Okay, lo ammetto! Sono stramba forte!

Quando ho letto la prima storia yaoi tra Mitsui e Kogure avevo i lacrimoni agli occhi: i miei personaggi preferiti gay! Aaaahhh!

Poi ho letto altre storie e ho scoperto che quasi tutte le storie che li riguardavano erano gay, e allora mi sono detta: in fondo che c’è di male!

Ma ora ho scoperto una cosa: stanno troppo bene insieme!

Così ho pensato: quasi quasi scrivo anche io una storia yaoi tra sti due sorchi!

Non so che cosa verrà fuori, quindi siate clementi, perché oltre ad essere la prima yaoi che scrivo è pure la mia seconda fanfiction.

Insomma non odiatemi!

Buona lettura! (o buon mal di pancia?)

PS: la sapete tutti quella storia dei declaimers, vero?

 


When the Night Meets the Sun

di Zia Chicca

 

Finalmente siamo tornati a giocare assieme.

O meglio lui a giocare e io a guardarlo giocare dalla panchina, la maggior parte delle volte.

Solo in allenamento ho la possibilità di confrontarmi con lui, e anche se è lui che vince sempre, la cosa non mi dispiace affatto.

So di essere, sportivamente parlando, inferiore a lui, che è stato eletto miglior giocatore dell’anno.

Ma il piacere di stagli di fronte in un confronto a due, è per me grande.

Come giorni fa, quando è tornato finalmente in palestra.

“Difesa scarsina, eh Kogure?”

Non so perché ma quella frase mi ha fatto un immenso piacere. Voleva essere un rimprovero (credo), ma per me è risuonato come un complimento. Forse a causa di come l’ha detto, con quel sorriso che farebbe sciogliere anche un ghiacciolo, o forse fa sciogliere solo me.

Non so quando mi sono accorto che per me Hisashi Mitsui non era solo un amico.

Forse quando l’ho perso.

Perché si sa, si riconosce l’importanza che ha per noi una persona solo quando la si perde.

All’inizio credo fosse solo amicizia, credo.

Mi piaceva vederlo giocare, con quel suo modo sicuro e deciso, quasi che giocare a basket fosse per lui una cosa talmente naturale, come il respirare.

Quando mi sono accorto che non mi piaceva solo il suo modo di giocare ho iniziato a pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato in me.

A volte rimanevo a fissare il suo torace scolpito, le sue braccia forti, le sue calde mani, la sua bocca…

Accidenti se è bello!

All’inizio mi vergognavo di quello che pensavo: in fondo lui era un ragazzo, come me.

E mi sentivo sbagliato, sempre fuori luogo.

Ho evitato il suo sguardo per giorni, prima di accorgermi che non potevo fare a meno di pensare a lui a quel modo.

Ma quando me ne sono reso conto era troppo tardi: c’è stato l’infortunio e poi non l’ho più visto.

Anche se nei corridoi di scuola l’ho incontravo, quello non era l’Hisashi Mitsui che stava sempre nei miei più nascosti pensieri: era un’altra persona che si era impadronita di lui.

Fino a qualche settimana fa.

 

Anche per oggi l’allenamento è finito: sono esausto.

Akagi è proprio deciso ha realizzare il nostro sogno di arrivare ad i campionati nazionali, ma non si rende conto che se ci spreme così ci andremo in barella! Anche gli altri si lamentano, soprattutto Sakuragi. Ma si sa, con il capitano non c’è da scherzare!

Infatti di tutta risposta gli arriva un bel pugno in testa.

Mi chiedo se Sakuragi abbia la testa di gomma, con tutti i pugni che riceve ogni giorno da Akagi (senza tener conto di quelli che riceve da Rukawa!), a quest’ora dovrebbe avere la testa rotta.

Come al solito il gesto del capitano suscita le risate di tutti, anche le sue.

E’ bello vedere che si è inserito bene in squadra, e agli altri sembra non essere dispiaciuto il suo ritorno.

Il vederlo così sereno mi rende felice e mi scappa un sorriso al pensare a qualche tempo fa, quando il solo sua pensiero mi faceva star male. E non solo per quello che gli era successo, ma per il fatto che pensando a lui, pensavo al fatto che mi era innamorato di un ragazzo.

Forse l’ho guardato un po’ troppo intensamente, perché si volta e mi guarda, mantenendo il sorriso sulle labbra. Le sue labbra…

Non riesco a sostenere quello sguardo e mi volto dall’altra parte per non far vedere il mio volto sicuramente rosso, visto che sento uno strano calore sulle guance.

