Disclaimers:  I Samurai Troopers non sono personaggi miei, ma se lo fossero si divertirebbero molto di più!!

NOTE:
1) i nomi dei demoni forse non saranno quelli corretti, ma la mia è una licenza poetica per cui Rajura è il demone dell'illusione e non il ragno e Anubis è il demone dell'oscurità, capelli blu e cicatrice. Per sviste, errori o che altro non so che dirvi! Prendete quel che viene e non lamentatevi, sono pur sempre io l'artista, no?! ^_^!!!
2) sì, è vero, i demoni sono assolutamente OoC, cioè sono assolutamente 'inventati' nei loro comportamenti, nel modo di parlare nelle espressioni ecc perchè non me li ricordo assolutamente più! D'altra parte inventare ex novo dei cattivi era troppo faticoso per cui sorry di cuore a tutti i fans dei quattro cucciolotti di cui stiamo parlando . . ma è esigenza artistica pure questa!!! [e perchè mai nessuno mi ha fatto notare che pure Touma amore è un pochino OoC?! Adesso non ditemi che quel coso di cui scrivo somiglia anche solo lontanamente al 'nostro' Touma, vero? *sig* ma mi viene solo così ....me infelice ... ]
3) qui sotto si parlerà di 'Anael' l'angelo della Morte. Sappiate che è un'invenzione mia e non si intende la personificazione di una creatura sovraumana o la possessione demoniaca di un corpo umano ma è solo una . . mhm . . come dire? Una carica, ecco! Esiste il MegaGeneralissimo delle Armate di Zwindrglissrizzz?! Bhè, allora esiste pure l'Anael (notate l'articolo determinativo davanti al nome)
4) uso questi segni# per indicare un discorso telepatico. Odio l'impossibilità grafica di usare il corsivo!!!!!!!

Adesso, dopo avervi rotto per bene le scatole: la seconda parte!!!!



