DISCLAMERS: i personaggi non sono miei, ma del mitico Inoue sensei. Io mi diverto solo a torturarli per mio diletto personale!      ^__^
Un’ultima cosa: tutti i personaggi saranno moooooolto OOC in questo capitolo. Vi prego di scusarmi! ^__^;;;;

Buona lettura!

SIPARIETTO DEMENZIALE (scusate ma quanto ci vuole ci vuole!)

Ede: finalmente quest’amenità finisce!
Autrice: mio carissimo Ede, vorrei solo ricordarti una semplicissima cosa: siamo ancora all’inizio! Ti ricordo che Hana non ha ancora deciso e io devo ancora scrivere……
Ede falsamente accomodante: ma io scherzavo! Come sei permalosa! Ti faccio un massaggino alla schiena?
Autrice: ma no Ede! Non ti chiederei mai nulla del genere…. Prendi quel gigantesco ventaglio che trovi dietro alla porta, quello in stile antico Egitto, e inizia a soffiare! ^___^  E ricorda che potrei anche scrivere una seconda serie: Voglio tornare a sorridere 2!!!!!
Ede: noooooooooooooo!  X_________X
Autrice: esagerato! ¬____¬


Voglio tornare a sorridere

parte XI

di Soffio d'argento


Quando Hiro entrò in casa, si diresse direttamente in camera sua. I vestiti gli si erano asciugati addosso e rischiava di prendersi un raffreddore memorabile. E allora chi lo avrebbe sentito Taoka? Quanto urlava era peggio di sua madre!
Passando attraverso la casa deserta, notò una flebile luce penetrare nel corridoio buio dalla porta della camera di Mark lasciata socchiusa. Bussò ed entrò senza aspettare risposta.
Mark era davanti a lui e sembrava molto concentrato a sistemare confusamente i suoi vestiti nelle valigie. Non si voltò neppure quando lo sentì entrare ed avanzare.
<< Vai via? >> domandò preoccupato il cugino.
Neanche in quel momento Mark alzò lo sguardo e, per tutta risposta, gli voltò nuovamente le spalle per prendere dei vestiti nell’armadio.
<< Vado a stare un po’ dalla zia Megumi, a Tokyo. Sai, mi ha chiesto di andarla a trovare. E’ da tanto che non ci vediamo. >> Mark guardò distrattamente l’orologio: << Fra una mezz’oretta dovrebbe passare il taxi. >>
<< Perché tutta questa fretta, Mark? Non potevi aspettare domattina? Arriverai a Tokyo a notte inoltrata. >>
L’americano chiuse la valigia nervosamente. Hiro notò le sue mani stringersi sopra il tessuto nero del bagaglio. Appoggiò delicatamente una mano su una del cugino e questi si rilassò. Prese tra le sue la mano di Hiro e la baciò con venerazione. Baciò ognuna delle sue sottili dita con dolcezza. Hiro rimase a guardarlo stupito. Quando ebbe finito di accarezzare con le labbra quella pelle dolce, lasciò andare le mani e prese per i fianchi Hiroaki, che, ancora troppo stupefatto per capire cosa stesse accadendo, si lasciò trasportare incredulo. L’americano lo strinse forte con il braccio destro e con il sinistro gli scostò una ciocca di capelli ancora umidi dalla fronte. Accarezzò con le dita il viso candido dell’altro ragazzo. Percorse la fronte, scese sulle palpebre, accarezzò il piccolo naso, passò il dito sulle labbra rosee per poi sostituirlo con la sua bocca. Un bacio casto e candido che si perse nella passione quando Hiro socchiuse le labbra per fare uscire un gemito di stupore. Mark ne approfittò per approfondire il bacio in uno caldo e sensuale. Aveva gli occhi chiusi e si gustava fino in fondo l’intensità di quel tocco. La bocca del cugino era calda e dolce, come aveva sempre immaginato.