Anche se ho accettato il fatto di essermi innamorato di lui, non posso fare a meno di sentirmi in imbarazzo quando lui mi guarda ed io sto pensando a come sia terribilmente sexy e come debbano essere morbide da baciare le sue labbra.

Mi riscuoto da questo assurdi pensieri. E’ meglio che mi dia una calmata, altrimenti non riuscirò a fare la doccia tranquillamente.

Per fortuna c’è Akagi che mi si avvicina e inizia a parlarmi della squadra, mi da modo di distrarmi: non so il mio sguardo dove sarebbe andato ad indagare se il muro umano del Gorilla non mi avesse sovrastato.

A dir la verità oggi non ho molta voglia di intavolare una conversazione col capitano sui progressi della squadra, e non lo sto molto a sentire.

Preferisco assaporare il piacere dell’acqua che mi scivola dolcemente addosso: sembra quasi che mi voglia togliere via paura ed ansie. O forse sono che vorrei che l’acqua calda della doccia facesse ciò non facendomi pensare ad una cosa.

Sono molto contento che lui è tornato, ma per quanto tempo potrò starmene zitto? Quanto tempo resisterò?

Di sicuro cambio espressione a tale pensiero, visto che Akagi smette di parlare e mi guarda dritto negli occhi.

“Ma mi stai a sentire Kogure?”

No, non ho sentito una sola parola di quello che hai detto, capitano. Ma se ci tengo alla mia vita è il caso che per una volta ti menta.

“Si, certo! Continua pure!”

Ma Akagi non l’ha bevuta. Si è accorto che non lo stavo a sentire. Si acciglia, ma spero che si renda conto che io non sono abituato ai suoi pugni come Sakuragi!

“Balle! Comunque ti ho chiesto se ti andava di andare a mangiare qualcosa.”

Accidenti! L’ho scampata bella! La mia testa è ancora salva!

Già, ma adesso che gli rispondo: no, scusa, non posso venire; sai com’è, vorrei solo rinchiudermi nella mia camera a pensare tranquillamente a quel magone che porto dentro!

Devo inventare una scusa, ma la verità è che non sono capace a dire bugie.

“Eh? Be’ veramente dovrei tornare a casa, oggi è…è…è il compleanno del mio gatto!”

Ma che cazzo ho detto! Una scusa più cretina non la potevi inventare Kiminobu Kogure!

Akagi mi guarda preoccupato.

Scommetto che non sa se ridere o piangere.

Invece sorride e basta. Poi dopo un po’ aggiunge:

“Auguri allora!”

Mi sento un idiota! Il compleanno del mio gatto! Ma che cosa ho a posto del cervello, segatura!?

Quasi per risvegliarmi dalle maledizioni che sto lanciando contro me stesso, l’acqua smette di scorrere e mi invita gentilmente ad andarmi a vestire.

Per concludere in bellezza mi è anche venuto un mal di testa da paura.

Mi vesto lentamente mentre penso a come mi dovrò comportare nei giorni a venire, facendo di tutto affinché nessuno, soprattutto il diretto interessato, si renda conto dei miei sentimenti.

Di sicuro mi ucciderebbe, e poi non voglio turbare la serenità della squadra (serenità!? Ma se Sakuragi e Rukawa se stanno sempre a mena’! N.d.C).

Ma i miei pensieri vanno in frantumi quando sento la sua mano posarsi sulla mia spalla e chiedermi a bassa voce:

“Tutto bene Kogure? Hai una faccia!”

E io che volevo cercare di essere il più freddo possibile con lui! Ed invece ecco che inizio a sciogliermi e sento i miei buoni propositi farsi in mille pezzi.

Temo che se mi girassi ora, a guardarlo negli occhi gli salterei al collo.

Non mi sarei mai aspettato una simile dolcezza da parte sua, e invece si sta preoccupando per me.

Raccolgo tutto il mio autocontrollo, e con un sforzo immane mi giro sfoderando uno dei sorrisi migliori che sia capace di fare.

“No, figurati! Io…”

Non faccio in tempo a continuare la frase che il vocione di Akagi si sovrappone alla mia voce.

“Non ti preoccupare Mitsui! Il nostro Kogure è solo in pena perché si è scordato di fare il regalo al suo gatto!”

Accidenti a te, Akagi!  Perché non te ne sei stato zitto come fai di solito!

