With a little help from my friends

Parte III

di Francine

 

- Merda!-

La palla aveva roteato sul cerchio rosso del canestro, uscendo all’esterno della curva e cadendo a terra.

Kaede si asciugò il sudore che gli imperlava la fronte e raccolse da terra il pallone.

" Ma per quale stramaledettissimo motivo non riesco a centrare il canestro?" si chiedeva innervosito fissando il cerchio di ferro illuminato dai raggi del sole morente.

Si rimise in posizione, scattò verso l’anello palleggiando con la mano sinistra, e in terzo tempo saltò a canestro, riversando nel proprio braccio tutto il livore che provava in quel momento.

La palla entrò con forza ed eleganza, rimbalzando sull’asfalto del campetto di fronte la darsena.

" Con le buone maniere si ottiene tutto…" commentò Rukawa fissando la palla con aria di sfida.

La sirena di una nave che si allontanava in mare aperto lo costrinse a voltare lo sguardo verso il mare: fu in quel momento che si accorse che le prime ombre della sera erano già scese da un pezzo.

" E’ ora di tornare…" si disse raccattando le proprie cose e saltando in sella alla bici.

Aprì la porta di casa e gettò le chiavi sull’étagère in stile neoclassico nel corridoio.

Il gatto, Hanamichi, trotterellò verso il padrone, la coda ben tesa verso l’alto, ronfando a miagolando in segno di saluto.

Il ragazzo sentì la bestiola strusciarglisi contro l’orlo dei pantaloni della divisa e gli lanciò uno sguardo, specchiandosi nei suoi verdi occhi.

- Almeno tu non sei così idiota come una nostra conoscenza, vero?- disse al gatto prendendolo in braccio ed avvicinando i suoi occhi al muso dell’animale.

- Kaede? Sei tu?-

La voce di sua madre lo condusse in salotto: una bella donna dalla carnagione d’avorio l’attendeva in piedi, di fianco ad un pianoforte verticale.

- Buonasera, mamma…- rispose il ragazzo posando a terra il gatto ed avvicinandosi alla donna.

- Bentornato, tesoro…- sorrise la donna, avvicinandosi al figlio e ravvivandogli i capelli spettinati- La cena sarà pronta tra poco, vatti a cambiare…-

- E papà?- chiese guardandosi in torno.

- Sta lavorando nel suo studio, è molto impegnato con una causa difficile: vedi di non disturbarlo con la musica a tutto volume o con i rimbalzi del pallone, intesi?- l’ammonì la donna con l’indice destro ben teso.

- Sì, mamma…- rispose Rukawa prima di uscire dalla stanza per entrare nella propria camera da letto.

Si lasciò crollare sull’ampio letto all’occidentale, le gambe ciondolanti verso l’esterno: al contatto del suo viso con le lenzuola, sentì un altro odore pervadergli le narici.

"Hanamichi…" pensò il ragazzo stringendo i pugni.

Solo la sera prima, su quello stesso letto, lui ed il suo ragazzo si erano addormentati stremati e felici, l’uno nelle braccia dell’altro, sussurrandosi a vicenda parole d’amore.

"E adesso, invece, mi dice che gli rode che Mito gli freghi la Akagi…" pensò tristemente Kaede alzandosi e mettendosi a sedere sul bordo del letto.

Abbassò la testa, stanco e deluso dagli avvenimenti della giornata.

Dopo lo sfogo di Hanamichi, si era diretto in classe, sprofondando sul proprio banco e chiudendosi in un ermetico mutismo.

Dalla rabbia aveva persino saltato gli allenamenti del club di basket, per andare a tirare nel campetto asfaltato che frequentava la domenica mattina.

" Ho passato il pomeriggio a infilare canestri fino ad avere le braccia indolenzite, ma non sono riuscito a sfogarmi…." pensava entrando in bagno e bagnandosi il viso con dell’acqua fresca.

Rimase a fissare la propria immagine riflessa nello specchio.

" Cos’ha lei, più di me?" si chiese specchiandosi nei suoi stessi occhi.

- Kaede? E’ pronto in tavola…-

Si asciugò con una salvietta di lino e si diresse verso la sala da pranzo.

Hanamichi si era steso sul banco, le braccia conserte a mo’ di cuscino, quando un pigolare femminile lo risvegliò dal suo letargo.

