Vorrei
ringraziare in anticipo quanti leggeranno questa fic. Spero vivamente che vi
possa piacere: critiche, suggerimenti ed impressioni saranno molto graditi.
I
personaggi non sono miei, li prendo solamente in prestito per questa pazzia
(Sicuri che Rukawa non posso tenermelo? Ndme con faccia supplicante. NO!!
Ndtutti.).
Il
mio modo di scrivere è molto introspettivo (alcuni dicono filosofico...), mi
auguro di non annoiarvi. Ho prodotto tutto ciò ascoltando gli U2, se vi
piacciono riconoscerete talune frasi...Un grazie a Ria e buona lettura! Ah...è
una Ru-Hana/Hana-Ru.
Bene,
mi levo di mezzo ^__^!
We get to
carry each other di
Dream
1.I need
your love.
Da
quando la situazione mi è sfuggita di mano? Era tutto così semplice
prima...No, non è vero, non lo è mai stato. Riducevo la situazione,
sminuendola in un modo a cui non si è mai conformata veramente
Lo
osservo dormire, rimiro il suo volto tranquillo, rilassato, che contrasta
quasi dolorosamente con l'apparenza che rivela agli altri, di ragazzo
chiassoso, sbruffone, sicuro di sè...
Inizialmente
era questo ad avermi attirato in lui, il fatto di essermi completamente
complementare: non riuscivo a comprendere la sua inutile allegria, il suo
modo a me tanto estraneo di vivere le proprie giornate. Come poteva
sprigionare tutto quel fuoco, quella sicurezza, l'impetuosità che talora
riusciva a coinvolgere perfino me, scalfendo la mia barriera di
imperturbabilita? Prima di incontrarlo, a volte, mi facevo quasi paura:
possibile che nulla giungesse a coinvolgermi, a farmi provare delle
emozioni, dei sentimenti che non fossero legati al basket? Tentavo di
interessarmi a delle ragazze, o uscire con alcuni miei compagni, ma era
quasi come andare contro me stesso: tutto mi scivolava addosso senza che
io trovassi modo di trattenerlo, ero in grado solo di osservare impotente
la mia indifferenza. Non mi importava nulla di ciò che potessero pensare
del mio atteggiamento gli altri: no, non era affatto questo il
problema...Mi struggevo solamente poichè non riuscivo a
non accorgermi che quei sentimenti che avrei voluto con tutto me
stesso comprendere mi si riflettevano addosso senza potersi impadronire di
me.
Da
una parte però ciò mi rassicurava: tutto questo implicava il fatto che
io non dipendessi dall'affetto, dalla vicinanza di nessuno...Che non mi
legassi a nessuno...Che non soffrissi più per nessuno. Forse il mio animo
era ancora troppo occupato a curare le ferite che gli erano state inferte,
per esporsi di nuovo ad altre possibili cicatrici...Ma finchè non fossi
riuscito a farmi coinvolgere da qualcosa che mi riscuotesse, me ne rendevo
conto, non ce l'avrei mai fatta a liberarmi del passato. E' servita la
vicinanza di una scimmia rossa per farmi render conto di questo...
Ma
come si può definire il nostro rapporto? Inizialmente mi ero convinto, o
desideravo persuadermi, che fosse solo un bisogno fisico, null'altro che
attrazione quella che ci legava.
Io
lo desideravo, volevo che la sua impetuosità, che quei sorrisi che
prodigava con tanta facilità fossero riservati solo a me. Non doveva più
fare il cretino con quella stupida ed insipida oca, non doveva esporre il
suo corpo ai miei occhi senza che lo potessi toccare, non poteva andarsene
lasciandomi in dubbio sulla sua destinazione! Ero irrazionalmente geloso
di quanto concedeva a tutti ma negava a me. Cazzo, mi faceva dannare la
costanza con cui la sua voce, la sua risata, il suo ampio petto,
comparivano nei miei pensieri! Nei miei sogni. Dopo così tanto tempo,
finalmente, gli incubi in cui rivivevo costantemente quella scena della
mia infanzia venivano rimpiazzati da situazioni ben più
"interessanti", da cui mi risvegliavo ansante e frustrato. Bella
circostanza: un' ossessione mi aveva liberato da un'altra. E questa era
proprio senza uscita: immaginavo che Hanamichi mi avrebbe massacrato se
solo avesse saputo i pensieri che compivo su di lui...Talvolta lo scoprivo
intento a rimirarmi fissamente e mi domandavo, terrorizzato, se avesse
compreso qualcosa...
Tutto
questo peggiorava di giorno in giorno. Le liti che provocavo per poterlo
toccare, per far sì che la sua attenzione fosse riservata solo a me,
crescevano proporzionalmente
al mio desiderio...Mi ero ridotto a seguirlo dopo gli allenamenti,
scoprendo così una situazione familiare che mi aveva lasciato
esterrefatto: la madre malata, orfano di padre, lavori part-time per
mandare avanti la situazione... Questa rivelazione mi aveva condotto ad
una confusione che bollavo ed allontanavo come pericolosa, e che mi
cagionava fitte dolorose al cuore e dei pensieri totalmente inusitati:
volevo poterlo aiutare, trarlo dal suo dolore, far sì che si confidasse
con me, consolarlo con un tenero abbraccio...
Sciocchezze!
Debolezze pericolose che io non mi potevo permettere.
Man
mano che il tempo trascorreva, però, mi sentivo sempre più perso: ormai
non riuscivo più a ridurre i miei sentimenti ad un semplice bisogno
fisico, poichè trascendevano tutto ciò...Ma non doveva essere
null'altro! Avevo paura di quegli spasmi che mi mozzavano il respiro e che
mi facevano tremare le mani se incontravo il suo sguardo. Di quella
tenerezza sconosciuta che mi conduceva sull'orlo delle lacrime quando mi
sentivo privo di ogni speranza di...di fare cosa? Di parlargli, di farmi
conoscere ed accettare da lui? Di farmi...amare da lui?
Mi
convincevo allora che era solo il desiderio troppo a lungo represso a
cagionarmi questo senso di tristezza, di smarrimento, e con rabbia avevo
preso la decisione di agire, poichè le inutili esitazioni non erano
conformi a Kaede Rukawa.
Ma
ero un illuso, se credevo che sarebbe bastato possederlo una volta per
placare la voglia che avevo di lui...Per spazzare quell'amore a cui non
volevo dare un nome, ma che ormai spadroneggiava in me...
FLASH-BACK.
/Due
mesi prima/
Gli
allenamenti del club erano ormai finiti da un pezzo, ed Hanamichi stava
facendo ritorno di malavoglia in palestra, maledicendosi per aver
dimenticato lo zaino. Se ne era accorto quando era già in sala giochi con
Yohei e gli altri, ed ormai si approssimava il tramonto. Era improbabile
che ci fosse ancora qualcuno dentro ora, ma tanto valeva fare un
tentativo, altrimenti sua madre chi la sentiva?
Sbuffò
per l'ennesima volta, ma tirò poi un profondo respiro di sollievo quando
svoltò l'angolo e si accorse che l'edificio era ancora illuminato. Chi
poteva essere? Magari Ayako si era fermata per riordinare gli armadi, o le
matricole stavano effettuando un allenamento supplementare. Si sentì
davvero più sereno, dirigendosi verso l'ingresso fischiettando.
Ma
quando socchiuse l'uscio, il cuore gli balzò in gola. Alla faccia del più
sereno... Fra tutti quelli che poteva incontrare, ed erano tanti, proprio
lui?! Decisamente Dio doveva avere un sadico senso dell'umorismo...
NO!
Calma, doveva calmarsi e riprendere il contollo! Doveva ricordarsi che lo
odiava! Sì, ecco, era sufficiente concentrarsi su quello! Lui DETESTAVA
Kaede Rukawa, lo odiava, non lo sopportava, era un arrogante stronzo
bastardo maledetto cretino dannato sensuale splendido adorabile...
Ehm...No! Un attimo... Aveva perso qualcosa per strada? Decisamente...
Ma
non ci riflettè troppo su, preso com'era dall'osservare quei movimenti
fluidi, aggraziati, il corpo flessuoso e forte, il viso angelico e
perfetto...
Da
un po' si era reso conto di volerlo, non era semplice ingannarsi su alcune
reazioni del suo corpo: era talmente evidente... Un miracolo che non se ne
fosse reso conto nessun altro!
Si
riscosse con rabbia. Così non andava! Spalancò con rumore la porta della
palestra, attirando a sè l'attenzione del volpino che, gli parve, per un
attimo avesse lasciato trapelare dal volto un'espressione quantomeno
inconsueta per lui: se non si fosse trattato del principe di ghiaccio,
l'avrebbe interpretata come piacevole stupore, quasi felicità...Naahhhh!!!
Era veramente un idiota a cercare di attribuire un significato a cose che
non ne avevano alcuno! Questa consapevolezza lo fece infuriare ancora più
con sè stesso, e, conseguentemente, con Rukawa, da lui ritenuto in buona
fede la sola causa di quell'assurdo turbamento.
"Baka
kitsune! Stai perdendo il tuo tempo, se credi che allenandoti di nascosto
potrai eguagliare il mio talento!"
A
questo proclama seguì solo un glaciale :"Idiota."
Non
sopportava che lo disprezzasse! E non sopportava dover riconoscere che
questo disprezzo lo ferisse così tanto!
Ora
tutto ciò che voleva era cercare di fargli male, di riscuoterlo, di far
soffrire quel ragazzo apparentemente irraggiungibile, che però poteva
tenere in pugno i suoi sentimenti, e gettarli al vento se lo avesse
desiderato. Perchè aveva questo potere su di lui? Perchè non se ne
rendeva conto? Perchè non capiva che con la sua indifferenza gli lacerava
il cuore? E lui perchè diamine si aspettava che Rukawa cambiasse
atteggiamento nei suoi confronti, coltivando vane illusioni? Se solo non
lo avesse desiderato tanto ardentemente...Ma non era in grado di ignorarlo
così sfacciatamente come l'altro faceva.
"SEI
SOLO UNO STRONZO! UN INSENSIBILE BASTARDO! NON CAPISCI UN CAZZO, CREDI CHE
TUTTO TI SIA DOVUTO, VERO!? TI ODIO!! TI DETESTO!!"
Rukawa
serrò violentemente i pugni, fino a conficcarsi le unghie nella carne.
Tentò di persuadersi che questa ulteriore e scontata affermazione lo
avesse lasciato del tutto indifferente, ma allora quall'era il motivo del
bruciore agli occhi che sentiva? Inutile mentirsi. Stava malissimo. LUI lo
faceva sentire così. Con le sue manifestazioni gratuite di odio, le sue
parole che trasudavano veleno ed ostilità. Ma gli aveva fatto qualcosa di
concretamente reale per essere trattato in quella maniera? Non era
sufficiente tormentarsi incessantemente al suo pensiero, dibattersi fra
dubbi non costruttivi ed incertezze?
Certo,
a prestargli ascolto non vi era nulla che potesse mutare quella
situazione: Hanamichi lo odiava. Punto. Questione chiusa. Ma lui non
poteva accettare che tutto avesse questa conclusione. Non poteva
permettersi di perdere quest'occasione, o di soffocare anche gli ultimi
sentimenti sinceri che riusciva a provare, sebbene sembrava potessero solo
farlo soffrire...
