VARIAZIONI SU UN TEMA DI MASAMI KURUMADA

(SAINT SEIYA)

di Hanabi, estate 1994

I personaggi di Saint Seiya sono proprietà di M. Kurumada/Shueisha.

 


CAPITOLO 4: "Phoenix" - parte prima

"Buongiorno, Shun."

"Buongiorno, Crystal. Grazie di avermi aspettato per la colazione."

"E' un piacere." Sorride, con la sua solita aria malinconica. "E' una magnifica giornata, non è vero?"

"Sembra proprio di si..."

Ma chi voglio prendere in giro? Esisteranno mai più delle magnifiche giornate per me, con il mio personale inferno da sopportare ad ogni risveglio?

Il mio umore ben si sposa con l'atmosfera di questo enorme e silenzioso palazzo che abitiamo, unici inquilini ora che anche il Dragone se n'è andato. La saltuaria compagnia dei camerieri non riesce a scaldare questa casa troppo vuota, e comunque si tratta di gente di gran classe che bada bene di sparire non appena possibile, senza dire mai una sola parola, in modo che è esattamente come se non ci fossero.

Anche quella mattina il tavolo nella grande sala è apparecchiato in stile impeccabile; ma stavolta c'è una novità, un magnifico samovar scintillante che trionfa in mezzo ad esso.

"E' un regalo di Lady Isabel," mi spiega Hyoga, versando una tazza di tè. "Mi ha persino procurato dell'autentica miscela russa. Vuoi favorire?"

Mi offre la tazza, assaggio il contenuto e lo trovo di una forza impossibile.

"E' stato un pensiero gentile da parte sua," mormoro, fissando quell'oggetto pomposo.

"Non me l'aspettavo di certo da lei," risponde lui, sorseggiando il suo tè. "Deve aver sacrificato del tempo prezioso ai suoi grandi affari per procurarsi questa roba."

"Mi sembra decisamente cambiata da qualche tempo a questa parte."

Lui alza le spalle."Non mi illudo, durerà solo finché avrà bisogno di noi."

"Beh, ragazzi, che duri quel che duri, ma spero che le passi in fretta," dice Seiya entrando nella sala con la consueta irruenza. "Salve a tutti."

"Ciao, Pegasus!..." sorride Hyoga, "Davvero mattiniero quest'oggi, come mai?"

"Non ho dormito un tubo stanotte." Si stira tutto e sbadiglia. "Oggi è il mio turno di guardia, non è vero?"

"Solo se te la senti."

"Certo che me la sento... Ehi, cos'è quest'affare?" chiede, toccando il samovar.

"Un regalo di Lady Isabel. Serve a fare il tè. Ne vuoi un po'?"

"Volentieri." Si prende una sedia e si mette a tavola con noi, "Ho già fatto colazione, ma ci ho messo un'ora e mezza ad arrivare qui. Milady si è intestardita a mandarmi una macchina con l'autista... così mi sono sciroppato tutto il traffico di Nuova Luxor."

"Ah, sei arrivato qui come un dirigente d'azienda..." Hyoga si spalma una fetta di pane con del burro, "Anche tu sei gratificato dunque dalla cortesia di Lady Isabel."

"Sapeste cosa mi è successo a causa della sua cortesia! Quella è pazza, ve lo dico io." Beve il tè senza la minima smorfia, con mio sommo stupore, e continua: "Ieri era già una giornata storta: tanto per cambiare mi si è scassato di nuovo l'impianto dell'acqua, ho dovuto telefonare alla mia ragazza per chiederle se conosceva un idraulico, ho dovuto lavarmi a rate con un secchio, avevo i piatti sporchi... insomma, la casa è il solito schifo, sto passando l'aspirapolvere in grembiulino, suonano alla porta, vado ad aprire e chi ti vedo? Sua Maestà Lady Isabel Saori di Thule che mi squadra esterrefatta, tutta elegantina come al solito!"

"Vuoi dire che è venuta addirittura a trovarti?" chiede Hyoga sorpreso.

"Ma si! E chi se l'aspettava, da una che di solito si fa precedere da squilli di tromba e tappeti rossi? Io naturalmente resto a bocca aperta, e senza pensarci mi tolgo subito quel ridicolo grembiule, dimenticandomi di essere in mutande. Me ne rammento vedendo la sua faccia paonazza, le sbatto la porta in faccia e vado alla ricerca affannosa dei miei calzoni... Quando le riapro lei è ancora lì, tutta imbarazzata, e mi dice: Buongiorno, Seiya, vorrei parlarti; inoltre sono venuta a vedere se hai per caso bisogno di qualcosa."

"Roba da non credere," mormora Hyoga divertito.

"Non credevo nemmeno io alle mie orecchie. La tentazione era dirle, no, grazie, se ne vada!, ma non potevo essere così inospitale dopo che si era sbattuta così tanto, così l'ho fatta entrare per offrirle qualcosa da bere. Vi lascio immaginare la faccia schifata che ha fatto vedendo casa mia, e come si è seduta sulla punta delle chiappe sulla mia poltrona piena di briciole, bevendo una bibita sgasata in uno di quei bicchieri con i personaggi dei cartoni sopra, cercando di mantenere un minimo di contegno signorile. E per completare il tutto è entrata Lamia, che aveva smontato dall'orfanotrofio, e ha detto allegramente: Seiya, lo sai che qua sotto c'è mezzo quartiere a guardare una limousine lunga un chilometro?... Poi ha visto la mia gentile ospite, che si è alzata imbarazzata per andarsene, e per il resto della giornata è stato tutto un interrogatorio: chi è quella, e cosa vuole quella, e che ci faceva quella a casa tua... "

"Forse sei riuscito nell'impresa in cui Asher ha sempre fallito," dice Hyoga, "Milady si è innamorata di te."

Seiya fa una faccia inorridita. "Che Athena me ne scampi!" Vuota la tazza con un gran sorso, la guarda e dice: "Ehi, questo tè fa schifo!"

"Ce ne hai messo per accorgertene!"

Ridacchiano tutti e due, mentre io riesco appena a sorridere.

"E adesso cambiamo discorso." Seiya cava dal suo giubbotto sportivo dei fax, li sbatte sull'angolo libero del tavolo. "La macchina che mi ha portato qui era attrezzata con un videogiornale collegato con tutto il mondo. Mi sono divertito a giocarci un po', chiedendo una lista di articoli su di noi. Questo mi è piaciuto particolarmente, e l'ho stampato. Se volete farvi qualche risata..."

Hyoga prende i fogli, li guarda, poi me li allunga:

"Per favore, Shun... è giapponese, impiegherei dieci minuti a leggerlo."

Prendo quei fogli, scorro gli ideogrammi dell'articolo e leggo a voce alta:

"L'interruzione del torneo annunciata dalla Fondazione Thule lascia l'amaro in bocca alla folla degli spettatori. Non si comprende come possa essere accaduto un incidente simile in un'organizzazione altrimenti assolutamente perfetta. E questo fa arrabbiare il pubblico che ha assistito finora a mirabili incontri, altamente spettacolari, troppo belli per essere veri. Non si può invocare la defezione di un cavaliere per giustificare tutto questo, è davvero troppo pensare di ingannarci anche dopo che il sipario è calato. Eppure la Fondazione insiste nel farlo, come se non sapessimo di essere stati tutti giocati da un apparato scenografico degno di un gran teatro: del resto, spacciare per vera la storia incredibile di armature magiche e di poteri sovrumani è stata un'impresa fantastica. I nostri occhi proprio non volevano credere a ciò che la nostra mente razionale diceva: e cioè che, per esempio, l'infrangibile scudo del Dragone era fatto per spaccarsi, e che l'arresto cardiaco del capelluto cavaliere era una pièce drammatica ad effetto, così come le ferite spaventose di Pegasus, che non gli hanno però impedito di correre baldanzosamente dietro a Phoenix pochi giorni più tardi..."

