VARIAZIONI SU UN TEMA DI MASAMI KURUMADA

(SAINT SEIYA)

di Hanabi, estate 1994

I personaggi di Saint Seiya sono proprietà di M. Kurumada/Shueisha.

 


CAPITOLO 1: "Prologo" - parte terza

Il tempo passa in fretta quando un giorno è uguale all'altro. Solo le stagioni cambiano, la fresca primavera, la calda estate, l'autunno con le sue mille foglie morte sul nostro campo da calcio, l'inverno con la neve che fiocca silenziosamente mentre io la contemplo alla finestra.

Gli istruttori ci fanno correre sul prato immacolato, che fa uno strano rumore sotto di noi: l'aria fredda mi galvanizza, ma ben presto mi si gelano i piedi. Qualcun altro scivola e cade. Chi balza sulla neve e sul ghiaccio con la grazia di un danzatore è naturalmente Hyoga, che mi dice poi:

"Da me è sempre così, per nove mesi all'anno. Anzi, molto peggio, perché ci sono le bufere di neve. L'estate è bruttissima, tutto diventa fango. La neve e il ghiaccio sono in confronto belli e puliti."

"Ami molto la tua patria."

"Ho lasciato il mio cuore laggiù." Abbassa gli occhi. "E mia madre. E' morta durante un naufragio, la nostra nave è stata speronata e stritolata dai ghiacci... i posti sulle scialuppe erano esauriti, ma lei è riuscita ugualmente a gettarmi in una di esse, e poi mi ha salutato. Non ha mostrato paura mentre la nave affondava nel mare ghiacciato, mi ha sorriso fino all'ultimo..."

"Che donna coraggiosa," mormoro, commosso. "E tuo padre?"

"Non ho mai saputo con sicurezza chi sia. Quando mia madre è morta, sono tornato nel villaggio natale ed ho vissuto lì, finché è arrivato Alman di Thule a prendermi." Rialza lo sguardo, fissa il vuoto. "Ho persino fantasticato che fosse lui mio padre..."

"E perché allora ti avrebbe messo in questa scuola per orfani, invece di riconoscerti?"

"Perché è un uomo orribile," risponde lui, con gelida sicurezza.

"Sono d'accordo," dice Ikki unendosi a noi, lo sguardo perso nel cielo bianco.

Hyoga lo guarda, a lungo.

"Ho notato che sei diventato obbediente e taciturno da quel giorno che ti hanno portato dal duca. Qualcuno di noi si è sorpreso di questo, ma ti assicuro, io no."

"Anche tu hai qualcosa da perdere, russo?"

Torna a guardare la neve. "Certo. Anch'io sono tra coloro che non accetterebbero questa vita solo per paura delle punizioni di Mylock. I nostri migliori sentimenti..." sospira, "... Alman di Thule ce li fa maledire."

"Io maledico lui," mormora Ikki, "Che possa crepare, quel bastardo."

Evito di guardarlo: mi fa paura quando è così cupo.

Restiamo tutti e tre in silenzio, poi sentiamo dei passi che si avvicinano.

"Ehi, ragazzi!" E' Benan, un nostro amico iracheno. "Avete sentito la notizia?"

"Quale notizia?"

"Dieci ragazzi hanno ricevuto l'ordine di fare le valigie. Hanno finito il corso!..."

"Finito?" ci chiediamo tutti, stupiti.

"Credevo che il corso durasse fino alla nostra maggior età," dice Ikki, con voce sorda.

"Lo credevo anch'io. Chi sta andando via?"

Benan si lancia nell'elenco dei ragazzi.

"I più scarsi di tutti," dice Hyoga, velenosamente, "E dove diavolo li mandano?"

"Tenetevi forte... al Prometeus!" Benan manda un grosso sospiro, "Vi rendete conto? Il college più prestigioso della città! La scuola che forma i futuri manager..." Batte le mani. "Quelli che vengono da lì vengono assunti ancor prima che diano gli esami, fanno una carriera d'inferno! Ci siamo fatti un culo così, ma ora vediamo i risultati. Alman di Thule è stato grande, ci ha servito la ricchezza su un piatto d'argento!"

E stavamo proprio parlando di quanto era cattivo...

Benan è felicissimo. "Se hanno mandato quei dieci imbranati, vuol dire che ci manderanno tutti!"

"Non mi piace," dice Ikki, sospettosamente. "Perché allora il vecchio comincia con quei dieci? Non faceva meglio a chiudere questa maledetta scuola e mandarci via tutti?"

"Chissà, forse ci sono problemi di organizzazione. Si dice che il duca abbia detto le parole di Gesù, che gli ultimi saranno i primi. Forse vuole stupire il mondo mostrando che i più scarsi tra i suoi allievi sono sempre dei mostri a paragone di quelli che stanno fuori di qui."

"Già, il buon nome della Fondazione innanzi tutto!" esclama Ikki, con sarcasmo.

Ben presto veniamo a sapere che tutto quel che Benan ha detto è vero. I dieci fortunati ci salutano allegramente, dopo un ultimo allenamento fatto con tale malavoglia da far disperare gli istruttori. Io sono contento per loro, ma tutti i miei compagni sono cupi come temporali.

"Ma se ci mandano a fare gli studenti modello in un college per signori, perché diavolo ci fanno sputare sangue in palestra?" chiede N'dare, un ragazzo sudafricano.

"Si, ci alleniamo come se dovessimo fare i lottatori di wrestling," borbotta Jack. "Adesso le ultime tre ore ci fanno combattere l'uno contro l'altro..."

"E ti lamenti te che sei grosso, cosa dovrebbe dire lui?" dice Asher, indicandomi con il pollice. "E' talmente scarso che lo mettono tutti sotto, e alla fine si mette a frignare disperato, così arriva Ikki a menare il poveraccio che l'ha fatto piangere..."

