(SAINT SEIYA) di Hanabi, estate 1994 I personaggi di Saint Seiya sono proprietà di M. Kurumada/Shueisha.
CAPITOLO 3: "Il Torneo" - parte prima Il viaggio di ritorno mi impressiona moltissimo per la sua rapidità, e perché mi insegna che la caratteristica più notevole del mondo moderno è il frastornante rumore. Comunque tutti i sensi che possiedo vengono travolti da una massa di stimoli a cui non erano più abituati: meno male che il mio sesto senso cosmico è al riparo da questo caos! Come capisco Nemesis ed Albyon che rimangono volontariamente ad Anthrâ!
Mi adatto ad appisolarmi dove capita, con la testa appoggiata al mio scrigno, ed a mangiare panini imbottiti che hanno per me un sapore assolutamente esotico (e che non riesco più a digerire!). Guardo sorpreso la lattina colorata che mi danno da bere, una bevanda piena di bolle di cui avevo dimenticato l'esistenza. Che schifo! E' troppo dolce! O io mi ero abituato a bere acqua semplice, ringraziando Dio quando non era salata... Ritorno a sentire un po' di entusiasmo per la vita moderna quando riscopro quanto è bello avere una toilette a disposizione, foss'anche quella di una vibrante petroliera, o di un aeroporto sudicio come Bombay, o quella strettissima di un aereo. Improvvisamente mi viene una gran voglia di farmi una doccia. Una doccia calda! Con tanto, tanto sapone... Ma per il momento devo soprassedere. Fin dal mio arrivo sulla petroliera vengo preso in carico dai soliti signori elegantissimi e taciturni, tutti in occhiali scuri come me, i messi tipici della Fondazione Thule. Non mi fanno domande, non mi parlano che lo stretto necessario, mi chiedono il mio nome, lo spuntano da qualche parte, mi consegnano un passaporto giapponese su cui attaccano un mio foto-ologramma preso sul momento. Non ho bisogno di avvisarli dei poteri difensivi del mio scrigno, sembrano sapere esattamente come comportarsi. Mi chiedono solo di togliere un poco la fodera per vederlo, scrivono altre annotazioni, bisbigliano a microfoni senza filo che portano addosso, e mi spingono ora qui ora là, da quella nave all'elicottero all'automobile alla dogana indiana (da cui transito a razzo senza che nessun poliziotto alzi nemmeno il naso!), e da lì all'aereo privato, che in un pugno di ore di volo mi porta sull'avveniristico paesaggio di Nuova Luxor. Alla dogana un po' meno indifferente dello scintillante aeroporto, il mio scrigno viene registrato come reperto archeologico destinato ai musei della Fondazione. I poliziotti lo passano al controllo elettronico, dal quale risulta essere un cubo di bronzo pieno, senza cavità, e dal peso di svariati quintali! Immaginarsi il loro stupore quando vedono un fragile ragazzino come me caricarselo sulle spalle senza alcuno sforzo... Rivolgo a loro un sorriso divertito, e poi seguo i miei accompagnatori verso un furgone dai vetri polarizzati, che mi conduce alla tenuta della Fondazione. Una ridda di pensieri mi assale rivedendo quel luogo così ben conosciuto. Sono felice: è come se stessi tornando a casa!... Ma poi penso con tristezza che è una casa che non mi appartiene affatto. Io non ho una casa in verità, solo luoghi transitori dove vivere. Però il parco secolare della Fondazione mi parla di Ikki, mi fa rivivere i giorni che ho trascorso qui assieme a lui. Un'emozione intensa mi fa battere il cuore con forza: sto per conoscere il suo destino, forse sto per rivederlo, forse... forse è là che mi aspetta! Ikki... chissà com'è diventato grande! Dovrebbe avere ventidue anni ormai... un uomo fatto e finito. Quanto sarà cambiato? Lo riconoscerei? E lui riconoscerebbe il suo fratellino di un tempo? Arriviamo ad un edificio grandioso, che ricordo bene e che non è cambiato d'un filo in questi anni: è il palazzo del duca, posto al centro della tenuta come una reggia, circondato da un giardino all'italiana dalla perfezione assoluta. Sul lato destro riconosco la cupola del planetario privato di Alman di Thule, decorato esternamente nelle stesse forme neoclassiche del palazzo. I miei accompagnatori si fermano lì e mi invitano a portare l'armatura dentro l'edificio. "Non mi va di separarmi dallo scrigno," obietto. "Non puoi nemmeno portartelo dietro ovunque. Qui è assolutamente al sicuro, ogni possibile misura di sicurezza è stata presa. Anche gli altri cavalieri l'hanno depositata qui. Puoi fidarti." Non ho scelta, e poi penso che tutto sommato la mia armatura sa ben difendersi dai malintenzionati. Entro nella cupola, in cui regna una luce soffusa ed un silenzio ovattato. Su alcuni podi riconosco altri scrigni cubici, che emanano energie chiarissime alla mia sensibilità cosmica: sono le altre armature! Le conto: sono sette, e con la mia fanno otto. Scorro le effigi, riconosco quelle di Pegaso, dell'Unicorno, del Dragone, dell'Orsa Maggiore, dell'Idra, del Lupo ed una che non riconosco, con un leone che però non è quello dello Zodiaco. Poso la mia armatura sul podio che mi indicano, la svesto della fodera di seta, la accarezzo e la sento vibrare quasi gioiosamente. Forse si sente in buona compagnia! "Riposa bene," le auguro, baciando la figura di Andromeda. Guardo i miei accompagnatori che mi fissano stranamente e dico, con un sorriso di scusa: "Mi raccomando, non cercate di imitarmi. La mia armatura è piuttosto permalosa." Mi conducono all'interno del palazzo, dove regna un silenzio riposante, appena interrotto da un sottofondo bassissimo di musica classica. Mi invitano ad entrare in una grande sala con un pianoforte, un gran divano di pelle ed una sedia cinquecentesca dagli altri braccioli, il tutto posato su splendidi tappeti persiani dall'aria molto antica. Mi dicono di servirmi liberamente del tè preparato su un tavolino accanto alla grande finestra, e mi lasciano solo. Sono nervoso. Mi verso una tazza di tè e la sorseggio, togliendomi gli occhiali scuri per studiare le meraviglie di quella stanza, cercando invano di non pensare a quale incontro sto per fare. Ci sono dei quadri alle pareti, tra i quali un gran ritratto a olio del duca, in costume giapponese, che attira il mio sguardo per la precisione dell'espressione: proprio come me lo ricordavo... C'è una scritta in inglese su una targhetta di ottone appesa alla cornice. Mi avvicino e leggo: Lord Alman Michael Thorsen, duca di Thule. Seguono due date, separate da un trattino. "Che cosa?" mormoro, colpito, "Il duca dunque... è morto?!" "Si, purtroppo." La voce di una ragazza mi fa voltare di scatto. Era entrata mentre ero assorto, non l'avevo sentita. La guardo: è vestita molto elegantemente, e porta gioielli di ottimo gusto e valore spaventoso; ha un innegabile portamento regale, e mi osserva serenamente con i suoi grandi occhi azzurri, i capelli castani lunghi e sciolti sulle spalle, perfettamente pettinati. Non può essere che una sola persona. "Lady Isabel Saori," mormoro, riconoscendola. Lei abbassa un istante lo sguardo in un cenno di saluto. "Bentornato, Shun Kieunemo... cavaliere di Andromeda." Poi mi guarda ancora negli occhi, con la pacifica fissità che ben ricordavo. "Il nonno è morto poco più di un anno fa," mi dice, "Un'improvvisa malattia. Ora sono io la duchessa di Thule e la patrona della Fondazione." Non sono dunque l'unico sedicenne ad essere cresciuto in fretta, penso sentendo la calma sicurezza delle sue parole. "Le mie condoglianze in ritardo," dico, anche se un po' freddamente. Alman non è mai stato molto tenero con mio fratello. Per quanto riguarda me, ha diretto la mia vita come gli è piaciuto, senza farsi tanti scrupoli. Un grand'uomo di sicuro, ma non nel senso filantropico che gli riconosce la gente. Lei mi sorride. "Ti ringrazio. La tua cortesia ti distingue sempre... sei stato l'unico a fingerti almeno dispiaciuto." Il suo tono sottintende che non le importa assolutamente nulla dell'opinione degli altri. "Ti prego, accomodati pure." Aspetto che lei scelga il posto. Preferisce la sedia con i braccioli, forse perché è più simile ad un trono. Io mi siedo sull'orlo di quel divano fin troppo accogliente: sono troppo nervoso per piombarci dentro come invita a fare. Sentiamo un lievissimo segnale, lei guarda il suo bracciale e lo sfiora con la punta di un dito ben curato. "Si?" "Altri comunicati in sala stampa," dice una voce; quel bracciale è un interfono. "Aggiungete il nome di Andromeda nella lista," dice lei. Chiude il contatto, mi guarda, sorride. E' diventata davvero bella, ed ora è anche miliardaria: chissà quanti ambiscono a sposarla... Mi viene in mente Asher, e mi chiedo se sia ancora vivo. "A quale lista aggiungerete il mio nome celeste, milady?" chiedo, forse un po' in contrasto con le buone maniere, ma sono troppo curioso. "A quella dei partecipanti al Grande Torneo," risponde lei, solennemente. "I cavalieri voluti da mio nonno che si sfidano in una moderna arena, per ottenere il trofeo più ambito di tutto il Mondo Segreto... la mia armatura d'oro del Sagittario!" La guardo, sconcertato. "Non vorrà dire... un torneo pubblico!" "La Fondazione ha costruito uno stadio coperto da cinquantamila posti. Abbiamo contratti per trasmissioni via satellite con il mondo intero. Sarà l'avvenimento del secolo." "Ma è impossibile!" esclamo, alzandomi in piedi. "Vorrebbe dire rivelare al mondo l'esistenza dei cavalieri e dello stesso