Okay,
lo ammetto! Sono stramba forte!
Quando
ho letto la prima storia yaoi tra Mitsui e Kogure avevo i lacrimoni agli
occhi: i miei personaggi preferiti gay! Aaaahhh!
Poi
ho letto altre storie e ho scoperto che quasi tutte le storie che li
riguardavano erano gay, e allora mi sono detta: in fondo che c’è di
male!
Ma
ora ho scoperto una cosa: stanno troppo bene insieme!
Così
ho pensato: quasi quasi scrivo anche io una storia yaoi tra sti due sorchi!
Non
so che cosa verrà fuori, quindi siate clementi, perché oltre ad essere
la prima yaoi che scrivo è pure la mia seconda fanfiction.
Insomma
non odiatemi!
Buona
lettura! (o buon mal di pancia?)
PS:
la sapete tutti quella storia dei declaimers, vero?
When the
Night Meets the Sun
di Zia Chicca
Finalmente
siamo tornati a giocare assieme.
O
meglio lui a giocare e io a guardarlo giocare dalla panchina, la maggior
parte delle volte.
Solo
in allenamento ho la possibilità di confrontarmi con lui, e anche se è
lui che vince sempre, la cosa non mi dispiace affatto.
So
di essere, sportivamente parlando, inferiore a lui, che è stato eletto
miglior giocatore dell’anno.
Ma
il piacere di stagli di fronte in un confronto a due, è per me grande.
Come
giorni fa, quando è tornato finalmente in palestra.
“Difesa
scarsina, eh Kogure?”
Non
so perché ma quella frase mi ha fatto un immenso piacere. Voleva essere
un rimprovero (credo), ma per me è risuonato come un complimento. Forse a
causa di come l’ha detto, con quel sorriso che farebbe sciogliere anche
un ghiacciolo, o forse fa sciogliere solo me.
Non
so quando mi sono accorto che per me Hisashi Mitsui non era solo un amico.
Forse
quando l’ho perso.
Perché
si sa, si riconosce l’importanza che ha per noi una persona solo quando
la si perde.
All’inizio
credo fosse solo amicizia, credo.
Mi
piaceva vederlo giocare, con quel suo modo sicuro e deciso, quasi che
giocare a basket fosse per lui una cosa talmente naturale, come il
respirare.
Quando
mi sono accorto che non mi piaceva solo il suo modo di giocare ho iniziato
a pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato in me.
A
volte rimanevo a fissare il suo torace scolpito, le sue braccia forti, le
sue calde mani, la sua bocca…
Accidenti
se è bello!
All’inizio
mi vergognavo di quello che pensavo: in fondo lui era un ragazzo, come me.
E
mi sentivo sbagliato, sempre fuori luogo.
Ho
evitato il suo sguardo per giorni, prima di accorgermi che non potevo fare
a meno di pensare a lui a quel modo.
Ma
quando me ne sono reso conto era troppo tardi: c’è stato l’infortunio
e poi non l’ho più visto.
Anche
se nei corridoi di scuola l’ho incontravo, quello non era l’Hisashi
Mitsui che stava sempre nei miei più nascosti pensieri: era un’altra
persona che si era impadronita di lui.
Fino
a qualche settimana fa.
Anche
per oggi l’allenamento è finito: sono esausto.
Akagi
è proprio deciso ha realizzare il nostro sogno di arrivare ad i
campionati nazionali, ma non si rende conto che se ci spreme così ci
andremo in barella! Anche gli altri si lamentano, soprattutto Sakuragi. Ma
si sa, con il capitano non c’è da scherzare!
Infatti
di tutta risposta gli arriva un bel pugno in testa.
Mi
chiedo se Sakuragi abbia la testa di gomma, con tutti i pugni che riceve
ogni giorno da Akagi (senza tener conto di quelli che riceve da Rukawa!),
a quest’ora dovrebbe avere la testa rotta.
Come
al solito il gesto del capitano suscita le risate di tutti, anche le sue.
E’
bello vedere che si è inserito bene in squadra, e agli altri sembra non
essere dispiaciuto il suo ritorno.
Il
vederlo così sereno mi rende felice e mi scappa un sorriso al pensare a
qualche tempo fa, quando il solo sua pensiero mi faceva star male. E non
solo per quello che gli era successo, ma per il fatto che pensando a lui,
pensavo al fatto che mi era innamorato di un ragazzo.
Forse
l’ho guardato un po’ troppo intensamente, perché si volta e mi
guarda, mantenendo il sorriso sulle labbra. Le sue labbra…
Non
riesco a sostenere quello sguardo e mi volto dall’altra parte per non
far vedere il mio volto sicuramente rosso, visto che sento uno strano
calore sulle guance.
