Premessa: Questa fic
nasce nell'ambientazione di Rush in Peace, ciò nonostante è pezzo
perfettamente leggibile a sé.
Per chi seguisse R.I.P., questa storia avviene precedentemente alle vicende
narrate in R.I.P.
Per chi non seguisse R.I.P..... sbattetevene delle collocazioni temporali, e
buona lettura. :)
Grazie, Bryn.
Grazie di scrivere come scrivi.
Grazie di farlo anche con me.
Grazie di essere quella scrittrice che riappare ogni tot mesi, e in una
giornata mi fa, ogni volta, scrivere una one-shot di cui essere fiera.
Wolves of B.L.O.
di Bryn &
Snatch
Codex.
Cinque lettere su un'insegna al neon, svettante, visibile da ogni punto della
colonia.
Codex.
Cinque lettere di un brillante verde acceso che sfuma nel freddo giallo
dell'olio per refrigeratori, e sotto una struttura a cubo che ospita tre
piani, il terzo trasparente di vetrate di plexiglas, verde bottiglia.
(Bottiglie di vetro, quelle che ormai passano solo tra le mani dell'Elite
cyborg(2).)
Dall'esterno si intravedono luci soffuse, palle gialle ordinate in fila sopra
il bancone.
All'interno: quebra (quella vera, distillata sui carghi pirata), tavoli da
gioco, e l'Elite del Ghetto, la créme della créme delle peggiori scorie umane,
quelli che regolamentano i traffici illegali tra le colonie: capitani di navi
pirata.
Ovviamente, non portano targhette identificative.
Ovviamente, si sanno riconoscere a naso come cani che puzzano della stessa
fetida via.
Ovviamente, quindi, non si fidano l'uno dell'altro, guardandosi attorno come
cani sospettosi.
Pochi abbassano la guardia, persino lì.
Specialmente lì.
Uno di quei pochi è un ragazzo con la pelle color caffelatte.
Seduto al bancone, si beve la sua quebra(3), già alticcio.
Di ottimo umore, chissà poi perché.
Sono poche le cose che mettono di umore così buono quella particolare razza di
feccia.
Ma gli altri non ci prestano troppa attenzione.
Se non c'è da guadagnare, l'attenzione non la vale.
Ovviamente, come per tutti cani e tutta la feccia, niente viene dato in cambio
di niente.
Figurarsi offrire.
“Posso? Barista, portagliene un'altra. E una a me.”
La voce alle spalle di Leroy è pacata, bassa, maschile, e monocorde. Come
quella di una persona che ha una situazione in mano da risolvere e deve tenere
sotto controllo tutte le variabili.
Il barista annuisce, il proprietario della voce si siede sullo sgabello di
fianco a Leroy. Le luci giallastre che il bancone stesso emana mostrano un
viso, espressione estremamente pacata, maschile, belloccio, moderatamente
invecchiato dalla carriera.
Perché è un pilota.
Non più di venticinque anni, pelle color cocco e labbra carnose distese in una
linea dritta, inespressiva.
Lunghi rasta raccolti dietro alla nuca.
Leroy il cane annusa istintivamente la situazione e non gli piace.
Ma è un istinto assopito largamente dalla quebra che gli scorre nel corpo.
Leroy l'uomo invece... quello soddisfatto, quello felice... squadra l'altro, e
si chiede semplicemente cosa mai diavolo vorrà.
Non è un suo creditore, li riconosce tutti quelli.
Prima che gli si siedano accanto.
Anche con la quebra nello stomaco ad illanguidirlo.
I due bicchieri in fibra di vetro vengono posati, colmi.
Dicono che la vera quebra, appena spinata, elargisca all'etere chimici vapori,
e si possa riconoscere da una patina di nebbiolina che vi galleggia al di
sopra.
La quebra appena spinata è esattamente così.
Dicono anche che la vera quebra causi allucinazioni.
Il nuovo arrivato fa un sorso con noncuranza - altro modo di riconoscere un
capitano di cargo: nello spazio profondo sopravvivi a quebra.
“Hai contrattato per un carico di cannoni a microonde. Lee, giusto? Sono qui
per contrattare.”
La voce di Mister Cocco rimane atona, dovutamente stabilizzata dal giusto
quantitativo di liquore.
“Leroy.”