- Sakuragi?- lo chiamò una dolce fanciulla dai lunghi capelli castani.

Hanamichi drizzò la schiena e vide, oltre le teste delle ragazze, la sagoma ben nota del suo amico Yohei: si alzò in piedi, superò le tre ragazze, e raggiunse quello che considerava il suo ex migliore amico.

- Che ci fai tu qui?- gli chiese a muso duro, quasi ringhiandogli contro.

Mito, con un espressione tranquilla, ribatté semplicemente:- Questa è anche la MIA aula, Hanamichi...-

- NON PERMETTERTRI DI CHIAMARMI PER NOME!!!!- tuonò il ragazzo dai capelli rossi prendendo l’altro per il bavero della camicia.

- Sakuragi?…-

La voce delicata della ragazza dai capelli castani rimandò di poco la scazzottata tra i due ragazzi: Hanamichi si voltò verso le tre con aria perplessa.

- Che posso fare per voi?- chiese loro in modo spiccio, lasciando la presa su Mito.

- Tieni…- dissero quasi all’unisono mettendogli tra le mani dei fogli di carta bianchi.

Hanamichi guardò tra le mani: erano lettere d’amore.

Si sentì avvampare ed arrossire fino alla punta dei capelli: che fosse giunto il tanto sospirato momento di celebrità anche per " mister cinquanta rifiuti"?

- Mi dispiace, ragazze, ma sono già impegnato…- rispose loro con un sorriso compiaciuto.

Le tre ragazze lo squadrarono perplesse, indicandogli di girare quelle buste.

Con sua somma sorpresa, Hanamichi scoprì che il nome del destinatario non solo non coincideva con il suo, ma era anche un nome a lui ben noto.

" Kaede Rukawa" risultava vergato su tutte e tre le buste che le ragazze gli avevano consegnato.

- Sappiamo che sei un suo compagno di squadra, saresti così gentile da consegnargliele per noi?-

Hanamichi sentì il cuore mancargli un battito e la rabbia montare pericolosamente fino ad esplodere senza potervi porre rimedio.

Lentamente, prese le buste e le stracciò con forza, riducendole in tanti pezzettini.

- Brutto stronzo!!!!- gli gridarono contro le tre ragazze, prendendolo a calci e graffiandogli il viso, nel tentativo di recuperare le preziose missive amorose.

L’ala grande dello Shohoku si ritrovò il viso segnato dalle unghie di quelle tre ragazze, che uscirono dall’aula lanciandogli contro insulti che avrebbero fatto impallidire uno yakuza navigato.

- Tutto bene?- gli chiese Yohei tendendogli una mano per aiutarlo a rialzarsi.

Hanamichi l’allontanò con uno schiaffo.

- Faccio da solo…- rispose alzandosi e dirigendosi verso il corridoio- E stammi alla larga, tu!- aggiunse senza fissare in faccia Mito.

- Ah, ragazze, non sapete come io sia emozionata!-

Haruko era seduta al proprio banco, attorniata dalle inseparabili amiche, in procinto di consumare il pranzo che si era portata da casa. Fuji e Matsui avevano avvicinato le sedie al banco della loro amica e si stavano apprestando a sentire le solite sviolinate sul conto del tanto osannato Rukawa.

"Ecco che ricomincia…- pensò Matsui trattenendo uno sbuffo- però come darle torto? Rukawa è bravo, oltre che molto carino…."

- Sapete, non sono riuscita a chiudere occhio, stanotte…- confidò Haruko arrossendo un poco.

- Dai, non venirci a dire non c’entra Rukawa…- disse maliziosamente Matsui, dandole un colpo di gomito sulla spalla.

- Ma che dici?- rispose l’altra rossa come un peperone.

- Non fare la santarellina!- proseguì l’amica – e guarda un po’ chi sta arrivando….-

Haruko si volse verso il corridoio giusto in tempo per vedere Rukawa passare davanti la sua aula.

_ Parli del macellaio e spunta il cotechino…- sentenziò Matsui con un sorrisetto malizioso dipinto sul viso.

- Ma il proverbio non recita " parli del diavolo e punta la coda"?- la corresse la timida Fuji, che per poco non venne sbranata dall’amica.

L’ala piccola della squadra avanzava per inerzia, dirigendosi verso la terrazza dell’edificio, quando notò qualcosa irrompere marginalmente nel suo campo visivo.