Hiro, dopo essersi ripreso dallo shock iniziale, puntellò le braccia contro le spalle di Mark per cercare di liberarsi. Sentiva la sua lingua muoversi nella sua bocca e sapeva che, se non avesse reagito, avrebbe ceduto alla passione di Mark. Lui, che non aveva mai accettato le smancerie di Akira, che al solo parlare d’amore e di baci appassionati arrossiva, che aveva sempre considerato la fedeltà l’elemento dominante per la riuscita di un legame forte, non solo aveva baciato Sakuragi con la passione che non aveva mai creduto, ma adesso si stava lasciando baciare, da Mark!
Cercò di muoversi nella sua stretta e, a poco a poco, sentì la presa di Mark rallentare e lasciarlo andare. Il ragazzo straniero aprì gli occhi lentamente, come a voler prolungare ancora di più il contatto con quel sogno appena sfumato, e fissò il suo sguardo su quello di Hiroaki, accarezzandosi le labbra con la lingua.
<< Ora capisci perché me ne devo andare? Se rimanessi manderei all’aria i miei buoni propositi e ti sbatterei su quel letto. Io ti amo Hiro, ma in queste ore, come se non fosse bastato tutto il tempo in cui mi hai sempre considerato solo un cugino, ho capito che il mio è un amore impossibile. Perciò ritorno in America, è inutile restare qui e solo adesso capisco cosa mi ha spinto a venire fin qua: dovevo accettare ciò che la mia mente si rifiutava di capire. >>
<< Mark… io non so che dire… >>
<< Non c’è nulla da dire, solo non odiarmi. >>
<< Odiarti? Non potrei mai… sono solo stupito… non me n’ero mai accorto. >>
Mark appoggiò la valigia sul pavimento e si lasciò cadere sul letto, facendo segno a Hiroaki di sedersi accanto a lui.
<< Ricordi la tromba d’aria che ci sorprese in quella primavera lontana? Eravamo in Texas, in viaggio, per raggiungere Las Vegas… Tu ti stringesti forte a me, perché era la prima volta che ti trovavi vicino ad una tromba d’aria, e a me mancò il respiro. Il tuo profumo intenso m’invase l’anima. Quel giorno capii che amavo te, non un ragazzo o una ragazza qualsiasi, ma te. Ma per te non c’era che Akira e io l’ho accettato, perché ti vedevo felice, ma quando ho saputo che non stavate più insieme, ho preso il primo aereo per il Giappone con l’intenzione di portarti via con me e qui ho scoperto che niente di quello che immaginavo era reale. Non solamente per te ero solo un cugino e io mi aspettavo chissà cosa, ma dietro le tue spalle c’era l’ombra di Sakuragi. >> il clacson del taxi suonò due volte: << Io devo andare. Passerò la notte dalla zia, l’ho già chiamata, resterò qualche altro giorno a Tokyo e il resto si vedrà. >>
Si alzò dal letto e prese la valigia in mano. Perlustrò un attimo la stanza alla ricerca di qualcosa che poteva aver dimenticato nella fretta. Il suo sguardo si posò su Hiro, ancora seduto sul letto. Sospirò profondamente, gli si avvicinò e gli s’inginocchiò ai piedi:
<< Sapere che non mi odi per me è tanto, se so che mi vuoi ancora bene, anche se come un cugino, io sarò più felice. Volevo solo dirti un’ultima cosa: io non so cosa provi per Sakuragi e cosa provi lui per te, ma… ho visto come brillavano i tuoi occhi e quelli del decerebrato, alias Akira Sendo, quando mi parlavate del vostro primo incontro. Pensa bene e scegli. Io so già quello che provi e so che sceglierai per il meglio. Vado via stasera anche perché, se per Hanamichi le cose sono andate come penso, avrete molto di cui parlare. >> poi si alzò e gli sfiorò la fronte con un bacio: << Ti voglio bene Hiro. >> ed uscì dalla stanza, da quella casa.