Lo corregge automaticamente il ragazzo, vent'anni che sembrano di più, e beve
un sorso a sua volta.
Magari l'importuno è un'allucinazione e verrà sostituito da qualcos'altro se
ne beve abbastanza, riflette oziosamente.
Poi si ricorda di aggiungere il resto.
“Non contratto.”
“Non conosci ancora i pro e i contro.” risponde subito l'altro, pacato.
Fottutamente, angosciantemente pacato.
O forse è un'altra allucinazione della quebra. Quella che danno qui è proprio
buona...
“Il pro è il mio contratto.”
Guarda il fumo attorno a lui.
Aspira a fondo.
Aria inquinata da vapori di quebra, sigari e sigarette.
L'aria della sua vita.
Svuota il bicchiere.
L'allucinazione non vuole sparire, così mette in chiaro.
“Il contro è non averlo.”
Piccola pausa, guarda il fondo del bicchiere e giurerebbe che ci stiano
danzando un puttanello ed il suo good guy
preferito.
Guy.
Dovrebbe andare da lui a festeggiare.
Alza lo sguardo sul posto accanto a sé.
Sorpresa, non è vuoto.
Allucinazione persistente.
Magari, specificando ulteriormente...
“Voto pro. Mi tengo il contratto.”
E la guarda, per vedere se svanisce nei vapori del locale.
“Non verrei da te se non avessi bisogno di quei cannoni. Fatti due calcoli. Il
tuo acquirente non ti pagherà quanto il mio. Per te è solo spazio in stiva.”
L'allucinazione persiste, persistentemente immota.
Sembra un ologramma fermo che parla, ma minacciosamente consistente. Muscoli
da sbarco sotto la giacca aperta, sotto la consunta maglia aderente.
Muscoli immoti.
Al titanio.
… Che sia un cyborg?
“Ora puoi sparire.”
Lo dice all'illusione.
Lo dice al possibile umano.
Lo dice al papabile cyborg.
Per quanto ne sa lo dice all'aria.
Ma lo dice comunque.
Si sa mai...
“Ho bisogno di quei fottuti cannoni. Vorrei evitare di prendermeli
schiacciando la tua bagnarola nello spazio-porto. E porca troia guardami.”
Ecco, una nota aggressiva.
E consistenza, vera - o questa quebra è veramente leggendaria - tipo mano che
ti si stringe attorno al bicipite e ti scrolla.
E Leroy reagisce, voltando la testa verso di lui.
La mano libera che scivola nella fondina e tira fuori la pistola,
fulmineamente.
Forse vedrà danzare il suo good guy
con un puttanello sul fondo del bicchiere, ma ci sono istinti che neanche la
quebra assopisce.
Al massimo, rallenta.
...
... Come cazzo ha fatto Mister Cocco a prendergli il polso
mentre estraeva la pistola?
Sono lì in stasi, pistola in mano di Leroy, mano di Peace sul polso di Leroy.
“Ehy, Peace! Sta calmo...” arriva da un tavolo.
Peace...?
Peacemaker...?
Quel Peacemaker-il-capitano-di-cargo-pirata-che-è-un-fottuto-cyborg?
“Allucinazioni del cazzo.”
Borbotta Leroy e stringe appena il dito sul grilletto.
Un colpo allo stomaco?
Improbabile.
“Il contratto è mio.”
Chiarisce, per l'ennesima volta.
“Molla questa cazzo di pistola.” risponde il cyborg. Peacemaker? Che nome del
cazzo.
La verità: se la sta facendo addosso.
Puoi essere anche la più suprema AI(4) di questo fottuto mondo, ma con una
canna rivolta verso il tuo nucleo vitale c'è poco da fare: o crepi o ringhi.
E Peacemaker sta ringhiando.
Sarà poi vero che i cyborg sono più veloci di un proiettile?
Quel che Leroy sa è che metà della fauna del locale si è voltata e li sta
guardando.
Divertente lo spettacolino, stronzi...?
“Molla il mio polso.”
Leroy ora lo sente.
Sente i cani stringersi in cerchio attorno a loro due.
Un cerchio di sguardi, ma sempre cerchio è.
Vincitore o vittima.
La vittima viene mangiata.
Divorata.
Resta giusto qualche osso e quello viene venduto al mercato nero.
“Giù pistola e polso e fuori di qui. Niente stronzate al Codex.”