Anche
se ho accettato il fatto di essermi innamorato di lui, non posso fare a
meno di sentirmi in imbarazzo quando lui mi guarda ed io sto pensando a
come sia terribilmente sexy e come debbano essere morbide da baciare le
sue labbra.
Mi
riscuoto da questo assurdi pensieri. E’ meglio che mi dia una calmata,
altrimenti non riuscirò a fare la doccia tranquillamente.
Per
fortuna c’è Akagi che mi si avvicina e inizia a parlarmi della squadra,
mi da modo di distrarmi: non so il mio sguardo dove sarebbe andato ad
indagare se il muro umano del Gorilla non mi avesse sovrastato.
A
dir la verità oggi non ho molta voglia di intavolare una conversazione
col capitano sui progressi della squadra, e non lo sto molto a sentire.
Preferisco
assaporare il piacere dell’acqua che mi scivola dolcemente addosso:
sembra quasi che mi voglia togliere via paura ed ansie. O forse sono che
vorrei che l’acqua calda della doccia facesse ciò non facendomi pensare
ad una cosa.
Sono
molto contento che lui è tornato, ma per quanto tempo potrò starmene
zitto? Quanto tempo resisterò?
Di
sicuro cambio espressione a tale pensiero, visto che Akagi smette di
parlare e mi guarda dritto negli occhi.
“Ma
mi stai a sentire Kogure?”
No,
non ho sentito una sola parola di quello che hai detto, capitano. Ma se ci
tengo alla mia vita è il caso che per una volta ti menta.
“Si,
certo! Continua pure!”
Ma
Akagi non l’ha bevuta. Si è accorto che non lo stavo a sentire. Si
acciglia, ma spero che si renda conto che io non sono abituato ai suoi
pugni come Sakuragi!
“Balle!
Comunque ti ho chiesto se ti andava di andare a mangiare qualcosa.”
Accidenti!
L’ho scampata bella! La mia testa è ancora salva!
Già,
ma adesso che gli rispondo: no, scusa, non posso venire; sai com’è,
vorrei solo rinchiudermi nella mia camera a pensare tranquillamente a quel
magone che porto dentro!
Devo
inventare una scusa, ma la verità è che non sono capace a dire bugie.
“Eh?
Be’ veramente dovrei tornare a casa, oggi è…è…è il compleanno del
mio gatto!”
Ma
che cazzo ho detto! Una scusa più cretina non la potevi inventare
Kiminobu Kogure!
Akagi
mi guarda preoccupato.
Scommetto
che non sa se ridere o piangere.
Invece
sorride e basta. Poi dopo un po’ aggiunge:
“Auguri
allora!”
Mi
sento un idiota! Il compleanno del mio gatto! Ma che cosa ho a posto del
cervello, segatura!?
Quasi
per risvegliarmi dalle maledizioni che sto lanciando contro me stesso,
l’acqua smette di scorrere e mi invita gentilmente ad andarmi a vestire.
Per
concludere in bellezza mi è anche venuto un mal di testa da paura.
Mi
vesto lentamente mentre penso a come mi dovrò comportare nei giorni a
venire, facendo di tutto affinché nessuno, soprattutto il diretto
interessato, si renda conto dei miei sentimenti.
Di
sicuro mi ucciderebbe, e poi non voglio turbare la serenità della squadra
(serenità!? Ma se Sakuragi e Rukawa se stanno sempre a mena’! N.d.C).
Ma
i miei pensieri vanno in frantumi quando sento la sua mano posarsi sulla
mia spalla e chiedermi a bassa voce:
“Tutto
bene Kogure? Hai una faccia!”
E
io che volevo cercare di essere il più freddo possibile con lui! Ed
invece ecco che inizio a sciogliermi e sento i miei buoni propositi farsi
in mille pezzi.
Temo
che se mi girassi ora, a guardarlo negli occhi gli salterei al collo.
Non
mi sarei mai aspettato una simile dolcezza da parte sua, e invece si sta
preoccupando per me.
Raccolgo
tutto il mio autocontrollo, e con un sforzo immane mi giro sfoderando uno
dei sorrisi migliori che sia capace di fare.
“No,
figurati! Io…”
Non
faccio in tempo a continuare la frase che il vocione di Akagi si
sovrappone alla mia voce.
“Non
ti preoccupare Mitsui! Il nostro Kogure è solo in pena perché si è
scordato di fare il regalo al suo gatto!”
Accidenti
a te, Akagi! Perché non te
ne sei stato zitto come fai di solito!