Tuttavia
era stanco di accettare questo dolore passivamente e remissivamente. No,
voleva qualcosa in cambio!
Lasciò
cadere la palla che ancora teneva in mano e che rotolò in un angolo della
palestra, prima di dirigersi verso la testa rossa, che si stava mettendo i
posizione d'attacco, credendo che lui volesse fare a botte. Ma non era
questa la sua intenzione. Parò un destro che gli era stato rivolto alla
mascella, bloccandogli il braccio con una mano e torcendoglielo dietro la
schiena. Con lo sguardo perfettamente calmo lo sbattè contro la parete e
lo strattonò poi a sè, prima di baciarlo con violenza.
Era
un bacio privo di dolcezza, colmo di rabbia e dolore disperato. Un bacio
che non pretendeva nulla, che non si attendeva certo di venire
corrisposto.
Così
Rukawa sbarrò smarrito gli occhi, non appena si rese conto che la lingua
di Hanamichi, dapprima timidamente, poi con maggiore foga, aveva preso a
duellare forsennatamente con la sua. Le ginocchia gli cedettero, cadde a
terra trascinando con sè il peso del compagno. Nel black-out che occupò
la sua mente, non riuscì a formulare alcun pensiero sensato, mentre
invece un'assurda speranza vi si andò prepotentemente facendo spazio. La
cacciò con disperazione.
Si
separarono poco dopo con il respiro affannoso, fissandosi con avidità. In
un impeto Rukawa sollevò la maglia di Hanamichi, lo spogliò con cupa e
silenziosa urgenza. Prima che fosse completamente nudo risalì su di lui
fino a giungere al suo volto e mormorargli sulle labbra delle parole con
cui aveva l'intenzione di distruggere sul nascere ogni possibile
pericoloso coinvolgimento. Troncare qualsiasi debolezza. Ma non tenne
conto del fatto che era ormai troppo tardi, nè si curò del peso che gli
schiacciò il petto, causato dal voler ignorare i lamenti del proprio
cuore.
"Lo
faccio perchè ho bisogno di farlo, non perchè ho bisogno di te. Non
sento nulla per te. Non sei nulla per me. Non c'è niente fra noi."
Quindi
con un impeto quasi disperato lo prese con violenza, cercando di affogare
nel piacere il dolore sordo che gli martellava le tempie. Perso nel
trasporto del momento, gli parve di udire dei singhiozzi soffocati, che si
andarono trasformando in gemiti sempre più profondi. Urlò, crollando poi
su di lui, concedendosi un breve e convulso abbraccio a quel corpo tanto
agognato, prima di andarsene in silenzio, lasciandolo riverso sul
pavimento freddo.
Ecco
come è iniziata la mia opera di auto-annientamento, di cui ho preso
coscienza solo quando mi sono reso conto che il mio desiderio non si è
placato con quell'occasione, che ho bisogno ancora di averlo, sempre di più,
più spesso, più in profondità. E più lo prendo, senza che lui si
ritragga, più lui si conficca come una spina nel mio cuore, pungolandomi
incessantemente, dolorosamente. Era, è, una droga per me, in grado di
portarmi in alto, e quanto più mi eleva, tanto più è fragorosa poi la
mia caduta, quando riacquisto sufficiente lucidità per considerare con
distacco questa assurda situazione.
Da
quando fra noi due è lui il più forte? Forse da quando gli ho permesso
di governare le redini che legavano il mio cuore. Mi sento impotente e
frustrato, poichè non riesco a comprendere quando ho concesso a me stesso
di amarlo. Ma vi è veramente un attimo preciso?
La situazione si è evoluta al punto che ho l'impressione di averlo
sempre amato, di non aver fatto null'altro nella mia vita. Credo di aver
vissuto ed atteso per lui ancor prima di conoscerlo. Come può esserci
stato un periodo della mia vita in cui ignoravo la sua esistenza?
Lo
amo.
E
lo odio.
Perchè
mi ha costretto ad amarlo, e non so come abbia fatto. Se conoscessi il
modo, potrei utilizzarlo affinchè anche lui debba amare me, senza
possibilità di scelta. Ma temo non ci sia nulla da fare. Non ho alcun
potere.
Lo
osservo dormire, vulnerabile ed indifeso, addossato a me. Eppure non mi è
mai sembrato tanto inattaccabile. Solo ora, quando è immerso nel sonno,
posso concedermi di rivelargli i miei sentimenti, tramite brevi carezze,
baci leggeri sul volto. Non accetterei mai di confidargli ciò che provo,
sarebe peggio che rassegnarsi ad una sconfitta. Il mio orgoglio ne
uscirebbe dilaniato, se lui scoprisse di avermi fatto innamorare. Io, il
freddo, indipendente mister unfeeliing, che ha perso la testa per un
ragazzo. Da cui non viene ricambiato. No! Non lo ammetterò mai! Non ti
permetterò di scoprire le mie debolezze! Non ti rivelerò la parte più
segreta di me, hai già preso troppo!
Come
fai, Hanamichi? Come riesci ad essere così padrone di te, a celare tanto
bene di fronte agli altri la nostra relazione? Non mi sarei mai aspettato
che tu potessi fingere con tanta disinvoltura. O forse davvero di me non
te ne frega nulla.
Durante
il giorno fai a botte, scherzi con gli amici, giochi a basket, scodinzoli
dietro alla Akagi e proclami il tuo odio verso di me.
Ma
di notte sospiri appassionato fra le mie braccia, senza pretendere nulla
di più, pronto a riprendere il tuo teatrino il giorno successivo. Senza
permettermi di leggere il tuo cuore.
Non
capisco. Mi confondi, mandi all'aria le mie certezze, mi fai credere di
odiarmi ancora. E' vero questo? Vorrei chiedertelo, ma so già che non avrò
mai il coraggio di farlo.
Ti
amo da impazzire, Hana, e nemmeno lo sospetti. Forse lo sai, e la cosa non
ti sfiora neppure. Mi stai usando solamente. Stai facendo di me quello che
io avevo intenzione di fare con te. Nonostante io me ne renda conto, non
posso ribellarmi, hai incatenato il mio cuore, ti appartengo. E' buffo. Il
tuo corpo può essere mio, e la mia anima è totalmente tua. Come ho
potuto credere che fosse solo sesso?Questo non mi basta più, anzi, a dire
la verità, non è mai stato sufficiente.
Voglio
avere altro da te, pretendo troppo? Qualche parola, frase che calmi la mia
inquietudine, i miei assillanti dubbi. Sì, chiedo troppo, volendo
spiegazioni e non potendotene dare. Ma ti amo, questa è l'unica risposta
possibile. Davvero non sai che fartene del mio cuore? E' questa
l'impressione che mi dai...O sono io a non capire? Non puoi pretendere che
lo faccia, non sono mai stato bravo ad interpretare le persone, e, si sa,
amare è essere ciechi.
Questa
situazione mi fa troppo male. Non mi basta più quello che puoi offrirmi.
Per te è tutto, ma io voglio ancora. Non posso vivere senza di te, ma
neppure soffrendo in questo modo accanto a te.
Questa
situazione dovrà cambiare, ed io non voglio sapere come.
Ho
paura.
Mi
hai in pugno, e non lo sai.
Suona
la sveglia, che segna il mio distacco da te. La fine del mondo per me
reale e l'inizio di un'assurda messa in scena. Fingo di destarmi, mentre
con sordo dolore avverto la tua fretta, l'urgenza che hai di allontanarti
da me.Ti odo fare la doccia, nella tua casa sinistramente deserta e
silenziosa.
Non
ho osato chiederti nulla dei tuoi genitori, e tu, ovviamente, non me ne
hai mai accennato. E' però più esatto dire che non mi hai proprio
parlato.
Ti
limiti a fare del sesso con me e basta, senza darmi spiegazioni, senza
chiedermi nulla. Le sole parole che scambiamo sono unicamente frasi vuote
di circostanza, richieste dalle situazioni.
Mi
sembra di essere una macchina, quasi la tua freddezza mi stesse
ghiacciando. Vorrei tanto invece poterti io riscaldare col mio
calore, ma sono un debole, non ci riesco.
La
tua vita non pare essere minimamente influenzata dalla mia intrusione.
Ecco, così mi fai sentire: un intruso nel tuo territorio.
Certe
volte mi illudo: alcuni sguardi che mi riservi, le carezze che mi rivolgi
quando mi credi addormentato vorrei fossero segnali di qualcos'altro. Di
un possibile sentimento che io ti riesca a suscitare, fosse anche un
centesimo di quello che provo per te, del mio amore infinito, che mi
costringo a reprimere affinchè tu non ti senta costretto, legato, e non
ti ribelli alla mia vicinanza, allontanandomi per sempre, senza poter più
godere neppure del poco che mi sai concedere. Prego ogni giorno Dio perchè
non sia ancora giunto il momento che tanto temo, l'attimo in cui ti
accorgerai di esserti stancato di me, e mi getterai via senza neppure uno
sguardo di rimpianto alla passione che condividiamo.
Ma
la speranza è l'ultima a morire: talora avverto una sorta di tenerezza
quando mi possiedi, ben diversa dalla disperata urgenza della prima volta,
ed i tuoi baci paiono più dolci, ricchi di un significato che vorrei
fosse quello esatto. Ma subito dopo ti allontani di nuovo, a chilometri da
me, in un luogo dove non ti posso raggiungere.
No.
Non mi devo illudere. Del resto, come posso dimenticare la frase che hai
detto, indelebilmente impressa nella mia mente?
"Lo
faccio perchè ho bisogno di farlo, non perchè ho bisogno di te. Non
sento nulla per te. Non sei nulla per me. Non c'è niente fra noi."
Perchè
mi sono innamorato di te? Se lo avessi saputo, che sarebbe andata a finire
in questo modo, avrei cercato di starti lontano, ma ormai è troppo tardi.
L'amore è assolutamente irrazionale, è un sentimento che dovrebbe
portare gioia, ed invece fa solo soffrire. Mi sento come se il mio cuore
si stesse inaridendo, anelasse della tenerezza, della dolcezza in grado di
curare tutte le ferite che tu mi hai inferto con la sua assoluta
indifferenza. Tuttavia queste sono sensazioni che, lo so, non mi offrirai
mai. Credo che tu non le conosca neppure. Possibile che tu non ne abbia la
necessità?
No...Non
ha bisogno di nessuno, nè tantomeno di me...
Sono
stanco, stanco di torturarmi in questo modo, pregando affinchè il suo
gelido animo mi conceda un po' di calore. Mi chiedo per quanto ancora sarò
in grado di resistere prima di spezzarmi.
Lo
amo, ma temo che questo sentimento mi lascerà, se lui non ne avrà cura.
E so che, una volta perso questo amore, non ve ne sarà altro per me al
mondo. E' lui di cui ho bisogno. Come potrò vivere, se non mi basta ciò
che è in grado di darmi, quando ciò che riesce a darmi è solo dolore?
Mi sento morire lentamente, perchè lui è il mio soffio vitale, e lo sto
perdendo. Ma non è mai stato mio.
Mi
lancia come una palla di gomma, ma non arresterà la mia caduta.
E
non posso far altro che aggrapparmi all'amore, un amore inesistente.
