Warning! In questa HanaRu ho lavorato mooooolto di fantasia, e ne è saltata fuori una roba un po' improbabile...Ma questo è il bello delle fic, no^^?

E' un pow di Hanamichi, perchè Rukawa stavolta ha sbandierato il diritto di sciopero e mi è stato impossibile cavargli una sola parola di bocca! Che permaloso! Se l'è presa solo perchè io gli ho...Vabbè, questo, se ne avete voglia, ve lo leggete, no ^__^?

Vorrei ringraziare molto Ria, ed anche Calipso e Nausicaa, che sono assai gentili e delle scrittrici eccezionali.

 


You must go on

parte I

di Dream


Mi sveglio di soprassalto, soffocando un urlo. Non mi ci vuole molto, tuttavia, per riprendere contatto con la realtà, osservando gli oggetti quotidiani che riempiono e caratterizzano la mia stanza. 

Comprendo immediatamente che si è trattato solamente di un sogno, o meglio, di un incubo, e riesco con certezza ad affermare di aver rivissuto quella precisa scena. Me lo confermano il sudore freddo che vela la mia pelle e la ben nota sensazione che mi sta opprimendo il respiro: un misto di angoscia per l'irreparabilità di quanto è avvenuto, ma anche di senso di colpa...

No, quest'ultima non è una definizione propriamente esatta, perchè so perfettamente che non è stata colpa mia! 

Intendiamoci, io non ho certo tendenze all'autolesionismo e sono in grado di riconoscere un'azione malvagia, suddividendola nella distinzione di intenzionale o involontaria. Posso quindi attestare sulla mia coscienza che l'atto accaduto non era stato da me preventivamente deliberato, e che quindi non è il caso di parlare di "colpe", ma di "cause". Badate bene, non è affatto la stessa cosa! Per nulla. 

A dispetto di quanto posso aver fatto credere con i miei atteggiamenti, con i miei insulti, non avrei MAI potuto desiderare sul serio che gli avvenisse una cosa simile.

Ma questo non toglie che comunque io sia stato involontariamente il motore e la fonte di tale incidente assurdo e maledetto. Non toglie che io ora stia da schifo!

Ciò che realmente provo è rabbia verso i fatti, verso il passato, verso ciò che è accaduto e che non avrei dovuto permettere che succedesse. Se solo considero che avrei forse potuto evitarlo, facendo più attenzione...

Mi opprime un tremendo senso di impotenza, dovuto al non poter ritornare indietro e costringere in qualche modo quel presente, quel me stesso a mutare il corso degli eventi. Mi sento frustrato, considerando che forse sarebbe bastata una piccolissima ed impercettibile variazione ai miei movimenti per far sì che ogni cosa fosse andata come avrebbe dovuto...A me, a lui...A tutti. 

Non posso non riconoscere che questa situazione è uno sbaglio, un errore, che non è così che dovrebbe essere, che non è questa la sua realtà.

Come? Non state capendo nulla? Già, è vero! Voi ancora non sapete...

Forse allora è meglio che io vi spieghi tutto dall'inizio, ovvero da quel pomeriggio di più o meno un paio di settimane fa: una giornata apparentemente simile a tante altre, con le solite attività dei soliti vari club, squadra di basket compresa ovviamente.

Si stava svolgendo una delle regolari ed abituali partitelle d'allenamento organizzata dal neo-capitano Miyagi e che vedeva contrapposte due fazioni: da una parte io, l'immenso ed incommensurabile genio Sakuragi, e dall'altra lo stupido volpino, alias Rukawa.

Non lasciatevi trarre in inganno dalle mie parole, però. Lo so che quanto sto per confidarvi parrebbe la trama di un racconto di fantascienza, però io e la kitsune eravamo (ma per quale motivo parlo al passato? Forse perchè tutto questo ora mi appare totalmente lontano e perduto...) finalmente riusciti ad ottenere dei rapporti più o meno quasi confidenziali, in parte finalizzati al bene della squadra, in parte per nostra propria iniziativa. 

Oddio, non fraintendetemi! Non siamo certo diventati amici, assolutamente no! 

Avevo semplicemente capito che il mio astio era solo invidia allo stato puro, e che in realtà di Haruko non me ne era mai fregato granchè...Quindi forse non sarebbe stato male cercare di avere dei rapporti un po' più pacifici con lui! Naturalmente gli insulti e le risse erano come sempre pane quotidiano, ma questo rappresentava una parte intrinseca e non rimuovibile della nostra quotidianità: sapevo che nemmeno lui avrebbe potuto farne a meno. 

Devo dire che non si era tirato indietro, quando gli avevo chiesto di fare in modo da evitare troppi spargimenti di sangue fra noi, e limitare il nostro odio ad una cordiale inimicizia...Evidentemente doveva aver ponderato e riconosciuto che il suo rendimento sportivo agli allenamenti sarebbe stato di un livello più alto, senza i nostri punzecchiamenti continui. 

Non temete, non mi illudo di certo ipotizzando che forse avrebbe desiderato veramente avere un rapporto diverso con me: non sono così "idiota"!

Tutta questa divagazione solamente per farvi capire che io e la volpe avevamo legato in un modo che a tutti sarebbe parso impossibile l'anno scorso...Ma si cresce, ed il grande genio aveva voluto dare prova della sua maturità, una delle innumerevoli doti di cui è fornito!

Vabbè, ora basta con la vanagloria! Volete che vi spiattelli la verità!? Semplice: mi ero solamente accorto, a partire da quello scontro con il Sannoh, di rispettare Rukawa e di stimarlo molto non solo come giocatore ma anche come persona, di apprezzare la sua grinta, la sua forza, la sua tenacia e la sua bravura. 

E' sempre stato in segreto il mio obbiettivo, il mio traguardo, il punto di arrivo a cui avevo mirato per ogni mio sforzo, ed in un modo o nell'altro mi aveva in molti casi spronato a migliorare, costringendomi a dare il massimo senza nemmeno farmi interrogare sul motivo della strana influenza che era riuscito a conquistare su di me, sul potere che le sue rare parole esercitavano sul mio subconscio. 

Talvolta utilizzava anche gli insulti, è vero, ma che volete...E' fatto così! 

Non si può pretendere di mutare totalmente la sua introversione, la sua misantropia, altrimenti il risultato non sarebbe più Rukawa...Ma io sono tuttora convinto che, per chi vorrà cercare in lui e si impegnerà ad abbattere le sue ante da frigorif...Ops! Barriere...Ehm, dicevo, per chi ci riuscirà, ci sarà un premio che nessuno di noi può immaginare: quel freezer, sotto la sua scorza di ghiaccio, lo sento, nasconde qualcosa che vuol far credere inesistente agli altri, ma che semplicemente attende chi lo porterà ad emergere...Ed una voce dentro di me sussurra insistentemente che vorrei tanto essere io quel qualcuno.

Alla luce di tutto questo e dei sentimenti tanto inusitati e potenti che occultamente ha creato in me soffro ancora di più per quanto gli è accaduto, e che io involontariamente ho portato a verificarsi. Perchè non lo ha meritato, perchè alla sua esistenza già difficile ha aggiunto un peso insostenibile, di cui vorrei sgravarlo. Ma non so come fare! Non so...Come aiutarlo. Aiutare Kaede Rukawa...Pare una barzelletta!