E' un fucile a parlare. No, un attimo, non un fucile. E'
il barista che impugna il fucile. E
quello è reale, Leroy lo sa, gli ha servito dell'ottima quebra.
Peacemaker guarda negli occhi Leroy. Cenno d'intesa, e contemporaneamente
controllo di tutti i movimenti dell'altrui corpo. Pronto a qualsiasi scatto.
Io comincio a mollare, tu cominci a
mollare...
Il dito sul grilletto si allenta.
Un fucile a parlare è sempre un fucile.
Leroy non è un cyborg.
Non è così veloce da schivare il colpo di un fucile e sparare al barista prima
che gli spari di nuovo.
E poi non spari ad uno che ti versa la migliore quebra della tua vita.
Il dito sul grilletto è ormai completamente allentato.
I muscoli accennano a rilassarsi.
Cedi tu ora io non cedo più di così.
Un passettino alla volta mentre la folla, fingendo di non essere interessata,
è pronta a giudicare il primo cedimento mal calcolato.
(E Miss Morte a giudicare chi inglobare per primo.)
Un passettino alla volta, finché la mano non è più una tenaglia attorno al
polso, e l'indice una minaccia che stuzzica il grilletto.
“Muovetevi.” sottolinea, scocciato, il barista, e alla fine la pistola,
gentilmente accompagnata dalla mano di
Leroy che è gentilmente accompagnata
da quella di Peace, tocca il bancone.
“Dammi una stanza, Gus. Niente casini nel tuo locale.” pronuncia il cyborg, e
non ha scollato i tizzoni neri che ha nelle orbite da Leroy per un solo
secondo.
Leroy continua a fissarlo.
Questo non è un cane. E' un fottuto lupo.
Pensiero random che per analogia lo riporta agli sguardi che sente puntati
addosso.
Non fa una mossa.
Resta immobile.
Occhi negli occhi.
Il primo che li abbassa è quello che si
sottomette.
La sua stessa voce, e quella volta davanti a lui c'era il suo
good guy, incapace di guardarlo per
più di tre secondi.
“Altre stronzate e paghi tu, Peace. Niente stronzate nel mio locale.” ripete
Gus. Ripeterlo ha un che di confortante, soprattutto quando ti danno più o
meno docilmente retta.
“Niente stronzate nel tuo locale.” ripete Peacemaker, e strattona il polso che
non ha più presa sulla pistola.
... Che gira su sé stessa sul bancone bagnato, diventa focus dello sguardo
della trepidante fauna e si ferma, mentre ancora Peacemaker e Leroy si stanno
guardando.
“E adesso via, attirate curiosi.” decreta, di nuovo tronfio nel proprio ruolo
di barista-padrone, Gus, e allunga il chip magnetico.
Due secondi, uno scatto per localizzarlo, ed è nella mano di Peace.
“Andiamo via.” conferma Peace, e la fauna si quieta sbuffando delusa.
La stanza è piccola, sporca ma non importa.
Leroy cammina bene, per uno che si è bevuto due bicchieri di quebra almeno.
Leroy cammina come deve camminare, perchè se mostri debolezza ad un lupo tant'è
vera la Morte sei finito.
Perchè la Morte te la dà il lupo, appena può.
Leroy è quello che entra, la mano di nuovo sulla pistola.
La pistola di nuovo nella fondina.
La fondina al suo fianco.
Lì si sono posati gli occhi di Peace fino ad ora.
Non ci puoi fare niente, deformazione professionale.
(E quando alla deformazione professionale devi fare un altarino per averti
portato fin qui vivo, beh, la segui ciecamente.)
“Togliti quel cazzo di ferro.” decreta. Nessuna voglia di discutere. Ma lo
dovrà fare comunque, discutere finché il capitano di cargo intontito dalla
quebra non si deciderà a cedergli quel fottuto carico.
“Fanculo.”
“La mamma non ti ha detto che non si dicono le parolacce a un cyborg? Posa
quel cazzo di ferro e discutiamo. O così o così.”
“Non discuto niente”
Leroy si appoggia schiena al muro.
Palmi contro la parete, dita allargate.
Gambe leggermente inclinate.
Un cazzo di manifesto allo stupro, con la giacca di pelle nera che struscia
sulla pelle caffelatte.
Pelle su pelle.
Leroy ama la sensazione.
