continuando a chiedermi: "Ti piace, eh? Ti piace, eh?" Discutono a mezza voce se farmi una cosa che non so, con orrore sento che me la risparmieranno solo perché sono troppo piccolo e rischiano di spaccarmi, non vogliono che io finisca in infermeria o peggio in ospedale, perché qualcuno se ne accorgerebbe e sorgerebbero complicazioni con la polizia... "In ogni caso è meglio che questo rimanga il nostro piccolo segreto," mi dice Occhiali Spessi, mellifuo. "Non vorrai che tuo fratello sappia che fai le porcate! Se poi lo venisse a sapere... beh, lui sì che è dell'età giusta per essere scopato." "E gli faremmo molto male," aggiunge Grosso Camice, i denti scoperti. "Vedi, a noi non piacciono le chiappette scure." Mi palpeggia. "Mentre le tue sono belle bianche..." E poi, all'improvviso, cerca il mio buchino della cacca ed io sento bruciore, come se mi avesse graffiato con le unghie, ed una sensazione orribile, che mi fa rivoltare dentro, che mi fa quasi svenire. "Ohhh, che culetto adorabile," mugola Grosso Camice. "Guarda come ci gode," sogghigna Occhiali Spessi. "Faglielo ancora." Vorrei urlare ma non ci riesco, sono in lacrime, vorrei morire di vergogna, mi gira la testa... quegli ansiti osceni echeggiano nell'aria fredda, umida e puzzolente, non finiscono più, oh Ikki, dove sei?! Aiutami, aiutami, questi uomini cattivi mi fanno del male, non sono quelli che credevo, perché me ne sono andato stamattina, non dovevo farlo, i conati di vomito mi stanno soffocando, un sapore orrendo e salato sale nella mia bocca tappata mentre Grosso Camice mugola e quell'orrore di carne mi schizza addosso un fetido liquido che mi brucia la pelle come acido... Che razza di schifosi, vigliacchi figli di puttana!... Povero piccolo, ecco cosa gli hanno fatto. E non una volta sola, ma tante... spaventandolo, facendolo vergognare, approfittando della sua ingenuità, facendogli credere che era colpa sua, così lui ha tenuto il becco chiuso ed ha fatto tutte le schifezze che quei porci hanno voluto. Sento una furia dentro che mi brucia come fuoco... Ma quei bastardi la devono pagare! Quando scatenerò la mia vendetta in Giappone andrò a fare una visitina a quello schifoso orfanotrofio, scoverò quei maiali, anche se sono passati dieci anni, li tirerò fuori dai loro porcili e li appenderò per le palle, lo giuro... Ehi!... Calma! Ma perché mi arrabbio tanto? Non sono affari miei, dopotutto. Perché mai dovrei vendicare l'onore di un nemico? Che Shun si arrangi da solo! Io non lascerei respirare due secondi chi mi avesse fatto una cosa simile, ma lui magari è talmente buono e generoso da averli perdonati!... Ah, è proprio in questo che si vede che noi due non abbiamo lo stesso sangue, siamo troppo diversi. Per trovare dei sentimenti negativi in lui, guarda cos'ho dovuto tirar fuori... uno stupro! E dentro di sé, invece di reagire, si sta ancora piangendo addosso, sta cercando di dimenticare, in questo rendendosi ancora vulnerabile come il bambinetto che era! Debole, molliccio, flaccido come sempre... per non parlare poi di quel che ho intravisto nella sua psiche contorta... Distolgo lo sguardo con una smorfia. Maledizione, è rimasto sempre il solito ingenuo pieno di benevolenza... possibile che nemmeno diventando cavaliere si sia deciso a crescere? Con quanta incoscienza stanotte si è messo tra le mie mani! Ma perché? Si era dimenticato che siamo nemici? Che diavolo sperava di ottenere? Che mi pentissi, che lo riabbracciassi chiamandolo fratello, che andassi a chiedere scusa in ginocchio a Lady Isabel Saori?... Sarebbe degna di lui questa stupidità: in fin dei conti nemmeno una violenza come quella che ha subìto