You are my Blood
side story V
di Naika
Due precise secchiate
d’acqua gelida riportarono bruscamente al presente i due ‘vampiri’, che
erano stati trascinati fino alla hall dell’hotel e lì ben legati a due
solide sedie di ferro battuto, prese dall’elegante sala da pranzo.
Gli uomini sussultarono
bruscamente, spalancando gli occhi, guardandosi intorno forsennatamente
prima di tirare un lungo sospiro di sollievo quando notarono attorno a loro
le solide mura dell’hotel.
L’illuminazione
abbondante della grande stanza teneva lontane le ombre della notte che,
silenziose, sembravano volersi infilare nella stanza, scivolando sotto lo
stipite della grande porta a vetri che dava sul giardino.
Anche se luna e stelle
erano tornate ad illuminare il cielo nero, la tenebra che avvolgeva il
giardino sembrò ai due uomini premere pericolosa contro le finestre e le
porte dell’hotel come se non attendesse altro che di riuscire ad entrare per
cibarsi della loro paura.
Il più vecchio dei due
deglutì a vuoto mentre l’altro non riusciva a nascondere il tremore che gli
scuoteva il corpo, mentre ringraziava con fervore di trovarsi prigioniero in
quel luogo conosciuto, piuttosto che libero ma avvolto nelle spire di quell’ignoto
buio, fin troppo ricco di voci, occhi e candide fauci.
Il loro sollievo
tuttavia durò poco.
Alle spalle del
cacciatore che li fronteggiava, un secchio vuoto ancora nella mani, stavano
due giovani.
Il primo, dai capelli
rossi come il fuoco e dalla pelle di un caldo color dorato li fissava
apertamente, negli occhi scuri una luce scarlatta che aveva il potere di
scatenare in loro il fin troppo vivido, e recente, ricordo di altri occhi
parimenti carminio.
Il secondo poggiava le
spalle alla stessa colonnina del primo, ma a differenza dell’altro dava loro
un fianco, il capo, reclinato su una spalla, le braccia incrociate sul petto
e gli occhi chiusi, quasi stesse dormendo in piedi.
Quella era sicuramente
la prima impressione che ne avrebbe ricavato un osservatore poco attento.
Eppure...
Poteva essere la
semplice ombra della colonna, a cui quel giovane dalla pelle candida
poggiava le spalle, a rendere così cupa l’aria attorno a lui...
Poteva essere frutto di
una banale serie di coincidenze, il fatto che in quell’angolo della sala la
luce giungesse a fatica...
Eppure...
Potevano esserci molte
giustificazioni al fatto che attorno a lui la luce sfumava, incupendosi fino
a fondersi in tenebra.
Potevano esserci
diverse spiegazioni al fatto che ai suoi piedi le ombre si allungavano,
assumendo forme che nessuno degli oggetti attorno a lui possedeva, o avrebbe
potuto, possedere mai...
Ma i due ‘vampiri’
sapevano che nessuna di quelle motivazioni sarebbe stata vera, perchè loro
conoscevano la natura di quel ragazzo.
L’avevano visto,
per una frazione di secondo, qualche ora prima, quando il buio si era
richiuso su di loro e quelle voci sussurranti che lo popolavano si erano
unite in un unico, vibrante, coro.
Quasi lo stormire di
migliaia, milioni, di foglie.
Foglie rosse come il
fuoco.
Cupe come il sangue.
Scarlatte come gli
occhi che si erano aperti e richiusi tra le sete nere di quel mare oscuro.
Foglie appuntite e
lucenti, come le lunghe zanne candide delle belve senza nome generate da
quella tenebra innaturale che li aveva inghiottiti nel suo incubo senza
spazio e dimensione.
In quel Nulla popolato
dai figli del Caos... loro avevano visto cos’ERA lui.
Quasi avesse avvertito
il loro terrore scivolare sulla sua pelle Rukawa socchiuse lentamente le
palpebre lasciando che gli occhi blu si posassero per un momento sui due ‘vampiri’.
E bastò il semplice
fremere delle sue ciglia, bastò che nel sollevarsi le palpebre disegnassero
la loro elegante ombra sugli zigomi chiari, che le sue labbra si
socchiudessero in un silenzioso respiro, perchè il buio ruggisse affamato.
