VARIAZIONI SU UN TEMA DI MASAMI KURUMADA

(SAINT SEIYA)

di Hanabi, estate 1994

I personaggi di Saint Seiya sono proprietà di M. Kurumada/Shueisha.

 


CAPITOLO 2: "L'Addestramento" - parte seconda

Ogni sera, quando vado a letto, prima di spegnere la mia piccola lucerna a olio prendo una pietra bianca che ho trovato in mezzo alle ceneri del cratere, e incido un segno sul pavimento di pietra nera.

I segni sono tanti ormai. In quest'isola non ci sono vere stagioni, è così facile scordare il tempo che passa. La vita dura e la monotonia distruggono gli spiriti, e si sa anche che non c'è un termine al nostro lavoro, la scuola non finisce mai...

Si muore su Anthrâmatha. Ho visto alcuni compagni andarsene a causa delle malattie, o meglio dallo sfinimento psicofisico che ci è imposto. Altri sono morti per le ferite riportate in combattimento, spesso uccisi dalla cancrena. Cinque di essi sono stati giustiziati dai sacerdoti per aver tentato una folle ribellione, nella speranza davvero vana di uccidere tutti i membri del tempio, distruggere la scuola e portar via l'armatura. La pena del loro capo è stata quella di tentare di aprire lo scrigno di Andromeda: una dimostrazione per noi tutti dei suoi arcani poteri. Quando quel poveretto ha afferrato la maniglia superiore, è stato folgorato da una scarica tale di energia da forare addirittura il suo corpo. Il tetro Albyon ha staccato con le sue mani il cadavere dallo scrigno (pare che solo lui possa toccarlo, ma non aprirlo), lo ha buttato in mezzo a noi, e ci ha guardato tutti come per vedere se avevamo ben imparato la lezione.

Quando il suo sguardo è passato su di me, ho tremato... perché mi ha guardato più a lungo di chiunque altro. Ma perché ce l'ha tanto con me? Perché sono ancora vivo? Lo irrita tanto che un fragile ragazzino dall'aspetto angelico non si decida proprio a morire, mentre giovani prestanti e virili si impiccano disperati perché non ce la fanno più?

Anche oggi, un altro suicidio... poveretto, un uomo che era qui da sette anni e che aveva perso la speranza. Ci siamo allenati mentre i sacerdoti portavano il cadavere alla squallida piana dei morti, per farlo a pezzi e darlo in pasto agli avvoltoi che già si erano riuniti laggiù... quegli uccelli sanno sempre quando c'è da mangiare.

Se muoio, almeno la mia vita servirà a loro...

Conto i segni sul pavimento, segni che parlano di fatica e dolore, e di qualche raro momento esaltante. Cosa sia la vita normale, se normale si può chiamare la vita che ho fatto prima di finire qui, quasi non lo ricordo più... ed è meglio che non ci pensi. A volte mi sembra di essere come qualcuno che avanza nella nebbia. Non so cosa sia il futuro, faccio ciò che mi ha detto Ikki, ma non posso guardare di un giorno oltre al domani. Ci sarà un domani... ci sarà un domani...

Domani saranno quattro anni, cinque mesi e sedici giorni che sono qui. Quattro anni, sette mesi e nove giorni da quando ho lasciato mio fratello a Nuova Luxor. E domani compirò sedici anni.

Non ho nessuna speranza di essere festeggiato. E allora faccio come ho sempre fatto per sopperire a ciò che mi manca: rivivo il mio ricordo più caro...

"Mamma!" grida Ikki pestando i piedi, "Possiamo andare a vedere le bancarelle?... Dài! E' il compleanno di Shun, lui non le ha mai viste!"

E mamma paziente ci accompagna, tanto saremo in mezzo a tanti bambini, posso sempre passare per un amichetto straniero di Ikki.

Ed è un'orgia di zucchero filato, lampioncini di carta, pesca di carpe koi, kimono colorati, musica di koto e flauti, rappresentazioni kabuki, fuochi artificiali e profumo di incenso; ed io guardo tutto, assaggio tutto, tocco tutto, e sono così felice...

Metto via la pietra, sospiro, mi spoglio e mi stendo a letto. Faccio per spegnere la lucerna ma un rumore lieve mi fa trasalire.

La porta si apre appena, una figura scivola dentro e la richiude silenziosamente. Il solo modo in cui si muove me la fa immediatamente riconoscere.

"Nemesis!..." esclamo, stupito.

Non è mai arrivata a quell'ora, per lei il mio poco riposo è sempre stato sacro.

"Che succede?" chiedo, preoccupato.

Lei rimane immobile, porta un dito davanti alle labbra d'argento della sua maschera. Io mi alzo a sedere, in silenzio, guardandola col fiato sospeso. Dopo un po' lei si rilassa, si avvicina al letto e mi consegna un oggetto di stoffa.

"Che cos'è?"

"Aprilo," mi dice lei.

Lo faccio. Ha l'aria di essere una tunica, tutta rammendata, dal colore grigiastro. La guardo senza capire.

"Ho contato anch'io i segni che hai sul pavimento," mi dice lei, con voce dolce. "E qualcuno mi ha spiegato gli ideogrammi che hai tracciato su alcuni di essi. Buon compleanno, Shun."

Alzo lo sguardo, commosso. Non mi ha mai fatto gli auguri negli anni precedenti, credevo che ignorasse persino cosa significasse un compleanno.

"Che ne dici del tuo regalo?"

Sono imbarazzato. Alzo la tunica, così clamorosamente misera e male in arnese, e mormoro appena: "Grazie, ma... mi sembra così piccola..."

Nemesis scoppia a ridere, si siede sul letto.

"Ma certo che è piccola, sciocco! Ci entravi quattro anni fa!... E' la tua prima tunica del Mondo Segreto, e l'ho tenuta cara come una reliquia."

La guardo di nuovo. E' vero! E' la mia tunica! Ma ne ho già cambiate tante... me la poso addosso e guardo stupito quanto è corta. Però! Sono davvero cresciuto, dopotutto!

Per la prima volta studio davvero i cambiamenti del mio fisico, cosa che non ho mai fatto in questo luogo senza specchi. Il mio corpo non è più infantile, questo è chiaro: però non ha nemmeno la spigolosità adolescenziale... e nemmeno la gloria muscolosa dell'età adulta...

Cielo, ma che cosa sono diventato in questi quattro anni? Una creatura ancor più effeminata di quanto temessi?!

Mi scuoto dai miei pensieri, un po' torvo in viso.

"Che hai?" mi chiede Nemesis, stupita, "Credevo che ti avrebbe fatto piacere scoprire di essere diventato così grande."

"Io... non so proprio che cosa sono diventato," rispondo, con voce soffocata.

"Un bel ragazzo," risponde lei, divertita.

"O una bella ragazza?" ribatto io, e butto la tunica sul letto.

Sono immediatamente contrito di aver trattato così un regalo, alzo la testa e dico: "Perdonami, Nemesis. Ti ringrazio con tutto il cuore della tua gentilezza. Io..."

"Tu detesti il tuo corpo," completa lei, con la sua solita capacità di seguire i miei pensieri.

Respiro profondamente. "Si," ammetto, a voce bassa, "Lo detesto. Speravo che crescendo mi sarei finalmente sviluppato in qualche cosa che mi risparmiasse di essere sempre scambiato per una femmina. Anche tu la prima volta sei caduta nell'errore, ed hai dovuto vedermi nudo per convincerti... anche il tuo uomo ha avuto lo stesso problema."

Lei sospira. "Shun, sei ancora così giovane dopotutto... hai altri anni davanti a te per diventare il maschione che sogni di essere. Non è il tuo corpo a frastornare chi ti guarda, è il tuo viso. E' così perfetto, così... bello..."

"Bello! Un vero attributo virile!" Sono davvero infuriato, "Mi sono meritato tutta una vita di sarcasmi per questo..."

"Ma è ciò che tu sei, Shun. E' lo specchio della tua anima. Tenera, dolce, positiva, piena di desiderio di armonia e di bellezza. Non detestare ciò che ti rende così speciale, così unico... e così affascinante." Mi si avvicina, mi prende per le spalle ed il suo volto d'argento sfiora quasi il mio. "Non crederti meno virile per questo. Sei ancora così giovane e flessuoso, ma sei perfettamente in grado di far perdere la testa a una donna."

Smetto di respirare, con gli occhi sbarrati. Sta scherzando?!...

"Che ti succede?" mi chiede lei con voce carezzevole, "Ora hai paura di riuscire nel tuo intento?"

"Io non avevo nessun intento..."

"Volevi o no sentirti un uomo?"

Quella domanda mi fa arrossire.

Abbasso lo sguardo e mormoro: "E va bene, Nemesis, ho capito la tua lezione. Mi sono comportato da bambino, lamentandomi per la mancanza di qualcosa... che in fin dei conti non sono ancora in grado di apprezzare."

Lei si alza, con una strana tensione nei muscoli.

"Hai colto perfettamente il problema, mio caro Shun..."

A cosa sta pensando?

Mi volta le spalle, in silenzio. Le sue mani salgono sul suo corpetto, sciolgono la larga fusciacca di morbida pelle che lo stringe in vita. Lei studia quella larga striscia nera, ne controlla lo spessore e la larghezza, e poi emette un sospiro.

"Alzati in piedi."

Mi sento rabbrividire a quel tono.

"Nemesis..." incomincio, guardandola ansiosamente.

"Non ti voglio fare del male. Alzati e non discutere."

Obbedisco, come sempre.

Lei mi benda gli occhi con la fascia, facendola aderire bene alla fronte e agli zigomi, e stringe con forza il nodo dietro alla mia testa.

"Ecco," dice, quando ha finito. "Ora ascolta. Ti voglio molto bene, ma se cerchi di toglierti quella benda ti uccido."

Il suo tono è mortale.

"Hai capito?" mi chiede, di nuovo con dolcezza.

"Si," rispondo, col cuore in gola. Che cosa mi succederà adesso?

Sento dei suoni soffocati, un fruscio, un tintinnio di metallo su metallo. Poi sento un respiro sulle mie labbra, qualcosa che mi sfiora il petto.

Trasalisco, arretro istintivamente.

"Fermo!..."

La sua voce... è diversa!

Si è tolta la maschera!

Di nuovo sento quella sensazione di calore vicinissima al mio viso. Poi sento un bacio di labbra calde e lisce che mi sfiora gli occhi bendati, il naso ed infine le labbra...

Sto tremando. Mi sento come se stessi per esplodere, ho paura, sono emozionato, vorrei fuggire di lì, sono terribilmente curioso... oh Dio, che cosa mi sta succedendo?!

"Ne...mesis..." balbetto, sconvolto, "Che... stai facendo?"

"Ti insegno ad essere un uomo," risponde lei, sulle mie labbra.

"Perché?

"Perché ne hai bisogno. Perché devi apprezzare ciò che sei, non odiarti. Perché devi avere più fiducia in te stesso se vuoi riuscire nella vita. Perché sei una farfalla ancora rinchiusa in un bozzolo infantile, e senti che è tempo di uscirne." Mi accarezza le spalle, "Io ti aiuterò a farlo... ora."

"Ma... sono ancora così giovane!" protesto, con voce strozzata.

"Tu non hai età, mio bellissimo allievo. Sei pronto da un pezzo a questa lezione. Ed io... è un pezzo che voglio insegnartela..."

Sento quel contatto caldo su tutto il corpo, e scopro che si è tolta tutti i vestiti, è completamente nuda come lo sono io.

"Ma tu... non puoi fare questo con me," dico, pensando all'improvviso al mio maestro segreto, e sentendomi spaventosamente in colpa verso di lui. "Il tuo uomo..."

"Taci," mi interrompe seccamente lei, e sospira. "Sono affari miei quel che devo al mio uomo. Non ti permetto di vedermi in viso, perché esso appartiene solo a lui. E' il mio supremo gesto di rispetto verso colui che amo. Ma il mio corpo appartiene solo a me." Posa le mani sul mio petto. "Lo sai, Shun? Muoio dalla voglia di baciarti..."

E lo fa, invadendomi con una passione così violenta da spaventarmi.

Mi spinge all'indietro, e cado sul letto; in un attimo lei è sopra di me, lotta contro i miei tentativi istintivi di difesa, cerca di impossessarsi del mio corpo e ride, ride mentre le sue mani mi frugano dappertutto...

"No!..." urlo, respingendola da me con una violenza disperata.

Mi volto bocconi, singhiozzando con un terrore atavico che mi divora dentro. In quel breve istante le mani di Nemesis erano diventate ferri roventi e tutto il mio essere era insorto contro di loro...

Non so quanto tempo trascorro in quello stato spaventoso. Poi mi calmo, a fatica. Penso con orrore all'amarezza che devo aver suscitato in Nemesis, con quella reazione spropositata. Mi aspetto che se ne vada, sbattendo la porta, nauseata dalla mia ridicola pudicizia. Me lo meriterei davvero...

Ma la sento invece stendersi accanto a me, la sento mormorare: "Scusami... scusami."

La sua voce è triste, piena di comprensione.

"Non devi aver paura di me," mi sussurra dolcemente all'orecchio. "Non farò nulla che tu non voglia. Ti voglio bene. Sono qui con te solo per il tuo piacere. Voglio solo insegnarti il piacere. Niente dolore... niente umiliazione. Sono stanca di asciugare le tue lacrime, voglio vederti finalmente ridere... voglio vederti godere."

Stringo gli occhi sotto la benda, pieno di vergogna. Non so come, ma lei lo sa! Sa perché ho reagito così, e sa anche cosa deve dirmi, cosa deve fare per placare di nuovo quel tremendo demone nascosto dentro di me.

"Perché non mi tocchi tu?" mormora, prendendomi le mani, baciandomi le dita, e posandosele addosso. Io tremo sentendo una distesa di pelle calda e soffice, così viva e meravigliosa... è quello il segreto che la dura scorza di Nemesis nasconde?

"Muovile," mi sussurra lei, "Guardami attraverso le tue mani così sensibili... le mani che fanno danzare le catene."

Faccio come mi dice. Il buio dei miei occhi mi aiuta a ricostruire nella mente quel corpo, e lo trovo bellissimo: è come esplorare un territorio fatto di dolci curve, morbidi rilievi, caldi dettagli. Affondo lievemente le dita e sento i muscoli sotto la pelle, muscoli armonici e tonici, che quasi emanano un'aura di buona salute. Salgo, raggiungo il suo viso e lo sfioro emozionato con i polpastrelli. Il viso di Nemesis... il misterioso viso della diavolessa... no, non sembra affatto terribile come la sua maschera! Sento l'arco delle sue sopracciglia, la forma ovale dei suoi occhi, il suo naso sottile, il calore tremendo delle sue labbra semiaperte. Sta ansimando, come se le piacesse immensamente quel che sto facendo.

"Ti prego, Shun... voglio toccarti anch'io, voglio guardarti mentre ti tocco... me lo concedi?" mi chiede, quasi implorandomi.

Non ho più paura. Sono eccitato invece!

"Si," mormoro, con un filo di voce.

Di nuovo lei si siede a cavalcioni su di me, ma senza opprimermi col suo peso. Comincia a sfiorarmi e accarezzarmi, quando mi irrigidisco mi sussurra:

"Rilassati... arrenditi alle mie mani. Senti solo il piacere. Solo il piacere. Nient'altro esiste."

Le obbedisco, vincendo la mia vergogna: sono abituato a essere visto nudo da lei, ma non toccato a quel modo, fin nelle parti che persino io sono riluttante a toccare... ma è solo per il piacere, e scopro che il piacere c'è, che Nemesis sta semplicemente sciogliendo i freni che forse io stesso avevo messo ai miei sensi.

Mi sento così grande ed insieme così piccolo, riprovo la gioia di quando mi strusciavo contro mio fratello, ma stavolta mi sento la faccia in fiamme, e scopro che sto ansimando. Le labbra mi si seccano, le bagno con la punta della lingua, e scopro che persino la lingua può procurare piacere. Nemesis si accorge di quel che mi sta succedendo perché mi sfiora le labbra con le dita, stuzzicandomi finché non le mordo e ci gioco, proprio come un cucciolo.

"Come sei eccitato!" mi sussurra, divertita, "Eri così ritroso ed ora... faresti qualunque cosa..." Esita. "Ora posso baciarti?"