Quando Hanamichi rientrò, trovò Hiro supino sul divano, con un cuscino al petto e gli occhi chiusi. L’impianto hi-fi era ancora acceso, ma il cd aveva smesso da molto di suonare. Probabilmente Hiro, pensò Hana, si era addormentato sul divano.
Spense lo stereo e si sedette accanto al ragazzo addormentato. Prese delicatamente il cuscino dalle mani di Hiro e lo sistemò sul pavimento, poi fece scorrere un braccio sotto le gambe del ragazzo e uno dietro le spalle e lo sollevò, prestando attenzione a non svegliarlo. Hiro non parve accorgersi di nulla, perché continuò a respirare regolarmente.
Hana aprì la porta della stanza dell’amico con un piede. Entrò e appoggiò Hiro sul letto. Gli tolse le scarpe e scostò il copriletto dalle stelle d’oro su un cielo blu notte. Gli scostò una ciocca di capelli dalla fronte e si abbassò per dargli la buona notte. Sentì le braccia di Hiro circondargli le spalle e stringerlo forte. Hana perse l’equilibrio cadendo sopra il ragazzo.
<< Hiro. >> sussurrò il rossino alquanto in imbarazzo.
<< Resta qui con me. Stanotte non ho voglia di pensare. Non lasciarmi solo. >>
Hanamichi chiuse un attimo gli occhi, poi si allontanò quel tanto che bastava per guardare meglio l’altro ragazzo e lo vide in lacrime. Si chinò su di lui e asciugò le lacrime con le labbra. Diede un bacio, prima sull’occhio destro e poi sul sinistro, accarezzò con le labbra la fronte, il mento e finì la sua corsa sulle labbra. Hiro le socchiuse e il bacio si fece più profondo. Hana si sistemò meglio sopra di lui e Hiro inspirò profondamente. Le mani di Hanamichi scesero lungo il corpo minuto del ragazzo sotto di lui che si tese come una corda di violino. Hanamichi sbottonò la sua camicia e la fece volare oltre il letto. Sapeva di stare sbagliando. Poco prima di entrare in casa aveva baciato Kaede con tutta la passione che aveva dentro e con tutto l’amore che ricordava. Era sicuro della scelta che aveva fatto, ma quando aveva visto Hiroaki in lacrime stringerlo e chiedergli di non lasciarlo… non era riuscito a ragionare. Entrambi stavano sbagliando. Entrambi sapevano, eppure non potevano farne a meno.
Le mani del rossino vagavano lungo il corpo di Hiro, accarezzando ogni centimetro di pelle. Le labbra seguivano il percorso indicato dalle mani. Lasciò la bocca del ragazzo sotto di lui e scese lungo il collo. Hiro s’inarcò contro il suo corpo, gemendo piano. Hana baciò il collo scendendo lungo la linea immaginaria segnata dalle sue mani. Leccò la base del collo e scese ad inturgidire i capezzoli, leccandoli e mordendoli. Hiro si morse una mano per non gridare, mentre, inconsciamente, muoveva il suo corpo contro quello del rossino. Le mani di Hana scesero a slacciare i pantaloni. La lingua giocò con l’ombellico entrando ed uscendo, leccandone i bordi e saggiandone la profondità. Intanto le mani di Hiro stringevano spasmodicamente i capelli corti del rosso, spingendo il suo viso contro la sua pelle. Hana strinse le mani sui fianchi e avvicinò il corpo di Hiro maggiormente al suo. Stanco di quella tortura, Hiro gridò più appagamento e Hana si scostò un attimo. Scese giù dal letto e si tolse la camicia, restando solo con i pantaloni. Diede un’occhiata veloce al ragazzo sul letto. Hiro aveva gli occhi socchiusi, il petto che si alzava e abbassava velocemente, i pantaloni leggermente aperti. I capelli erano arruffati, la pelle arrossata e stava languidamente sdraiato sul letto blu. Hana gli si avvicinò gattonando e con la lingua seguì il percorso inverso che aveva iniziato con le labbra. Iniziò leccando l’ombellico, risalendo lungo il petto bianco, soffocando un gemito di Hiro direttamente nella sua bocca. Le lingue duellarono frenetiche, finché i due ragazzi furono costretti a separarsi per riprendere fiato.