Il vento ululò
scuotendo le fronde degli alberi, e i loro lunghi rami graffiarono le grandi
finestre della hall, raschiandone le pareti, grattando contro l’uscio chiuso
quasi volessero aprirvi un varco a forza.
Rukawa riabbassò le
palpebre, chiudendo nuovamente gli occhi e la notte tornò ad assopirsi
silenziosa con lui.
Roan buttò a terra il
secchio, ponendosi tra loro e il moretto, spezzando l’incanto.
Li fissò con aria
battagliera e i due spostarono lo sguardo su di lui, riacquistando un minimo
di sangue freddo.
Quello era un uomo come
loro, almeno.
“Chi vi ha mandato?!”
chiese duro il cacciatore, deciso ad avere finalmente le risposte alle sue
domande.
“Sei pazzo se credi
che ti risponderemo!” gracchiò il primo senza riuscire tuttavia ad evitare
che il suo sguardo saettasse per una frazione di secondo oltre le spalle del
cacciatore, a fissare nuovamente i due giovani immobili.
Gli occhi del rossino
si erano ristretti pericolosamente, e ora, quello che, all’inizio, era stato
solo un riflesso più scuro in quegli occhi caldi si stava lentamente
espandendo, divorando l’iride color cioccolato, screziandola di rosso e oro.
Rukawa fece scivolare
una mano su quella del compagno, intrecciando le dita candide con quelle
dorate del suo amante in un gesto carico d’affetto e riverenza che liberò
nell’aria un piccolo tintinnio argenteo quando le due fedi sanguigne vennero
a contatto.
Un rumore a malapena
udibile che si sciolse nella stanza, inascoltato.
Eppure a quel suono...
le ombre tremarono.
La lunga lingua scura
proiettata della colonna, a cui il rossino e il vampiro erano appoggiati, si
allungò, stendendosi in appuntite ali nere che si spiegarono, enormi e
minacciose, prima di richiudersi protettive su Hanamichi.
E nel buio che l’aveva
abbracciato i suoi occhi scintillarono, due polle di fuoco scarlatto sul
volto dorato, marchio inconfondibile della sua vera natura.
“Ci ha mandati Sasuke
Satara!” gridò il più giovane dei due prendendo ad agitarsi in maniera
incontrollata sulla sua sedia.
“Lui, lui...” continuò
forsennatamente, balbettando “...voleva diventare un vampiro ma i vari clan
si sono rifiutati di accoglierlo e cos.. così ha deciso di arricchirsi e
vendicarsi al contempo!” gridò quasi, sull’orlo dell’isteria, senza lasciare
nemmeno il tempo, al cacciatore, di porre le domande.
Rukawa socchiuse le
palpebre infilando la mano in tasca per trarne il cellulare.
Ormai avevano la
conferma di cui avevano bisogno.
Avrebbe messo Ken alle
costole di quello stregone da quattro soldi che si era arrogato il diritto
di rovinargli le vacanze, non aveva nessuna intenzione di perdere altro
tempo con lui, era sicuro che l’assassino se la sarebbe cavata egregiamente.
Sentì Hanamichi
stringere lievemente la sua mano e si concesse un lieve sorriso.
Sentiva il potere
dell’amante ruggire dentro il suo corpo, scaldare la sua pelle dorata,
riversarsi attorno a lui in un’aura di luce infuocata quasi visibile anche
all’occhio meno abituato degli esseri umani.
Era rimasto davvero
sorpreso quando l’aveva sentito scivolare con tanta facilità all’interno del
suo incantesimo.
E la preoccupazione per
la sua incolumità si era tramutata in divertimento quando si era reso conto
che i demoni da lui richiamati non solo non tentavano nessun tipo di attacco
nei confronti dell’intruso ma al suo passaggio si ritiravano velocemente.
Degno nipote di uno dei
Cinque Signori del Caos.
“Quanti siete?” chiese
Roan riscuotendolo dai suoi pensieri.
“Ci...cinque...”
rispose il primo uomo ormai rassegnato alla confessione “...grazie al
potere di Satara ci era possibile operare comparendo e scomparendo nel
nulla” spiegò il ‘vampiro’ allo sguardo scettico del cacciatore “.. pertanto
non aveva bisogno di molti uomini” mormorò.
“Chi mi dice che non
stiate mentendo?” chiese ancora il padre di Laila, incerto se credere o meno
che, così poche persone, avessero potuto portare a termine tante
aggressioni.