"Si," ansimo io. Ne ho un desiderio folle...

Lei si china su di me, mi sfiora la bocca con la sua, leggermente; poi la sfiora con la punta della sua lingua ed io faccio altrettanto, dovrei sentirmi rivoltato da quell'intimità e invece sento solo il gusto di un nuovo gioco. Lei vede che mi piace e mi bacia davvero, ed io l'abbraccio sentendomi unito a lei come se facessi parte del suo corpo. Che sensazione unica! E' questo dunque il sesso vero, l'unione di due esseri in uno?

Ma Nemesis ha solo cominciato a giocare con me. La sua bocca scende sulla gola (non avrei mai immaginato che potesse essere così piacevole!), e poi giù sul petto, intorno ai capezzoli, e poi giù sul ventre, intorno all'ombelico, e poi ancora giù, e quando sento quella sensazione tutti i miei muscoli si contraggono in uno spasimo di piacere...

Oh, Nemesis! Come fa a baciarmi persino lì?!

Cerco la sua testa con mani stupite, afferro manciate di capelli soffici, lei si muove con un lento ritmo ed io mi metto a mugolare con lo stesso ritmo, sento come se il cuore mi si dovesse schiantare dall'intensità spaventosa del piacere...

Lei si ferma, ansimando, continuando a stuzzicarmi con le mani, e sento il suo respiro sul viso."Per gli dèi, sembri nato per godere, non per soffrire... se solo vedessi l'espressione del tuo stesso viso, avresti un orgasmo..."

Che diavolo è un orgasmo?

"Sei pronto... ma ho paura che non durerà molto a lungo!" mormora lei, sorridendo. "Vuoi regalarmi la tua verginità?"

Cosa intende per verginità?

E' vero, è la mia prima donna... e l'unica donna che avrebbe potuto esserlo.

"Si!..." rispondo, quasi gridando.

Sento una sensazione strana, deliziosa, come se una parte di me, no, tutto di me fosse entrato in un luogo stretto, caldo e scivoloso. Le mie mani stupite scoprono che sono finito dentro il corpo di Nemesis, o meglio, lei si è infilata sul mio. La sento mugolare:

"Sarai bello come una ragazza... ma qui sotto sei un maschio... e niente male per la tua età!"

Si china su di me, mi bacia e muove lentamente i fianchi. Sento tutto un gioco di muscoli che mi stringono, come se dovessero a malincuore lasciarmi... ed invece ecco che si lasciano andare, e poi di nuovo su... e giù...

Afferro Nemesis e l'aiuto istintivamente nel movimento, travolto da un godimento assoluto che sfonda ogni mia resistenza possibile; tutta la mia energia è raccolta nel ventre e sta per esplodere, ed io sto gemendo come se mi stessero torturando, ma non è dolore... è qualcosa di selvaggio che mi afferra il respiro, ed ho bisogno di sfogare la tensione insopportabile dei miei muscoli, oh il piacere, il piacere, il piacere...

"Vieni, mio piccolo allievo... vieni, vieni!" mi incita Nemesis, con voce esaltata, muovendosi più forte, aumentando il ritmo.

"Si! " grido, completamente impazzito, "Ancora... ancora... non ti fermare, non ti... fermare..."

Raggiungo un'estasi che non avrei mai creduto possibile, una pulsazione deliziosa nella mia carne, mi inarco tutto e trattengo il fiato nel sentire quella sensazione inenarrabile... poi finisce, e posso finalmente respirare, a singhiozzi, come se avessi tagliato il traguardo di una corsa infinita.

Sono tramortito dall'impatto di quell'esperienza sul mio corpo e sulla mia mente. Sono tutto bagnato, fradicio di sudore, ed i miei pensieri si fermano come non hanno mai fatto in tutte le mie ore di meditazione. Una pace sovrumana si fa largo dentro di me, mentre mi sento fremere ancora, lievemente, al ricordo di quel piacere.

Sento Nemesis appoggiarsi a me, mettere la sua testa sulla mia spalla, e la accarezzo con mani tremanti, la stringo forte per comunicarle tutto ciò che provo per lei... emozione, devozione, gratitudine... amore.

Restiamo in silenzio, abbracciati, per un tempo lunghissimo.

"Sembrava quasi il tuo primo orgasmo," mi dice alla fine lei, con dolcezza, asciugando il mio corpo. "E' stato bellissimo... Grazie di cuore, Shun."

Di cosa mi ringrazia? Ha fatto tutto lei...

"Non ho mai provato niente di simile in vita mia," le dico, con tutta la mia sincerità. "Te lo giuro, Nemesis, è stata davvero la mia prima volta... "

"Ti credo. Qui non hai potuto che essere casto finora, e non credo che a undici anni tu facessi esperienze erotiche di questo tipo." Ride, mi accarezza. "Ed ora come ti senti?"

Sorrido."Mi sento... felice."

"Anch'io mi sento così." Esita, a lungo, poi aggiunge con improvvisa, profonda serietà: "Sappi comunque che non ho mai fatto niente di simile per nessun altro al mondo... né maestro, né allievo."

"Perché l'hai fatto per me, allora?" le chiedo, in un sussurro.

"Perché non ho potuto fare a meno di farlo."

Sento quasi il suo sguardo pensieroso su di me.

"Ora riposa, l'alba arriva presto."

Mi lascia, mentre tutto il mio essere anela ancora a lei. Ma non ho il coraggio di fermarla, di chiederle nulla... non è una donna libera, rammento con dispiacere. E chissà cosa le farebbe Albyon se scoprisse la sua parzialità nei confronti di un allievo... altroché l'uovo che mi aveva regalato! E' venuta addirittura a letto con me...

Ha fatto l'amore con me!

Quel pensiero mi rotola incessante nella mente, riempiendomi di stupore ed euforia. Ed all'improvviso io non sono più un bambino. Sono un ragazzo con una voglia arretrata di piacere, una nuova voglia insaziabile.

Quando Nemesis mi slaccia finalmente la benda, rivedo la solita maschera ed il solito costume da regina sadica. I miei occhi si posano sulle protezioni sporgenti dei suoi seni.

E faccio ciò che un'ora prima non avrei mai pensato, osato pensare di fare...

La circondo con le braccia, approfittando della sua vicinanza. Avvicino le labbra a quelle piastre convesse, e le sfioro con la punta della lingua assaggiando il metallo, là dove dovrebbero esserci i capezzoli.

Che sensazione eccitante...

Nemesis trema, mi guarda e dice: "Forse tu non sei mai stato davvero casto, Shun. Ho paura di averti reso consapevole del tuo potenziale erotico. Stai molto attento ad usarlo, se non vuoi che si trasformi in un pericolo per noi tutti."

***

Quell'inaspettata lezione di sesso ha delle conseguenze notevolissime su di me.

Il giorno dopo mi sembra di essere un moribondo che sia rinato: mi sento leggero e allegro, e nemmeno il tetro e monotono paesaggio di Anthrâmatha riesce a deprimermi. Per la prima volta me ne infischio veramente del mio aspetto, sorrido quando sento i miei compagni salutarmi ironicamente:

"Salve, Andromeda!"

Scherzate pure, mi verrebbe da gridare, voi siete qui che vi accarezzate sui vostri letti inseguendo fantasie su Nemesis, io invece ho fatto l'amore con lei!

L'oscura sacerdotessa è magnifica nel trattarmi esattamente come se niente fosse successo. E' severa come sempre: supervisiona alcuni combattimenti di allenamento tra postulanti, e non risparmia critiche a nessuno, nemmeno a me... anzi.

"Vergognati, Shun!..." mi urla, inferocita, "Tecnica pietosa, concentrazione assente, se questo fosse un combattimento vero saresti già morto! Dov'è finito tutto quel che ti ho insegnato finora?!"

Redha è soddisfatto di aver riparato alla stranezza di essersi fatto battere da me una volta, e mi guarda trionfante. Io rispondo con un sorriso sfacciato, come per dirgli che non mi importa proprio nulla che mi abbia battuto. Mi rialzo, raccolgo le catene e rivolgo appena un'occhiata dolce alla mia maestra d'armi e d'amore.

La frusta di Nemesis si attorciglia fulminea intorno alle mie caviglie, lei dà uno strattone e finisco per terra. Non ho neanche il tempo di rendermi conto di quel che è accaduto, che una dietro l'altra cominciano a piovere frustate sulla mia schiena, così forti da ridurre quasi a brandelli la mia tunica e strapparmi urla di dolore.

Stavolta Nemesis fa sul serio...

Smette solo quando mi vede semisvenuto, mi afferra per i capelli, mi alza la testa e mi dice, soavemente: "Capita la lezione, fanciullo?"

Gli altri postulanti deglutiscono, pensando che quella sia la punizione per una prestazione mediocre. Io capisco invece la mia vera colpa, quella di aver rischiato di tradire il nostro incredibile segreto, dimenticandomi che Nemesis è ancora la mia maestra, ed io il suo allievo. Striscio umilmente al mio posto, con la schiena in fiamme, pensando che me lo sono meritato, e dandomi dello stupido.

Quella notte lei viene a spalmarmi di unguento tutte le strisce che mi ha inciso addosso.

"Non è per vederti fare il gradasso che ti ho levato la tua ingombrante verginità, stupido!" mi dice, finendo di medicarmi, e mi assesta persino un sonoro, materno sculaccione.

"Ahi!..." Stringo i denti. "Ti prego... non picchiarmi più!"

"E allora non sprecare i tesori che ci sono in te. E non credere che la disciplina si allenti. Casomai, ora pretenderò ben di più... per cui non costringermi a spellarti di nuovo, chiaro?"

"Si, maestra... chiarissimo!"

Un ultimo sculaccione sigilla la lezione.

"Bravo ragazzo," dice lei, con voce un po' meno severa.

Nonostante la debolezza ed il dolore che provo, non posso trattenermi. Mi alzo sulle braccia, mi volto e la abbraccio, mettendo la testa contro il suo ventre. Chiudo gli occhi e le accarezzo le cosce nude, sospirando:

"Però, maestra... mi hai fatto veramente tanto male..."

Lei esita, poi sento la sua risatina roca. "Ed ora vorresti essere consolato, vero?"

Mi insegna una nuova posizione, mettendosi sotto a me anziché sopra, visto che per un bel pezzo dovrò giacere bocconi anziché sulla schiena. Scopro con stupore che il dolore a volte può essere eccitante: l'idea di fare l'amore con chi mi ha picchiato a quel modo mi stuzzica in un modo che una volta mi avrebbe riempito di orrore...

Lei ride e mi dice:

"Mi sa che adesso tutto è buono per farti godere, piccolo depravato. Sei anche masochista!"

Mi deve spiegare il significato di quella parola. Io resto piuttosto scosso, perché sembra una cosa così peccaminosa, ma nonostante tutto non mi sento assolutamente in colpa. Allora le chiedo se lei si ecciti a frustarmi.

"A volte, lo ammetto... ma non quando lo faccio per correggerti sul campo di combattimento, dove un errore può costarti la vita!" La sento ridacchiare. "Però, se fossimo soli, e se fosse un gioco, e se fossi sicura che sotto sotto non ti dispiacerebbe... allora un po' più sadica lo sarei volentieri." Mi solletica la faccia con la punta della sua frusta. "Vuoi provare?"

"No!..." esclamo spaventato. Ci mancherebbe altro! Già mi sento addosso la febbre, dopo quel che mi ha fatto...

"Allora impara altri modi per soddisfarmi."

"Soddisfarti?" ripeto, stupito.

"Ragazzo mio, sei molto bello e molto ardente, e prometti bene... ma sei ancora un cucciolo inesperto."

Mi sento umiliato. Che stupido, ho creduto che lei godesse proprio come me. O meglio, devo ammettere, non avevo nemmeno pensato che lei avesse bisogno di godere...

Nemesis si rimette la maschera a malincuore, e mi concede di togliermi la benda perché io veda e sappia com'è fatto l'adorabile corpo femminile. A guardarla mi manca il fiato, è così bella! Spalanca le gambe davanti al mio naso spiegandomi cos'è quella strana cosa che vedo e che è così diversa da quel che ho io, e mi insegna cosa devo fare per farla contenta: il che assomiglia un po' a quel che lei ha fatto a me la prima volta.

Scopro la dolcezza di donare anziché prendere, e ci prendo un gusto quasi incredibile. Mi sento molto virtuoso mentre ascolto i mugolii di piacere di Nemesis, perché mi sembra di poterle ricambiare, almeno un poco, gli immensi favori che mi ha fatto.

La mattina dopo casco dal sonno, e sono più pesto e dolorante che mai, ma sono felice e sicuro di me. Nonostante lei mi abbia concesso un giorno di riposo, decido di dimostrarle il mio impegno e tento un'impresa segreta: mi concentro sull'energia cosmica e cerco di mandarla dove mi fa più male.

Ci riesco! Posso sentire le mie ferite guarire, quasi come se la mia energia stimolasse la rigenerazione delle cellule. E' forse la prima volta che controllo coscientemente il processo, e sono felicissimo, anche se lo sforzo di concentrazione mi rende inevitabilmente il peggiore in campo. Ma non sono rimproverato più del solito.

"Povera Nemesis," dice Saltius, "Si è stufata del suo allievo. Ormai è senza speranza."

"Incredibile come quel ragazzino sia ancora in piedi dopo la lezione di ieri!"

"Si vede che è così viscido che persino la frusta gli scivola addosso. Più la pulce è piccola e più è difficile schiacciarla!"

In alto, sulla terrazza del tempio, il solenne Gran Maestro osserva tutto, e probabilmente raccoglie questi lusinghieri commenti su di me. Ma non mi importa molto: sono così contento dei miei piccoli progressi nel regno dell'introspezione, che mi importa se risulto sempre il peggior guerriero dell'isola?

Vado sempre a meditare in solitudine, tutte le sere che c'è sereno in cielo, senza aspettare più gli ordini dei maestri. Ho avuto il mio primo contatto cosmico nel colmo della disperazione: ora che mi sento così sereno lo provo sempre meglio. Mi rendo conto che Nemesis non ha sciolto solo i vincoli della mia sensualità, ma anche i vincoli ben più forti e misteriosi che mi impedivano di esprimere la mia energia interiore. C'è in me uno strano parallelo tra erotismo e sensibilità cosmica, come se queste cose fossero intimamente correlate. Forse il mio miglioramento non è dovuto solo al senso di sicurezza che Nemesis mi ha dato, ma a qualcosa di più profondo. Non sono mai stato casto, è vero: in fin dei conti sono sempre stato un bersaglio di attenzioni erotiche, ed ho vissuto molto intensamente le mie esperienze sensuali, positive o negative: è questo forse il segno esteriore del mio talento misterioso, quello che mi ha fatto scegliere da Alman di Thule?

A volte, sul sentiero occidentale, incontro il mio maestro segreto, che si siede accanto a me e cerca di aiutarmi nei miei esercizi di meditazione. Gli rivolgo la domanda che mi circola sempre nella mente: come mai possiedo quel misterioso talento, proprio io che sono così inadatto a combattere?

"Combattere non è tutto nel destino del cosmo! Non c'è distruzione senza creazione. Tu senti il cosmo perché ami profondamente la vita. Forse che le stelle, le galassie o l'intero universo non sono vivi? Per te il cosmo è questo... gioia, bellezza, meraviglia di esistere. Non dimenticherò mai le tue parole..." Si interrompe.

"Quali parole?" chiedo.

"Non importa," dice lui, a voce bassa. E mi guarda. "Dimmi, piuttosto: sei felice?"

"Anche se può sembrare strano su quest'isola maledetta... si, sono felice."

"Lo vedo... posso quasi sentire la tua piccola energia cosmica danzare! E' come se tu... fossi innamorato."

"E' vero," confesso.

"Ahhh... l'antica forza dell'universo all'opera nel tuo bel corpicino!" sorride lui, "Non te ne vergognare, è una cosa meravigliosa. Non ti chiederò di chi, anche se la risposta è ovvia. Si vede proprio che siamo amici, eh? Siamo innamorati persino della stessa donna..."

Si mette a ridere quietamente. Mi chiedo se sappia fino a che punto amo quella donna. Ma non glielo rivelerei mai. Non è un segreto che mi appartenga.