Alzo lo sguardo a Seiya, che sogghigna, e mi fa cenno di continuare.

"Altamente drammatico anche l'arrivo del Cigno, con il grande schermo che voleva convincerci di chissà quali poteri congelanti; mentre pochi sbuffi di fumogeni e qualche effetto speciale, come un po' di brina artificiale sull'armatura di Hydra, ingannavano i nostri sensi distorti da ciò che forse volevamo noi stessi credere. In realtà il baldo cavaliere crestato si è beccato probabilmente solo un raffreddore! Ma il personaggio più smaccatamente artificioso in questa commedia degli inganni..."

Impallidisco, la voce mi trema.

"... è stato senz'altro Andromeda. Non è stato specificato dall'organizzazione se il nome femminile si riferiva alla costellazione o al cavaliere, ambiguità senz'altro ricercata e che ha scatenato un'autentica frenesia tra i giovani, in perenne ricerca di un sex-symbol da imitare e sognare..."

Poso il fogli sul tavolo, sconvolto.

"Hai fatto colpo, eh?" mi sogghigna Seiya, "Sex-symbol, addirittura! Continua."

Getto un'occhiata ai fogli, e scuoto la testa.

"No, per favore."

"Ah, dài! Fallo per Crystal! Il giornalista ti ha riservato un trattamento d'onore rispetto a noialtri."

Mi sforzo di continuare.

"Abbiamo visto dunque questo campione dalla bellezza incantevole (e francamente eccessiva) promuovere le istanze delle donne e dei gay, grandi esclusi da questa romantica tenzone, battendo un Unicorno che recitava alla perfezione il ruolo di razzista, maschilista e antisportivo. Tutto ben preordinato e stabilito, certo, ma dobbiamo ammettere che ci siamo lasciati trascinare da quest'orgia di buone intenzioni. Ed ecco il colpo di scena finale, la scena madre: l'arrivo di Phoenix, l'evento senz'altro più spettacolare del torneo proprio perché totalmente imprevisto dal pubblico. Il tenebroso cavaliere, un altro sex-symbol senza dubbio, ma di tutt'altra specie rispetto ad Andromeda, è stato improbabilmente chiamato fratello da quest'ultimo..."

Chiudo gli occhi, butto i fogli sul tavolo con uno scatto di nervosismo e volto la testa.

Seiya, imperturbabile, raccoglie le pagine, trova il segno e continua:

"...da quest'ultimo, in una scena patetica che ha fatto versare lacrime a milioni di donne. Ma lo ha respinto, secondo le migliori regole teatrali che descrivono come dev'essere un vero cattivo. Non ci aspettavamo che la stessa Lady Isabel arrivasse al punto di partecipare alla recita, ma la sua mania di protagonismo non è una novità, anche se ci chiediamo cosa ne avrebbe pensato il suo austero predecessore. Comunque Phoenix ha continuato nel suo elenco di ributtanti cattiverie, maltrattando i colleghi e rubando il trofeo, e noi tutti abbiamo atteso con pazienza l'inevitabile conclusione: i buoni cavalieri l'avrebbero punito per i suoi delitti e trascinato sanguinante sul ring, riportando l'ambita armatura d'oro al suo posto, tra gli applausi generali. Ma purtroppo pare che Phoenix abbia fatto il cattivo una volta di troppo, e che abbia violato il suo copione per sparire con quella che evidentemente dev'essere stata l'unica cosa autentica del torneo, lasciando con un palmo di naso la formidabile Fondazione Thule. E adesso il misterioso signor Ikki (così pare che si chiami, anche se la Fondazione afferma di ignorare chi sia!) non è più un attore, ma un ricercato per furto. Che tragica conclusione della migliore recita del secolo! Ora non possiamo nemmeno essere clementi per essere stati così platealmente ingannati, ci hanno sottratto il lieto fine... eccetera, il finale è più noioso, ve lo risparmio."

Posa i fogli e ci guarda.

"Ebbene? Che ne dite? Un bellissimo articolo, vero? E gli altri giornali sono sullo stesso tono."

Segue un istante di attonito silenzio.

"Dev'essere stato un colpo micidiale per Lady Isabel," mormora Hyoga, "Il torneo è stato completamente screditato!"

"Come ha potuto permettere che la stampa si accanisse contro di noi a questo modo?" chiedo, con un filo di voce.

Seiya ci guarda con uno strano sorriso.

"Tenetevi forte. Mi ha rivelato di essere stata proprio lei a convincere segretamente i giornalisti a scrivere queste cose! Ed ha raccomandato loro di andarci il più duro possibile, cosa che senz'altro hanno fatto. Nemmeno Mylock è al corrente di questo, gli verrebbe un colpo... se già non gli è venuto a leggere i giornali di oggi. Lady Isabel ha indetto una conferenza stampa e ha messo proprio lui come portavoce, vi immaginerete i fuochi artificiali che seguiranno. Così nessuno potrà sospettare che è stata proprio la promotrice del torneo a volerlo ridicolizzare."

"Perché l'ha fatto?" chiede Hyoga, stupito.

"Per molte ragioni, e nessuna stupida." Seiya ammicca, "E' furba la ragazza. Mi ha detto: le brutte figure si possono sempre riparare, basta non ammetterle e chiamarle più tardi incidenti."

"Che significa? Mette le mani avanti in caso che noi falliamo?"

"Forse, ma non solo. Il suo scopo è rispettare il volere del nonno, no? Quindi l'armatura viene prima di tutto, prima anche dei contratti pubblicitari e della bella faccia della Fondazione. E l'armatura è una faccenda del Mondo Segreto."

"Continuo a non capire."

Seiya sospira. "Senti, Crystal: il Santuario non ci vuole molto bene dopo quel torneo, dico bene?"

"Domanda inutile, sai che sono stato mandato per punirvi tutti. Il torneo ha praticamente rivelato a tutti l'esistenza del Mondo Segreto..."

"Ma adesso è stato screditato. Nessuno crede ai nostri poteri. Ci hanno scambiato per saltimbanchi. Non costituiamo più un pericolo per il Mondo Segreto, no?"

"E' vero." Hyoga fa un debole sorriso, "Ma se Lady Isabel pensa così di mandare un messaggio al Santuario..."

"Certo che lo manda! E non solo al Santuario, ma soprattutto a Phoenix!" Seiya si china verso di lui. "Un tipo diretto come Ikki, con il potere che già ha, poteva disdegnare ogni manovra, venire qui in questa tenuta e fare un macello per riprendersi i quattro pezzi mancanti dell'armatura. Ora non può più farlo: dopo quel che è successo, l'intero Mondo Segreto ambisce solo a calmare le acque ed a stornare l'attenzione della gente, e dev'essere tutto contento di vedere l'opinione pubblica ridere di noi... non gradirebbe di sicuro che Phoenix rimestasse le acque attaccando frontalmente la Fondazione Thule!"

"Ahhh," mormora Hyoga, spalancando gli occhi con improvvisa comprensione. "Dunque questo sacrificio temporaneo di popolarità serve a sventare il nostro pericolo maggiore... impedisce a Phoenix di coinvolgere degli estranei, e lo costringe ad essere discreto e prudente!"