Il
mio animo si sta smarrendo, ha bisogno di qualcuno che gli indichi una
strada, che gli restituisca sicurezza ed energie. Che gli offra dell'amore
incondizionato.
Con
le palpebre semichiuse ti guardo riemergere dal bagno e mi chiedo: per
quanto ancora potrò avanzare, quanto manca al momento in cui esaurirò
ogni mia forza residua e mi accascerò al suolo, impotente, a guardarti
proseguire il tuo cammino senza che tu ti volti indietro verso di me,
senza più poterti seguire?
-Ti
aspetto all'intervallo sul tetto della scuola.-
-Haruko-
Fissò
nuovamente il bigliettino piegato con tanta cura che era stato riposto nel
suo armadietto. Rimase per un lungo attimo immobile, cercando di
analizzare le proprie sensazioni. Si sentì stupito di sè stesso, poichè,
per quanto cercasse, nella sua mente non vi era alcuna traccia di quella
gioia che probabilmente lo avrebbe invaso nella medesima situazione alcuni
mesi prima. No: sorpresa, imbarazzo, aspettativa invece. Delusione,
anche...Aveva sperato che quel messaggio provenisse da qualcun altro. Ma,
si sa, l'illusione è una peculiarità specifica della razza umana. Ed è
una delle più frequenti cause di dolore.
Sospirò,
alquanto indeciso, rigirandosi quel pezzo di carta fra le dita. Poi, quasi
fosse stato chiamato, si voltò, scorgendo Rukawa intento a fissarlo con
un'espressione indecifrabile a qualche metro di distanza. Ricambiò a
lungo lo sguardo, prima di infilare con fare risoluto il biglietto in
tasca, allontanandosi nella sua direzione, sfiorandolo senza dargli
apparentemente alcun peso.
Aprì
con sicurezza la pesante porta metallica e la richiuse piano dietro di sè,
cercando la ragazza con gli occhi. La scorse quasi subito, appoggiata alla
ringhiera mentre lo attendeva arrivare.
Le
sorrise approssimandosi :"Ciao! Ti ho fatto aspettare a lungo?"
"No...no,
no! Sono appena arrivata!"
"Dovevi
parlarmi? Come mai quel biglietto?". La fissò con curiosità,
cercando di concentrarsi su di lei, di trovare in sè perlomeno qualche
traccia dell'antico amore. Non ve ne scoprì alcuna, era stranamente
distaccato e padrone di sè. Perfettamente calmo. Cosa lo aveva tanto
colpito di lei, così simile a tante altre, così uniforme alla massa? Non
era trascorso tanto tempo, ma lui era cambiato molto...Al punto da
considerare quasi con commiserazione l'adolescente timoroso che balbettava
ed arrossiva senza speranza sotto lo sguardo di quella comunissima
ragazzina. A cosa era dovuto quel drastico mutamento? Era il dolore, erano
i dubbi ad averlo rimodellato? O semplicemente stando con Kaede aveva
imparato a considerare l'essenza delle persone? Pensare a lui gli causò
una dolorosa fitta al cuore.
Sotto il suo sguardo, lei sembrò arrossire
:"Si...ti...dovrei parlare."
"Coraggio!", la invitò con gentilezza. Sembrava
che ora fosse lui a dominare la situazione.
Haruko si imporporò violentemente e parve prendere un
grosso sospiro :"Vedi Hanamichi... Io...Mi sono accorta di tante cose
in queste ultime settimane. Su di me, su di te...Sei cambiato, ti sento
diverso da prima. Qualcosa è mutato in te, e questo mi ha permesso di
accorgermi...che...ecco...Non mi è mai piaciuto veramente Rukawa...Credo
che tu sia la persona giusta per me!!". Terminò tutto d'un fiato,
con le lacrime agli occhi per l'imbarazzo, l'emozione e la paura.
Hanamichi rimase immobile, incredulo per quelle parole.
Giunte ormai troppo tardi, o meglio, dalla persona sbagliata. Non seppe
proprio cosa dire, e si sentì mortalmente triste, forse perchè avrebbe davvero
voluto ricambiare quei sentimenti.
Era ancora preda della più completa confusione, quando
lei gli si strinse contro e gli sussurrò sul collo :"Ti amo,
Hana-kun."
Si sentì lacerare a metà, e non potè impedire alle
lacrime di sgorgare, senza comprendere se indicassero felicità o tristezza
o rammarico...Ma riuscì a stringerla a sè e mormorare una breve e
spezzata supplica :"Dillo di nuovo...Ripetilo ti prego...Ho bisogno
di sentirlo dire..."
Vuoto.
Vorrei essere vuoto, non avere un cuore, un'anima, dei sentimenti. Vorrei
non aver mai conosciuto ciò che questi implicano.
Ho
trascorso il tempo in mille congetture pessimistiche, ma in realtà ho
sempre sperato, creduto che non si sarebbero realizzate. Ed ora mi trovo
qui, a pregare, a supplicare, offrendo a Dio in cambio tutto quello che
ho, la mia bellezza, la mia ricchezza, le mie doti di giocatore, per
potermi svegliare da quest'incubo. Per sentire il respiro tranquillo del
suo sonno che mi sfiora il collo. Per non ascoltare le parole che mi sta
rivolgendo.
"Mi
sono fidanzato con Haruko. Desidero quindi considerare la nostra parentesi
come un errore, una storia chiusa. Naturalmente questo non deve
interferire nella nostra squadra e nei nostri rapporti all'interno degli
allenamenti o delle partite."
Se
fossi ancora il me stesso che conoscevo, ti farei rimangiare ogni cosa,
riaffermando la mia volontà, confermando il mio potere su di te, il fatto
che tu mi appartenga, sia solo mio, e che quindi ogni tua decisione
dipenda da me. Mi infurierei, ma solamente per come tu abbia osato
ribellarti al tuo ruolo, quello di oggetto di mia proprietà. Ma non sono
più io. Mi hai rovesciato. Senza di te non avrei mai pensato di poter
rivalutare i miei ideali, considerare i sentimenti degli altri, soffrire
per qualcuno che non fossi io. Non avrei mai immaginato di dover
trattenere le lacrime di fronte a nessuno.
Sei
immobile di fronte a me, la tua voce rivela solamente profonda
indifferenza. Sento che dovrei odiarti per ciò che mi stai facendo, che
sarebbe giusto, e forse l'unico modo per poter superare questo momento. Ma
non ci riesco: l'umiliazione di essere stato lasciato, il fatto di essere
stato soppiantato proprio dalla Akagi, la consapevolezza certa di non
essere stato veramente nulla per te, ci sono, certo... Ma passano in
secondo piano, come un cumulo di rovine sullo sfondo di un campo di
battaglia, in ciò che ora è il mio cuore, devastato dall'impossibilità
di un amore che ormai consideravo essere tutto ciò che conta nella mia
vita.
Ora
davvero vorrei morire, lasciarmi cadere, non rendermi conto di nulla,
mentre la tua figura mi svanisce dinnanzi, sostituita da mille tumultuosi
ricordi che mi investono con una violenza unica: i tuoi sorrisi, che non
mi sono mai stati riservati, la tua gioia che io, illuso, mi sono vantato
di poter governare, la tua passione che ha riscaldato per un breve attimo
la mia esistenza, rendendola degna di essere vissuta...Tutto di te mi è
diventato indispensabile...Ed ora...Ti ho perso...Non potrò mai più
stringerti, guardarti e pensare: ciò che di più bello c'è al mondo mi
appartiene...
No,
qualcuno che non sarò io riceverà quanto mi hai sempre negato, susciterà
in te una spensieratezza che io non sono stato capace di far altro che di
soffocare...Ed io dovrò osservare impotente il tuo cuore aprirsi per un
altro?
Forse
se mi comportassi in maniera diversa, se potessi cambiare, in qualche
modo, qualsiasi modo...Dimmi ciò che vuoi da me, chiedimi qualunque cosa,
ma dammi ancora una possibilità...La mia vita non può essersi conclusa
in questo modo proprio ora! Accetterei tutto, anche di poter essere solo
il tuo giocattolo, di non venire mai amato da te: come posso pretendere
tanto, ma non allontanarmi da te!! Lasciami vivere nell'ombra, alle tue
spalle, traendo energia da quel poco che riuscirai ad offrirmi. Ho
sofferto con te, sì, ma ero felice, poichè finalmente avevo un senso!
Ero tuo, sarò per sempre tuo, questo non puoi cambiarlo, lo sai!? Ed
allora perchè non mi vuoi?! Dammi una misera speranza a cui
aggrapparmi...Guardami, ti prego!
Come
se tu sentissi questo mio ultimo richiamo, alzi il viso e mi fissi, al di
là delle suppliche che non sono riuscito a rivolgerti.
Ho
cancellato me stesso, eliminando così l'unica mia possibilità di essere
felice. E vedo dinnanzi a me quello che so rimarrà l'unico amore della
mia vita osservarmi impassibile anche dopo la mia dichiarazione di
rottura. Ma sono stanco...troppo stanco anche solo per urlare e dare sfogo
a tutto il dolore che preme il mio respiro, rendendolo debole ed
affannoso. Ti amo, ma non ce la faccio a sopportare più a lungo il peso
di ciò che mi concedi, il fatto di poter toccare il tuo corpo ma sapere
inviolato il tuo cuore. Non ce la faccio rendendomi conto di non essere
nulla per te.
C'è
un limite a tutto, voglio qualcuno che mi sappia dare l'amore, dire le
cose di cui ho il bisogno. Mi sento meschino, rinunciando a te in questo
modo, ma mi consolo pensando che ho solo evitato che tu mi precedessi.
Forse...In
fondo...Entrambi potremmo trovare felicità altrove...Già, che senso
aveva portare avanti una relazione che non ci conduceva in nessun luogo?
Ma
tutte queste bugie non mi fanno sentire meglio, nè meno vigliacco.
Voglio
andarmene prima di cedere, crollare di fronte a te e liberarmi con parole
di questo peso che altri non è se non la pressione dei sentimenti
repressi.
Ma
prima...Un'ultima volta...Desidero assaporare quelle labbra in un bacio
disperato, che entrambi sappiamo essere l'ultimo. Quanta foga, passione
che rasenta la disperazione e che mi travolge come una potente ondata...Mi
strappo da te...
Non
assaggerò mai più il tuo sapore, non mi riscalderò più al tuo
calore...Tutto ciò che avrebbe potuto esserci è annientato, concluso, il
mio cuore spezzato, i miei sentimenti calpestati...Chi mai potrà curarmi
da questa lenta agonia? Prego Dio di prendermi il cuore, di farmi
diventare pazzo...Tutto pur di non stare così male! Vorrei vomitare la
mia vita, poichè ho la sensazione di aver sbagliato tutto senza rimedio!
Potessi annullarmi e riiniziare ogni cosa da capo...Ma ormai non posso più
tornare indietro, crogiolarmi in ricordi e rimpianti...Devo andare avanti,
e forse sopportando questa sofferenza potrei anche riuscire a perdonare
tutti i miei errori, e la mia debolezza...
Mi
piacerebbe potergli dare dell'egoista per aver pensato solo a se stesso,
al suo piacere, ma so di essere io l'unico egoista, che pretende di essere
amato senza aver fatto nulla per meritarlo. Tuttavia mi consolo,
riconoscendo amaramente che, almeno, questa situazione farà soffrire solo
me...