Mondo Segreto!..." "Non è detto. Il pubblico comune non avrà bisogno di complicate spiegazioni cosmiche, e a dir la verità non crederà più di tanto ai vostri poteri... però l'atmosfera arcaica e mistica dei vostri scontri attirerà l'attenzione di tutta quella parte del mondo che vuole ancora credere alle favole degli eroi." Sospira, vedendo la mia espressione scandalizzata. "Conosco le regole del Mondo Segreto, mio nonno me le ha insegnate bene. Però nell'organizzare questo torneo non faccio altro che eseguire alla lettera le sue volontà. Dobbiamo tutti aver fiducia nella sua saggezza. Il torneo in fin dei conti ha uno scopo molto semplice: dare il meglio al migliore. Il resto... è un compromesso con le esigenze di questo mondo venale." "Si, ma immagino che la Fondazione non disdegni gli introiti che ne verranno." "Aiuteranno altri bisognosi. Non facciamo questo certo per scopo di lucro, è contrario allo spirito di questa Fondazione." "Vorrei proprio sapere a quale spirito si riferisce, milady." Vado alla finestra, mi appoggio allo stipite e la guardo a braccia incrociate. "Per quanto mi riguarda, mi dispiace molto, ma può anche dire di cancellare il mio nome da quella lista. Non mi piace battermi con nessuno, e del resto non sono diventato cavaliere per dare spettacolo in un'arena. L'ho fatto unicamente per rivedere mio fratello dopo che suo nonno ci ha divisi. Ed ora vorrei sapere cosa ne è stato di Ikki. Credo che sia mio diritto, dopo quello che la sua Fondazione ci ha fatto passare." Lei risponde al mio sguardo senza battere ciglio. "Certamente è tuo diritto, Shun. Però non posso risponderti." "Che vuol dire, non può rispondermi?!" "Che non ho notizie di alcun genere riguardo a tuo fratello." Sospira, china lo sguardo. "Quando ho preso in mano il progetto di mio nonno, dopo la sua morte, ho scoperto che avevamo completamente perduto i contatti con tre delle diciassette scuole segrete: Brasile... Australia... ed Isola Nera, appunto. I nostri tentativi di riallacciare i contatti sono andati a vuoto ed io... mio malgrado... ho dovuto cancellare i relativi investimenti." La fisso inorridito, sentendomi il sangue defluire dalla faccia. "No!..." mormoro, mentre tutto crolla dentro di me. "Ma... si rende conto di ciò che dice?" "Purtroppo si," risponde lei, freddissima. " Tre possibili cavalieri forse perduti." "Tre vite umane!" esclamo, pieno di rabbia, "Tre ragazzi che proprio suo nonno ha buttato allo sbaraglio!... E lei pensa solo alle armature..." "Devo essere pratica," ribatte lei, "Le decisioni mortali che vi riguardano erano già state prese al momento in cui siete stati mandati alle scuole segrete. Conoscevate il rischio." "Ma suo nonno almeno ci aveva fatto una promessa... quella di non abbandonarci del tutto!" "Ho mancato a quella promessa e me ne prendo il biasimo," replica lei tranquillamente, "Però non posso rimproverarmi di nulla. Il possibile è stato fatto." "Quindi non potrò mai sapere se Ikki ce l'ha fatta o no!... E se ce l'ha fatta, resterà comunque abbandonato su quella maledetta Isola Nera!" "Può darsi... e può darsi anche di no." Torna a fissarmi. "Devi sapere che con te saranno otto i cavalieri ritornati qui per il torneo..." "Io non sono tornato per nessun torneo!" Lei non tiene minimamente conto della mia interruzione. "Un nono sta arrivando. Ed un decimo ci ha addirittura comunicato la sua partecipazione." Alza un dito, "Ma non ha usato i canali della Fondazione. Ci ha mandato di sua iniziativa un messaggio, che ci è giunto misteriosamente qualche tempo fa. Diceva: vengo a prendermi l'armatura d'oro. Ed all'epoca nessuno del Mondo Segreto poteva sapere che era in mio possesso, tranne voi diciassette. Poiché sappiamo con sicurezza che cinque delle armature sono ancora vacanti... non ci resta che sperare che questo decimo cavaliere sia uno dei nostri ragazzi di quelle tre scuole perdute." "Però, se questa ipotesi fosse giusta, potrebbe essere il cavaliere di una qualsiasi delle tre," dico, attaccandomi disperatamente a quella speranza. "Già," sospira lei. "Purtroppo ignoriamo l'abbinamento tra scuole ed armature. Questo cavaliere si è firmato Phoenix. Non sappiamo altro di lui... e la cosa ci inquieta molto." Per un lungo istante un silenzio tombale regna nella sala. Torno a sedermi sul divano, la testa china, il cuore pieno di dispiacere, delusione, frustrazione... No, non mi arrendo! "Dunque non mi resta che vedere chi è questo Phoenix... e se non sarà mio fratello, lo cercherò per conto mio, dovessi metterci tutta la vita," mormoro, con voce decisa. Ed aggiungo, amaramente: "Tanto mi sembra di capire che la sua cara Fondazione non abbia la minima intenzione di darsi da fare." "Stai forse chiedendo il mio aiuto, Shun?" Quel tono mellifluo mi colpisce come uno schiaffo in faccia. Alzo la testa di scatto e tuono: "Lo pretendo!... In fin del conti l'avete creata voi questa situazione! Non avrà il coraggio di chiedermi qualcosa in cambio..." "Proprio così," annuisce lei, "La tua partecipazione al torneo." "Assolutamente no!" La porta della stanza si apre di scatto, un energumeno calvo in giacca, papillon e camicia ricamata si fa avanti minaccioso. "Problemi, milady?..." Lo guardo, ad occhi sgranati. "Mylock!" mormoro, riconoscendolo. E' ancora lì dunque quel manesco lacchè... Lui ricambia il mio sguardo, con i suoi occhietti sbarrati. "Chi è questo tizio che la importuna? Una rockstar?" chiede, dubbioso. Lady Isabel emette un lieve sospiro di esasperazione. "Ti sarò grata, Mylock, se la prossima volta vorrai bussare prima di entrare," dice, senza nemmeno voltarsi a guardarlo. "E sei pregato di risparmiarti commenti inutili." Lui arrossisce, si inchina umilissimo. "Mi perdoni, milady, avevo sentito delle grida..." "Un tono più vivace in una discussione, nient'altro." Un lieve sorriso appare sulle labbra di milady. "Non credo di aver nulla da temere dal nostro ospite. Era famoso per la sua cortesia, quando frequentava il Saint George." "Il Saint George?! Ma... vorrebbe dire che questo sarebbe dunque... uno dei cavalieri?" chiede lui, esterrefatto. Poi mi guarda meglio ed esclama, assolutamente sorpreso: "Santi numi, non è possibile! E' quel ragazzino frignone di Shun!" "Sei pregato di moderare i termini," ammonisce lei. "E' l'ottavo partecipante al torneo..." "Le ho già detto e le ripeto che non parteciperò!" Mylock fa un passo avanti, con i pugni ai fianchi nella solita, vecchia posa da dittatore. "Ehi, signorino, credi di esser libero di fare quel che ti pare?" "E lei crede di farmi paura con le sue punizioni, dopo quel che ho passato nei miei cinque anni ad Anthrâ?" Lady Isabel alza la mano, zittendo il suo lacchè, e si mette a tambureggiare con le dita sul bracciolo. "Se volessimo davvero farti paura, non ce ne mancherebbero i mezzi. E non intendo la violenza, naturalmente... non siamo così grossolani." "O così stupidi da pensare di poter mettere le mani addosso ad un cavaliere," dico, fissando Mylock con sfida. "Guardiamo ciò che sei in questo mondo, Shun, non nel Mondo Segreto." Mi studia. "Hai mai considerato quanto precaria sia la tua posizione legale? In fin dei conti la tua identità è affermata solo dalla Fondazione, e potresti passare dei guai se la negassimo." "Ho ancora una famiglia che può riconoscermi..." "Intendi gli Hanekawa, che pur di sbarazzarsi di te hanno rinunciato anche ad Ikki? O i Kieunemo in Polinesia, che non ti hanno mai visto da quando sei nato? In ogni caso tutti ti considerano morto e sepolto. E credimi, non ti piangono affatto." Quanto tranquillo veleno in quella voce di fanciulla... "E cosa potrebbe accadermi?" mormoro, lottando contro il mio dolore e sapendo che lei l'ha cercato di proposito. "Finire in prigione?" Riesco anche a sorridere. "Lei e suo nonno mi avete tenuto in questa condizione per tutta la vita, ci sono abituato." "Però da quel luogo, o da un ospedale psichiatrico più probabilmente, non ti sarà molto facile ritrovare tuo fratello. Non era questo lo scopo della tua vita?" Smetto di colpo di sorridere. "E non hai considerato un altro piccolo dettaglio," continua lei, con voce tranquilla. "Per la tua ricerca occorre denaro. E tu non possiedi assolutamente niente. Non hai una casa. Non hai un lavoro. Non puoi dire tuo nemmeno ciò che hai addosso." "Ho sempre la mia armatura." Lei sorride. "Davvero? Ma quell'armatura, legalmente e di fatto, è mia. E' un reperto archeologico della Fondazione Thule. E non te la restituirò di certo se non avrò la tua parola che la userai nel mio torneo." Mi irrigidisco. "Crede di potersene impossessare?" "Chi lo sa? In fin dei conti posso aprire lo scrigno del Sagittario... ed anche se non potrò toccarla, di certo tu non la toccherai se non lo voglio." Mi sento impallidire. "Una toccante ospitalità, la sua. Mi chiedo se anche gli altri cavalieri siano consapevoli di averle lasciato le loro armature in ostaggio, anziché in custodia." "Gli altri cavalieri hanno le loro buone ragioni per accettare il mio invito al torneo," replica lei. "Io ti sto esponendo le tue. Se partecipi avrai risolto tutti i tuoi problemi economici, avrai dalla Fondazione tutto ciò che desideri." "Io desidero solo ritrovare mio fratello!" "Ti aiuterei se fosse in mio potere. Ma non