è bastata ad insegnargli a non fidarsi del prossimo... Ed allora farò in modo che stavolta la lezione sia indimenticabile! Gli prendo la testa tra le mani, calibrando la mia energia, e completo il lavoro sussurrandogli con voce suadente: "Ogni volta che mi vedrai... ogni volta che sentirai la mia voce... e soprattutto, ogni volta che cercherai di espandere il tuo cosmo... rivivrai questo ricordo, e tutte le sue sensazioni." Batte le palpebre, fissa i miei occhi con le sue pupille dilatate, piene di lacrime. "Hai capito?" Rabbrividisce violentemente, guaisce, si rannicchia tutto. Molto bene. Il mio ordine si è fissato nella sua psiche. E con questo penso che non mi infastidirà più per un bel pezzo! "Tanti saluti, cavaliere di Andromeda." Lo lascio andare e lui scivola a terra, abbracciandosi le ginocchia in posizione fetale, gli occhi vitrei, fissi nel vuoto. Gli rivolgo un'ultima occhiata e poi gli volto le spalle, infilando le mani in tasca e camminando lentamente nel silenzio. Quando sono quasi fuori dal parcheggio sento un grido disperato: "No!..." E' la voce di Crystal. Ha fatto tutto il giro del caseggiato, deve aver sentito l'espansione del mio cosmo, lo spegnersi improvviso di quello di Shun. Ed ora deve averlo visto inerte a terra. Sento i suoi passi frettolosi, mi volto appena e lo vedo raggiungere il compagno, chinarsi su di lui, afferrarlo, chiamarlo febbrilmente. "Shun!... Shun! Rispondi, ti prego!..." E' tutto inutile, naturalmente. Quando lo capisce alza la testa, lentamente, e mi vede. Mi riconosce. Ed allora sento la vampa gelida del suo cosmo espandersi, piena di un odio così squisito da far invidia al mio. "Che tu sia maledetto," dice, senza nemmeno alzare la voce. Rispondo con un sorriso sardonico. "Ho un messaggio per lui, quando e se si sveglierà... digli che chi si fa pecora, il lupo se lo mangia." Mi volto. "Felice notte, Cigno." Faccio qualche passo, e sento ancora la sua voce, vibrante. "Phoenix!" Mi fermo. "Giuro sull'anima di mia madre che ti ucciderò." Non mi volto neanche a guardarlo. Scrollo le spalle e me ne vado. *** Quando riprendo coscienza di me stesso, scopro che sono passati tre giorni. E mi risveglio nella clinica della Fondazione, debolissimo, legato al letto con delle cinghie, flebizzato e cateterizzato, tra medici sbalorditi che mi guardano raffrontando mappe elettrocerebrali. Mi dicono che non avrebbero dato un soldo per la mia sopravvivenza, o almeno per la sopravvivenza della mia mente. Sembrava che il mio destino fosse vivere come un vegetale, in stato di perenne sofferenza cerebrale: una specie di coma irreversibile, dalle cause sconosciute. Il mio cervello era talmente carico di energia da divenire impenetrabile ad ogni strumento diagnostico. E nemmeno una frattura del cranio a spiegare il mio trauma! Quando mi lasciano finalmente solo, mi metto a meditare cercando di rimettere ordine nei miei pensieri. Ricordo vividamente l'atmosfera strana della discoteca, la tenebrosa maestà di mio fratello, il drammatico incontro con lui in quel parcheggio vuoto... Perché ho fallito? Non sono riuscito a convincerlo, ho raccolto soltanto odio, disprezzo, violenza. L'ho visto letteralmente godere del mio dolore, della mia vergogna. Gli ho chiesto pietà e lui mi ha inflitto il suo peggior colpo segreto, la sua Illusione Diabolica capace di distruggere la mente e lo spirito... Oh Dio!... Ma perché mi ha fatto una cosa tanto spaventosa?! Metto le mani sugli occhi, cercando di respingere quel ricordo. Mi consolo pensando che tutto sommato sono ancora vivo e riesco ancora a ragionare. Penso al povero Markus che non si è ancora ripreso del tutto, e