Corrompere la luce

di Dhely

parte II

Touma aveva istintivamente cercato un luogo che potesse essergli di qualche conforto e l'aveva trovato in uno dei gradini dell'ingresso della casa, fuori, al freddo, all'aperto.
Era successo tutto troppo in fretta, non aveva ancora finito di interrogarsi sulla reazione di Seiji che il ragazzo aveva dovuto ritornare al dojo di famiglia, poi l'attrito fra Ryo e Shin che era sfociata nella lite e il suo comportamento da perfetto imbecille. Infine quello. Quello era stato il colpo di grazia . . lo sarebbe stato comunque, a dire il vero, aveva fatto sgretolare di colpo tutti i suoi sogni, le sue speranze, la sua vita stessa.
Strinse un pugno appoggiandolo con forza sul petto, il cuore batteva ancora ma ogni battito era un sobbalzo doloroso e il pensarci non gli pareva contribuisse a stare meglio. Che gl'importava se erano cinque giorni che non si dava pace, che nessuno di loro si dava pace, che continuavano a cercarlo con tutti i mezzi a loro disposizione? Che gl'importava se alla fine non poteva essere morto visto che l'Armatura della Luce dava in qualche modo una confusa notizia di sé entrando in una remota risonanza con le loro? Che gl'importavano i piani, la buona volontà, le rassicurazioni se lui, *lui*, non c'era? Se non era lì, se non poteva vederlo, sentirlo, se non poteva assicurarsi che stesse bene . . tutti loro conoscevano abbastanza i loro nemici da sapere che forse era meglio essere uccisi in combattimento piuttosto che cadere prigionieri. Touma semplicemente non riusciva a sopportare l'idea che da qualche parte Seiji fosse prigioniero, magari messo sotto tortura, magari . . sollevò il capo, era quasi l'alba.
Dal lago una nebbiolina sottile si alzava in ampie spire verso il cielo ancora scuro e riusciva a catturare i primissimi raggi di quel sole che era ancora nascosto dietro l'orizzonte, mutando la sua consistenza lattea in un iride di colori tenui e meravigliosi. Per un attimo tutto il mondo scintillò dello stesso colore degli occhi di Seiji e Touma . . Touma lo vide. Come l'aveva sempre visto, quell'espressione strana, a metà fra il dolce e il riservato, il viso perfetto dai lineamenti delicati, la pelle bianca come madreperla e i capelli, preziosi fili d'oro, a coprire un poco uno di quegli occhi grandi, incredibili, trasparenti, luminosi al punto di non riuscire a
fissarli direttamente per più di qualche attimo. Aveva scoperto da un po' che quella era la loro autodifesa, quella luminosità impediva di guardare in essi e vedervi impressa quell'anima delicata, vestita di una corazza dura più che l'acciaio ma così gentile . . quegli occhi l'avevano fatto innamorare, quel pezzo della sua anima a cui avrebbe voluto dissetarsi . . la sua vista si velò, lo sguardo annegato nelle lacrime: come avrebbe potuto vivere senza di lui? Come avrebbe potuto sopportare una perdita simile? E non solo lui, no, il mondo intero, il sole stesso! Sentiva sopra di sé quel cielo vuoto, incredibilmente silenzioso e freddo . . Seiji gli aveva detto una volta che in occidente si diceva che il momento più buio della notte è quello che precede l'alba, è il momento in cui gli animali notturni tacciono, iniziando a riposare, e quelli diurni non hanno ancora sollevato i loro richiami perché ancora avvolti dal sonno, quando le stelle sono scomparse nel cielo che tremula scuro mentre il sole non è ancora sorto.