conosco la posizione dell'Isola Nera, e tu sai meglio di me che è impossibile trovarla senza indicazioni. Però conosco un luogo in cui sicuramente hanno queste informazioni." Sorride. "La Grecia, naturalmente." "Lei... potrebbe mandarmi al Santuario?" chiedo, pieno di speranza. "Io no. E' un luogo totalmente inaccessibile senza il permesso del Sacerdote Supremo. Però tu potresti avere la chiave per entrarvi, addirittura per esservi invitato come un eroe." La sua voce si abbassa. "Ti basterebbe vincere la mia armatura d'oro." *** Non ho scelta, come dice lei. Anche se forse rischio di essere dichiarato decaduto per l'uso della mia armatura a fini personali, non posso rinunciare a quella che forse è la mia ultima speranza per ritrovare mio fratello. E devo troppo ad Ikki per potermi tirare indietro davanti ad un rischio personale, o cedere alla mia profonda riluttanza per il combattimento. Almeno non sarà fino alla morte, un minimo di regole di cavalleria dovrebbe evitarlo. In fin dei conti i miei avversari saranno i miei vecchi compagni... poveretti, ho desiderato tanto rivedere anche loro, ed ora sono costretto a batterli per avere quell'armatura d'oro! Ora che ho accettato di partecipare al torneo, la Fondazione mi avvolge di premure. Per il momento mi alloggiano al Saint George: la vecchia scuola è rimasta disabitata da quando ce ne siamo andati, tuttavia è sempre ben mantenuta, e mi viene una certa malinconia rivedendo il campo da calcio, la facciata vittoriana con i suoi rampicanti sempreverdi, il grande ingresso con lo scalone... Tutto è così silenzioso, adesso. Mi sento così vecchio. Mi assegnano quella che era la mia stanza. Ma è stata completamente riarredata. Ora c'è un letto singolo, un tavolo ed una sola sedia, e sembra molto più spaziosa. Però la preferivo quando la dividevo con Ikki, che mi manca ora come non mai... Mi siedo sul letto, mi prendo la testa tra le mani. Oh, fratello mio! Cosa ne è stato di te? E pensare che dovevo andare io all'Isola Nera! Sono state proprio le mie mani a condannarti! Se solo non ti avessi permesso di prendere il mio posto... se almeno avessi scelto quell'altra sfera... Ma che sto pensando? Albyon mi ha spiegato come funziona il destino per un cavaliere. Io non avrei mai potuto diventarlo in nessun altro luogo all'infuori di Anthrâ. Non mi resta che sperare che Ikki sia riuscito a fare altrettanto là dove il destino lo ha mandato. Mi rialzo e vado a farmi la mia tanto sospirata doccia, passando un tempo indefinito sotto l'acqua calda in mezzo a nuvole di schiuma. Poi ritorno nella mia stanza, mi stendo su quel letto solitario e troppo morbido, in quell'enorme casa silenziosa, spengo la luce ed ascolto il fruscio delle foglie degli alberi, pieno di malinconia, finché la mia stanchezza estrema non mi fa finalmente scivolare in un sonno senza sogni. La mattina dopo tutto comincia a sembrarmi un po' più roseo. Avevo dimenticato la bellezza di poter dormire liberamente senza essere svegliati, di poter inspirare il profumo dei boschi, di poter eseguire i riti del mattino in mezzo a ceramiche scintillanti. Mi vesto in fretta, ho voglia di uscire. Mentre lego la mia coda sacerdotale (da rockstar, così ha detto Mylock!) arriva un cameriere con la colazione, un vassoio pieno di ogni ben di Dio. Lo guardo e penso ad Anthrâ, alle ciotole di riso, grano, pesce, alghe, piante amare, acqua salmastra... Ma come ho fatto a sopravvivere per quasi cinque anni mangiando solo quella roba?! Chiedo al servizio interno di portarmi fuori dalla tenuta, in un punto qualsiasi di Nuova Luxor. Voglio vedere la città, e senza angeli custodi! Mi accontentano: tanto ormai sanno che farò ciò che vogliono, non temono certo che scappi. Però il mio sesto senso mi avverte che qualcuno mi tiene comunque d'occhio. Faccia pure, basta che mi stia alla larga! Passeggio per il centro avveniristico della città, pigramente, sentendomi finalmente libero, anche dalla mia armatura: il Mondo Segreto è a mille milioni di chilometri da qui. Tutto mi sembra diverso da come lo ricordavo, però non è che avessi avuto molte occasioni per vederlo... Noto i miei coetanei con le divise dei licei, alcuni riuniti a chiacchierare seduti ai banchi dei fast-food, altri seduti sulle panchine, mentre i loro compagni sfoggiano le loro ultime moto e corteggiano ragazze. Per me tutto questo è perduto per sempre, penso con una punta di malinconia. Mi fermo davanti alle vetrine, rigurgitanti di merce coloratissima. Catturo con lo sguardo il mio riflesso, mi tolgo gli occhiali per guardalo meglio. Davanti a me vedo un adolescente con un viso da angelo preraffaellita, con tanto di capelli ricciuti di un biondo spento: Burne-Jones avrebbe dato non so cosa per dipingermi! Il tutto è avvolto in tetri abiti maschili in stile Fondazione Thule. Se non fosse per i miei occhi, che in tutti questi anni non hanno mai cambiato espressione, stenterei a riconoscermi! Entro in un negozio, deciso a dar fondo alla carta di credito che mi hanno dato e correggere l'aspetto di quella strana creatura. Frugo tra vestiti che mi sembrano troppo eleganti, troppo oppressivi, troppo stretti... alla fine faccio un favore alla Fondazione Thule, perché mi compro solo una maglietta, una salopette slavata ed un paio di mocassini indiani. Il berretto e gli occhiali neri invece li tengo: il sole si riflette sulle migliaia di vetrate degli edifici, si avvicina il mezzogiorno. Mi godo un buon pasto solitario in un ristorante giapponese spaventosamente caro e tradizionalista, dove tutti mi guardano stranamente: forse i miei vestiti non sono adeguati per l'occasione, ma non mi importa, ho un'autentica crisi di astinenza dei cibi della mia infanzia. Mi inginocchio comodamente al mio tavolino e, con una sicurezza che non credevo nemmeno di avere, sciorino tutta una serie di ordinazioni all'esterrefatta cameriera, parlando finalmente nella mia lingua natale, ed usando anche l'intonazione tipica dell'Aichi, il distretto da cui vengo. Ah, se ci fosse Ikki con me! Ma un giorno ci sarà. Ha sempre mantenuto le sue promesse. "Kanpai, fratello," brindo silenziosamente, azzardandomi ad assaggiare persino del sakè, mentre la cameriera in kimono mi fissa cercando probabilmente di capire se sia maggiorenne oppure no. Ma non ha il coraggio di chiedermelo, il mio comportamento la rende piena di dubbio. Non guardo nemmeno il conto, ci poso sopra la mia carta di credito: sono fatti di Lady Isabel! Esco e vado a digerire in un bellissimo giardino pubblico, dove c'è un laghetto con dei cigni. Mi siedo sul ponte, raccolgo sassolini e li faccio rimbalzare sull'acqua. "Massima concentrazione!..." grida ancora Nemesis nella mia mente, e ricordo quanti sassi mi ha fatto lanciare per insegnarmi a calcolare le parabole della mia catena... Eh no! Oggi non sono un cavaliere di Athena! Mi rilasso su una panchina, di fronte a tre ragazze orientali che mi fissano ridacchiando: è noto che trovino molto interessanti i tipi estrosi, meglio se gaijin come me. Mi tolgo gli occhiali neri per guardarle meglio e regalo loro un sorriso che le fa tutte arrossire. Quel qualcosa di insaziabile dentro di me si chiede come potrebbe essere andare a letto con tre ragazze contemporaneamente... Sono sempre il solito! Ma è solo un po' di pepe per passare il tempo a fantasticare. Le ragazze se ne vanno, ed io entro in uno scintillante media-shop, dove le mie orecchie sono immediatamente violentate da musica ad alto volume. Molti ragazzi, alcuni dall'aspetto ancor più strano del mio, si agitano alle cuffie manipolando minidischi colorati in cerca dell'ultimo successo. Grandi tabelloni luminosi si coprono di scritte bilingue: annunci dei concerti di cantanti che non ho mai sentito in vita mia, incontri di calcio, notizie da tutto il mondo: un'alluvione di informazioni, dati, in mezzo allo scintillio della plastica e dei cristalli liquidi. In uno dei tabelloni leggo: "Prenotazione Grande Torneo Thule: tutto esaurito." Mi avvicino, leggendo più sotto: tutta una profusione di dispacci di agenzia. L'ultimo dice: "Il cavaliere di Andromeda ultimo partecipante giunto a Nuova Luxor: prossimamente la decisione sulla formula del torneo da adottare." "E' tutta una montatura," dice un tizio alle mie spalle, "Come quelle gare di lotta dove tutto è già deciso. Ci faranno vedere dei culturisti vestiti da buffoni che se le danno di santa ragione, ma per finta." "Già," dice un suo amico, "Chissà che tipo è questo nuovo cavaliere di Andromeda." Mi viene da ridere. Se dicessi loro che basta guardare davanti al loro naso per vederlo? "Lady Isabel Saori di Thule indice una conferenza stampa. Impossibile contattare i cavalieri, massimo riserbo sulle loro identità: che siano veramente dei superuomini?" "I cavalieri del Cigno e della Fenice non sono ancora giunti. Il portavoce della Fondazione assicura comunque la loro partecipazione." I miei occhi si puntano su quella parola. Fenice... Phoenix. Che sia il cavaliere dell'Isola Nera? Mio fratello? Distolgo lo sguardo con un sospiro. Esco da quel negozio con un ministereo, dischi di folklore indiano e l'edizione completa del Mahabharata, desideroso di rinchiudermi nella mia stanza per ritrovare un po' della pace arcaica di Anthrâ e ricordare la