"E di conseguenza a perder tempo, a tutto vantaggio nostro." Seiya si allunga a rubare una pasta, "Ikki non è scemo, sa che gioco pericoloso sta facendo... rischia di attirarsi la collera di tutto il Mondo Segreto, e non può permetterselo se non ha in mano l'armatura d'oro al completo."

"Però!" Hyoga finisce di mangiare. "Ha pensato lei a tutto questo, o gliel'hai suggerito tu?"

"Tutta farina del suo sacco. Incredibile da una ragazzina come lei, vero? Dev'essere con quella testa che governa le Cinque Stelle e la Fondazione. Anche se ha sedici anni è pur sempre la nipote di Alman di Thule, il vecchio deve averla allenata a fare affari fin dalla più tenera età."

"Però questi non sono affari, sono faccende del Mondo Segreto." Hyoga è pensieroso. "Ricordi quando Lady Isabel ci ha parlato dell'armatura d'oro? Mi sembrava di sentire una sacerdotessa..."

"Si, è vero, milady è singolarmente ben informata. Mi sono chiesto anch'io come faccia a sapere tutte queste cose... a meno che non gliel'abbia spiegate Aiolos attraverso Alman di Thule." Sogghigna, "Però! Alla faccia delle ultime parole del moribondo! Deve aver cianciato per almeno mezza giornata, prima di schiattare..."

Ridono entrambi, poi Seiya si rivolge a me.

"Ehi, Shun! Per favore, non travolgerci con la tua loquela ed il tuo straripante buonumore: ci stai letteralmente assordando."

"Scusa," mormoro, "Ci sei già tu a chiacchierare, e a quanto pare trovi divertenti anche le cose peggiori."

"Che devo fare, piangerci sopra? Tanto non cambia un tubo, e un po' di ironia ti salva almeno la digestione. Lo sa persino quest'orso russo, che sembra nato per tenere il muso... e nonostante questo, ride più di te!"

Sospiro, chino la testa. "Come puoi pretendere che io rida, con quel che ho nel cuore?"

Seiya diventa improvvisamente serio.

"Adesso piantala. Credi che non capiamo quello che stai provando?"

Alzo la testa di scatto e lo guardo quasi con rabbia. "No!... Non potete capire! E non vi chiedo neanche di farlo. Lasciatemi in pace!"

"Ha ragione, Seiya," mormora Hyoga, mettendogli una mano sul braccio. "Non fare il paternalista, alla tua età non ne hai il diritto..."

"Ah, mollami!" esclama lui. "Cosa diavolo hai ottenuto tu finora, con la tua riservatezza di ghiaccio?" Si volta verso di me. "Sentimi bene, Shun. Oggi sto qui a fare il cane da guardia. Non avrò la sensibilità sopraffine delle tue catene, ma sono un cavaliere anch'io, Phoenix non potrà usare il suo cosmo nei paraggi senza che io lo senta subito. Oggi è una bella giornata. Fatti un giro da qualche parte, vai al cinema, in una sala giochi, a vedere una partita di calcio, buttati in una discoteca... fa' come fanno i ragazzi della tua età!"

Mi porto una mano sulla fronte, fisso il mio tè che si raffredda.

I ragazzi della mia età!... Già, cosa fanno di così diverso da ciò che faccio io? Escono dalla loro casa, salutando la loro mamma, il loro papà, la loro famiglia. Studiano, giocano, guardano la televisione, sognano davanti alle vetrine dei negozi, pensano a cosa faranno da grandi. Cominciano forse adesso a flirtare seriamente con le ragazze. Pensano alle vacanze, ai regali di Natale, ai compiti in classe. Si trovano con la compagnia per andare a ballare.

Mentre io, invece... io...

"Shun!" mormora appena Hyoga, imbarazzato.

Si è accorto che sto piangendo silenziosamente.

"Proprio come ai tempi della scuola," borbotta Seiya, "Non sei proprio cambiato."

Mi alzo da tavola, pieno solo di voglia di sfogarmi senza gente intorno che mi faccia vergognare ancora di più. Mi volto per andarmene, ma Seiya si alza e mi afferra per le spalle.

"Aspetta!" Esita, poi soggiunge con voce triste: "Mi dispiace. Ma non sono capace di assistere al dolore di un amico senza farci nulla. Piangi pure se vuoi, anche se a quasi diciassette anni sarebbe ora che tu imparassi un po' a controllarti... ma cerca anche di trovare una soluzione. Non puoi continuare così."

"Non c'è nessuna soluzione," singhiozzo, "Nessuna."

"Senti, io ne ho una. Molla tutto, al diavolo le belle parole e le belle promesse! Fa' come ha fatto Asher, prendi armi e bagagli e va' da Lady Isabel, dille di rispedirti nella tua vecchia scuola segreta. Là sarai al sicuro ed in buona compagnia, finché questo brutto affare non sarà finito."

"Non posso farlo," mormoro appena asciugandomi le lacrime.

"Perché no? Credi di essere così indispensabile? Non aver paura, ce la possiamo cavare anche senza di te!"

"Ne dubito molto, invece," dice Hyoga, tagliente. "Con Dragone in Cina? E tu senza armatura? Dovremmo restare in due ed in queste condizioni a contrastare uno come Phoenix?"

Seiya lo guarda, indignato. "Hai un pezzo di ghiaccio siberiano al posto del cuore!... Povero Shun, ha dei fratelli che pensano solo a prenderlo a calci in culo..."

"No, aspetta," dico io, a fatica. "Crystal ha ragione. Avete bisogno di me. E poi non posso restare a guardare passivamente quel che accade a mio fratello. Devo fare qualcosa... devo fermarlo, o anche solo provarci."

"E pensi che immolandoti a lui lo farai rinsavire? Si pulirà le mani dal tuo sangue e poi girerà la testa cercando qualcun altro da far fuori!... No, ascolta me. Torna alla tua isola e restaci!"

Mi volto, lo guardo tremando.

"Seiya... non capisci. Non posso tornare ad Anthrâ! Sono condannato a morte dal Santuario, e sono il primo della lista nera di Phoenix. Rischio di coinvolgere i miei maestri!"

"E allora? Sapranno bene i rischi che corrono. Se ti accolgono vuol dire che sono pronti a combattere con te."

"Ma non sono cavalieri!" esclamo, disperato. "Io sono l'unico tra di voi ad essere stato addestrato da semplici sacerdoti. Sono stati dei maestri magnifici, ma il loro cosmo non può competere contro quello del più debole dei Santi di Athena." Chino la testa. "Figuriamoci cosa potrebbero fare contro Phoenix... o contro i cavalieri del Santuario! Morirebbero senza neanche aver il tempo di difendersi, ed io non posso averli sulla coscienza, per quanto abbia disperatamente bisogno di loro..."

Mi interrompo e la mia anima completa la frase:

... perché li amo!

Seiya ammutolisce. Poi mormora:

"Scusami... non lo sapevo."

"Ora lo sai!... Per cui smettila di tormentarmi!"

Mi scrollo dalla sua presa e me ne vado dalla sala, sbattendo la porta alle mie spalle. Resto immobile un lungo istante, respirando affannosamente.

E sento la voce di Seiya trapelare, desolata: "Volevo solo aiutarlo..."

"Deve cavarsela da solo," replica Hyoga, freddamente. "Non è più un bambino, anche se è così giovane... è un cavaliere di Athena."

"Come se questo bastasse a spiegare tutto!"