Come
prevedibile Mitsui scoppia in una sonora risata. E mi farebbe piacere
vederlo ridere così, se non fosse che ride di me!
Sento
le guance andarmi a fuoco, mentre il desiderio di spaccare la faccia a
quell’idiota di Akagi si fa strada dentro di me.
Anche
gli altri si sono girati verso di noi, sentendo Mitsui ridere
a quel modo, e in men che non si dica tutto lo spogliatoio sa che
mi sono dimenticato di fare il regalo al mio gatto, suscitando le risa di
tutti.
Non
so di che colore sono quando esco in fretta e furia dallo spogliatoio
lasciandomi dietro i ragazzi che ridono.
Giuro
che domani uccido Akagi! Oggi c’erano troppi testimoni!
Quasi
senza accorgermene mi metto a correre e sento qualcosa di caldo che mi
accarezza il viso: lacrime.
Che
razza di deficiente che sono! Sto piangendo come un bambino!
Mi
ero detto niente paranoie, in fondo non c’è niente di male nell’amare
un ragazzo!
Da
quando in qua amare qualcuno è un reato o è sbagliato?
E
allora perché questo peso, questa paura di essere scoperto?
Forse
sono andato via troppo di fretta, e se qualcuno sospettasse? Se lui
capisse?
Avanti
non fare l’idiota Kiminobu! Come potrebbe capire?
E
poi se capisse sarebbe così veramente una brutta cosa?
No,
sarebbe orribile! Non mi guarderebbe più in faccia! E neanche io
riuscirei più a guardarlo! Già faccio un’enorme fatica ora,
figuriamoci se tutto venisse allo scoperto!
Arrivo
a casa prima del solito.
Mia
madre è troppo presa a cucinare per accorgersi del mio viso bagnato di
lacrime, e per fortuna mio padre non è ancora tornato.
Avverto
mia madre del mio ritorno e mi rinchiudo in camera mia.
Mi
distendo sul letto, con il viso spinto contro il cuscino per nascondere le
lacrime che pretendono di uscire fuori.
Soffoco
un singhiozzo e poi un altro, ma mi arrendo al terzo, e do sfogo a tutto
il dolore che ho dentro.
La
cena è stata un vero inferno!
Sono
tornato sul mio letto a riflettere sulle parole di mio padre, che mi hanno
ferito più di qualsiasi pugnalata. Ed ora la mia disperazione è più
nera che mai.
Ricompongo
nella mia testa quello che è successo.
La
televisione che annuncia la dichiarazione di omosessualità di un attore
famoso di Hollywood, e mio padre che inizia con i suoi discorsi di fine
‘800.
Le
sue parole sono state per me lame roventi e mi hanno lacerato il petto.
Tutte
quegli insulti contro i gay è come se le avesse rivolte e me, perché
sono gay.
Ha
detto che sono solo dei pervertiti, degli esibizionisti, che sono malati e
qualcuno dovrebbe fare in modo che di gente del genere non ne nascesse più.
Ogni
parola era un pugno allo stomaco e credo che mia madre si sia resa conto
di come stringevo i pugni per evitare di reagire in qualsiasi modo, perché
ha chiesto a mio padre di smetterla. Che sospetti di qualcosa?
Ma
poi quella frase mi ha definitivamente ucciso.
“Preferirei
avere un figlio morto piuttosto che gay”
Ho
sentito il pavimento sprofondarmi sotto i piedi e un gran senso di
vertigine avvolgermi. Non ho resistito.
Mi
sono alzato da tavola e sono venuto qui.
Non
credo che mio padre sospetti di qualcosa, non gli passa neanche per
l’anticamera del cervello che io possa essere gay. Penserebbe piuttosto
che il mio comportamento sia dovuto al fatto che conosca qualche ragazzo
‘malato di omosessualità’ e che per il mio buon carattere lo continui
a frequentare.
Avevo
promesso a me stesso che non avrei pianto. Ma come al solito non sempre ciò
che penso accadrà corrisponde a verità.
Le
lacrime ricominciano a rigarmi il volto mentre la frase di mio padre
rimbomba nella mia testa, e la sconvolge tutta, facendo crollare anni e
anni di certezze sull’affetto di lui nei miei confronti.
Mi
avevano sempre detto che l’amore è sofferenza, ma non pensava davvero
di dover soffrire così tanto una volta innamoratomi di qualcuno.
Hisashi
Mitsui, non sai quanto stia soffrendo per colpa tua.
I
raggi del sole filtrano attraverso le tende della mia camera. Nonostante
senta il loro calore che mi stuzzica per farmi aprire gli occhi, non ho
voglia di farlo, perché aprendo gli occhi scoprirei che è già ora di
alzarsi per andare a scuola, ma non ho voglia di andarci.