mia vita laggiù, specie gli ultimi, trionfali giorni. Sono stanco, ma sono contento di quella giornata. Non so nemmeno dove sono finito, mi sono perso: l'unica soluzione è prendere un taxi e farmi portare all'ingresso della tenuta della Fondazione. Lì vengo fermato, controllato dalla sorveglianza interna: poi arriva la macchina di servizio a prendermi per riportarmi al Saint George. Mentre l'aspetto sento i guardiani mormorare alle mie spalle: "Forse questo è uno dei cavalieri." "Ma sei matto!..." Eh si, non si può dire che abbia il phisique du rôle! Certamente ce l'ha di più il personaggio che incontro sullo scalone del Saint George: è un giovane alto e prestante in un modo talmente statuario che a malapena si notano i suoi occhi a mandorla; la sua lunga giacca di seta con alamari rivela però la sua origine cinese. Ha i capelli lunghissimi, evidentemente mai tagliati da anni, più neri della notte, e li porta liberamente sciolti sulle spalle. Scende le scale tenendo sottobraccio una deliziosa ragazza, cinese anche lei, che lo guarda con occhi adoranti; e ne ha ben donde... Ci incrociamo a metà della scala, lui mi accenna un educato saluto in inglese, ed io rispondo automaticamente in giapponese. Poi facciamo un paio di gradini, ci fermiamo tutti e due e ci guardiamo in faccia con stupore. Quell'aria di serenità interiore nello sguardo... quegli abiti cinesi... "Shiryu?" azzardo, timidamente. Lui mi guarda con occhi sgranati, squadrandomi con evidente sorpresa. Solo la visione dei miei occhi sembra dissipare i suoi dubbi, e mormora, sbalordito: "...Shun!" *** Il giardino è piacevole al tramonto, ma così malinconicamente vuoto. L'autunno avanza e gli aceri cominciano a tingersi di fantastici colori. I miei occhi si beano di quella bellezza tinta di rimpianto... rimpianto per la sfolgorante estate, per i giorni in cui eravamo tutti dei bambini allegri ed ignari di grandi missioni da compiere. Shiryu è in piedi accanto a me, i suoi capelli smisurati appena scossi dalla brezza. Dimostra più dei suoi vent'anni, sento emanare da lui una forza matura e antica che mi incute un grande rispetto. Nel giardino c'è ancora la nostra vecchia altalena. Lui di certo non ci potrebbe salire, grande com'è diventato, ma io riesco ancora ad incastrarmi sullo stretto sedile, e tutti e due ci mettiamo a ridere. "Se tu sapessi quante volte ho sognato di dondolarmi qui quando ero ad Anthrâ!" gli dico, spingendomi avanti ed indietro. "Voi eravate già dei ragazzi grandi, ma io non avevo nemmeno dodici anni..." "Nonostante questo ce l'hai fatta," dice lui, con la sua voce così matura. "E' stata una bellissima sorpresa per me trovarti qui. Dicevano tutti che eri troppo giovane per poter sperare di tornare..." "E debole, lo so... un bimbo privo di carattere che sopravviveva solo a spese del fratello." Scuote la testa. "Questo non l'ho mai pensato di te." Lo guardo. E' vero, ho sempre sentito che non condivideva il disprezzo generale nei miei confronti. Forse per questo gli volevo bene. "Comunque sono felice di averti rivisto, anche se quell'arpia gentile di Lady Isabel ha provveduto a rovinarci la gioia del ritorno, mettendoci l'uno contro l'altro," sospira lui, e la sua voce si abbassa. "Sei tu dunque il cavaliere di Andromeda, l'ultimo iscritto al torneo?" Annuisco, tristemente. "Se mi conosci, Shiryu, sai che non partecipo volentieri." Alzo la testa. "A proposito, tu che costellazione rappresenti?" "L'anima del mio paese... il Dragone." Me l'aspettavo, stranamente. Forse ora che condivido il talento di Alman di Thule posso riconoscere i segni della nostra predestinazione cosmica. "E gli altri?" chiedo, "Chi sono?" "Asher, che rappresenta l'Unicorno: non è difficile vederlo, è sempre tra i piedi di Lady Isabel. Ho intravisto uno che sembrava Seiya... aveva sulle spalle l'armatura di Pegasus. Poi ho saputo che Jack è cavaliere dell'Orsa Maggiore, Benan dell'Idra e N'dare del Leone Minore..." "Ah, ecco qual'era quella costellazione che non ho riconosciuto." "E infine Markus, quell'islandese quasi albino, ricordi?... E' il cavaliere del Lupo." "Però mi sembra che qui siamo solo io e te." "Questa è una collocazione provvisoria per noi che siamo appena arrivati. Gli altri hanno già trovato casa in un villaggio residenziale della Fondazione, poco fuori da Nuova Luxor; tranne quel Pegasus, che pare sia andato ad abitare in una mansardina in zona porto..." sorride, "...e questo sarebbe davvero tipico del nostro Seiya, non ti pare?" Già, conoscevamo tutti la passione di Seiya per il mare e le barche. E sapevamo quanto detestasse Lady Isabel. Certo che, tornando, avrebbe scelto di vivere il più lontano possibile da lei! "E Hyoga? Hai notizie di lui?" "E' diventato cavaliere del Cigno, ed arriverà qui a giorni." "Sono felice che ce l'abbia fatta. Ma uno come lui non poteva fallire!" Shiryu sospira pesantemente. "E invece manca... proprio quello che tutti davano per scontato come cavaliere." Mi guarda, e mormora: "Ikki." Chino lo sguardo, con quel dolore conficcato nel petto. "Ti hanno detto perché manca?" gli chiedo, con voce soffocata. "L'ho saputo..." risponde lui. "E' terribile. Mi chiedo cosa sia successo in quelle tre scuole per interrompere i contatti. Perdona la mia franchezza, Shun, ma questo non mi fa molto ben sperare. Il mio maestro, un uomo molto vecchio e saggio, mi ha confermato quel che Alman di Thule diceva... che una crisi sta per travolgere il Mondo Segreto. Non vorrei che chi la sta provocando avesse cominciato proprio dalle scuole segrete... dalle armature vacanti." "Per impossessarsi di esse?" "Per sottrarle ai nemici." "Ma se Ikki fosse riuscito a diventare comunque cavaliere..." "Questo forse non gli sarebbe stato sufficiente, se fosse stato subito coinvolto in quella misteriosa guerra per il potere. E questo vale anche per Pat e Shimoon. Perché non hanno contattato la Fondazione altrimenti, anche solo per chieder aiuto?... Sembra quasi che le loro scuole siano svanite nel nulla." "Ed allora chi è quel misterioso cavaliere della Fenice?" Lui incrocia le braccia. "Già, Phoenix... La sfida che ha mandato sembrerebbe indicare che è uno dei tre; ma questo discorso vale solo a patto che nessun altro nel Mondo Segreto sapesse dell'armatura d'oro. Ne siamo così sicuri?" "Una delle prime cose che ho imparato nel mio apprendistato è stata la riservatezza," replico io. "E del resto nessuno mi hai fatto domande dirette sulla Fondazione... nemmeno i miei maestri, ai quali mi sarei sentito in obbligo di rispondere." "La stessa cosa vale per me; ma chissà se qualcuno ha violato questa regola. Abbiamo a che fare con una secessione all'interno del Mondo Segreto, quell'armatura d'oro potrebbe far gola a tutti." "Ed anche a te," mormoro, guardandolo nella luce cadente. Lui sospira, mi fissa negli occhi. "Non so perché gli altri si battano in questo torneo, ma ti dirò il mio motivo. E' molto semplice: il mio maestro mi ha ordinato di portargli quell'armatura d'oro, ed io sono tenuto ad obbedirgli. Vedi, io devo tutto a quell'uomo. Il suo addestramento è stato duro e faticoso, ma lui è stato buono con me, gentile e benevolo, paziente e saggio. Eravamo solo in tre ad essere suoi allievi, dopo il secondo anno non sono rimasto che io. I miei genitori mi hanno abbandonato neonato in un canale di irrigazione, ho vissuto sognando di ritrovare l'affetto di una famiglia... e l'ho trovato ai Cinque Picchi. Il mio maestro è come un padre per me. E non solo: generoso com'è, anni fa aveva raccolto una bambina che dei contadini avevano esposto sulla montagna perché morisse, come si fa ancora nel mio paese. Quella bambina è cresciuta con me, è la ragazza che hai visto, Fiore di Luna..." China la testa, con un sorriso. "Ed ora è la mia fidanzata. Se non fosse stato per il mio vecchio maestro, non avrei mai potuto incontrarla. Che ne dici, Shun? Non devo abbastanza a quell'uomo per fare tutto ciò che mi è possibile e soddisfare un suo desiderio?" "Non avevo mai messo in dubbio la nobiltà del tuo cuore, Shiryu," dico, sorridendo anch'io. "E allora, confidenza per confidenza, sappi che io devo avere quell'armatura per poter accedere al Santuario e ritrovare l'Isola Nera, perché a dir la verità..." esito, "nemmeno io credo che Phoenix sia mio fratello. Tutto quel che Ikki voleva, quando ci siamo lasciati, era rivedermi... non è da lui mandare sfide arroganti, reclamando trofei che per lui non avevano significato." "Hai ragione. Però ricordati che il tempo è passato, e che siamo cambiati..." "Tu mi trovi davvero cambiato, Shiryu?" gli chiedo, fermando l'altalena per fissarlo negli occhi. "Il tuo aspetto esteriore sì," dice lui, e sorride. "Ma è vero, il tuo spirito no." "E neanche il tuo, amico mio," dico, sorridendo anch'io. *** I giorni passano e l'attesa per il torneo diventa sempre più spasmodica. Non si può girare per Nuova Luxor, accendere un televisore, ascoltare una radio o leggere un giornale senza imbattersi in qualcosa che riguarda l'argomento. Il mondo è pieno di problemi gravissimi, fame, guerre, miseria, inquinamento, ma tutti sembrano voler pensare unicamente a quel torneo come se fosse al centro dell'universo. In un certo senso le conseguenze di quella tenzone saranno importanti, ma non nel