Ma in un certo qual modo io l'ho privato della vita, perchè per lui il basket è la vita. Se mi avesse rinfacciato qualcosa, o giudicato colpevole, probabilmente mi sarei rivoltato contro di lui e gli avrei dato addosso, sollevandomi la coscienza, sentendomi meglio...Ma non ha affatto tentato di accusarmi, e proprio per questo ora sto peggio!

Però adesso basta con le divagazioni! Sto solo cercando di fuggire. Per l'ennesima volta sto tentando di non pensare a quella dannatissima giornata! E me ne vergogno...

 

 

Avvenne tutto durante un mio tentativo di stopparlo: un breve attimo, una semplice e comune azione sufficiente a rovinare il corso di una vita e distruggere un futuro. Avevo saltato con troppa irruenza, e, di conseguenza, eravamo caduti entrambi in malo modo sul parquet, lui sotto, io sopra... 

Come potrei cancellare dalla mia mente il suo soffocato e lacerante urlo di dolore, che aveva però tentato di reprimere, affondando i denti nel labbro inferiore fino a farlo sanguinare copiosamente? 

Non appena avvertito l'irrigidimento dei suoi muscoli mi scostai immediatamente, mortalmente pallido, inginocchiandomi al suo fianco.

"Rukawa, che hai? Stai bene?" La mia voce stava tremando come una nota di violino distorta, ma non ero riuscito ad evitarlo, perchè la sua espressione mi aveva terrorizzato: ne sono sicuro, non mi stava neppure ascoltando! Si limitava solo a fissare con crescente terrore la sua caviglia destra, mentre lampi di sofferenza e panico stavano attraversando i suoi occhi blu notte.

"La...La mia gamba..." Fu solo un mormorio a malapena udibile, ma risuonò come un grido lacerante, nel tetro silenzio della palestra.

Immediatamente tutti, ed io per primo, cademmo nel panico, cercando soccorso chi di qua, chi di là. 

Non acconsentii a lasciarlo un attimo: lo costrinsi a sostenersi contro di me, dal momento che non era in grado di appoggiare il piede, e lo caricai a forza su un taxi, diretto all'ospedale. 

Del resto, non avevo dovuto insistere troppo per imporgli la mia presenza: a malapena si era avveduto della mia vicinanza. La sua attenzione era completamente calamitata dal dolore pazzesco che lo stava percuotendo a forza e che tentava di sopportare senza farlo trasparire in alcun modo dai suoi gesti. Ma si poteva notare comunque dal sudore ghiacciato che gli velava la fronte che stava soffrendo terribilmente.          

E che aveva paura.

Solo poco prima che arrivassimo a destinazione udii la sua voce chiedermi, incrinata dal panico: "Sakuragi...Credi che...Che sia qualcosa di grave?"

Alla sola menzione di questa possibilità mi sentii ghiacciare il sangue nelle vene per il terrore!

Risposi d'impulso: "NO! Che idiozie dici? Sarà sicuramente una cavolata, che ti preoccupi a fare...Giocherai di nuovo fra qualche giorno!"

Stavo tentando disperatamente di convincere lui e me stesso: non poteva essere altrimenti che così, o non me lo sarei mai perdonato...Come avrebbe potuto vivere, Kaede Rukawa, promessa giapponese del basket, senza lo sport per cui palesemente era nato e da cui traeva la propria forza? Ed io perchè diamine pensavo sempre al peggio?! No, non c'era e non ci doveva essere nulla di cui angustiarsi! Dopo ci avremmo sicuramente riso sopra, o meglio IO ci avrei riso sopra, e forse gli avrei pure permesso di picchiarmi senza difendermi troppo...

Tuttavia non mi volli allontanare da lui per un secondo, durante la visita, le radiografie e la snervante attesa del responso che queste avrebbero dato, quando fra noi calò un silenzio angoscioso, scandito solamente dal ticchettio dell'orologio di una deserta sala d'aspetto. 

Lo osservai di sottecchi, cercando, pregando di scorgere la sua solita espressione decisa impressa sul volto, quella che in ogni partita aveva sempre avuto il potere di rassicurare e galvanizzare tutta la squadra, poichè era sorta la certezza che, finchè Kaede Rukawa avesse seguitato ad indossare quello sguardo, a mantenere quell'atteggiamento risoluto, noi non avremmo mai potuto perdere...

Ma il suo viso mi era in quel momento celato dalla lunga frangia di capelli corvini che gli ricadeva sugli occhi. 

Però potei notare un poco più che impercettibile tremito alla mascella... 

Allora compresi, in quel preciso istante, che i nostri ruoli si erano invertiti, o meglio che lui non aveva più la forza di appropriarsi di un ruolo non suo. Che in quel momento non era lui il più forte, che non era più lo stesso che spronava ed incoraggiava tutti noi con il suo comportamento. Lì, in quel silenzio, in quel luogo isolato da un mondo che, insensibile, stava continuando ad evolversi, anche lui aveva paura, anche lui temeva e sperava come noi, anche lui aveva bisogno di aiuto, di un amico...

Ed era strano che proprio in quell'orribile circostanza io mi sentissi come non mai vicino al vero Kaede...A quello che la mia parte intutiva aveva saputo percepire in lui, e che aveva inconsciamente desiderato di raggiungere. Ma avrebbe voluto farlo in ben altre circostanze!

Mi accostai a lui sulla panca, tentando di fare meno rumore possibile e di non turbare quell'atmosfera irreale che si era creata. Posai la mia mano abbronzata sulla sua spalla. Delicatamente, con timore. 

Non volevo far nulla di particolare, o cercare di compatirlo...Il mio era un semplice gesto di comprensione con cui desideravo assicurargli la mia presenza e la mia vicinanza, non solo nei suoi confronti, ma anche verso quello che stava vivendo, e le sensazioni che stava provando...

Pure io avevo conosciuto il vero dolore, morale e fisico. ll timore, l'impazienza di sapere, il desiderio che ogni cosa potesse in fretta finire, quando con la mia schiena ero stato costretto a perdere immobile chissà quanto tempo, mentre sapevo che in quell'istante lui stava avanzando senza aspettarmi...Io non ignoravo quanto male potesse fare tutto ciò, e volevo fargli capire che non era il solo...Che non era solo!

Sperai che mi potesse comprendere, che non prendesse il mio gesto in malo modo, nè che mi respingesse tentando di difendere l'immagine distante di lui che si era creato, volente o nolente, e che ormai doveva mantenere...

Rukawa, al mio gesto solidale, sollevò di scatto il capo chino, incrociando il suo sguardo rovente e sgomento col mio. 

I suoi erano gli occhi di un leone in gabbia che, terrorizzato da una situazione di cui aveva paura e che non avrebbe mai desiderato vivere, pretendeva comunque di dimostrarsi, nei confronti della stessa, indomabile e forte di fronte a sè ed agli altri. 