- Cucù, ciao…-

Haruko Akagi, la sua rivale in amore, gli si era letteralmente buttata ai piedi in un maldestro tentativo di abbordaggio.

" E’ pazzesco… Hanamichi che prova qualcosa per questa stronza… che però è stracotta di me…" pensò Rukawa guardando perplesso la ragazza infilare una dietro l’altra tutta una serie di parole dette a caso.

- Ieri sei stato immenso… hai giocato veramente bene…- gli disse la ragazza arrossendo vistosamente e balbettando, tentando di mantenere la calma.

Kaede stava per rimettersi in marcia quando vide la sorella del Gorilla venir scalzata da una furia dai capelli violacei.

- E spostati, brutta scema!- apostrofò l’Akagi piazzandosi proprio sotto il naso di Rukawa.

La nuova arrivata sorrise e protese verso il ragazzo un microfono.

- Ciao, io sono Mari Kawaii, e faccio parte della televisione interna della scuola. Vorremmo creare un’intervista per far conoscere anche agli altri studenti i componenti della squadra di basket, e vorrei iniziare proprio da Kaede Rukawa…- disse tutto d’un fiato, spiazzando Kaede che aveva smesso di ascoltarla dopo la quarta parola.

- Puoi andare!- le disse un ragazzo dai capelli castani dandole il via con un cenno della mano.

- Buongiorno a tutti! Qui è la vostra Mari che oggi vi presenterà uno degli eroi che hanno portato la squadra di basket della nostra scuola a disputare le fasi eliminatorie del campionato interscolastico… Kaede Rukawa!… Hei, ma dove vai?-

Rukawa, voltatosi per un istante verso la telecamera, aveva ripreso a camminare senza curarsi di tutti quei seccatori che gli stavano facendo sprecare la pausa pranzo.

- Che cosa puoi dirci della squadra e dei vostri obbiettivi?-

Mari aveva ripreso ad intervistarlo, porgendogli il microfono nella pia illusione che rispondesse alle sue domande.

Rukawa le lanciò uno sguardo gelido da sotto le lunghe ciglia nere.

- Ma va a cagare!- le disse per poi riprendere a camminare placidamente verso la sua destinazione, incurante degli insulti lanciatigli dalla ragazza e dai suoi aiutanti.

Giunto sul tetto, Kaede notò che il cielo si era annuvolato improvvisamente mentre ripetuti bubbolii riempivano il cielo plumbeo. La pioggia iniziò a scendere a scroscio sulla città, donando un po’ di refrigerio dalla calura estiva: il ticchettio della pioggia sulla tettoia di plastica era un richiamo troppo invitante per potervi resistere, così Kaede uscì all’aperto e lasciò che la pioggia baciasse il suo viso.

- Che bello….- disse il ragazzo assaporando le gocce nella bocca.

Rimase sotto lo scroscio d’acqua per un paio di minuti, come a volersi ricaricare, come se quelle gocce avessero avuto il potere di cancellare la sua tristezza e di ripulire il suo cuore.

- ANDATE TUTTI A CAGAREEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!- urlò con quanto fiato aveva in gola, mentre la sua voce si andava perdendo nel ticchettio dell’acqua.

Terminate le lezioni, la palestra era invasa dai curiosi, che dopo aver saputo dell’accesso della squadra al campionato interscolastico, volevano vedere con i propri occhi il club di basket all’opera.

- Stramaledettissimi idioti!- imprecava Rukawa facendo gli esercizi di riscaldamento in un angolo della palestra al riparo da sguardi indiscreti.

Prese la palla sotto braccio ed iniziò ad allenarsi senza aspettare gli altri e senza curarsi della presenza dei numerosi spettatori.

" Se non mi spiccio, qui facciamo notte…." pensava il ragazzo infilando una poderosa schiacciata nel canestro.

Come al solito, la sua azione fu accompagnata dai gridolini isterici delle scalmanate ragazze del suo fanclub, ma Rukawa non se ne curò, intento a cercare il volto del suo Hanamichi.

Il compagno era a bordo campo, fremente di rabbia, i pugni serrati.

- Maledetto bastardo, vuoi metterti in mostra, eh?- sbraitò Hanamichi imitando le mosse del compagno, finendo per schiacciare sul ferro del cerchio ed essere colpito dal suo stesso tiro.

Rukawa scosse la testa.