devo ammettere che sembro più fortunato di lui. Perché? Non lo so. Forse nemmeno Ikki aveva idea di quanto fossi difficile da distruggere: nessuno mi ha mai voluto, nemmeno la morte... Ridacchio tristemente, togliendomi le mani dagli occhi e fissando il soffitto. Nel bene e nel male, sono ancora qui. E sono ancora in tempo per ritentare la sorte. Ho quattro giorni per recuperare in pieno le mie forze. Li farò bastare. Per prima cosa devo alzarmi da questo letto. Lo faccio, nonostante la mia debolezza. Cerco di superarla usando la mia forza interiore: un meccanismo ormai talmente radicato in me dall'essere completamente automatico. Mi concentro senza alcuno sforzo, entro nello stato di non-pensiero... ...e vengo improvvisamente sommerso da ricordi da incubo, da sensazioni fisiche orribili, mi scopro a gridare tutto rattrappito in un angolo, come un pazzo, finché non vomito tutto quel che mi avevano messo nello stomaco. Quando mi riprendo, aiutato dai medici accorsi alle mie urla, mi rendo conto con orrore che Ikki ha letteralmente amputato una parte della mia coscienza. Non posso più usare il mio cosmo! Ed io che mi ero illuso di non aver riportato cicatrici da quel colpo micidiale... No, non mi arrendo! Tento ancora, cerco di produrre anche un solo anello della mia catena mistica. All'inizio tutto sembra andare bene, ma poi qualcosa scatta nella mia mente e non sono più capace di controllarmi: ritorno ad uno stato mentale infantile, di cieco terrore, nel quale mi è impossibile dominare il mio corpo, figuriamoci esprimere i miei poteri! Mi sento soffocare: il mio cosmo è sempre stato tutto per me, la mia unica forza, la mia unica sicurezza... non posso averlo perso così! Sull'orlo del panico, come un mutilato incapace di credere alla mancanza di un suo arto, mi ostino a riprovare, sempre più febbrilmente e sempre più vanamente, col solo risultato di stare sempre peggio... Solo un totale collasso psicofisico interrompe quell'inutile tormento. Quando riesco a riprendere i sensi, è solo per rammaricarmene. Mi fa male la testa da morire, non riesco a mandar giù un sorso d'acqua senza essere torturato dalla nausea, mi sento tremare come se avessi la febbre. Mentre sono in quello stato i miei compagni mi vengono a trovare: ne sarei felice, se non vedessi subito le loro facce scure. "Si sta bene su quel letto, vero?" è il saluto acido di Seiya. "Spero che te la stia godendo. E' il premio per aver giocato a fare l'eroe solitario, Andromeda!" Bell'incoraggiamento... e non ho sentito ancora niente! Sono entrambi arrabbiatissimi con me, mi rovesciano addosso un mucchio di rimproveri, uno peggiore dell'altro. Non ascoltano ragioni né scuse, perdonano a malapena la sciocchezza che ho commesso, solo perché mi sono ripreso in tempo per la battaglia al Suizhan... A quel punto devo rivelare loro che sono rimasto senza poteri. "Non ti credo!" tuona Seiya, costernato, "Stai mentendo per non batterti contro tuo fratello, come hai sempre pensato di fare!" Così, oltre a prendermi dello stupido, ora mi danno anche del bugiardo. "Non chiederci fiducia," dice Hyoga, gelidamente, "quando tu per primo non ti sei fidato di noi." "Se è vero che sei inerme, ti rendi conto di cosa significa?" incalza Seiya, furibondo, "Hai compromesso tutte le nostre speranze per correre dietro a tuo fratello come uno stupido! Ci hai traditi deliberatamente, non te n'è fregato nulla di noi due, hai considerato la tua vita come se tu non dovessi niente a nessuno... è così che sai prendere i tuoi sacri impegni?! Stupidi noi due, che ti abbiamo creduto, che ti abbiamo preso sul serio!" Se ne va impetuosamente, sbattendo la