Come prevedibile Mitsui scoppia in una sonora risata. E mi farebbe piacere vederlo ridere così, se non fosse che ride di me!

Sento le guance andarmi a fuoco, mentre il desiderio di spaccare la faccia a quell’idiota di Akagi si fa strada dentro di me.

Anche gli altri si sono girati verso di noi, sentendo Mitsui ridere  a quel modo, e in men che non si dica tutto lo spogliatoio sa che mi sono dimenticato di fare il regalo al mio gatto, suscitando le risa di tutti.

Non so di che colore sono quando esco in fretta e furia dallo spogliatoio lasciandomi dietro i ragazzi che ridono.

Giuro che domani uccido Akagi! Oggi c’erano troppi testimoni!

Quasi senza accorgermene mi metto a correre e sento qualcosa di caldo che mi accarezza il viso: lacrime.

Che razza di deficiente che sono! Sto piangendo come un bambino!

Mi ero detto niente paranoie, in fondo non c’è niente di male nell’amare un ragazzo!

Da quando in qua amare qualcuno è un reato o è sbagliato?

E allora perché questo peso, questa paura di essere scoperto?

Forse sono andato via troppo di fretta, e se qualcuno sospettasse? Se lui capisse?

Avanti non fare l’idiota Kiminobu! Come potrebbe capire?

E poi se capisse sarebbe così veramente una brutta cosa?

No, sarebbe orribile! Non mi guarderebbe più in faccia! E neanche io riuscirei più a guardarlo! Già faccio un’enorme fatica ora, figuriamoci se tutto venisse allo scoperto!

Arrivo a casa prima del solito.

Mia madre è troppo presa a cucinare per accorgersi del mio viso bagnato di lacrime, e per fortuna mio padre non è ancora tornato.

Avverto mia madre del mio ritorno e mi rinchiudo in camera mia.

Mi distendo sul letto, con il viso spinto contro il cuscino per nascondere le lacrime che pretendono di uscire fuori.

Soffoco un singhiozzo e poi un altro, ma mi arrendo al terzo, e do sfogo a tutto il dolore che ho dentro.

 

La cena è stata un vero inferno!

Sono tornato sul mio letto a riflettere sulle parole di mio padre, che mi hanno ferito più di qualsiasi pugnalata. Ed ora la mia disperazione è più nera che mai.

Ricompongo nella mia testa quello che è successo.

La televisione che annuncia la dichiarazione di omosessualità di un attore famoso di Hollywood, e mio padre che inizia con i suoi discorsi di fine ‘800.

Le sue parole sono state per me lame roventi e mi hanno lacerato il petto.

Tutte quegli insulti contro i gay è come se le avesse rivolte e me, perché sono gay.

Ha detto che sono solo dei pervertiti, degli esibizionisti, che sono malati e qualcuno dovrebbe fare in modo che di gente del genere non ne nascesse più.

Ogni parola era un pugno allo stomaco e credo che mia madre si sia resa conto di come stringevo i pugni per evitare di reagire in qualsiasi modo, perché ha chiesto a mio padre di smetterla. Che sospetti di qualcosa?

Ma poi quella frase mi ha definitivamente ucciso.

“Preferirei avere un figlio morto piuttosto che gay”

Ho sentito il pavimento sprofondarmi sotto i piedi e un gran senso di vertigine avvolgermi. Non ho resistito.

Mi sono alzato da tavola e sono venuto qui.

Non credo che mio padre sospetti di qualcosa, non gli passa neanche per l’anticamera del cervello che io possa essere gay. Penserebbe piuttosto che il mio comportamento sia dovuto al fatto che conosca qualche ragazzo ‘malato di omosessualità’ e che per il mio buon carattere lo continui a frequentare.

Avevo promesso a me stesso che non avrei pianto. Ma come al solito non sempre ciò che penso accadrà corrisponde a verità.

Le lacrime ricominciano a rigarmi il volto mentre la frase di mio padre rimbomba nella mia testa, e la sconvolge tutta, facendo crollare anni e anni di certezze sull’affetto di lui nei miei confronti.

Mi avevano sempre detto che l’amore è sofferenza, ma non pensava davvero di dover soffrire così tanto una volta innamoratomi di qualcuno.

Hisashi Mitsui, non sai quanto stia soffrendo per colpa tua.

 

I raggi del sole filtrano attraverso le tende della mia camera. Nonostante senta il loro calore che mi stuzzica per farmi aprire gli occhi, non ho voglia di farlo, perché aprendo gli occhi scoprirei che è già ora di alzarsi per andare a scuola, ma non ho voglia di andarci.