Leroy ama tante cose.
Al momento ama la sensazione del muro ruvido contro i palmi.
Lo tiene più lucido.
Pronto.
Cane mangia lupo, avvicinati e sei morto.
Dicono i suoi occhi ed evocano il cerchio di sguardi.
Il cerchio di cani.
Una porta non ferma gli sciacalli.
Muori e sei mercato nero.
Ed al tempo stesso è quasi un invito.
Avvicinati e muori... dammi una reputazione.
E prima che possa preventivare la reazione del lupacchiotto di titanio, la
testa gli sbatte sul muro.
Non sa se i cyborg siano più veloci di un proiettile, ma di sicuro lo sono di
uno sguardo annebbiato dalla quebra.
Peacemaker - che cazzo di nome, poi, che
cazzo di nome, continua a ripetersi - gli è addosso.
Peacemaker gli sta mettendo le mani addosso, dopo averlo definitivamente
schiantato contro la parete.
Peacemaker estrae la pistola dalla fondina e la butta in un angolo, e
retrocede di un passo.
... Abbastanza da riprendere il giochetto
chissà-chi-abbassa-lo-sguardo-per-primo mentre costringe l'altro contro
il muro, taglio della mano sotto il mento.
Sembra quasi che non voglia fare del male. Che voglia
solo stabilire i ranghi. Oh quale
accortezza.
La mente di Leroy è il girone infernale del turpiloquio.
La mente di Leroy si è presa una vacanza.
Il corpo di Leroy reagisce.
La bocca si apre.
Si chiude.
Si tende in un sogghigno.
“Scopami.”
“Cosa cazzo...?”
Ci sono momenti in cui, chiunque tu sia, la realtà assume una nota
tragicomica.
Scopami?
Un altro colpo, di nuovo la testa di Leroy sbatte contro la parete. Così, per
definire i ranghi. Ranghi, porca troia, non
posizioni a letto.
Leroy stringe i denti.
“Vuoi il contratto?”
Domanda retorica, ma aspetta una risposta.
Leroy lo sa.
La sua mente si è presa i giorni di vacanza che le spettavano.
Giù con la quebra, nel suo stomaco per non dire altrove.
Ma quando non ci sono vie d'uscita la cosa migliore è uscirne nel modo più
piacevole.
Scopando.
“Stai continuando a dire stronzate...”
Non che Peace non abbia capito.
E' che è assurdo.
(Neanche più di tanto, in realtà; nel BLO si trovano cose al cui confronto
questa scena è uno stacchetto per famiglie, censurato.)
Mister caffelatte da pornorivista - Peace sarà anche un cyborg, ma nessun
chirurgo ha mai toccato il suo apparato riproduttore - che uggiola una
richiesta di sesso promettendo il contratto.
Peace riderebbe.
Si limita ad assottigliare gli occhi e a bloccarli appena in tempo dal
valutare la proposta valutando con più attenzione le fattezze di quel petto
glabro.
“Scopami e te lo dò.”
Leroy lo guarda negli occhi.
Cane contro lupo ed in momenti così la
dignità non è mai esistita.
Si appoggia una mano sul petto.
Allarga le dita sulla pelle.
Se la fa scivolare verso il basso.
Occhi negli occhi.
Vuoi guardare dove va a finire?
Domanda retorica non esige risposta che non sia quella scontata.
Anche perché, se Peace ci riflettesse, sarebbe tutto ottimale. Scopi il
belloccio in calore (già, la quebra è leggendaria perché su ognuno dà effetti
diversi) e hai il contratto. Perfetto.
Ma Peace non sta riflettendo. Peace guarda la mano scivolare languida e ricade
in quel tipico processo psicologico umano chiamato 'immedesimazione'. Peace
é quella mano, che lentamente sfiora
il bordo della cintura accennando l'intento di slacciarla.
Peace non sa essere paziente come quella mano, ne esce e la strattona via.
Peace è un territoriale.
Peace comincia a segnare la propria area di competenza slacciando i pantaloni
di Leroy.
E Leroy lo lascia fare, immedesimandosi in lui.
Lui è Peace e quello che Peace sta
facendo a lui, Leroy lo sta facendo a Guy.
Good Guy.
Caldo e disponibile anche senza quebra.
Socchiude gli occhi e riesce per qualche secondo a vedere se stesso.