“Non vi mentiremo
MAI....” sussurrò il più giovane dei due lanciando un’occhiata colma di
terrore oltre le spalle del cacciatore e Roan si volse per un momento, a
fissare il vampiro e il suo shadow, chiedendosi per l’ennesima volta come
quei due ragazzini avessero potuto spaventare tanto dei professionisti.
Dal primo momento che
aveva visto Rukawa aveva capito che non si trattava di un vampiro qualsiasi,
nonostante lui non potesse certo dire di averne conosciuti molti.
C’era una sensazione
lì, alla bocca dello stomaco che, nell’incontrare quei due pozzi di gelido
ghiaccio blu, si faceva più forte, scatenando lunghi brividi lungo la sua
schiena.
Ma Kaede Rukawa era pur
sempre un ragazzo e per di più un vampiro con uno shadow, quindi
vulnerabile... debole.
Eppure...
Eppure quando quei due
erano vicini, poteva quasi sentirlo sulla pelle, lo sfrigolio di quel loro
antico, ignoto, potere che si riversava attorno a loro a protezione e
monito.
La voce bassa, gelida,
del vampiro lo riportò bruscamente alla realtà.
“I nomi degli altri
tre?” ordinò sollevando lentamente il capo.
I due boccheggiarono,
immobili, incatenati a quelle iridi senza fondo, troppo spaventati per
parlare.
“I nomi...” ripetè con
voce pericolosamente bassa il moretto.
I due ‘vampiri’
sussultarono violentemente, affrettandosi a dargli i nomi dei loro complici,
balbettando, e accavallandosi l’uno con l’altro per la fretta di soddisfare
la sua richiesta.
Rukawa sollevò il
cellulare e premuto il tasto di chiamata rapida l’accostò all’orecchio.
Nessun convenevole con
il suo misterioso interlocutore, semplicemente egli scandì con voce decisa
quei tre nomi, prima di riattaccare.
“Ora possiamo andarcene
a letto... al resto penserà Ken...” mormorò il volpino, considerata conclusa
la vicenda, afferrando Hanamichi per un braccio e tirandolo verso le scale.
Con lui aveva ancora un
conto in sospeso.
Non poteva permettersi
di liberare così il suo potere, di intrufolarsi nel suo incantesimo, di
fargli avvertire tutto il calore e la forza del suo sangue tramutato in
fuoco dalla trasformazione demoniaca e pensare poi di cavarsela senza
saziarlo.
Aveva fame.
Fame di quel sangue
rosso come la passione, denso come la tenebra della sua parte demoniaca,
devastante come il fuoco della distruzione.
“Di questi due che ne
facciamo?” chiese tuttavia, Roan, bloccandoli dopo che avevano fatto solo
pochi passi.
“Non possiamo
consegnarli alle autorità, che cosa racconteremo loro?” disse perplesso.
Rukawa si fermò ai
piedi della scala, seccato dal dover rimandare il suo pasto, riflettendo per
un momento su quelle parole.
“Hai ragione....”
dovette ammettere prima di voltarsi lentamente mentre sul suo volto si
tendeva un lieve sorriso.
La mano destra compì un
lento, elegante arco, sollevandosi finchè Rukawa non pose il palmo di fronte
ai tremanti mercenari.
Le corde che legavano i
due alle sedie si tesero, sciogliendosi dai nodi, schioccando contro il
pavimento, fischiando nell’aria immobile, animandosi di vita propria.
I ‘vampiri’ balzarono
in piedi e senza pensarci due volte si lanciarono di corsa verso la porta
che dava sull’esterno, decisi a mettere quanta più strada possibile tra loro
e il vero vampiro.
Rukawa li seguì con lo
sguardo per un momento prima di mormorare una parola con voce cupa.
Le corde che ancora
ondeggiavano, come enormi, longilinei serpenti, sul pavimento della hall,
nell’udire la voce del loro padrone scattarono in avanti, ingrossandosi
velocemente finchè le porte dell’hotel non si spalancarono per lasciar
uscire nella notte due grossi lupi dal pelo grigio sabbia, che ululando e
digrignando le lunghe zanne d’avorio si lanciarono all’inseguimento dei due,
i vitrei occhi neri già puntati, attraverso le tenebre, sulle loro prede in
fuga.