porta con tanta violenza da far tremare le pareti. Hyoga tace a lungo, poi mi dice a voce bassa, ma non meno devastante di quella di Seiya: "Mi spiace, Shun, ma stavolta hai dimostrato di meritare la condanna del Santuario. Sei davvero un cavaliere decaduto, troppo egoista per vestire un'armatura sacra. Per te Ikki conta più di tutto, più del tuo dovere, anche più di Athena stessa. Dopo tuo fratello, quello che più di tutti meriterebbe di morire sei proprio tu." E se ne va anche lui. Inutile descrivere quel che provo. Mi sento inutile, abbandonato, buttato via come un oggetto rotto. Tra le lacrime rifletto che Hyoga ha ragione, che tutto in me è inadatto al compito di cavaliere. Lo stesso, duro cinismo con cui i miei amici mi hanno trattato dimostra che loro hanno imparato la lezione delle scuole segrete, ed io no. Io continuo a coltivare accuratamente i miei sentimenti, la mia unica forza assieme al mio cosmo ormai perduto; ma il mio piccolo patrimonio di affetti è qualcosa di cui devo vergognarmi... Mentre sono così tremendamente depresso ricevo una visita inaspettata. Lady Isabel Saori si degna di venirmi a trovare! La cosa mi è indifferente. Quella ragazza non è mia amica, non spero assolutamente niente da una come lei. E' un vantaggio, almeno non resterò deluso un'altra volta! L'elegantissima duchessa è accompagnata da un codazzo di medici, tutti ansiosi di far bella figura con la padrona della clinica. Si informa delle mie condizioni, a voce bassa, poi manda fuori tutti con un semplice gesto della mano e rimane sola con me. Non la guardo nemmeno in faccia. Che dica quel che deve dire, e se ne vada! Lei sospira, vedendo il mio atteggiamento indifferente. Ma non si lascia scoraggiare da esso, si siede compostamente su una poltroncina accanto al letto, e mi parla: poche parole discrete e gentili. Mi assicura che comprende le ragioni del mio gesto, che ha piena fiducia in me, che non devo sentirmi in colpa verso nessuno, che nessuno conosce ancora le conseguenze del mio atto e che quindi è inutile mettermi sotto processo. Non le importa nulla dei miei poteri perduti, crede nel destino, forse per me e per tutti è meglio così. Mi dice di pensare solo a guarire e di non crucciarmi per il futuro, che è affare di Dio, non degli uomini e, mi ricorda con un sorriso, nemmeno dei cavalieri! Quindi raccoglie la sua borsetta, mi saluta e se ne va. Quando resto solo scopro quanto avessi bisogno di quelle poche parole, di quella gentilezza, di quel sorriso. E mi rendo conto che non ho nemmeno ringraziato Lady Isabel per quel regalo inaspettato. Mi basta così poco per desiderare di vivere. *** Il giorno dopo fuggo letteralmente dalla clinica. Non è un'impresa facile, ma nemmeno troppo complicata per uno come me che non ha più paura di niente. Mi nascondo, scivolo giù dalle scale di sicurezza, finisco nei sotterranei; mi infilo nella lavanderia dove rubo un reggiseno ed un camice verde, sgattaiolo in un bagno, indosso goffamente quello strano indumento sotto la maglietta e lo imbottisco di carta igienica, mi metto addosso il camice che mi va largo, mi sciolgo i capelli sulle spalle, mi dipingo le labbra con un rossetto trovato in un armadietto, e vado allo specchio a vedere cosa ne è venuto fuori. Se mi scambiano per una ragazza quando sono vestito da maschio, figuriamoci ora! Mi metto i miei vecchi occhiali scuri, in modo da nascondere le ombre dei miei occhi ancora sofferenti, raccolgo una cartella per darmi un atteggiamento, mi armo di faccia tosta e vado verso l'uscita della clinica. Non mi ferma nessuno. Anzi, uno dei guardiani mi fa l'occhiolino! Quando sono fuori tiro un sospiro di