"Su, avanti, riproviamo." Mi mette una mano sulla spalla. "Respira profondamente, guarda le stelle e concentrati di nuovo."

Gli obbedisco, sentendo la sua presenza confortante accanto a me.

"Bravo... lo senti, vero?" mi sussurra, mantenendo il contatto con me ad occhi chiusi. "Dirigilo verso le tue mani. Lentamente. No! Lo stai perdendo!..." Apre gli occhi, sospira. "Coraggio. Provaci di nuovo."

"Oh maestro, è così difficile!"

"No, per te no. Non devi aver timore di fallire. Rilassa te stesso. Guarda le stelle." La sua voce dolce e profonda si abbassa di tono. "Sii tu le stelle, senti il loro calore, il pulsare dei loro giganteschi corpi, che poi sono piccoli come atomi..."

Mi metto ad ansimare. Non riesco a resistere, è così estatica quella sensazione...

"Ehi, piccolo samurai... non devi fare l'amore con il cosmo, devi solo sentirlo!" dice lui, con la solita, benevolente malizia.

"Ma è così bello..."

"Ma anche tu, se continui a godere a quel modo sotto i miei occhi. Finirai per farmi commettere qualche sciocchezza!"

Per un attimo il mio cuore si ferma, sento uno strano calore al viso. Se solo il mio maestro segreto commettesse quella sciocchezza... se mi facesse riprovare la sensazione di quando mi ha accarezzato... se potessi sentire le sue labbra sulle mie...

"Ehi, hai perso di nuovo il contatto!" esclama lui, severamente. "Non era così bello? E allora a cosa diavolo pensavi?"

"Scusami," dico, arrossendo.

Ora che conosco il piacere del sesso, dovrei desiderare una donna; ed infatti la desidero... però niente mi impedisce di desiderare anche lui! Mi piacerebbe che fosse Ikki, ed in un certo senso è come se lo fosse. Non mi è sempre stato vicino nei momenti di sconforto? Non mi ha aiutato con tenerezza a sopravvivere in quest'inferno?

E poi qualcosa in lui mi affascina... qualcosa di fisico, intenso; ed anche il suo mistero, il fatto che conosca solo qualche tratto del suo viso, ma non il suo nome...

"Riproviamo," sospira lui, ostinato.

Mi concentro. In questo momento la massima soddisfazione per lui sarebbe vedermi riuscire. Non voglio deluderlo per l'ennesima volta!

"Ci sei," sussurra lui. "Ora le mani... lentamente."

Il controllo mi sfugge, ma stringo i denti: no! Non devo perdere la concentrazione!

Ed ecco che riesco di nuovo a imbrigliare il mio piccolo cosmo, a mandarlo verso le mani...

"Forza! Mettici tutta la tua volontà!" mi incita lui, col fiato sospeso.

Avvicino le mani, lentamente, fissando lo spazio tra di esse con occhi sbarrati. L'energia! E' tutta lì, tutta la mia vita, il mio amore, la mia forza...

Una luce più fioca di una lucciola si accende tra le mie dita, per poi subito spegnersi lentamente.

"Ahhh!..." sospira il mio maestro, quasi con sensualità.

Le mani mi tremano, sono scosso fino alle lacrime. "Cos'era... quello, maestro?"

"La manifestazione fisica del tuo cosmo interiore!" risponde lui con emozione. "La tua prima, piccola luce... che però ti può aprire le porte di un cosmo più vasto!" Mi abbraccia, con calore. "Grazie di avermi fatto assistere a questo piccolo, grande miracolo!"

"Oh, maestro..." mormoro, commosso, circondandogli il collo con le braccia. "Se non ci fossi tu... io non riuscirei a nulla!"

"Non è vero," mi sorride lui. "Non faccio altro che indicarti la strada, ma tu la percorri da solo. Sono molto orgoglioso di te!"

Sono così felice di sentirglielo dire...

Mi scompiglia i capelli e poi mi lascia.

"Però, piccolo samurai... sarebbe ora che tu usassi appieno la tua consapevolezza cosmica anche per combattere. Non puoi restare qui in eterno a contemplare la bellezza del cosmo... non se vuoi l'armatura di Andromeda!"

La mia felicità svanisce un poco.

"Non capisci che è per questo che Albyon ti perseguita?" insiste il mio maestro.

"Non ho paura di lui."

"Bugiardo!"

Mi sento avvampare. Ha ragione, come sempre... non posso vedere quella stola, quella maschera senza provare un tuffo al cuore, senza chiedermi spaventato quale cattiveria si prepari per me.

"Maestro," mormoro, "una volta sola ho usato la mia consapevolezza per battermi. Ho vinto tutti... e sono stato tremendamente infelice. Che soddisfazione potevo provare vedendo i miei compagni a terra, umiliati e battuti, che mi guardavano con risentimento, o peggio con odio autentico?"

"Nessuno di loro è mai stato tuo amico. Nessuno di loro ti ha mai risparmiato violenza o sarcasmi."

"Ma non sono cattivi... dentro di loro non lo sono affatto. Sono solo disperati perché si allenano qui da anni con fatica e dolore. E sono violenti solo perché hanno insegnato loro ad esserlo. I sarcasmi? Non sono che parole... ed io ormai mi sono abituato..."

"Non è vero, tu soffri quando ti lanciano i loro insulti gratuiti."

Respiro profondamente.

"E va bene, ci resto male. Ma non voglio odiarli per questo. Qualcuno deve pur interrompere questa catena perversa di cattiverie, o non finirà mai..."

"E tocca sempre a te farlo?"

Lo guardo, con tutta la mia innocenza. "Se nessun altro è in grado di farlo tranne me, perché dovrei tirarmi indietro?"

Lui sospira pesantemente.

"Sei commovente, ragazzo... forse l'unica cosa veramente bella di quest'isola, però bada: la tua bontà non deve essere un ostacolo al tuo destino. E se i tuoi compagni suscitano immeritatamente la tua pietà, pensa che se vuoi l'armatura dovrai batterti a livello ben più alto del loro..."

"Che vuoi dire?"

Lui cambia posizione, si rimette di fianco a me.

"Ascoltami. Forse la tua consapevolezza attuale, ben applicata al combattimento, ti può rendere imbattibile per tutti i tuoi compagni, che hanno passato il tempo a far muscoli anziché cercare il potere delle stelle. Ma non è sufficiente a salvarti dal più basso dei maestri, che per essere tale possiede più o meno la tua stessa consapevolezza cosmica... e non dimenticare Albyon!"

Mi sento rabbrividire. "Vuoi dire che... per diventare cavaliere dovrei battere lui?!"

"Certamente," sospira lui, e abbassa la testa. "Vedi, il tuo piccolo cosmo si è incamminato sulla stessa strada che ha intrapreso lui, anni fa. Albyon è arrivato al termine della strada. La sua energia interiore è la più grande possibile... ma non è completa. Qualcosa gli manca, una sensibilità aliena da lui, gli manca... l'altra faccia della stessa energia che manipola." Rialza la testa. "Solo il cavaliere potrà batterlo... solo colui che avrà in sé il cosmo completo. Chiunque si ostinerà a rimanere sulla strada imperfetta che lui occupa ora, sarà spazzato via."

E mi guarda, con angoscia.

"Devi far presto a crescere," mormora, "potrebbe essersi già accorto di te."

***

Nemesis viene a trovarmi anche quella notte, come ha già fatto altre volte... un rito ormai così assiduo che non riesco più a prendere sonno, ma aspetto trepidante il suo arrivo. Lei mi benda come al solito e si spoglia, facendomi poi tuffare nella meraviglia del suo calore femminile. Ormai ho imparato a fare l'amore con lei, non a farmi semplicemente violentare, e mi sento meravigliosamente virile, mi sembra di essere un uomo adulto con la mia donna, non un giovane allievo con la sua maestra.

"Ti amo, Nemesis," le mormoro, dopo il piacere squisito che ci siamo procurati a vicenda.

Lei mi chiude la bocca con la mano.

"Non dirlo."

Bacio la mano che mi preme sulle labbra, la solletico con la punta della lingua fino a farla ritrarre. "Perché?"

"Che puoi saperne tu dell'amore? Non sei che un ragazzino appena sedicenne. Quel che provi per me è solo desiderio sessuale."

"Non è vero. Darei tutto per te. Morirei per te. Non so se l'amore a cui ti riferisci sia diverso da questo, ma io... non ho altro modo di amare che questo."

"Ed è così che ami il tuo adorato fratello? E' così che ami... il mio uomo, anche?"

"E' diverso..."

"Diverso solo perché non sei ancora andato a letto con loro."

La sua amarezza mi lascia sconcertato.

"Non osare parlarmi d'amore," mi dice, con voce dura. "Quel che ho fatto è stato solo aprirti una scorciatoia per aumentare il tuo livello di consapevolezza. Il cosmo di Andromeda richiede una maturità che tu non potevi avere, per quanto fossi stranamente precoce. Il dolore ti ha fatto crescere in fretta, ma il piacere ha fatto di più: ti ha reso un uomo. Ora sento il tuo potere che cresce ogni giorno, e farei qualsiasi cosa, qualsiasi, pur di aumentarlo..." Mi prende le mani e me le stringe con forza, la sua voce è quasi disperata. "Tu non sai quanto voglio che qualcuno tolga finalmente Albyon dal suo maledetto trono, e lo riporti al livello di un essere umano!..."

Lascia le mie mani, la sua voce si rattrista profondamente.

"Tu sei strano. Sei diverso. Ho sempre sentito, vagamente, il cosmo che covava in te. Ti ho considerato uno strumento del destino, ti ho avuto bambino nelle mie mani e ti ho addestrato con pazienza e tenacia, crescendoti ed accudendoti a costo di mancare a tutti i miei voti di sacerdotessa-guerriera. Giorno dopo giorno ho imparato a conoscerti, ed ho scoperto che eri ben più di un fanatico guerriero da mandare probabilmente al macello..." China la testa sulla mia spalla, e mormora con voce rotta: "Tu sei un essere meraviglioso, Shun, e meriteresti davvero di essere amato. Non farmi dunque vergognare di ciò che ho fatto con te e di te, parlandomi d'amore. Io ti sto semplicemente usando. Per il mio futuro, per la mia gioia... e per il mio piacere..."

L'ultima parola è quasi soffocata.

Io sento il suo dolore. Mi percorre attraverso la pelle come quando sento invece la sua gioia, la sua eccitazione. La abbraccio e le rispondo:

"Non devi vergognarti, Nemesis. E' tuo diritto usarmi, in fin dei conti ti appartengo. Sono vivo grazie a te, ti devo tutto. Quest'isola è un inferno, ma tu mi hai dato ben più di un addestramento... sei stata la mia amica e la mia compagna. Hai distrutto le mie paure del passato, mi hai dato pace e sicurezza, ed il piacere che hai provato tu l'ho provato anch'io... e forse più di te." Sospiro. "Può darsi che tutto quel che hai fatto per me sia fatica sprecata, che il piccolo cosmo che tu ed il tuo compagno mi avete aiutato ad ottenere non sarà sufficiente a farmi vincere l'armatura... ma anche se dovrò morire per questo, almeno me ne andrò avendo provato anche la dolcezza della vita, e non solo il suo dolore. Di questo, Nemesis, te ne sarò eternamente grato."

Lei non risponde, sento solo un lieve tremito delle sue spalle. Silenziose, le sue lacrime calde mi scivolano sul collo

.

***

Alla fine di un giorno di esercitazioni estenuanti, sotto un sole più spietato che mai, veniamo tutti convocati davanti al tempio, al campo dei combattimenti, e ci dicono di portare le catene.

Pensiamo subito ad una sessione di duelli, ed io mi sento tremare: non ho voglia di battermi, o meglio, di essere battuto...

Ma non troviamo le armature di cuoio ad aspettarci. E del resto tutto sembra muoversi con una coreografia diversa dal solito. Ci sono tutti i maestri, schierati in cerchio, ed il campo è stato preparato con tre cumuli di pietre ad altezza d'uomo, tre bersagli presumibilmente. Sulla terrazza del tempio, in piedi, ci aspetta il Gran Maestro con la solita veste, la solita maschera impassibile e la solita stola ondeggiante.

Ci inchiniamo davanti a lui, e ci chiediamo cosa mai voglia dirci di così importante.

Egli prende un vetusto bastone e lo conficca in uno dei fori scavati nella roccia alle sue spalle: un arcaico calendario, come Nemesis mi ha spiegato una volta. Poi si volta di nuovo verso di noi.

"Postulanti di Athena!" esordisce, e la sua voce risuona per tutta la piana, riflessa dalla cavità acustica della pietra dietro a lui. "Tra un mese lunare ci sarà l'alba eliaca di Andromeda. La costellazione a cui è sacra quest'isola sorgerà assieme al sole. Un'occasione celeste adatta per la Prova Suprema!"

Ammutoliamo tutti. La tremenda, inappellabile conclusione dell'addestramento che tutti paventavamo... tra ventotto giorni!

"Il postulante più giovane è qui da quasi cinque anni," continua Albyon, "Il più anziano da più di otto. Avete avuto tempo a sufficienza per dimostrare il vostro valore. E' tempo ormai che il vostro destino si compia."

Fa un gesto, e dei sacerdoti lo liberano dalla veste e dalla stola.

"Ventotto giorni sono un'eternità. Affinché sappiate a cosa prepararvi, e affinché anch'io sappia chi sono coloro che aspirano veramente all'armatura, vi mostrerò un esercizio dell'Arte Sacra. Vi ordino di guardarmi e di ripetere, uno alla volta, quel che farò io."

Sparisce all'interno del tempio per poi uscirne dall'ingresso, mostrando la muscolosa perfezione del suo fisico, solitamente nascosta dall'ampia veste sacerdotale. E' l'uomo che più temo nell'universo, eppure qualcosa nella sua bellezza mi turba un poco...

Prende le sue catene che un maestro gli porge, si mette in posizione in mezzo al campo, tra i bersagli. Respira profondamente, ho quasi l'impressione di sentire l'energia cosmica che si accumula in lui.

Ed ecco che comincia un'esibizione da lasciare a bocca aperta.

Lancia la catena di difesa con un movimento del polso ed essa cade a terra a qualche metro da lui. Egli piroetta rapidamente in modo che la catena disegni a terra una spirale, con lui nel mezzo. Un colpo quasi noncurante di braccio, e un'onda comincia a percorrere la catena, che salta come una cosa viva. Altri impulsi la fanno letteralmente danzare, un muro tintinnante si forma intorno a lui...

"Difesa bassa," dice, senza alcuno sforzo apparente nella voce.

La sua mano si alza, la catena si stacca dal suolo e comincia a turbinargli attorno mantenendo intatta la forma a spirale. Quasi non si sente tintinnare, è come una cosa solida! Si sente solo il sibilo dell'aria tagliata da essa.

"Difesa a spirale."

Un gesto apparentemente quieto del polso destro gli porta in mano il peso triangolare della catena di attacco. Il braccio destro scatta a frusta, e la seconda catena schizza come un lampo, colpendo un bersaglio. Un altro movimento, ed il peso ritorna quasi magicamente ai suoi piedi; con un calcio se lo riporta in mano, pronto per colpire di nuovo.

"Attacco coperto."

Per tutto questo tempo la mano sinistra ha continuato a far girare la catena di difesa, come se fosse indipendente dal corpo. E l'attacco è stato lanciato con un tempismo perfetto per non far toccare le due catene!

Lui ripete il miracolo colpendo tutti i bersagli. Poi si ferma, la catena di difesa ricade a terra tracciando di nuovo una spirale.

Noi siamo rimasti senza fiato.

"Avete visto?" ci chiede, tranquillamente. "Fate lo stesso... o tentate di farlo."

Raccoglie le sue catene e torna dai maestri, che lo rivestono devotamente e pettinano la sua sterminata coda di capelli. Poi rientra nel tempio, per riapparire alla terrazza, dove hanno messo un seggio regale per lui.

"Dio mio!..." mormora Redha, impressionato come tutti.

"E' impossibile per noi," dice un altro, e sono d'accordo con lui. Come può Albyon credere che si possa ripetere quella perfezione, e con la stanchezza di una giornata sulle spalle?