<< Sei bellissimo… >> disse Hana con la voce ancora impastata dalla passione.
Hiro arrossì e voltò lo sguardo. Hana accarezzò la guancia di Hiroaki e la mano quasi si scottò.
“Kaede…” pensò il rossino “Che diavolo? Perché ho pensato a Kaede in questo momento? Lui non c’è e al suo posto c’è Hiro, così languidamente affascinante, così perfetto nella sua ingenuità… però Kaede…. Kaede era dolce, mi riempiva di baci e carezze, lui… mi amava davvero! Eppure io l’ho rifiutato e ora mi godo un inutile palliativo. Perché io lo so e pure Hiro. Noi amiamo qualcun altro.”
<< Anche tu… >> rispose Hiro chiudendo gli occhi: << Anche tu sei bellissimo… Aki… >>
Hiro spalancò gli occhi. Si guardò attorno e si raddrizzò di scatto. Akira. Aveva pensato a lui mentre stava per fare l’amore con Hana. Cosa avrebbe immaginato quest’ultimo? Perché aveva pensato ad Akira? Hanamichi, contrariamente a quello che credeva Hiro, si sistemò accanto a lui e scoppiò a ridere. Hiro lo guardò un po’ perplesso, poi notò che non aveva più la camicia ed era in pantaloni, proprio come lui. Aveva la pelle arrossata e il respiro affannato.
<< E’ incredibile! Riusciamo a pensare a quei due proprio in un momento come questo! Significherà qualcosa? >>
Hiro appoggiò la schiena alla spalliera del letto e la testa alla spalla di Hana, che gli accarezzò dolcemente i capelli.
<< Abbiamo sbagliato tutto, vero? Scusa Hana, non so che mi sia presto. Oggi ho passato una giornata meravigliosa con Aki e poi… >>
<< Anche io. Sono stato felice con Kaede e prima di entrare qui ero anche sicuro della scelta che avevo fatto, ma poi, non so perché è cominciato tutto e non sono riuscito a fermarmi, però… >>
<< Sentivi che c’era qualcosa che non andava vero? >> lo precedette Hiro: << Anche io e sapevo benissimo cosa era o meglio chi era: Akira. >>
Hanamichi si sollevò dal letto e prese la sua camicia, ricominciando a vestirsi. Hiro rimase con la schiena appoggiata alla spalliera e lo sguardo basso.
<< Mark se n’è andato. >>
Hanamichi non disse nulla, perché aveva già capito e le parole sarebbero state superflue, solo si avvicinò a Hiro e gli accarezzò i capelli. Mentre Hana ripeteva come una nenia “non è colpa tua”, Hiro cominciò a piangere, senza neppure capirne bene il motivo. Pianse per Mark, per Akira, per quello che era stato, per quello che non lo sarebbe più. Pianse per Hanamichi, per se stesso e infine per l’amore, la causa di tutto.
<< Non voglio amare. L’amore fa soffrire. >> disse singhiozzando.
<< E’ inevitabile. L’amore genera sofferenza, ma non solo. Hai solo sofferto quando stavi con Akira? Pensaci bene… se escludiamo l’ultimo periodo… hai sempre pianto quando stavi con lui o ti sentivi come… completo e non più solo? >>
Senza aspettare una risposta, Hana gli diede un bacio veloce sui capelli, poi lo salutò e andò in camera sua. Hiro rimase un po’ a riflettere, poi fece per spegnere l’abatjour e si ricordò della lettera di Akira. Si alzò dal letto e scese in salotto. Cercò nella penombra e la trovò, ai piedi del divano. La odorò e si accorse che profumava d’acqua di rose. Salì velocemente in camera e si richiuse la porta dietro le spalle. Con un balzo fu sul letto, s’infilò sotto le coperte togliendosi prima i pantaloni. Fece un respiro profondo e aprì la busta. La carta era rosa e profumata, ma questo lo aveva capito già. C’era qualcosa in fondo alla busta, ma preferì prima leggere la lettera.