sollievo. Mi sento ancora fiacco, mi fa male la testa da morire, ma ce la faccio ancora. Alla prima occasione mi libero del camice, del mio assurdo seno artificiale e mi pulisco la faccia. Salto su un taxi e raggiungo di corsa la tenuta della Fondazione: non ho scelta, sarebbe impossibile per me penetrarvi senza farmi notare, la cosa migliore per me è muovermi con la massima rapidità possibile, e farmi riconoscere dal minor numero possibile di persone. Raggiungo il Saint George, sperando di non incontrare Crystal. Non sento la sua energia, ma chissà, forse ho perso anche la mia sensitività cosmica. Entro nella mia stanza, lottando contro la debolezza e contro il desiderio folle di richiamare il mio cosmo per vincerla, non devo star male proprio adesso. La mia armatura è ancora lì, sul tavolo, nel suo scrigno. Richiudo la porta, in silenzio. Mi concentro. La mia prima paura svanisce: grazie al cielo la mia sensibilità non è stata danneggiata! Posso sentire chiaramente l'energia dello scrigno, e non mi sembra ostile. Ad ogni modo devo sapere esattamente cosa sono e non sono in grado di fare, anche se potrebbe essermi fatale... Prendo il coraggio a due mani, mi avvicino e poso le dita sullo scrigno. Mando un sospiro di sollievo. Lo scrigno non reagisce contro di me, anche se non esprimo in pieno il mio cosmo... mi riconosce attraverso la mia emanazione naturale! Lo accarezzo, sorridendo. Molto bene, allora sono ancora il cavaliere di Andromeda! E se lo sono ho un dovere da compiere. Forse quel che mi ha fatto Ikki è solo un'ulteriore, terribile prova che devo affrontare, per dimostrare a me stesso e al mondo quel che valgo. Sono ferito, senza quasi poteri, ma come Andromeda ho imparato a rendere forza le mie avversità peggiori. Ho un patto sacro da mantenere, verso i miei maestri, verso i miei amici, e persino verso Lady Isabel... La porta si apre alle mie spalle. Mi volto di scatto. E' Mylock, trafelato. E' chiaro che alla clinica hanno finalmente scoperto la mia fuga, e l'hanno avvertito. E non era difficile per lui immaginare dove mi sarei diretto... come avrei potuto abbandonare la mia armatura? Ma il suo arrivo cade perfettamente nel piano che mi ero fatto. Non perdo tempo in vane scuse o spiegazioni: gli dico nel modo più chiaro che ho bisogno del suo aiuto, gli dico esattamente cosa mi serve e cos'ho intenzione di fare. Lui resta stupito dalla mia veemenza, esita, non rifiuta di ascoltarmi... chissà perché, ero sicuro di trovare proprio in lui un alleato! Quando ho finito mi squadra a lungo, sospettosamente. "Non mi aspettavo questo da uno come te." "Mi aiuterà?" gli chiedo, ansiosamente. Non mi importa nulla di ciò che si aspetta o meno da me! "Non mi stai prendendo in giro?" Poso la mano sullo scrigno. "Le do la mia parola di cavaliere." Lui fissa la mia mano. "Cavaliere," mormora. "Proprio tu... è proprio vero che non c'è nulla di impossibile al mondo!" Sogghigna, squadrandomi. "Però, se riesci a toccare quello scrigno, vuol dire che lo sei. D'accordo, ti aiuterò, a costo di dispiacere a Lady Isabel. Potresti esserle comunque utile. Oh, è vero che la tua vita non vale più un soldo bucato; ma tanto, se Phoenix vince, crepiamo tutti quanti, è sicuro..." Si gratta il mento. "Lasciami pensare. Si. Un paio di telefonate sistemeranno tutto." Fa un passo avanti e mi prende per un braccio, fissandomi negli occhi. "Però voglio che una cosa sia ben chiara: non credere di potermi prendere in giro. Farai quel che ti dico io e non ti allontanerai di un passo da me. Non voglio sorprese, ci siamo intesi?" Mi sorride, ferocemente. "Sei senza poteri, bel cavaliere, e se ti metti a fare