Roan fissò incredulo le
belve scomparire, correndo silenziose, prima di voltarsi con timore verso il
vampiro.
“Li lascerai fuggire?”
chiese senza nemmeno sapere che cosa volesse sentirsi rispondere.
Certo quei due erano
suoi nemici, a causa loro aveva rischiato di perdere l’hotel.
Però... a nessuno...
nemmeno al suo più acerrimo nemico avrebbe augurato la morte tra le zanne di
quegli esseri senz’anima e vita.
Rukawa scosse le spalle
“Non ripeteranno più lo stesso errore...” sussurrò prima di riprendere a
salire le scale tranquillamente.
“Aspetta!” lo richiamò
Roan “Quelle.. quelle creature li uccideranno?” balbettò non riuscendo, al
fine, a trattenersi dal porre quella domanda.
Rukawa non si volse ma
scosse le spalle “Si limiteranno a farli correre per un po’...” disse prima
di riprendere a salire le scale coprendo uno sbadiglio dietro una mano
candida.
Hanamichi che aveva
seguito quel dialogo con attenzione, lo rincorse su per le scale seguendolo
verso la loro camera.
“Un po’ quanto
kitsune?” chiese curioso, più che preoccupato per la sorte dei due.
“Fino all’alba...”
mormorò il vampiro aprendo la porta della loro stanza.
Hanamichi lanciò
un’occhiata distratta all’orologio a pendolo, in fondo al corridoio, e un
lento sorriso gli incurvò le labbra.
Sperava che quei due
fossero dei buoni maratoneti.... mancavano quattro ore all’alba.
La porta ebbe a
malapena il tempo di richiudersi alle sue spalle che Hanamichi si ritrovò
teletrasportato e spogliato, sul grande letto matrimoniale.
“E che cavolo Kaede!”
protestò ma non ebbe modo di porre altre rimostranze che le sue labbra
furono bruscamente chiuse da quelle dell’amante.
Il vampiro sembrava
decisamente affamato.
Le sue mani scivolavano
veloci e possessive sul corpo dorato del compagno, spingendosi esigenti e
maliziose a sfiorare quei punti delicati che ormai conoscevano tanto bene.
Hanamichi si tese con
un ansimo sotto il compagno, avvertendo il suo bisogno immediato, il pulsare
della sua eccitazione contro la propria, il calore ustionante di quella
bocca che si era impossessata della sua con esigente violenza.
Il sangue prese a
bruciare nelle sue vene mentre il calore si spandeva dai punti in cui il
corpo del vampiro aderiva al suo, avvolgendolo nel suo bozzolo di piacere e
follia.
Boccheggiò quando
Rukawa gli liberò le labbra per poi prendere a scendere in una umida, calda,
carezza lungo la mandibola, l’orecchio e poi la sua ultima meta, la gola.
“Kaede...” sussurrò a
corto di fiato, la voce roca e incerta mentre le sue mani affondavano nei
capelli neri del suo amante.
Il vampiro sollevò il
capo chiudendogli nuovamente la bocca con la sua mentre entrambe le mani
scendevano ad allargargli le cosce.
Lo voleva
disperatamente e subito.
Lo voleva e lo prese.
Hanamichi gridò
inarcando la schiena, spalancando gli occhi senza riuscire a trattenere una
lacrima di dolore.
“Scusa...” sussurrò
piano Kaede accarezzandogli un fianco mentre l’altra mano saliva a chiudersi
sul suo sesso, accarezzandolo.
Il rossino aveva chiuso
gli occhi e serrato la mascella mentre cercava di fare lenti, lunghi,
respiri, per rilassarsi.
Rukawa gli baciò con
dolcezza le gote, raccogliendo con la lingua il piccolo cristallo salato
figlio della sua violenza, prima di scendere a disegnare i contorni delle
sue labbra.
Era stato troppo
precipitoso e gli aveva fatto male.
E si sentiva un verme
perchè era bellissimo il corpo del suo compagno, così stretto e caldo,
contratto, intorno a lui, per il dolore di quell’intrusione non preparata.
Hanamichi socchiuse le
labbra lasciando alla sua lingua nuovo accesso alla sua bocca e allora il
vampiro assestò la prima, delicata, spinta.
Lo sentì ansimare e
tendersi sotto di lui mentre le braccia abbronzate salivano a cingergli la
schiena attirandolo a se.