Chiusi gli occhi, attendendo una reazione rabbiosa e convulsa, che però...Non giunse.

Li riaprii allora lentamente, e notai che quelle iridi stellate si erano improvvisamente spente, apparivano stanche, sfinite e umide di lacrime per orgoglio trattenute.

Mi raggiunse la sua voce profonda, seppur incrinata: "Ho paura...Ho tanta paura...Perchè fa così male? Perchè...Non riesco a muoverla?!"

La caviglia gli stava causando un dolore tremendo, era evidente, ed il panico frattanto lo invadeva per i tentativi totalmente infruttuosi con cui tentava di far compiere ad essa qualsiasi movimento. 

Quanto si doveva sentire sperduto e terrorizzato, per abbassarsi ad ammettere una simile e per lui mortificante realtà, un'ammissione di timore...Al suo peggiore nemico, per giunta! Ma io in quell'attimo volevo essere tutto, fuorchè un suo nemico...L'aveva forse compreso?

Non potei frenare l'impulso che mi spinse a stringerlo ancora di più a me, a tentare di confortarlo in qualsiasi modo, poichè non sopportavo di vedere quel fiero ed invincibile ragazzo prostrato e vinto...Mi faceva male più di ogni cosa, mi causava una sofferenza enorme! Il suo dolore si rifletteva in me, dilaniandomi, lacerandomi...

E capii che avrei fatto qualsiasi pazzia, detto ogni bugia pur di risparmiargli quella prova, pur di non essere costretto a vederlo debole, e capire che anche lui poteva soffrire...Situazione che sino ad ora mi era apparsa impossibile! Lui era quello forte, quello indomabile! 

Perchè mai il mio essere dentro di me gridava il suo desiderio di non volere che Rukawa conoscesse il dolore, che stesse male, che provasse timore? Perchè mai sentivo quell'inarrestabile senso di protezione?

Perchè...Perchè sentirlo vulnerabile, addossato a me, mi aveva gonfiato il petto di ansia e desiderio di difenderlo...E...E di amore. Sì, di amore!

Già, capii in un lampo di amare Kaede Rukawa, e non mi interrogai sul "perchè", sul "come", sul "da quando"...Cose totalmente futili e misere!

Era così e basta. 

Una verità inconfutabile, la cui forza mi condusse sull'orlo di una confessione alquanto inopportuna: provai l'impulso di dirglielo, di urlarglielo e fare in modo che lui lo sapesse...Sapesse che potere aveva su di me e cos'era per me, e capisse che doveva essere forte e non tremare...Essere forte anche per me! Perchè io non mi sentivo in grado di esserlo per tutti e due, e lui non avrebbe mai accettato che lo fossi...

Ma queste frasi ed altre ancora mi furono bloccate sulle labbra dall'arrivo di un medico con i responsi delle radiografie. La sua espressione mi apparve cupa...O forse ero io, o il mio timore, a volerla vedere così?

Sentii Rukawa tremare nel mio abbraccio, cercarmi la mano e stringerla inconsapevolmente: già sapeva, già aveva capito in un presentimento l'inferno in cui sarebbe caduto.

Il primario iniziò a parlare lentamente, e forse proprio per questo il suo annunciò ebbe più potenza di un urlo, e più ripercussione di un eco, nei nostri cuori.

Una frase che continua a ripetersi nella mia mente, nei miei sogni, una voce falsamente contrita e solidale: "Grave lesione ai legamenti della caviglia. Mi dispiace, ragazzo, ma non potrai in alcun modo più giocare." 

 

Sospirando mi levo in piedi, mentre cerco di ignorare il peso che mi grava il respiro.

Dopo una doccia veloce mi vesto, addento un croissant che mia madre ha preparato sul tavolo prima di recarsi al lavoro, trangugio due sorsate di latte ed inforco la bici, dirigendomi a scuola.

Stranamente non sono in ritardo, dal momento che quell'incubo ha anticipato il mio risveglio, così posso prendermela con comodo ed osservarmi tranquillamente intorno. 

C'è molto traffico la mattina lungo le vie, percorse da gente indaffarata che si reca in ufficio e da gruppi di studenti in uniforme.

Attraverso un parco, superando un fatiscente campetto da basket dove mi sembra ancora di poterlo vedere, mentre si allena con determinazione e passione, una passione verso questo sport che gli ho spesso invidiato. Chissà! Forse perchè ne ero geloso! Già, geloso che lui riversasse il suo ardore su qualcosa che non fossi io. 

Ormai ogni canestro rievoca alla mia mente quel campione mentre si esibisce in una delle magnifiche giocate, le quali, da ora in poi, gli saranno per sempre precluse. 

No! Non è giusto! Non è dannatamente giusto!!

Rukawa, quel giorno, non aveva trovato la forza di continuare ad ascoltare le parole di quel dottore, che avrà molto probabilmente detestato in quel momento con tutto sè stesso: atono, si era alzato barcollando e con il viso tirato, e se ne era andato zoppicando ed incespicando in una sala adiacente, deserta. Io mi ero immediatamente apprestato a seguirlo, con il cuore stretto per i suoi movimenti sconnessi, ma lui aveva sollevato un braccio verso di me, tenendomi a debita distanza e facendomi capire che desiderava restare solo. 

Da quel momento non ho più avuto occasione di parlare con lui, e non l'ho visto mai, se non di sfuggita una volta o due lungo i corridoi. Figura tetra, costretta a procedere avvalendosi dell'uso di un paio di stampelle. Immagine vivente di un sogno infranto e perduto, di una sofferenza avvolgente.

"Sakuragi!!"

Mi volto, scorgendo immediatamente l'inconfondibile capigliatura di chi mi ha chiamato.

Akira Sendoh è seduto su una panchina a pochi passi da me, con in mano un pallone da basket, e, per una volta, con l'assenza di quel suo perenne sorriso detestabile...E di nuovo ricordo i tiri in sospensione di Kaede, la gioia che evidentemente gli dava compiere ogni singolo movimento finalizzato a incestare quella sfera arancione, l'adrenalina a mille per la realizzazione di un canestro e per le sue sfide con gli avversari che, quanto più erano forti, tanto più riuscivano ad elettrizzarlo, a stimolare la sua combattività...Dove è finita essa ora? Avrà la grinta di porla in gioco?

Smonto dalla bici e mi accomodo accanto a lui: d'orario sono presto, e del resto non me ne frega nulla se le sentirò da qualche professore rincretinito. Ho voglia di parlare con qualcuno di quanto avvenuto, e soprattutto voglio parlare di lui, per chiarire ogni cosa dentro di me.

Il primo quesito giunge diretto, senza tergiversazioni: "Allora, non c'è nulla da fare?"

"No, nulla. Attualmente è in terapia, e presto si dovrà sottoporre ad una nuova operazione, ma i movimenti non potranno più essere fluidi e disinvolti come quelli di prima, e non potrà mai tollerare lo sforzo di una partita: troppo rischioso."

"Mi dispiace."

E' sincero, lo so. Per quanto lui e Rukawa fossero accerrimi rivali sul campo, si rispettavano e si stimavano a vicenda. 