Di nuovo mi viene da piangere. Come ha ragione Seiya... Dio, come ha ragione!

***

C'era una volta una banda di teppisti che spadroneggiava in un angolo del porto, in quei punti dove la luce splendente di Nuova Luxor non arriva; quei punti, tanto per intenderci, in cui nemmeno la polizia osa mettere il naso.

Ahimé, la banda dei Crisantemi Neri non c'è più. Non ce l'avevo proprio con loro, ma avevo bisogno di una base, un quartier generale, un tetto sulla testa ed un territorio da razziare assieme ai miei uomini. I poliziotti hanno ripescato qualche cadavere in mare, ed hanno archiviato la pratica sotto la voce Regolamenti di Conti. Via una banda avanti un'altra, cose che capitano, come avrebbe detto quella carogna di Alman di Thule...

Niente colpi segreti con quei punk drogati, mi è bastata l'esperienza dell'orfanotrofio, e giuro!, mi ci voleva proprio qualcosa che mi ricordasse come si vive nel cosiddetto mondo civile, dopo tutti gli anni passati nel Mondo Segreto. Ho affrontato il loro capo, un tipo grosso e pieno d'arie, sfidandolo in mezzo alla strada; l'ho pestato finché non si è messo a strisciare per terra, implorando pietà. I suoi compagni hanno pensato bene di squagliarsela, e chi non l'ha pensato è andato a far la conta delle conchiglie attaccate ai moli. Il deposto sovrano è andato al suo nascondiglio ed ha tirato fuori soldi, bustine di roba tagliata male, cianfrusaglie rubate, lattine di birra, coltelli e armi varie, dicendo che tutto era mio. Non avevo bisogno che me lo dicesse lui, naturalmente. Anzi, a dir la verità non avevo proprio bisogno di lui. Riposi in pace.

Io ed i miei uomini abbiamo ripulito un negozietto affiliato alla banda, e ci siamo adeguati al costume locale: le vesti arcaiche del Mondo Segreto attiravano troppo l'attenzione, ora siamo quelli che la gente perbene definirebbe dei giovinastri da strada. Qualcuno ha provato a mettere in dubbio la nostra conquista, ma ho lasciato che se ne occupassero le mie brave Ombre, i miei luogotenenti: cavalieri mancati, falliti, a cui sto dando almeno una possibilità di esistenza; inutile dire che me ne sono molto grati.

Certo che non è degno del mio potere stare in un seminterrato umido e fumoso a bere birra, stretto in un giubbotto nero e calzoni elastici stinti, con pesanti stivali di pelle sintetica e suole di gomma, circondato dalle note discordanti e violente dell'ultimo rock che cantano la gloria dei diseredati. Però penso che se Alman non mi avesse preso con sé quello sarebbe stato il mio ambiente naturale. E forse, felicemente ignaro del bastardo che avevo al fianco, avrei fatto di Shun un vero uomo e non l'equivoco ibrido che ho visto al torneo...

Che schifo! Era meglio se non tornava da quell'isola lontana. Mi chiedo anzi come diavolo abbia fatto a tornare. Avrebbe dovuto morire mille volte. Però è vero, l'ho educato io: devo aver fatto un buon lavoro, tutto sommato. Peccato però che alla fine i suoi geni bastardi abbiano avuto il sopravvento...

Com'è amara questa birra!

Prendo la lattina e la scaglio sul muro pieno di graffiti sconci, lasciando una macchia che cola sul pavimento. La fisso, ricordando per un attimo il sangue di mio padre che faceva lo stesso, ma più lentamente, dopo che si sparò nel cervello...

E tutto grazie a Shun. Grazie a Shun! Perché papà non ha ammazzato lui quella notte?!... Perché non ha ficcato una pallottola in quella testa insulsa, in mezzo a quegli occhi lacrimosi? Era la cosa giusta da fare; o meglio, per essere misericordiosi, bisognava affogarlo appena nato, non appena si fosse visto che non era un bambino normale. Chissà quanti problemi in meno!

Schiocco le dita. Qualcuno mi porta un telefono, rubato ovviamente, e collegato ad una linea pirata: così nessuno potrà rintracciarmi. Guardo quel minuscolo apparecchio, divertito. In questo momento sono proprio a cavallo tra i due mondi... sono un fuorilegge per l'uno, un cavaliere decaduto per l'altro. E la cosa mi fa piacere: tra poco entrambi i mondi avranno di che temermi.

Faccio un gesto, e la musica rock si abbassa: la voglio solo in sottofondo, per dare la giusta atmosfera. Hanno già composto il numero, mi basta schiacciare l'avvio ed attendere. Dall'altra parte il segnale di libero, che suona parecchie volte... ci credo, è notte fonda, voglio disturbare per bene il mio interlocutore.

All'ottavo squillo una voce sonnacchiosa risponde:

"Pronto?..."

"Ciao, Seiya," dico, con dolcezza ironica.

Segue un improvviso silenzio. E poi la voce risuona di nuovo, totalmente sveglia.

"Chi sei?"

"Un tuo caro nemico."

"Ikki!..." mormora lui, riconoscendomi.

"Come va, grande guerriero?"

"Dove diavolo hai trovato il mio numero?!"

"Sei il solo che abita al di fuori della reggia dei Thule, quindi sei il più facile da contattare. Bella la tua mansardina allo Yatch House... ma non hai paura a dormire tutto solo e lontano dai tuoi cari amici?"

"So che mi fai pedinare. E la cosa non mi potrebbe fregare di meno. Non ho paura né dei tuoi scagnozzi, né di te." La voce di Seiya è bassa e ringhiosa, ma posso sentire i brividi nella sua schiena. "Che cavolo vuoi a quest'ora?"

"Voglio i pezzi dell'armatura che mi avete rubato."

"Senti chi parla di rubare!"

"Sei così deciso a morire per milady, Pegasus? Che strana dedizione la tua! Credi ancora alle balle che ti racconta? E' capacissima di aver fatto ammazzare tua sorella e continuare a dirti che è viva, basta che tu continui a ballare alla sua musica. Sei un idiota!"

"Fatti gli affari tuoi!..."

"Da dieci anni lecchi il culo ai Thule in cambio di una speranza. E tua sorella, se è viva, non si ricorda nemmeno di te... magari sta meglio senza di te. Perché allora continui a fare il paladino di Lady Isabel? Aiutami a prendere l'armatura, invece. Se fai il bravo non ti ammazzo."

"E se faccio il cattivo invece?"

"Non mi scomoderò certo a farti fuori: lo farà il Cigno al posto mio. Per quanto tempo ancora credi che si tratterrà dal compiere il suo grande dovere divino? Deve portare la tua testa in Grecia, te l'ha già detto in faccia... e una parolina dal Santuario potrebbe convincerlo a farlo ora che sei nudo ed inerme come un verme."

"Non sono affatto nudo ed inerme."

"Non fare l'ingenuo. Vi tengo d'occhio, non potete nemmeno sputare senza che lo sappia. Il Dragone è tornato in Cina portandosi dietro anche il tuo scrigno, ho visto il tuo duello con lui, non è difficile immaginare cosa sia successo, non è vero? Le vostre sono armature degne delle mezze tacche che siete." Rido. "Speri forse che si possano riparare?... Ho sentito parlare anch'io di un'incarnazione divina del mitico Efesto, il Fabbro degli Dèi; ma per me sono tutte balle, non sono così scemo da farci affidamento. Dragone perde tempo, e magari i sicari lo beccano lontano dai suoi Cinque Picchi e lo sistemano. Non sperarci troppo nel suo ritorno!"