Nonostante la mia volontà mi dica di rimanere a letto, apro un occhio poi l’altro per scoprire che mi fanno un male cane, come la mia testa: ieri sera ci ho dato dentro di brutto con le lacrime!

Mi alzò lentamente per non peggiorare il mio già terribile mal di testa: non so in questo stato cosa riuscirò a combinare a scuola.

Quando scendo in cucina, già lavato e vestito, vedo solo mia madre in vestaglia che mi prepara il pranzo da portare a scuola. Fortunatamente ho la conferma da lei che papà è già uscito.

Non so se sarei uscito a trattenermi questa mattina dal dirgli che lo odiavo.

Mi siedo a tavola per fare colazione e mia madre mi si piazza di fronte quasi stesse aspettando che le parli.

Che abbia veramente capito?

Ma quando mi domanda che ho che non va, tiro un sospiro di sollievo al pensiero che lei non sospetta nulla.

“Nulla mamma! Sto benissimo! E mi devo anche sbrigare ad andare a scuola!”

Devo scappare via dal suo sguardo indagatore che riesce sempre a farmi dire quello che vuole. E’ più forte di me, non riesco a tenerle dei segreti.

Mi osserva per un attimo e spero con tutto me stesso che lasci cadere là il discorso.

Credo mi abbia letto nei pensieri, perché con un grosso sospiro mi dice semplicemente che quando avrò voglia di parlarne lei mi ascolterà.

Esco di casa in fretta e furia, anche se non ce ne sarebbe bisogno, visto che è piuttosto presto.

 

Sono talmente immerso nei miei pensieri che quasi non mi rendo conto della strada che percorro, né della gente che incontro.

Ma quando una mano mi si posa sulla spalla per poco non mi prende un infarto.

Chi diavolo è?

Mi giro di scatto pronto a sfogare tutta la mia ira per la paura presami quando mi blocco prima di iniziare.

E’ incredibile come questo ragazzo riesca a ridurre in briciole i miei pensieri con un suo solo sorriso.

Mitsui mi sta di fronte con la faccia sorridente anche se un po’ assonnata mentre mantiene una mano sulla mia spalla.

“Salve quattr’occhi! Come sta il tuo gatto?”

L’imbarazzo più totale si impadronisce di me: mi ero quasi scordato che oggi devo uccidere Akagi!

Sfogo una delle facce più incazzate che posso, anche se non mi riesce molto difficile visto che sono un bel po’ arrabbiato, e con tono quanto più secco posso gli rispondo scostando la sua mano dalla mia spalla.

“Vi divertite un bel po’ a prendermi in giro! Fai pure Mitsui, sfottimi quanto ti pare!”

La rabbia si è impadronita di me! Giro i tacchi e me ne torno a camminare verso scuola.

Ma c’è qualcosa che mi blocca.

Mi ha poggiato un’altra volta la sua mano sulla spalla.

“Scusa Quat…ehm…Kogure! Non pensavo te la saresti presa!”

Accidenti ma che ho fatto! Ho risposto male all’ultima persona a cui avrei voluto farlo!

La sua faccia è veramente dispiaciuta e io non so davvero che rispondergli, così che mi trovo a dirgli l’unica cosa che mi viene in mente.

“Scusa Mitsui! E’ che ieri sera ho litigato con mio padre e stanotte non ho chiuso occhio!”

Non ho mai considerato Hisashi un tipo affettuoso, ma mi devo ricredere.

Con una semplicità che non mi appartiene, mi passa un braccio attorno alle spalle dandomi una pacca su di esse, e per poco non svengo quando sfodera uno dei suoi sorrisi sornioni.

“Non ti preoccupare Kogure! Sono sicuro che si sistemerà tutto! E comunque se ti va dopo scuola possiamo andare a mangiarci qualcosa assieme, così me ne parli se ti va! Naturalmente se non è il compleanno del tuo pesce rosso!”

Scoppia di nuovo a ridere e io mi sento sempre più un idiota e mi allontano con il broncio.

Anche se il mio cuore sta uscendo dal petto per la gioia.

Non mi sarei mai aspettato un interessamento di questo genere da parte sua: devo fargli davvero pena!

Comunque non mi interessa. Quello che è importante è che, a quanto pare, sono un amico per lui e la cosa non mi dispiace affatto!

In fondo questa mattina ho fatto bene a svegliarmi!