Avrei
dovuto prestare più attenzione, evitare di concedergli indifeso il mio
cuore. Come se questo fosse stato possibile...
Avrei
voluto che mi amasse anche solo per un istante, anche solo con un decimo
della mia intensità...
Ma
ora...
...Chi
affronterà il tuo spirito privo di ogni vincolo?
...Chi
affogherà nei tuoi occhi blu?
...Chi
cadrà ai tuoi piedi?
...Chi
assaggerà i tuoi baci di acqua salata?
...Chi
prenderà il mio posto?
Sei
pericoloso, poichè sei onesto, non hai mai fatto nulla per illudermi... Non
sai ciò che vuoi... Lasci il mio cuore vuoto come un lotto vacante,
per qualsiasi spirito che se ne voglia impadronire...Mi
dici cose a cui, lo so, non credi, e mi lasci dove non posso essere
raggiunto... Sei un incidente che attende di accadere... Ed
ora vattene, non voltarti indietro, non girare il tuo cuore nomade...Le
porte che hai aperto in me...Proprio
non le posso chiudere.
Si alzò dalla poltrona in cui sedeva quando finalmente udì
chiudersi la porta d'ingresso che annunciò l'arrivo di suo nipote.
Subito dopo questi fece la sua comparsa in salotto,
salutandolo con un tono di voce che mai prima era stato così atono
:"Zio! Sono felice di rivederti, quando sei tornato?".
Lo fissò a lungo in silenzio, prima di chiedergli
:"Cosa ti è successo?"
Capisco
dallo sguardo che mi rivolge che è preoccupato. Mi osservo allo specchio
e so di non potergli dare torto. La mia pelle, normalmente pallida, ha ora
dei riflessi quasi spettrali, gli occhi, cerchiati da scure occhiaie,
paiono degli oscuri pozzi di tristezza. In poco meno di una settimana sono
dimagrito visibilmente.
Sto
facendo di tutto per non pensare, e non permettere così al dolore di
prendere il sopravvento, ma la mia volontà non riuscirà ad avere la
meglio ancora a lungo.
Mi
sto gettando anima e corpo nel basket, e la sera, ormai sfinito, assumo
delle pasticche di sonnifero per potermi addormentare subito e non pensare
più a noi, a lui, lei, loro.
Mi
risveglio la mattina spossato da un sonno che non si è rivelato per nulla
riposante e mi lascia un greve senso di stanchezza di cui non mi riesco a
liberare. Quando sono solo, con le cuffiette nelle orecchie ascolto rock a
pieno volume, cercando in questo modo di coprire la voce della mia
coscienza, non sentire ciò che ha da dirmi. Per quanto riuscirò ad
ignorarla?
Vedo
mio zio accostarmisi :"Non stai bene? Sei stato malato?"
"E'
tutto ok!"
Il
suo sguardo è corrucciato quando incontra il mio e, naturalmente, scopre
che gli sto mentendo. Ma sa altrettanto bene che non gli confiderò nulla,
non potrei mai.
"Dimmi
in che modo posso aiutarti."
Mi
dispiace farlo preoccupare in questo modo, ma non riesco ad evitarlo.
Sospiro...Forse lui mi capirebbe, ma riuscirei io a spiegarmi?
Sento
il suo sussurro :"Un amico è una persona che si lascia aiutare. So
che sei forte, non devi dimostrare nulla a me, io ormai ti conosco, so chi
sei, so come sei. Permettimi di fare qualcosa per te."
"Portami
via." Voglio andare via, potrete anche pensare che sono un vigliacco,
ma è inutile che mi torturi e continui a soffrire per una situazione
senza uscita. E so che, standogli vicino, non potrei riemergerne.
"Prepara
le valigie. Devo andare a Los Angeles per lavoro, e tu verrai con
me."
Gli
riservo un sorriso di gratitudine, ed anche di sollievo. Ma non di gioia,
quella gioia che avrei provato tempo fa. E' strano che ora, di tutti i
miei progetti, non me ne freghi più nulla, se lui non ne fa parte.
Credo
che sia una parte di me ad avermi abbandonato. E' partito ciò che
consideravo ormai un tassello della mia vita.
Ed
ora io sono qui, tengo lei fra le mie braccia, accarezzo i suoi finissimi
capelli, ascolto le sue parole intrise di timido e puro amore, pensando ad
un angelo che mi si è involato fra le mani, ma che appena una settimana
fa mi si stringeva fra le braccia...
Ed
averlo lontano, liberarmi dal suo influsso, snebbia la mia mente, che ora
comprende il significato di tanti gesti suoi che dapprima mi parevano
oscuri, vuoti e spogli di ogni significato che io volevo loro attribuire.
Adesso
lo so, non ho più alcun dubbio: era veramente felicità quella espressa
dal suo volto quando in silenzio mi abbracciava, prima di fare l'amore con
me. E le carezze, i baci nel sonno avevano una loro ragione. Kaede non
faceva nulla senza motivo. Lo sguardo che mi rivoltomi quando l'avevo
lasciato non era indifferente, ma solo spogliato di qualcosa, tradito,
quasi vilipeso...Da me? Rammento la stretta della sua mano, in
quell'occasione in cui mi ero fatto male, durante gli
allenamenti...Sembrava volermi rassicurare sulla sua presenza al mio
fianco. C'era panico nella sua voce, non era fastidio! Quando avevo
tardato al nostro appuntamento a causa di una zuffa con dei teppisti, la
rabbia che da lui espressa non era per la mancata puntualità, ma per
coloro che mi avevano fatto del male. E le sue mani non erano mai state
così ferme e dolci, come quando avevano curato le mie ferite!
Se
davvero provavi qualcosa per me, perchè non mi hai mai detto niente,
stupida volpe! Non potevo certo immaginarmi ciò che non sapevo! Non so
che pensare...
Per
riflesso la stringo più forte, e lei mi fissa smarrita. Le sorrido,
cercando di celare la mia amarezza, il senso di colpa che nasce dal ruolo
che le sto facendo assumere. Dovrei amarla quanto merita, ma molti
rimpianti, infiniti dubbi gravano come un'ancora, tentando di trascinarmi
indietro, di farmi vivere solo in funzione dei miei ricordi di lui. E'
sempre così difficile riiniziare, quando si ha amato davvero?
Cerco
di convincermi che sia stata una storia stupida e senza importanza, che
Haruko potrà farmi dimenticare tutto districando la mia mente dalla
confusione in cui è avvolta. E' così semplice amarla...Allora perchè mi
sembra di non esserne più in grado? Ho la sgradevole sensazione che non
possa essere più nulla come prima, che ci sia qualcosa in sospeso, che
non mi darà tregua.
2.Who are
you? Who am I?
Cinque anni più tardi.
Un giovane dalla vivace chioma rossa fece il suo ingresso
in un bar e, dopo essersi guardato brevemente in giro ed aver scorto la
persona che cercava, si diresse verso il tavolo occupato da una bella
ragazza dai capelli castani e dallo sguardo dolce che gli stava sorridendo
tranquilla.
Non appena lui le si sedette di fronte, subito la donna
intrecciò le proprie mani con le sue in un gesto colmo d'affetto.
"Allora,
Hana-kun, avete fissato la data?"
"Sì, fra due settimane."
"Chi verrà?"
La testa rossa parve rifletterci un po' sù :"Bhe...Ovviamente
i rappresentanti più significativi delle squadre ci saranno tutti. Sarà
una bella rimpatriata, Ayako mi ha detto di aver contattato tutto il
nucleo originario dello Shohoku, e poi Sendoh, Uozumi, Fuku-verme, Maki,
Nobu-scimmia, Jin...Le stelle più fulgide insomma! Hai avuto una grande
idea ad organizzare una festa con tutti i compagni che hanno
caratterizzato il mio ingresso nel mondo del basket il primo anno al
liceo!"
"Per te questo ed altro,
Hana. Dovremo festeggiare il
tuo ritorno al mondo agonistico dopo quel brutto infortunio, e quale
migliore augurio per questo secondo inizio che una rievocazione del tuo
primo, vecchio inizio con lo Shohoku?"
Lui si sporse e la baciò dolcemente :"Ma è a te che
devo tutto, lo sai, Haruko...E' merito tuo se ho iniziato a giocare!"
Lei lo fissò per un po', prima di distogliere lo sguardo
e balbettare :"Hana...Senti..."
"Dimmi!". Come sempre, doveva esortarla a
parlare, quando lei intendeva dirgli qualcosa di importante. Ma era così
tenera...
"Io non so se la prenderai bene, ma è da un po' che
pensavo di chiedertelo. Ti amo, lo sai?"
"Sì, certo!" Fece lui stupito da quest'uscita
"Anch'io! Ma che c'entra?"
"Io ti amo veramente tanto, so che tu sei la sola
persona veramente adatta a me e vorrei passare tutta la vita con
te...Voglio sposarti, Hanamichi!" Esclamò quasi con vergogna.
Eeeehhhhh?
Ma...Ma è impazzita? Mio Dio...Io mi sento totalmente spiazzato, non so
che dire, che fare...O meglio, so...CHE NON VOGLIO!
Balzo
in piedi sconvolto, balbetto uno: "Scusami!" affrettato e mi
precipito fuori dal locale, che mi pare privo d'aria. Mi rendo conto da me
che non è bello lasciarla impalata lì, in quello stato, e chissà come si
sentirà dopo avermi chiesto una simile cosa! Non è certo da tutti i
giorni, deve esserle costato parecchio... Ma di questo ora proprio non me
ne frega nulla!
Inizio
a correre come un forsennato, forse per tentare di calmare la mia
agitazione o fuggire da lei, senza minimamente ricordarmi le parole del
dottore che ha sconsigliato sforzi prolungati alla mia caviglia per i
primi tempi.
Non
so quanti chilometri ho fatto, ma quando mi accorgo di essere giunto sino
al campetto di basket di fronte a casa mia, mi fermo, crollo su una
panchina, prendo il capo fra le mani e rifletto.
Allora...Calma
innanzitutto! Cerchiamo di analizzare la situazione!
Mi
ha chiesto di...SPOSARLA! Come mai provo così tanto...orrore, fastidio,
repulsione a quest'idea? Sarebbe normale averne sì paura, è un passo
importante, decisivo per la vita di una persona, ma sicuramente non è
comune sentirne ribrezzo, soprattutto se chi te lo propone è colei che
ami.
Che
amo...
Possibile
che, ogni volta che io usi questo verbo, debba pensare a lui? E'
un fantasma di cui non mi riesco a liberare, che non mi abbandona,
e non posso fare a meno di comparare i miei sentimenti per Haruko con
quelli che provavo, provo ancora, per quel demente. E mi rendo conto
che...Non c'è confronto, l'ho sempre saputo, ma sempre ignorato e
rifuggito.
Dov'è
ora la passione che mi assaliva con lui, lo struggimento di non averlo
vicino, la costante paura di perderlo, l'ammirazione per qualsiasi suo
movimento e quell'invincibile calore che mi arroventava quando gli ero
accanto? Dov'è il tremito che mi assaliva ad ogni suo tocco, il timore
quasi reverenziale per la sua bellezza, l'attesa di ciò che quello
splendido sguardo poteva esprimere?