Salutiamo la nuova allucinazione.
Dovrà comprarsi una bottiglia di quella quebra.
Dovrà proprio.
Ora deve solo godere.
L'ormone conquista la razionalità e prende possesso del cervello.
Ciao ciao Leroy.
I pantaloni vengono aperti, zip abbassata e lì lasciata mentre la giacca viene
aperta del tutto con uno strattone e via.
Pelle sudata contro pelle sudata - per la quebra sul corpo di Leroy, per 'il
momento' su quello di Peace - comincia la frenetica mappatura del corpo
altrui.
Peace, che tanto ama stabilire i ranghi, e che da bravo capitano di cargo in
vetta alle classifiche di notorietà non scopa da tre settimane, lo volta.
Pantaloni appena sotto la vita, natiche semi-scoperte, Leroy si trova faccia
al muro ansimante.
Ma Leroy è Peace, e quello contro il muro è Guy. Guy ansimante, voglioso,
arreso alla quebra, e con un'erezione che sbatte dura contro la parete.
E' Guy che sente il muro sbattergli contro la pelle sensibile e stringe le
labbra.
Le stringe e sa che gli resterà la texture del muro.
Fottuto muro del cazzo.
La frizione lo ammazzerà, mandandolo in orbita quanto prima.
Specie mentre Leroy lo scopa.
Specie se è Leroy che lo scopa.
E chissenefrega se è scopare se stessi.
Miracolo della quebra.
Vittoria alla libertà di pascolo dell'ormone.
Leroy si compiace.
Si compiace di quanto il proprio nuovo corpo sappia con dovizia appropriarsi
di quello di Guy - facendo scendere fino a terra i pantaloni, slacciando i
propri, cercando una tana stretta in cui godersi un po' di frenesia tra le
natiche.
Si compiace della totale e inebriante sensazione di
entrare in Guy mentre entra in sé
stesso e mentre sente esattamente con quale docilità Guy - o se stesso che
sia, ormai è un'unica onda che attende di sfracellarsi contro gli scogli - lo
accolga aperto, e stringa quel tanto che basta per farlo godere.
Il palmo strofina sul muro e gli occhi socchiusi vedono scintille che
potrebbero esistere.
Sente la tensione tra i corpi.
Sta fottendo il suo good guy.
Sta venendo fottuto.
L'elettricità lo fotte, gli frigge il cervello.
I neuroni sopravvissuti alla quebra si
friggono. Leroy esisti ancora?
Domanda del cazzo.
Risposta non pervenuta.
Aspettare il ripristino di una personalità.
Conto alla rovescia.
Tre - Leroy sente quanto Leroy sappia essere profondo, profondamente profondo,
così profondo da assomigliare fottutamente a un trampolino di piacere da cui
spiccare il balzo.
Due - Leroy è un tutt'uno con sé stesso, condizione sottovalutata, e si fotte
con indicibile violenza mentre con indicibile sfacciata grazia si fa fottere;
e da qualche parte, lontano sperduto nell'universo, Guy geme come mai ha
saputo gemere con tanta sincerità il proprio arrendevole piacere.
Uno - Leroy è un culmine che s'incunea in sé stesso, è carne che aumenta il
ritmo perché senta, sa, che sta, ora, adesso...
Zero.
... Deflagrare dentro sé stessi e contro la parete, occhi sbarrati che ormai
vedono solo scintille.
E la quebra in qualche modo evapora nella deflagrazione.
I suoi vapori espugnano il cervello.
Inquisizione degli ormoni e loro fuga immediata contro il muro.
Black out totale.
Leroy è puro respiro.
E' di nuovo Leroy, è di nuovo nella stanza, è di nuovo contro il muro.
Ha ancora la sua fottuta giacca di pelle addosso.
Shut down eseguito con successo.
Ora riavvia il cervello.
C'è un pesante ansimare schiacciato sul suo orecchio.
C'è odore di sperma, e un corpo che gli pesa addosso.
(Un corpo ormai vuoto di quel che poteva dargli.)
C'e Peace, mani puntate alla parete mentre riprende fiato a occhi chiusi, che
si lecca il sudore sopra al labbro e si gode l'inebriante sensazione di palle
e cervello vuoti.
Leroy respira.
Il suo cervello che preme invano il tasto reset.
L'azione si riflette sulle sue dita, che battono appena contro la parete.