L'attimo più gelido di tutta la notte, più vuoto, più buio, simile ai recessi interplanetari, così remoti, eppure così vicini, così . . 'dentro al nostro cuore'. Aveva detto così. L'algido Seiji aveva detto una cosa simile, tanto privata, tanto . . preziosa, e l'aveva detta a *lui*. Touma deglutì le lacrime. Non se n'era accorto prima, non ci aveva fatto caso, probabilmente non ci avrebbe mai fatto caso se non ci avesse ripensato quella mattina, stravolto dalla stanchezza e dal dolore, forse non aveva mai fatto davvero attenzione a quella strana intimità che si era creata fra loro, quella fiducia leggera, quel legame diverso, che solo con lui Seiji aveva intessuto. E lui cos'aveva fatto? Aveva buttato tutto alle ortiche, aveva detto la cosa più sbagliata che avrebbe mai potuto anche solo immaginare di dire, aveva preteso quello che Seiji non avrebbe mai potuto dargli, visto che gli stava gli stava già dando più di quello che avese mai dato agli altri. Neppure Ryo era fatto custode di frasi così importanti, con lui Seiji non aveva la sintonia che aveva con Touma, ora se ne accorse chiaramente, per lui era un amico, probabilmente l'amico più intimo che avesse mai avuto e glielo dimostrava nell'unico modo che conosceva. E Touma non se n'era accorto. Come avrebbe potuto essere più stupido di così?
Si premette i palmi delle mani sugli occhi sentendo dei passi avvicinarglisi da dietro.
No, non voleva condividere quel momento con qualcuno, non voleva nessuno fra i piedi, erano cose *sue*, maledizione! Aveva bisogno di . . di chiedere perdono ad un amico e doveva farlo da solo, perché non capivano . .
"Touma."
Di tutte le voci, proprio la sua. L'ultima che si sarebbe aspettata.
Ryo.
Touma si strinse un poco nelle spalle, un gesto per fargli capire che aveva sentito e che non voleva parlargli. Il ragazzo finse di non aver colto e gli si sedette al fianco, in silenzio.
"Touma, dobbiamo parlare."
"Avete trovato Seiji?"
"No, Touma. Lo so che quella è la cosa principale, ma noi . . io e te . . dobbiamo parlare d'altro."
Touma sollevò il capo verso il cielo, vuoto, buio, come il suo cuore.
"E di cosa, di grazia? Mi sembra che abbiamo altro da fare che non stare qui a battibeccare tra noi!"
Ryo tossicchiò.
"Dovevo . . chiederti scusa. Non . . non avevo capito."
Touma si voltò verso di lui, il viso una maschera impassibile, granitica, non un'espressione dipinta sopra.
"Cosa non avevi capito?"
Ryo resse il suo sguardo con un'espressione così dolce che colpì Touma direttamente al cuore.
"Non avevo capito di te e Seiji. Scusami."
Touma spalancò gli occhi.
"Credo che ci sia un errore, Ryo. Non mi pare che in una discussione fra noi due . . su quello che è *successo* fra noi due, debba centrare Seiji."
Ryo sorrise, abbassando lo sguardo.
"Ero così preso da quello che è successo tra me e Shin che non mi sono accorto. E' stato lui a farmelo notare . ."
"Shin?"
"Shin, sì. Non mi ero accorto di quanto stavi male perché Seiji se n'era andato, non mi ero accorto che i rapporti tra di voi erano diventati un po' tesi nell'ultimo periodo . . - gli lanciò un'occhiata per vedere la reazione e si stupì solo un poco nel vedere quel viso iniziare a creparsi - non avevo collegato le cose . . avevo finto di non sentire che . . tu . . tu, quella notte . . quando . . beh, lo sai . ."
"Cosa?" la sua voce era strozzata, Ryo non sollevò lo sguardo sul suo viso, non voleva umiliarlo guardandolo piangere.
"Mi hai chiamato Seiji."
Touma si sentì ghiacciare fino al midollo. Aveva sentito chiaramente Ryo urlare il nome di Shin quando era venuto dentro di lui, ma non si era accorto di . . di . . Si strinse gli occhi con le mani. Era dunque solo quello che voleva da lui? Una scopata? Lo desiderava talmente, tutti i suoi bei discorsi sul suo sguardo, sulla sua anima e poi bastava un bel corpo che lo amasse e lui . . lo scambiava per Seiji?
Era peccato desiderare di essere posseduto in quel modo da un uomo? Perché voleva con tanta intensità sentirlo, averlo, da sporcare quello che provava?
