Cosa posso inventarmi oggi per i disclaimers?! 

Mmm… 

“Falla finita e inizia ‘sta storia!”

“Ehi, ma co…?! Ancora tu, Rukawa?!”

“Ormai lo sanno tutti a chi apparteniamo!!”

“Ora non  metterti anche tu Hanamichi a farmi la predica…”

“Quando ci vuole, ci vuole!!”

“Cosaaaaa?!?! Mitchi da te non me lo sarei mai aspettato… sigh!! Io che ti voglio così beeeneee!!! Sigh-sigh!! Ora per ripicca, vi sbatto tutti e tre in questa ff… !!”

“Ehhh?!?! Ma cosa centra Mitsui con me e il volpino?!”

“Chiedilo a Youka Nitta e Shinobu Hasegawa… è da loro che mi è partita la pazza idea di farvi interagire!!”

“…”

“Che c’è Ruka-chan? Sei pensieroso?”

“Mi stavo solo chiedendo… io e senpai-Hisashi…”

“Non tentare nemmeno di fare certi pensieri su di lui… tu sei solo mio, del genio Hanamichi Sakuragi!!!!!”

“Troppo tardi…!!!”

“Noooooo!! Ti prego Ho-chan!!! Please!!! Sigh… me la pagherai!!”

 

Grazie a Youka Nitta e Shinobu Hasegawa per il loro bellissimo disegno, da cui ho tratto l’ispirazione per questa ff!!

Grazie a Ria-chan e, come sempre, a voi che leggete!!

 


When comes the sun

parte I

di Hotaru


Quel pomeriggio la pioggia non aveva proprio intenzione di smettere. Il suo ticchettio era continuo e ipnotico. Una colonna sonora perfetta.

Entrambi amavano la pioggia.

Ricordava la sua solitudine: erano le lacrime di un cielo che grida disperato.

Ricordava i giorni quando si era lasciato trasportare dal suo orgoglio e dalla tristezza: in quel buio lui non era solo, il cielo col suo pianto era con lui.

Entrambi amavano la pioggia.

 

Ed ora anche loro erano insieme. Ed erano stupendi. Felici, anche se per poco. Ma quell’attimo era sembrato infinito, da quanto era stato desiderato e  combattuto.

Lui, amato da tutti. L’altro, disprezzato dai più. Almeno fino al cambiamento.

Lui, avrebbe sicuramente ricevuto le invidie della dea Venere, da quanto era splendido: perfetto in ogni sua parte, non poteva di certo essere umano: un Apollo di cristallo e marmo, ecco a cosa si avvicinava di più!

L’altro, sarebbe stato sicuramente corteggiato da qualche divinità, aveva tutti i requisiti. Non era di una bellezza anomala, tale da riempire il cuore di rivalità, ma aveva un qualcosa che catturava. Lo sguardo, le labbra, le spalle, tutto faceva pensare a un seducente angelo un tempo decaduto, ma che ora ritornava chiedendo perdono.

Lui, distaccato, solo, senza un legame. Probabilmente ignorava persino il valore di quella parola. Era cresciuto costruendosi a poco a poco una gabbia per difendersi dagli uomini. Non voleva avere nulla a che fare con il resto del mondo. Aveva già troppo sofferto, ora basta.

L’altro, determinato, impetuoso, cresciuto sulla strada. Aveva trascorso momenti difficili, in cui aveva visto in faccia come gli uomini talvolta potessero essere realmente stupidi. Così aveva reagito mostrandosi insolente e sfacciato, precludendo ogni contatto.

 

Sebbene soli, si erano trovati. O forse proprio perché così simili si erano capiti.

Kaede e Hisashi.

Tutto era nato in uno strano pomeriggio.  

 *-*-*

 

Di domenica non si va a scuola, solitamente. E nemmeno agli allenamenti. Ma non per tutti vale questa regola. Hisashi Mitsui non voleva proprio saperne di starsene tutto il giorno a poltrire sul divano come un vecchio decrepito! Decise quindi di indossare pantaloncini e maglietta, prendere un pallone da basket e andarsene a giocherellare al campetto lì vicino.