Esplode una risata, interrotta proprio da Ikki.

"Tu tra tutti non dovresti ridere, N'dare, dopo il volo che oggi ti ha fatto fare mio fratello. Si è messo a piangere perché ti sei messo a urlare come se t'avessero ammazzato, e lui ha creduto di averti fatto troppo male."

La risata si interrompe, io arrossisco.

"E' stato un incidente," borbotta il sudafricano.

"Non è stato un incidente e il prossimo che finirà col muso per terra sarà proprio Asher," insiste Ikki, e mi guarda. "Me lo fai questo favore, Shun?"

So che forse potrei, ma non mi piace fare la lotta, a volte preferisco farmi sbattere per terra che vincere il mio avversario, e dover guardare nei suoi occhi il dolore dell'umiliazione. Tutti mi considerano un debole, e ci restano molto male se perdono con me; invece non sono così offesi se ad esempio Ikki o Shiryu li vincono, si sa che loro sono forti.

"Avete visto come ghignavano quei dieci asini?" dice Asher, cambiando discorso. "Credevano di essere chissà chi."

"Già, ma avevano ragione a ghignare: da domani si alzeranno alle otto anziché alle cinque."

"Non essere invidioso, rosso," dice Seiya, allegramente, "Almeno qui vedi la tua principessa che ti fa fare il cavallino!"

Esplode un'altra risata, a cui non posso fare a meno di unirmi anch'io: ho assistito come tutti al culmine della piaggeria di Asher nei confronti di Lady Isabel.

Lui non la prende molto bene, si gira verso Seiya e dice a denti stretti: "Un giorno o l'altro ti spaccherò la faccia, muso giallo."

"Ehi, vacci piano con i termini razzisti," intima mio fratello, minacciosamente.

Segue un breve silenzio.

"Ikki ha ragione, Asher," dice Shiryu. "Noi in Cina chiamiamo quelli come te demoni bianchi."

"E noi zulu li chiamiamo Gli Spellati," dice N'dare.

"E noi giapponesi li chiamiamo gaijin!" conclude Seiya, con tono carico di disprezzo.

Il rumore delle mie posate che cadono nel piatto risuona per tutta la sala.

Quella parola terribile... che aveva usato papà per definirmi...

"Che ti prende?" chiede Benan, nel silenzio.

"Niente," riesco a mormorare, con voce strozzata..

Tutti mi guardano. Mi vergogno di questo, così mi alzo da tavola e vado alla finestra. Guardo i ragazzi che salgono su un autobus, e partono in mezzo alla neve.

"OK, abbiamo visto quanto sono cretini i nostri pregiudizi, quindi piantiamola, d'accordo?" dice Seiya con voce conciliante. "Spaccami pure la faccia se ci riesci, Asher, tanto sotto la pelle sono uguale a te, se vuoi ti spello e te lo dimostro."

"Ma dovrei spellarti anch'io per vederlo, no?"

Ridono entrambi, la tensione si allenta.

Seiya si alza, viene da me e si inchina. "Scusami tanto, Shun," mormora appena.

"Di cosa?" Mi sforzo di sorridere, "Non è successo niente."

"D'accordo, non è successo niente, ma sono stato una bestia, per cui scusami."

E senza aspettare una risposta se ne ritorna a tavola. Vedo Ikki seguirlo con lo sguardo con qualcosa di diverso dalla solita diffidenza.

***

Nei giorni successivi altri ragazzi ricevono l'ordine di partire. Riceviamo le foto dei nostri ex compagni trionfanti all'ingresso del Prometeus, alcuni di noi muoiono di invidia, altri sono contenti e fanno progetti. Io cerco di immaginare mio fratello in giacca e cravatta che esce da un favoloso ufficio come quelli che si vedono alla televisione, mentre non posso assolutamente pensare a me stesso in quegli stessi panni: la verità è che non ho assolutamente idea di cosa sia il futuro. Jack mi annoia con la descrizione dell'automobile che si comprerà con il suo primo stipendio, altri irridono i loro futuri compagni di studi che, poverini, sapranno si e no due lingue mentre la maggioranza di noi ne sa almeno tre o quattro. Seiya mi confida che non appena fuori di lì rivedrà la sorella maggiore, e la cosa lo riempie di gioia trepidante.

"Sono quattro anni che sono qui, non ho mai ricevuto una lettera, non ho una sola notizia di Sazuko, il vecchio mi ha promesso che l'avrebbe portata qui a Nuova Luxor..."

Il cambiamento è evidente nella scuola. I nostri insegnanti non ci insegnano nulla di nuovo, si limitano a farci ripassare. Il nostro addestramento alla lotta invece prosegue in modo serrato: le arti marziali prendono il posto dei pesi, delle corse, della ginnastica pura e semplice. Arriviamo a fare sei ore in palestra attorno al tatami, e chi perde gli scontri si fa il giro di tutto il parco del Saint George in mezzo alla neve... inutile dire che lo faccio spesso, con disperazione dei maestri che non capiscono perché sia perfetto in certe tecniche e poi regolarmente mi faccia battere. Forse perché a dispetto di tutti i pesi che mi hanno fatto fare resto sempre piccolo e snello come un chiodo.

Intanto prosegue lo stillicidio delle partenze, stavolta al ritmo di una alla volta. Alla fine rimaniamo soltanto in diciassette, e da quel momento in poi ogni partenza viene sospesa.

La nostra aspettativa diventa altissima, a tavola ci guardiamo tutti negli occhi chiedendoci cosa stia accadendo. Vorremmo fare delle domande, avere spiegazioni, ma Mylock è più duro e impermeabile che mai. Siamo rimasti in pochi, ma la sorveglianza intorno a noi è rimasta numericamente la stessa, una situazione pesante e a volte addirittura ridicola.