 

Anche per oggi la giornata è finita.

Alla fine ho deciso di lasciare in vita il capitano, è troppo utile alla squadra e troppo grosso per me per poterlo anche solo sfiorare: anche io tengo alla mia vita.

Gli ho tenuto il broncio per tutta la giornata e alla fine si è degnato di chiedermi scusa, anche se con un po’ di titubanza, visto che secondo lui me l’ero meritato visto che a volte tiro fuori delle scuse idiote.

Devo ammettere che non ha poi tutti i torti!

Esco dagli spogliatoi nella speranza che Mitsui non si sia dimenticato della proposta di questa mattina.

Fortunatamente la mia speranza non viene tradita e lui mi si avvicina sorridente dopo aver salutato anche gli altri.

Decidiamo per un locale non molto lontano da scuola, o meglio è lui a decidere visto che non sono un tipo che esce spesso e conosco davvero pochi locali.

Il locale è accogliente e non c’è molta gente, anzi ci saranno si e no 10 persone: meglio così, non amo la confusione.

Ci sediamo ad un tavolo ed ordiniamo qualcosa da mangiare.

Non mi sembra vero di stare qui con Mitsui, ed essere stato invitato proprio da lui, anche se in fondo non c’è molto da sorprendersi: gli amici vanno spesso fuori. D’altronde anche io qualche volta esco a mangiare qualcosa con Akagi. Ma lui non conta per me quanto Mitsui.

Appena la cameriera se ne va mi fissa e si rivolge a me serio.

“Allora Kogure! Cosa c’è che ti preoccupa?”

Casco dalle nuvole: e ora che gli racconto? Che sono innamorato di lui e che mio padre preferirebbe vedermi morte piuttosto che con un altro ragazzo?

Non posso di certo dirglielo.

Ma se mi invento qualche scusa (che tra l’altro non ho minimamente in testa) sarà sicuramente stupida, e non voglio che pensi che sia un idiota.

Resto in silenzio per un po’ e abbasso lo sguardo: non ci riesco a guardarlo negli occhi, sento le guance andarmi a fuoco. Poi trovo coraggio e, mantenendo lo sguardo sul tavolo, mi decido a parlare.

“Ma no, nulla! Ho solo avuto una piccola discussione con mio padre!”

Cerco di sorridere, ma più che un sorriso deve sembrare una smorfia, perché il suo sguardo non è di certo di uno che l’ha bevuta.

“Non mi convinci Quattr’occhi! Se era solo una piccola discussione non saresti così a terra.”

Non credevo che mi sapessi capire così Mitsui, ma mi dispiace non posso dirti altro: non voglio rovinare la nostra amicizia, ammesso che ci sia.

Già, ma non possono starmene neanche muto, così cerco di sviare il discorso.

“Accidenti Mitsui! Da quando in qua ti interessi degli altri?”

Razza di idiota ma che cavolo dici!

La sua faccia si fa buia dopo la mia frase. E ti credo! Dopo quello che gli ho detto! Lui si preoccupa per me e io gli rispondo no male, malissimo!

E ora che faccio?

Mi precipito a chiedergli scusa, ma le parole mi muoiono in bocca, sovrastate dalle sue.

“In genere ci si preoccupa degli amici, specialmente se questi sono stati gli unici a preoccuparsi di te.”

Ce l’ha con me?

Il suo sguardo è basso sul tavolo.

Per fortuna arriva la cameriera a spezzare la tensione, portandoci due begli hamburger fumanti e delle patatine fritte.

Sento di dover dire qualcosa ma non so davvero che dire, ho paura di sbilanciarmi troppo.

Ma che ci sarebbe di male in fondo?

Lui mi ha appena detto di considerarmi un amico, ed anche per me è lo stesso, anche se lui è molto più di un amico.

“Scusa Hisashi. Non volevo essere scortese è che non sono abituato a parlare dei miei problemi.”

Il suo viso si rasserena e alza lo sguardo concedendomi ancora una volta uno di quei suoi sorrisi sfottitori.

“Be’, se è per questo neanche io!”

Non posso far altro che rispondere al suo sorriso e mi accorgo con piacere che l’atmosfera è un po’ più serena.

Mangiamo praticamente in silenzio e le uniche volte che parliamo è per fare qualche commento sull’ultima partita che abbiamo disputato: l’unico argomento che abbiamo in comune è il basket.

In fondo credo che sia l’unica cosa che veramente abbiamo in comune, l’unica cosa che ci lega.