Del resto, nessun giocatore a cui piace il proprio sport augurerebbe ad un altro la disgrazia che è capitata a Kaede. Ci possono essere controversie, agonismo fra le varie squadre ed i loro componenti, ma si può dire che tutti noi siamo uniti e legati da qualcosa di più importante e più grande di queste piccole discordie. Qualcosa che crea un rapporto stretto, onesto e solidale: l'amore per il basket.

Dopo l'infortunio, tantissimi accerrimi nemici della volpe hanno contattato il nostro club per avere informazioni sulle sue condizioni: i capitani del Kainan, del Ryonan, dallo Shoyo, ed anche ex giocatori di queste rispettive squadre, ma ormai all'università, quali Uozumi, Maki, Fushima, senza contare Minami, Dai Moroboshi e vari altri che abbiamo incontrato, o che hanno anche solo assistito alle nostre partite, nel campionato nazionale. In tutti, e sottolineo tutti, c'era preoccupazione, ansia, dolore e comprensione. 

Ognuno di loro ha riconosciuto sportivamente e senza farsene problemi il valore di quello che è stato un astro nascente del basket, ma che è stato stroncato da un destino avverso. E' davvero sorprendente che un giocatore taciturno e scontroso come Rukawa abbia saputo lasciare traccia di sè nella mente e nel cuore di tutti. Ma nel mio in particolar modo...

"Come sta?"

Bella domanda!

"Come sta? Male, suppongo. Non sono riuscito ad avvicinarlo, è più sfuggente di un anguilla. Evita la compagnia di tutti, ma in particolar modo quella dei membri della squadra. Non so perchè, ma ho l'impressione che si vergogni, che tema di aver deluso le nostre e le altrui aspettative..."

"Sicuramente avrà deluso le sue, ed è questo quello che gli fa più male...Un sogno infranto è assai peggiore di una difficile realtà presagita, poichè puoi prepararti per affrontare la seconda...Ma la prima ti getta a terra senza averti dato possibilità di reagire."

Akira Sendoh può apparire uno scemo, con quelle sue paresi facciali, ma talvolta è tutt'altro che stupido: mi sta seguendo perfettamente.

"Non so come fare per aiutarlo, se lui non si lascia soccorrere...Credi che ce la farà a superare tutto questo?" Aspetto ansioso risposte, anche se credo non ve ne siano. E, ammesso che esistano, solo Rukawa può darcele.

Quanto è strana questa conversazione fra noi: niente scherzi, battute, sfide e sfottimenti di alcun genere. Le parole fuoriescono tirate dalle nostre labbra, mentre la mente si sta confrontando con qualcosa di troppo grande per noi...

Sendoh risponde assorto: "Non lo so. Davvero, Sakuragi. Non lo so."

Ambedue sappiamo che il basket era tutto per Rukawa. Tutto. Dunque per lui non vi sarebbe in teoria più nulla per cui valga la pena lottare. Ma questo non lo accetto! Non voglio pensarlo, perchè mi fa preoccupare troppo, mi fa soffrire troppo...

Ci alziamo in silenzio e, senza neppure salutarci, ognuno immerso nelle proprie riflessioni, ci dirigiamo alla volta dei rispettivi istituti.

Io raccatto la bici e non riesco ad evitare di riflettere su quanto siano diversi gli allenamenti adesso: Rukawa non faceva quasi sentire la sua presenza, ed ora, paradossalmente, la sua assenza è più pesante di un macigno. Noi giocatori tentiamo di evitare di parlarne, ma quell'aria di vuoto, di mancanza, quel posto perennemente vacante fra noi non verrà più rimpiazzato.

Mi manca. Mi mancano le nostre scazzottate, i suoi "Do'aho", lo sguardo blu vigile ed attento, la voce profonda che mi turbava senza che ne capissi il motivo, la sua grazia...Tutto di lui mi manca, perchè è un mio compagno, un mio amico. Perchè solo lui può spronarmi ed incoraggiarmi come nessuno sa fare.

Mi manca perchè lo amo, e vorrei averlo accanto e fare qualcosa per lui.

 

 

Yohei mi colpisce al fianco con una gomitata. Io riprendo immediatamente contatto con la realtà, accorgendomi che stavo per addormentarmi. Pazzesco! Rukawa mi è entrato nel sangue, ormai!

Comunque, tento di puntellarmi le palpebre fino al suono della campanella che annuncia la ricreazione. Il suo trillo viene accolto come da consuetudine da un boato di liberazione.

Immediatamente mi fiondo all'esterno dell'aula, sotto gli sguardi attoniti dei miei amici, e mi dirigo verso l'ala dell'edificio in cui si trova la classe di Rukawa, ma lui non c'è. Soffoco un sospiro di frustrazione: sono giunto per l'ennesima volta troppo tardi, si è già defilato chissà dove, ed ora posso ben cercarlo in ogni anfratto, sono certo che non riuscirò a scovarlo! Sempre così: tutti i giorni si dilegua a rapidità fulminea (e non si capisce come faccia, dato il suo stato!), senza permettere a nessuno di accostarglisi o rivolgergli la parola. E' sfuggente proprio come una volpe nel suo ambiente naturale!

L'intervallo giunge al termine, ed un nuovo squillo avvisa gli studenti di recarsi nelle rispettive classi, ma io ho deciso che, a costo di arrivare con mezz'ora di ritardo ed essere cacciato fuori da quell'arpia della prof. di inglese, aspetterò qui. Dovrà pur tornare, no? Non voglio avvicinarlo, o parlargli. Mi accontenterei di riuscire a guardarlo da lontano, di vedere dal suo volto come sta e cercare di accertarmi delle sue condizioni.

Trascorrono più o meno cinque minuti. Il suo insegnante è in ritardo, cosicchè tutti i suoi compagni di classe parlano, si affacciano alla porta e fanno un casino pazzesco.

Mi appoggio alla parete per un attimo, socchiudendo gli occhi, ma li spalanco immediatamente, sentendo la confusione scemare improvvisamente e percependo alcuni brusii e sciocche risatine femminili.

Eccolo.

Vedo la sua inconfondibile ed elegante figura, anche se un po' claudicante per l'infortunio, profilarsi all'inizio del corridoio ed avvicinarsi con calma e cautela, le stampelle che producono un rumore ritmico e ripetuto sul pavimento. 

Man mano che si accosta noto il suo viso pallido con occhiaie violette che gli conferiscono un'aria sofferta ma anche più misteriosa, e gli occhi cupi, assorti e scuri, che fungono da perfetta barriera a quanto vi è nascosto dietro.

Finge di ignorare la reazione che ha provocato il suo arrivo e, senza apparentemente notare la mia presenza, si dirige direttamente al suo banco, affondando il viso fra le braccia ripiegate ed addormentandosi di botto. O perlomeno questo è ciò che sembra fare...Ma qualcosa mi dice che lui ora sia ancora solerte ed attento, che la sua sia solo una finzione.

I mormorii aumentano di quantità e di intensità, spingendomi ad allontanarmi per non scoppiare ed intimare a tutti questi stronzi di lasciarlo in pace, di lasciarlo vivere.