Nonostante
la mia volontà mi dica di rimanere a letto, apro un occhio poi l’altro
per scoprire che mi fanno un male cane, come la mia testa: ieri sera ci ho
dato dentro di brutto con le lacrime!
Mi
alzò lentamente per non peggiorare il mio già terribile mal di testa:
non so in questo stato cosa riuscirò a combinare a scuola.
Quando
scendo in cucina, già lavato e vestito, vedo solo mia madre in vestaglia
che mi prepara il pranzo da portare a scuola. Fortunatamente ho la
conferma da lei che papà è già uscito.
Non
so se sarei uscito a trattenermi questa mattina dal dirgli che lo odiavo.
Mi
siedo a tavola per fare colazione e mia madre mi si piazza di fronte quasi
stesse aspettando che le parli.
Che
abbia veramente capito?
Ma
quando mi domanda che ho che non va, tiro un sospiro di sollievo al
pensiero che lei non sospetta nulla.
“Nulla
mamma! Sto benissimo! E mi devo anche sbrigare ad andare a scuola!”
Devo
scappare via dal suo sguardo indagatore che riesce sempre a farmi dire
quello che vuole. E’ più forte di me, non riesco a tenerle dei segreti.
Mi
osserva per un attimo e spero con tutto me stesso che lasci cadere là il
discorso.
Credo
mi abbia letto nei pensieri, perché con un grosso sospiro mi dice
semplicemente che quando avrò voglia di parlarne lei mi ascolterà.
Esco
di casa in fretta e furia, anche se non ce ne sarebbe bisogno, visto che
è piuttosto presto.
Sono
talmente immerso nei miei pensieri che quasi non mi rendo conto della
strada che percorro, né della gente che incontro.
Ma
quando una mano mi si posa sulla spalla per poco non mi prende un infarto.
Chi
diavolo è?
Mi
giro di scatto pronto a sfogare tutta la mia ira per la paura presami
quando mi blocco prima di iniziare.
E’
incredibile come questo ragazzo riesca a ridurre in briciole i miei
pensieri con un suo solo sorriso.
Mitsui
mi sta di fronte con la faccia sorridente anche se un po’ assonnata
mentre mantiene una mano sulla mia spalla.
“Salve
quattr’occhi! Come sta il tuo gatto?”
L’imbarazzo
più totale si impadronisce di me: mi ero quasi scordato che oggi devo
uccidere Akagi!
Sfogo
una delle facce più incazzate che posso, anche se non mi riesce molto
difficile visto che sono un bel po’ arrabbiato, e con tono quanto più
secco posso gli rispondo scostando la sua mano dalla mia spalla.
“Vi
divertite un bel po’ a prendermi in giro! Fai pure Mitsui, sfottimi
quanto ti pare!”
La
rabbia si è impadronita di me! Giro i tacchi e me ne torno a camminare
verso scuola.
Ma
c’è qualcosa che mi blocca.
Mi
ha poggiato un’altra volta la sua mano sulla spalla.
“Scusa
Quat…ehm…Kogure! Non pensavo te la saresti presa!”
Accidenti
ma che ho fatto! Ho risposto male all’ultima persona a cui avrei voluto
farlo!
La
sua faccia è veramente dispiaciuta e io non so davvero che rispondergli,
così che mi trovo a dirgli l’unica cosa che mi viene in mente.
“Scusa
Mitsui! E’ che ieri sera ho litigato con mio padre e stanotte non ho
chiuso occhio!”
Non
ho mai considerato Hisashi un tipo affettuoso, ma mi devo ricredere.
Con
una semplicità che non mi appartiene, mi passa un braccio attorno alle
spalle dandomi una pacca su di esse, e per poco non svengo quando sfodera
uno dei suoi sorrisi sornioni.
“Non
ti preoccupare Kogure! Sono sicuro che si sistemerà tutto! E comunque se
ti va dopo scuola possiamo andare a mangiarci qualcosa assieme, così me
ne parli se ti va! Naturalmente se non è il compleanno del tuo pesce
rosso!”
Scoppia
di nuovo a ridere e io mi sento sempre più un idiota e mi allontano con
il broncio.
Anche
se il mio cuore sta uscendo dal petto per la gioia.
Non
mi sarei mai aspettato un interessamento di questo genere da parte sua:
devo fargli davvero pena!
Comunque
non mi interessa. Quello che è importante è che, a quanto pare, sono un
amico per lui e la cosa non mi dispiace affatto!
In
fondo questa mattina ho fatto bene a svegliarmi!
Anche
per oggi la giornata è finita.