Dov'è
quella sensazione di completezza...come se il mondo avesse avuto un
significato solo se visto assieme a lui, e la vita un senso solo se
condivisa con lui?
Perchè
con Kaede sentivo il desiderio che tutto durasse in eterno, pregavo per
questo, ed ora invece...?
In
un lampo comprendo che non è il fatto del matrimonio ad ispirarmi
repulsione, ma quello di trascorrere tutta la mia vita con Haruko. E' lei
che non voglio. Solo ora perdo il velo con cui volevo coprirmi gli occhi e
vedo veramente tutto: no, non potrei mai sposarla, perchè non è a lei
che sono destinato, non è lei che... Non è lei che amo! E' una sola la
persona per cui sento di essere nato, capisco di avere uno scopo ed un
senso.
Haruko...Le
ho voluto bene, ma è stato più che altro tenerezza per la sua ingenuità,
desiderio di protezione e, forse, anche inconsciamente gratitudine per
avermi portato al basket e conseguentemente a lui. Ho riversato su di lei
l'affetto che non ho potuto usare con Kaede...
E
mi sono preso in giro per tutto questo tempo? Do'aho...
Ora
che posso fare? Non lo so, credo che mi adatterò a vivere con il
rimpianto di aver gettato senza lottare la mia unica possibilità di
essere felice, e la vergogna di aver poi nascosto il viso nella sabbia per
non sbatterlo contro la cazzata che avevo fatto...
Perchè
l'avevo lasciato? Mi sentivo oppresso dal suo non voler esprimere ciò che
provava, non voler condividere con me i suoi pensieri, non rendermi
partecipe della sua vita. Eppure solo ora mi rendo conto di quanto questo
dovesse essergli risultato difficile, di come io non lo avessi per nulla
aiutato, e capisco che sì, lui provava qualcosa per me. Non avrebbe
accettato che io facessi ingresso nella sua esistenza, altrimenti. Kaede
riduceva i suoi rapporti con gli altri allo stretto indispensabile, non si
manifestava se non per chi sentiva qualcosa di diverso. No, ora comprendo
di averlo respinto solo per un infantile paura di quel sentimento troppo
grande per me, e tuttavia non prematuro...
Sento
dei passi, mi alzo e so già che è lei.
Mi
si ferma davanti, e noto dal suo viso che ha pianto: "Immaginavo di
trovarti qui!"
"Scusami."
"Suppongo
sia un no." E' chiaro che soffre, ma fa di tutto per sembrare
disinvolta. "Hai ragione. Sono una sciocca, mi rendo conto da me che
è troppo presto, ma sono sempre stata avventata. Per favore, dimentica
quello che ho detto e che torni tutto come prima, ok?"
Il
suo tono di supplica mi impietosisce, ma ormai nulla può farmi desistere
dalla mia convinzione :"No.".
Secco,
chiaro ed asciutto.
"Co...Cosa?"
Balbetti, incredula e spaventata.
"No.
Non può essere tutto come prima. Mi dispiace, ma credo che sia finita fra
noi."
Terrorizzata,
ti aggrappi ad un mio braccio :"Aspetta, se è per l'assurdità che
ti ho proposto, te l'ho spiegato, non conta nulla! L'ho buttata così, ma
non mi importa! Rifletti, ti prego."
La
scosto gentilmente, ma con fermezza :"Non è per questo. Mi sono reso
conto di non amarti."
Mi
fissa atona per un istante, prima di lanciarmi un violentissimo schiaffo e
urlare :"C'E' UN'ALTRA, VERO? DIMMELO, E' COSI'?!"
Sono
quasi spaventato. Abbiamo litigato talvolta, ma non mi è mai capitato di
vederla tanto infuriata. Ed in fondo non posso darle torto, l'ho messa in
mezzo senza che ne avesse colpa alcuna.
Macchinalmente
porto una mano alla guancia arrossata, prima di risponderle:
"No, non c'è nessun'altra. Devi credermi. E' solo che
io...non ti amo."
"COME
PUOI DIRMELO COSI' TRANQUILLO QUANDO AFFERMAVI IL CONTRARIO FINO A POCHI
MINUTI FA? Come puoi?" Sussurra, prima di esplodere in un uragano di
singhiozzi.
Farei
qualsiasi cosa per aiutarla, sono io l'unico colpevole di questa
situazione, colui che con il suo agire da cretino l'ha provocata.
Timidamente appoggio una mano sulla sua spalla, ma lei si allontana come
se fosse stata sferzata. "Vattene!!" Mi sibila, raggelandomi.
Non avevo mai udito tanto odio concentrato nella voce di una sola persona,
ed il fatto che questa voce fino ad ora non abbia fatto altro che
sussurrarmi frasi dolci aumenta questo mio profondo senso di disagio.
Mi
allontano, ricordando un luogo comune di cui ho saggiato ora la veridicità:
"Puoi odiare solo chi hai profondamente amato, perchè solamente lui
può farti soffrire davvero."
"Mi
dispiace..." Affermo sommessamente, lasciando che questo mormorio si
perda nel vento.
La serata fu
tutto sommato piacevole, sebbene ognuno
notasse l'atmosfera tesa che si era creata fra Haruko ed Hanamichi.
Altre volte avevano litigato, e sempre a causa di quello
zuccone, ma le questioni si erano risolte dopo tre, massimo quattro
giorni. La loro pareva una coppia salda ed innamorata. Ora invece questa
situazione di gelo perdurava più o meno da circa due di settimane e non
accennava a mutare: quella sera i due non si rivolsero la parola e
occuparono gli estremi opposti della sala tentando palesemente di
ignorarsi.
Per il resto regnò l'allegria: la compagnia si era
radunata già da un paio d'ore in un locale conosciuto da Ayako
divertendosi fra piacevoli e buffi ricordi, la maggior parte dei quali
avevano per protagonista la testa rossa, fiumi di birra e balli scatenati
In un primo istante i ragazzi erano piuttosto a disagio,
taluni non si vedevano da parecchio tempo, e cercarono di rompere il
ghiaccio con battutine scherzose, ma l'imbarazzo si dissolse subito
una volta che Akagi spiaccicò a terra Sakuragi con un pugno,
esattamente come ai vecchi tempi.
Hanamichi si trovava ora in piedi su un tavolo, in posa da
condottiero trionfante, lanciandosi
nell'ennesima proclamazione di superiorità a scapito di Sendoh, quando la
porta si aprì e colui che era entrato zittì la testa rossa con la sua
sola presenza.
Era un giovane alto, molto alto, magro pur dando
un'impressione di vigore, con la carnagione lattea, i capelli scuri come
l'ala del corvo ed un paio di profondissimi occhi blu, vestito con
aderenti jeans sbiaditi ed un maglione di lana a dolcevita grigio. Ed era
di una bellezza eterea. La sua comparsa non destò tanto scalpore, però,
quanto quel sorriso che stava incurvando distrattamente le sue labbra.
"Rukawa! C'è Rukawa! E SORRIDE!"
La voce immediatamente circolò ed ebbe il potere di
bloccare chiunque, distogliendolo dalle attività in cui era impegnato.
Persino la musica parve aver abbassato il volume.
La prima a riemergere dallo stato catatonico in cui
versava fu Ayako, che gli zompò
addosso, con sommo disappunto di Ryota :"Ru!! Ma allora sei riuscito a
venire! Mio Dio, ti rendi conto che sono anni dacchè non ci vediamo! Ti
eri dimenticato di noi, laggiù, negli Stati Uniti?"
Il volpino ricambiò la stretta ridendo ed
esclamando :"Calma Aya! Mi soffochi! Aya....
.....Aya!!! E' svenuta! Che ti è preso?!" Si guardò
intorno, cercando aiuto, ma non vide null'altro che un ammasso di corpi
sparsi sul pavimento.
Non comprendendo la cagione di questo scompiglio, scosse
sconsolato la testa e mormorò con tono di sufficienza :"Che
idioti...", prima di scrollare la ragazza che giaceva fra le sue
braccia.
In breve tutti si ripresero e gli si ammassarono attorno,
riempiendolo di saluti, pacche e domande a cui lui rispose sorridendo
disinvolto. Questo bastò a raddoppiare il clamore: che gli era preso?
Sicuri che fosse proprio lui, Rukawa, la volpe artica, e non un suo clone?
Magari qualcuno gli si era sostituito per scherzo! Ma i ripetuti 'idiota'
che uscirono dalle sue labbra convinsero i più sulla sua reale identità.
Una sola persona rimase in disparte, l'unica per cui Kaede
era venuto, quella che aveva adocchiato non appena entrato e che, anche
senza darne mostra, aveva continuato a guardare.
Scemata l'agitazione provocata dal suo ingresso, Rukawa
senza esitazioni si diresse dal lato opposto rispetto a questa, provocando
in lui una delusione che tentò di mascherare, ma che non riuscì a celare
perfettamente, stordito com'era da un panico inspiegabile, e quindi si
sedette a fianco di Haruko, salutandola con tono gentile che mai prima
aveva adoperato per lei.
"Ciao!"
Mi sorprendo io stesso della dolcezza che riesco ad imprimere nella mia
voce. Che razza di persona sono diventato?
Lei
è palesemente a disagio ed imbarazzata e si agita sulla sedia, prima di
rispondermi. Non se l'aspettava, lo so. Sta incominciando
a piacermi,
stupire la gente.
"Ciao...Rukawa..."
Tenta un sorriso, che nei miei pensieri appare così distorto da sembrare
un ghigno. E' con esso che lei mi ha privato della possibilità di curarmi
del cuore di Hanamichi.
Scorgo
parecchi occhi che sembrano indagarmi con curiosità. Credo di aver
sconvolto tutti, ma se rifletto un po', mi stupisco anch'io, tanto
drastico è stato il cambio del mio comportamento in questi pochi anni. Ma
paiono un eternità.
Mentre
compio queste riflessioni in silenzio, continuo a focalizzare l'attenzione
su di lui. Sbaglio o è a disagio?
Vedo
la seguente domanda spiccare a chiare lettere sulla fronte di ognuno: come
mai è mutato tanto?
Non
saprei rispondere precisamente, è stato grazie all'unione di molti
piccoli fattori. Tra gli altri credo che abbiano giocato un ruolo primario
il dolore che avevo accumulato dentro per ciò che mi era successo, ciò
che ora non voglio più ricordare, e poi il modo in cui era finita tra me
e lui, e che mi aveva spinto a desiderare di essere diverso, poichè avevo
compreso che gran parte delle cause di quella rottura potevano anche
addursi al mio dannatissimo carattere...Forse se non fossi stato così
chiuso, sarei riuscito a...piacergli, legarlo a me. Ed il mio orgoglio
ferito mi aveva indotto anche ad uscire ed intrattenere relazioni con
altra gente: volevo dimostrarmi di poter avere successo, di non valer meno
di chiunque altro, anch'io...riuscivo ad essere in grado di ammaliare la
gente, e di spezzarle il cuore lasciandola, come era stato fatto con me!
E
poi ero stufo di essere solo, introverso. Ero stanco di sentirmi un
vigliacco a causa del mio voler evitare di far ingresso nel mondo,
confondermi con gli altri. Infine credo fosse dipeso anche dalla grande
sfacciataggine propria degli americani, che spesso mi aveva posto in
ridicolo, ma anche aiutato nel mio scopo.