Il tempo non faceva sperare nulla di buono, ma se fosse incominciato a piovere, sarebbe tornato di corsa a casa.

 

Erano anni che non metteva piede in quel campo. Da quando aveva rinunciato a tutti i suoi sogni, per l’esattezza. Tornarci gli creava un grande imbarazzo, ma anche tanta emozione.

“Chissà se incontrerò qualcuno!- pensava mentre si incamminava per una viuzza laterale- Magari non mi riconosceranno!”.

Quello nei pressi di casa sua era un campo di asfalto, costruito per farci giocare i ragazzini delle medie nei momenti di svago. Non era un granché, però la cosa importante era che avesse un canestro. Il resto era insignificante.

Quella stradina si rivelò essere più lunga di quello che si ricordava. Ma più semplicemente era la sua mente a scorrere ad una velocità impressionante, riesaminando molti momenti degli anni passati.

Ripensò ai pomeriggi trascorsi dopo aver frequentato le normali lezioni alla scuola media Takehishi: ogni tanto tornava da sua madre con qualche sbucciatura in più, segno di evidenti contrasti nati sul terreno di gioco e finiti… a ruzzoloni sul cemento! Oppure ripensò anche a quando, fino a pochi mesi fa, veniva con la sua banda a interrompere i giochi dei bambini, rubando loro la palla. Quest’ultimo pensiero lo fece vergognare: era caduto veramente in basso.

La vista, di fronte a lui, del recinto di rete metallica che circondava quel campetto lo rianimò.

“Peccato! Non c’è nessuno!- si guardò in giro per assicurarsi che effettivamente non  ci fosse anima viva- Mi sarebbe piaciuto fare quattro tiri con qualcuno! Beh, mi accontenterò di qualche avversario immaginario!”.

Strano che  non ci fossero nemmeno i più piccoli a giocare. Probabilmente le madri non li avevano fatti uscire a causa del tempaccio: Mitsui fissò il cielo e notò che un nuvolone scuro e denso si stava avvicinando.

“Poco male! Fintanto che non inizia a piovere io gioco!” e iniziò subito con un canestro da tre punti.

Il pomeriggio passava tranquillo fra un canestro e un finto scontro. Mitsui era completamente assorto nei suoi pensieri e non si rendeva conto dello scorrere del tempo, tanto meno dell’avvicinarsi di un temporale. Già qualche goccia stava scendendo, ma non sarebbe stata sufficiente a fermare Hisashi.

Certo, la pioggia nulla poteva verso il giocatore, ma qualcun altro forse sì.

“Ehi, Mitsui! Passa la palla! Vediamo chi è il più forte!”.

Mitsui si girò verso l’ingresso del campetto ed ebbe un sussulto: di fronte a lui tutta la sua ex-banda di teppisti, capeggiati da Ryu. L’entrata metallica e il vialetto che portava a casa Mitsui erano stati circondati.

“Che ti prende Mitsui? Hai perso la lingua? Dai, passa la palla che ti facciamo vedere noi come si gioca…” le risate di tutto il gruppo non si fecero attendere.

“Ragazzi cosa volete da me? Lasciatemi stare!” a Mitsui risuonava nelle orecchie la promessa fatta ad Anzai-sensei… egli non avrebbe fatto più a pugni con alcuna persona.

“Che c’è Mitsui?! Ti stiamo solo chiedendo di farci giocare con te ,no? Allora: ti tiri indietro?” il gruppo avanzava verso il centro con degli sguardi ben poco rassicuranti.

“Voi non siete capaci di giocare! Siete un insulto per questo sport. Andatevene via!!” Mitsui lanciò un’occhiata rapida attorno a sé: era veramente in trappola.