Ma è un ordine, e dobbiamo obbedire. Uno alla volta, chiamati dai loro maestri, i postulanti vanno in mezzo ai bersagli e tentano. I risultati sono penosi, ci verrebbe da ridere se non sapessimo che dovremo tentare tutti quell'impresa. Alcuni si fanno anche molto male con le catene che manovrano, e che scattano impazzite ad ogni errore: l'esercizio sembra fatto apposta per punire chi commette anche il minimo sbaglio.

Io penso alla Prova Suprema, alle parole angosciate del mio maestro. Albyon dunque ha deciso di farla finita con un potenziale concorrente al suo trono della consapevolezza cosmica? O ci sono altri tra i postulanti che la possiedono più di me? Non sembra proprio: nessuno sta facendo bella figura, sul campo...

Ma io potrei. Non ci sono avversari, solo pietre da abbattere: quindi nessuno scrupolo di coscienza: sarebbe bello che Albyon mi vedesse finalmente usare la consapevolezza cosmica a livello cosciente!

Cerco pertanto di concentrarmi sui movimenti che gli ho visto fare: ho memorizzato la sequenza dei suoi gesti, li ripasso mentalmente nei miei muscoli. Penso a Nemesis, alle sue violente parole contro quell'altezzoso Gran Maestro, che lei sogna di abbattere dal suo trono. E le dico silenziosamente: Sarai fiera di me quest'oggi! Cercherò di dimostrare ad Albyon quanto vali come maestra, e quanto vale quest'allievo che ha sempre maltrattato...

Ecco, finalmente tocca a me!

Prendo le mie catene, mi alzo pieno di tensione, pronto per tentare la mia impresa. Mi porto al centro del campo, e comincio a concentrarmi...

"Che ci fai tu in mezzo al campo, ragazzo?"

La voce sferzante di Albyon interrompe la mia concentrazione. Alzo la testa e lo guardo, stupito.

"Maestro... eseguo i tuoi ordini..."

"Ah! Ma i miei ordini non riguardano un bambinetto che in quattro anni non ha ancora imparato un attacco decente. Ho un'altra grande impresa in serbo per te." Posa le mani sulle ginocchia e si sporge in avanti, la sua maschera mi fissa con la sua non-espressione odiosa. "Ai piedi della cascata c'è il carro con tutte le stoviglie da lavare. Prendi sabbia e stracci, e dai il massimo di te stesso!"

Per un istante un silenzio irreale cala sul campo. Le parole sarcastiche del Gran Maestro hanno davvero sorpreso tutti i presenti. Vedo un movimento tra i maestri: è Nemesis, che ha fatto un passo avanti, stringendo spasmodicamente la sua frusta... il suo petto si alza e si abbassa rapidamente.

Ma tace, come tacciono tutti del resto, aspettando la mia reazione a quell'incredibile, terrificante insulto.

Sto tremando, sull'orlo delle lacrime. Albyon dà un'occasione a tutti, dunque... ma a me no! Non mi lascia nemmeno tentare, mi manda invece a lavare i piatti come uno sguattero, dopo tutto quel che ho faticato per allenarmi, dopo tutta la mia preparazione mentale, dopo tutto il lavoro di Nemesis su di me...

"Ti ho dato un ordine," dice minacciosamente, vedendomi esitare. "Intendi disobbedirmi anche stavolta?"

Mi sento come se mi avesse sputato in faccia davanti a tutti, e quel che non credevo nemmeno di avere, il mio orgoglio, mi brucia nel petto peggio di una ferita. Ma non è ancora tempo per me di battermi contro di lui, anche se forse stavolta lo attaccherei davvero con tutto me stesso. Devo invece trovare la forza di accettare anche quell'umiliazione. E non mi è mai costata tanta fatica in vita mia...

Respiro profondamente, raccolgo le mie inutili catene, mi inchino e dico, con voce soffocata:

"Come desideri, maestro."

"Allora sparisci. Chi è il prossimo?"

Esco mestamente dal campo.

I miei compagni sogghignano, sento una voce che dice: "Il Gran Maestro ha finalmente trovato la tua vera vocazione, Andromeda!"

"Si," fa eco quella di Saltius, "La massaia!"

Una risata scrosciante segue quella battuta feroce. Io me ne vado a testa bassa, senza avere il coraggio di guardare in faccia nessuno, e aspetto di voltare l'angolo per appoggiarmi al bassorilievo di Andromeda e mettermi a piangere di rabbia impotente e di umiliazione.

Perché, Albyon?!... Perché non la smetti di perseguitarmi così? Che male mai ti ho fatto per meritare tutto questo? So che mi ucciderai tra un mese, ma perché svergognarmi così davanti a tutti i miei compagni, e davanti ai miei maestri?... Non ho passato questi quattro anni a soffrire, a lottare, a sopravvivere per essere messo a lavare i piatti...

Mi asciugo le lacrime, mi decido ad andare ai piedi della cascata fumante, dove perlomeno non c'è nessuno: tutti infatti sono intorno al campo dei combattimenti. Come Albyon ha detto, il carro mi aspetta. Pile di ciotole, tazze, cucchiai, coltelli e pentole: c'è tutto il servizio dell'intera isola, tempio compreso!

Meno male che sono da solo, non sopporterei l'umiliazione ulteriore di aver qualcuno che mi guarda. Poso le mie catene prima che la rabbia che provo mi spinga ad usarle su quel cumulo di stoviglie: forse è proprio questo che Albyon si aspetta da me, tanto per avere poi un altro pretesto per punirmi. Fisso torvamente quel nauseante ammasso di terraglie: sono stanco morto e l'ultima cosa che vorrei fare è lavarle, specialmente mentre i miei compagni danno dimostrazione della loro abilità sul campo, e si fanno beffe di me...

Prendo la prima ciotola dal mucchio e faccio per buttarla in qualche modo nell'acqua. Ma mi fermo di scatto.

Qualcosa si muove sul fondo della ciotola. Guardo meglio. E' un insetto... una formica!

"...Ciao!" mormoro, stupito, restando lì immobile con la ciotola in mano.

E sorrido.

Formiche su Anthrâ! Altri esseri viventi che si ostinano ad abitare questo immondo mucchio di pietra basaltica e cenere vulcanica... Guardo commosso quella piccola creatura che cerca di sottrarre un frammento di cibo per il suo nido. Non ha in mente armature sacre, o lotte cosmiche, lotta semplicemente per la sopravvivenza, per il domani che non è ancora arrivato e che potrebbe non arrivare mai...

In che cosa dovrei essere diverso, io?

Poso delicatamente la ciotola. Ho dimenticato un po' il mio dolore interiore. E' così bello vedere che la vita è dappertutto, che niente, proprio niente in questo universo è veramente sterile! Fisso quell'esserino che trascina mezzo chicco di grano, scavalcando sassi che gli sembreranno montagne, perdendo il suo bottino e ostinatamente raccogliendolo; e penso che anche una formica può dare una lezione di semplice dignità, anche nel più umile dei lavori, purché sia fatto con il giusto spirito.

Mi sento nuovamente in armonia con il mondo, e posso liberarmi dal mio stupido risentimento verso Albyon: ma si, mi ha messo a lavare i piatti, forse ha fatto bene se è quel che posso fare meglio nella vita, piuttosto di lottare contro i miei compagni o inseguire vane vittorie, tanto tutto finirà tra ventotto giorni... perché preoccuparsi adesso di fare bella figura?

Mi ha ordinato di dare il massimo di me? Come vuole. Farò le cose per bene, come mi ha insegnato questa piccola formica. E senza lamentarmi.

Mi tolgo le protezioni ai polsi e le fasce alle mani, mi lego i capelli dietro alla nuca, impilo con cura tutte le stoviglie, le pulisco ammucchiando tutti i rimasugli di cibo in un angolo per le mie piccole amiche, prendo l'acqua calda della cascata e comincio a strofinarle con la sabbia, fino a tirarle a nuovo, una alla volta, con pazienza e attenzione, godendo la serenità di quell'umile lavoro manuale.

Il sole scende ed io sono ancora lì, sudato e affaticato, con le ginocchia che mi fanno male a furia di stare chinato a lavare e strofinare. Ma ormai ho quasi finito. Ho persino ordinato le stoviglie pulite con buona grazia sul carro, dopo aver lavato anche quello. Albyon non potrà dire che non ho eseguito a puntino i suoi ordini.

Mi rialzo, finalmente. Guardo il cielo e vedo i colori smaglianti del tramonto. Il silenzio mi circonda, non c'è nessuno nei paraggi, le esercitazioni sono finite da un pezzo. Il vento tiepido mi accarezza e scopro che persino su Anthrâ esiste la bellezza. E' come se avessi un'esperienza di contatto cosmico, senza bisogno di concentrarmi sulle stelle....

Ormai il mio lavoro è finito, sono libero. Mi fascio nuovamente le mani, mi allaccio le protezioni, e raccolgo le mie catene. Di nuovo mi guardo intorno: non c'è nessuno.

Posso provare a fare ugualmente l'esercizio che Albyon ha imposto ai miei compagni. Non per lui, ma per me stesso. Per Nemesis. Per il mio maestro segreto. Per mio fratello Ikki. Per tutti coloro che amo.

Preparo tre bersagli come quelli che c'erano nel campo dei combattimenti. Mi metto in mezzo ad essi, chiudo gli occhi e mi concentro con una facilità incredibile...

La mia energia brilla dentro di me. Sussurro il mio "Via!" quasi con dolcezza, ed ecco che i miei muscoli si mettono a danzare da soli, in una replica perfetta dei movimenti di Albyon. Non c'è vero e proprio controllo cosciente: nello stato di iperconcentrazione raggiungo una felicità estatica semplicemente rimirando i miei stessi movimenti e sentendo l'assoluta assenza di sforzo o fatica. La mia catena di difesa si mette a saltare gioiosamente, proprio come se avesse una vita propria, poi si alza a spirale... un esercizio che non mi era mai riuscito. Mantengo la posizione per un tempo senza significato, poi attacco. Colpisco il bersaglio senza rendermene conto, perché non era per esso che avevo lanciato la catena... sono così sereno e distaccato, che non mi importerebbe sbagliare. Ma non sbaglio, nemmeno una volta. Mi fermo alla fine e guardo stupito il disegno a spirale delle mie catene, a terra.

Ce l'ho fatta... ma tanto nessuno mi ha visto. Lo sguattero lavapiatti avrebbe battuto tutti i suoi compagni, oggi...

No, devo essere sincero. Non li avrei battuti. Perché non avevo raggiunto la meravigliosa tranquillità di spirito di adesso. Alzo gli occhi al bassorilievo di Andromeda, e capisco cosa mi è successo.

Ho fatto come lei. Ho tratto la mia forza da ciò che mi ha umiliato. Ed ora posso guardare tranquillamente nelle fauci del mostro.

Emetto un profondo sospiro, mi inchino alla mia signora celeste e raccolgo le catene, per tornare nella mia piccola casa.

***

I giorni passano, febbrilmente. Ognuno si prepara meglio che può alla fatidica Prova Suprema. Nemesis però non ha cambiato di un filo i consueti ritmi di ogni giorno. Sento la sua tensione solo quando mi assegna gli esercizi da fare: niente di nuovo, solo ripetizione ossessiva di movimenti che conosco a memoria.

"Che ti devo insegnare di nuovo, Shun? In quattro anni hai già appreso tutto quel che potevi dell'Arte Sacra e del combattimento. In questi pochi giorni non riuscirei a farti assorbire nuove nozioni, ma confonderei meccanismi già radicati in te. Voglio che esegua i vecchi esercizi concentrandoti non sui movimenti, ma sulla tua stessa coscienza. Devi mantenerti sempre all'erta e vigile, e conoscere esattamente le tue forze."

E' un piacere constatare che, nell'atmosfera di tensione di tutta l'isola, io rimango sempre un'occasione di buonumore per tutti. Un gruppo di miei compagni si ferma ad osservare i miei semplici esercizi e sento uno di loro esclamare:

"Salve, bel lavapiatti! Dicono che tu abbia fatto un così buon lavoro alla cascata che Albyon ti metterà a far lo sguattero per il resto dei tuoi giorni. Piantala dunque con quelle catene, che proprio non si addicono alle tue braccia sottili!"

Interrompo l'esercizio e mi volto verso quello che ha parlato. Non sono arrabbiato. Una volta avrei fatto finta di niente, ma ora voglio vedere in faccia chi vuole offendermi. Guardo negli occhi quel giovane, con suprema tranquillità, ed anzi un po' di malizia...

Lo vedo smettere di ridere, fissarmi arrossendo visibilmente.

I suoi compagni si accorgono del suo imbarazzo, e uno di loro dice, cupamente: "Io l'avrei qui qualcosa che si addice a questo ragazzino dagli occhi da donna."

"Già!" esclama un altro, "Non si sa neanche di che sesso sia. Chissà a quanti maestri ha fatto il servizietto per essere ancora vivo, molle com'è..."

"Che ne dici, Andromeda? Ci fai vedere finalmente se sei maschio o femmina? E' da tanto tempo che ci piacerebbe spassarcela un poco."

Una volta sarei stato atterrito da quelle parole. Stavolta ne sorrido. Li fisso tutti sfacciatamente, come per dire: d'accordo, chi di voi vorrebbe essere il primo?

E questo li sconcerta...

"Non avete di meglio da fare, voialtri?"

La figura minacciosa di Nemesis avanza a lunghe falcate, nella sua gloria di cuoio e borchie metalliche, la lunga frusta che striscia per terra come un serpente pronto a mordere.

"Ecco l'altra ragazza," borbotta uno di loro, "Potremo chiederle di unirsi alla compagnia, così non dovremo fare i turni."

Quasi non vedo il movimento di Nemesis, ma si sente uno schiocco terrificante, e quel baldo giovane si piega in due senza emettere un solo suono, ambedue le mani strette all'inguine.

"Filate, e portate con voi il vostro compagno... o compagna, ormai," dice lei, con voce di ghiaccio. "E non fatemi perdere la pazienza, o vi stacco quello di cui siete così orgogliosi."

Obbediscono alla svelta. Hanno senz'altro molta più paura di Nemesis che di me.

"E tu smetti di esercitarti, Shun," mi dice lei. "Cercati un posto tranquillo, dove la tua aria innocentemente perversa non turbi la mente del prossimo, e mettiti a meditare."

"Ma è ancora giorno..."

"Giorno o notte, che differenza fa? Andromeda è sempre al suo posto in cielo. Devi sentirla anche se si trova dall'altra parte della Terra. Che cos'è questo pianeta dopotutto? Solo un granello di polvere nel cosmo."

"Hai ragione," annuisco, e la guardo con un sorriso segreto. "E forse è meglio così. Di notte avrei ben altro da fare che guardare le stelle..."

Lei sospira, mi si avvicina. "Shun, per favore, non scherzare con il destino."

"Non sto scherzando, Nemesis," le rispondo. "Ma credo sempre che ci sarà un domani, e comunque finché sono ancora vivo... tanto vale approfittarne."

"E' quello che vorrei anch'io, con tutto il cuore..." La sua mano si muove appena verso di me, come se volesse accarezzarmi. "Però devi pensare al tuo cosmo. Devi assolutamente migliorarlo." Sospira. "In questo ormai non posso insegnarti più niente: l'ho visto spiandoti alla cascata, quando credevi di non essere visto."

Resto colpito.

"Eri lì a guardarmi?"

"Si..." la sua voce trema, "E ciò che hai fatto, e soprattutto come l'hai fatto è stato stupendo. Ma purtroppo non sono stata la sola a spiarti."

Distoglie il suo sguardo artificiale con un gesto di nervosismo.

Ed io capisco, con un brivido gelido nella schiena.

"Oh, no... non dirmi che c'era anche Albyon!"

Fisso il vuoto, agghiacciato. Cosa può aver pensato il Gran Maestro vedendomi sereno e sorridente nonostante il suo ennesimo insulto, vedendomi persino ripetere alla perfezione il suo stesso esercizio, che molti, se forse non tutti, avevano miserevolmente fallito?

Era questo forse che temeva il mio maestro segreto... ora Albyon sa che sono sulla sua strada!

"Medita, Shun," mi implora Nemesis. "Ti prego, cerca di ampliare il tuo cosmo, e di arrivare anche là dove Albyon non è arrivato. Mai come adesso devi fare appello a tutte le tue energie interiori. E' finito ormai per te il tempo dell'apprendistato: ora dovrai vincere, o morire. E contro Albyon, senza la perfezione... non vincerai mai."