Perché non riusciva a provare un sentimento pulito verso qualcuno, perché non poteva fare a meno di pensarlo in termini fisici, perchè non gli bastava la loro comunanza spirituale, la loro intimità, la loro innata sintonia?
Perché mai aveva dovuto *scambiare* Ryo per Seiji? Cosa avevano mai in comune quei due? Nulla, se non il loro . . attributo maschile . . Touma abbassò il capo, singhiozzando. Era per questo che Seiji l'aveva rifiutato, perché aveva visto dentro di lui e aveva deciso che certe cose non gli piacevano. Punto. Ed aveva tutte le ragioni del mondo. Era uno sporco schifoso bastardo, dal cuore di pietra, la sua fissazione per Seiji probabilmente era solo una questione di libidine e il momento in cui l'avesse soddisfatta tanti saluti e amici come prima. Perché doveva essere così meschino? Perché doveva essere così . . così *brutto* . .
Una mano gli sfiorò le spalle, il legame che li univa faceva passare a ondate morbide la preoccupazione e il timore di averlo offeso. Ryo era preoccupato per lui. Ryo era *degno*. Ecco quello che lui non era, ecco perché Seiji non l'aveva voluto.
"Touma . . "
Si scrollò di dosso quel contatto, sgarbatamente.
"Ryo . . la . . lasciami stare, per favore. Non . . non ce la faccio . ."
Un singhiozzo morbido gli sfuggì dalle labbra, sentì le braccia di Ryo tirarlo verso di se e si accorse di non avere la forza di tirarsi indietro.
Appoggiò il capo sulla sua spalla e pianse.
"Touma, te lo prometto, lo porteremo a casa . . e poi fra di voi succederà quel che deve succedere, ma ti prometto che non finirà così . . non sopporto di vederti così . . non sopporto di vedere nessuno di voi in questo stato..."
#Me lo merito, dovrei soffrire molto di più di così, io . . io . . ho tradito Shin, te e Seiji in una volta sola. Dovrei essere io al posto suo! Dovrei essere IO prigioniero e forse moribondo e forse PEGGIO, non LUI! Lui non lo merita, non ha mai fatto niente per spezzare il gruppo, si è sempre tenuto tutto dentro, ha sempre fatto quello che pensava giusto, non curandosi di quel che provava, ha calpestato i suoi sentimenti pur di fare quel che andava fatto e se siamo qui, ancora uniti, ancora un gruppo lo dobbiamo a lui, non certo a me! Io .#
Ryo gli passò gentilmente una mano fra i capelli, aprendo del tutto il collegamento che li univa. Sapeva che non ci si poteva comportare correttamente di fronte a una situazione di emergenza quando il proprio stato emotivo era quello . . e poi Touma, nonostante tutto, era suo amico, gli voleva bene come ne voleva a Shuu e a Seiji, lo urtava sentirlo così distrutto, lui che era sempre stato così controllato e che aveva come
unico modo con cui esprimere il proprio nervosismo odiose frecciate verbali, acide e secche. Non sapeva che potesse avere dentro di se un tale abisso di dolore e di odio verso se stesso.
#Shttt, Touma, andrà tutto bene, te lo prometto, te lo prometto . . ma ho bisogno di te, abbiamo bisogno di te. Seiji soprattutto ha bisogno di te. Dobbiamo trovarlo e possiamo farlo solo se siamo insieme. Touma, ti prego... per favore . . aiutami. Aiutaci.#
Touma cercò di soffocare i singhiozzi, stupendosi di se stesso, della sua debolezza . . e si stupì anche di trovare quel calore, quella fiamma bassa e gentile tanto invitante. Gli passò nella testa l'idea che avrebbe potuto rimanere lì per sempre, così, abbracciato a Ryo, con lui che lo proteggeva, che avrebbe potuto tenere lontano i suoi incubi, i suoi timori . . quando sollevò lo sguardo però sentì una fitta al cuore nel non trovare quegli occhi viola e luminosi, ma un paio scuri e profondi, in cui sì precipitare dentro ma non . . non . . A Ryo mancava qualcosa che, seppe immediatamente, non avrebbe mai avuto. Che per lui era vitale.
Seiji . . oh dio, quanto ti amo . .