Finalmente un giorno Mylock ci comunica:

"Oggi il programma è sospeso. Andate tutti nella sala conferenze, in silenzio e composti."

Obbediamo, evidentemente agitati.

Nella sala troviamo diciassette sedie messe ad emiciclo davanti al palco, parecchi energumeni in occhiali scuri lungo le pareti e, sorpresa più grande di tutte, il duca Alman di Thule seduto al posto del conferenziere, in un elegante vestito occidentale.

Ci sediamo dopo l'inchino di rito, Mylock si mette sull'attenti accanto al duca.

"Miei cari ragazzi," ci dice quest'ultimo, con voce precisa e tranquilla, "il vostro tempo di permanenza alla Saint George è terminato."

Sorridiamo tutti, trattenendoci a stento dall'esultare.

Ma Alman alza la mano. "Però non è terminato il vostro periodo di addestramento. Ora arriverà la parte più difficile di tutte."

"E' così tremendo il Prometeus?" chiede timidamente Asher.

"E chi vi ha detto che andrete al Prometeus?"

Quella risposta ci raggela.

"Ho mandato laggiù coloro che non hanno passato la selezione," continua il duca, "Voi siete l'élite di quanto prodotto da questa scuola. Non vi ho giudicati in base alla razza, alla semplice forza fisica, al tipo di carattere, e nemmeno in base all'età. No, vi ho giudicati sulla base di un talento interiore, quello stesso talento che mi ha spinto a cercarvi per tutto il mondo per farvi venire qui. E' finalmente ora che sappiate il vero scopo del Saint George."

Il suo sguardo si alza sul simbolo della scuola.

"Non vi siete mai chiesti perché questa scuola si chiama così, perché ha quel simbolo? San Giorgio era un cavaliere che uccise un drago malvagio: per i cristiani è il patrono dei cavalieri. Se con questa parola si intendono dei guerrieri addestrati alla lotta, amanti della giustizia e dell'onore, dedicati alla lealtà e capaci di ogni sacrificio per una giusta causa... allora sappiate che siete stati selezionati per diventarlo."

Restiamo tutti di sasso.

"Guerrieri?" mormoro appena. Proprio ciò che non vorrei mai diventare, io che non voglio fare del male a nessuno!

"Guerrieri," ripete il duca che mi ha sentito. "Ma molto speciali, che combattono solo seguendo rigide regole morali e spirituali, abbandonando ogni desiderio personale di conquista o di potenza. Uso il termine di cavalieri perché è il più aderente al significato di sanctos, i mortali dai grandi poteri che fiancheggiavano la dea della guerra e protettrice degli uomini, colei che i Greci definirono riduttivamente la loro dea: Athena."

Ci guardiamo tutti, sconcertati.

"Potete seguire tutte le religioni che volete, questo non toglie che esistano entità frapposte tra Dio e gli uomini. C'è stata una lunga epoca, che sprofonda fino a migliaia di anni fa, chiamata epoca dei miti. In quel tempo si originarono le leggende che riempiono il mondo, ed una volta depurate di tutti gli elementi locali, si arriva alla conclusione che ebbero tutte cause consimili. Athena esiste in tutte le culture con molteplici nomi diversi, ma è sempre la stessa entità; gli eroi di cui sono parlano i miti sono più o meno correlati con lei e con i suoi nemici: l'oscurità... il mare... i demoni. Questi eroi si possono definire cavalieri non perché combattessero a cavallo, anche se a volte lo facevano, ma perché avevano armature straordinarie, in grado di dar loro poteri sovrumani. La fonte di questi poteri era la stessa energia del cosmo. I cavalieri si spartivano il potere del cielo secondo le costellazioni, ad ogni costellazione corrispondeva un'armatura, ed a ogni armatura un solo cavaliere... un uomo protetto da quella magica corazza, ed insieme fonte stessa del suo potere." Un breve sospiro, e la voce del duca si abbassa di tono. "Gli antichi eroi sono morti, ma le loro armature hanno continuato ad esistere... ed esistono tuttora."

"Pazzesco!" mormora Ikki nel silenzio. "Ma crede davvero a ciò che dice... o ci sta raccontando una favola?"

Il duca ferma con una mano Mylock che già si agitava al suo fianco.

"Non è una favola, anche se lo sembra... le circostanze mi impongono di usare parole per spiegare cose che trascendono ogni descrizione. Comunque sappiate che undici anni fa, durante le mie ricerche storico-archeologiche, trovai un cavaliere, uno dei sanctos. Era moribondo, ed ebbe poco tempo per parlarmi, ma mi lasciò in eredità la sua armatura, rivelandomi nel contempo l'esistenza di tutto un mondo antico che convive con il nostro ultramoderno, un mondo legato a queste vestigia e alla loro storia... un mondo chiamato a ragione il Segreto. Mi rivelò inoltre che il Mondo Segreto è alla soglia di una grande crisi, che avrà conseguenze drammatiche anche sul resto dell'umanità, anche se essa resterà ignara delle cause. Tanti fenomeni non spiegabili, tante catastrofi apparentemente naturali potrebbero colpire il mondo, segni esteriori di una lotta segreta che questa civiltà dei consumi non sospetta nemmeno. Quel cavaliere moribondo mi ordinò di raccogliere in fretta i giovani più dotati di un particolare talento, e di addestrarli per fare di essi... la nuova schiera di Athena."

La serietà assoluta del duca ci convince che fa sul serio. E se non bastasse questo, fa un gesto e Mylock toglie un telo da un oggetto quasi cubico che sta sul tavolo accanto.

Uno scrigno dorato, inciso con la figura di un centauro che scocca una freccia.

"Il Sagittario!" mormora Seiya, riconoscendo la figura.