"Stai attento tu, Phoenix. Il Santuario potrebbe beccare te per primo. E in quanto a Crystal, è senz'altro più leale di quanto lo sia tu e non mi attaccherà mai a tradimento. Mi sa tanto che preferirebbe congelare te piuttosto che me."

"Se qualcuno non lo fa fuori prima. Quel povero idiota crede davvero che il Santuario si dimentichi da dove viene?"

"Che cavolo vuoi dire?!"

"Hyoga era un postulante mandato dalla Fondazione Thule, ed ora che sanno che è stato Alman a nascondere per anni l'armatura di un traditore... tutti noi siamo sospetti. Lui compreso." Sento il silenzio agghiacciato dall'altra parte. "Ma non preoccuparti, anche se glielo dirai non ti crederà. E' un fanatico, quindi un debole. Non mi fa certo paura."

"Non ti fa paura lui, non ti faccio paura io. Ma qualcuno ti mette addosso la strizza, Ikki... altrimenti non perderesti tempo a fare telefonate sceme. Chi ti dà la caccia?"

"Non fare domande sciocche, Pegasus. Con quell'armatura sono in grado di dare io la caccia a chiunque: vedi dunque che ho ottimi motivi per volerla, mentre voi non potete farvene nulla. Perché mai avete osato intromettervi?"

"Perché quell'armatura spetta al migliore tra noi, e tu di sicuro non lo sei."

"Chi lo dice? Voi che mi siete tutti inferiori? Posso spazzarvi via come foglie secche, lo sapete benissimo."

"Credi che la tua forza da sola ti dia diritto a tutto?"

"Certamente. C'è qualcos'altro al mondo che merita considerazione?"

"Sei così rimbecillito da aver bisogno di una risposta?"

"Mi stai annoiando con le tue prediche, Seiya."

"Non sei degno neanche di toccare quell'armatura! Che razza di carogna sei l'hai dimostrato anche con tuo fratello Shun..."

"Non farmi arrossire ricordandomi che è mio fratello."

"Idiota! L'hai quasi ucciso con il tuo disprezzo! Che colpa ne ha lui di esistere? Gli hai rinfacciato tutte le disgrazie della tua vita, ne hai fatto un comodo capro espiatorio, sapendo che non si poteva difendere da te. Sei un vigliacco, Ikki!"

"Chiudi il becco!..."

Ho urlato. Ho urlato! Stringo i denti: perché sono così vulnerabile sull'argomento?... Ho fatto male a mettermi a chiacchierare con Seiya, dovevo ricordarmi che ha una lingua lunga e affilata come una spada.

"Sturati le orecchie, Pegasus," dico, a denti stretti. "Mi devi baciare i piedi perché, carogna come sono, ho ancora un minimo di senso dell'onore. Altrimenti potrei fare una visita alla tua bella brunetta e farti provare sulla pelle quanto i buoni sentimenti ti rendono vulnerabile." Seiya smette di respirare. "Sei l'unico così cretino da trovarsi una ragazza e per di più estranea al Mondo Segreto, credi di poter fare il cavaliere part-time... non venirmi a parlare di vigliaccheria, proprio tu!"

"Senti, Ikki..." mormora lui, con voce soffocata.

"Sentimi tu! Voi avete quattro pezzi dell'armatura, il bracciale destro, due schinieri ed il pettorale. Io ho la cintura, l'elmo con la maschera, l'altro bracciale ed i due coprispalla. Tra quindici giorni da domani ci ritroveremo, noi e voi, in un luogo adatto al nostro scontro finale, dove nessuno degli insetti di questo mondo possa vederci. L'altipiano roccioso del monte Suizhan andrà bene."

"Ma sei matto?... Quindici giorni sono troppo pochi..."

"Speri ancora nel ritorno di Dragone, vero? Povero illuso! Comunque è tutto ciò che ti concedo, dopodiché porterete l'armatura d'oro al luogo stabilito, non mi importa se sarete in due, tre o cento, con o senza scrigni al seguito. Ci giocheremo il trofeo una volta per tutte."

"E se non accettassimo il tuo ultimatum?"

"Pegasus, non fare il cretino. Ti sto sfidando secondo le regole del Mondo Segreto. Se non rispetterai le regole... non le rispetterò neanch'io."

"A quali regole ti riferisci, tu che sei già al di fuori di esse?"

"Le solite. Non coinvolgere estranei. Combattere sempre uno contro uno. Ritirarsi uguale passare nel campo opposto. Nient'altro." Abbasso la voce. "Se tra quindici giorni non sarete pronti a battervi o a restituirmi l'armatura d'oro, avrete a che fare con un cavaliere decaduto senza più scrupoli, e la prima regola che manderò al diavolo sarà proprio la prima." Ridacchio, cupamente. "Dov'è che lavora la tua bella? Ah già, all'orfanotrofio della Fondazione. Quanti bei bambinetti ci stanno dentro..."

Seiya tace, agghiacciato. E poi mormora: "Non vorrai fare del male a degli altri orfani come te!"

"Che patetico!... Qualcuno forse si è fatto scrupolo di fare del male a noi? Un orfano è sempre un indesiderato, uno scarto, me l'ha insegnato il paparino di quel bastardo di Shun."

"Non chiamare bastardo tuo fratello, quando tu sei molto più bastardo di lui!" tuona lui, indignato. "Ricattarci usando dei bambini..."

"E' quel che ha fatto Alman di Thule con me. E tu ti sei schierato con la sua degna nipote! Non sta ricattando anche te con la storia di tua sorella?"

Seiya sta ansimando.

"Non mi tirerai mai dalla tua parte, Phoenix!"

"Naturalmente immagino che alla gelida Lady Isabel non importi un fico secco della fine dei suoi orfanelli. Allora le puoi dire che se non vi molla l'armatura per lo scontro finale, farò saltare in aria qualcuna delle sue navi più ricche e pericolose... magari proprio qui nel porto di Nuova Luxor. Sono sicuro che a questo argomento sarà molto più sensibile."

"Hai finito?!" grida lui dall'altra parte.

"Ho finito."

"Allora ascoltami bene, Phoenix. Hai fatto bene a parlarmi chiaro, avevo ancora qualche speranza in te. Ma ora so che non ce n'è alcuna. Sei un pazzo criminale, un cane rabbioso da abbattere!..."

"Prova ad abbattermi allora, se ne hai il coraggio," sorrido io. "Ti aspetto tra quindici giorni sul monte Suizhan. E se cambi idea... sai che regalino devi farmi per farti perdonare. Ciao."

E chiudo la comunicazione.

***

Che strana impressione mi fa uscire di sera per Nuova Luxor. E' stata un'idea di Seiya, naturalmente, ma stavolta abbiamo tutti accettato senza tante storie. Sono forse i nostri ultimi giorni di vita, circostanza con cui ogni cavaliere deve saper convivere. Ed io voglio vedere almeno che razza di mondo mi accingo a lasciare.

Seduti nella carrozza di coda di un treno della sotterranea, le nostre facce sbiancate dalle luci artificiali, ci guardiamo in silenzio per un pezzo, prima che le battute di Seiya sul colore del mio maglione ci facciano assomigliare un po' di più a tre ragazzi in libera uscita. Il mio esuberante connazionale è meno querulo del solito, a volte fissa il vuoto con un'espressione cupa e pensierosa.

"Ancora quel sogno?" gli chiede Hyoga, a voce bassa..