*****

Si erano stancati di lui dopo quelle che dovevano essere state ore, a Seiji erano parsi secoli ma quello non aveva importanza, non ora che l'avevano liberato da quelle catene che lo tenevano in piedi, attaccate a quegli alti bracciali di cuoio neri allacciati intorno ai polsi, non ora che le ferite avevano incominciato a bruciargli ma avevano smesso di sanguinare. Non ora che finalmente poteva dormire . . era questo che aveva pensato sentendosi gettare sul letto di malagrazia, quasi svenuto dal dolore e dall'umiliazione, dalle percosse e dai colpi, questo era quello che aveva infisso nella mente si avvolgeva nelle lenzuola, cercando un tepore che potesse scivolargli nelle ossa e cancellare quel buio malato che gli si era aggrappato all'anima. Aveva anelato l'oblio, e ora scoprì che neppure quello gli era concesso.
Il sonno era il regno degli incubi, dell'illusione, illusioni tanto perfette da sembrare vere, da *essere* vere, il regno di Rajura, il demone dell'illusione. E Rajura non aveva intenzione di lasciarlo in pace.

Seiji era in piedi, su un alto grattacielo che dominava una città immensa nel suo reticolo tortuoso di strade, costellate di luci al neon, lampeggianti o fisse, colorate o bianche come i cadaveri. Quello era il suo regno, lui era padrone di tutto quello, lui era nato per dominare, la sua educazione, le sue abilità, tutto quanto lo avevano preparato a quello, a reggere lo scettro del comando. Strinse il pugno, sentendo un'elsa pesargli fra le mani: era bella, di un metallo nero e lucido, lavorata e cesellata con maestria, come la sua armatura, l'elmo lo rendeva più imponente di quel che era, la maschera che gli ricopriva il viso lo faceva somigliare a uno di quegli angeli vendicatori di cui i racconti mitologici erano pieni. Lui *era* un angelo decaduto.
#Tu sei Anael, l'Angelo della Morte.#
Lui era Anael, l'Angelo della Morte. Sorrise compiaciuto guardando ai suoi piedi, la massa brulicante di umani che sollevavano lo sguardo angosciato sulla sua figura ammantata d'oscurità, terrorizzati,  inginocchiandosi chiedendo pietà per se e per i propri cari. Lui era il loro padrone, il loro Dio. Le donne alzavano le mani al cielo intercedendo per i figli nascosti alle loro spalle, gli uomini si umiliavano strisciando nella polvere, impotenti, i bambini piangevano terrorizzati alla sua sola vista. Seiji assaporò il potere scorrere dentro e fuori di lui, e una voce gli parlò di nuovo senza voce.
#Anael, compi quello per cui sei stato inviato sulla terra! Macella il gregge e leva con la loro carne una pira funebre di cui nessuno può aver visto uguale. Se compiacerai Colui a cui devi la tua investitura, Egli ti donerà ancor più potere, ancor più domini. E tu sarai Grande fra i Grandi.# 
Seiji sguainò la spada che brillava in quell'oscurità sotto un cielo che non  pareva tale, senza lune,né stelle, né sole. Pareva . . il momento più buio della notte, il momento prima dell'alba. Seiji rise: adorava quell'attimo, era il suo preferito, gli pareva di poter sentire il respiro stesso della terra, di tutte le creature viventi e non viventi, era . . meraviglioso . . 
Una volta sapeva di averlo condiviso con una persona, una persona che non era ora al suo fianco. Chissà dov'era? Aguzzò lo sguardo, magari era fra la gente là sotto, se fosse stato così . . no, non poteva, lui non frequentava la feccia che si trovava ai suoi piedi, non lui! Un passo, sollevò la spada e sorrise.