Poi resta fermo.
Fronte contro il muro.
Sarà tutto una texture, poi.
Ed aspetta che il lupo si scrolli di dosso e pretenda la definitiva
sottimissione.
Vedrai se non lo fa.
Dopotutto, è un lupo.
Due secondi, quattro, sei.
Leroy batte il ritmo sulla parete, per inerzia e per non sentire il silenzio.
Otto, dieci, dodici.
E Il Corpo, Peacemaker, si stacca. E lo stacca. Lo volta, facendolo
incespicare nei pantaloni che ormai sono manette per le sue caviglie, faccia a
faccia a cercare ancora la sfida di sguardi.
Ancora, dopo averlo voltato faccia al
muro ed esserselo scopato gemente.
Tenace, il tipo.
“Ok per l'accordo.” gli dice nell'orecchio il cyborg, un attimo prima di
infossare la testa nell'incavo del collo e andare con le dita a rianimare le
due erezioni.
Tenace, il tipo.
Leroy inclina la testa di lato, poi fa scivolare le dita sulle braccia di
cioccolato.
“Via i miei pantaloni...”
Mormora, e non è una richiesta.
Una constatazione.
Chiara e semplice.
Senza mi puoi fottere meglio.
I due corpi si distanziano.
Gli occhi, no.
Il lupo ha puntato la cena, e vige sempre la buona regola:
Ogni buona cosa va fatta con calma.
Calma: dall'una alle quattro ore.
Leroy si abbassa a levarsi i pantaloni.
Occhi negli occhi, la testa verso l'alto.
Magari gli dà fastidio così ma se il cane abbassa lo sguardo è bello che
andato.
Si leva i pantaloni.
Si tira su, tenendoli per uno dei tanti buchi nella stoffa.
Occhi negli occhi
Non lo vinci questo gioco lupo.
E gli si avvicina.
Sguardo nello sguardo.
Fino a che gli afferra i capelli e gli attira la testa contro il proprio
collo.
Come a dire: collo scoperto, a tua
disposizione e fiducia. Una tacita affermazione che, per il nostro
capitano di cargo pirata al titanio, in allerta e vigile ventiquattro ore su
ventiquattro, ha l'attrattività di un momento di vita in cui fermarsi e
prendere fiato.
Ed in quel momento qualcosa scatta.
Non una scintilla.
Non gli ormoni, anche se vorrebbero riprendere possesso del cervello di Leroy.
Non qualche istinto da cane.
No.
I cani non hanno certi istinti.
Quello a fottere il prossimo, in senso lato, è puramente umano.
Così come il ginocchio che si pianta nelle palle del capitano in fibra di
titanio.
Sperando che di titanio non siano anche quelle.
Ma, cyborg pragmatismo, a nessun fottuto caporale importa di che pasta siano
fatti i tuoi testicoli. Possano marcire, purché tu rimanga lo stesso
efficiente soldato - ex-soldato Peacemaker, in diserzione per divenire un
pilota che, ora, cade di ginocchia, mani tra le gambe, lanciando
un'imprecazione strozzata.
Non ha fiato in gola, e il dolore è un'ondata che ti schianta a terra.
E Leroy si sposta indietro, lasciandolo schiantare.
Prende la porta e se la sbatte indietro, infilandosi in un'altra stanza giusto
il tempo di rimettersi i pantaloni.
Personalità presente. Figlio di troia.
Bastardo. Stronzo. Leroy a rapporto.
Poi si guarda attorno.
In corridoio non ci torna.
Dove cazzo è?
Terzo-quarto piano?
Pensa. No. Non pensare. Agisci. Ma pensa a
come agire. Così poi agisci e basta.
E mentre i suoi neuroni girano in circolo come un trenino del cazzo in una
festa di capodanno dopo troppa quebra il corpo di Leroy va alla finestra e la
apre.
Guarda di sotto.
No way che salti.
Non è suicida.
Non troppo.
Spera.
Poi lo vede.
Il suo salvatore.
La sua via d'uscita.
Dio. Elvis. I Rolling Stones. Maria. Il culo
di Guy.
Il riassunto dei santi della vita di Leroy.
Il cavo di tensione che corre dal palazzo a terra.
Si leva la giacca.
Freddo da polmonite, ma meglio la polmonite
che del titanio incazzoso.