***

"Che cos'è la perfezione, maestro?" chiedo quella sera al mio segreto mentore, che è venuto a trovarmi al solito sentiero, più cupo e taciturno che mai.

"E' il Tao," mi risponde. "Il punto dove Yang e Yin si incontrano. L'eterno e mutevole equilibrio, l'inafferrabile istante dell'unione di due principi." Sospira. "Come puoi chiedermi di spiegarti ciò che io per primo non sono riuscito a comprendere? Molte costellazioni sono nel cielo, ma Andromeda è particolare... il suo cosmo ha una caratteristica indefinita, un colore che i miei occhi non sanno apprezzare. Sono un cieco, e tu mi chiedi di descriverti la luce..."

"Forse tu... o Nemesis, o Albyon, avreste potuto essere cavalieri di altre costellazioni," rifletto, pensosamente. "Se tutto quel che vi manca è questa percezione inafferrabile..."

"Dimentichi il destino, piccolo samurai. Ognuno di noi è assegnato fin dalla nascita alla sua costellazione. Eravamo destinati ad Andromeda, abbiamo fallito con Andromeda... e quindi abbiamo fallito con tutto. Anche tu che sei qui... o sei destinato ad Andromeda, o al nulla. Ti avranno parlato della potenza dei vaticini per noi discepoli di Athena."

Annuisco, ricordando bene l'estrazione delle destinazioni, a Nuova Luxor... la mano misteriosa ed ineluttabile che aveva mandato alcuni proprio nelle loro patrie, e che aveva spinto Ikki a prendere il mio posto all'Isola Nera.

"Proviamo di nuovo," sospira lui. "Fammi sentire il massimo che puoi esprimere."

Si mette davanti a me, mi prende le mani tra le sue, chiude gli occhi.

Sento la sensazione inenarrabile del suo cosmo che contatta il mio, come se fosse una fiamma accostata ad una fascina. Respiro profondamente, e cerco di ampliare la mia energia, di incanalarne il più possibile. All'inizio provo una sensazione estatica, che si dilata, si dilata, finché mi sento grandissimo, mi sento grande come il sistema solare, e oltre...

"No!" esclama il mio maestro, togliendo le mani di scatto dalle mie.

Riapro gli occhi, ancora col fiato grosso.

"Non va bene," mormora, cupamente, "è imperfetta. E' grande, ma così banale, così superficiale... non incanali energia, la sottrai brutalmente al cosmo! E'... un cosmo maschile, dopotutto... maschile come il mio. Un cosmo Yang."

"Ma Nemesis..."

"Nemesis ha un cosmo Yin! E' imperfetta anche lei... incompleta. Ha fallito in maniera ancor più clamorosa di tutti. Si è dispersa. Sono anni ormai che non agisce quasi più attraverso l'energia cosmica, ma si limita a contemplarla..." Si passa una mano tra i capelli, e si porta davanti al petto la sua lunga coda sacerdotale, torcendola nervosamente. "Un momento. E' vero... non ci avevo pensato." Mi guarda. "Tu sembri provare piacere con il contatto cosmico."

Mi stringo nelle spalle, timidamente. "Provo una sensazione molto bella."

"Sempre?"

"Beh, finora... credo proprio di si."

Respira profondamente, mi riprende le mani, si concentra.

"Perdonami, Nemesis..." mormora, "Devo farti male."

Apre gli occhi di scatto, ed io sento un'ondata terrificante di energia attraversarmi dalle sue mani fin nel mio petto, come una marea di fuoco liquido. Lancio un grido di sorpresa, vorrei strappare le mani dalla sua morsa, ma lui me le tiene con forza, respirando violentemente sul mio viso...

Com'è grande il suo cosmo! E com'è caldo! Sento la mia energia risvegliata prepotentemente da quell'invasione, che divampa e si intreccia alla sua come in una lotta fisica; ma non provo paura, è come la dolce, tenera aggressione di un amante...

"Non è possibile!" grida lui, e si stacca da me arretrando e guardandomi quasi inorridito.

Tutto il mio essere grida di delusione. Ero ad un filo da una comunione di energie così squisita da superare ogni possibile sensazione fisica!

"Tu... hai provato comunque piacere," mormora lui, fissandomi.

"Si."

"Lo sai cos'ho fatto, vero?"

"Hai bruciato il tuo cosmo interiore in un unico impulso di energia," dico, tremando.

"Credi che io abbia provato piacere? O Nemesis, che deve aver sentito la mia emanazione cosmica?!" La sua voce è quasi disperata. "No, piccolo samurai... tu non hai idea di quanto doloroso sia stato per me... o per noi. Il contatto cosmico ti fa sentire tutt'uno con l'universo, è una sensazione struggente e meravigliosa, ma il nostro fragile corpo umano... come può interpretare quest'invasione aliena? Energie che parlano di sconfinate agonie... stelle che muoiono, vite che si spengono, distruzione di ordine!" Abbassa la testa. "Io sono un guerriero che ogni volta che afferra la spada brucia il palmo della sua mano. Mi sono abituato al dolore del corpo, per la gioia dello spirito... per il desiderio di potenza. Ogni espressione del mio cosmo deve vincere la mia riluttanza fisica... e così è stato anche per i miei insegnanti, per tutti noi sacerdoti!"

"Ma allora... tutte le volte che tu hai espresso il tuo cosmo con me..." mormoro, inorridito.

"Mi ha fatto male?" sorride lui, amaramente. "Certo! E non sai quanto sono stato invidioso nel vederti godere nel contatto. Però mi dicevo: in fin dei conti io sono stato gentile... lui esprime solo un piccolo cosmo... sta molto attento a non procurarsi dolore... deve aver proprio una grande paura del dolore... ed è per quello che non si esprime come potrebbe..." Scuote la testa, violentemente. "Capisci? Ti ho dato del vigliacco per molto tempo, ed ora mi hai dimostrato definitivamente di non esserlo. Ti ho fatto qualcosa che avrebbe dovuto farti urlare dal dolore e tu l'hai sentita come piacere!"

Si rannicchia e posa la fronte sulle ginocchia.

"La roccia delle punizioni..." ridacchia, tristemente. "Meriterei di andarci io..."

Lo guardo, con occhi lucidi. "Maestro... io non ho mai immaginato... io non ho mai creduto che tu ti sottoponessi a questa tortura solo per insegnarmi ad usare il mio cosmo!"

Lui non mi guarda.

"Maestro!..."

Alza di nuovo la testa.

"Perché hai sofferto tutto questo per me?" chiedo, con un filo di voce.

I suoi occhi mi fissano, brillanti.

"Perché non ho potuto fare a meno di farlo."

Mi manca il fiato. La stessa risposta di Nemesis!

Lui scuote lievemente la testa, sempre guardandomi.

"Quando per la prima volta ho toccato il tuo cosmo ti ho chiesto: che razza di creatura sei? Ho passato tutti questi anni facendomi sempre questa domanda... e non trovando ancora una risposta. Te lo chiedo di nuovo, ragazzo. Chi sei veramente?"

La sua domanda mi turba. Abbasso la testa e rispondo: "Sono solo un ragazzo di sedici anni, e mi chiamo Shun."

"No. Ti chiamano tutti Andromeda." Mi fissa, e ripete pensosamente: "Andromeda..."

Mi sento tremare a quello sguardo. Ma non mi sottraggo ad esso, mi lascio guardare mentre qualcosa in me rabbrividisce di paura.

"Che sia questo il tuo segreto?" mormora, "Non Yang... non Yin. Il Tao. Tutto."

La voce del mio maestro è lontanissima. Vedo un triste sorriso sul suo volto disegnato dalla luce della luna.

"Ti senti davvero in debito con me, piccolo samurai?"

"Certamente, maestro."

"E sei pronto a fare qualsiasi cosa ti chieda in cambio?"

"Si," rispondo, con un filo di voce.

Si toglie dalla piega della veste un oggetto morbido, me lo getta ai piedi.

Io lo prendo, con mani tremanti. E' la benda di pelle nera che Nemesis ha sempre usato con me!

"La Prova Suprema è imminente," mormora lui. "Non abbiamo molto tempo. Avrei dovuto avere più fede nei segni del destino. Nemesis è stata più saggia di me... come sempre."

Mi guarda, i suoi occhi scintillano nei miei.

"Sei pronto alla tua ultima lezione, Andromeda?"

***

Mi benda e mi prende per mano, conducendomi lontano, frastornandomi con molteplici cambi di direzione, trascinandomi in una galleria scavata nella roccia che emana uno strano odore di zolfo, pietre bagnate, olio bruciato. La sua mano grande e calda mi stringe con una forza tale da farmi quasi male, sento l'odore del suo corpo che ormai ho imparato a riconoscere e ad associare ad un senso di sicurezza... però adesso mi spaventa.

Dove mi vuole portare?

Per un istante mi pare di udire una fiochissima eco di un canto indiano, il suono di una campanella. Poi il suono svanisce, sento un cigolio, il mio maestro mi spinge in quella che dev'essere una stanza e richiude la porta.

Non so se mi ha seguito, non lo sento più. I miei sensi sono assaliti dall'odore intensissimo di incenso che grava nell'aria pesantemente umida, e che copre quasi altri odori più sottili: legno di sandalo... stoffe polverose... l'odore del mio maestro, ed un vago sentore di cuoio che mi ricorda terribilmente Nemesis.

Porto le mani alla testa.

"Non toglierti la benda!" mi ordina la sua voce, echeggiando stranamente. "Non ancora."

Obbedisco, e faccio qualche passo in avanti, tendendo le mani davanti a me. Tocco una parete fittamente scolpita. Le mie dita accarezzano bassorilievi indiani stracarichi di figure umane danzanti, piccole donne dai seni procaci e tondi che sorridono inghirlandate di fiori...

"Usàs-Haimavati," dice il mio maestro, vedendo le mie dita fermarsi sulla forma di una donna armata. "Il nome di Athena per coloro che abitarono quest'isola."

"Dove siamo?" chiedo, quasi in un sussurro.

"Non devi saperlo."

Lo sento avvicinarsi alle mie spalle.

"Voltati."

Faccio come mi dice, appoggiandomi alla parete.

Sento le sue dita sul mio viso, che mi sfiorano. Rabbrividisco.

"Perché tremi? E' quel che volevi," mi mormora, con voce lontana. "E quel che mio malgrado ho sempre voluto anch'io."

Sento il sangue salirmi al viso. Ha ragione! Ma ora che sta per succedere ho paura. C'è qualcosa di profondamente strano in lui, l'atmosfera è diversa da quella dei miei incontri con Nemesis, quella strana stanza di pietra mi spaventa, quel che provo io stesso mi spaventa...

Le braccia del mio maestro mi avvolgono, mi stringono. Le percorro con le mani, sentendo muscoli durissimi sotto la stoffa, se volesse potrebbe stritolarmi con facilità. Non mi ero mai reso conto di quanto fosse più alto e più grosso di me, è un uomo adulto e nelle sue braccia io sono una ben misera creatura. Non posso lottare contro quella forza matura, posso solo abbandonarmici o soccombere...

La parte di me che si beava della mia virilità urla la sua frustrazione. Una parte che non credevo nemmeno di avere grida di gioia a quella dolce sopraffazione. Lui mi afferra per i polsi e mi schiaccia contro la parete, baciandomi sulla bocca, con una passione sempre crescente. Sento tutto il suo corpo che preme contro al mio, quando finisce sono senza fiato, spaventosamente eccitato, ma in una maniera che non ho mai provato in vita mia.

"Ti prego," ansimo, "Toglimi la benda... voglio vederti!"

"No," risponde lui, eccitato forse più di me, "Forse dopo... ma adesso voglio così."

Ormai sono abituato a provare sensazioni erotiche in quell'oscurità forzata, non insisto anche se il desiderio di vedere finalmente il suo viso in piena luce mi tormenta. Vorrei toccarlo ma mi sta ancora tenendo fermo, inchiodato alla parete. Allora mi muovo strusciandomi lentamente contro di lui, con tutto il mio corpo. Oh, come odio i miei ed i suoi vestiti in quel momento...

Lo sento ansimare, e la cosa mi piace immensamente.

"Saresti capace di far impazzire chiunque..." mi mormora, quasi sulle labbra.

Mi lascia, mi slaccia i vestiti, mi spoglia senza che io faccia la minima resistenza. Mi godo il contrasto tra i freddi seni di pietra dei bassorilievi contro la mia schiena, ed il calore di lui davanti a me. Non provo nessuna vergogna. Perché dovrei? Io amo quell'uomo. Se quello che vuole da me è il piacere, perché dovrei negarglielo?

Quando ha finito di spogliarmi mi accarezza riverentemente, posso sentire quasi fisicamente il suo sguardo avido su di me. Chiudo gli occhi sotto la benda, mi lecco appena le labbra. Come mi piace essere guardato, accarezzato da lui...

"E' la prima volta che lo fai con un uomo?" mi chiede, eccitatissimo.

"Si," rispondo, con voce tremante.

"Sembra quasi... che tu non abbia fatto altro nella vita..."

Mi prende le mani e se le porta addosso, mi ordina di aiutarlo a spogliarsi a sua volta. Obbedisco con emozione, sentendo la sua pelle bollente sotto le dita.

"Ora ti dico un segreto, piccolo samurai. E' la prima volta anche per me. Non avevo mai desiderato un ragazzo in vita mia." Mi scosta i capelli e mi bacia sul collo, "Ma tu non sei un semplice ragazzo... e te lo dimostrerò."

E con quelle parole mi trascina lontano dalla parete, su un bassissimo e sconfinato letto duro fasciato di seta sussurrante.

Mi scopro a fargli tutto quel che Nemesis ha fatto a me, con un piacere immenso perché lui è un uomo, e posso quasi sentire su me stesso l'effetto di ciò che gli faccio. Lui è brutale quel tanto che basta a farmi capire ciò che posso e che non posso fare, si lascia riverire con evidente compiacimento, non deve mancare nemmeno a lui una certa vena sadica. Mi costringe a succhiare le sue dita, una alla volta, per poi usarle per stimolarmi, in un crescendo di sensazioni sempre più sconvolgenti. Questo nuovo, strano gioco mi eccita deliziosamente, ed eccita soprattutto lui.

"Ah, sei proprio una piccola, adorabile creatura lussuriosa..."

La sua voce echeggia, rimbalzando sulla pietra, la stanza deve avere un soffitto altissimo, e non credo che ci siano finestre, l'aria è così strana, pesante, mi stordisce mentre brancolo nella mia cecità, accarezzando e baciando il mio bellissimo maestro, e lasciandomi frugare da lui, oh come vorrei che non finisse mai più, mai più...

"Ora sono pronto per te," mi dice lui alla fine, con voce tremante, e mi respinge rovesciandomi sul letto. Faccio per cercarlo ancora ma lui mi ordina: "Stai fermo!"

Obbedisco, respirando affannosamente.

"Cosa... cosa vuoi farmi?" chiedo, con una punta di paura.

Sento un lieve tintinnio, vetro contro vetro. Una fredda carezza.

"Nemesis ha fatto di te un uomo. Io sto per fare di te una donna."

Non ho neanche il tempo di chiedermi cosa voglia dire, lui mi afferra e mi gira in modo che gli volga le spalle, mi mette a cavalcioni su di lui, ed io capisco all'improvviso cosa sta per succedermi: altroché i giochi con le sue dita! Mi irrigidisco spasmodicamente, tutto il mio essere grida: è impossibile, dopotutto io non sono una donna...

"Rilassati, o ti farò più male del necessario."

Mi avvolge un braccio intorno alla vita, e con una forza tremenda mi tira giù.

Sono tutto sudato, sento una sensazione lacerante, mi fa male, mi fa male!... Mi contorco all'indietro cercando di sfuggire a quel dolore, lui mugola invece dal piacere, e continua a spingere...

"No!... Basta!" lo imploro disperato, dibattendomi tra le sue braccia come un animale ferito, inzuppando la benda di lacrime. "Fermati, ti prego!..."

Per tutta risposta lui mi tiene fermo e mi apre a forza, facendomi urlare di dolore; affonda lentamente dentro di me, finché non sento i suoi fianchi premere contro i miei.