Lui annuisce. "Shiryu che si stende su di un altare, ed uno strano uomo bianco che gli apre il torace con un coltello e gli strappa il cuore, per spruzzarne il sangue sulle armature."

"E' la tua ansia per il Dragone a farti sognare queste scene."

"Vorrei esserne sicuro, Crystal." Seiya abbassa lo sguardo. "Ma non posso dimenticare che Shiryu ha con sé la mia armatura... quindi, una parte di me stesso. Non vorrei aver percepito qualche disgrazia."

"Descrivi quell'uomo bianco."

"Ha i capelli lunghi, legati in una coda sulla schiena. Grandi occhi sereni. Una cicatrice in mezzo alla fronte, come un terzo occhio. E' avvolto in un mantello arancione, come un lama." Mi guarda, stupito. "Ecco, Shun gli assomiglia moltissimo. Immaginalo più vecchio di dieci o quindici anni e ce l'hai!"

"Sarebbe lui il mitico Riparatore di Armature?"

Seiya alza le spalle. "Non lo so, ma chi altri potrebbe essere? Lady Isabel ci ha riferito il messaggio segreto di Dragone: il suo vecchio maestro gli ha dato le dritte giuste per trovare questo misterioso artigiano, forse a quest'ora l'ha già raggiunto... ci sarebbe proprio da sperarlo!" Fissa nuovamente il vuoto. "Ma allora mi chiedo perché continuo ad avere questi incubi. Shiryu fatto a pezzi, con il suo consenso. Non un urlo, un lamento. Mi guarda mentre la roccia dell'altare si spezza, inghiottendolo in un pozzo senza fondo..."

Sospira, chiude gli occhi un istante.

Non piacciono neanche a me quei sogni. Condivido l'angoscia di Seiya, perché con la mia particolare sensibilità cosmica posso percepire il sottile legame che lo unisce a Shiryu.

"Se non tornerà in tempo, ci troveremo a batterci in condizioni di grande svantaggio," mormora Hyoga fissando il vuoto. "Uno contro uno sì, ma a prescindere dallo stato dell'avversario, così dicono le regole... e tu, Pegasus, saresti senza armatura!"

"Che cavolo posso farci?" risponde lui, cupamente.

"Passa nel campo di Phoenix."

"Dovrei portarmi dietro un pezzo dell'armatura di milady, ed hai visto anche tu con che faccia ha acconsentito a darcela per lo scontro finale!"

"Non mi sembra che abbia avuto molta scelta, ti pare?"

"Mi chiedo se le stavano più a cuore i bambini o le sue dannate navi!"

"Comunque non vedo perché dovresti morire per lei. Passa con Phoenix e portagli un pezzo dell'armatura ..." Hyoga sorride appena, "Ci penseremo noi due a recuperarlo."

Seiya scuote la testa.

"Non mi va, biondo. Uno: sei troppo sicuro di te stesso. Due: sono un cavaliere, e mi dà fastidio mancare alla parola data. Tre: Ikki mi sta dannatamente antipatico..." Mi getta un'occhiata quasi con aria di scusa, e continua: "Non mi ci vedo proprio a calare le insegne davanti a lui." Alza la testa. "La prossima è la nostra, ragazzi."

Ci alziamo tutti, scendiamo dal treno in una vuota e cupa stazione. Le scale mobili ci portano in superficie, dove altri ragazzi sono riuniti in gruppetti, seduti sulle ringhiere e sui marciapiedi; musica aspra e violenta risuona dai loro stereo portatili, e la luce colorata delle insegne di un bar illumina le loro facce, piuttosto grintose.

"Ehi, Seiya," chiede Hyoga, "Siamo dalle parti di casa tua, vero?"

"Due o tre isolati di distanza."

"Dicono che il porto non sia un posto molto raccomandabile di notte."

"Non mi dire che un cavaliere può aver paura di quattro teppistelli!"

"La mia era solo una curiosità." E accenna col mento a dei giovani che sono tutti impegnati a scambiarsi pasticche in cambio di soldi.

"Droga?" chiedo in un sussurro.

"Esatto, Shun," mormora cupamente Seiya. "Ci hanno fatto perdere il bello dell'adolescenza, e questi qui che se la potrebbero godere la buttano via in questo modo balordo... che scemi!"

"Avrebbero bisogno di qualche settimana in una scuola segreta," replica Hyoga. "Imparerebbero ad apprezzare la loro fortuna."

"Ma sono davvero loro i fortunati?" chiede Seiya. "Non sanno nemmeno di essere al mondo. Hanno la testa così," ed avvicina le mani lasciando un spazio piccolissimo tra di esse. "Sono sempre pronti a prendere per il culo quelli che lavorano seriamente. Non sanno pensare ad altro che all'ultima moda e a come battere la noia. Noi invece viviamo con l'universo, possiamo sentirlo dentro di noi. Conosciamo segreti e poteri favolosi, possiamo fare meraviglie con il nostro corpo. Abbiamo vissuto esperienze fantastiche, come quando siamo stati investiti cavalieri. No, russo: sono io che mi chiamo fortunato, questi qui non mi invidiano soltanto perché non hanno nemmeno gli occhi per vedermi."

"Però che prezzo abbiamo pagato per tutto questo," sospiro io, mestamente.

"Già," mormora lui, guardandomi. "E specialmente tu, che sei il più giovane di tutti. Non ti hanno lasciato molto tempo per giocare."

"Un'oretta al giorno al Saint George, nemmeno un minuto nel Mondo Segreto," dice Hyoga, cupamente.

"Non è stato giusto trattarci così," dico, tristemente. "Avevamo tutti voglia di giocare, era nostro diritto..."

Hyoga sospira. "Speriamo di rifarci adesso, con altre soddisfazioni."

"Quali?"

"Oh, ce ne sono. Almeno secondo il mio maestro, che mi diceva spesso: la gioia più grande per un cavaliere è compiere il suo dovere senza aspettarsi nulla in cambio."

Seiya si mette a ridere.

"Ma che goduria!... Mi sembra di leggere il Bushido, o l'inno aziendale della Mitsubishi, con tutte queste storie sul senso del dovere. E pensare che in Grecia non volevano darmi l'armatura di Pegasus perché sono giapponese..."

"Forse allora non te la volevano dare perché sembri troppo poco giapponese," replico io, sorridendo.

"Ah, io sembro troppo poco giapponese?" fa lui, fingendosi offeso. "Ma senti chi parla!"

Ci mettiamo a ridere tutti e tre.

"Al diavolo, a parlare del Saint George mi avete fatto ricordare le nostre partite di calcio," aggiunge Seiya. "Siete ancora capaci di prendere decentemente a pedate qualcosa?" Raccoglie dall'angolo del marciapiede una lattina vuota e me la calcia tra i piedi. "Avanti, Shun! Passa la palla!"

Esito, poi do un calcio alla lattina spedendola tra i piedi di Hyoga, e lui la lancia di piatto a Seiya, che tenta di farla saltellare sulla punta del piede.

"Ho perso il tocco, accidenti..."

Non riesco a resistere. Scatto in avanti e gli rubo la lattina, spingendola avanti mentre corro. Seiya mi raggiunge, mi afferra per il maglione e me lo tira quasi facendomi cadere.

"Ehi, mascalzone, dove vai? Guarda che te l'ho insegnato io questo trucco..."

"Lasciami! Mi rovini il maglione..."

"Tra i due litiganti il terzo gode!" sogghigna Hyoga soffiandoci la lattina.

"Accidenti!" impreca Seiya, decidendosi a mollarmi. E gli corre dietro.