Credono che lui non si accorga dei loro commenti? Non si sono avveduti che la sua aria assonnata è solo una schermata, e che dietro di essi Kaede è vigile e desto più di qualunque altro? Come potete aver pensato che una persona così esasperantemente scattante e pronta nelle partite e negli allenamenti possa trasformarsi in un guscio vuoto?

No, io so che Rukawa sente i pettegolezzi fatti sul suo conto, anche se forse non sembra. Essi si dividono in due principali generi: quelli delle ochette del suo fans club, che lo compatiscono di nascosto, provando un po' di pena per lui e sperando di essere la prescelta con cui cercherà di consolarsi, segretamente anche liete di avere fuori dai piedi l'unico loro rivale temibile: il basket. I ragazzi invece trasudano maligna soddisfazione, crogiolandosi nella loro invidia soddisfatta verso quel coetaneo bello come un Dio, con una passione VERA, ed idolo delle loro fidanzate.

Sapete una cosa? Mi fate tutti schifo! Credete di conoscerlo, di sapere chi sia e cosa voglia dalla vita...Gioite delle disgrazie altrui, quando giungono a vostro vantaggio...

Capisco che Rukawa sa di tutto questo, e che ne soffre. Ma non lo ammetterebbe mai, nemmeno con sè stesso...

 

 

Sono ormai terminati gli allenamenti, e insieme stiamo uscendo dalle docce, ridendo e scherzando.

Sembrerebbe tutto quanto come al solito, se non fosse che le mie battute sono palesemente forzate, e gli scoppi di ilarità degli altri falsi e pesanti. La verità è che i nostri pensieri sono concentrati su qualcun'altro, anche se è sorto un tacito accordo secondo il quale bisogna evitare "quel soggetto".

Sull'uscio della palestra scorgiamo però Mitsui in compagnia di Kogure, passato qui ad assistere agli allenamenti, mentre discutono con Ayako. Dalle loro facce da funerale comprendiamo subito quale sia l'argomento, e ci avviciniamo al gruppetto, attratti come falene dalla luce.

Riesco a recepire l'ultimo frammento di un intervento dell'ex teppista: "...Anch'io ho provato cosa voglia dire, e per poco non ne sono rimasto del tutto stroncato. Ma non ero solo. Anche se non è una cosa di cui dovrei vantarmi, devo confessare che la mia banda, la mia famiglia, il mio stesso odio mi hanno spronato ad andare avanti..."

Il Megane-kun termina per lui: "...Ma Rukawa non ha nessuno che lo aiuti a superare tutto questo. E credo che questa situazione sia troppo pesante, perchè riesca a trovarvi un rimedio da solo, come è abituato a fare."

Interviene allora Ryota, con tono triste: "Ma, ammettetelo, chi di noi sa come prenderlo? Tutti abbiamo paura di sbagliare, di allontanarlo ancora di più..."

"Non vuole vederci" Prosegue Ayako "Ognuno fra voi, io stessa compresa, si è recato perlomeno un paio di volte a casa sua e, sebbene evidentemente dovesse essere  presente, non ci ha mai aperto."

Cala un silenzio di tomba, grazie al quale ci si rende conto di quanto quell'arrogante, individualista, megalomane, scostante e chiuso giocatore ormai sia divenuto una persona importante nel nostro nucleo, nella nostra quotidianità.

E sono soddisfatto in fondo che manchi anche a loro, come manca a me, perchè questo dimostra che ha lasciato traccia di sè nell'animo di tutti, e intuisco che, se lo venisse a sapere, in fondo ne sarebbe felice, perchè si tratterebbe di qualcosa di totalmente nuovo per lui.

Kogure riprende con tono pacato: "Dovrebbe trovare un altro interesse, qualcosa che lo distraesse dal pensare troppo a quanto ha perso..."

Yasuda prende parola: si può dire che la volpe sia sempre stato il suo modello vivente, la statua sul piedistallo per cui sospirare: "Ma per Rukawa non c'è nulla che valga quanto il basket..."

E' vero. Vero come sono veri i miei sentimenti per lui.

Possibile? Possibile che non ci sia un modo per soccorrerlo, per fargli accettare il mio aiuto, per far sì che smetta questa assurda pantomima di vita? Per costringerlo a cessare di nascondersi da tutti e da sè stesso? 

No, io non posso lasciar andare tutto così, senza provare ancora, ancora ed ancora ad entrare nella sua esistenza, nella sua mente, a costo di forzare la serratura con cui si è isolato dal mondo! Farò qualcosa per lui! Lo scuoterò, volente o nolente! Non sopporto di sapere che sta soffrendo senza tentare tutto ciò che è in mio potere, fino allo sfinimento, per ricondurlo alla vita, ad un obbiettivo, a un interesse che lo risvegli da questo stato di coma etilico in cui sembra essere caduto.

Anche perchè, se non fosse stato per me, lui ora potrebbe ancora essere qui, impegnato nel suo solito allenamento supplementare, ed io potrei sfotterlo e ricevere i suoi "Idiota"...

Mi rendo conto che non potrò mai restituirgli il basket...Ma un risultato, anche una piccolezza, un barlume di speranza, potrò ottenerlo, no?!

Lo amo, la mia vita è legata a lui...Ma se lui si rifiuta di vivere, cosa mi resterà da fare? 

Devo agire...Prima che si stacchi definitivamente da tutto, e non sia possibile riportarlo indietro.

E' necessario che capisca che DEVE andare avanti! Ad ogni costo. Per lui, ma anche per me.

 

 

Continuo a mantenere il dito incollato al campanello, che seguita a suonare con un trillo vuoto ed impersonale.

"Apri, Rukawa! Sono Sakuragi!"

Niente, non vuole. Lo so che sta solo cercando di convincermi che questa villetta su due piani con giardino sia deserta, ma io non mi lascio ingannare.

Sono sicuro di aver colto un impercettibile movimento delle tendine alle finestre del primo piano, ed un'ombra che si è immediatamente dopo ritratta.

Resterò qui: voglio vederlo e parlare con lui, a costo di dover dormire all'addiaccio.

Ora, siccome è chiaro che non desidera darmi retta, è inutile che osservi le norme dettate dalla cortesia, no? Quindi con un agile balzo scavalco il muretto, piombando all'interno del suo territorio. Mi avvicino a grandi passi alla porta ed inizio a percuoterla a calci ed a pugni.

"Stupida volpe! Muoviti, vieni fuori, fatti vedere!"

Continuo per una buona mezz'ora, convincendomi che è del tutto inutile: sono riuscito solo a beccarmi qualche insulto dai suoi vicini. Ma non mi arrenderò: lui è tenace, ma io gli dimostrerò di non essere da meno, poichè so che odia quelli che gettano la spugna. Anche se probabilmente dopo mi ammazzerà di botte, almeno sarò riuscito nel mio intento di distrarlo dalle sue ignote elucubrazioni.

Trovassi il modo...

Ehi, ma...! Il mio occhio cade su un canestro rudimentale affisso sul muro dell'abitazione, sotto il quale il terreno circostante è privo d'erba e battuto per almeno un paio di metri quadrati, segno che quell'area deve essere stata molto calpestata.