In quell'istante irreale di immobilità sento la sua voce eccitata ed insieme solenne al mio orecchio:

"Una donna soffre quando perde la verginità... e sopravvive. Una donna soffre nel parto... e sopravvive. Assapora dunque questo dolce dolore... anche se è solo un simulacro di ciò che rende così insondabile e immensa... l'altra metà del cielo."

Le pareti di pietra rimandano l'eco dei miei ansiti disperati, ho quasi paura a respirare, mi sento ad un filo dall'essere spaccato in due... ma sento anche una sensazione nuova, un calore bruciante al volto e dentro le mie viscere.

Il mio maestro comincia a muoversi, lentamente, e a muovere anche me. Il primo istante è terribile, credo di morire; ma poi, nella tempesta delle mie sensazioni, comincia a farsi strada un piacere misterioso, tanto più squisito in quanto il dolore che ancora provo eccita i miei nervi...

Scopro sconvolto la delizia di accogliere anziché essere accolto. Mi rilasso, mi arrendo tremando a quella sensazione. E finisce che mi ritrovo a gemere di estasi assieme al mio maestro, danzando insieme a lui, sentendo il suo corpo forte che mi invade e mi possiede.

"Ti piace ora, vero?" ansima lui, "Non mi preghi più di fermarmi?..."

Rovescio la testa all'indietro, non ce la faccio più, la tensione in me è troppo forte, e in più lui mi sta anche accarezzando davanti... mi aggrappo a lui e mi metto a gridare fino a risvegliare tutti gli echi della stanza, un grido selvaggio strappato al mio corpo e alla mia anima.

E nel momento in cui lo sento pulsare dentro di me nell'orgasmo, ho quasi la sensazione di ricordare un figlio tra le mie braccia, un figlio appena estratto dal mio stesso ventre, e ricordare anche il seno con cui l'ho nutrito...

Quando tutto finisce lui mi lascia con tenerezza, ed io rimango inerte sulle coperte fredde, fradicio di sudore, il corpo in fiamme, la mente annientata da quell'esperienza delirante. Non so quanto tempo passo in quello stato catalettico, accanto a lui che si è disteso al mio fianco e mi accarezza la schiena.

Poi sento una mano gentile che mi scosta i capelli inzuppati dal viso, e mi slaccia la benda.

"Non ti avevo mai visto godere così."

Mi volto di scatto, sconvolto.

Nemesis!

Alla luce fioca di una lampada, la sua maschera infernale mi fissa ad un palmo dal mio viso. Ma poi la sua mano l'afferra, sento un scatto metallico, e al posto di quell'espressione immutabile vedo un bellissimo viso triangolare, con grandi occhi ambrati appena segnati agli angoli, dall'espressione arguta ed eccitata. Chiudo gli occhi di scatto, non so se per non vedere il suo volto proibito, o per la vergogna infinita che provo al pensiero che abbia assistito a tutto...

Ma lei mi bacia sulle labbra. "Apri gli occhi, Shun. Ormai non ho più nulla da nasconderti. Abbiamo tutto in comune. Ed io ti amo."

Le obbedisco, le lacrime mi scivolano sulle tempie.

"Non devi provare vergogna," dice lei, dolcemente, asciugandomele. "Io ho sempre saputo cosa sei veramente, e ti amo lo stesso... ti amo forse di più per questo." Alza la testa e sorride. "Come amo lui che ha finalmente capito la verità... e che è stato così delizioso con te da farmi morire d'invidia."

Si allunga sul mio compagno e lo bacia. Io la seguo con lo sguardo e vedo un uomo scarmigliato, dalla bellezza possente, il volto giovane e maturo ad un tempo, che la lunga cicatrice sulla guancia non sfigura assolutamente.

Lui l'abbraccia teneramente, abbraccia anche me e mi guarda, sorridendo con un'ombra di tristezza. "Perdonaci, piccolo samurai. Ti abbiamo voluto tutti e due. E ti vogliamo ancora, finché avremo tempo... finché il destino non ci dividerà."

Li guardo ad occhi spalancati, mai avrei creduto di trovarmi in quella situazione: sono stuzzicato, spaventato, pieno di vergogna, esultante, non so chi dei due io ami di più, chi desidererei di più...

Nemesis mi accarezza e fissa nei miei quegli straordinari occhi ambrati.

"Non lo facciamo solo per il nostro ed il tuo piacere, Shun. Il piacere è l'ultima strada della trascendenza. Abbandonati ad esso e apri il tuo occhio interiore... per vedere chi sei veramente."

***

Non ho idea di quanto duri l'orgia che segue. In quella stanza che sembra il tabernacolo di un antico tempio la luce del sole non è mai arrivata e non arriverà mai. L'atmosfera intossicata da quell'incenso, la luce incerta della lampada a olio, quel caos di stoffa umida che ci circonda, le strane bevande che mi somministrano e la continua stimolazione erotica a cui mi sottopongono mi fanno perdere completamente il senso del tempo. O meglio, mi fanno impazzire al punto che non capisco più nulla e finisco in uno stato confusionale dove tutto me stesso non è che piacere, o un mezzo per procurarlo e procurarmelo.

Facciamo l'amore tutti e tre, in tutte le combinazioni e posizioni possibili, cercando avidamente nuovi stimoli, nuovi piaceri, nuovi giochi. Quando la nostra fantasia erotica giunge ai limiti, Nemesis rispolvera i suoi divertimenti sadici, assieme al mio maestro che è più efferato di quanto mi aspettassi; i miei adorati insegnanti diventano i miei inflessibili padroni ed io il loro schiavo compiacente: tutto è lecito pur di godere...

Il gioco durerebbe in eterno se a un certo punto non ci scoprissimo tutti quanti esausti, senza più succhi né saliva né lacrime. Ci addormentiamo ammucchiati sul grande letto, abbracciati l'uno all'altro. Vengo risvegliato non so quante ore dopo da Nemesis, che mi dà altre stranezze da bere, liquidi caldi e dolci, forse alcolici perché mi sento subito come ubriaco. E di nuovo vengo deliziosamente violentato, per ore, e provo ogni sorta di libidine, finché persino la mia capacità di ricordare si annulla e cado in un delirante stato di sfinitezza psicofisica, e poi in un sonno nero e profondissimo.

Quando mi risveglio sono nella mia casupola, sul mio solito letto, nel buio più totale. Scosto le coperte, mi alzo barcollando e apro la porta: contemplo la luminescenza dell'alba con occhi stupiti, chiedendomi se non è stato tutto un sogno...

Ma un certo dolore che mi è rimasto sotto, i segni di qualche frustata sul corpo, la sensazione di aver la lingua ruvida contro il palato e la mia debolezza estrema mi convincono di aver vissuto davvero quell'esperienza. Quasi per convincermene mi annuso le braccia, risentendo l'odore d'incenso che mi è rimasto attaccato addosso, e l'odore dei miei compagni.

Oh, se solo Ikki sapesse cos'ho fatto... che razza di fratello ha! Fratello? O sorella? Guardo stupito il mio corpo nudo, così minuto e sottile, nondimeno maschile... ma quello che ho provato dentro di me, nel più profondo della mia coscienza, non era pura e autentica femminilità?

Richiudo la porta, mi ci appoggio con le spalle, chiudo gli occhi.

Chi sono io? Una catena di assurdità... un orientale caucasico di sesso indefinito, che a sedici anni va a letto con uomini e donne indifferentemente... una creatura così piccola e miserevole, che però nemmeno la vita orrenda di Anthrâ è riuscita a distruggere... così lussuriosa da godere il contatto cosmico che tutti gli altri sentono come dolore... e con la faccia più innocente del mondo nonostante questo!

Scivolo a terra, coprendomi la faccia con le mani.

Oh, Dio, cosa mi hanno fatto i miei maestri?... Perché hanno voluto mostrarmi la parte più sconvolgente di me stesso?!

Nemesis non viene a prendermi per gli esercizi quel giorno. Non so nemmeno se avrei la forza di farli, dopo quel che mi è successo. Mi vesto ed esco alla ricerca di qualcosa da mangiare, ma non ho fame, lo faccio solo per non indebolirmi ulteriormente. Mi aggiro con gli occhi fissi nel vuoto, come un allucinato, tra i miei compagni che scaldano i muscoli e si allenano duramente. Non si stupiscono di vedermi lì senza far niente, con quell'espressione sconvolta: in fin dei conti non sono un debole senza carattere? Credono che sia così atterrito dalla Prova Suprema da aver rinunciato anche ad allenarmi.

Vado al campo dei combattimenti, davanti al tempio. Alzo gli occhi al calendario, il piolo è nel penultimo foro, scopro esterrefatto che oggi è l'ultimo giorno prima della levata eliaca di Andromeda. Qualcosa di buono c'è stato in quei piaceri orgiastici, almeno i miei maestri mi hanno risparmiato un'inutile, spasmodica attesa! Adesso ho solo ventiquattro ore per pensare al mio destino.

Il Gran Maestro non c'è, ma è come se lo vedessi. Albyon, il mio nemico implacabile... in attesa di liberarsi dell'inconcepibile stranezza che sono. Come avverrà? Non ho paura, dopotutto.

E' vero... non ho paura! Che strano. Che cosa mi sta succedendo? Sono già così pronto a guardare nelle fauci del mostro?

Il piacere è l'ultima via alla trascendenza, ha detto Nemesis. Scopri chi sei.

Vado davanti alla statua di Andromeda, mi trovo un posto tranquillo e mi siedo su una roccia (che male!... Ma qualcosa in me si lecca le labbra al ricordo.) Incrocio le gambe in posizione del loto, gli occhi fissi alla signora delle catene.

Chi sono io?

"Ehi, Andromeda!" mi grida Redha, "Fatti dare dei decotti astringenti, o prima di domani te la farai addosso cento volte!"

Qualche risata echeggia nella piana, seguita dalle imprecazioni dei maestri. Ma io non le sento. Il modo in cui mi ha chiamato Redha spinge irresistibilmente la mia mente nel regno dell'introspezione, i miei occhi fissano il vuoto e smetto di respirare...

Andromeda!

Il concerto di violini delle stelle... l'organo possente della galassia così lontana e così vicina... il grande lago nero e calmo della sua energia... così immenso, ingannevolmente tranquillo, in attesa di un solo piccolo evento per trasformarsi in cascata distruttiva...

Di che sesso è tutto questo?, mi chiedo esterrefatto. Maschio? Femmina? Yang? Yin? Può avere un sesso il cosmo? Che cos'è un cosmo maschile? Ed uno femminile? Tu sottrai brutalmente l'energia al cosmo, aveva detto il mio maestro. Il mio appetito erotico che cos'è? Desiderio di vita? Vita uguale madre, uguale donna? Il ricordo ancestrale nella mia carne, che ho provato facendomi possedere dal mio maestro?

Ma allora perché Nemesis ha fallito? Non è certo una ragazzina, è una donna adulta, e forse ha già sperimentato la maternità: che ne posso sapere io? Vuol dire che nemmeno la femminilità è la chiave di tutto? Che il lago resterebbe sempre lì, se non ci fosse la brutalità di una forza maschile a trarlo dalla sua pacifica inerzia?...

All'improvviso i miei occhi si spalancano, mentre tutta la mia anima stupita è travolta dall'immensità della rivelazione. Non posso esprimerla a parole, ma ora so!

Resto a contemplare per ore quell'incredibile verità, in totale concentrazione, indifferente al caldo e alla polvere, alla fame e alla sete, all'intorpidimento del mio corpo. E' come se passassi il tempo ad esplorare un universo nuovo, quale mai l'ho percepito.

Ma quando finalmente mi rialzo, mi rendo conto che la conoscenza e l'uso della conoscenza sono cose completamente diverse. Non so ancora cosa devo fare di quel che ho visto, o come farlo, o se sarò in grado di farlo...

E domani ci sarà la Prova Suprema!

***

Nel campo dei combattimenti risuona sempre la solita musica, ma stavolta è accompagnata dal tintinnio delle catene sacre. Ora che i combattimenti si fanno con le armi, ci proteggiamo con delle armature rudimentali di cuoio: un coprispalla, una fascia sul torace, una protezione alle ginocchia e ai gomiti, assolutamente niente in testa. Non che questo serva a molto: sono già morti quattro di noi in questi duelli.

Io e Redha ci guardiamo negli occhi, ansimando, i nostri capelli impastati di polvere e sudore. Però stavolta è lui che è a terra, bloccato con la mia catena di difesa che gli impastoia le caviglie, e mi guarda con gli occhi sbarrati mentre faccio roteare appena la catena d'attacco, pronto a lanciargliela in faccia se osa muoversi da lì.

I miei compagni mi guardano esterrefatti. Non mi hanno mai visto così. Sono scesi in campo irridendomi come sempre, mentre io mi fasciavo le mani con riverenza, usando le bende di seta di Nemesis, la mia povera maestra punita per avermi voluto fare un semplice dono. La mia faccia sporca di polvere era striata dai segni chiari lasciati dalle lacrime, ma anche questo era normale per la debole creatura che aspettava sempre di essere schiacciata. Mi hanno chiamato in campo e mi sono presentato senza esitare, con il mio misero aspetto scarmigliato, le mie catene in mano. Non ho nemmeno notato chi avevo davanti, ho cominciato a fare ciò per cui mi hanno addestrato, costruito e programmato, e al diavolo la mia anima e tutto il mio amore per la bellezza della vita.

Sono in campo ancora adesso, con la tunica strappata, pieno di lividi, ma nessuno è riuscito a battermi. Sono in stato di iperconcentrazione da un tempo che mi sembra un'eternità, i miei avversari sembrano goffe creature che si muovono al rallentatore, posso scegliere liberamente come e dove colpirli e non esito più, li butto semplicemente giù senza far loro troppo del male.

Avanti un altro!

Non mi interessa chi. Tanto sono tutti miei nemici. Non devo nemmeno pensare a cosa fare, il mio corpo lo sa da solo. Ora sento chiaramente la mia energia cosmica, la sento fluttuare dentro di me, non riesco a controllarla coscientemente ma del resto non mi importa, si sposta da sola dove serve. Dovrei essere affamato, stanco e assetato, ma questa energia inesauribile continua a sostenermi.

Ho aumentato la mia consapevolezza interiore semplicemente perché non voglio più vivere nel mondo di fuori. La mia disperazione ha fatto scattare questo meccanismo. La mia anima è essiccata, fatta a pezzi, dispersa al vento. Non mi sono mai sentito così indifferente in vita mia.

Ho pianto tutte le lacrime che avevo, in ginocchio davanti al nido che ho dovuto devastare. Non l'avrei mai fatto, nemmeno per la mia vita, ma la mia vita non mi appartiene più, è dedicata ormai a mio fratello, alla promessa che gli ho fatto. Non posso morire, non posso permettermelo. Così le mie mani hanno terminato la storia di una famiglia di uccelli. L'hanno fatto con brutalità disperata, per fare presto. E lì, davanti a quello scempio, ho compreso con uno spasimo tutto quel che Ikki ha passato per me, quando si prendeva sulle spalle la cattiveria del mondo... ora ho finalmente commesso un'atrocità anch'io, e ne porto la cicatrice nel mio cuore così bello e innocente che tanto piaceva al mio maestro segreto!

No! Albyon ha ragione, non esistono innocenti! E' finita l'età dell'innocenza anche per me! Lunga vita al guerriero di Athena, addio per sempre, piccolo Shun dai grandi occhi stupiti e ingenui sul mondo...

Il mio avversario cade a terra, premendosi la bocca sanguinante. Devo avergli spezzato dei denti: sono sottile e mingherlino, ma una sfera di metallo all'estremità di una catena può muoversi con grande velocità, e colpire con violenza.

Un maestro mi grida di fermarmi, ed io obbedisco automaticamente. Ho vinto ancora, ma non mi importa assolutamente nulla.

"Giuro che ti ammazzo, Andromeda," mi sibila il mio avversario, sputando sangue e guardandomi torvamente.

Io lo fisso senza vederlo, e sorrido appena. "Te ne sarei così grato," mormoro.