Sono
diverso ora, mi sento cambiato. Ma, se analizzo lo scopo per cui sono
venuto qui, non sono poi tanto convinto di essere mutato in meglio.
Guardo
la ragazza che è seduta alla mia sinistra: una comunissima ventenne, me
ne sono fatte tante come lei, se questa fosse un'occasione normale la
ignorerei completamente. Ma io so chi è, e per questo la odio con tutte
le mie forze, poichè è l'unica e sola ragione dei momenti terribili che
ho trascorso, del dolore che mi ha lacerato e dilaniato. Essa è quella
che Hanamichi ha scelto, colei che ha preferito avere al suo fianco,
scartando me. E sebbene ormai questa sia una storia finita, che ha perso
tutte le sue ragioni di essere ricordata perchè ormai priva di
quell'amore che mi aveva condotto sull'orlo della follia, una storia
chiusa insomma, io non posso dimenticare. I sentimenti non c'entrano più
ora, è il mio orgoglio, ed esso solo, ad esigere un risarcimento per
essere stato distrattamente e con noncuranza calpestato. Sì: quello che
voglio fare è SOLO per ripagare quella sofferenza che da quest'oca mi è
stata provocata.
Mi
vendicherò di lei...E di lui, che come uno sciocco si è lasciato
abbacinare passivamente dalle sue ridicole moine. Che la ha preferita a
me.
Alla
mia destra scopro Mitsui, così mi sporgo e, con fare noncurante, di chi
vuole sapere qualcosa privo di importanza, chiedo :"Il do'hao ed
Haruko sono ancora assieme?"
Lui
sembra stupito di questo quesito, ma risponde comunque sottovoce:
"Sembra che si siano lasciati giusto un paio di settimane fa."
Fingo
uno stupore e rammarico che non provo :"Perchè?"
"Non
se ne conosce il motivo, ma probabilmente Hanamichi ha fatto un'altra
cazzata delle sue, e pare che lei non sia più disposta a passarci una
spugna sopra."
Lo
ringrazio, mi volto, ed inizio a conversare un po' con una Haruko
piuttosto sorpresa. Dopo più o meno un quarto d'ora posso dire di averla
già inquadrata ed affermare che l'immagine che mi ero fatta di lei non
era errata. Non ci vorrà molto.
Sorrido
soddisfatto mentre noto che Hanamichi si volta per l'ennesima volta verso
di noi, con uno sguardo in cui posso scorgere frammisti pena, delusione,
ansia e frustrazione.
Ormai
il mio piano è delineato: questa stupida sarà mia, ed in tal modo
Sakuragi saprà cosa si prova nel vedere la persona amata abbandonarsi ad
un altro. Prima di ripartirmene negli USA potrò finalmente lasciarla e
maltrattarla come merita, così anche lei scoprirà il dolore di venire
usati e presi in giro, lasciati...e si troverà anche priva dell'unica
persona che conta: Hanamichi, che sicuramente non la perdonerà.
Va
tutto bene, ma allora perchè mi sento...oppresso?
Cerco
di sedare la mia coscienza che si ribella a questa sensazione di
errore...Penso in un lampo: ma che cosa sto facendo, cosa voglio
fare...Davvero farei del male all'unica persona che veramente am...ho
amato? Gli farei questo? E nuovamente mi faccio paura, come quando mi
pareva di essere privo di sentimenti. Ora li ho, ma sono odio, rancore ed
astio...Posso dire di aver migliorato la mia situazione? Di essergli
degno?
Ma
questo è solo un breve attimo di debolezza, cacciato dal mio orgoglio:
non devo dimenticare il mio dolore...Non devo!
Ci
sediamo su una panchina in un parco qui vicino. Dopo un altro po' di
dialogo le ho chiesto se voleva uscire a respirare dell'aria fresca, ma
ora mi accorgo che sta tremando. In silenzio sfilo il mio maglione e
glielo porgo, rimanendo in camicia. Lei timidamente lo prende,
ringraziandomi. Mi pare inquieta.
"Sai...Volevo
scusarmi per come ti ho trattato tempo fa, al liceo. So di non essere
stato gentile."
Sussulta.
Non se l'aspettava.
Io
riprendo :"Vedi...A quel tempo non mi curavo ancora di poter ferire
le persone o i loro sentimenti con il mio comportamento." Sentenzio
infine.
Trascorrono
alcuni minuti di silenzio, prima che sia lei a farsi avanti :"Non è
nulla. Non me ne sarei curata troppo se si fosse trattato di un altro...E'
che tu mi piacevi."
"Perchè?"
Domando gentilmente.
"Beh...Eri
bravo a giocare a basket, ed il più ammirato della scuola. E poi eri
anche molto bello..."
Sorrido
lievemente: non manca molto. "Ero bello?"
Capisco
che è imbarazzata :"Lo sei ancora..."
Cerco
i suoi occhi, prima di mormorarle, serio :"Anche tu lo sei."
Prendo
una ciocca dei suoi capelli fra le mani, mentre la sento trattenere il
respiro, spaventata. Accarezzo con un dito la sua gota. E' morbida. Nei
suoi occhi vedo riflesso del panico. Mi sembra così indifesa: è questa
parte di lei che ha colpito Hanamichi? Mi avvicino lentamente e la bacio.
Dapprima
si tratta di un contatto a fior di labbra, che io quindi cerco di
approfondire, non avvertendo alcuna reazione da parte sua. La avvolgo fra
le mie braccia, è rigida come una sbarra di ferro.
Sto
gustando il sapore di questa bocca che infinite volte lui avrà dischiuso
ed altrettante desiderato...Con sordo dolore lo cerco, cerco qualche
traccia del suo sapore che vi possa essere rimasta...Voglio trovare in lei
parte del mio Hana...Qualcosa di lui nella ragazza che ama, e che gli sto
strappando...
Repentinamente,
odo la frase che quella volta mi aveva detto mio padre riaffiorare nei
recessi della mia memoria, in cui io l'avevo sepolta :"...Amare vuol
dire volere la felicità di chi si ama...Anche se questo può farti
soffrire...Amare vuol dire rispettare le sue volontà...Anche se esse si
scontrano con le tue..."...
E
la consapevolezza di ciò che sto facendo mi invade, unitamente alla
vergogna. Cosa penserai di me ora, padre? Guardami, per una stupida
questione di orgoglio, per un meschino desiderio di vendetta sto cercando
di distruggere la vita e precludere la felicità dell'unica persona che
per me abbia valso qualcosa, che io abbia veramente amato. Dell'unica che
io ancora ami. Sì, è così. Amo Hanamichi. Ora mi rendo conto che questo
irrazionale sentimento non mi ha mai abbandonato, nè mai lo farà. Ho
tentato di negarlo in tutti questi anni, mi è stato impossibile.
Ancora
sconvolto dall'improvvisa presa di coscienza del valore delle mie azioni
di cui ora mi vergogno profondamente, sento qualcosa di bagnato sulla
guancia. Mi scosto subitaneamente e la vedo piangere in silenzio, vedo il
suo dolore. Ho fatto soffrire questa ragazza che dovrei proteggere e
rispettare, perchè è la persona che gli è più cara.
Mi
allontano, ed a tradimento rammento quella scena che vorrei dimenticare ma
che le parole di mio padre hanno rievocato...
Suo padre gli sembrò diverso dagli altri giorni. Lo fissò
in silenzio, attraversando in sua compagnia le corsie dell'ospedale per
giungere alla stanza della mamma: stava soffrendo come sempre, certo,
questo era evidente, ma sembrava anche più sereno, come se avesse
finalmente trovato il coraggio di prendere una decisione di vitale
importanza.
Lui aveva solo nove anni, quando sua madre si ammalò
gravemente di una malattia incurabile, che la costrinse a spegnersi
lentamente e nel dolore.
Papà non cercò di mentirgli o occultargli questa grave e
disperata situazione, ritenendo che sarebbe stata una mancanza di rispetto
nei suoi confronti. Non volle prenderlo in giro, poichè pensava che il
figlio avesse il diritto di sapere, ed il dovere di accettare questa realtà.
Per quanto dolorosa essa fosse.
Si sostennero a vicenda sino a quel momento, trovando
l'uno nell'altro la forza sufficiente per vedere la donna che entrambi
tanto amavano morire gradualmente, soffrendo in modo orribile e perdendo
conoscenza, giungendo fino ad un delirio in cui non riusciva più a
riconoscerli.
Entrarono assieme nella sua camera, stupendosi di trovarla
tranquilla. Dormiva. Evidentemente i medici le avevano somministrato una
massiccia dose di antidolorifici.
Kaede si avvicinò al letto e le accarezzo il volto: gli
si strinse il cuore, comparando quel viso pallido e scavato, quegli occhi
vitrei e vuoti, quelle labbra scarne con la pura e limpida bellezza di
appena pochi mesi prima.
La rammentava sempre vibrante e piena di gioia di vivere,
con la risata cristallina pronta a illuminare il suo volto, quando tutti e
tre insieme giocavano a basket.
Dov'era lei ora? Ebbe la sensazione che il suo spirito
indomabile e sereno si trovasse imprigionato in quel corpo sofferente, che
non le permetteva di liberarsi e prendere il posto che le spettava, tra
gli angeli, lassù da qualche parte in cielo.
Sottili solchi bagnati incominciarono a rigargli il viso,
mentre pregava che tutto potesse tornare come prima, e che ora sua madre
lo svegliasse e lo mandasse a scuola, incurante delle sua lamentele. Ma
mamma non sarebbe tornata mai più da lui.
Ormai tutto ciò che desiderava era che non soffrisse più:
non voleva vederla dibattersi fra le urla e i gemiti, impotente, senza
poter far nulla, solo osservarla spegnersi gradualmente...
Suo padre si sedette sul letto, ed estrasse da una tasca
una siringa con due fiale, sotto il suo sguardo confuso, prima di
rivolgersi a lui con voce calma e pacata.
"Kaede, ricordati queste mie parole, perchè ti
ridiverranno utili: amare vuol dire volere la felicità di chi si
ama...anche se questo può farti soffrire...amare vuol dire rispettare le
sue volontà...anche se esse si scontrano con le tue...
Quando tua mamma stava ancora bene ed aveva saputo di
essere malata e della sorte che la attendeva, mi aveva fatto giurare che
l'avrei aiutata, che avrei posto fine al suo calvario e ad una sofferenza
che sentiva troppo grande per sè. Io avevo promesso che l'avrei fatto
quando mi fossi accorto che aveva definitivamente superato la linea di non
ritorno. Ora posso guardarla, e so che non l'avremo più ad allietare le
nostre giornate, so che non mi sgriderà più per le macchie di riso sulla
mia camicia, nè ti darà dello zuccone per le tue addizioni sbagliate, o
potrà più sperare di vederti diventare un campione di basket.
Quindi capisco di dover onorare la mia parola, anche se
non vorrei, anche se soffro facendolo, ma è una sua volontà, e la amo
troppo per non rispettare il suo volere. Ho già rimandato troppo a
lungo."
Sconvolto, il bambino vide per la prima volta suo padre
piangere.
"Kaede, promettimi che crescerai felice, che
realizzerai i tuoi sogni rimanendo leale, onesto e sincero, come tua madre
voleva che fossi, e che farai di tutto cossicchè noi potremo essere
orgogliosi di te."