L’ingresso era occupato, i due lati più corti erano circondati da una rete alta 5 metri, il che avrebbe richiesto troppo tempo per scavalcarla. L’unica soluzione sarebbe stata quella di oltrepassare la recinzione che si trovava lungo l’altro lato, opposto a casa sua, poiché era più bassa. Però poi dove poteva andare? Inoltre l’avrebbero sicuramente inseguito e lui non sapeva proprio dove nascondersi. Senza contare che la pioggia aveva aumentato la sua intensità.

“Avete sentito ragazzi?! Mitsui crede che noi non sappiamo giocare a basket….!! Eh, già!! Caro Hisashi Mitsui tu hai proprio ragione!! Forse non sappiamo giocare a basket… ma sappiamo bene usare le mani in un’altra maniera!” e Ryu gli si lanciò addosso con un diretto. Mitsui abilmente lo scansò, ma fu subito attaccato da un altro della banda.

La situazione stava degenerando: in pochi minuti se li sarebbe trovati addosso tutti… non avrebbe certamente potuto continuare a evitare i loro colpi all’infinito! Ma non  poteva nemmeno reagire… lo aveva promesso ad Anzai-sensei!!

“Cosa ti succede, Mitsui? Non vuoi sporcare questo pallone col sangue? O hai solo paura di noi?” lo sguardo minaccioso del teppista e le sue parole pronunciate con tanta foga fecero tremare il ragazzo.

L’esitazione di un attimo. Il sangue sulla palla.

Un compagno di quei teppisti, uno che Mitsui non aveva mai conosciuto, gli tirò un gancio destro in pieno addome, facendogli uscire un fiotto di sangue dalla bocca, insozzando il pallone arancione ai suoi piedi.

“Ah-ah-ah!! Povero ragazzo!! Pulisci questa schifezza!”. Prese la palla e la strofinò con forza sulla maglietta del numero 14 dello Shohoku.

“Smettetela!! Cosa vi ho fatto di male? Lasciatemi andare!” mormorò Mitsui.

“Altrimenti che fai? Chiami i 4 imbecilli della tua squadra a difenderti?!”

[“Ehi!!!! Imbecilli a chi??!!” N.d.Tutti / “Daiiiiii!!! E’ solo una licenza letteraria…!!” N.d.Hotaru / “Ma che licenza… se non la pianti, ti licenzio io… che sono qui a prenderle dagli altri!!!” N.d. Hisashi-chan / “Scusa…. Amoooooreeee!!” N.d.Hotaru]

“Basto io per dei pivelli come voi. Non c’è bisogno di scomodare troppe persone”.

Quella voce. Tutti si voltarono verso l’ingresso del campetto. Tetsuo.

“Ehi, tu! Vedi di non immischiarti in faccende che non ti riguardano, ok?!” disse il più presuntuoso.

Ma fu subito azzittito da una manata in pieno viso, che lo fece atterrare a vari metri di distanza.

“Tutto quello che riguarda Mitsui, riguarda me”.

Il concetto fu subito chiaro ai più : presto sarebbe scattata una rissa in piena regola.

Tetsuo e gli altri. Tetsuo valeva per cinque. Gli altri erano in 8. Quanto avrebbe potuto resistere? Pochi minuti. Forse il tempo necessario a Mitsui per scavalcare la rete e scappare.

“Cosa ci fai ancora lì, campione?! Dai, muoviti ad andartene! Io non resisterò a lungo!!” Mitsui non si risolveva a scuotersi: come poteva lasciare un amico nel bel mezzo di una lite? Solo contro 8? Sarebbe stato solo un vigliacco!

“Che quadro commovente. L’amico non vuole lasciare da solo il compagno di avventure… come siete romantici!! Forza ragazzi, accontentiamoli: meniamoli entrambi! Così saranno soddisfatti di essere insieme anche nel dolore…”.

Le parole furono interrotte da un potente calcio negli stinchi, scagliato da Tetsuo.

La guerra era scoppiata.

 

Owari capitolo 1



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