modo che la gente crede. I cavalieri di Lady Isabel sono semplicemente una moda, un sogno nostalgico per un'umanità svuotata di ideali. Una volta riesco a raggiungere lo stadio coperto della Fondazione, attraverso una nuovissima linea sotterranea con treni magnetici silenziosissimi, musica classica sulle carrozze, e stazioni arredate come salotti. Quando emergo alla luce del sole resto a bocca spalancata: è una ricostruzione immensa del Colosseo di Roma, una roba scintillante che dev'essere costata milioni di dollari! Questo stadio che sembra più un monumento è collocato in una piazza smisurata, collegata al centro della città da un doppio viale circondato da pini mediterranei, nonché da nuove linee di trasporto progettate e costruite dalla Fondazione stessa. Non si può dire certo dire che Alman di Thule fosse un modesto... Intorno a me è pieno di turisti che vengono a vedere quella meraviglia, tra i quali molti dei miei conterranei che consumano le loro telecamere tascabili per riprendere l'esterno dello stadio. L'interno è però strettamente vietato per chiunque: Lady Isabel non vuole rovinare la sorpresa ai suoi spettatori. Vedo qua e là gli automezzi delle varie televisioni che srotolano cavi e preparano collegamenti. Ce ne saranno più di centoquaranta con una previsione di svariati miliardi di telespettatori... Resto un po' scosso da tutto quel gigantismo. L'idea che mi troverò al centro dell'attenzione di tutta quella gente mi sgomenta. Sarò anche uno svergognato esempio di perversione sfrenata, come Nemesis mi definiva a volte, però sono fondamentalmente una persona timida. E non so se potrò davvero isolare la mia mente dalla pressione di quei miliardi di sguardi. Meno male che potrò nascondermi dietro alla mia maschera sacerdotale... "Durante il torneo vestirete l'armatura, ma tralascerete la maschera," ci comunica la soave Lady Isabel con un messaggio scritto. Neanche il tempo di finirlo, e sono già fuori a chiedere che qualcuno mi porti immediatamente al palazzo di milady. Con me c'è Shiryu, sconvolto anche lui da quell'impudenza. "Ci ha preso per attori, che ci dice persino come dobbiamo vestirci?" "Quelli poi non sono vestiti," esclamo, "Sono armature sacre!" L'automobile di servizio ci lascia davanti all'ingresso del palazzo, facciamo per entrare ma vediamo qualcuno che corre impetuosamente verso di noi, in tuta da ginnastica e scarpe da basket, un foglio di carta stretto in pugno. "Seiya, senza dubbio," sogghigna Shiryu. "E' proprio lui!" E' cresciuto ed è diventato tarchiato e muscoloso, rimanendo in tutto e per tutto il tipico giapponese. Ha già provveduto a tagliare i suoi capelli, risparmiando appena un accenno di coda sacerdotale; per il resto ha la stessa espressione scanzonata di quando andavamo a scuola insieme. "Come fa ad essere già qui nella tenuta della Fondazione?" chiedo a Shiryu, "Non mi hai detto che vive al porto?" "Si, ma viene qui tutti i giorni. Fa la corte ad una delle assistenti dell'orfanotrofio, una sua vecchia amica d'infanzia." Lui pare talmente furibondo da non accorgersi di noi, ci sorpassa di corsa ed entra dicendo tra i denti delle espressioni giapponesi che Shiryu non capisce, ma io si, e gliele traduco a somme linee: "Seiya sta invitando milady e l'anima di suo nonno a certe pratiche sessuali..." "Ah." Sorride. "Contrarie alla morale, immagino." Lo guardo ad occhi sgranati, arrossendo. Ma come? Non mi sono affatto sentito immorale quando le ho fatte... Lui mi guarda, intenerito. "Scusami, Shun. Non volevo scandalizzarti." Mi mette una mano sulla spalla. "Andiamo a vedere come se la cava il nostro impetuoso compagno di un tempo." Varchiamo anche noi il grande portone d'ingresso, ci mettiamo un po' in disparte ed assistiamo alla scena senza parteciparvi. "Voglio parlare con la principessina," dice Seiya nell'immensa anticamera, davanti ad un indignatissimo Mylock. "Subito! Quindi togliti di mezzo, sergente.""Ma come ti permetti?!" ruggisce lui, paonazzo, agitando le braccia, "Come osi? Dove credi di essere? Chi ti credi di essere?!... Ora ti aggiusto io..." Cerca di colpire Seiya con uno schiaffo, ma il nostro compagno lo afferra al volo per il polso e lo scaraventa senza sforzo sui ricchi tappeti. "Sta' attento a quel che fai, crapa pelata. I tempi sono un po' cambiati da quando ti divertivi a picchiare i ragazzini. Sarà meglio che non ci provi più." Si strofina le mani l'una contro l'altra. "Allora? Vuoi muovere il tuo grosso sedere e andare a chiamare Sua Maestà, o devo cercarla io per sgonfiarla un po' delle sue arie?" La porta all'altro capo dell'anticamera si spalanca all'improvviso, ed una bella voce tenorile risuona: "Parla più rispettosamente di Lady Isabel, pezzo di maleducato, o ti sbatto fuori da questa casa a calci nel sedere." Appare un azzimatissimo giovane in giacca e cravatta, che fa scrocchiare minacciosamente le nocche delle dita. Solo i capelli rossi ben pettinati, il naso all'insù e la fossetta nel mento me lo fanno riconoscere. "Asher!" esclama Seiya, squadrandolo con un sorriso ironico. "Ma certo, eccoti qui a fare il cavalier servente. Leccaculo eri e leccaculo sei rimasto." La solenne espressione dello scozzese diventa una smorfia. "E tu sei rimasto il solito borioso cafone, Seiya. Un imbecille come te non sa neanche cosa sia la gratitudine. Per anni Lady Isabel ti ha assicurato una casa e l'istruzione, e tu insisti a comportarti con assoluta mancanza di rispetto..." "Non sermoneggiare, rosso. E' stato il nonno di milady a mantenermi, non lei, ed il vecchio l'ha fatto solo per i suoi scopi, la sua generosità se la può mettere dove non batte il sole. Ma non sono qui per discutere con te. Voglio parlare con Lady Isabel a proposito di questo schifoso messaggio!" Butta a terra il foglio, lo calpesta. "Anche se hai la lingua più lunga di tutto l'emisfero orientale, Asher, sei un cavaliere anche tu! Come puoi sopportare che la tua ganza ci venga a dire di vestire le armature tranne un pezzo?" Non c'è dubbio, Seiya è rimasto lo stesso, Mondo Segreto o no... Asher si irrigidisce, si erge più solenne che mai. "Dobbiamo obbedienza a Lady Isabel. Ha dato degli ordini? Ebbene, vanno rispettati." Sorride, "Se ha deciso così, è stato per esigenze di audience. Le nostre maschere possono inquietare il pubblico, anche se probabilmente tu speravi di nascondere così la tua brutta faccia gialla." "Io non combatto per far vedere la mia faccia, come invece fai tu che non vuoi la maschera per far gli occhi dolci a milady!" Seiya sogghigna. "Povero illuso, credi che si innamorerà finalmente di te? Ti userà sempre come zerbino, che tu vinca oppure no... il che è esattamente ciò che meriti." "Chiudi il becco!" tuona Asher, inferocito, e si mette in guardia. "Adesso basta, hai passato il segno. Una bella lezione non te la leva nessuno." "E chi me la darebbe? Tu?" dice Seiya, con disprezzo, e si mette anche lui in posizione. "Bene, fatti avanti, Unicorno, se proprio non ci tieni al tuo bel cornetto..." "Fermi!" La voce autoritaria di Lady Isabel interrompe il litigio. Lei avanza nell'anticamera, vestita come una regina, sorpassando Asher che scatta all'attenti al suo passaggio; si ferma in mezzo alla stanza, e si erge in tutta la sua sublime superbia. "Se avete voglia di battervi, tra poco ne avrete l'occasione sul ring dello stadio. Trattenete i vostri istinti fino ad allora!" "Ma, milady," balbetta Asher, "Seiya ha detto..." "Tu non ti batterai con lui!" tuona lei. "O anche tu intendi discutere sempre i miei ordini?..." "No di certo, milady," dice lui, inchinandosi. "Il solito leccaculo," sogghigna Seiya nel silenzio. Milady si rivolge a lui. "So che sei il peggior indisciplinato tra i cavalieri, Seiya. Ma questo non potrebbe interessarmi di meno: tanto farai comunque quel che voglio, come tutti gli altri. Ti ho già spiegato perché devi partecipare al torneo. E se vuoi partecipare devi seguire le mie regole. Niente maschera! La gente vuole vedervi in faccia, vuole vedere di che razza siete e tifare per voi secondo quelle che rappresentate..." "Ma questo è contrario allo spirito stesso del Saint George, quello dell'uguaglianza tra tutte le razze del mondo!" dice Seiya, scandalizzato. "Si sta rimangiando la filosofia pacifista del nonno... l'unica cosa decentemente umana che avesse!" Mylock si mette ad urlare, indignato da quel giudizio lapidario sul suo defunto padrone; ma Lady Isabel lo zittisce con un gesto imperioso. "Il torneo è una guerra ritualizzata: assistervi sfogherà gli istinti bellicosi della gente, quindi non mi sento di aver tradito il pacifismo di mio nonno, tutt'altro. In quanto allo spettatore tipico... che ci piaccia o meno, cerca sempre un campione in cui identificarsi, che dimostri la superiorità della sua razza." "Che stupidaggine! Di che razza parla? Jack ha sangue Chippewa nelle vene, ma è un canadese esattamente come qualsiasi altro conterraneo bianco. Shiryu appartiene ad una sola delle cento etnie cinesi, vuol dire forse che la sua è la migliore? N'dare è uno Zulu, dovrebbe forse rappresentare tutti i neri del mondo? E qualcuno qui mi dice che quell'Andromeda sarebbe proprio il piccolo Shun... che cavolo di razza rappresenterebbe lui? Quella dei giapponesi con faccia caucasica?" Trasalisco