Soddisfatti della mia prestazione, mi concedono di andarmene. Invano cerco tra quelle facce argentee il mio maestro segreto, forse solo lui potrebbe spiegarmi cosa mi accade, dare ancora una speranza alla mia povera umanità calpestata. Ma non vedo che un corteo di maschere impassibili, corpi più o meno uguali, non ho nulla che possa farmi capire chi sia tra di loro... o forse non c'è.

Mi strappo di dosso l'armatura, la getto dove capita, getto anche le catene, mi spoglio e vado al torrente caldo. Mi immergo nell'acqua viscida e salata, dovrei urlare dal dolore, ma qualcosa in me sembra essersi addormentato...

Non tocco cibo neanche quella sera. Arriva la notte e, senza che nessuno me lo dica, ritorno al sentiero occidentale, mi siedo a terra e mi metto a fissare le stelle di Andromeda. Di solito tutti i postulanti meditano insieme, ma io voglio rimanere solo. Non sopporterei i soliti commentini sussurrati, le maledizioni mandate ai maestri, il trovarmi in mezzo ad una scolaresca di gente che non capisce nulla di quel che deve provare.

Stasera poi si scateneranno, perché Nemesis non sarà dietro a loro a pungolarli con la sua frusta...

Cosa le sarà successo? Non è più uscita dal tempio. Quel mostro di Albyon! Quanto dolore per un gesto d'affetto! Ah, perché non ho mangiato quell'uovo? Tanto ho dovuto comunque ucciderlo, e così ho sprecato la sua piccola vita... è questa la pietà ignorante che diventa crudeltà, come mi spiegava il mio maestro segreto?

Il mio dolore è assoluto. Le stelle scintillano. Vaghissima come una piuma, la nebulosa di Andromeda attira il mio sguardo. E' così piccola... così diafana...

Il respiro mi si assottiglia, mi sento così strano. Non riesco più a battere le palpebre. Qualcosa dentro il mio petto sembra voler uscire, prendere il volo, ed io volerei con esso chissà dove. E' un'energia, un fremito che sale e si raccoglie al centro di me...

Ho una visione, o meglio la percezione totale di una galassia a spirale. Comincia come l'immagine di una fotografia astronomica come ne ho viste tante, ma poi sfreccio e cambio visuale, penetro nel centro e comprendo ogni ammasso esterno, ogni filamento di gas ed ogni buco nero. E' come la musica di un organo lontano e possente, dietro al concerto di violini di stelle molto più vicine che palpitano lievemente...

Tendo le braccia davanti a me, come per toccare quell'indescrivibile universo, e all'improvviso tutto ritorna come prima... stelle e piccola nebulosa, verso le quali le mie mani implorano solo il silenzio.

Per ore forse resto lì, cercando invano di rivivere quell'esperienza. Andromeda tramonta ben presto, altre stelle prendono il suo posto in cielo. Mi chiedo quali di loro governino l'armatura dell'Isola Nera. Penso così a mio fratello, ed il mio dolore interiore si attenua un poco. Ho fatto tutto questo perché ho dovuto credere che esistesse un domani... ho fatto quel che lui mi ha insegnato e comandato. E un giorno ci rivedremo a Nuova Luxor, cavalieri entrambi: ma la cosa non ci interesserà minimamente, perché quell'armatura sarà solo servita a farci riabbracciare, parlarci... stare insieme...

Mi addormento raggomitolato a terra, le stelle che marciano silenziose su di me. Ad un certo punto sento delle braccia forti sollevarmi, e so con sicurezza assoluta che è lui, il mio maestro segreto, che è venuto a raccogliermi per riportarmi al coperto. Speravo che venisse, e lo desideravo, ma ora sono troppo stanco... non voglio uscire del tutto dal sonno, è così dolce l'illusione di non doversi mai più risvegliare.

La mia pena interiore si riunisce al centro del mio petto, come una fiamma di malinconia, e riesce a far brillare quel poco di energia cosmica che ancora è in me. Desidero ardentemente farla sentire al mio compagno, in cambio della sua gentilezza; e per la prima volta essa mi obbedisce, scivola là dove le sue mani toccano il mio corpo...

Lui si ferma di colpo, mi stringe a sé.

Una piccola, infinitesima comunione ci lega per un istante fuggente. Il mio fioco sospiro nella gigantesca oscurità che è lui.

Sento una goccia calda che mi cade sul viso e scivola lungo le mie guance.

"Ti ringrazio, piccolo samurai," mormora la sua voce, commossa. E capisco all'improvviso che quella goccia era una lacrima.

***

Per molti giorni non vedo Nemesis, ma una mattina è lei che spalanca la mia porta con un calcio.

"Sveglia, pigrone."

Non grida nemmeno. Sa che solo a sentire la sua voce spalanco gli occhi, scatto a sedere sul letto, la guardo e mi getto felice tra le sue braccia.

"Nemesis!..." esclamo, pieno di sollievo, commosso fino alle lacrime.

Non avrei mai creduto che avrei provato tanta gioia rivedendo quella maschera infernale su di me... "Come stai? Cosa ti hanno fatto?" chiedo ansiosamente, guardandola.

Lei mi lascia, si siede sul letto. Ho l'impressione che i suoi movimenti siano stranamente rigidi, e provo un'ondata di pena al pensiero che abbia sofferto. Ma la sua voce è sempre la stessa.

"Come sto? Lo vedi da te. E non aspettarti una risposta alla tua seconda domanda: non si dice mai in cosa consistono le punizioni dei sacerdoti." Sospira, alza le spalle. "Però tu puoi stare allegro, in fin dei conti morivi dalla voglia che io assaggiassi un po' della mia stessa medicina, eh?" Ridacchia. "Eccomi qua, e come ti dicevo sempre, sono ancora viva, no?"

Mi inginocchio davanti a lei, contrito.

"Mi perdoni, Nemesis? E' stata colpa mia, lo so..."

"E' stata senz'altro colpa tua, testone! Metterti a discutere di filosofia con Albyon e dirgli in faccia che te ne infischi dei suoi ordini! E raccontare tutte quelle bugie idiote!... Se fossi stata presente, ti avrei preso a frustate fino a tramortirti. Ma non lo ero, e Albyon deve volerti molto bene, perché invece di spezzarti la schiena ti ha imposto una semplice lezione."

Chino lo sguardo.

"E' stata una lezione così crudele che avrei preferito mille volte essere frustato. Albyon l'ha scelta con cura per procurarmi il massimo dolore. E' un mostro disumano senza cuore, che odia tutti e gode solo a fare il tiranno..."

La sua mano guantata mi colpisce con un ceffone.

"Che non ti senta mai più dire sciocchezze del genere, Shun!..."

Alzo la testa e la guardo, tremando.

"Che ne sai tu di Albyon per sputare i tuoi giudizi?" continua lei, severamente. "Non sei che un bambinetto frignante, che non sa niente della vita!"

"Ma, Nemesis," balbetto, "Lui è stato cattivo con te... "

"Sii sincero con me, biondino! Non è per me che ti sei disperato più di tanto, ma per quell'uovo!"

Ammutolisco. Ha ragione!

"Forse dovresti vergognarti di questo," mi dice, scuotendo la testa, "Ma sei fatto così, sapevi che non mi avrebbero ammazzata, quindi tutta la tua tenerezza protettiva l'hai spostata sull'uovo, sulla vita che dovevi distruggere. Una cosa orribile, vero?... Pensa che una tempesta indifferente avrebbe potuto fare lo stesso. O un gabbiano. La lezione che devi aver imparato è che purtroppo c'è sempre una morte che apparentemente non ha scopo. Ma questo sembra così solo ai nostri sensi umani limitati. Anche con la massima attenzione, ad ogni duello potrebbe sfuggirti la catena, potresti uccidere il tuo avversario... c'è sempre una componente di casualità nel cosmo! E se accadesse cosa faresti? Ti suicideresti dalla disperazione? O non sarebbe meglio accettare sempre le conseguenze delle proprie azioni, sapendo di non aver cercato le più nefaste, ma comprendendo anche che il destino fa sempre il suo corso?"

"Ma ti ha punito per un uovo!" ripeto io, ottusamente.

"Oh! Adesso il grande uovo che era al centro dell'universo diventa la nullità alla quale la povera Nemesis è stata ingiustamente sacrificata!..." dice lei, con tono scherzosamente drammatico. "Non è per l'uovo che sono stata punita, Shun, ma per il gesto che ho fatto. So come si dovrebbe comportare un maestro, con distacco e imparzialità, in modo da non creare attriti e mantenere l'ordine su quest'isola. Invece ho violato consapevolmente le regole, e quindi calma la tua coscienza, non sono certo io la vittima innocente!" Scoppia a ridere, allegramente. "Però lo rifarei lo stesso... anche se non sono stata così stupida da dirlo in faccia ad Albyon, come avresti invece fatto tu!"

"Oh, Nemesis..." mormoro, confuso.

Lei mi prende per i capelli, mi alza la testa e me li porta all'indietro quasi con una carezza.

"Non giudicare Albyon," mi dice, seria. "Sta facendo la cosa più giusta con te. Ti infligge dolore come fa il giardiniere che taglia i rami deboli di un albero. Sono riuscita a vederti combattere. Il primo giorno, al culmine della disperazione, sei stato perfetto. Ma anche ora che ti è passata sei comunque molto migliorato." Mi prende il viso tra le mani. "E se anche Albyon non fosse nient'altro che uno strumento del destino? Se fosse crudele solo perché è il suo ruolo su quest'isola? Non gettargli in faccia il tuo risentimento infantile. Accettalo... come hai accettato tante altre brutte cose della tua vita. Con il tuo sorriso."

Mi viene da piangere, ma sorrido come lei vuole.

"Sei così bello quando lo fai," mi dice, "Fa bene agli occhi guardarti."

Mi lascia, ed io le chiedo ancora: "Mi perdoni, Nemesis?"

"Forse," concede lei. "Se non mi farai aspettare troppo per farti trovare pronto agli esercizi del mattino. Oggi non ho voglia di frustarti. Non ne approfittare... e allora forse ti perdono."

E si alza per andare fuori, il cuoio dei suoi vestiti che sussurra ad ogni passo.

***

Ogni sera, quando vado a letto, prima di spegnere la mia piccola lucerna a olio prendo una pietra bianca che ho trovato in mezzo alle ceneri del cratere, e incido un segno sul pavimento di pietra nera.

I segni sono tanti ormai. In quest'isola non ci sono vere stagioni, è così facile scordare il tempo che passa. La vita dura e la monotonia distruggono gli spiriti, e si sa anche che non c'è un termine al nostro lavoro, la scuola non finisce mai...

Si muore su Anthrâmatha. Ho visto alcuni compagni andarsene a causa delle malattie, o meglio dallo sfinimento psicofisico che ci è imposto. Altri sono morti per le ferite riportate in combattimento, spesso uccisi dalla cancrena. Cinque di essi sono stati giustiziati dai sacerdoti per aver tentato una folle ribellione, nella speranza davvero vana di uccidere tutti i membri del tempio, distruggere la scuola e portar via l'armatura. La pena del loro capo è stata quella di tentare di aprire lo scrigno di Andromeda: una dimostrazione per noi tutti dei suoi arcani poteri. Quando quel poveretto ha afferrato la maniglia superiore, è stato folgorato da una scarica tale di energia da forare addirittura il suo corpo. Il tetro Albyon ha staccato con le sue mani il cadavere dallo scrigno (pare che solo lui possa toccarlo, ma non aprirlo), lo ha buttato in mezzo a noi, e ci ha guardato tutti come per vedere se avevamo ben imparato la lezione.

Quando il suo sguardo è passato su di me, ho tremato... perché mi ha guardato più a lungo di chiunque altro. Ma perché ce l'ha tanto con me? Perché sono ancora vivo? Lo irrita tanto che un fragile ragazzino dall'aspetto angelico non si decida proprio a morire, mentre giovani prestanti e virili si impiccano disperati perché non ce la fanno più?

Anche oggi, un altro suicidio... poveretto, un uomo che era qui da sette anni e che aveva perso la speranza. Ci siamo allenati mentre i sacerdoti portavano il cadavere alla squallida piana dei morti, per farlo a pezzi e darlo in pasto agli avvoltoi che già si erano riuniti laggiù... quegli uccelli sanno sempre quando c'è da mangiare.

Se muoio, almeno la mia vita servirà a loro...

Conto i segni sul pavimento, segni che parlano di fatica e dolore, e di qualche raro momento esaltante. Cosa sia la vita normale, se normale si può chiamare la vita che ho fatto prima di finire qui, quasi non lo ricordo più... ed è meglio che non ci pensi. A volte mi sembra di essere come qualcuno che avanza nella nebbia. Non so cosa sia il futuro, faccio ciò che mi ha detto Ikki, ma non posso guardare di un giorno oltre al domani. Ci sarà un domani... ci sarà un domani...

Domani saranno quattro anni, cinque mesi e sedici giorni che sono qui. Quattro anni, sette mesi e nove giorni da quando ho lasciato mio fratello a Nuova Luxor. E domani compirò sedici anni.

Non ho nessuna speranza di essere festeggiato. E allora faccio come ho sempre fatto per sopperire a ciò che mi manca: rivivo il mio ricordo più caro...

"Mamma!" grida Ikki pestando i piedi, "Possiamo andare a vedere le bancarelle?... Dài! E' il compleanno di Shun, lui non le ha mai viste!"

E mamma paziente ci accompagna, tanto saremo in mezzo a tanti bambini, posso sempre passare per un amichetto straniero di Ikki.

Ed è un'orgia di zucchero filato, lampioncini di carta, pesca di carpe koi, kimono colorati, musica di koto e flauti, rappresentazioni kabuki, fuochi artificiali e profumo di incenso; ed io guardo tutto, assaggio tutto, tocco tutto, e sono così felice...

Metto via la pietra, sospiro, mi spoglio e mi stendo a letto. Faccio per spegnere la lucerna ma un rumore lieve mi fa trasalire.

La porta si apre appena, una figura scivola dentro e la richiude silenziosamente. Il solo modo in cui si muove me la fa immediatamente riconoscere.

"Nemesis!..." esclamo, stupito.

Non è mai arrivata a quell'ora, per lei il mio poco riposo è sempre stato sacro.

"Che succede?" chiedo, preoccupato.

Lei rimane immobile, porta un dito davanti alle labbra d'argento della sua maschera. Io mi alzo a sedere, in silenzio, guardandola col fiato sospeso. Dopo un po' lei si rilassa, si avvicina al letto e mi consegna un oggetto di stoffa.

"Che cos'è?"

"Aprilo," mi dice lei.

Lo faccio. Ha l'aria di essere una tunica, tutta rammendata, dal colore grigiastro. La guardo senza capire.

"Ho contato anch'io i segni che hai sul pavimento," mi dice lei, con voce dolce. "E qualcuno mi ha spiegato gli ideogrammi che hai tracciato su alcuni di essi. Buon compleanno, Shun."

Alzo lo sguardo, commosso. Non mi ha mai fatto gli auguri negli anni precedenti, credevo che ignorasse persino cosa significasse un compleanno.

"Che ne dici del tuo regalo?"

Sono imbarazzato. Alzo la tunica, così clamorosamente misera e male in arnese, e mormoro appena: "Grazie, ma... mi sembra così piccola..."

Nemesis scoppia a ridere, si siede sul letto.

"Ma certo che è piccola, sciocco! Ci entravi quattro anni fa!... E' la tua prima tunica del Mondo Segreto, e l'ho tenuta cara come una reliquia."

La guardo di nuovo. E' vero! E' la mia tunica! Ma ne ho già cambiate tante... me la poso addosso e guardo stupito quanto è corta. Però! Sono davvero cresciuto, dopotutto!

Per la prima volta studio davvero i cambiamenti del mio fisico, cosa che non ho mai fatto in questo luogo senza specchi. Il mio corpo non è più infantile, questo è chiaro: però non ha nemmeno la spigolosità adolescenziale... e nemmeno la gloria muscolosa dell'età adulta...

Cielo, ma che cosa sono diventato in questi quattro anni? Una creatura ancor più effeminata di quanto temessi?!

Mi scuoto dai miei pensieri, un po' torvo in viso.

"Che hai?" mi chiede Nemesis, stupita, "Credevo che ti avrebbe fatto piacere scoprire di essere diventato così grande."

"Io... non so proprio che cosa sono diventato," rispondo, con voce soffocata.

"Un bel ragazzo," risponde lei, divertita.