Immediatamente porto lo sguardo sul mio borsone degli allenamenti, in cui ho anche un pallone.

Di nuovo fisso il canestro, poi il pallone.

Ok, lo ammetto preventivamente! Come idea è assurda, ma tanto vale tentare, dal momento che con i metodi comuni qui non si ottiene nulla! 

Ora mi spiego: avete presente quella fiaba che parla di un pifferaio magico che, al suono di un flauto, conduceva dietro di sè tutti i topi che infestavano una cittadina, inducendoli poi ad affogarsi? Me la raccontava sempre mia madre, e mi piaceva un sacco...

Va bene: la mia splendida volpe non è di certo un topo, ed il rumore di un pallone da basket è quanto di più dissimile ci sia dall'armonioso suono di un flauto, però l'idea è talmente cretina, che con un tipo assurdo come Rukawa potrebbe anche funzionare!

Senza pensarci due volte inizio a provare una serie di tiri da tre: ormai il terzo tempo ed i tiri liberi mi riescono perfettamente, e non centro più il tabellone nel tentativo di mettere a segno una schiacciata...Ma devo ammettere che nella specialità di Mitsui sono piuttosto scarsino! Spero che venga attirato dal suono della sfera che rimbalza sull'anello!

Proseguo imperterrito per almeno un quarto d'ora con i miei tentativi fallimentari, senza badare alla fatica accumulata durante la giornata ed alla spossatezza dovuta ad un allenamento piuttosto faticoso.

Ridicolo...Vado a trovare il volpino, lui si rifiuta di vedermi, ed io che faccio? Gioco a basket nel suo canestro, senza aver chiesto il suo permesso, sperando di adescarlo. Credo di essere un po' disturbato, ma non si dice forse che, quando si ha a che fare con i pazzi, bisogna mettere da parte tutta la propria razionalità?

Intendiamoci...Non che Rukawa sia matto! Solo lievemente alienato...

Ma, a quanto pare, il mio metodo ha colto nel segno, poichè poco dopo odo la profonda voce della kitsune ammonirmi: "Idiota! Devi accompagnare con tutto il corpo il movimento delle braccia, altrimenti la parabola del pallone non sarà alta a sufficienza!"

Ehehehehe! La volpe è caduta senza accorgersene nella trappola tesagli dal genio! Mi limito a guardarlo di sottecchi, reprimendo un sorrisetto di soddisfazione per il buon esito della mia trovata: quello sarebbe capace di ritornarsene dentro sbattendomi la porta in faccia se compissi una mossa falsa, ed allora non riuscirei più a cavarlo dal buco nemmeno portando da lui Michael Jordan in persona!

"Così?" Gli chiedo, cercando di seguire le sue istruzioni. 

Effettivamente dopo un paio di prove mi accorgo che la qualità del tiro è già migliorata, e che ho più probabilità di fare canestro.

"Devi fare pratica, riprova!"

Andiamo avanti seguendo questo schema per almeno tre quarti d'ora, con un Rukawa-aguzzino che mi fa notare ogni minimo errore, ed io che provo a correggermi, lieto di aver trovato l'unico punto debole con cui attirarlo: il basket. Effettivamente avrei anche potuto pensarci prima...

Ora però fa troppo buio per continuare (fortunatamente! Stavo crollando!), così mi volto verso il mio compagno di squadra, indeciso. Mi sembra che sul suo viso ci sia dipinta una lieve aria di soddisfazione, data dal notare il netto aumento, in così breve tempo, della percentuale dei miei tiri riusciti grazie al suo aiuto, ma non ci scommetterei.

Vorrei tanto che mi facesse entrare, ma non oso chiederglielo esplicitamente. Ci fissiamo per un lungo istante, ed io cerco miseramente di non arrossire e di celare il mio turbamento di fronte al suo profondo sguardo indagatore. Per fortuna l'oscurità è mia complice nel nascondere questo disagio che mi tortura! Ho paura che dalla mia espressione possano trapelare i miei sentimenti!

Quindi lui si volta e, appoggiandosi alla parete per camminare, si dirige in silenzio verso l'ingresso. Io ci rimango un po' male, però, perchè speravo di potergli parlare...Ma almeno sono riuscito a stare in sua compagnia, e questo mi ha già sollevato l'animo. Anche se, è vero, più si ottiene, più si vorrebbe!

"Ti piace il the verde, oppure hai qualche altra preferenza?"

Spiazzato, non posso far altro che emettere un flebile: "Eh?"

"Do'aho, ti ho appena invitato ad entrare, basta un sì o un no!" Emette, scocciato.

Non ci credo, non posso esserci riuscito davvero! Mi apro in un sorriso grato, prima di replicare: "Ho talmente sete, che mi andrebbe bene pure acqua di palude!"

Ovviamente lui non aggiunge altro, ma nessuno di noi due si aspettava che lo facesse, così mi muovo per seguirlo all'interno della sua tan...Ehm, abitazione. 

 

 

Il salotto è un locale molto ampio e confortevole, con ogni genere di comodità, dallo stereo, alla televisione con videoregistratore e parabolica per seguire l'NBA in diretta, fino ai mille altri oggetti utili o meno disposti con buon gusto.

Approfitto della sua sosta in cucina per osservarmi intorno, percorrendo su e giù la stanza con occhio curioso, soffermandomi su ogni cosa. Strano particolare: non ci sono fotografie. Avete presente, no? Di solito si posano sui mobili gli scatti che ritraggono la propria famiglia nei momenti più cruciali, tipo compleanni, matrimoni ecc. ecc., ma qui non c'è assolutamente nulla! Peccato, mi sarebbe piaciuto vedere i genitori della volpe, giusto per sapere se almeno loro siano in grado di sorridere, o se la sua faccia di bronzo sia un carattere ereditario...E poi avrei voluto anche sbirciare qualche immagine di Rukawa da piccolo. Che ficcanaso, eh!?

Vengo distratto dalle mie constatazioni proprio dall'arrivo di chi ne è il protagonista.

Appoggia una teiera e due tazze sul tavolino piazzato di fronte al divano, su cui si lascia cadere, invitandomi con un cenno a fare altrettanto.

Lo imito, notando ogni suo gesto, dalla lieve smorfia di dolore che contrae i suoi stupendi lineamenti quando allunga la gamba ferita, per posarla su un piccolo scranno, alla studiata lentezza con cui rigira il suo cucchiaino nella tazzina con aria assorta. Non posso evitarmi di pensarlo: è bello! 

Bello, con quell'espressione misteriosa, il lungo maglione di lana che lo snellisce e gli conferisce un'apparenza quasi fragile, le folte ciglia che velano i suoi occhi. 

Improvvisamente solleva il suo sguardo portandolo su di me, con una mossa tanto repentina da farmi quasi andare di traverso la sorsata del liquido ambrato. A disagio, allontano la mia attenzione dalla sua figura per concentrarla sul colore cangiante del the nella tazzina, cercando di trovare interessanti i suoi caldi riflessi.

Diamine, sono terribilmente teso! Rukawa dà a tutti la strana impressione di poter giungere sino ai loro più intimi pensieri, mentre al contrario lui appare sempre inattaccabile e distante...