Giochiamo proprio come quando eravamo bambini, finché a furia di disputarci la lattina Seiya sbaglia e la schiaccia.

"Guardate che mi avete fatto fare!" ride, "Fine della nostra palla..."

Grazie, Seiya, per avermi fatto ridere di nuovo, per avermi fatto giocare. Perdonami se ho pensato male di te, se mi sono arrabbiato per la tua invadenza... eri sincero nel tuo desiderio di aiutarmi, non avrei dovuto prendermela con te. Penso tutto questo ma non te lo dico perché non ti piacerebbe sentire un discorso serio proprio adesso che hai scelto di non esserlo. Si può ridere in faccia alla morte con incoscienza o con coraggio, e credo proprio che il tuo sia il secondo caso...

"Andiamo, dài," ci dice lui.

"Aspetta: la lattina."

La raccolgo per buttarla in un cestino dei rifiuti, e mentre lo faccio noto uno strano distributore automatico. Mi fermo a guardarlo: non capisco cosa venda.

Seiya mi si avvicina e mi dice scherzosamente:

"Ehi, Shun!... Sei così sicuro del tuo fascino da doverti premunire?"

Lo guardo, stupito. "Che vuol dire?"

"Questi sono cosi che si mettono per fare all'amore. Non lo sapevi?"

E come diavolo faccio a saperlo? Ad Anthrâ non c'erano di sicuro...

"Ma... a cosa servono?"

"Dio come sei candido!" ride lui, "Beh, ad evitare di diventare papà, ad esempio."

"Come, diventare papà?" Mi sento impallidire.

Seiya assume una scherzosa aria solenne.

"Lezione di educazione sessuale numero uno. Ci sono i maschi e ci sono le femmine. Fin qui ci arrivi, no? I maschi hanno il pisellino e le femmine la fessurina..."

Vorrei urlargli che queste cose le so benissimo, anche meglio di quanto mai possa immaginare...

"I maschi per fare l'amore mettono il pisellino nella fessurina e, con grande divertimento, buttano fuori di lì il semino, e se dentro la fessurina c'è l'ovetto bell'e pronto... zac! Ecco che dopo nove mesi nasce un bel bambino."

Oddio!... Ho fatto cento volte l'amore con Nemesis senza nemmeno immaginare una simile possibilità, senza saper nulla di precauzioni o conseguenze, vuol dire forse che la mia maestra... potrebbe aspettare un bambino per colpa mia?!

"Ehi, ma che aria sconvolta!" ride Seiya. "Credevi ancora nella cicogna?"

C'è poco da ridere! E' vero, ho fatto ogni tipo di sesso con il candore di un bambino, senza saper nulla di quel che consideravo un gioco... Non mi resta che sperare che Nemesis sapesse ciò che faceva con me... non mi va di essere padre a sedici anni! E cosa ne direbbe Albyon? Magari non se ne accorgerebbe nemmeno... anche lui fa l'amore con Nemesis, potrebbe venir fuori un bambino metà mio e metà suo...

Un momento. Se si restasse incinte ogni volta che si fa l'amore, Nemesis avrebbe dovuto essere sempre incinta: se non a causa mia, almeno a causa di Albyon. Invece non lo era... almeno credo... Forse ci sono altri modi per evitare questa conseguenza? Dio, come sono confuso! Ma con chi confidarmi? L'unico con cui oserei parlare di queste cose sarebbe mio fratello...

Hyoga si fa avanti, infila la sua carta nell'apposita fessura e sfiora i pulsanti, con un sorriso glaciale. Ritira una bustina e me la mette in mano.

"Tienila con te, non si sa mai," mi dice, e poi getta uno sguardo a Seiya. "Potrebbe incontrare qualche ragazza intraprendente, stanotte."

Seiya scoppia in una risata tonante.

"Accidenti, è vero! Shun è troppo carino per passare inosservato. Speriamo solo che non lo riconoscano le spasimanti del bellissimo Andromeda, o questa macchinetta la manderemo in tilt..."

"Piantatela di prendermi in giro!"

"Scusa, scusa!..."

Arriviamo al locale che Seiya ha scelto per noi. Ci infiliamo in uno stretto e oscuro bugigattolo dove un erculeo ragazzone ci fa pagare l'ingresso e ci indica una scala che scende. Si sente trapelare della musica. Seiya apre la porta e quella musica ci colpisce in faccia come uno schiaffo.

"E' tutto buio, non si vede niente!" esclamo io sovrastando quel frastuono.

"E' solo un'impressione," dice lui, spingendoci dentro.

L'aria è torrida, sa di fumo, sudore, polvere e profumi da donna, ed è tagliata da luci colorate e stroboscopiche, assieme a immagini laser ed olografiche che appaiono e scompaiono al ritmo della musica. Io guardo tutte quelle luci a bocca aperta. Però! Sono violente, ma sono belle! Sembra di essere piombati in un altro mondo...

Seiya sta urlando a squarciagola per farsi sentire.

"Vi volete muovere? C'è il salottino lassù! Andiamo!"

Sgomitiamo tra la gente che balla, e quelli che, non so come, riescono a chiacchierare in quel baccano; saliamo una scaletta e ci portiamo al piano di sopra, dove una vetrata sintetica isola appena il pandemonio sottostante. Ci sono delle poltrone quadrate, occupate da giovani che bevono guardando la discoteca dall'alto; negli angoli più oscuri coppie si baciano appassionatamente. Non posso fare a meno di sfiorarmi le labbra con un dito, guardandoli con invidia e pensando che anch'io baciavo così Albyon e Nemesis...

"Che cosa si dovrebbe fare in un posto simile?" chiede Hyoga, per nulla entusiasta.

"Bere, sentire musica, ballare..." Seiya lo guarda stupito. "Che c'è, non ti piace?"

"Fa troppo caldo per i miei gusti."

Non trova di meglio che concentrarsi appena e cominciare a sottrarre un po' di calore dall'aria circostante, tantopiù che si sente qualcuno esclamare alle nostre spalle: "Ehi, che bel fresco quassù!"

Seiya lo prende per un braccio, con veemenza.

"Ehi, ma sei impazzito?!"

"Perché?" chiede lui seccamente, liberandosi dalla sua stretta e rilasciando la sua concentrazione.

La voce di Seiya è bassa e piena di tensione. "Usare la consapevolezza cosmica per una scemenza come rinfrescarsi!... Un adepto del Mondo Segreto potrebbe sentirti!"

"E allora? Non abbiamo nulla da nascondere, né da temere," risponde lui, con una sufficienza che sconcerta anche me.

Ma come, non abbiamo nulla da nascondere? Siamo nel mezzo di una guerra segreta contro Phoenix, braccati dal Santuario come cavalieri decaduti...

"Farai una brutta fine, Crystal, se non scendi dal tuo trono di superiorità," dice Seiya, con tono minaccioso.

Hyoga non gradisce il rimprovero. "Non ti azzardare a dirmi ciò che devo e che non devo fare..."

"Per favore, non litigate!" li imploro io, interponendomi.

Ambedue mi guardano, e Seiya mi chiede: "Tu sei il più sensitivo, Shun. Senti qualche energia cosmica qua intorno?"

Chiudo gli occhi. "No..." li riapro, "... e non posso aumentare la mia sensibilità senza farmi notare a mia volta. Dovrei generare le mie catene."

"Non farlo," borbotta lui. E sospira.