a quel rifermimento a me. Lady Isabel sospira lievemente. "Non promuoverò personalmente degli abbinamenti tra cavalieri e razze, ma il pubblico lo farà molto volentieri, e per conto suo. Cavalieri come N'dare, Shun o Jack saranno particolarmente utili al successo del torneo perché convoglieranno il consenso di spettatori di più nazioni, a differenza ad esempio di te che sarai sostenuto probabilmente dal solo tifo giapponese." Sorride. "Sempre un ottimo mercato pubblicitario, comunque." "Stringente logica commerciale, eh?" dice Seiya, velenosamente. "E' questo il grande scopo per il quale suo nonno ci ha preparati? Altroché salvare il mondo, siamo qui solo per salvare i bilanci delle sue società..." "Almeno recupererò parte degli ingenti investimenti che ci siete costati," risponde lei seraficamente. "Quindi combatterete senza maschera, così come il mio ufficio di sondaggi ha suggerito. Non c'è spazio per ripensamenti, chi non seguirà quest'ordine non parteciperà al torneo." Sorride. "Ho già mandato un dispaccio alle agenzie, e la risposta dei mezzi di informazione è stata brillante. Mai ignorare le indicazioni di una buona direzione marketing." Si volta, facendo frusciare la sua lunga gonna, e se ne va senza salutare nessuno, seguita da Asher e da Mylock. Seiya resta a lungo in silenzio nell'anticamera vuota, immobile, fissando la porta chiusa con una gelida rabbia impotente: anche lui dunque dev'essere stato ricattato come me per combattere in quel torneo sempre più odioso... Ed alla fine dice, con voce ben udibile: "Ma quanto è diventata stronza, la cara milady!" *** Eh si, io voglio bene a tutti, ma stavolta credo proprio di condividere il giudizio di Seiya. Il cinismo di Lady Isabel oltrepassa ogni umano limite. In fin dei conti noi cavalieri siamo dei sopravvissuti, passati tutti attraverso un oceano di difficoltà, angosce e dolore; qualcosa che quella gentile signorina, così viziata ed immersa nel benessere, non può nemmeno immaginare. Tuttavia ci ha trattato esattamente come se le appartenessimo, come se fossimo i suoi cavalli da corsa ben allenati, con un totale disinteresse per i nostri sentimenti o le nostre aspirazioni. Mi sembra un po' pesante come tributo in cambio di alcuni anni in una scuola speciale, nella quale poi non è che ce la siamo spassata molto... Avremmo potuto ritrovarci festosamente, finalmente riuniti e con quell'esperienza irripetibile in comune; o magari, nauseati da tutto, andare ognuno per la propria strada iniziando consapevolmente una nuova vita da persone qualunque: in fin dei conti il nostro impegno cosmico è verso Athena, non verso la Fondazione Thule! Ed invece eccoci costretti a batterci, sconfiggerci a vicenda, umiliarci sotto l'occhio di mille telecamere per il gusto di un pubblico che non ha niente di diverso dalle folle sanguinarie della Roma imperiale. Così quando ci troviamo per l'estrazione degli abbinamenti non ci guardiamo in faccia, non ci salutiamo nemmeno, restiamo tutti e otto in totale autoisolamento. Siamo in armatura, all'interno del planetario di Alman surriscaldato dalle telecamere: infatti la cerimonia è trasmessa in mondovisione. Noto che, tanto per cambiare, tutti i miei compagni sono più grossi di me: Jack è quello che tra tutti si distingue per altezza e massa muscolare, ha dei bicipiti più grandi delle mie cosce! Seiya è invece più alto di me solo di qualche centimetro, però è più tarchiato, mentre Asher è rimasto slanciato come un tempo. Noto anche che nessuno di noi porta un'identica capigliatura: salvo la debita ciocca più o meno lunga sulla schiena, Seiya, Asher e Markus hanno regolari capelli corti, tagliati ognuno secondo la foggia preferita; Benan ostenta una fantastica cresta da punk, N'dare una bellissima coda formata da centinaia di minuscole treccine legate insieme, Jack una pettinatura indiana, e Shiryu la sua chioma incolta. Anche le armature dei miei compagni sono diverse, ognuna simile ad una scultura; ma mantengono la stessa struttura della mia (coprispalla, pettorale, cintura, fascia frontale, bracciali e schinieri), e tutte mostrano gli stessi riflessi bronzei. Per questa cerimonia ci hanno consentito di vestire la nostra discussa maschera sacerdotale: ce la dovremo teatralmente togliere solo al momento del combattimento. Questo ci aiuta a mantenerci impassibili, potendo fingere che quelli sotto le armature non siano i nostri vecchi compagni di scuola... Lady Isabel, vestita sfarzosamente e coperta da un patrimonio di gioielli antichissimi, parla al pubblico televisivo ed ai giornalisti mentre alle sue spalle raffinate proiezioni olografiche disegnano il tabellone degli incontri. "Al Grande Torneo parteciperanno dieci cavalieri, otto dei quali come sapete sono già qui, e due in arrivo. Le costellazioni rappresentate saranno: Andromeda, Cygnus, Draco, Hydra, Leo Minor, Lupus, Monoceros, Pegasus, Phoenix ed Ursa Major. La formula prescelta è stata quella degli scontri diretti. Dato il numero non ideale di partecipanti, due dei cavalieri passeranno direttamente al turno successivo, incontrando due dei quattro vincitori del primo turno per il diritto alla semifinale. Come vedete ad ogni posizione nel tabellone corrisponde una lettera dell'alfabeto. I cavalieri sceglieranno prima l'ordine in cui estrarre le proprie lettere," ed indica un fatidico cesto di vimini che ben ricordo, "e poi le lettere stesse," ed indica il secondo, con le vecchie, famigerate sfere nere. Tutto come quel giorno lontano... Dev'essere il nostro comune pensiero, e sono grato alla maschera che nasconde la mia espressione carica di tensione. Stavolta le sfere che scegliamo sono immediatamente aperte. Lady Isabel sceglie lei quelle degli assenti Cygnus e Phoenix. La mia lettera è la F. Per una volta tanto nella vita mi va bene! Sono io uno dei due che passano al turno successivo, l'altro è il Dragone. Mi batterò contro il vincente tra Monoceros e Leo Minor, mentre Shiryu farà altrettanto con il vincente tra Pegasus e Ursa Major. I vincenti tra Cygnus ed Hydra, e Phoenix e Lupus passeranno direttamente in semifinale. Sono contento di non essere tra quelli che combatteranno un incontro in più. E sono contento anche di non dover affrontare Shiryu al primo incontro: mi dovrò battere alla morte per quell'armatura d'oro, ma la forza immensa del mio amico cinese me lo fa temere particolarmente. Mi sembra un candidato sicuro per la finale, e l'altro - almeno spero - sono io... Quanto ha ragione Seiya! Lady Isabel costringe dunque Shiryu a togliermi la speranza di rivedere mio fratello, e me a fargli deludere il suo adorato maestro. E non so ancora quali siano i motivi degli altri, magari ognuno deve vincere per questione di vita o di morte... chissà, forse neanche il povero Asher è da irridere per il suo desiderio di vittoria: Lady Isabel non merita un amore tenace come il suo, ma quel ragazzo è vivo proprio grazie a quel sentimento ostinato. Lady Isabel intanto continua a sorridere alle telecamere. "I cavalieri di Athena si dividono in tre gerarchie, a seconda della loro capacità di esprimere i loro poteri: i riflessi delle armature indicano la gerarchia del cavaliere. Il bronzo rappresenta il livello più basso, l'argento il mediano e l'oro il supremo. Per questi cavalieri, dunque, il possesso di un'armatura d'oro vacante è qualcosa che può giustificare rischi mortali." "Perché scavalcherebbero così un'intera gerarchia?" chiede un giornalista. Che stupidaggine! Non è l'armatura a fare il cavaliere, ma il contrario! Ma Lady Isabel non corregge l'affermazione, preferisce dunque lasciar credere alla gente che sia l'avidità a spingerci; altrimenti dovrebbe spiegare i bei ricatti a cui ci ha sottoposti. "Ha detto rischi mortali, milady?" chiede un altro reporter. "Sarà dunque uno spettacolo di autentica violenza?" "Lo spettacolo sarà sicuramente reale, ve ne renderete conto voi stessi. Non sono state stabilite nel torneo norme vincolanti, la Fondazione non assume responsabilità sugli esiti degli incontri, e di questo ogni cavaliere è ben consapevole. Ma per il pubblico non ci sarà il minimo rischio: ogni mezzo della moderna tecnologia sarà messo al servizio della sua legittima curiosità e della sua sicurezza." Si volta verso di noi. "I cavalieri che avranno l'onore di inaugurare il torneo saranno Monoceros e Leo Minor. Nella seconda giornata si affronteranno Pegasus e Ursa Major. Nella terza Cygnus ed Hydra, e nella quarta Phoenix e Lupus." Un lieve sospiro, "Il programma potrebbe comunque avere variazioni dell'ultimo momento, cosa che il pubblico avrà la bontà di perdonare." "Notizie dei due cavalieri mancanti?" chiede un giornalista. "Cygnus è in arrivo e non dubito che si presenterà regolarmente al suo incontro designato. In quanto a Phoenix, lo stiamo aspettando con trepidazione... specie dopo la sua sfida aperta." "Chi è il favorito?" chiede un altro giornalista. "Il più deciso a vincere," risponde lei, seraficamente. "Non avete che da recarvi allo stadio della Fondazione, o accendere il televisore per saperlo." *** Finalmente il torneo comincia. Ed io posso assistervi da una posizione privilegiata, l'uscita degli spogliatoi, in compagnia degli altri cavalieri in borghese, mescolati con gli altri addetti in