E' vero, è tracciata proprio secondo le stelle che la compongono nel cielo. Ora comprendiamo perché abbiamo passato tanto tempo a studiare le carte celesti e l'astronomia, e perché il duca passi le notti serene contemplando il cielo. Ricordo ancora la domanda che fece a Ikki quando ci portò via dall'orfanotrofio... Hai mai guardato le stelle, ragazzo?

Il duca annuisce a Seiya, indica lo scrigno con un dito.

"Qui dentro è custodita un'armatura che sembra fatta d'oro, ma nessuno dei miei laboratori che l'ha esaminata in segreto riesce a comprendere di cosa si tratti. Si comporta come un metallo, ma è instabile, il suo peso è variabile, assorbe ed emette energia. Si adatta al corpo di chi la veste ma una volta indossata resta inerte, pesante e inutile." Ci guarda, "Inutile perché chi l'indossa non possiede il segreto che fa la potenza di un cavaliere. Segreto che voi siete incaricati di ottenere a tutti i costi."

Guardiamo attoniti lo scrigno.

"Perché non ci ha rivelato tutto questo fin dall'inizio?" chiede Seiya, con voce tremante.

"Perché non mi avreste creduto. Perché eravate troppo giovani. Perché non sapevate abbastanza di mitologia per capire che quel che sto dicendo adesso è la verità. Perché il Mondo Segreto è appunto segreto, e solo pochi dei ragazzi del Saint George erano destinati a conoscerlo." Alza lo sguardo su di noi, "Ora voi lo conoscete, e vi garantisco, non racconterete la sua esistenza a nessun altro. Vi comunico che voi diciassette risultate ufficialmente dispersi durante un viaggio in nave nell'Oceano Pacifico." Un lieve sorriso. "Una terribile disgrazia, sapete."

Ikki fa per scattare in piedi, un sorvegliante gli mette una mano sulla spalla e lo schiaccia di nuovo seduto. "Che vuol dire questa storia?!..."

"Vuol dire che nessuno vi cercherà più. Grazie alle rivelazioni del cavaliere che ho trovato, ed alla sua... eredità interiore, ho rintracciato le diciassette Scuole Segrete sparse per il mondo in cui si cercano i successori delle armature vacanti. Domani saranno attribuite le Scuole ad ognuno di voi. La Fondazione vi condurrà alle vostre destinazioni. E riporterà qui a Nuova Luxor solo coloro che riusciranno a diventare cavalieri e ottenere l'armatura. Allora avrete finalmente finito il vostro compito con me... per iniziare quello al servizio di Athena."

"E chi non riesce nell'impresa?" chiede Benan, con un filo di voce.

"Sarà morto, o prigioniero per sempre del Mondo Segreto. Non tornerà mai più."

***

Alman di Thule mi ha tradito.

Ha tradito tutti noi, ci ha preso in trappola come topi. Siamo i suoi schiavi, come ha avuto il coraggio di dirmi quella volta che ci parlammo. Ora, che sia vero o no che si tratti di salvare l'umanità, dobbiamo fare il suo gioco. Vincere o morire. Diciassette ragazzi, il più vecchio di diciassette anni, il più giovane di undici, verranno mandati Dio solo sa dove, a fare Dio solo sa cosa, per diventare che cosa? Cavalieri, Santi di Athena, che sia maledetta pure lei e tutto questo Mondo Segreto...

Guardo fuori dalla finestra. Non ci sono sbarre, ma non mi illudo, ora siamo sorvegliati a vista, prigionieri in questa dannata tenuta che si stende per chilometri in ogni direzione, dispersi per il mondo esterno, tanto a chi gliene frega di noi? Diciassette orfanelli in crociera premio perduti in mare, succede di peggio al mondo.

Chiunque raccontasse questa storia crederebbe che sia il vaneggiamento di un drogato. Ma non lo è. Devono essere anni che Alman ha organizzato questo progetto, chissà quanti soldi ci ha messo dentro. Sembra che la cosa che gli interessi di meno sia la nostra vita. Ci verrà a prendere solo se otterremo la fottuta armatura. Ma quanto ci metteremo? Mesi, anni? Non poteva comprarla, con tutti i soldi che ha?... Già, dimentico. L'armatura è inutile senza un cavaliere dentro. Lui vuole il cavaliere, vuole vedere la sua chincaglieria dorata prendere vita.

Shun è seduto sul suo letto, le mani strette in grembo, lo sguardo fisso nel vuoto. E' sul punto di mettersi a piangere: sta lentamente comprendendo ciò che la sua mente respinge con tutte le forze, e cioè l'idea che presto saremo separati, e forse per sempre... quante possibilità ha lui che è così piccolo? Alman di Thule non lo sta forse condannando a morte?

"Quel maledetto figlio di puttana!" esplodo, picchiando un pugno furibondo contro la parete.

Viene da piangere anche a me. Non erano questi i patti, non mi ero piegato perché Shun finisse così. Avrei sopportato tutto, tutto purché l'avessi saputo felice e sereno. Perché quel bastardo di Alman non lo ha mandato al Prometeus? Ma no, ha premiato i più cretini, Shun ha il talento, il dannato, maledettissimo talento, e allora cosa importa se è solo un bambino? E' una piccola monetina ma vale la pena di giocarla lo stesso su questa roulette per un'armatura, tanto se si perde non se ne accorge nessuno, ma se vince porta a casa un bel malloppo...

Mi siedo a terra, mi prendo la testa tra le mani.

Ci dev'essere pure qualcosa che possa fare... non posso lasciare che ci portino al macello così... ma dove ho sbagliato, cos'ho fatto per mettere me e mio fratello in questa dannata situazione?!

Invano cerco di mettere ordine nella mia mente. Tutte le strade sono chiuse. L'unica libertà che mi resta sarebbe quella di uccidere Shun e suicidarmi: almeno così farei un dispetto a quel bastardo, che perderebbe i suoi due aspiranti cavalieri...