O almeno è quello che sembra, visto che comunque oggi ho scoperto una faccia nuova di Hisashi, quella dell’amico.

Chissà, forse ha ancora dei lati nascosti, tutti da scoprire (mo’ se chiamano lati nascosti?! N.d.C! ^_-)

Senza pensarci troppo apro la bocca dando sfogo ai miei pensieri.

“Sai, oggi dopo gli allenamenti, credevo proprio che ti fossi dimenticato della proposta di questa mattina!”

Alza lo sguardo dal panino, sorpreso: credo che stia decidendo se mandarmi a quel paese o pure scoppiarmi a ridere in faccia.

Invece si pulisce la bocca e con tutta tranquillità dice una cosa che per poco non mi fa cascare dalla sedia.

“In effetti me ne ero scordato. Poi quando ti ho visto imbambolato fuori ad aspettare, ho capito che stavi aspettando me e mi sono ricordato!”

Lo dice con un’ingenuità tale che non me la sento neanche di prendermela, in fondo è stato onesto.

Così questa volta sono io che rido di lui, e non ne sembra molto contento!

“Che hai da ridere Quattr’occhi! Ho per caso i pupazzetti in testa?”

Capisco che è arrabbiato, ma non posso fare a meno di ridere ora che me lo immagino anche con i pupazzetti in testa. Però la sua aria veramente scocciata mi fa riprendere un po’, giusto un po’ di serietà.

“Hai ragione Mitsui! Scusa! E’ che è davvero comico immaginarti con tutti pupazzetti disegnati in fronte!”

Stavolta non mi trattengo, non ci riesco a non ridere: ha un’espressione troppo buffa!

Sono ancora intento a cercare di frenare le mie risate, quando qualcosa riesce a bloccarmi prima che la mia volontà, le sue parole.

“Finalmente ti vedo ridere, Quattr’occhi! Mi hai fatto prendere un bello spavento oggi con quell’aria triste!”

Sto nuovamente per cascare dalla sedia.

E’ veramente Hisashi Mitsui quello che ho di fronte? E se è lui si sta veramente preoccupando per me?

La mia aria sbalordita gli strappa un altro sorriso, prima di rimettersi a mangiare le sue patatine.

Le parole mi escono fuori quasi di getto e senza pensarci gli sputo in faccia tutta la mia amarezza.

“Non credevo che il grande Hisashi Mitsui potesse accorgersi delle tristezza del piccolo Quattr’occhi!”

Il tono era scherzoso, ma lo sguardo basso e gli occhi piene di dolore: forse ho esagerato. Anzi no, sicuramente.

Ora l’ho veramente fatto incavolare.

Lascia andare la patatina che aveva in mano per piazzare un bel pugno sul tavolo, mentre si alza dalla sedia e fa girare tutte le persone del locale con la sua frase urlatami in faccia.

“MA PER CHI CAVOLO MI HAI PRESO! PER UNA SPECIE DI MOSTRO!”

Mi mette quasi paura con quello sguardo così incavolato, ma il primo pensiero che ho è che così facendo ha attirato gli sguardi di tutto il locale.

Lo guardo dritto negli occhi, ma ci riesco per poco, e abbasso lo sguardo sul tavolo mentre con un filo di voce gli sussurro l’ennesimo “scusa”, che a quanto pare lui sente visto che torna a sedersi.

L’atmosfera è più tesa che mai, ed io, come al solito, non so cosa dire.

Fortunatamente è lui a parlare per primo.

“Se ne sono accorti tutti che c’è qualche cosa che non va. Persino Sakuragi mi ha chiesto se sapevo cosa  ti era successo. Da un po’ di giorni sei come assente agli allenamenti, e Akagi con la battuta di ieri sperava di risvegliarti un po’.”

Prende un momento di pausa per addentare una patatina e poi ricomincia.

“Capisco che tu abbia i tuoi problemi, e capisco pure che tu non voglia parlarne, però non puoi rimproverarci del fatto che non ci siamo interessati di te. Credimi Kogure, siamo tutti in pensiero.”

Non so se piangere per la gioia o per la tristezza di quello che provo, fatto sta che piango.

E pensare che mi ero detto che non dovevo sbilanciarmi troppo.

Mi sento un idiota.

Non deve essere una bella scena quella che si presenta agli occhi degli spettatori del locale.

Credo che Hisashi non si aspettava una reazione del genere e infatti se ne sta muto, credo indeciso sul da farsi, se picchiarmi ora oppure fuori dal locale.