Lo abbracciò a lungo, e Rukawa ricambiò la stretta con
un cuore lacerato, che aveva ormai accettato e compreso ciò che stava per
accadere.
Si lasciarono dopo qualche minuto :"Ho scritto una
lettera a tuo zio, si prenderà lui cura di te."
Quando il medico entrò, trovò un bambino serenamente
addormentato sul letto fra i suoi genitori finalmente uniti in un luogo da
cui potevano assisterlo e proteggerlo.
"...amare vuol dire volere la felicità di chi si
ama...anche se questo può farti soffrire...amare vuol dire rispettare le
sue volontà...anche se esse si scontrano con le tue..."
Credevo
di poter ormai ricordare senza soffrire...Ma a che è servito quel dolore,
se ho appena dimostrato di non aver capito nulla di quanto ha spinto mio
padre ad agire come ha fatto? Dico di amare, eppure non ho ancora compreso
come si esprime questo sentimento.
La
guardo, e noto con una stretta al cuore il suo smarrimento. Sento la mia
anima indissolubilmente legata al ricordo che ho del ragazzo che vive per
lei, e mi accorgo che ora sto iniziando a seguire la via giusta, con
questo primo pentimento.
Adesso
mi è chiaro cosa fare, anche se questa decisione è più tagliente di una
lama affilata: lo lascerò vivere la sua felicità come meglio crede. Non
mi intrometterò fra loro. Devo dominare questa profonda invidia che sento
per lei, per il poter condividere con il do'aho la parte di sè che lui
non mi ha mai concesso, ma se Hana è felice di darla a lei, allora
rispetterò la sua scelta. E' difficile, ma so che è giusto e che mio
padre approverebbe.
Il
mio amore, lo sento, è così forte da accettare di venire sacrificato per
la felicità di chi ne è oggetto.
Mi
porrò definitivamente in disparte in silenzio e mi augurerò che la loro
relazione possa continuare, nonostante i problemi che la hanno incrinata.
In fondo sono convinto che lei lo ami ancora, e che il loro litigio non
sia una cosa definitiva. Non ho fatto ancora nulla di irreparabile,
soffocherò i miei sentimenti e lascerò che si possano riunire.
"Scusami."
Sussurro, non tanto per il bacio, quanto per le intenzioni per cui è
stato dato.
Lei
sta continuando a piangere. Sinceramente, però, non comprendo il motivo
per cui ora stia soffrendo tanto: le ho fatto paura? Forse l'ho colta di
sorpresa, o si sente in colpa per non essersi scostata? Ma, in fondo, non
ha mica risposto al mio bacio! Le
ragazze, purtroppo, rimarranno sempre un mistero per me...
"Tu...trovi
qualcosa di sbagliato in me?"
Eeeeehhhh?
Che razza di uscite ha questa? Il do'aho mi ammazza se scopre che le ho
mandato in pappa il cervello!
"No!
Perchè mai ci dev'essere qualcosa di sbagliato in te?" A parte un
cervello atrofizzato...aggiungo mentalmente.
"E
allora perchè Hanamichi mi avrebbe lasciato?!!"
"............Ma
non sei stata tu..... ad averlo mollato??!!"
Nega
lentamente: "No. So che tutti la pensano così, ma è lui a non
volermi..."
"Perchè?
Ci sarà una ragione!". Sto respirando a fatica. Cosa vuol dire
questo?
"Ha
detto che non mi ama...Gli ho chiesto se c'è un'altra e mi ha risposto di
no...E adesso come faccio? Io lo amo, voglio solo lui, ma a lui non frega
nulla di me!"
Non
so proprio cosa fare, ora che scopro che tutte le mie supposizioni erano
in realtà sbagliate. Chi sei veramente Hanamichi? Perchè ogni volta che
credo di averti compreso, mi sfuggi? Perchè ci inganni tutti?
Guardo
Haruko e scopro che l'astio che sentivo per lei è svanito: è stata presa
in giro come me, come me si è illusa ed è stata disingannata. Come me
ora sta soffrendo.
Sento
crescermi dentro una profonda rabbia, verso chi ha giocato con entrambi e
si è poi di noi stufato. L'ho meritato, questo trattamento? Credo di no...
3.We mean
together.
E'
inutile, tanto vale che mi rassegni. Posso fare ciò che voglio, ma mi
conosco abbastanza da ammettere che non riuscirò ad addormentarmi
Sono
disteso al buio qui, sul divano del mio misero appartamento in periferia,
è quasi mezzanotte, e continuo a pensare a quanto successo stasera.
E'
tornato, il mio angelo è tornato, ma non è tornato da me, nè per me.
Sono
irrequieto, continuo a rigirarmi su me stesso rivedendo ogni fotogramma a
partire dall'attimo in cui ha fatto il suo ingresso nella sala. Non posso
togliermi dalla mente quel sorriso splendido, che non ho visto mai prima
rischiarare il suo volto. Non sono stato in grado di suscitargliene uno.
Sospiro,
colmo di tristezza. Mi sento tremendamente confuso: credevo di averlo
dimenticato in questi anni, di amare veramente Haruko, ed invece...Poi,
come se non bastasse, lui fa ritorno qui, per ragioni che mi sono del
tutto ignote, senza degnarmi della minima attenzione. Non pretendo di
essere stato una persona fondamentale nella sua vita, ma pensavo almeno di
occupare un posto nei suoi ricordi. Possibile che quanto stato fra noi non
abbia valso nulla?
Non
so...Non pare nemmeno più lui: ripenso al suo nuovo atteggiamento, e mi
sento smarrito, quasi in soggezione. Non è più il Kaede che credevo di
conoscere, con cui sapevo come comportarmi. Lontano da me è cresciuto,
cambiato, maturato...E' diverso, eppure sento di amarlo comunque, poichè
nei suoi profondi occhi ho potuto ancora e comunque scorgere la limpidezza
della sua anima, e percepisco chiaramente che, in fondo, rimane sempre
colui che mi ha rubato il cuore.
Soffro,
ricordando come mi abbia totalmente ignorato...Ha sempre odiato Haruko, o
almeno così credevo, ed allora perchè stasera...? Non sono riuscito a
distogliere lo sguardo da loro: parevano così affiatati, lui sembrava
divertirsi... Dio, quanto vorrei scoprire le sue intenzioni, i suoi
sentimenti, invece di perdermi in mille congetture! Cosa hanno fatto
quando si sono allontanati, da soli? Perchè, al ritorno, lui le posava un
braccio alla vita e sembrava...volerle dare sostegno...?
Tutte
queste mie riflessioni mi portano comunque alla medesima frustrante
conclusione: lo amo. Lo amo ancora, e darei tutto per poterlo avere di
nuovo fra le braccia. Sento che ora accetterei anche che lui non mi
ricambiasse, mi piacerebbe solo tentare di renderlo felice, di partecipare
alla sua vita, riscaldarlo dal gelo della solitudine. Mormorargli che non
sarà mai solo, che sarò sempre suo, che per me conta lui più di
qualsiasi cosa al mondo.
Vorrei
che mi permettesse di amarlo, solo questo ora. Non ardisco più a
pretendere null'altro. E mi rassegno a soffrire in silenzio, a sognarlo
solamente...
I
miei occhi si stanno chiudendo, sto per assopirmi con il suo nome sulle
labbra, a invocazione della sua presenza, quando vengo bruscamente
richiamato alla realtà dal concreto suono del campanello.
Sbadigliando
apro la porta, ancora troppo intontito anche solo per stupirmi dell'ora
tarda, e vengo immediatamente
steso a terra da un violento pugno.
C'è
una sola persona in grado di mettermi ko al primo colpo, e questi non può
essere altro che...
Vengo
trafitto dal suo sguardo colmo d'odio :"Dico, sei completamente
scemo, razza di stronzo? Si può sapere che cazzo vuoi a quest'ora?".
Sento
che in fondo è anche stupito, ma non capisco se favorevolmente o meno.
Comunque,
dato che sono una persona educata, gli permetto di rialzarsi prima di
sferrargli un nuovo destro e rimetterlo al tappeto.
Si
pone di nuovo in piedi e per un po' riesce a schivare i miei colpi: sembra
quasi che non voglia farmi del male, o attacar briga con me. Questo mi fa
innervosire ancora di più: voglio sfogarmi, e se lui non si difende mi
sento trattenuto.
Finalmente
poi però perde la pazienza ed inizia a rispondermi. Continuiamo per un
paio di minuti prima che io mi fermi, stanco.
Ovviamente
lui approfitta della sosta per aggredirmi :"Che eri deficiente lo
sapevo già prima, ma in fondo credevo fossi ancora recuperabile! Cosa
cacchio vuoi da me? Che ne diresti di parlare per una volta, o ritieni che
il tuo agire non necessiti una spiegazione? O forse taci perchè hai
sprecato troppo fiato prima?!"
Dovrei
mantenere il silenzio: così, lo so, lo farei innervosire ancora di più.
Ma non posso frenarmi: voglio dei chiarimenti, pretendo delle spiegazioni
:"Sei un fottuto bastardo! Si può sapere perchè cazzo l'hai
lasciata così, senza una ragione? Ma è giusto...Tu le persone le tieni
finchè ti fa comodo, poi te ne sbarazzi fregandotene totalmente di quello
che sentono! Ti piace usare la gente, avere ciò che vuoi, ritenendo che
tutto ti sia dovuto!". Ho parlato di lei, ma lui comprende che mi sto
riferendo a noi.
Noi. Può esserci ancora un 'noi', dopo tutto questo tempo, dopo tutto ciò che
è avvenuto?
Sbotta,
facendo lo gnorri :"Potevi dirlo prima che volevi fartela tu! Che c'è,
per una volta vieni rifiutato, perchè lei pensa ancora a me, e vuoi
essere libero di sputtanarmi citando e criticando le mie ragioni, per
potertene poi approfittare e consolarla in un modo che preferisco
ignorare?!"
Serro
la mascella. Vorrei massacrarlo, ma mi sento troppo stanco :"La
amavi?".
La
amavi, quando hai lasciato me per lei? O semplicemente ti eri stufato
della nostra relazione e volevi volgerti a nuovi orizzonti? Non siamo
stati altro che conquiste per lusingare il tuo ego, io e lei? Ed io...Hai
mai sentito qualcosa di reale per me?
Lui
è chiaramente a disagio :"Ma a te che interessa, scusa? Sono fatti
tuoi? No, riguarda solo me!"
Lo
afferro per la maglia, immobilizzandolo contro il muro :"Era bello
pensare a lei quando ti facevi sbattere da me?"
Mi
spintona via con gli occhi fiammeggianti :"Come avrei potuto fare ciò
che dici? Sei un idiota, non capisci perchè non vuoi capire!"
"Come
cacchio faccio a capire se non ti spieghi?!"
"Perchè?!
Tu mi hai forse mai detto nulla?! Ho mai saputo se per te io ero qualcosa
di più di una bambola gonfiabile?!"
Siamo
frementi, l'uno di fronte all'altro, a sfidarci con lo sguardo. Sei un
tonto, do'aho! :"Come puoi chiedermelo! Lo sai che per me non è mai
stato facile parlare. Avresti potuto cercare di comprendermi...Io ti
amavo, possibile che tu non te ne fossi accorto?!".