Alzo la testa e guardo mio fratello. Ora mi sta fissando, con gli occhi lustri, come se aspettasse da me una risposta che non so dargli. Mi immagino nell'atto di strangolarlo, e mi sento soffocare. No, non posso fare come ha fatto mio padre... uccidere qualcuno perché non sopporto l'idea di perderlo...

Gli occhi di Shun si spalancano. Si è accorto delle mie lacrime silenziose.

"Oh, Ikki," mormora. Salta giù dal letto e mi corre tra le braccia, mi stringe forte.

"Fratellino..." riesco solo a singhiozzare, stringendolo a mia volta.

Lui scoppia a piangere, disperato. "Non voglio lasciarti, non voglio, non voglio..."

Mi premo addosso la sua testolina, mordendomi le labbra. Che tentazione lasciarsi andare in una crisi di disperazione, piangere come fa lui, liberando il dolore della mia anima, beato lui che riesce sempre a farlo, che non si vergogna di essere così sensibile, a dispetto di quel che ho cercato sempre di insegnargli...

Ma cosa significherebbe per lui vedermi in quello stato, io che sono stato sempre il suo baluardo, il suo esempio da seguire, io che sono il suo fratello grande?

Lo farei disperare ancora di più... gli toglierei del tutto la voglia di vivere, l'unica cosa che, per quanto remota, può ancora salvargli la vita.

Chiudo forte gli occhi, invoco lo spirito dei miei genitori, che mi aiutino, che mi diano la forza... e riesco con uno sforzo terribile a smettere di piangere, a elevarmi sul mio dolore come uno scoglio si eleva sul mare in tempesta. In quell'improvvisa finestra di serenità mi rendo conto che devo accantonare tutto il mio odio, la rabbia e la disperazione. Shun mi sta facendo una domanda silenziosa, ed ora so finalmente la risposta... so cosa devo dirgli.

"Non piangere più, fratellino," mormoro, con voce di nuovo tranquilla, anche se piena di tristezza.

Lui si stacca da me, mi guarda e singhiozza: "... Vorrei avere la tua forza, Ikki..."

"Ce l'hai." Sorrido appena, poso una mano sul suo cuore. "Dentro di te. Devi solo credere che ci sia un domani. Devi crederlo, per te e per me."

Scuote la testa. "Non ci riesco... scusami, ma senza di te non ci sarà nulla per me... tu sei stato tutto per me, la mia mamma, il mio papà, il mio fratello, il mio amico..." China la testa, si rimette a piangere, "...e presto sarò solo!"

"No. Non sarai mai solo. Mai." Gli stringo le braccia, con forza. "Il mio spirito sarà sempre con te, qualunque cosa avvenga di noi." Lo guardo negli occhi, respiro profondamente. "Ascoltami bene, Shun: prima o poi dovevamo separarci. Ho fatto tanto per aiutarti ma è venuto il momento in cui devi camminare con le tue gambe. Ti ho indebolito abbastanza, con la scusa che eri il mio fratellino indifeso..."

Lui mi guarda con gli occhi spalancati.

"Si, sono stato egoista con te," continuo, con più decisione, "Ti ho sempre trattato come se tu fossi un lattante. Ma la verità è che mi è piaciuto per tutti questi anni sentirmi il tuo universo, sapere che senza di me tu non saresti nulla. Mi rendo conto ora che questa è una bugia. Tu esisti..." Lo accarezzo, asciugandogli le lacrime, "... e sei uno splendido essere umano, con l'anima più bella che abbia mai visto. Voglio che tu scopra finalmente quello che sei, senza bisogno di specchiarti in me. Io non sono il superuomo che mi credi. Non sono riuscito nemmeno a renderti felice..."

Lui scuote lievemente la testa, respira profondamente.

"Non è vero, Ikki. Una volta mi hai detto... che è facile essere santi quando qualcuno fa il cattivo per te. Se io sono ciò che dici... è perché ti sei preso sulle spalle tutto quel che mi avrebbe reso cattivo. E se ti ho dato qualcosa in cambio... è sempre troppo poco per quel che mi hai dato tu." China lo sguardo. "Vorrei avere più tempo per poterti ripagare."

"Abbiamo tutto il tempo dell'universo, Shun. Qui o altrove, insieme o separati. Finché c'è vita c'è speranza, o meglio la speranza è la nostra vita. Spera, fratellino, e sarai vivo... ed io sarò vivo con te."

"Ikki," mormora lui, e mi abbraccia di nuovo, ma senza la furia disperata di prima.

Quella notte, quando l'ultimo sorvegliante è passato a controllarci ed ha richiuso la porta, si arrampica sul letto a castello e si infila sotto le coperte, al mio fianco.

Dovrei mandarlo via, dovrei dirgli che non è più un bambino, che non deve avere bisogno di questa consolazione, ma trovare la forza nel suo cuore.

Ma per una volta tanto sono debole anch'io, e lo stringo a me.

Che Dio mi perdoni.

***

Il pomeriggio del giorno dopo ci riportano tutti nella sala conferenze. Ci guardiamo in silenzio, vediamo che siamo tutti sconvolti, che nessuno di noi ha dormito quella notte. Seiya mi guarda fisso, come per dirmi: capisci cosa sto provando, vero?

L'abbraccio con sua sorella è rimandato di chissà quanto tempo... forse per sempre!

Il duca è in ritardo, Mylock sbuffa preparando due cesti di vimini pieni di grosse sfere di plastica bianche e nere.

"Signor Mylock..." osa chiedere N'dare.

"Cosa c'è?" risponde lui, con sorprendente buon umore: si vede che è felice di sbarazzarsi di noi.

"Di tutti i posti in cui ci manderete... qual'è il peggiore?"

Mylock raccoglie una delle sfere e la lascia cadere nel cesto, ripete il gesto con aria assente.