Caro Hiroaki,
        come ben sai questa è la prima lettera che scrivo in vita mia. Non ho mai avuto qualcuno cui scrivere, neanche un amico di penna, a differenza di te che ti prolungavi in immense epistole. Non ne ho mai avuto bisogno, perché l’unica persona che avrei desiderato avere per amico, era vicina a me ogni giorno e per parlargli preferivo guardarlo nei suoi profondi occhi scuri. Per cui, se questa lettera non dovesse essere di tuo gradimento, considera lo sforzo che faccio, ben sapendo quanto odio scrivere e poi il giapponese è la materia che più detesto. Se non fosse per te, prenderei sempre dei brutti voti, rischiando di essere buttato fuori dalla squadra. Ricordi tutti i pomeriggi passati a studiare? O meglio: tu studiavi e cercavi di farmi capire qualcosa, io invece ero troppo distratto, da te. Guardavo il libro ma non ci capivo nulla, poi alzavo lo sguardo verso di te e ti vedevo concentrato sui libri, i capelli tenuti fermi da una fascia rossa e lo sguardo concentrato. E allora sorridevo, perché tu mi facevi stare bene. Tu mi conosci meglio di me stesso e io conosco te meglio di chiunque altro. Non ci sono mai stati segreti fra di noi, anche quando eravamo semplicemente l’uno il migliore amico dell’altro. Io ho sempre avuto la certezza che, qualunque cosa fosse accaduta nella mia vita, avrei avuto sempre te al mio fianco, tu che sei la mia forza. Tutti pensano che tu sia un ragazzo scorbutico, antipatico e asociale, ma chi lo pensa si è solo fermato all’ingresso del tuo animo. Sei un ragazzo molto timido (arrossisci sempre quando ti abbraccio, lo so), deciso e determinato (non ti fermi mai di fronte a nulla), dolce (eh sì! Sei dolcissimo come il cioccolato!), con grandi sogni e ideali. Metti il cuore in ogni cosa che fai.
Con te sto bene, mi sembra di essere in Paradiso. Se sono con te non ho bisogno di nulla, perché tu mi completi. So che è sciocco, ma sei il mio angelo custode. Mi sei sempre accanto, nonostante tutto e tutti. Mi eri accanto quando abbiamo perso la partita contro lo Shohoku lo scorso anno, mi eri accanto quando, da piccolo, piansi perché mi era morto il criceto, ricordi? Mi dicesti: “Aki-kun non piangere! Ci sono io con te, ora sarò per sempre io il tuo migliore amico.”. Come faccio a ricordarlo? Semplice! Quella frase la ricordo in ogni momento buio della mia vita. Perché è stato proprio vero! Io ho sempre avuto te, in ogni momento in cui mi sembrava di non avere più neppure me stesso. Io ho te o forse sarebbe meglio dire: ho avuto. Perché adesso tu non sei più mio? Sei di Sakuragi? Qualcuno potrebbe dirmi: se lo ami davvero devi lasciarlo andare…. Ma quella persona non ha mai amato. Se si ama davvero come io amo te, non si può neppure immaginare di vedere la persona amata insieme a qualcun altro. Con questo non voglio dire che farei qualche sciocchezza del tipo uccidere prima te e poi lui, ma non potrei mai esserne felice. Perché io ti amo e tu ami me. Io lo so. Non puoi aver cancellato quello che c’è stato fra noi. Non puoi aver dimenticato tutto l’amore che provavi per me, non puoi. E se lo hai fatto, almeno non odiarmi. Questo è ciò che io temo di più. Che tu possa odiarmi. Non lo sopporterei. Dimmi solo che, comunque vadano a finire le cose, tu sarai sempre con me. Ciò che io voglio di più nella vita è stare con te, potermi svegliare la mattina e vedere il tuo viso rilassato accanto al mio, sentire il tuo respiro lento e regolare. Permettimi di starti vicino, anche se con te dovesse esserci qualcun altro. Me lo farò bastare, ma non mi allontanare. Ma che dico? Lo vedi come sono ridotto? Pur di starti vicino patirei la sofferenza di vederti al fianco di qualcuno che non sono io, ma la verità è ben diversa. Io ti voglio con me e non voglio dividerti con nessuno. Tu sei la persona che amo e io non mi arrenderò tanto facilmente. Anche se dovessi decidere di stare con Sakuragi, anche se venissi a dirmi che non vuoi avermi neppure come amico, io non mi arrenderò, perché ti amo troppo per riuscire a vivere senza di te. Riuscirò a riconquistarti, dovessi metterci millenni, ma alla fine sarai di nuovo mio e, ti giuro, non ti farò mai più soffrire. Stai con me, sempre e per sempre.
L’amore è un sentimento profondo che si può condividere solo con una persona nella vita. E il nostro amore è profondo come lo spazio infinito. Ai shiteru, Hiro-kun. Più della mia vita.