Ho una violenta voglia di interrompere questo silenzio, anche perchè ho la netta impressione che lui, calmissimo e perfettamente padrone si sè, si stia ironicamente divertendo della mia tensione.

"Ecco...Io...Volevo sapere come stavi." Sussurro, rinfrancando la mia voce.

Lui si irriggidisce lievemente: "Sto bene. Ora che hai sollevato la tua coscienza, te ne puoi andare, se vuoi." Mormora gelidamente, stringendo con forza la tazza fra le mani.

"Come?" Noto che tenta di celare, dietro l'indifferenza, una nota di delusione.

"Era tuo dovere informarti sulle mie condizioni, no? Una specie di convenzione! Ora che l'hai rispettata, che puoi dire di aver fatto il tuo dovere, da bravo compagno di squadra, puoi anche porre fine alla tua tortura: lo so che non vedi l'ora di allontanarti da questo scomodo ed irritante individuo, che sarei io, quindi vai!" Afferma duramente, senza mutare l'espressione nemmeno per sbaglio.

Questo suo atteggiamento mi infastidisce molto: perchè cerca di rendersi odioso in ogni modo possibile?

"Cosa ti fa credere che nessuno voglia stare in tua compagnia? Perchè tenti sempre di allontanare e scoraggiare chi vorrebbe aiutarti?"

"Nessuno potrebbe desiderare la vicinanza di uno come me...Ed io non ho bisogno di aiuto." E' secco come sempre, ma non può pensare questo sul serio!

Vorrei tanto urlargli di piantarla con questa sua facciata indisponente ed arrogante, dirgli che ho capito che lui non è realmente così, che c'è dell'altro, altro che lui mi vuole celare, ma che io ho già intuito e che riuscirò a scoprire. L'ho visto, l'ho visto davvero, quel giorno!

Lo sguardo però mi si posa sulla vistosa bendatura che gli avvolge la caviglia destra, ed immediatamente la mia rabbia sfuma, mentre ricordo la condizione difficile che sta affrontando, e che non so se abbia voglia di superare...E rammento che sono venuto qui per fare qualcosa per lui, ma qualcosa di utile, e non per strangolarlo!

Mi impongo di mantenere la calma.

"Basta, Rukawa. Facciamola finita di comportarci come se ancora non ci sopportassimo! Lo sai benissimo che non ti odio più, e che sono venuto qui perchè ero preoccupato per te...E per chiederti scusa."

Per una volta reputo di essere stato io a coglierlo di sorpresa, e non viceversa.

"Scusa? Di che?"

"Beh...Io credevo che tu fossi arrabbiato con me..." Davvero, l'ho pensato, e mi sono chiesto se non fosse per questo che volutamente mi ignorava.

Lui pare irritato: "Vuoi parlare chiaramente? Perchè diamine dovrei avercela con te? Sei un do'aho, certo, ma mi sono rassegnato a questo dato di fatto e non credo di poterci fare niente: ormai sei nato!"

"Ecco...Se non fosse stato per me...Tu potresti ancora giocare adesso." Balbetto, a disagio.

Bene, finalmente l'ho detto. Gli ho confessato la cosa che più mi ha angustiato in tutti questi giorni. Voglio liberarmi di questa responsabilità, e voglio che sia lui a reputarmi colpevole o meno, poichè è l'unico ad avere il diritto di farlo. Non ne posso più di torturarmi chiedendomi se mi odia nella misura in cui io lo amo!

"Per questo? E' questo che ti preoccupa? Davvero mi giudichi così irrazionale ed egoista da attribuirti una responsabilità non tua? No, non lo sono." Conclude, quasi con tristezza. O forse immagino io di avvertirla nella sua voce?

"Allora non mi ritieni responsabile?" Lo incalzo, trattenendo il respiro.

"No, certo che no. Ti confesso però che ho tentato di valutarti tale, nel primo momento di rabbia: ho irrazionalemente cercato qualcuno su cui scaricare la colpa per questa dannazione che mi è stata inflitta...Un capro espiatorio su cui sfogare tutto il mio dolore e la mia ira." Ha qualche esitazione a seguitare, come se temesse di scoprirsi, eppure non si ferma "Ma, recuperata la lucidità, mi sono anche reso conto che non vi è alcun responsabile per ciò che mi è successo...E' proprio questo rende la mia sofferenza più difficile da tollerare...Non riesco a capire...Capire perchè proprio io, perchè proprio questo..." Il suo è un lamento straziante.

Ecco, ora avverto che il ghiaccio finalmente si è rotto, e percepisco la barriera invisibile che prima ci separava infrangersi improvvisamente. 

Adesso Rukawa non è più il re degli indifferenti, mister unfeeling per eccellenza, ma è ridivenuto quel ragazzo giovane con le emozioni evidenti sul viso di ghiaccio sciolto, ragazzo con cui sono entrato in contatto una sola volta, prima d'ora. 

Eppure mi è bastata quell'unica volta per innamorarmi perdutamente di lui, ed anche adesso capisco di amarlo più di qualsiasi cosa...Ora che si sta fidando di me e che io non vorrei deludere le sue aspettative. Ora che desidererei essere tutto ciò di cui egli abbia bisogno, e potergli dire ogni cosa che voglia udire pur di farlo star meglio...

Mantengo il silenzio, sperando in questo modo di indurlo a continuare la sua confidenza. 

"...Avrebbero potuto privarmi di qualsiasi altra cosa, non me ne sarebbe fregato nulla...Perchè di null'altro mi importava. L'unica ragione per cui vivevo era il basket."

Lo capisco, credo di capirlo...

"No, non comprendi." Sussulto, rendendomi conto di come abbia perfettamente penetrato i miei pensieri "Tu ami il basket, ma hai anche una famiglia, degli amici, una ragazza di cui sei innamorato...Io invece sono vuoto, privo di qualsiasi cosa che non sia il mio sogno da realizzare e per cui ho combattuto, sofferto, pianto...Ma che ora mi è stato precluso per sempre! Ogni mia attività vitale è stata finalizzata a raggiungere il professionismo, a condurre la mia squadra alla vittoria del campionato nazionale per diventare il migliore del Giappone...E poi approdare nell'NBA, giocare al Madison Square Garden...La mia utopia più grande, che mi sono perfino illuso di poter realizzare! Ma un fatto imprevisto ed estraneo dalla mia volontà mi ha troncato le ali, impedendomi di seguitare a volare...Forse ho mirato troppo in alto, e sono stato punito...Ma ora che ne sarà della mia vita, cosa mi spingerà a lottare se non ho più nulla per farlo?! Sono stato spogliato dell'unica ragione per cui sentivo di essere nato, del significato della mia esistenza! NON HO NULL'ALTRO! PER ME C'ERA SOLO IL BASKET, ED IL MIO FUTURO ASSIEME AD ESSO! E ora...E ORA?!"