"Beh, credo che tutte le scuole segrete siano terribili. Ma ho sentito dal duca che la peggiore di tutte sia un posto chiamato Isola Nera, o Isola della Regina Nera. Nessun allievo sopravvissuto dopo il primo anno, clima spaventoso, un vulcano attivo a pochi passi, pozzanghere di fango bollente e zolfo dappertutto. Un vero inferno, che stravolge la mente di chi ci sta: nessuna sorpresa che tutti credano quel posto disabitato. E invece laggiù ci sono sempre nuovi allievi che tentano la fortuna, e per entrare in quella scuola bisogna pagare, oh, se bisogna pagare! E pagare tutti gli infiniti intermediari che proteggono il Mondo Segreto dalla curiosità altrui." Sorride, spalancando i suoi occhietti. "Questo vale per ognuno di voi, immaginate quanti soldi abbiamo investito per tutti e diciassette! Sono dieci anni almeno che vanno avanti queste trattative, non avete idea di quanto impegno c'è dietro l'invio di ognuno di voi."

"E voi avete idea di quel che costa a noi?" chiede Hyoga, sferzante.

Non c'è risposta, né ce l'aspettiamo.

Arriva finalmente il duca, austero ed elegante. Insieme a lui, con nostro sommo stupore, sua nipote: la mia coetanea Lady Isabel Saori, compita e altera, che avanza al fianco del nonno come se tutto il resto del mondo fosse polvere sotto i suoi piedini.

"In piedi!" tuona Mylock, mentre tutti i sorveglianti si inchinano.

Alcuni di noi obbediscono, altri no.

"Ho detto in piedi!" ripete lui, con i pugni sui fianchi.

Siccome la situazione non cambia, alcuni sorveglianti vanno ad alzare quasi di peso i ribelli, tra i quali, tanto per cambiare, c'è mio fratello.

Il duca si accomoda su una poltrona laterale, fa sedere la sua nipotina, annuisce e tutti si siedono di nuovo.

"Siamo arrivati al momento cruciale delle vostre esistenze," esordisce con voce tranquilla e sicura. "Come vedete la mia piccola Isabel è a conoscenza del progetto, e voglio che patrocini con la sua presenza questo momento."

"Crede di essere Athena, la piccola," mormora Seiya, velenosamente.

Asher la guarda con disperazione. Forse teme che sarà l'ultima volta che vede il grande amore della sua vita.

Dopo una lunga pausa di silenzio, il duca chiede a Mylock: "Tutto pronto?"

"Si, milord."

Di nuovo si rivolge a noi."Forse credete che questa sia una banale estrazione a sorte. Ma non sarà così. Sarà la mano del destino a guidare la vostra scelta, lo comprenderete non appena saprete la vostra destinazione. Naturalmente essa sarà definitiva e inappellabile, e perché non vi tormentiate con vane attese, le vostre partenze avverranno questa notte stessa."

Questa notte stessa... Oh Dio, sono le ultime ore che passo con mio fratello...

"Sapremo attraverso gli stessi canali usati per le trattative se e quando riuscirete a diventare cavalieri, e sapremo anche di quale costellazione: infatti attualmente non si sa a quali armature corrisponde ogni scuola segreta. Non crediate pertanto che ci limiteremo ad abbandonarvi laggiù: abbandoneremo soltanto i perdenti."

Un brivido gelido mi scende nella schiena.

"Ci sono due cesti," continua il duca, indicandoli. "Quello di destra contiene dei numeri. Quello di sinistra le destinazioni. Prenderete prima la sfera di destra, che determinerà l'ordine in cui dovrete poi estrarre la vostra destinazione. Ho optato per questa doppia estrazione perché chiaramente gli ultimi non avranno molta possibilità di scelta, e l'ultimo nessuna. Non voglio essere accusato di fare favoritismi."

Ci guardiamo, tutti col fiato sospeso.

"Benan!" chiama Mylock, iniziando dall'iracheno che è il primo della fila.

Dopo di lui chiama tutti gli altri, e ognuno prende dal cesto di destra la sua sfera bianca.

Quando siamo di nuovo tutti seduti, Mylock ci ordina di aprirle. Io ho il numero sedici, sarò il penultimo a scegliere la mia destinazione. Mio fratello ha il numero quindici. L'ultimo sarà Pat, un ragazzo austriaco che quasi si mette a piangere.

"Numero uno!" chiama di nuovo Mylock.

E' un ragazzo indiano, Majib. Si alza tremando, va al cesto di sinistra, esita almeno mezzo minuto a prendere la sua sfera nera.

Nessuno gli mette fretta.

Alla fine la sua mano ne afferra una, e con quella ritorna al suo posto.

Tutti, più o meno, fanno come lui. Asher sceglie fissando non la propria mano, ma la piccola Lady Isabel che guarda tutto con un'indifferenza suprema. Shiryu controlla magnificamente la sua tensione, ma il tremito del suo sguardo rivela lo sforzo che gli costa. N'dare afferra la sfera con un gesto quasi rabbioso, Benan trattenendo il fiato. Seiya infila la mano nel cesto, guarda il duca e chiede:

"Se riporterò l'armatura, manterrà la promessa e mi riunirà a mia sorella?"

Il duca annuisce.

Hyoga ostenta indifferenza, fissa il duca con sfida. Ikki si alza, prende in fretta la terzultima sfera, evita di incrociare il mio sguardo.

Tocca a me.

Mi alzo cercando di non mostrare la debolezza delle mie gambe. Mi avvicino al cesto, guardo dentro.

Due sfere nere, una a destra, l'altra a sinistra... quale scegliere?

Chiudo gli occhi, allungo la mano e ne tocco una. E' lei che devo prendere?

Non lo so, ma devo scegliere. E la prendo.