Forse aveva veramente perso Hanamichi.

Il fatto che non l’avesse cercato durante la pausa pranzo e che non si fosse recato in terrazza poteva significare solo una cosa: aveva scelto di lottare per l’amore della Akagi.

" Bene, Hanamichi…. Ma vedrai che saprò farti cambiare idea… saprò riconquistarti e tenerti stretto a me…." pensava il ragazzo dai capelli d’ebano avvicinandosi al capitano che aveva chiamato la squadra a rapporto.

Tra battibecchi e la presenza della delegazione della tv della scuola, l’allenamento ebbe finalmente inizio.

Rukawa si ritrovò in squadra contro Mitsui e Kogure, nel semicerchio dei tiri liberi guardato a vista dalla guardia della squadra.

Akagi, che faceva le veci dell’allenatore Anzai, arbitrava la partita dando consigli ai compagni.

- Non voglio vedere azioni personali, ma un gioco di squadra vero e proprio, intesi?- disse il ragazzo rivolgendosi a Rukawa- Non puoi pensare di poter segnare così chiuso, non sarà sempre così! Passa la palla!!!!-

Approfittando della distrazione momentanea di Mitsui, Rukawa scattò a canestro, superando l’avversario e travolgendo due difensori.

- Porca vacca…- fu il commento di Mari all’azione di Kaede, che lasciò i presenti di stucco.

" Ormai ho deciso! Farò un servizio su Rukawa, fosse l’ultima cosa che faccio!!!" si ripromise la ragazza stringendo i pugni con fare deciso.

 

Terminati gli allenamenti, le matricole rimasero a sistemare la palestra e a pulire il parquet, mentre i giocatori del secondo e del terzo anno si godevano una meritata doccia.

- Che ha Rukawa, secondo te?- chiese Mitsui ad Akagi insaponandosi i corti capelli corvini.

- Ma niente, è solo il solito spaccone…- rispose Akagi, che era concentrato sull’incombente torneo.

Mitsui, restando con la testa ricoperta di sapone, incrociò le braccia e diede la sua opinione.

- Non vorrei che avesse litigato con Hanamichi…-

- Non lo so, e comunque questi non sono affari nostri…- sentenziò Akagi prima di uscire da sotto la doccia.

 

Rukawa ripose lo spazzolone nell’armadietto delle scope e si diresse verso le docce, quando si ritrovò Hanamichi davanti alla porta degli spogliatoi.

- Che vuoi?-

- Parlare con te…-

- Hn….- rispose Rukawa con un’alzata di spalle- IO non ho nulla da dirti…- concluse prima di dirigersi verso gli spogliatoi.

- Aspetta Kacchan…- lo chiamò Hanamichi tentando di prenderlo per un braccio.

- Non azzardarti a chiamarmi così!- tuonò l’altro gelando con lo sguardo il compagno.

- Ma…-

- Niente ma! Fai pace con il tuo cervello, prima di tornare da me!!- disse Rukawa prima di entrare negli spogliatoi.

Hanamichi restò a guardare l’ampia schiena del compagno sparire inghiottita dal buio degli spogliatoi.

" E’ incazzato di brutto! Maledetta linguaccia! Eppure non volevo dire quello che ho detto!!!" pensava Hanamichi imboccando anch’egli la porta del vano docce, prima di avere un infarto alla vista del suo Kacchan sotto il getto d’acqua.

Rukawa, che aveva deciso di sfoderare gli artigli per riconquistare il suo "idiota", aveva accuratamente sistemato la porta della docce affinché restasse semiaperta e mostrasse parte del suo corpo mentre era sotto il getto dell’acqua. Così, quando Hanamichi entrò ebbe la reazione preventivata dal ragazzo.

" Com’è che mi chiamavi, Hacchan?- pensava Rukawa passandosi il gel doccia sui pettorali tonici- "Volpastro", se non mi sbaglio… beh, le volpi sono molto, molto furbe e te ne accorgerai!!!!"

Le mani di Rukawa si muovevano con straziante lentezza sulla pelle, come se stessero mostrando il modo in cui si dovesse massaggiare quel corpo: Hanamichi, dal canto suo, era rimasto a bocca aperta come un pesce, la gola secca e il basso ventre che pulsava a ritmo serrato.

" Dio mio, quanto è bello…" pensava mangiandosi il suo Kacchan con gli occhi.