il furbo sei ancora in età di stare sulle mie ginocchia col culo per aria... spero che tu non abbia dimenticato i vecchi tempi!" Vuole essere una minaccia? Arrossisco un po', a metà tra lo sdegno ed il divertimento, e mio malgrado rispondo al suo sorriso con aria provocatoria. Lui non sa che nel frattempo sono diventato un po' masochista, potrebbe avere delle sorprese se si mettesse a sculacciarmi... Ah! Penso di nuovo al sesso... quindi sono ancora vivo, vivo più che mai! "Che hai da ridacchiare?" mi chiede lui, bruscamente. No, non ho proprio il coraggio di dirglielo. Mi trascina nelle cucine e mi costringe a mangiare dei cibi di sua scelta, roba dal gusto scialbo ma, mi garantisce, ricca di calorie e sali minerali. Mi fa bere un'intera tazza di disgustoso caffè all'americana, per darmi la carica. Mentre digerisco quel pasto insoddisfacente lui fa un sacco di telefonate, consulta un nuovo notepad tascabile, vi annota indirizzi, prende appuntamenti. Poi mi carica in macchina e comincia a portarmi qua e là per Nuova Luxor. Entriamo in fabbriche robotizzate della zona portuale, andiamo insieme nei magazzini, a vedere dei campionari molto particolari. "Fateci vedere tutte le catene che producete!" Quando torniamo alla tenuta, dopo una giornata sfibrante trascorsa in questo modo, andiamo dentro al planetario, che ora per la verità sembra più un magazzino: mucchi di catene dappertutto, sfere di metallo e punte di tutte le forme e dimensioni sparse sul pavimento! Mylock si chiude dentro con me, accende tutte le luci, ordina ai camerieri un doppio pasto energetico ed una brocca intera di caffè, si strofina le mani e mi dice: "Al lavoro, ragazzino!" Provo e riprovo, cerco e frugo, saggio pesi e leghe di tutti i tipi, lancio in aria le catene e le lascio ricadere a terra, ascolto il suono che fanno, le faccio scorrere tra le dita, le ammucchio di nuovo. Perdo il senso del tempo, ma deve essere notte fonda quando credo di aver trovato finalmente il materiale giusto. Annuisco a Mylock, che è rimasto a guardare per ore con pazienza stupefacente, bevendosi tutto il caffè. "Alla buon'ora! Quei signori saranno stufi di aspettare." "Quali signori?" Lui si alza, prende il suo telefono portatile e compone un numero. "Sorveglianza? Parla Mylock. Portate pure qui i fabbri." "Adesso?!" chiedo, davvero stupito. Lui sorride duramente. "Scricciolo, quando mi metto in testa di fare una cosa, la faccio per bene." Dopo dieci minuti arrivano due signori in tuta di sicurezza, con alcuni macchinari al seguito. Spiego loro cosa devono fare, quindi insieme al vecchio intendente esco dal planetario. "Stanco, ragazzo?" "Si," ammetto. Lui sbadiglia senza ritegno, si stira. "Beh, anch'io. Speriamo che tutto questo sia servito a qualcosa. Ti faccio portare al Saint George." "No." Chiudo gli occhi un istante, concentrandomi. "Crystal è là. Non voglio che mi veda... per adesso." "D'accordo, ma devi comunque dormire un po'." "Ehi, com'è premuroso!" "Faccio solo il mio dovere," dice lui, alzando le spalle. "Questo lo so," dico, amaramente. "Se avesse davvero degli scrupoli per la mia vita, non mi avrebbe aiutato affatto. Si preoccupa per me solo perché le servo." "E allora?" ribatte lui, senza scomporsi. "Certo che mi servi! In quanto ad avere degli scrupoli, non vedo a che servirebbero. Sta' sicuro che ho trattato con voi per tutti questi anni unicamente perché questo era il volere del duca Alman. Non certo perché mi eravate simpatici!" Sbuffa. "Dannati, pestiferi ribelli indisciplinati sempre pronti a prendermi per i fondelli... te compreso, anche se ti travestivi da allievo modello!" "Se ci odiava così