Se solo sapessi Hisashi…se solo sapessi…quello che provo……non mi vorresti più vedere.

Soffoco un singhiozzo.

Sono davvero patetico.

Credevo che certe scene si potessero vedere solo nei film strappalacrime, ed invece eccomi qui, come un deficiente a versarmi lacrime addosso.

Mi sto odiando come non mai, anzi come mi odio da un po’ di tempo a questa parte.

Pensavo di aver superato la paura dei miei sentimenti, il terrore nello scoprire di essere diverso, ed invece sono più debole che mai.

Mi avevano sempre detto che l’amore è sofferenza, ma non pensavo fino a questo punto.

Quasi senza accorgermene l’ultima frase l’ho detta ad alta voce, e lo capisco dalla sua mano che si posa sulla mia testa bassa, quasi a scompigliarmi i capelli, e dalle sue parole.

“Allora è per questo che stai così.”

Non so se mi sembra sollevato o invece è triste: riesci a capirmi Hisashi?

Un fazzoletto mi spunta da sotto il naso e la sua mano aspetta che io lo prenda.

Con un grazie lo afferro e mi asciugo le lacrime, poi ancora una volta è lui a parlare.

“Avanti Kogure! Andiamo! In questo posto abbiamo dato fin troppo spettacolo!”

Così dopo aver pagato il conto usciamo dal locale e lui, come il suo solito, mi appoggi una mano sopra la spalla.

“Avanti Kogure! Ti porto in posto più tranquillo!”

Arrossisco un poco al sentire quella frase, che per me risulta come un invito allettante, anche se so perfettamente che non è così per lui.

Così alla fine ci ritroviamo in un piccolo parco con due altalene e qualche altro gioco per bambini, completamente deserto ed illuminato solo da un piccolo lampione e dalle stelle che brillano nel cielo sereno.

Mi siedo sulla staccionata che recinta i giochi e lui mi si siede accanto.

Credo che voglia saperne di più, dopo quello che ha sopportato è il minimo che possa fare.

Ma veramente non so che dirgli. Non credo sia giusto mentirgli, anche perché non saprei che scusa inventarmi. Ma di dirgli la verità non se ne parla neanche! Forse è molto meglio che gli dica che non mi va di parlarne.

“Ascolta Mitsui…”

“No, ascolta tu Kogure!”

Non mi guarda negli occhi, e questo non è un buon segno. Ed inoltre sembra molto arrabbiato. Fa un lungo sospiro poi ricomincia a parlare.

“Ascolta Kogure. Se lei ti sta facendo soffrire a questo modo non credo che sia la persona più adatta a te. E credo che tu abbia litigato con tuo padre perché ha cercato di farti aprire gli occhi e cercare di capire che solo una stronza potrebbe fare soffrire una persona speciale come te!”

Lei? Non ha davvero capito niente!

Ma d’altro canto che mi aspettavo?

Se sapesse che è lui questa persona (e che non è di certo una lei!), e che si è appena dato dello stronzo, non so cosa farebbe.

Mi scappa un sorriso pensando a ciò e se ne accorge, forse rimanendoci un po’ male.

“Be’ che hai da ridere?”

“Nulla Hisashi! E’ che le cose non stanno proprio così!”

“Ah no? E allora come stanno? Non è che sei stato tu a fare il bastardo con lei ed ora te ne senti in colpa perché ti sei accorto che lei ti piace ancora?”

“Lei?”

“Si lei, perché, non mi dire che ti sei innamorato di un lui?”

Lo dice quasi ridendo, e non può nemmeno immaginarsi il male che mi sta facendo.

Sento le lacrime che ricominciano a cadere lente sulle mia guance: non credevo di averne ancora!

Il suo sguardo è su di me e sento tutto il suo orrore quando si accorge della mia reazione.

Ho voglia di scappare, ma ho le gambe immobili e a dir la verità non le sento neanche molto.

Sono come pietrificato da quella realtà che ho tenuto per anni nascosta dentro di me, e che ora mi viene battuta in faccia con una tale violenza da lacerarmi il petto.

Ed ora che farai Mitsui? Te ne andrai via orripilato, disgustato, e non mi guarderai più in faccia, così anche l’ultima persona importante nella mia vita mi volterà le spalle?

Invece rimane fermo, ma non ho il coraggio di guardare da un’altra parte se non per terra.

Infine sento la sua voce che mi sussurra qualcosa che faccio fatica a capire.