" Se non lo tocco, muoio qui!" si disse il ragazzo avvicinandosi verso la sua preda: come stava per avvicinarsi, Kaede gli sbatté violentemente la porta contro, lasciandolo a bocca asciutta.

Hanamichi sbatté le palpebre per riaversi dalla sorpresa, quindi, raccolta sufficiente ira, prese a dar pugni sulla porta della doccia.

- Aprimi, Kacchan, aprimi!!!!!!- urlava disperato il ragazzo, le lacrime agli occhi dalla rabbia.

- Che vuoi da me?- gli rispose Rukawa ruggendo e alzando la voce per sovrastare quella del compagno- Vai dall’Akagi, sempre ammesso che il tuo amico Mito non le abbia già messo le mani addosso….- commentò acido il ragazzo riprendendo a lavarsi.

Hanamichi si lasciò scivolare a terra.

- Kaede… io amo te…-

Rukawa non sentì le parole appena sussurrate da Hanamichi, e terminò di lavarsi con tutta la calma di questo mondo. Quando aprì la porta, non c’era più nessuno oltre a lui negli spogliatoi.

" Sta a vedere che c’è andato davvero, da quella cretina?" pensò Rukawa mentre il suo stomaco diventava improvvisamente un blocco di ghiaccio.

Strinse i pugni, maledicendosi per il tono usato nei confronti del suo Hanamichi: buttò a terra il suo asciugamano, si accasciò su di una panca e pianse a dirotto.

Arrivò a casa solo a sera, mentre la luna, alta nel cielo, illuminava tenuemente la città con le sue dita argentate.

- Sono a casa…- disse stancamente, senza ottenere alcuna risposta se non dal suo fido gattone.

Si diresse verso il salotto, sicuro di trovare sua madre assorta nella lettura di uno dei romanzi di Hesse: quando la donna prendeva tra le mani uno di quei libri, si perdeva a tal punto tra le righe della narrazione da perdere la cognizione del tempo e della realtà.

Tuttavia, non trovò sua madre sprofondata nella sua poltrona preferita, né la trovò in camera sua, né nello studio del padre.

Scrollando le spalle, giunse in cucina e trovò un post-it attaccato sulla superficie lucida del frigorifero.

Ciao tesoro,

Questa sera io e tuo padre volevamo andare a festeggiare la sua vittoria in tribunale, ma siccome tardavi abbiamo deciso di andare senza di te.

Sarà per un’altra volta!

La cena è pronta in frigo, ti ho preso dei club sandwiches così potrai mangiarli vedendo la videocassetta che ti ha comprato tuo padre.

Nel caso in cui non ti andassero, o avessi molta fame, ordina pure quello che vuoi al solito ristorante e fallo mettere in conto.

Non aspettarci alzati!

E non addormentarti con il televisore acceso come al tuo solito!

Buonanotte

Mamma

 

 

La delicata calligrafia della madre risaltava sul rosa acceso della carta.

" Che razza di colore!" pensò Rukawa aprendo meccanicamente lo sportello del frigorifero ed estraendo un piccolo vassoio su cui facevano bella mostra di sé sei tramezzini appetitosi.

Si diresse in salotto e si sedette sull’ampio divano: notò un pacchetto sobrio sul tavolino dal piano in cristallo davanti a sé e l’aprì.

" Grazie, papà… era proprio quello che mi ci voleva!" pensò non appena estrasse dall’involucro una videocassetta sulla vita di Michael Jordan.

Un tenue sorriso di dipinse sulle labbra carnose del ragazzo mentre accendeva il video registratore e spingeva il tasto d’avvio.

 

Terminata la visione, e anche i tramezzini, Rukawa sentì il proprio stomaco reclamare a gran voce dell’altro cibo.

Guardò la pendola alle sue spalle: le otto e quaranta.

" Faccio ancora in tempo…" pensò alzandosi e dirigendosi stancamente verso il telefono.

- Pronto? Buonasera, qui parla Rukawa. Vorrei ordinare del kakiagedon e una porzione di yakitori. Sì, per le nove e mezza va benissimo. Metta pure in conto. Buonasera.-

Mise giù il ricevitore e si diresse in camera per fare i compiti per il giorno seguente.

Dopo quasi un’oretta che dormiva sui libri aperti, fu risvegliato da un insistente trillo del campanello di casa.