Rukawa approfondì il
bacio muovendo nuovamente il bacino, spingendosi con forza, a fondo, in lui,
sentendo il corpo sotto il suo schiudersi per accoglierlo.
“Kami Hana...” non potè
fare a meno di ansimare staccando le labbra da quelle dell’amante,
sollevando un poco il viso per specchiarsi in quelle liquide iridi d’oro
fuso, che lo fissavano brucianti.
In tutta risposta ebbe
solo un piccolo, dolce e al contempo malizioso, sorriso, prima che il
piacere li reclamasse a se trascinandoli uno nell’altro con folle frenesia
finchè non si persero completamente, fondendosi in un essere solo.
Rukawa scivolò con
attenzione fuori dal corpo del suo compagno che ancora tentava di recuperare
il fiato, depositando un casto bacio sulle sue labbra gonfie e socchiuse
prima di scendere ad accarezzargli la gola.
Hanamichi emise un
lento respiro sollevando stancamente il braccio destro per far scorrere una
mano tra i capelli scuri del suo amante, in un muto consenso.
Il vampiro succhiò
delicatamente la pelle calda, umida e dorata, assaggiandone quel particolare
sapore salato che assumeva sempre, dopo l’amore, e il rossino rabbrividì nel
sentire il suo respiro caldo sfiorargli il collo, scostando di riflesso il
capo, sui cuscini, per lasciare scoperta la gola.
Il vampiro lo avvolse
nel suo abbraccio e poi morse a fondo, stringendolo dolcemente quando lo
sentì sussultare prendendo a bere avidamente quel nettare dolce quando lo
sentì abbandonarsi a lui, la mano tra i suoi capelli che si muoveva
lentamente, in un’ipnotica, dolce carezza.
Il rossino socchiuse le
palpebre coprendo uno sbadiglio con la mano.
Il sole faceva capolino
da dietro le tende tirate bagnando il loro letto, tingendo le lenzuola
candide d’oro, avvolgendoli nel caldo abbraccio dei suoi raggi lucenti.
Si stiracchiò
sinuosamente prima di voltarsi e poggiare il capo sul palmo della mano per
osservare il suo compagno.
La luce del sole
disegnava riverberi turchini tra i suoi capelli neri, spandendo un po’ di
calore sulla sua pelle candida.
Sorrise, senza riuscire
a trattenersi dal passare dolcemente le dita sui contorni di quel viso ormai
così conosciuto, prima di decidere che era il caso di alzarsi.
A giudicare dalla
luminosità della luce doveva essere giorno inoltrato, ormai.
“Hn...” protestò una
voce conosciuta accanto a lui, quando egli tentò di alzarsi, mentre due
braccia diafane si chiudevano attorno alla sua schiena.
“Buon giorno volpetta...”
mormorò dolcemente il rossino posandogli un bacio sulla punta del naso.
“Che ne dici se ci
alziamo e andiamo a fare colazione?” chiese, senza, tuttavia, fare molto per
liberarsi del tepore in cui Rukawa lo teneva stretto.
Un’altro borbottio fu
tutto ciò che ottenne come risposta.
Hanamichi sorrise
teneramente scompigliandogli i capelli scuri “Su volpe, è ora di alzarsi e
poi io ho fame!” cercò di farlo ragionare.
Rukawa si mosse tra le
lenzuola socchiudendo le palpebre per fissare gli occhi blu in quelli caldi
del suo amante.
“In effetti...” mormorò
con voce arrochita dal sonno “...anch’io ho una certa fame...” sussurrò
inchiodando i polsi del suo compagno al materasso prima di far scivolare il
suo corpo sopra quello abbronzato dell’amante.
“Brutta volpaccia
hentai non è di questo genere di ‘fame’ che parlavo io!!” protestò il
rossino cercando di liberarsi dalla presa del vampiro che nel frattempo
aveva abbassato la bocca e aveva cominciato a far scivolare la lingua sul
suo collo.
“Non ti azzardare
sai!!!” lo rimproverò Hanamichi cercando di allontanarlo “TU hai già
mangiato ieri sera!!” borbottò la voce resa improvvisamente meno perentoria
dal calore che le labbra sapienti del vampiro stavano già spargendo per il
suo corpo.