Alla
fine ho deciso di lasciare in vita il capitano, è troppo utile alla
squadra e troppo grosso per me per poterlo anche solo sfiorare: anche io
tengo alla mia vita.
Gli
ho tenuto il broncio per tutta la giornata e alla fine si è degnato di
chiedermi scusa, anche se con un po’ di titubanza, visto che secondo lui
me l’ero meritato visto che a volte tiro fuori delle scuse idiote.
Devo
ammettere che non ha poi tutti i torti!
Esco
dagli spogliatoi nella speranza che Mitsui non si sia dimenticato della
proposta di questa mattina.
Fortunatamente
la mia speranza non viene tradita e lui mi si avvicina sorridente dopo
aver salutato anche gli altri.
Decidiamo
per un locale non molto lontano da scuola, o meglio è lui a decidere
visto che non sono un tipo che esce spesso e conosco davvero pochi locali.
Il
locale è accogliente e non c’è molta gente, anzi ci saranno si e no 10
persone: meglio così, non amo la confusione.
Ci
sediamo ad un tavolo ed ordiniamo qualcosa da mangiare.
Non
mi sembra vero di stare qui con Mitsui, ed essere stato invitato proprio
da lui, anche se in fondo non c’è molto da sorprendersi: gli amici
vanno spesso fuori. D’altronde anche io qualche volta esco a mangiare
qualcosa con Akagi. Ma lui non conta per me quanto Mitsui.
Appena
la cameriera se ne va mi fissa e si rivolge a me serio.
“Allora
Kogure! Cosa c’è che ti preoccupa?”
Casco
dalle nuvole: e ora che gli racconto? Che sono innamorato di lui e che mio
padre preferirebbe vedermi morte piuttosto che con un altro ragazzo?
Non
posso di certo dirglielo.
Ma
se mi invento qualche scusa (che tra l’altro non ho minimamente in
testa) sarà sicuramente stupida, e non voglio che pensi che sia un
idiota.
Resto
in silenzio per un po’ e abbasso lo sguardo: non ci riesco a guardarlo
negli occhi, sento le guance andarmi a fuoco. Poi trovo coraggio e,
mantenendo lo sguardo sul tavolo, mi decido a parlare.
“Ma
no, nulla! Ho solo avuto una piccola discussione con mio padre!”
Cerco
di sorridere, ma più che un sorriso deve sembrare una smorfia, perché il
suo sguardo non è di certo di uno che l’ha bevuta.
“Non
mi convinci Quattr’occhi! Se era solo una piccola discussione non
saresti così a terra.”
Non
credevo che mi sapessi capire così Mitsui, ma mi dispiace non posso dirti
altro: non voglio rovinare la nostra amicizia, ammesso che ci sia.
Già,
ma non possono starmene neanche muto, così cerco di sviare il discorso.
“Accidenti
Mitsui! Da quando in qua ti interessi degli altri?”
Razza
di idiota ma che cavolo dici!
La
sua faccia si fa buia dopo la mia frase. E ti credo! Dopo quello che gli
ho detto! Lui si preoccupa per me e io gli rispondo no male, malissimo!
E
ora che faccio?
Mi
precipito a chiedergli scusa, ma le parole mi muoiono in bocca, sovrastate
dalle sue.
“In
genere ci si preoccupa degli amici, specialmente se questi sono stati gli
unici a preoccuparsi di te.”
Ce
l’ha con me?
Il
suo sguardo è basso sul tavolo.
Per
fortuna arriva la cameriera a spezzare la tensione, portandoci due begli
hamburger fumanti e delle patatine fritte.
Sento
di dover dire qualcosa ma non so davvero che dire, ho paura di
sbilanciarmi troppo.
Ma
che ci sarebbe di male in fondo?
Lui
mi ha appena detto di considerarmi un amico, ed anche per me è lo stesso,
anche se lui è molto più di un amico.
“Scusa
Hisashi. Non volevo essere scortese è che non sono abituato a parlare dei
miei problemi.”
Il
suo viso si rasserena e alza lo sguardo concedendomi ancora una volta uno
di quei suoi sorrisi sfottitori.
“Be’,
se è per questo neanche io!”
Non
posso far altro che rispondere al suo sorriso e mi accorgo con piacere che
l’atmosfera è un po’ più serena.
Mangiamo
praticamente in silenzio e le uniche volte che parliamo è per fare
qualche commento sull’ultima partita che abbiamo disputato: l’unico
argomento che abbiamo in comune è il basket.
In
fondo credo che sia l’unica cosa che veramente abbiamo in comune,
l’unica cosa che ci lega.