Furioso per essere stato svegliato in malo modo, si diresse come una furia verso il povero stolto che aveva osato tanto.

Aprì la porta, ma invece del ragazzo delle consegne, che credeva si fosse attaccato al campanello per recapitare l’ordinazione, trovò una ragazzina dall’aria impertinente e lo sguardo furbo.

- Disturbo?-

Mari Kawaii si era presentata senza alcun invito a casa di Kaede Rukawa.

- Che diavolo vuoi tu?- gli chiese con malagrazia il ragazzo, sovrastandola in altezza.

Mari non si scompose, né arretrò di fronte alla stazza del suo interlocutore.

- Volevo riprendere il discorso lasciato a metà oggi pomeriggio…- rispose la ragazza sorridendo affabilmente, mostrando una fila di denti bianchissimi.

- Chi ti ha dato il mio indirizzo?- proseguì Rukawa con aria imperturbabile, mentre sentiva la rabbia salirgli velocemente fino al cervello.

- Mi è bastato consultare gli elenchi a scuola… A dirla tutta, avevo provato a chiamarti a casa, ma non mi hai risposto… Così ho pensato bene di venire…-

- .. ....a rompere le palle!!!- concluse Rukawa infilando le mani nelle tasche dei pantaloncini che indossava per casa.

- Gentile come sempre, vero?- ribatté Mari senza scomporsi- Posso entrare?- disse smarcandosi dal ragazzo ed infilandosi dentro casa.

- Esci immediatamente da casa mia!!!!- le intimò Kaede con uno sguardo che non prometteva nulla di buono- I miei stanno per rincasare, quindi alza i tacchi e levati dalle palle!!!-

La ragazza sorrise.

- Sai… hai fama di essere tanto bello quanto impossibile, e devo ammettere che le voci sul tuo conto son giustificate. Eppure, mi sono chiesta come mai, uno che ha tutte le donne ai suoi piedi, giovani professoresse comprese, come la Kisaragi della settima sezione, non si sia mai filato nessuna…- disse la ragazza esaminando le proprie unghie.

Rukawa impallidì: che Mari avesse scoperto il suo segreto?

- Così mi sono detta: "sta a vedere che è gay!" e devo ammettere che c’ho preso, vero Rukawa?- concluse scoccandogli un’occhiata tagliente.

Il ragazzo sbiancò e sgranò di poco gli occhi.

" Sono fottuto! Mi sbatteranno fuori da scuola…. Merda!!!!!"

Mari sbottò a ridere, ponendo una mano davanti la bocca con fare civettuolo.

- Sta tranquillo, non lo saprà nessuno…- disse tra le risa- Ma in cambio del mio silenzio, vorrei qualcosa…-

- Cosa?- chiese Rukawa con una punta d’isterismo nella voce.

- Vorrei che tu mi concedessi un’intervista per la televisione della scuola e…-

- …e?- l’invitò a proseguire Rukawa avvicinandosi a lei.

- Voglio che tu ti spacci per il mio ragazzo! Per una settimana…-

- COSA?!!!!!!!!!!!- ruggì il ragazzo spalancando gli occhi e ritrovandosi ad un passo da lei.

- Non pretendo che tu mi risponda subito, tuttavia di chiedo di prendere in esame la mia proposta e di darmi una risposta tra tre giorni. Buonanotte!!!- disse la ragazza uscendo da casa e salutandolo con la mano diverse volte, prima d’imboccare il vialetto d’ingresso ed uscire in strada.

Rukawa si accasciò sulle ginocchia, incredulo.

" Che cazzo devo fare?" pensava portandosi le mani tra i folti capelli scuri.

- Kacchan?-

La voce di Hanamichi lo fece scattare come una molla.

Alle sue spalle, il ragazzo dai capelli rossi era incredulo come se avesse assistito a tutta la scena.

- Kacchan, che significa?- chiese Hanamichi con le lacrime agli occhi.

- Cosa?- ribatté Rukawa ancora incredulo per ciò che era successo.

- Che ci faceva quella squinzia a casa tua a quest’ora?!!!- gli sbraitò Hanamichi, i pugni serrati e la voce rotta dalla rabbia.

- Niente, hai capito male…- si giustificò Rukawa, sentendo che le sue parole assomigliavano piuttosto ad un’ammissione di colpa.