Mylock toglie lui l'ultima e la lancia a Pat che ormai piange senza ritegno.

"Torna a posto, scricciolo," mi dice, vedendomi ancora lì impalato.

Quando sono tornato alla mia sedia, ci dice finalmente:

"Aprite le vostre sfere."

Tutti obbediscono con mani tremanti, guardandosi l'un l'altro. Vedo l'espressione stupita di Jack, Hyoga, Shiryu e N'dare, il sospiro di sollievo di Asher e di Benan, l'indifferenza di Seiya e degli altri.

"Chi ha l'Isola Nera?" sussurra Benan, guardandosi intorno. Quello sguardo rimbalza tra tutti, si ferma su di me, l'unico che non ha ancora aperto il foglietto contenuto nella sua sfera.

E in quel momento, lo so. Apro il foglio, ma non ho bisogno di leggerlo, anche se le parole si proiettano davanti ai miei occhi impietriti.

E quelle parole mi condannano.

Le mani che tengono il foglietto mi cadono in grembo come se fossero di piombo. Mi tremano le labbra, ma lotto disperatamente per non mettermi a piangere, anche se forse mai come stavolta ne avrei motivo. Mi sento debolissimo, penso con terrore che sto per svenire, chiudo gli occhi, li riapro fissando il vuoto: vorrei guardare Ikki ma non posso, non posso...

"Dichiarate la vostra destinazione!" ordina Mylock.

I primi nomi non li sento nemmeno, mi ronzano le orecchie. Quando riesco a uscire dal mio intontimento, sento che Asher andrà in Liberia.

"Shi Lou!" chiama Mylock.

"Cinque Picchi, in Cina," risponde lui, emozionato. Il suo destino è dunque nella sua patria natale!

"N'dare!"

"Africa australe," è la risposta. Anche lui dunque torna a casa...

"Benan!"

"Finlandia," risponde lui, tristemente. Forse non ci sono scuole segrete nel suo Iraq.

"Seiya!"

"C'è scritto solo Santuario."

"Ah, il destino ti onora," sorride Mylock, "Ti addestrerai proprio in terra di Grecia, la patria di Athena!"

Seiya non sembra per nulla impressionato da quell'onore.

"Igor!"

"Siberia orientale," dice lui, con una luce di gioia negli occhi.

Potrà dunque rivedere la tomba di sua madre! Allora il duca ha ragione, non sono coincidenze, è proprio la mano del destino...

"Ikki!"

"Isola Nera," è la sua ferma risposta.

Trasalisco come se mi avessero schiaffeggiato.

Segue un istante di denso silenzio. Gli occhi di tutti si rivolgono a mio fratello, che fissa Mylock senza battere ciglio.

Sappiamo tutti che sta mentendo.

Mylock non è affatto divertito. "Non ti credo, ragazzo. Mostraci il tuo foglio!"

Lentamente Ikki si alza, si avvicina a me, mi toglie platealmente il foglio dalle mani e lo volta verso Mylock senza neanche guardarlo.

"Questa è la mia destinazione."

Nel silenzio da brivido che segue, mi alzo anch'io e dico, con tutta la dignità che riesco a trovare:

"Non è vero, signore. E' la mia destinazione."

"Sta' zitto e siediti," mi ordina mio fratello a voce bassa, senza guardarmi.

"Non posso," mormoro, con le lacrime agli occhi, "Non posso permetterti di fare questo... di sacrificarti ancora per me!..."

"Di che sacrificio parli? Sto facendo solo la cosa più logica, stupido!"

Si rivolge a Mylock, e la sua voce si alza sicura.

"E' un errore mandare il più giovane di tutti nel posto peggiore. Io sono il più anziano ed il più forte di tutti, quindi andrò io all'Isola Nera. Così sia io che mio fratello avremo almeno una possibilità di salvarci entrambi."

Ma Mylock risponde, con durezza: "Credi di poter decidere quel che vuoi, giovanotto?... Hai sentito le regole, questa scelta è sacra! Se il destino ha scelto tuo fratello per l'armatura dell'Isola Nera, devi accettare la cosa e basta!"

"Anche se questo significa la sua morte sicura?" ribatte Ikki, e si rivolge al duca. "In fin dei conti a lei cosa importa del destino, quando tutto quel che vuole sono le sue dannate armature, soltanto quelle?!..."

"Chiudi il becco!" tuona Mylock, e fa un gesto.

Due sorveglianti afferrano Ikki e cercano di rimetterlo seduto. Ma lui resiste, riesce a spingersi fino a pochi passi dal duca, e lo implora disperatamente:

"Lord Alman!... Lei che dice di aver ottenuto il talento per sceglierci... guardi con quel talento nel destino, e non getti le nostre vite come se fossero dei dadi!..."

Mylock si rivolge a Pat.

"Tu, ragazzo!... Qual'è la tua destinazione?"

"Amazzonia," risponde l'austriaco, tremante.

"E allora, per esclusione, non resta che una destinazione. Tu, Ikki, andrai all'isola di Anthrâ, nell'Oceano Indiano." Lo guarda negli occhi e aggiunge, in tono quasi di compassione: "Mi dispiace per tuo fratello."

Accolgo quelle parole definitive con uno spasimo nel petto, e nello stesso tempo con gratitudine...

"Un momento, Mylock."

Il duca si alza in piedi. Si avvicina lentamente a Ikki. I sorveglianti aumentano visibilmente la loro stretta sulle braccia di mio fratello, ma è una precauzione inutile, lui non si muove. Fissa il duca negli occhi, con uno sguardo pieno di una fermezza, una fierezza sovrumani, senza dire nulla.

Passa così un tempo che pare interminabile.