O
almeno è quello che sembra, visto che comunque oggi ho scoperto una
faccia nuova di Hisashi, quella dell’amico.
Chissà,
forse ha ancora dei lati nascosti, tutti da scoprire (mo’ se chiamano
lati nascosti?! N.d.C! ^_-)
Senza
pensarci troppo apro la bocca dando sfogo ai miei pensieri.
“Sai,
oggi dopo gli allenamenti, credevo proprio che ti fossi dimenticato della
proposta di questa mattina!”
Alza
lo sguardo dal panino, sorpreso: credo che stia decidendo se mandarmi a
quel paese o pure scoppiarmi a ridere in faccia.
Invece
si pulisce la bocca e con tutta tranquillità dice una cosa che per poco
non mi fa cascare dalla sedia.
“In
effetti me ne ero scordato. Poi quando ti ho visto imbambolato fuori ad
aspettare, ho capito che stavi aspettando me e mi sono ricordato!”
Lo
dice con un’ingenuità tale che non me la sento neanche di prendermela,
in fondo è stato onesto.
Così
questa volta sono io che rido di lui, e non ne sembra molto contento!
“Che
hai da ridere Quattr’occhi! Ho per caso i pupazzetti in testa?”
Capisco
che è arrabbiato, ma non posso fare a meno di ridere ora che me lo
immagino anche con i pupazzetti in testa. Però la sua aria veramente
scocciata mi fa riprendere un po’, giusto un po’ di serietà.
“Hai
ragione Mitsui! Scusa! E’ che è davvero comico immaginarti con tutti
pupazzetti disegnati in fronte!”
Stavolta
non mi trattengo, non ci riesco a non ridere: ha un’espressione troppo
buffa!
Sono
ancora intento a cercare di frenare le mie risate, quando qualcosa riesce
a bloccarmi prima che la mia volontà, le sue parole.
“Finalmente
ti vedo ridere, Quattr’occhi! Mi hai fatto prendere un bello spavento
oggi con quell’aria triste!”
Sto
nuovamente per cascare dalla sedia.
E’
veramente Hisashi Mitsui quello che ho di fronte? E se è lui si sta
veramente preoccupando per me?
La
mia aria sbalordita gli strappa un altro sorriso, prima di rimettersi a
mangiare le sue patatine.
Le
parole mi escono fuori quasi di getto e senza pensarci gli sputo in faccia
tutta la mia amarezza.
“Non
credevo che il grande Hisashi Mitsui potesse accorgersi delle tristezza
del piccolo Quattr’occhi!”
Il
tono era scherzoso, ma lo sguardo basso e gli occhi piene di dolore: forse
ho esagerato. Anzi no, sicuramente.
Ora
l’ho veramente fatto incavolare.
Lascia
andare la patatina che aveva in mano per piazzare un bel pugno sul tavolo,
mentre si alza dalla sedia e fa girare tutte le persone del locale con la
sua frase urlatami in faccia.
“MA
PER CHI CAVOLO MI HAI PRESO! PER UNA SPECIE DI MOSTRO!”
Mi
mette quasi paura con quello sguardo così incavolato, ma il primo
pensiero che ho è che così facendo ha attirato gli sguardi di tutto il
locale.
Lo
guardo dritto negli occhi, ma ci riesco per poco, e abbasso lo sguardo sul
tavolo mentre con un filo di voce gli sussurro l’ennesimo “scusa”,
che a quanto pare lui sente visto che torna a sedersi.
L’atmosfera
è più tesa che mai, ed io, come al solito, non so cosa dire.
Fortunatamente
è lui a parlare per primo.
“Se
ne sono accorti tutti che c’è qualche cosa che non va. Persino Sakuragi
mi ha chiesto se sapevo cosa ti
era successo. Da un po’ di giorni sei come assente agli allenamenti, e
Akagi con la battuta di ieri sperava di risvegliarti un po’.”
Prende
un momento di pausa per addentare una patatina e poi ricomincia.
“Capisco
che tu abbia i tuoi problemi, e capisco pure che tu non voglia parlarne,
però non puoi rimproverarci del fatto che non ci siamo interessati di te.
Credimi Kogure, siamo tutti in pensiero.”
Non
so se piangere per la gioia o per la tristezza di quello che provo, fatto
sta che piango.
E
pensare che mi ero detto che non dovevo sbilanciarmi troppo.
Mi
sento un idiota.
Non
deve essere una bella scena quella che si presenta agli occhi degli
spettatori del locale.
Credo
che Hisashi non si aspettava una reazione del genere e infatti se ne sta
muto, credo indeciso sul da farsi, se picchiarmi ora oppure fuori dal
locale.