Il volpino sbuffò
sollevando il viso per baciarlo dolcemente prima di cedere alle sue
rimostranze, sollevandosi per lasciarlo libero.
“Buon giorno!” li
salutò allegramente Mitsui quando i due li raggiunsero, in riva al lago.
Si erano separati la
sera prima, subito dopo la cattura dei ‘vampiri’ perchè Roan aveva preferito
che non venissero coinvolti ulteriormente nella faccenda.
“Anche se sarebbe più
corretto dire buon pomeriggio” li punzecchiò Myaghi divertito.
Rukawa non si prese la
briga di rispondergli ma nei suoi occhi scivolò la luce soddisfatta del
gatto che è riuscito a papparsi l’uccellino, cosa che non passò inosservata
ne ai due compagni di squadra, il cui ghigno si allargò ancora di più, ne al
rossino che arrossì leggermente portando quasi inconsciamente una mano al
collo.
Tuttavia Hanamichi si
limitò a borbottare qualcosa, troppo preso a guardarsi attorno per badare
agli scherzi.
“Dov’è Laila?” chiese
al cacciatore quando questi giunse al loro tavolino con un vassoio carico di
dolci e tramezzini che il rossino si era premurato di chiedere, prima di
raggiungere gli altri sulla veranda, per godersi il caldo sole del primo
pomeriggio.
L’uomo sorrise “Stasera
c’è la festa di Halloween...” spiegò “...e Laila è all’accademia per gli
ultimi ritocchi prima dell’inizio delle danze” disse.
“Fanno una festa?”
chiese curioso Myaghi rubando un dolcetto dal vassoio ricevendo un occhiata
inceneritrice da parte del rossino.
Il cacciatore annuì “La
fanno tutti gli anni, e tutti gli anni è una persona diversa ad
organizzarla.” spiegò.
“E’ una ricorrenza
molto importate e anche una specie di test per mettere alla prova le
capacità d’organizzazione degli allievi...” mormorò, prima di emettere un
piccolo sospiro “Laila si è impegnata anima e corpo per fare del suo
meglio!” sussurrò quasi a se stesso “Spero che vada tutto bene!” si augurò.
Hanamichi annuì
silenziosamente prima di lanciare uno sguardo al compagno.
Doveva ancora parlare
con lui.
Il pomeriggio passò
velocemente tra qualche bagno, qualche scherzo e i commenti allegri dei
ragazzi che si divertirono a punzecchiare Hanamichi, increduli di fronte
alla quantità di dolci e tramezzini che era riuscito a mangiare.
“Do’hao!” l’apostrofò
Rukawa, ad un certo punto, con tono leggermente incredulo, quando lo vide
portarsi alle labbra l’ennesimo dolcetto.
“Zitta, volpaccia, tu
sei l’ultimo che può parlare!” commentò secco il rossino allungando la
lingua per svuotare il piccolo cannolo dalla crema pasticcera prima di
mordere la pasta sfoglia.
Rukawa seguì con occhi
scintillanti tutta l’operazione, perdendosi nell’innocente sensualità di
quei gesti.
“Il tuo sangue diventa
troppo dolce quando mangi tutte quelle schifezze... mi farai venire il
diabete...” sussurrò, così assorto dal mangiarsi con lo sguardo il suo
compagno, da parlare senza nemmeno accorgersene.
Si rese conto del
significato delle sue parole solo quando si ritrovò quattro paia d’occhi
puntati contro.
“Bhe?” chiese con una
scrollata di spalle “Sono un vampiro no?” disse serafico.
“Non mi ci abituerò
mai!” commentò Ayako scuotendo il capo.
“Ma secondo te se, Hana
si ubriaca e Rukawa beve il suo sangue, si ubriaca anche Rukawa?” chiese
Myaghi voltandosi verso Kogure che, secondo lui, essendo il più colto tra
loro, doveva sapere la risposta.
Il ragazzo scosse il
capo “Non lo voglio sapere...” disse alzando entrambe le mani.
“Te lo immagini un
Rukawa ubriaco?” rincarrò la dose Mitsui fermandosi un momento a riflettere.
Quasi
contemporaneamente tutti e quattro i ragazzi corrugarono la fronte cercando
di visualizzare quell’ipotetica situazione e altrettanto contemporaneamente
i quattro furono scossi da un lungo brivido.
“Oh per carità...!!!”
mormorò Ayako.