Sgrani
gli occhi, suscitando la mia disperazione. Perchè mi sono scoperto così?
In fondo a lui non frega nulla dei miei sentimenti, era proprio necessario
che mi esponessi in questo modo? Se ora ridesse di me, giuro, lo
ucciderei...
Ma
sento un tuffo al cuore quando mi raggiunge invece la sua confessione,
fatta con accento straziante :"E come potevo indovinarlo? Non me
l'hai certo mai dimostrato...Io ti ho amato tantissimo, ma tu eri sempre
così freddo, ed io non riuscivo a sopportare quell'atteggiamento di
indifferenza che conservavi per me, anche quando stavamo assieme, e
facevamo l'amore!"
Ma
non capisce nulla! Vorrei piangere, odiarlo per il sentimento che abbiamo
sprecato, per tutto ciò che vorrei e che ho perso :"Mi comportavo
così perchè avevo paura! Non avevo mai provato nulla di simile per
nessuno, ed ero terrorizzato...Per me era normale cercare di nasconderlo,
anche perchè non credevo che tu avresti mai potuto ricambiarmi, o
capirmi...". La mia voce è intrisa di disperazione...
Lui
non sostiene il mio sguardo :"Basta! Questo discorso è perfettamente
inutile!"
Sento
una stilettata attraversarmi il cuore: è vero, ora...E' troppo
tardi...Lui ha detto di avermi amato, ma poi questo sentimento si è
affievolito per il tempo, la lontananza, le sofferenze e le altre storie
che entrambi abbiamo avuto, fino ad essersi perduto...Almeno per lui. Mi
sono annullato in lui, ma lui ormai è scomparso da me...Sento in bocca
l'amaro sapore del rimpianto, mi sembra di non essere mai stato amato, ed
ora devo andarmene, lontano dall'unica persona che vorrei lo facesse... E'
troppo tardi, stanotte, per guidare il passato verso la luce, non può più
far rivivere sentimenti in lui perduti.
Lo
osservo a lungo: voglio ricordare per sempre quest'immagine di Hanamichi,
l'ultima che avrò di lui, probabilmente...Non so se vorrei ancora
rivederlo dopo stanotte.
Quindi,
con un ultimo sforzo, piego i miei sentimenti di fronte alla mia volontà
: "Hai ragione. E' perfettamente inutile parlarne ora,
quando ormai è tutto finito. Scusami, non sarei dovuto venire.
Addio."
Mi
volto, uscendo da questa stanza sul cui tappeto posso ancora vedere i
nostri corpi avvinghiati in preda ad un desiderio disperato. Silenzio,
dietro di me, al di là dell'uscio che ho lasciato aperto. E percepisco
parte del mio cuore lasciarmi per rimanere qui, con lui.
Lo
vedo allontanarsi, ed ho la certezza che, se gli permettessi di andarsene,
non lo rivedrei mai più, perdendo così l'unica persona che so di poter
volere accanto a me, lungo il cammino della vita. Sento che siamo stati
creati l'uno per l'altro, che lui è l'unico su questa terra...So di
essergli destinato, perchè è la parte di me necessaria per formare
un'entità. Siamo una cosa sola, ma non siamo uguali: dobbiamo sostenerci
a vicenda, per amore, solo per amore. Non c'è nulla di più diverso delle
nostre due persone, sia fisicamente che psicologicamente: l'unica cosa che
abbiamo in comune siamo solo noi. E' giusto sprecare tutto questo? Posso
permettermi di gettarlo al vento...?
No.
Non posso.
Con
il cuore in gola mi lancio dietro di lui e prima che inizi a scendere le
scale che portano al pianterreno lo afferro per il gomito, voltandolo e
stringendomi a lui a viva forza. Sento il sangue martellarmi nelle tempie,
perchè ho paura: temo di averlo perso, di non poter fare più nulla...E
se lui mi dicesse di non sentire pù niente per me, riuscirei ad
accettarlo? No. NO! Lui è mio, noi ci apparteniamo, da sempre, per
sempre!
"Ti
amo! TI AMO, stupida volpe! Non posso lasciarti, non mi permetterò di
perderti, perchè ho bisogno di te! Ho cercato di dimenticarti, ma non
riesco a fare a meno di
amarti, perchè credo di esistere solo a questo scopo! Lasciati amare da
me!"
Gli
istanti successivi sono puro panico: è un momento tremendo, in cui il
tempo si congela, e se da una parte vorrei che accelerasse per poter
conoscere subito la mia sorte, dall'altra vorrei non finisse mai, per
potermi avvolgere di illusioni e incertezze non disingannate.
Quindi,
come in un sogno, sento le sue mani sollevarsi a cingermi la vita con una
stretta dolce ma ferma :"Desidererei poterti esprimere efficacemente i miei sentimenti, ma mi sembrerebbe di sminuirli a parole...Che suono ha
il tramonto, che colore il tocco della mia mano? Come posso io parlarti
del mio amore sfiorando le corde arrugginite delle parole? Dobbiamo solo
limitarci a viverlo, se prometti che non mi lascerai..."
E'
un sogno..."Come potrei lasciarti? Sarei banale, dicendoti che nulla
può dividerci, nemmeno noi stessi, ora che ho la coscienza del tuo amore?
Può essere, ma è la verità, ed è sempre banale..."
Sbagli...Non
c'è nulla di banale in ciò che stiamo condividendo. Ora stiamo facendo
l'amore: ho voluto che fossi tu a possedermi, volevo sentirmi parte di te,
essere totalmente tuo, perdermi in te e nella forza dirompente di questo
sentimento che eleva l'uomo oltre la normale lotta per la sopravvivenza, e
dà un significato alla sua vita...Ti guardo, mentre mi possiedi con dolce
violenza, e vedo i tuoi splendidi occhi farsi più profondi, sino a
sembrare due pozzi d'ombra in cui amo perdermi. Devo avere un'espressione
rapita, poichè tu, amore mio, sorridi lievemente fra i gemiti che non
riesci a trattenere...Ti stringo a me, ed ora sento che mi ami, non ne
sono mai stato così sicuro, e questa certezza mi rende felice, di una
felicità tanto grande da riuscirmi quasi insopportabile, da farmi paura,
perchè so che ora, avendola conosciuta, non potrei più accettare di
vivere senza...
Lentamente
esci dal mio corpo e ti abbandoni sfinito sul mio petto. Dopo un po'
risali col viso sul mio torace, e ti blocchi smarrito quando gusti il
sapore salato di una lacrima sulla mia guancia.
"Kaede?
Ti ho fatto male? C'è qualcosa che non va?"
Sì,
che ti amo troppo. Non usare quella voce preoccupata, mi si stringe il
cuore, e vorrei non lasciarti più andare...Ti bacio a lungo, in profondità,
confondendo il mio sapore nel tuo, cercando in te quanto non pensavo di
poter mai ottenere...
Lui
però si stacca, scorrendo con le labbra calde sulla mia gota, asciugando
quelle gocce argentate che il suo amore mi provoca per la gioia di saperlo
mio, di sapermi suo.
"Perchè?"
Vuoi
sapere cosa provoca questo mio pianto? Non so se riuscirò a spiegartelo,
ma non voglio che ci siano più frasi non dette a frapporsi fra noi...
"Io...Non
avrei mai pensato di essere in grado di amare qualcuno fino a questo
punto...Fino a desiderare di trascorrere la mia vita con lui...Credevo di
essere insensibile e freddo...Guardavo gli altri e pensavo che a nessuno
sarebbe interessato conoscermi veramente, che mai qualcuno si sarebbe
spinto più in profondità fino a raggiungere la parte di me più vera, più
bella, e ad amarmi per ciò che sono...Temevo che sarei sempre stato solo,
sfiorato da gente superficiale che non sarebbe stata in grado di toccarmi
il cuore...Tu invece te lo sei preso, assieme ai miei desideri, pensieri,
aspirazioni...Hai tutto me stesso. Prego solo che tu possa non stancarti,
e non accorgerti che in realtà non è me che volevi, che io non valgo
abbastanza..."
Mi
zittisce, posandomi un dito sulle labbra :"Tu sei la parte migliore
di me. Quanto di più bello abbia ottenuto nella mia vita. Sento che
morirei lontano da te...E' esagerato forse, ma sei la ragione che mi
spinge ad agire...Stancarmi di te equivarrebbe a stancarmi di respirare,
di provare emozioni, di...essere felici della mia esistenza. Vivo traendo
energie dal mio, dal nostro amore."
Rimaniamo
a lungo in silenzio, ascoltando il nostro respiro, il battito dei nostri
cuori.
"Kaede?"
"Nh?"
"Tornerai negli Stati Uniti?"
"La
prossima settimana."
"Ah."
Sei
triste, lo sento, al pensiero di una imminente separazione. Qui è
necessario un chiarimento...
"Ricordati
di portare un paio di maglioni, poichè fa freddo a Los Angeles."
"Eh?"
Credevi
davvero che ti avrei lasciato qui? Nulla ti trattiene più. So che tua
madre è morta due anni fa, e soffrii molto allora, riuscendo a sentire
nel mio cuore l'eco dei tuoi singhiozzi lontani...Avrei voluto essere al
tuo fianco, raggiungerti e farti sentire concreta la mia presenza, la mia
comprensione, ma mi bloccavo al pensiero di chi avrei trovato invece
accanto a te.
"Non
partirò senza di te!"
"Io?
In America?"
"Ah,
già! Dimenticavo che il Tensai non è all'altezza..."
"Stupida
volpe! Ti farò mangiare la polvere, vedrai! Io sono l'unico Genio del
basket mondiale, non ci sono rivali che si possono comparare alla mia
bravura, mi citeranno assieme a Jordan su tutti i manuali..."
"Do'aho!"
Credo
che baciarti sia l'unico modo per farti tacere...E credo dovrò anche
farlo molto spesso...Chissà perchè ma l'idea mi attira...
"Grazie."
"Per
cosa?"
"Per
dare un senso al mio esistere. Ora comprendo di aver vissuto per te fino
ad ora. Ho sempre saputo che esistevi, da qualche parte. Ti ho aspettato.
Ora sono completo."
"Noi
siamo completi insieme. Ormai...non so più in che punto termini il mio
amore ed inizi il tuo. Ma non credo che importi, poichè in ognuno c'è
parte dell'altro..."
"Ti
amo. Solo questo."
"Solo?"
Due sorrisi illuminarono la notte. Due anime finalmente
erano riuscite a intrecciare i propri destini per formare una sola via
d'amore, condivisione, lealtà e speranza, proiettata verso un futuro che
non faceva più paura, per la certezza di doverlo affrontare assieme,
vivere assieme, contando l'uno sull'altro, sostenendosi a vicenda...
Fine.
Io:
Grazie ai pochi stoici che sono riusciti a resistere, ed al mio adorato
Rukawa di esistere^__^!
Hana:
Ehi, non è tuo, è mio!
Io:
Sì, ma solo perchè, dal momento che non posso averlo io, accetto che
venga toccato solamente da te!
Ru:
Dai Hana, lasciamo questa psicolabile ed andiamo a letto...
Hana:
Oh Ru...^/////////^.
Io:
Sigh! Ad ogni modo, è giusto che si divertano, li ho tormentati davvero
molto! (Faccia falsamente pentita...)
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