“Mi dispiace Kiminobu. Non volevo ferirti. Ora sarà meglio che vada.”

Lo sento alzarsi da vicino a me e vorrei fermarlo e dirgli che è un vigliacco: prima ferisce le persone e pensa di cavarsela con un semplice “scusa”!

Non è così semplice, o almeno non per te, Mitsui! Per me è la fine se mi neghi anche la tua amicizia! 

Alzo lo sguardo da terra.

Sento il petto scoppiarmi e ho veramente voglia di corrergli dietro, ma non ce la faccio, né d’altro lato ce ne è bisogno.

Talmente preso dalla rabbia non mi sono neanche accorto che sebbene si è alzato, tuttavia non se ne è andato e mi sta di fronte.

I nostri sguardi si incrociano per qualche istante, ma io non ci riesco a sostenere il suo e torno ad osservare la terra sotto i miei piedi.

Ancora una volta sento la sua voce fioca dirmi qualcosa con tristezza.

“Che cosa ti ha detto tuo padre?”

Non mi sorprendo più di tanto e cerco di rispondergli nel modo più fermo possibile.

“Lui non sospetta di nulla. Però ha detto che preferirebbe avere un figlio morto piuttosto che…che…”

“Che gay?”

Finisce lui la frase a posto mio e io mi limito a fare cenno di si con la testa.

Le lacrime hanno smesso di scendere e mi asciugo gli occhi umidi con il fazzoletto di prima, il suo.

Cade uno strano silenzio che viene subito prontamente troncato dalle sue parole.

“Chi è lo stronzo in questione che ti fa star così male?”

Non gli rispondo, non ne ho il coraggio.

Senti i suoi passi avvicinarsi, ed in due secondi me lo ritrovo di fronte, a pochi centimetri da me.

Stavolta alzo lo sguardo e trovo una sicurezza che mai avrei creduto di avere: ormai sei in ballo Kogure! Buttati! E che vada come deve andare!

Lo fisso negli occhi pronto a ricevere un pugno dopo quello che dirò. E alla fine quelle due semplici lettere mi escono finalmente dalla bocca.

“Tu.”

Non ne sembra scioccato, ma alza la mano ed io sono pronto a ricevere uno schiaffo simile a quello che mi diede tempo fa.

Ma non è un pugno quello che mi arriva in faccia.

La sua mano si posa delicatamente sulla mia faccia, e con le dita mi asciuga dolcemente gli ultimi strascichi del pianto.

Chiudo gli occhi assaporando ogni istante di quel contatto: se morissi ora morirei contento.

Ma non so ancora quello che mi aspetta.

Sento il suo respiro avvicinarsi sempre di più, e l’intero mio corpo sbriciolarsi al contatto con questa nuova emozione.

Poi le sue parole mi fanno perdere ogni minimo briciolo di volontà.

“Solo uno stronzo come me poteva far soffrire una persona speciale come te.”

Le sue labbra ora sono sulle mie, e mi sembra di vivere in un sogno, mentre mi accorgo che non me ne frega niente di quello che possano pensare gli altri.

Sento solo le sue calde e morbide labbra che avvolgono le mie, mentre lui con un braccio mi attira a sè e con l’altra mano si assicura che non muova la faccia di un solo millimetro.

Ma non né ho la benché minima intenzione, e anzi vorrei che questo momento durasse un’eternità.

Purtroppo però è necessario anche respirare e siamo costretti a staccarci, anche se ho paura di aprire gli occhi e scoprire che è stato solo un sogno.

“Pensi ancora che non me ne freghi niente di te Quattr’occhi?”

“Non lo so. Credo di avere bisogno di una maggiore…”

Ma non riesco a finire la frase che mi ritrovo le sue labbra sulle mie, a sigillare quel senso di angoscia che ho provato per tutto questo tempo.

Trovo finalmente la forza di alzare le braccia e riesco giusto ad abbracciarlo prima che mi renda conto di una cosa: le mie braccia erano l’unico sostegno che avevo per reggermi sulla staccionata.

Troppo tardi!

In un secondo mi ritrovo con la schiena per terra ed un ragazzo di un metro e 84 cm sopra: non che la cosa mi dispiaccia naturalmente!

Ora siamo davvero vicini e posso vedere veramente bene i suoi occhi che hanno perso tutta la rabbia di poco prima.

E credo anche io di avere un aspetto migliore!

Fatto sta che non riesco a dire neanche una parola, che mi ritrovo travolto da un altro appassionante bacio.




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