Sono perdutamente addolorato, mi si stringe il cuore comprendendo a pieno l'entità della sua sofferenza. Sta singhiozzando senza lacrime, con gli occhi sbarrati ed allucinati, dopo questo sfogo isterico in cui si è finalmente lasciato andare, si è permesso di gridare, di liberarsi...Credo che si senta meglio. 

Non penso abbia mai parlato tanto, ed è la prima volta che l'ho udito urlare. E' stato orribile: mi è parso il lamento di dolore delle sue speranze ferite ed oltraggiate.

Lentamente ripeto lo stesso gesto di quel pomeriggio tremendo, e come in quell'occasione lui non respinge il braccio con cui lo cingo. 

"Lasciami andare...Non ho bisogno di te e della tua compassione...Lasciami solo, come è destinato che io sia..."

Io ignoro le sue ingiunzioni e non lo lascio. Del resto lui, nonostante le sue parole, non fa nulla per allontanarmi. Non lo ammetterebbe mai, ma so che SENTE il desiderio di avere qualcuno accanto...Ed ora ci sono io, qui.

Siamo riusciti di nuovo a creare questo ponte che ci sta collegando e ci avvicina, noi, che dovremmo essere accerrimi rivali e che invece ci siamo trovati veramente a dispetto di tutto, di tutti...Ma perchè riusciamo ad essere vicini solo nel dolore...Solo quando non posso esprimergli i miei sentimenti?

"Mi dispiace...Mi dispiace veramente...Vorrei che non ti fosse accaduto nulla..."

Lui non rinuncia però a fare del sarcasmo, facendomi pagare lo scotto di tutte le malignità dettagli quando credevo di detestarlo: "Non eri tu che volevi che io non potessi più giocare a basket? Dovresti essere felice."

Perchè il primo sorriso che scorgo sulle sue labbra deve essere così amaro? Perchè deve avere come unico scopo quello di celare del pianto?

"Scusami. Scusami per tutte le bastardate che ti ho detto." La mia contrizione è sincera, deve capirlo!

Lui, incredibilmente, non ribatte. Lo osservo attentamente, e la sua espressione vuota mi fa paura. Quasi istintivamente mi ritrovo ad aumentare la pressione del mio braccio e ad avvicinarlo di più a me.

In un lampo un pensiero attraversa la mia mente, agghiacciandomi, ma non riesco a non evitarmi di formularlo, per quanto possa apparire macabro e forse assurdo.

"Rukawa...Tu...Non avrai pensato mica di..."

"Suicidarmi?" Di nuovo. Di nuovo ha anticipato le mie parole! "Sì, certo, l'ho pensato. L'idea mi ha quasi attirato...Ma non lo farò. Non temere, non ti libererai di me! Chiunque sia l'entità che mi ha fatto questo, non le darò la soddisfazione di sapermi sconfitto! Togliermi la vita equivarrebbe ad arrendermi. Ed io non sarò mai vinto, da nulla, da nessuno!"

Ed ecco che il suo sguardo si rianima ai miei occhi, riacquista la sua forza, la sua lucida combattività. E' questo il Kaede che amo, è lui, lo riconosco.

Noto che continua a guardare il mio pallone da basket, che ho posato sulla sacca accanto al tavolino, quando sono entrato.

"Sai...Dalla volta in cui ho subito l'infortunio...Non ne ho più toccato uno. Vorrei tantissimo poterlo prendere nuovamente in mano, sentirlo ancora come un prolungamento del mio braccio, soggetto alla mia volontà...Ma so che soffrirei troppo facendolo, con la consapevolezza che non potrei più...Non potrei più..."

Non riesce a concludere il discorso e si posa una mano sul viso, cercando di celarmi il tremito delle sue labbra sottili, di ricomporre come in un riflesso spontaneo la sua maschera. 

Ricordo le parole di Kogure e capisco che davvero l'unica sua speranza di salvezza sarebbe trovare qualcosa che lo distraesse dal pensare continuamente a quanto ha perso, e che occupasse le sue energie e la sua mente. Ma cosa?

Improvvisamente un'idea mi balena nella mente. Mi sollevo in piedi, concitato, sperando che possa funzionare.

"Rukawa, guardami!"

"Nh?" Lui solleva il volto, obbedendomi leggermente perplesso.

"Ce la farò io. Io realizzerò questo sogno, tuo, che poi è anche mio!"

"Che dici, do'aho?!" Aggrotta le sopracciglia, quasi infastidito.

"Usa me per vincere. Vinci con me, grazie a me. Lo so che non sono ancora al tuo livello, ma se mi allenerai potrò migliorare. Con il tuo aiuto affinerò le mie capacità e la mia tecnica, e riuscirò, riusciremo a vincere il campionato nazionale, il fine che ti eri prefisso. Condurrò la squadra al tuo posto, con il tuo soccorso, seguendo le TUE istruzioni. Sarò io a giocare al tuo posto in campo, e tu mi assisterai con la tua maggiore esperienza all'esterno delle partite, preparandomi e facendo in modo che grazie alla nostra collaborazione io possa riuscire nello scopo. Vincerò il campionato assieme alla NOSTRA squadra, e lo farò per te, in vece tua. Serviti di me per conquistare la tua meta: insieme trionferemo. Io porrò il mio corpo, la mia volontà, tu la tua mente e le tue capacità."

"Mi stai chiedendo...Di allenarti personalmente per far sì che grazie ai miei insegnamenti tu riesca a portare la squadra al primo posto?" Indaga, scettico.

"Tu non puoi più farlo...Allora sarò io a sostituirti, e grazie a te ci riuscirò. Sarà come se tu ci fossi riuscito assieme a me...O credi di non essere in grado di preparami, e di insegnarmi cosa vuol dire sentirsi tutt'uno con questo sport? E' una sfida: dimostrami che con te potrò perfezionarmi più che da solo, che sei in grado di portarmi ad un livello che io da me non avrei potuto raggiungere..."

Non so se accetterà, nè tantomeno se sia stata una buona trovata quella di chiedergli di addestrarmi singolarmente. Forse penserà che vorrò solo approfittarmi di lui...O rifiuterà, rendendosi conto di dover aiutare un suo rivale a raggiungere lo scopo che gli è stato impedito. Io probabilmente non riuscirei ad acconsentire, roso dalla gelosia e dal rimpianto.

Ma mi auguro sinceramente che comprenda che la mia proposta è stata posta in buona fede, per scuoterlo e soccorrerlo in qualche modo, e non per servirmene a mio profitto. Forse grazie a questo strampalato obbiettivo non penserà troppo a quanto ha perduto, ed io potrò stargli vicino...Inoltre, non si terrebbe a distanza dal basket.

Speranzosamente raccolgo il pallone da basket e glielo porgo, pregando che lo prenda, che questo pomeriggio in cui ha finalmente accantonato la sua maschera davanti a me non sia una fine fra noi, ma l'inizio di ogni cosa. 

Rukawa rimane a lungo immobile, senza lasciar trapelare nulla delle sue intenzioni da quel viso duro e gelido. Lentamente, dopo un po', allunga la mano verso la sfera e la afferra. Mentre la porta a sè, noto un lampo nei suoi occhi, e comprendo che ha accettato la lotta.

 

 

CONTINUA (Purtroppo per voi!)



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