tanto, perché non l'ha detto al duca?" "Ma io gliel'ho detto!" risponde, con impeto. "E lui mi ha risposto: è proprio quello di cui ho bisogno..." Alza le spalle, sospira. "Non ho mai capito la logica di quell'uomo." Io invece credo di capirla. La cattiveria sadica di Mylock serviva a prepararci allo spietato Mondo Segreto! Ed effettivamente ci è stata utile, altrimenti come avremmo tollerato il tremendo regime punitivo delle scuole segrete? "Se non vuoi tornare al Saint George, vorrà dire che ti farai un pisolino qui, in infermeria," borbotta lui. "Sveglia alle cinque, naturalmente." "Naturalmente," faccio eco io, tristemente. Quando arrivo all'infermeria, al livello sotterraneo del palazzo, scopro che sono davvero distrutto; però noto con stupore che il mio malessere è quasi scomparso. Mi faccio una gran doccia bollente, infilo la tuta da ginnastica che un cameriere mi ha portato e mi raggomitolo sul lettino di quella stanza che sa di disinfettante: sempre migliore comunque della mia capanna ad Anthrâ! Dormo come un sasso, finché Mylock non mi sveglia accendendo tutte le luci della stanza. Ha cambiato completamente vestito, è rasato e profumato pesantemente di dopobarba, sembra fresco come una rosa nonostante sia chiaro che non ha dormito affatto. Un cameriere mi serve una frugale colazione, mentre lui mi dice: "Il prodotto finito è in un furgone posteggiato davanti al Saint George." Si guarda intorno. "Io ho fatto la mia parte, ora sta a te fare la tua. E che Dio me la mandi buona con Lady Isabel!" Quindi se ne va, borbottando come al solito. Io eseguo rapidamente i miei riti mattutini, infilo le mie scarpe e corro fuori dal palazzo. E' l'alba, un po' nebbiosa e fredda, ed io rabbrividisco. Che strano aver freddo, quando possedevo il mio cosmo ero assolutamente impervio alla temperatura esterna... ora sono un mortale come tutti gli altri. Però resto un mortale con un addestramento superbo alle spalle: in fin dei conti sono l'attuale Gran Maestro dell'Arte Sacra di Andromeda! Corro di buon passo verso il vecchio campo di calcio. Mi sento molto meglio, forse è il mio entusiasmo, o la voglia di rivincita che ho dentro, o la mia serenità sapendo che sto facendo la cosa giusta... chissà, forse tutto questo insieme. Arrivo ansimando a destinazione. Il furgone è là. Apro le porte e trovo lì dentro le mie nuove catene da combattimento. Sono fisiche, limitate, non sono la meraviglia che possedevo assieme al mio cosmo... nondimeno sono le armi a cui tutto il mio corpo è abituato. In infermeria avevo trovato delle fasce: non sono di seta, ma fa lo stesso: nemmeno queste catene sono le stesse di allora, sono fatte di modernissimo acciaio al titanio, i pesi in una lega speciale di cui ignoro persino il nome. Mi preparo le mani, poi prendo le mie nuove armi e vado al centro del campo di calcio. Mi concentro, ma non per espandere il mio cosmo, bensì per richiamare la mia quieta, antica energia naturale. Poi stacco la mente dal mio corpo, lasciandolo libero di ritornare ai movimenti mai dimenticati dell'addestramento, i miei vecchi, mai scordati esercizi giornalieri... "Massima concentrazione!" grida ancora Nemesis nella mia memoria. E massima concentrazione sarà, le rispondo silenziosamente. Le mie catene cantano nell'aria fredda del mattino. Ed il mio cuore canta con loro. Mi spiace per tutti coloro che mi consideravano fuori gioco, per Seiya, per Hyoga, per Ikki, per il Santuario e per Athena... Con il mio cosmo o meno, con l'armatura o senza, nella santità o nel peccato, io, Shun Kieunemo, finché avrò vita sarò il cavaliere di Andromeda!
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