"O una bella ragazza?" ribatto io, e butto la tunica sul letto.

Sono immediatamente contrito di aver trattato così un regalo, alzo la testa e dico: "Perdonami, Nemesis. Ti ringrazio con tutto il cuore della tua gentilezza. Io..."

"Tu detesti il tuo corpo," completa lei, con la sua solita capacità di seguire i miei pensieri.

Respiro profondamente. "Si," ammetto, a voce bassa, "Lo detesto. Speravo che crescendo mi sarei finalmente sviluppato in qualche cosa che mi risparmiasse di essere sempre scambiato per una femmina. Anche tu la prima volta sei caduta nell'errore, ed hai dovuto vedermi nudo per convincerti... anche il tuo uomo ha avuto lo stesso problema."

Lei sospira. "Shun, sei ancora così giovane dopotutto... hai altri anni davanti a te per diventare il maschione che sogni di essere. Non è il tuo corpo a frastornare chi ti guarda, è il tuo viso. E' così perfetto, così... bello..."

"Bello! Un vero attributo virile!" Sono davvero infuriato, "Mi sono meritato tutta una vita di sarcasmi per questo..."

"Ma è ciò che tu sei, Shun. E' lo specchio della tua anima. Tenera, dolce, positiva, piena di desiderio di armonia e di bellezza. Non detestare ciò che ti rende così speciale, così unico... e così affascinante." Mi si avvicina, mi prende per le spalle ed il suo volto d'argento sfiora quasi il mio. "Non crederti meno virile per questo. Sei ancora così giovane e flessuoso, ma sei perfettamente in grado di far perdere la testa a una donna."

Smetto di respirare, con gli occhi sbarrati. Sta scherzando?!...

"Che ti succede?" mi chiede lei con voce carezzevole, "Ora hai paura di riuscire nel tuo intento?"

"Io non avevo nessun intento..."

"Volevi o no sentirti un uomo?"

Quella domanda mi fa arrossire.

Abbasso lo sguardo e mormoro: "E va bene, Nemesis, ho capito la tua lezione. Mi sono comportato da bambino, lamentandomi per la mancanza di qualcosa... che in fin dei conti non sono ancora in grado di apprezzare."

Lei si alza, con una strana tensione nei muscoli.

"Hai colto perfettamente il problema, mio caro Shun..."

A cosa sta pensando?

Mi volta le spalle, in silenzio. Le sue mani salgono sul suo corpetto, sciolgono la larga fusciacca di morbida pelle che lo stringe in vita. Lei studia quella larga striscia nera, ne controlla lo spessore e la larghezza, e poi emette un sospiro.

"Alzati in piedi."

Mi sento rabbrividire a quel tono.

"Nemesis..." incomincio, guardandola ansiosamente.

"Non ti voglio fare del male. Alzati e non discutere."

Obbedisco, come sempre.

Lei mi benda gli occhi con la fascia, facendola aderire bene alla fronte e agli zigomi, e stringe con forza il nodo dietro alla mia testa.

"Ecco," dice, quando ha finito. "Ora ascolta. Ti voglio molto bene, ma se cerchi di toglierti quella benda ti uccido."

Il suo tono è mortale.

"Hai capito?" mi chiede, di nuovo con dolcezza.

"Si," rispondo, col cuore in gola. Che cosa mi succederà adesso?

Sento dei suoni soffocati, un fruscio, un tintinnio di metallo su metallo. Poi sento un respiro sulle mie labbra, qualcosa che mi sfiora il petto.

Trasalisco, arretro istintivamente.

"Fermo!..."

La sua voce... è diversa!

Si è tolta la maschera!

Di nuovo sento quella sensazione di calore vicinissima al mio viso. Poi sento un bacio di labbra calde e lisce che mi sfiora gli occhi bendati, il naso ed infine le labbra...

Sto tremando. Mi sento come se stessi per esplodere, ho paura, sono emozionato, vorrei fuggire di lì, sono terribilmente curioso... oh Dio, che cosa mi sta succedendo?!

"Ne...mesis..." balbetto, sconvolto, "Che... stai facendo?"

"Ti insegno ad essere un uomo," risponde lei, sulle mie labbra.

"Perché?

"Perché ne hai bisogno. Perché devi apprezzare ciò che sei, non odiarti. Perché devi avere più fiducia in te stesso se vuoi riuscire nella vita. Perché sei una farfalla ancora rinchiusa in un bozzolo infantile, e senti che è tempo di uscirne." Mi accarezza le spalle, "Io ti aiuterò a farlo... ora."

"Ma... sono ancora così giovane!" protesto, con voce strozzata.

"Tu non hai età, mio bellissimo allievo. Sei pronto da un pezzo a questa lezione. Ed io... è un pezzo che voglio insegnartela..."

Sento quel contatto caldo su tutto il corpo, e scopro che si è tolta tutti i vestiti, è completamente nuda come lo sono io.

"Ma tu... non puoi fare questo con me," dico, pensando all'improvviso al mio maestro segreto, e sentendomi spaventosamente in colpa verso di lui. "Il tuo uomo..."

"Taci," mi interrompe seccamente lei, e sospira. "Sono affari miei quel che devo al mio uomo. Non ti permetto di vedermi in viso, perché esso appartiene solo a lui. E' il mio supremo gesto di rispetto verso colui che amo. Ma il mio corpo appartiene solo a me." Posa le mani sul mio petto. "Lo sai, Shun? Muoio dalla voglia di baciarti..."

E lo fa, invadendomi con una passione così violenta da spaventarmi.

Mi spinge all'indietro, e cado sul letto; in un attimo lei è sopra di me, lotta contro i miei tentativi istintivi di difesa, cerca di impossessarsi del mio corpo e ride, ride mentre le sue mani mi frugano dappertutto...

"No!..." urlo, respingendola da me con una violenza disperata.

Mi volto bocconi, singhiozzando con un terrore atavico che mi divora dentro. In quel breve istante le mani di Nemesis erano diventate ferri roventi e tutto il mio essere era insorto contro di loro...

Non so quanto tempo trascorro in quello stato spaventoso. Poi mi calmo, a fatica. Penso con orrore all'amarezza che devo aver suscitato in Nemesis, con quella reazione spropositata. Mi aspetto che se ne vada, sbattendo la porta, nauseata dalla mia ridicola pudicizia. Me lo meriterei davvero...

Ma la sento invece stendersi accanto a me, la sento mormorare: "Scusami... scusami."

La sua voce è triste, piena di comprensione.

"Non devi aver paura di me," mi sussurra dolcemente all'orecchio. "Non farò nulla che tu non voglia. Ti voglio bene. Sono qui con te solo per il tuo piacere. Voglio solo insegnarti il piacere. Niente dolore... niente umiliazione. Sono stanca di asciugare le tue lacrime, voglio vederti finalmente ridere... voglio vederti godere."

Stringo gli occhi sotto la benda, pieno di vergogna. Non so come, ma lei lo sa! Sa perché ho reagito così, e sa anche cosa deve dirmi, cosa deve fare per placare di nuovo quel tremendo demone nascosto dentro di me.

"Perché non mi tocchi tu?" mormora, prendendomi le mani, baciandomi le dita, e posandosele addosso. Io tremo sentendo una distesa di pelle calda e soffice, così viva e meravigliosa... è quello il segreto che la dura scorza di Nemesis nasconde?

"Muovile," mi sussurra lei, "Guardami attraverso le tue mani così sensibili... le mani che fanno danzare le catene."

Faccio come mi dice. Il buio dei miei occhi mi aiuta a ricostruire nella mente quel corpo, e lo trovo bellissimo: è come esplorare un territorio fatto di dolci curve, morbidi rilievi, caldi dettagli. Affondo lievemente le dita e sento i muscoli sotto la pelle, muscoli armonici e tonici, che quasi emanano un'aura di buona salute. Salgo, raggiungo il suo viso e lo sfioro emozionato con i polpastrelli. Il viso di Nemesis... il misterioso viso della diavolessa... no, non sembra affatto terribile come la sua maschera! Sento l'arco delle sue sopracciglia, la forma ovale dei suoi occhi, il suo naso sottile, il calore tremendo delle sue labbra semiaperte. Sta ansimando, come se le piacesse immensamente quel che sto facendo.

"Ti prego, Shun... voglio toccarti anch'io, voglio guardarti mentre ti tocco... me lo concedi?" mi chiede, quasi implorandomi.

Non ho più paura. Sono eccitato invece!

"Si," mormoro, con un filo di voce.

Di nuovo lei si siede a cavalcioni su di me, ma senza opprimermi col suo peso. Comincia a sfiorarmi e accarezzarmi, quando mi irrigidisco mi sussurra:

"Rilassati... arrenditi alle mie mani. Senti solo il piacere. Solo il piacere. Nient'altro esiste."

Le obbedisco, vincendo la mia vergogna: sono abituato a essere visto nudo da lei, ma non toccato a quel modo, fin nelle parti che persino io sono riluttante a toccare... ma è solo per il piacere, e scopro che il piacere c'è, che Nemesis sta semplicemente sciogliendo i freni che forse io stesso avevo messo ai miei sensi.

Mi sento così grande ed insieme così piccolo, riprovo la gioia di quando mi strusciavo contro mio fratello, ma stavolta mi sento la faccia in fiamme, e scopro che sto ansimando. Le labbra mi si seccano, le bagno con la punta della lingua, e scopro che persino la lingua può procurare piacere. Nemesis si accorge di quel che mi sta succedendo perché mi sfiora le labbra con le dita, stuzzicandomi finché non le mordo e ci gioco, proprio come un cucciolo.

"Come sei eccitato!" mi sussurra, divertita, "Eri così ritroso ed ora... faresti qualunque cosa..." Esita. "Ora posso baciarti?"

"Si," ansimo io. Ne ho un desiderio folle...

Lei si china su di me, mi sfiora la bocca con la sua, leggermente; poi la sfiora con la punta della sua lingua ed io faccio altrettanto, dovrei sentirmi rivoltato da quell'intimità e invece sento solo il gusto di un nuovo gioco. Lei vede che mi piace e mi bacia davvero, ed io l'abbraccio sentendomi unito a lei come se facessi parte del suo corpo. Che sensazione unica! E' questo dunque il sesso vero, l'unione di due esseri in uno?

Ma Nemesis ha solo cominciato a giocare con me. La sua bocca scende sulla gola (non avrei mai immaginato che potesse essere così piacevole!), e poi giù sul petto, intorno ai capezzoli, e poi giù sul ventre, intorno all'ombelico, e poi ancora giù, e quando sento quella sensazione tutti i miei muscoli si contraggono in uno spasimo di piacere...

Oh, Nemesis! Come fa a baciarmi persino lì?!

Cerco la sua testa con mani stupite, afferro manciate di capelli soffici, lei si muove con un lento ritmo ed io mi metto a mugolare con lo stesso ritmo, sento come se il cuore mi si dovesse schiantare dall'intensità spaventosa del piacere...

Lei si ferma, ansimando, continuando a stuzzicarmi con le mani, e sento il suo respiro sul viso."Per gli dèi, sembri nato per godere, non per soffrire... se solo vedessi l'espressione del tuo stesso viso, avresti un orgasmo..."

Che diavolo è un orgasmo?

"Sei pronto... ma ho paura che non durerà molto a lungo!" mormora lei, sorridendo. "Vuoi regalarmi la tua verginità?"

Cosa intende per verginità?

E' vero, è la mia prima donna... e l'unica donna che avrebbe potuto esserlo.

"Si!..." rispondo, quasi gridando.

Sento una sensazione strana, deliziosa, come se una parte di me, no, tutto di me fosse entrato in un luogo stretto, caldo e scivoloso. Le mie mani stupite scoprono che sono finito dentro il corpo di Nemesis, o meglio, lei si è infilata sul mio. La sento mugolare:

"Sarai bello come una ragazza... ma qui sotto sei un maschio... e niente male per la tua età!"

Si china su di me, mi bacia e muove lentamente i fianchi. Sento tutto un gioco di muscoli che mi stringono, come se dovessero a malincuore lasciarmi... ed invece ecco che si lasciano andare, e poi di nuovo su... e giù...

Afferro Nemesis e l'aiuto istintivamente nel movimento, travolto da un godimento assoluto che sfonda ogni mia resistenza possibile; tutta la mia energia è raccolta nel ventre e sta per esplodere, ed io sto gemendo come se mi stessero torturando, ma non è dolore... è qualcosa di selvaggio che mi afferra il respiro, ed ho bisogno di sfogare la tensione insopportabile dei miei muscoli, oh il piacere, il piacere, il piacere...

"Vieni, mio piccolo allievo... vieni, vieni!" mi incita Nemesis, con voce esaltata, muovendosi più forte, aumentando il ritmo.

"Si! " grido, completamente impazzito, "Ancora... ancora... non ti fermare, non ti... fermare..."

Raggiungo un'estasi che non avrei mai creduto possibile, una pulsazione deliziosa nella mia carne, mi inarco tutto e trattengo il fiato nel sentire quella sensazione inenarrabile... poi finisce, e posso finalmente respirare, a singhiozzi, come se avessi tagliato il traguardo di una corsa infinita.

Sono tramortito dall'impatto di quell'esperienza sul mio corpo e sulla mia mente. Sono tutto bagnato, fradicio di sudore, ed i miei pensieri si fermano come non hanno mai fatto in tutte le mie ore di meditazione. Una pace sovrumana si fa largo dentro di me, mentre mi sento fremere ancora, lievemente, al ricordo di quel piacere.

Sento Nemesis appoggiarsi a me, mettere la sua testa sulla mia spalla, e la accarezzo con mani tremanti, la stringo forte per comunicarle tutto ciò che provo per lei... emozione, devozione, gratitudine... amore.

Restiamo in silenzio, abbracciati, per un tempo lunghissimo.

"Sembrava quasi il tuo primo orgasmo," mi dice alla fine lei, con dolcezza, asciugando il mio corpo. "E' stato bellissimo... Grazie di cuore, Shun."

Di cosa mi ringrazia? Ha fatto tutto lei...

"Non ho mai provato niente di simile in vita mia," le dico, con tutta la mia sincerità. "Te lo giuro, Nemesis, è stata davvero la mia prima volta... "

"Ti credo. Qui non hai potuto che essere casto finora, e non credo che a undici anni tu facessi esperienze erotiche di questo tipo." Ride, mi accarezza. "Ed ora come ti senti?"

Sorrido."Mi sento... felice."

"Anch'io mi sento così." Esita, a lungo, poi aggiunge con improvvisa, profonda serietà: "Sappi comunque che non ho mai fatto niente di simile per nessun altro al mondo... né maestro, né allievo."

"Perché l'hai fatto per me, allora?" le chiedo, in un sussurro.

"Perché non ho potuto fare a meno di farlo."

Sento quasi il suo sguardo pensieroso su di me.

"Ora riposa, l'alba arriva presto."

Mi lascia, mentre tutto il mio essere anela ancora a lei. Ma non ho il coraggio di fermarla, di chiederle nulla... non è una donna libera, rammento con dispiacere. E chissà cosa le farebbe Albyon se scoprisse la sua parzialità nei confronti di un allievo... altroché l'uovo che mi aveva regalato! E' venuta addirittura a letto con me...

Ha fatto l'amore con me!

Quel pensiero mi rotola incessante nella mente, riempiendomi di stupore ed euforia. Ed all'improvviso io non sono più un bambino. Sono un ragazzo con una voglia arretrata di piacere, una nuova voglia insaziabile.

Quando Nemesis mi slaccia finalmente la benda, rivedo la solita maschera ed il solito costume da regina sadica. I miei occhi si posano sulle protezioni sporgenti dei suoi seni.

E faccio ciò che un'ora prima non avrei mai pensato, osato pensare di fare...

La circondo con le braccia, approfittando della sua vicinanza. Avvicino le labbra a quelle piastre convesse, e le sfioro con la punta della lingua assaggiando il metallo, là dove dovrebbero esserci i capezzoli.

Che sensazione eccitante...

Nemesis trema, mi guarda e dice: "Forse tu non sei mai stato davvero casto, Shun. Ho paura di averti reso consapevole del tuo potenziale erotico. Stai molto attento ad usarlo, se non vuoi che si trasformi in un pericolo per noi tutti."


parte terza
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