modo che nessuno ci rivolga una seconda occhiata. Lo stadio all'interno è incredibile. L'enorme soffitto a cupola è un gigantesco planetario: un gioco di laser lo trasforma in un perfetto cielo stellato, uno spettacolo che gli abitanti della scintillante Nuova Luxor non sono mai in grado di vedere, accecati come sono dalle luci della civiltà. Linee colorate tracciano le costellazioni che si affronteranno, un apparato olografico di dimensioni enormi disegna in mezzo all'aria un gigantesco schermo piatto su cui appaiono messaggi di benvenuto nelle due lingue ufficiali. E' tutto molto impressionante, il gigantismo e lo sfarzo assoluto di quel nuovo Colosseo supera ogni mia previsione; ma nulla per me può valere l'atmosfera creata dalle voci dei cinquantamila spettatori che riempiono lo stadio in ogni ordine e posto: un suono inumano, febbrile, che mette i brividi addosso. Il ring è un ottagono bianco, largo una quindicina di metri, circondato da tre giri di sottili catene agganciate agli otto pilastri neri. Una zona di altri venti metri è mantenuta scrupolosamente sgombra attorno ad esso, attraversata solo dalle telecamere-robot: dev'essere considerata una zona pericolosa e la Fondazione non vuole incidenti. Le tribune cominciano da quel punto e sono sopraelevate rispetto al livello del ring. Mi fanno notare in prima fila i protagonisti della vita politica ed economica di mezzo mondo, che io non conosco assolutamente: tutta gente vecchia e ricca dall'aspetto cadente. Guardo quei potenti, e per un attimo penso con rimpianto al Mondo Segreto: lì almeno chi aveva l'autorità si riconosceva da qualcosa di più di un semplice vestito elegante ed un atteggiamento strafottente... La mia anima sospira profondamente. Oh Nemesis, Albyon! Ma cosa sto facendo qui?! Non appartengo più a questo luogo assurdo, manderei volentieri al diavolo tutta questa cosiddetta civiltà, televisione, pop-corn e carte di credito, persino l'unica cosa decente, i servizi igienici... pur di tornare a stare con voi nella pace arcaica di Anthrâ... Ma c'è il mio dovere di cavaliere di Athena. E soprattutto, c'è un fratello maggiore da ritrovare a tutti i costi! Nel punto dove la falsa Via Lattea si tuffa sul falso orizzonte, si erge un podio avveniristico su cui è posato lo scrigno dell'armatura d'oro, illuminato da potenti riflettori. Sul lato opposto dello stadio è stato costruito un palco sontuoso, con un gran trono su cui siede la bellissima Lady Isabel, avvolta in un abito lungo e bianco tutto drappeggiato. Mylock, in tight elegantissimo, sta in piedi al suo fianco, versandole dello champagne. La sublime coppia sta in splendente solitudine, attirando gli sguardi di tutto il pubblico. Più in alto i commentatori delle svariate televisioni collegate sono chini sui loro microfoni, e la nutritissima tribuna stampa immette parole su parole nei computer. L'ingresso dei cavalieri è salutato con un boato del pubblico, e squilli di trombe. Devo ammettere che persino io mi sento emozionato, mentre assisto a quello spettacolo seduto a terra in un angolo, con un bicchiere di carta in mano e la tasca della salopette piena di caramelle, come chissà quanti altri miei coetanei. Il grande schermo comincia a riempirsi di dati sui due sfidanti, costellazione, peso, statura. Ma dubito che il pubblico guardi in quella direzione, gli occhi di tutti sono sui due splendidi giovani che avanzano con le loro armature sacre, i volti coperti dalle maschere. Lo speaker annuncia il loro arrivo con toni roboanti, nel miglior stile del wrestling. L'Unicorno ed il Leone Minore salgono sul ring, illuminato a giorno dai riflettori e circondato da potenti microfoni, tanto che si sente lo scatto metallico delle maschere nel momento che vengono tolte. Il boato del pubblico diventa quasi inascoltabile. "Che bei fusti!" strilla una ragazza dalla tribuna sopra di me, con evidente entusiasmo. La mia parte segreta non può che darle ragione. Una cosa è vedere Asher e N'dare vestiti come uomini comuni, ed una cosa è vederli nella gloria delle loro armature, che esaltano tutta la loro prestanza fisica evidenziando le spalle larghe, la vita stretta, i muscoli ben scolpiti... Mi vergogno un po' di me stesso. Sono qui per combattere contro gli altri cavalieri, non per fantasticare su quel che farei a letto con loro! Ma il sesso è stato come una droga per me, ed ora comincio a soffrire per l'astinenza. Passare dall'avere due amanti infuocati a non averne nessuno è un passo lungo. Asher ostenta un sorriso tranquillo, in contrasto con l'espressione rigida dell'avversario. E' senz'altro meno possente di N'dare, ma io conosco il punto debole del sudafricano, e ne ho approfittato ai tempi della scuola: è lento a reagire. Chissà se diventando cavaliere ha corretto questo suo handicap. Un gong segnala l'inizio del duello, ed in un certo senso risveglia il mio sesto senso cosmico: smetto di essere il ragazzino emozionato del pubblico e ritorno ad essere il cavaliere di Athena. Mi concentro sui cosmi dei miei due compagni. Sono diversi quanto i loro corpi, colpiscono forte il mio senso interiore, e non può che essere così, visto che finora ho conosciuto solo le emanazioni dei miei maestri. Quello di Asher mi sembra più profondo, ma pulsa in maniera irregolare, posso sentire la sua tensione al pensiero che l'adorata milady assista al combattimento... paura ed euforia mescolate insieme. Potrebbe fare cose grandiose o cedere vergognosamente. N'dare combatte usando in pieno il potere del suo fisico possente, quanto di meglio possa generare la sua razza: il sangue di antichi guerrieri scorre nelle sue vene, la sua concentrazione è limpida. Tuttavia è sempre lento, come se non riuscisse a governare con la necessaria prontezza tutto il suo grande corpo. In un combattimento fisico avrebbe la meglio, ma noi non siamo lottatori, siamo cavalieri di Athena... Sento la concentrazione dei miei compagni attorno a me. Lancio un'occhiata a Shiryu, lo vedo studiare il duello con la mia stessa attenzione. Sposto i miei occhi sul luogo dello scontro. Ne prendo le misure, indispensabili per me che non combatto corpo a corpo: anzi, mi è chiaro che per vincere non devo permettere a nessuno di raggiungermi, dato che non posso confrontarmi con gli altri dal punto di vista fisico. L'altezza del soffitto è sufficiente... e così le dimensioni del ring... posso usare le mie catene a piacimento, e controllarle senza fatica. Studio i movimenti di Asher, perché ormai mi è chiaro che sarà lui il vincitore, e quindi il mio futuro avversario. E' agile... potente... la sua abilità è lanciare attacchi fulminanti e velocissimi... usa il suo corpo come un'arma... Ma si distrae spesso. Riesce a buttare a terra N'dare, e troppo presto si volta trionfante verso l'adorata milady, mentre il pubblico applaude, poi strilla di paura... N'dare non era ancora battuto! In un attimo è alle spalle di Asher, lo afferra per il collo, fa per torcerglielo. Lui si dibatte, con gli occhi sbarrati, consapevole del suo errore, ma sarebbe troppo tardi per ogni reazione, se non che i microfoni ci fanno udire la sua voce soffocata, e sentiamo un'invocazione disperata: "...Isabel!" Segue un istante di irreale silenzio. Il pubblico non possiede la nostra raffinata sensibilità cosmica, ma riconosce in maniera istintiva le energie che emaniamo. Asher ha trovato nel nome della fanciulla amata la forza per far salire il suo cosmo, che brucia alto e radioso, così bello da farmi scattare in piedi senza fiato... Non c'è forza fisica che possa trattenerlo. L'Unicorno reagisce, si libera dalla presa, scatta al contrattacco con una tale violenza che in pochi istanti N'dare crolla sanguinante sul ring, privo di sensi. Il gong suona ancora e sul falso cielo del soffitto a cupola i laser scrivono a lettere di fuoco: "Monoceros vince!" Lo speaker ripete la proclamazione con toni altissimi. La folla è entusiasta, applaude, urla, batte i piedi. Asher si rivolge di nuovo al palco della sua adorata, sudato ed ansimante, e si inchina profondamente. Lady Isabel gli concede un cenno della regale testa, e sorseggia il suo champagne con aria soddisfatta. *** Il combattimento della seconda giornata assomiglia molto a quello della prima. Seiya e Jack si fronteggiano, e la differenza fisica tra i due è ancora più evidente: il canadese è alto più di due metri ed è largo il doppio del giapponese! Ma anche in questo caso è il cosmo a fare la differenza, ed il cosmo di Seiya mi lascia ancor più sbalordito di quello di Asher. Il mio connazionale subisce all'inizio la superiorità assoluta della forza fisica di Jack. Dopo poche schermaglie il canadese riesce a immobilizzarlo, e tenta di soffocarlo. La sua voce risuona nello stadio amplificata dai microfoni: "Ho ucciso decine di orsi in questo modo durante il mio addestramento, tu non sei nemmeno paragonabile a quel nobile animale!..." Ed il tabellone riporta le pressioni spaventose che riesce ad esercitare con le mani: roba da accartocciare l'acciaio! Seiya dovrebbe essere già morto da un pezzo, se non stesse usando la sua consapevolezza cosmica per irrigidire i muscoli del collo. Sembra svenire, ma io sento la sua energia che si prepara, e sale, sale ancora... Le sue mani afferrano i bracciali