Sale sul bordo della finestra
Guy. Dio. Elvis. Maria. I Rolling Stones.
Qualche entità lo proteggerà, si spera.
Passa la giacca attorno al cavo.
Si afferra per bene e si butta.
Chiudi gli occhi.
Vento gelido contro la pelle.
Pochi secondi, poi il terreno che ti colpisce le ginocchia e ti mozza il
fiato.
Porca troia...
Gli ormoni tremano e dopo ci si dovrà accertare che tutto sia a posto.
Il culo di Guy.
Ci farà una foto e la metterà in un ciondolo, a mò di santino.
Meglio di un santino.
E gli sbatte la testa meglio dei Rolling Stones.
Più bello di Maria.
Ed Elvis suona di sottofondo mentre Leroy se lo scopa.
Si rialza, barcollante.
La giacca è rovinata.
Bollente.
Se la mette addosso e corre via.
E' vivo, meglio restarlo.
Peace è un cyborg che si sta rialzando e guarda la pistola nell'angolo.
E la prende.
Peace è un cyborg che, ancora piegato dal dolore, se la stringe in mano.
Così, per consolazione del beato metallo freddo. Polpastrelli sul calcio e
indice sul grilletto.
Così, per scalare almeno di una dose l'adrenalina e l'incazzatura - Peace è
Peace, e pacifico è, e Peace non s'incazza
mai... quasi mai.
Perché lo stronzo umano è andato.
Per ora.
Ma un cazzo di cargo pirata, e per la precisione quello di Mister Caffelatte
Leroy, non schioderà il culo dallo spazio-porto prima che Peace sia lì ad
attenderlo per riconsegnarli la pistola - un
proiettile per volta.
Il giorno dopo.
Una cosa di Peace in cui si può confidare, e lo sa il suo equipaggio in bene e
in male, è la tenacia.
Peace, una volta centrato il focus con il mirino, ha l'elasticità di un
carrarmato di terra lanciato a centocinquanta all'ora.
Ci sarà una curva?
Andrà dritto.
Peace attende da dodici ore.
Peace saprà attendere fino a ventiquattro, se necessario, e altre ventiquattro
dopo saranno utilizzate per educare
Mister Leroy Caffelatte alla buona conoscenza della deontologia professionale.
Tipo: non fotti me se poi io posso fottere te
definitivamente.
E Peace può attendere quanto gli pare, finchè un ragazzo alto, dagli occhi blu
cupo, non gli si para davanti, guardandolo attentamente.
Scrutandolo.
Ispezionandolo.
Valutandolo.
Chiedendo:
“Sei dell'equipaggio?”
“No. Il capitano non è ancora arrivato.”
“Sono io, il capitano”
“Il capitano è un certo Leroy.”
“Non più.”
Umani VS Cyborg.
Uno a Zero.
+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+
(1) BLO :
Basso Livello Orbitale. La zona meno
ricca, il ghetto.
(2) Cyborg : Presente soprattutto
nell'immaginario fantascientifico, il termine
cyborg o uomo bionico indica un
essere di forma umanoide costituito da un insieme di organi artificiali e
organi biologici. Nasce dalla contrazione dell'inglese
cybernetic organism, organismo
cibernetico.
Da distinguersi dal termine Androide
(anche detto Droide).
L'androide è un essere artificiale, un robot,
con sembianze umane (il termine deriva
dal greco anèr, andròs, “uomo”, e quindi può essere tradotto “a forma d'uomo”)
presente soprattutto nell'immaginario fantascientifico. In taluni casi l'androide
può risultare indistinguibile dall'essere umano. Differisce dal cyborg, il
quale è costituito da parti biologiche oltre che artificiali.
(3) Quebra : La quebra, di concetto
simile al grog, è una bevanda alcolica ottenuta per macerazione di altre
sostanze alcoliche (distillati perlopiù), sostanze stupefacenti e cardamomo.
L'unica certezza della quebra è che ha un retrogusto di cardamomo.
La tipologia, la quantità e la stessa presenza di distillati e sostanze
stupefacenti è un segreto che solo le stive delle navi pirata conoscono.
(4) A.I. :
Artificial Intelligence, qui mantenuto
nella forma inglese e non in quella italiana (I.A. : Intelligenza Artificiale)
per il doppio senso con il termine Ai (amore)
giapponese.
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