Hyoga è ancora evidentemente offeso. Ma si domina con uno sforzo e mormora: "D'accordo, niente energia cosmica." Si sbottona la camicia, e aggiunge con acrimonia: "Però me lo potevi dire che qui dentro si soffocava."

"Okay, è colpa mia, vuol dire che pago penale. Vado a prendere qualcosa per rinfrescarti. Vodka con ghiaccio, immagino... tu vuoi qualcosa, Shun?"

"Niente, grazie. Forse più tardi."

Lo guardiamo andarsene, e Hyoga dice tra i denti: "Non mi piace quando si mette a fare il capetto. Chi o cosa gliene dà il diritto?"

Non posso rispondergli, anche perché credo che le persone debbano essere accettate per quello che sono. Seiya è fatto così, era così anche quando andavamo a scuola, dev'essere stato così persino in Grecia... un bell'elemento di disturbo nel perfetto Santuario!

"Non ho mai visto danzare così," dico affascinato, guardando la pista dalla vetrata. "Non c'è nessuno che si muova nello stesso modo!"

"Non hai mai ballato in vita tua?"

"A dir la verità... credo proprio di no."

"Allora buttati in mezzo a quella ressa e fallo."

"Ma non ne sono capace!"

"Tu muoviti al ritmo della musica... se questa è musica... ed il resto verrà da solo." Alza le spalle. "Dicono che sia molto divertente."

A lui non può piacere, figlio com'è di una ballerina classica.

Vinco una leggera riluttanza e faccio come mi dice. Scendo di nuovo, immergendomi nel pulsare tremendo della musica; mi trovo un angolino tutto per me sul pavimento iridescente, guardo quello che fanno gli altri e li imito. All'inizio mi sento molto sciocco e nervoso: ma cosa sto facendo? Devo essere proprio uno spettacolo ridicolo! Ma nessuno mi fa caso, e pian piano ci prendo gusto: è molto più facile di quel che credevo... in fin dei conti non posso essere un maestro nell'arte di Andromeda senza possedere un certo senso del ritmo!

Forse per quello mi viene da muovermi con i gesti che mi sono tanto familiari. Il mio corpo si scioglie, i miei pensieri si mettono a vagare. E' come quel che provavo ad Anthrâ quando ripetevo lo stesso esercizio per ore, una forma strana di piacere, in cui c'è anche qualche connotazione erotica: questo ritmo ossessivo che si ripete all'infinito, che finisce per muovermi anche senza che io lo voglia...

Avevo letto da qualche parte che la danza poteva essere esaltante, ma non immaginavo quanto! Il caldo è soffocante, ma non più di quello a cui ero abituato sulla mia isola, non mi dà fastidio. Tutta la gente che mi circonda e che si muove al mio stesso ritmo mi dà una strana energia, mi sento come se partecipassi ad un rito ed insieme come se fossi completamente solo. Il tempo perde di significato, sono piacevolmente frastornato dai favolosi effetti luminosi, finalmente spensierato, e mi godo quel momento di oblio a dispetto del dolore delle mie orecchie, disabituate al volume lacerante della musica...

All'improvviso sento qualcosa dentro che mi ferma il cuore nel petto.

Smetto di ballare, trasalendo. Non è energia cosmica. E' qualcosa di più profondo, intenso, ed insieme elusivo... come un presentimento.

Scruto le facce che mi circondano. La luce pulsante rende quasi impossibile distinguere i loro lineamenti, eppure sono sicuro che qualcuno mi sta fissando con attenzione, da molto tempo. Cerco di incrociare lo sguardo con lui, o lei, ma inutilmente.

Raggiungo laboriosamente la scala e ne salgo qualche gradino, per vedere dall'alto la pista, la massa ondeggiante di teste e lustrini. Non so nemmeno io cosa stia cercando! Ma i miei occhi sono attirati dal bar, sul lato opposto della discoteca, ben riconoscibile dalla fila di faretti verdi che lo illumina.

C'è un tipo solitario al banco, vestito tutto di nero, con stivali ed un giubbotto di plastica che riflette le luci colorate. Mi volta le spalle. Ma io sento con tutto me stesso che è lui che mi chiama.

Ed anche se non posso vederlo in viso, anche se è lontano, improvvisamente so chi è...

Mio fratello!

Sento un brivido gelido nella schiena. Non so nemmeno io da dove mi venga questa sicurezza, ma ho imparato a fidarmi del mio istinto. Non è improbabile che sia davvero lui: Seiya ci ha detto di essere stato pedinato, possono averci seguito. E la stupida leggerezza di Hyoga ha fatto il resto, gli ha confermato che eravamo qua. Ci ha raggiunto in fretta, probabilmente era qui vicino, perché non ho sentito la sua energia divampare... e adesso, non so come, ho percepito la sua presenza.

Dovrei avvertire i miei compagni. Ma esito. Se Ikki è qui, forse vuole parlamentare: di certo non vorrà attaccarci, visto che siamo circondati dalla gente. Ed io non posso perdere forse quest'ultima occasione per vederlo, per parlargli...

Per chiedergli di perdonarmi!

Mi lancio in mezzo alla folla, cercando di raggiungerlo. Ho il cuore in gola, non sento neanche la musica che mi assorda mentre mi intrufolo tra le coppie, cerco spiragli liberi in cui infilarmi, cercando sempre di vederlo. Quando la faticosa traversata della pista è quasi conclusa, lui si gira appena posando il suo bicchiere, e nel mezzo della folla guarda me, soltanto me...

Mi fermo di colpo, e per un istante l'universo si annulla intorno a noi.

E' lui, senza alcun dubbio! Tutto in mio fratello potrebbe cambiare, ma non quei suoi occhi intensi, da falco, appena sagomati dalla plica mongolica. Ed il suo sguardo su di me è come un lampo, ironico riconoscimento e sorridente minaccia insieme.

Per un lungo istante restiamo immobili a guardarci. Poi lui si alza dal suo sgabello e mi volta le spalle, andandosene.

No! Proprio adesso che l'avevo ritrovato... Devo seguirlo, prima di perderlo ancora!

Riesco con uno sforzo disperato ad uscire dalla pista. Lui è andato in direzione dei gabinetti, un lungo corridoio più buio della notte. Ci vado anch'io, ma non lo vedo più. Entro nel bagno degli uomini e vedo ragazzi impegnati in pratiche misteriose, altri che fanno tranquillamente i loro bisogni, nessuno di loro però è Ikki, getto un'occhiata sotto le porte, non vedo gli stivali che avevo notato su di lui, esco precipitosamente: dove sarà andato? Non certo al bagno delle donne...

Non mi ero accorto che davanti a me non c'è la fine del corridoio, ma una stretta svolta ad angolo. La percorro e scopro che in fondo c'è un'altra porta. E' antincendio, c'è il simbolo delle uscite di sicurezza che brilla fosforescente. Spingo la maniglia a battente e mi trovo su una scala a chiocciola di alluminio che spirala verso l'alto: sono all'esterno, al seminterrato. Intorno a me è tutto sporco, pieno di cartacce, lattine vuote e sigarette spente. Mi lancio sulla scala senza esitare, salendola più rapidamente che posso. Arrivo a livello della strada, ansimando nell'aria fredda.

Sono nel parcheggio della discoteca. E Ikki è là che mi aspetta, immobile come una statua, le mani infilate in tasca, l'aria che agita i suoi capelli lunghi e spettinati.

Non c'è nessuno lì intorno, si sentono solo le urla lontane delle sirene delle navi.

Ed io sento all'improvviso il pericolo mortale che è davanti a me.


parte seconda
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