"Hai ragione, Ikki," dice alla fine Alman di Thule. "Stai compiendo il tuo destino... quello di proteggere l'unica persona che ami a questo mondo. E' per questo che Shun ha scelto quella sfera. Tutto è stato preordinato, persino questo tuo slancio generoso." Sospira. "Sia dunque come il destino ha voluto."

Si volta verso lo sbalordito Mylock.

"Ikki andrà all'Isola Nera, e Shun ad Anthrâ."

***

Mi sembra di vivere in un incubo. Il duca saluta e se ne va assieme alla sua piccola damigella, che per tutto il tempo è rimasta in silenzio ed impassibile. Lasciano soli noi ragazzi, ognuno con il proprio inferno personale: anche chi tornerà nella sua patria natale sa che dovrà vincere, o che altrimenti gli resta ben poco da vivere.

"Povero Shun," sento mormorare da qualcuno.

Si, povero me. E' inutile credersi dei grandi, io sono un bambinetto e basta. Non ho avuto la forza o il coraggio di affrontare il mio destino, ho lasciato una volta di più che Ikki si prendesse la cattiveria del mondo sulle sue spalle. Sono pieno di vergogna al punto di desiderare di morire.

Desiderio che si avvererà molto presto, credo. Non sono un guerriero, non lo sarò mai, non riuscirò a sopravvivere un solo anno in quelle misteriose e terribili scuole segrete. Sono un condannato a morte davanti al patibolo.

"Coraggio, Shun," mi mormora Hyoga, mettendomi una mano sulla spalla. E poi gira la testa, non vuole aumentare la mia vergogna guardando a cosa mi sono ridotto. Sento che saluta Ikki, gli stringe la mano, gli dice "Dosvedànija".

Arrivederci... si, ma chi ci crede?

Il tempo concesso per i saluti è finito, uomini impassibili ci gettano addosso degli impermeabili, ci mettono in mano una sacca ciascuno; afferrano me e Ikki per un braccio e ci portano fuori. Ci fanno montare in un furgone che parte, tuffandosi prima nel buio della tenuta, e poi nel fulgore della notte di Nuova Luxor.

Per tutto il viaggio io e mio fratello non ci parliamo: che cosa potremmo dirci ormai? Tengo solo stretta la sua mano, sprofondato in un dolore che quasi mi uccide. Non riesco nemmeno a piangere, fisso con occhi sbarrati le luci della città che sfrecciano davanti ai miei occhi.

Ognuna di quelle luci mi avvicina al momento dell'addio.

Arriviamo al porto, dove centinaia di navi di tutti i tipi sono ancorate, un valzer frenetico di gru e montacarichi al lavoro, luci di fotocellule, odore di mare e carburante, urla di sirene che echeggiano tra i docks. Il furgone percorre a bassa velocità la ragnatela di strade e moli, si ferma accanto a una piccola nave mercantile che sta caricando delle casse.

E' la nave che porterà mio fratello all'Isola Nera.

Ci fanno scendere, senza complimenti. E si allontanano lievemente, come per dirci che quello è il momento per il nostro ultimo saluto.

Ikki mi prende le mani, mi guarda negli occhi, mi dice con voce dolce e triste:

"Ora stai per vivere un momento terribile, ma questo dolore ti renderà più forte, per cui accettalo senza rimpianti. Hai sentito cos'ha detto Alman di Thule: solo chi vince ritornerà. Ebbene, io ti prometto che vincerò e tornerò. Lo farò solo per rivederti. Promettimi che anche tu lotterai con tutte le tue forze per vincere e per tornare, e che ci rivedremo un giorno qui, a Nuova Luxor, finalmente insieme... e liberi!"

"Te lo prometto, Ikki..." Le lacrime mi scorrono dagli occhi, "... anche se quello che fai non è giusto. Ero io che dovevo andare dove adesso vai tu... e ci sarei andato con gioia per te!"

"Questa gioia che tu dici spetta a me di diritto, perché sono più grande di te."

Apre le braccia, ed io mi getto tra di esse, affondando la faccia nel suo petto, come farò senza di lui, senza il suo affetto, la sua forza, il suo calore?!...

"Non perdere mai la speranza, cucciolo," mi mormora all'orecchio. "Ricorda, la tua vita, la mia dipendono da essa. Credi sempre che ci sarà un domani!"

"E' ora," annuncia un marinaio dal ponte della nave.

Ikki si stacca dal mio abbraccio, arretra di qualche passo, sempre guardandomi. Poi sorride, con le lacrime agli occhi, porta due dita alla fronte nel suo solito saluto scanzonato e mormora appena:

"Addio, fratellino."

Raccoglie la sua sacca e mi volta le spalle.

"Ikki!!!" urlo, mentre tutta la mia disperazione esplode in un'ondata accecante, e balzo verso di lui. Due sorveglianti mi afferrano e mi tirano indietro mentre io mi dibatto come una belva e grido in lacrime: "Non lasciarmi! Non andartene! Voglio stare con te! Voglio venire con te!.... Non ti rivedrò mai più!!!"

Avevano previsto la mia reazione: l'autista scende dal furgone, toglie dalla custodia una pistola ipodermica caricata a narcotico. Io la vedo, e agogno a quella misericordiosa iniezione, prima che il cuore mi si schianti a veder partire mio fratello...

Ikki si ferma, si volta appena a guardarmi.

Io taccio di colpo.

Gli occhi di mio fratello scintillano, nella loro bellissima espressione senza età.

Ed io capisco ciò che mi chiede silenziosamente. Mi calmo, smetto di dibattermi, lo guardo restando inerte tra le mani dei sorveglianti, la visione annegata in un fiume di lacrime.

"Addio, fratello," singhiozzo, con un filo di voce.

Lui china appena la testa, con un sorriso, e poi sparisce in quella nave che lo porterà via, lontanissimo da me, e forse per sempre.

E per la prima volta in vita mia, io rimango solo!


capitolo 2
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