Sangue, sangue ovunque sopra di lui. Era *proprio* come macellare un gregge di pecore, impaurite e stupide. Scappavano, cercavano di farlo, terrorizzate, incapaci di comprendere che lui era il loro destino, che sarebbero comunque morte sotto i suoi colpi. Il braccio si abbassava con metodica perfezione su corpi impotenti di donne e bambini, le più lente a fuggire, poi gli uomini, alcuni avevano anche avuto l'ardire di attaccarlo, senza risultato, ovviamente . . c'erano rimasti solo dei ragazzi, quelli più forti, quelli più veloci, a fuggire come gazzelle. Un gruppo di loro, però, non fuggiva. Erano in piedi, ritti dall'altro capo della strada, vestivano con armature colorate, potere si spandeva da loro anche se impossibile da paragonarsi al suo, immenso nel suo splendore. Erano quattro, armati, contro lui, solo, un angelo . . l'Angelo della Morte... Seiji sorrise. La loro vita gli apparteneva, avrebbe fatto di tutto pur di coprirsi anche del loro sangue.
Lo attaccarono, i loro movimenti goffi e prevedibili rispetto ai suoi, voci lontane che gli dicevano di abbassare le armi, che non volevano fargli male . . . loro non volevano fare del male a lui?! Era una cosa commuovente fino alle lacrime! Lui invece voleva che soffrissero. C'era qualcosa in quei quattro, qualcosa che lo faceva infuriare. Li odiava. Non aveva mai odiato nessuno così. Chi diavolo erano quelli che spavaldi si mettevano sulla sua strada chiedendogli di deporre le armi perché non volevano ferirlo? Come si permettevano? Come potevano anche solo pensare di levare mano su di lui? Lui che era nato per il comando, lui che deteneva il potere, lui che era un Angelo! La furia bruciò gelida dentro di lui, vide la sua arma scintillare in un mezzo cerchio, e uno cadde, poi un affondo, e un 'altro crollò come una foglia che cadeva dall'albero. L'arciere fece per colpirlo, ma lui fu più veloce, alla fine anche il quarto, l'ultimo, si ritrovò infisso sulla sua spada. Seiji sorrise: come se quella stupida battaglia potesse aver termine in un altro modo . il guerriero, il capo di quei quattro folli era ai suoi piedi, si chinò su di lui, squarciandogli il petto. Il suo cuore, un grumo rosso, pulsava ancora debolmente. Un suono, come un guaito uscì dalle sue labbra ma a Seiji non importava. Si chinò su di lui togliendosi il guanto che gli fasciava la mano e l'affondò nella ferita. La carne calda e pulsante dell'organo fu fra le sue mani con uno strattone e finalmente . . .
finalmente, potè portarsela alle labbra. Vi affondò i denti, il sangue gli colò in gola e sul mento, il guerriero ai suoi piedi aveva gli occhi spalancati . . . una volta dovevano essere stati caldi e profondi, ora erano vitrei e vuoti.
Seiji si leccò le labbra. Gli sembrava di conoscerli.
Sembravano quelli di . . .
Seiji si irrigidì, tutto scomparve, la città, la sua armatura, il suo stesso potere, con uno strattone la sua coscienza riprese possesso del suo sogno.
Cosa aveva fatto? DIO! COSA AVEVA FATTO?!
"Ryo!" urlò gettandosi a raccoglierlo da terra, un corpo freddo e senza vita uguale a quello degli altri suoi compagni, ugualmente morti e tutti per colpa sua. Si sentì gli occhi pieni di lacrime inutili, no avrebbe mai potuto ridare vita a quel corpo, ed era stato lui, lui, LUI! Ryo non rispondeva, non avrebbe mai più potuto rispondere, ormai. Perché? Perché l'aveva fatto? Cos'era successo? Che follia l'aveva portato a quel punto?
#La tua stessa anima.#
Si guardò intorno, semi accecato dalle lacrime. Chi aveva parlato?
#La tua stessa anima Seiji. Ti sei sempre saputo superiore, migliore di tutti loro, hai sempre saputo che il comando sarebbe spettato a te e non a lui, hai sempre saputo di essere il più adatto, il più forte, il più disciplinato e potente. Ora non hai più bisogno di loro, ora non sei più come loro, hai decisamente superato il loro livello, ora sei un angelo . . #
"No! Taci, taci, chiunque tu sia! Sono . . erano i miei compagni!"
#Che tu hai ucciso. Hai mangiato il cuore del loro capo. Hai goduto nel farlo. Sei tu il capo, ora!#
Seiji si sentì come sprofondare in un abisso di disperazione.
"Il capo di che? Sono morti, sono TUTTI morti!"
#Tu sei vivo. Il comando è tuo.#
Seiji chinò il capo sul volto irrigidito e irriconoscibile di Ryo, sconvolto e disgustato di se stesso.
"Io . . io l'amavo . ."
#Lo invidiavi. Volevi il comando che era il suo. Ma lui non era migliore di te, lo sapevi. Ora giustizia è stata fatta.#
"Giustizia? - Seiji si sentì improvvisamente svuotato, proprio quando avrebbe dovuto essere più infuriato che mai. - E' morto . . sono tutti morti, li ho uccisi io . . che giustizia è questa? Io . . io l'amavo . . . davvero . . ."
"Sì, certo. - una voce corporea alle sue spalle, una mano che gli sfiorava il capo, gentile - Certo che l'amavi, ma tutti noi abbiamo amato qualcuno che poi si è perso nelle pieghe del tempo. Ora è tuo compito ricoprire l'incarico che ti è stato assegnato. Ora devi venire con me."
"Ma . . i miei compagni . ."
"Sono morti, Seiji, li hai uccisi TU, ricordi? - sollevò lo sguardo su di lui, un volto sorridente e distante, dei lunghi capelli bianchi e mossi che gli scendevano dalle spalle - Hai fatto bene, erano nemici, volevano portarti via ciò che era tuo. Volevano portarti via da NOI. E tu sai sempre cosa è giusto fare, no? Tu fai sempre cosa è meglio per tutti, l'hai sempre fatto. Ora è questo che bisogna fare, lo sai . . Vieni, lasciali lì."
Avrebbe voluto urlare tutto il suo odio, avrebbe voluto dirgli che sapeva cosa bisognava fare, che non poteva finire così, che non avrebbe mai permesso una cosa simile, che avrebbe vissuto per espiare quel che aveva fatto quando un aculeo dentro di sé gli fece . . sentire quel che aveva provato nell'ucciderli. Piacere, sollievo, vittoria . . felicità. Aveva *desiderato* che morissero . .
"Dentro di te hai sempre voluto la loro morte, erano coloro che ti rubavano il posto che era tuo, era colui che disprezzava il tuo amore. Per lui, per loro hai fatto tutto, hai accettato tutto, per tenerli uniti hai chiuso dentro di te ciò che avrebbe potuto ferirli, ciò che avrebbe potuto essere un problema . . ora sei libero, Seiji. Ora sei felice." 
No che non lo sono, erano miei amici, l'amavo! Non disse nulla, la gola non gli rispose. Chinò il capo lentamente mentre sentiva le ginocchia cedergli, un braccio gli circondò la vita sollevandolo.
"Oh, mio piccolo Samurai, che bella mente la tua! Sai che soddisfazioni inventare incubi solo per te? Come sei tormentato e rigido verso te stesso . . . io non ho finito con te, no. Mi darai molto, molto piacere mentre il tuo corpo si riprenderà. E poi ricominceremo col tuo corpo, finchè non cadrai nel sonno e sarò qui ad attenderti, e ancora e ancora . . finchè non sarai nostro. Finchè non ci chiamerai urlando di possederti, di darti il potere, di pervaderti con la nostra oscurità."
"Mai." un sibilo fra i denti contratti che ebbe come unica risposta una risata.
"Corromperemo la tua luce . . e la tua oscurità, Seiji, è già così deliziosa . . ."


parte terza
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