dell'armatura di Jack, e vi esercitano una forza superiore a quella del canadese, una forza sovrumana. Le sue dita penetrano nell'armatura dell'avversario, separano le sue braccia, ed egli approfitta del varco per scaricare quello che sembrerebbe un unico calcio; ma la mia iperconcentrazione riconosce almeno una dozzina di colpi a velocità quasi supersonica... Mai vista tanta rapidità in vita mia! Jack crolla svenuto a terra, la faccia pestata a sangue. E mentre il pubblico acclama, sento Asher che esclama: "Bravo Sol Levante! Ci speravo davvero nella sua vittoria, così diventa più probabile per me spaccargli la faccia sul ring, come gli ho promesso." "Sicuro che ci riusciresti?" chiede Markus, "Credeva di riuscirci anche Jack, che si chiedeva come avrebbe potuto evitare di staccare la testa al suo avversario... ed ora guardalo lì, con la faccia a terra!" "Quel presuntuoso non si è nemmeno accorto di cosa l'ha buttato giù!" replica Asher, con sufficienza. "Ma Pegasus non può sperare che tutti siano altrettanto stupidi," mormora Shiryu, con espressione un po' tesa. Capisco la sua apprensione. Avrei giurato che fosse imbattibile, ma ora che ho percepito il cosmo di Seiya non ne sono più così sicuro. Chi dei due troverò sulla mia strada? *** La terza giornata inizia in un'atmosfera carica di tensione. Dovrebbe esserci il combattimento tra Cygnus e Hydra, ma sembra che Hyoga non sia ancora arrivato allo stadio. Dopo una vana attesa di quasi mezz'ora, uno degli assistenti di Mylock viene a sussurrarmi di prepararmi con l'armatura, perché se il combattimento previsto salterà toccherà a me e ad Asher sostituirlo... Non mi piace quell'idea, non mi sento preparato con la giusta disposizione d'animo. Ma quando ormai pare che non mi resti che scendere in campo, ecco che appare il cavaliere del Cigno, nello splendore della sua armatura, i biondi capelli incolti ed arruffati, gli occhi azzurri più freddi che mai. Il pubblico acclama, io tiro un sospiro di sollievo. Sono felice di rivedere il mio amico di un tempo, anche se forse sarà un mio avversario. Ed è felice anche Lady Isabel che non deve cambiare il programma della giornata. Hyoga non è molto cambiato dai tempi della scuola, è solo cresciuto in statura maturando alla perfezione il suo fisico da danzatore classico. Avanza totalmente sicuro di sé, e di che natura siano i poteri che ha acquisito lo dimostra subito salendo sul ring. Si concentra e genera un cosmo strano, il cui flusso di energia è invertito rispetto al solito. Sottrae così calore a ciò che entra in contatto con lui, disperdendo probabilmente l'energia negli spazi siderali. Una nebbiolina aliena comincia a formarsi intorno a lui. Il pubblico mormora, stupito da quello che pare un gioco di prestigio. Hyoga fronteggia Benan con alterigia. "In Grecia mi hanno chiamato Crystal, il ghiaccio così freddo da non sciogliersi mai. Avvicinati, e scoprirai quanto il mio potere può essere spaventoso." Benan fa scattare dalla sua armatura degli artigli affilatissimi. "E tu scoprirai quanto il veleno dell'Hydra può far male." "Il veleno? E' sempre qualcosa che si può congelare," replica il siberiano, e comincia una serie di movimenti, una specie di danza. "Come la carne umana," conclude, con voce mortale. L'aria attorno a lui si raffredda sensibilmente, il tabellone dei dati registra temperature che si avvicinano allo zero, lo superano... La nebbia formata dall'umidità dell'aria si condensa in scintillanti cristalli di ghiaccio, che cominciano a turbinare spinti da un sublime controllo della loro energia. "Questa è la mia Polvere di Diamanti, la bianca messaggera di morte," sussurra Hyoga, fissando l'iracheno con tutta la sua concentrazione. E la massa d'aria supergelata, ad un gesto violento delle sue braccia, si avventa contro l'avversario come una tempesta in miniatura. Benan boccheggia, agita le braccia intorno a sé come per allontanare quel freddo spaventoso: il tabellone segnala temperature dell'ordine dei meno ottanta gradi centigradi! "Se vuoi diminuisco ancora la temperatura," dice Hyoga, con mortale determinazione. "Il freddo provoca ustioni peggiori del fuoco, lo sai?" "Basta! Basta!... Mi arrendo!" grida Benan, sconvolto. Ma il cavaliere del Cigno non lascia la sua morsa gelida. L'iracheno cerca disperatamente di convogliare calore, ma non riesce a respirare, è travolto dal panico e perde il suo contatto cosmico. La sua armatura si riveste di brina, l'umidità del suo respiro si condensa e si congela sulle labbra e sulle narici... "Hydra si è arreso!" mormora Seiya alle mie spalle, "Che aspetta quel Crystal a lasciarlo andare?" "Forse vuol fargliela pagare per qualcosa che non sappiamo," risponde Asher, cupamente. Benan si è reso conto che la resa non basta al suo avversario. Raccoglie le ultime forze per un attacco cieco contro il Cigno: la sua unica possibilità di salvarsi è interrompere la sua concentrazione. Ma Hyoga lo schiva e lo colpisce con un pugno fulminante che quasi lo uccide, facendolo volare fuori dal ring. Un lungo silenzio fremente segue quella scena. Poi sulla cupola i laser proclamano vincitore il gelido Cygnus, che non esulta assolutamente. La folla esplode in grida liberatorie, esaltata da quello spettacolo, ma anche spaventata e sconcertata: per la prima volta forse può sospettare che non ci sia un trucco dietro ai nostri poteri. Io non posso trattenermi, è più forte di me! Accorro al fianco del povero Benan, che non ha avuto una sola possibilità in quel duello: giace semiassiderato e tremante, la faccia ustionata dal freddo e sfigurata dal colpo ricevuto. Mi inginocchio accanto a lui, lo prendo tra le braccia: è ancora così gelato da scottarmi le mani. Non perdo tempo a riflettere: mi concentro nello stato di non-pensiero e cerco di convogliare nel suo corpo la mia energia cosmica, in modo da risvegliare la sua. Un medico mi si avvicina, per prendersi cura di lui. "Lascia fare a noi, ragazzo," mi dice, ma io scuoto la testa, lottando per non perdere la concentrazione. La gente non mi guarda, tutti stanno studiando il nuovo vincitore. Ma sento l'attenzione di Crystal che si focalizza su di me, attirata dalla mia energia cosmica. Non importa il mio aspetto, non importa come sono vestito... ora sa che sono un cavaliere come lui. E la sua risposta è ostile. Benan si riscalda un poco, mentre io comincio a sentirmi stanco. Ma continuo. Le labbra illividite del mio compagno si distendono, i suoi occhi si aprono lievemente, mi guardano. "Tu... Gabriel... per me?" balbetta, ancora semisvenuto. Rammento la sua religione, e scuoto la testa con un sorriso. "Non temere, non è ancora la tua ora per andare al dja'hîm!" Ormai è fuori pericolo, la sua energia sta salendo da sola, posso lasciare il passo alla medicina ufficiale. Lo caricano su una lettiga e lo portano all'ospedale della Fondazione. Io mi rialzo lottando contro le vertigini, e vedo Hyoga fermo a qualche passo da me. "Un nobile gesto, davvero," mi dice, con uno sguardo tagliente, "Peccato per lo spreco di tanta energia. Tienila per difendere te stesso, perché presto ne avrai bisogno." Lo guardo ad occhi sgranati. Ma alle mie spalle giunge di corsa Seiya, assieme agli altri cavalieri. "Ehi, russo, che ti prende?!" gli chiede, con la consueta irruenza. "Volevi ammazzare quel disgraziato?" "Proprio così," risponde Hyoga, calmissimo. "E ucciderò ognuno di voi, in un modo o nell'altro." "Sei andato fuori di cervello?" tuona Seiya, "Questo è un torneo, mica uno scontro di gladiatori che si battono all'ultimo sangue. Puoi conquistarti quella schifosa armatura senza mandarci all'obitorio..." "Ma io non sono qui per l'armatura d'oro." Hyoga avanza di un passo. "Sono stato mandato direttamente dal Santuario, ad eliminare dei cavalieri decaduti che combattono pubblicamente per squallidi fini egoistici!" Ci sentiamo tutti gelare il sangue nelle vene. "Vuol dire che... hanno già pronunciato l'ara' contro di noi?" chiede N'dare, angosciato, riferendosi alla maledizione solenne del Santuario.. "Certo," replica lui con disprezzo, "Nel messaggio che ho ricevuto mi si ordina chiaramente di eliminare tutti i partecipanti a questa farsa di torneo." "Credono forse che basti tu a giustiziare tutti quanti?" chiede Asher, ironicamente. "Perché no, visto che voi combattete al di fuori di ogni giustizia?" "Che ne sai tu dei fatti nostri per venirci a dire che siamo al di fuori di ogni giustizia, biondino?" chiede Seiya, velenosamente. "Pensi forse che ci battiamo per diventare ricchi e famosi?" "La Fondazione Thule vi ha pagato, al Santuario ne hanno le prove! Non credevo che i miei ex compagni fossero così stupidi da ignorare le più elementari regole del Mondo Segreto. Mi dispiace dover essere il boia dei miei vecchi amici... ma almeno io non ho dimenticato a chi va la mia lealtà." E si volta allusivamente verso Lady Isabel, come per dire che noi l'abbiamo data alla persona sbagliata. "E va bene," dice Seiya, con rabbia, "Ti sei eretto a vendicatore senza sapere nulla di noi. Non mi fai paura, russo, né te né la tua aria fredda. Ti aspetto su quel ring, e vedremo se riuscirai ad eseguire la mia sentenza di morte... o se piuttosto io eseguirò la tua!"
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