Se
solo sapessi Hisashi…se solo sapessi…quello che provo……non mi
vorresti più vedere.
Soffoco
un singhiozzo.
Sono
davvero patetico.
Credevo
che certe scene si potessero vedere solo nei film strappalacrime, ed
invece eccomi qui, come un deficiente a versarmi lacrime addosso.
Mi
sto odiando come non mai, anzi come mi odio da un po’ di tempo a questa
parte.
Pensavo
di aver superato la paura dei miei sentimenti, il terrore nello scoprire
di essere diverso, ed invece sono più debole che mai.
Mi
avevano sempre detto che l’amore è sofferenza, ma non pensavo fino a
questo punto.
Quasi
senza accorgermene l’ultima frase l’ho detta ad alta voce, e lo
capisco dalla sua mano che si posa sulla mia testa bassa, quasi a
scompigliarmi i capelli, e dalle sue parole.
“Allora
è per questo che stai così.”
Non
so se mi sembra sollevato o invece è triste: riesci a capirmi Hisashi?
Un
fazzoletto mi spunta da sotto il naso e la sua mano aspetta che io lo
prenda.
Con
un grazie lo afferro e mi asciugo le lacrime, poi ancora una volta è lui
a parlare.
“Avanti
Kogure! Andiamo! In questo posto abbiamo dato fin troppo spettacolo!”
Così
dopo aver pagato il conto usciamo dal locale e lui, come il suo solito, mi
appoggi una mano sopra la spalla.
“Avanti
Kogure! Ti porto in posto più tranquillo!”
Arrossisco
un poco al sentire quella frase, che per me risulta come un invito
allettante, anche se so perfettamente che non è così per lui.
Così alla fine ci
ritroviamo in un piccolo parco con due altalene e qualche altro gioco per
bambini, completamente deserto ed illuminato solo da un piccolo lampione e
dalle stelle che brillano nel cielo sereno.
Mi
siedo sulla staccionata che recinta i giochi e lui mi si siede accanto.
Credo
che voglia saperne di più, dopo quello che ha sopportato è il minimo che
possa fare.
Ma
veramente non so che dirgli. Non credo sia giusto mentirgli, anche perché
non saprei che scusa inventarmi. Ma di dirgli la verità non se ne parla
neanche! Forse è molto meglio che gli dica che non mi va di parlarne.
“Ascolta
Mitsui…”
“No,
ascolta tu Kogure!”
Non
mi guarda negli occhi, e questo non è un buon segno. Ed inoltre sembra
molto arrabbiato. Fa un lungo sospiro poi ricomincia a parlare.
“Ascolta
Kogure. Se lei ti sta facendo soffrire a questo modo non credo che sia la
persona più adatta a te. E credo che tu abbia litigato con tuo padre
perché ha cercato di farti aprire gli occhi e cercare di capire che solo
una stronza potrebbe fare soffrire una persona speciale come te!”
Lei?
Non ha davvero capito niente!
Ma
d’altro canto che mi aspettavo?
Se
sapesse che è lui questa persona (e che non è di certo una lei!), e che
si è appena dato dello stronzo, non so cosa farebbe.
Mi
scappa un sorriso pensando a ciò e se ne accorge, forse rimanendoci un
po’ male.
“Be’
che hai da ridere?”
“Nulla
Hisashi! E’ che le cose non stanno proprio così!”
“Ah
no? E allora come stanno? Non è che sei stato tu a fare il bastardo con
lei ed ora te ne senti in colpa perché ti sei accorto che lei ti piace
ancora?”
“Lei?”
“Si
lei, perché, non mi dire che ti sei innamorato di un lui?”
Lo
dice quasi ridendo, e non può nemmeno immaginarsi il male che mi sta
facendo.
Sento
le lacrime che ricominciano a cadere lente sulle mia guance: non credevo
di averne ancora!
Il
suo sguardo è su di me e sento tutto il suo orrore quando si accorge
della mia reazione.
Ho
voglia di scappare, ma ho le gambe immobili e a dir la verità non le
sento neanche molto.
Sono
come pietrificato da quella realtà che ho tenuto per anni nascosta dentro
di me, e che ora mi viene battuta in faccia con una tale violenza da
lacerarmi il petto.
Ed
ora che farai Mitsui? Te ne andrai via orripilato, disgustato, e non mi
guarderai più in faccia, così anche l’ultima persona importante nella
mia vita mi volterà le spalle?
Invece
rimane fermo, ma non ho il coraggio di guardare da un’altra parte se non
per terra.
Infine
sento la sua voce che mi sussurra qualcosa che faccio fatica a capire.