“Kami ce ne salvi..!!”
sussurrò Kogure.
“Spero di non vedere
mai una cosa del genere!!!!” ansimò Ryota.
“Meglio la morte!!!!”
esagerò Mitsui.
“Cretini!!!” sbottò
Rukawa incrociando le braccia sul petto mentre Hanamichi ridacchiava
divertito.
Per muto accordo delle
tre coppie, dopo cena, i ragazzi si separarono a due a due per passare la
serata di Halloween, nonchè ultimo giorno di vacanza, con il proprio
compagno dato che per una ragione o per l’altra non erano riusciti a
ricavarsi che pochi momenti di solitudine, stare tutti insieme era piacevole
e divertente ma avevano anche bisogno di stare un po’ con il compagno.
Ayako e Ryota optarono
per un giro panoramico del paese mentre Mitsui e Kogure si avviarono verso
la lunga passeggiata che percorreva tutto il perimetro del lago.
Rukawa invece attese.
Durante tutta la cena
gli era stato fin troppo chiaro che Hanamichi voleva dirgli qualcosa.
O meglio... chiedergli.
Aveva notato che il
rossino gli lanciava frequenti occhiate ed era rimasto spesso pensieroso
come se stesse ponderando il modo migliore per comunicargli qualcosa.
Rimase tuttavia molto
sorpreso quando Hanamichi gli spiegò di che cosa si trattava.
“No!” disse incrociando
le braccia sul petto.
“Come no???” protestò
il rossino infervorandosi “Quella lì ci ha insultato!” gli fece notare.
“E poi pensa a Laila!”
disse cercando di convincerlo.
Ma Rukawa scosse il
capo “Non sono affari che ci riguardano e poi ti ricordo che la tua cara
Laila ci ha sparato quando ci ha visto la prima volta!” gli ricordò.
Hanamichi scosse il
capo con forza “Kaede quella Anya ha denigrato il sentimento che ci lega,
merita una punizione!” ringhiò piccato.
Rukawa sospirò
avvicinandosi al compagno per abbracciarlo.
“Hana...” mormorò
dolcemente “Non saranno certo le parole di una stupida ragazzina che
potranno sminuire ciò che mi lega a te...” gli sussurrò chinandosi a
sfiorargli le labbra con le sue.
Hanamichi sospirò piano
lasciandosi andare a quel bacio leggero, facendogli scivolare le braccia
attorno al collo.
Rimasero così legati, a
lungo prima che i due si separassero, per fissarsi negli occhi.
“Per favore Ru...”
mormorò il rossino, con voce leggermente instabile.
“E’ così importante?”
gli chiese Kaede passandogli dolcemente una mano tra i capelli rossi.
Il ragazzo annuì in
silenzio abbassando il capo.
“E’ che io... io so
cosa si prova...” sussurrò con dolore “... a vedersi denigrati, messi da
parte, costantemente, solo in virtù di un conto in banca...” disse piano e
Rukawa strinse la mascella ricordando ciò che aveva scoperto sulla famiglia
dell’amante.
C’era ancora.
Il dolore per il
rifiuto dei suoi nonni.
Per quello che avevano
fatto alla sua famiglia... era ancora lì.
E Rukawa non poteva
permetterlo.
Non voleva vedere
quella luce nei suoi occhi dorati, mai più.
Sarebbe stata una
violazione degli accordi, un vampiro, del suo rango poi, che si presentava
in un’accademia, territorio unicamente delle streghe, senza invito.
I capi clan avrebbero
potuto avere di che ridire su un simile comportamento...
Dentro di lui il basso
ringhiò dell’Edeak scivolò nelle sue vene risvegliandone il potere sopito e
Kaede sorrise.
Ancora una volta erano
perfettamente d’accordo.
“E va bene...”
sussurrò posando una mano sotto il mento del compagno, per costringerlo a
sollevare il volto.
“Da... davvero?” chiese
Hanamichi, gli occhi scintillanti di gioia.
Rukawa annuì,
posandogli un nuovo bacio sulle labbra prima di scostarsi da lui per
fissarlo, un lento sorriso sornione che gli andava distendo le labbra.
“Dimostreremo a quella
piccola strega CHI ha osato insultare...” disse mentre una luce ferina gli
accendeva gli occhi blu “... e glielo dimostreremo in grande stile!”
promise.
continua....
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