- Raccontalo a qualcun altro! Sei uno stronzo, Rukawa! Prima mi fai mille storie per una frase poco felice, e poi fai il doppio gioco? Bene, allora tieniti pure la tua squinzia! Io me ne vado!- sbraitò Hanamichi raggiungendo Rukawa e serrando tra le forti mani il bavero della maglia del ragazzo.

- Già, dall’Akagi, vero?- chiese con tono acido Kaede, che si ritrovò sbattuto a terra come un cencio.

- Anche se fosse non sono più cazzi tuoi…- rispose gelido Hanamichi, imboccando la strada di casa.

 

Il giorno seguente, durante l’ora di pranzo, Hanamichi era sdraiato sul proprio banco, le braccia attorno alla testa.

- Che ti prende, Hanamichi?- gli chiese Noma osservandolo in quella strana posizione.

- Nulla…- mugugnò il ragazzo dal suo nascondiglio serrando i pugni.

Noma si grattò la testa, quindi si appoggiò al banco di fronte quello di Hanamichi e guardò fuori dalla finestra.

- Senti, io non so cosa sia successo tra te e Mito. Abbiamo provato a chiederglielo, ma lui non ha aperto bocca, sembrava gliel’avessero cucita col fil di ferro. Quello che so è che mai e poi mai Mito ti farebbe intenzionalmente del male o tradirebbe la tua fiducia…-

- Puah!- rispose Hanamichi alzando di scatto la testa e fissando dritto negli occhi l’amico- Come lo chiami uno che ti nasconde una cosa molto importante?-

- Avrà avuto i suoi motivi, non credi?- ribatté Noma con un’espressione triste in viso.

- No, non ci sono motivi che tengono!- rispose Hanamichi alzandosi dal banco e sferrando un pugno all’armadietto delle scope posto dietro di sé.

- Allora…- riprese l’altro lisciandosi i baffetti- neppure tu hai un motivo valido per averci tenuto nascosto il fatto che ti sei innamorato di Rukawa……..-

L’ala grande dello Shohoku sgranò gli occhi e aprì la bocca dalla sorpresa.

- Chi cazzo te l’ha detto? E’ stato Yohei, vero?-

- Ci prendi per ciechi, oltre che per scemi?- rimbrottò Noma alzandosi e mettendosi di fronte all’amico- Da un po’ di tempo a questa parte sei con la testa tra le nuvole, hai gli occhi sognanti e non pranzi più con noi! Ti ho visto con i miei occhi salire in terrazza subito dopo Rukawa, non sono nato ieri!-

Hanamichi deglutì a vuoto.

- Avrai sicuramente avuto una buona dozzina di motivi validi per celarci i tuoi sentimenti, ma non per questo ce l’abbiamo a morte con te, anche se dovremmo visto che non ci hai ritenuto degni della tua fiducia!- concluse l’altro mettendosi le mani in tasca e dirigendosi verso la porta dell’aula vuota- Parla con Mito, lui sarebbe pronto a buttarsi nel fuoco, per te!-

Noma uscì dall’aula chiudendosi la porta scorrevole alle spalle e lasciando Hanamichi con un gran dubbio nel cuore.

Rukawa si era diretto in terrazza, sperando che Hanamichi lo avesse preceduto.

" Devo chiarire tutto, devo farlo o non me lo perdonerò mai!" pensava il ragazzo salendo i gradini a due a due.

Quando aprì la porta della terrazza fu investito in pieno da un raggio di luce solare, che lo costrinse a ripararsi gli occhi con il dorso della mano.

- Buongiorno…-

La voce argentina di Mari fece accapponare la pelle a Kaede, che si girò meccanicamente verso al ragazza.

- Hai pensato alla mia proposta? Pensaci, potresti far ingelosire Sakuragi, non credi?- gli suggerì la ragazza con un guizzo impertinente negli occhi.

- Ma…-

- Intuito femminile, mio caro…- rispose Mari prevenendo la domanda che faticava ad uscire dalle labbra di Rukawa.

Questi pensò che, forse, poteva tentare di giocare quest’ultima carta, prima di gettarsi ai piedi del suo Hacchan.

" IO gettarmi ai suoi piedi? E’ lui che ha dato il via a tutto questo casino! Non gli chiederò scusa nemmeno morto!"

- Se a te va bene, per me non ci sono problemi, Mari…-

 

 


 

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