“Mi
dispiace Kiminobu. Non volevo ferirti. Ora sarà meglio che vada.”
Lo
sento alzarsi da vicino a me e vorrei fermarlo e dirgli che è un
vigliacco: prima ferisce le persone e pensa di cavarsela con un semplice
“scusa”!
Non
è così semplice, o almeno non per te, Mitsui! Per me è la fine se mi
neghi anche la tua amicizia!
Alzo
lo sguardo da terra.
Sento
il petto scoppiarmi e ho veramente voglia di corrergli dietro, ma non ce
la faccio, né d’altro lato ce ne è bisogno.
Talmente
preso dalla rabbia non mi sono neanche accorto che sebbene si è alzato,
tuttavia non se ne è andato e mi sta di fronte.
I
nostri sguardi si incrociano per qualche istante, ma io non ci riesco a
sostenere il suo e torno ad osservare la terra sotto i miei piedi.
Ancora
una volta sento la sua voce fioca dirmi qualcosa con tristezza.
“Che
cosa ti ha detto tuo padre?”
Non
mi sorprendo più di tanto e cerco di rispondergli nel modo più fermo
possibile.
“Lui
non sospetta di nulla. Però ha detto che preferirebbe avere un figlio
morto piuttosto che…che…”
“Che
gay?”
Finisce
lui la frase a posto mio e io mi limito a fare cenno di si con la testa.
Le
lacrime hanno smesso di scendere e mi asciugo gli occhi umidi con il
fazzoletto di prima, il suo.
Cade
uno strano silenzio che viene subito prontamente troncato dalle sue
parole.
“Chi
è lo stronzo in questione che ti fa star così male?”
Non
gli rispondo, non ne ho il coraggio.
Senti
i suoi passi avvicinarsi, ed in due secondi me lo ritrovo di fronte, a
pochi centimetri da me.
Stavolta
alzo lo sguardo e trovo una sicurezza che mai avrei creduto di avere:
ormai sei in ballo Kogure! Buttati! E che vada come deve andare!
Lo
fisso negli occhi pronto a ricevere un pugno dopo quello che dirò. E alla
fine quelle due semplici lettere mi escono finalmente dalla bocca.
“Tu.”
Non
ne sembra scioccato, ma alza la mano ed io sono pronto a ricevere uno
schiaffo simile a quello che mi diede tempo fa.
Ma
non è un pugno quello che mi arriva in faccia.
La
sua mano si posa delicatamente sulla mia faccia, e con le dita mi asciuga
dolcemente gli ultimi strascichi del pianto.
Chiudo
gli occhi assaporando ogni istante di quel contatto: se morissi ora
morirei contento.
Ma
non so ancora quello che mi aspetta.
Sento
il suo respiro avvicinarsi sempre di più, e l’intero mio corpo
sbriciolarsi al contatto con questa nuova emozione.
Poi
le sue parole mi fanno perdere ogni minimo briciolo di volontà.
“Solo
uno stronzo come me poteva far soffrire una persona speciale come te.”
Le
sue labbra ora sono sulle mie, e mi sembra di vivere in un sogno, mentre
mi accorgo che non me ne frega niente di quello che possano pensare gli
altri.
Sento
solo le sue calde e morbide labbra che avvolgono le mie, mentre lui con un
braccio mi attira a sè e con l’altra mano si assicura che non muova la
faccia di un solo millimetro.
Ma
non né ho la benché minima intenzione, e anzi vorrei che questo momento
durasse un’eternità.
Purtroppo
però è necessario anche respirare e siamo costretti a staccarci, anche
se ho paura di aprire gli occhi e scoprire che è stato solo un sogno.
“Pensi
ancora che non me ne freghi niente di te Quattr’occhi?”
“Non
lo so. Credo di avere bisogno di una maggiore…”
Ma
non riesco a finire la frase che mi ritrovo le sue labbra sulle mie, a
sigillare quel senso di angoscia che ho provato per tutto questo tempo.
Trovo
finalmente la forza di alzare le braccia e riesco giusto ad abbracciarlo
prima che mi renda conto di una cosa: le mie braccia erano l’unico
sostegno che avevo per reggermi sulla staccionata.
Troppo
tardi!
In
un secondo mi ritrovo con la schiena per terra ed un ragazzo di un metro e
84 cm sopra: non che la cosa mi dispiaccia naturalmente!
Ora
siamo davvero vicini e posso vedere veramente bene i suoi occhi che hanno
perso tutta la rabbia di poco prima.
E
credo anche io di avere un aspetto migliore!
Fatto
sta che non riesco a dire neanche una parola, che mi ritrovo travolto da
un altro appassionante bacio.
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