Con amore

Akira

Hiroaki lesse la lettera più volte. Un leggero senso di stordimento confondeva la sua mente, ma il suo cuore, dopo tanto, era finalmente libero da ogni imposizione e rancore.
Rimase ad ascoltare la voce della notte, disteso sul suo letto, chiedendosi cosa stesse facendo quel pazzo del suo ragazzo. Prese nuovamente la lettera in mano e la odorò. Rosa, il suo fiore preferito. Ripiegò delicatamente la lettera per riporla nella busta e si ricordò di aver sentito perfettamente qualcosa all’interno. Infilò le lunghe dita bianche all’interno della busta e sfiorò qualcosa. Erano tre piccoli oggetti, almeno così pensava. Ne prese uno. Era un bocciolo di rosa essiccato e profumato con essenza dello stesso fiore. Hiro lo odorò e si accorse che era stato quel fiore a profumare la lettera. Sorrise e infilò di nuovo la mano nella busta. Ne uscì una catenina d’argento, finemente lavorata. Il terzo oggetto era il ciondolo che faceva bella vista legato alla catenina. Era un piccolo cuore con un’incisione di dietro. A e H. Ognuna in una parte del cuore. Hiro appoggiò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi. Si addormentò così, con la catenina stretta fra le mani, la lettera profumata appoggiata al cuscino, il petalo di rosa sopra la lettera e la busta poco lontana. Si addormentò con un sorriso, felice che i brutti sogni se ne fossero andati.

Hanamichi chiuse la porta della stanza di Hiroaki in preda ancora ad un senso di stordimento. Sia lui che Hiro avevano, inconsciamente, pensato ai loro ex in un momento così appagante come quello. Mentre era con Hiro, lui aveva desiderato di essere con Kaede, di baciare Kaede, di fare l’amore con Kaede, e non era solamente un’urgenza fisica. Era qualcosa di molto più profondo. Ormai non riusciva a fare a meno di quello scorbutico frigorifero! Era dolce il suo Kaede, nonostante le apparenze. Lo coccolava sempre e la notte lo cullava fra le sue braccia. Osservava ogni sua mossa e ascoltava tutte le stupidaggini che diceva. Era così dolce che spesso lo mordeva, sulla spalla, sul polso…. Amava tutto di lui, persino la sua gelosia sfrenata e il suo carattere impossibile. Adorava vederlo con il muso, adorava vederlo dormire come un ghiro durante le lezioni, nel banco accanto al suo. E poi era sempre stato pieno di premure nei suoi confronti. Spesso gli preparava delle cene degne di uno chef. E lo faceva solo per lui, visto che Ede mangiava poco o nulla. Non riusciva a capire perché se ne fosse innamorato, ma era accaduto. Ormai ogni singolo momento con lui era diventato magico e indispensabile. Le sere passate a vedere le partite di basket alla tv, litigando sulle migliori scene d’azione, mentre la mano di Kaede passava fra i suoi capelli e quella di Hana stringeva la sua maglia, come temesse di perderlo da un momento all’altro. Era dolce e premuroso Kaede, ma non nell’ultimo periodo. Era diventato geloso all’ennesima potenza, freddo e scostante. Si arrabbiava se parlava con qualcuno che non fosse lui e litigavano praticamente sempre, tanto che Hana prolungava le sue ore fuori casa, con allenamenti stancanti e uscite sempre più frequenti con l’armata. E poi era freddo. Ogni volta che provava a parlargli, rispondeva con i soliti monosillabi, ma come se lui riuscisse ad annoiarlo più di un’ora di matematica. Sbuffava ogni volta che gli domandava cosa gli stesse accadendo e, soprattutto, non lo abbracciava più, non gli accarezzava i capelli, non lo baciava più e si allontanava quando era lui a volerlo fare. La notte si addormentava distante da lui… forse, alla luce dei nuovi fatti, si era preso una sbandata per Akira e non sapeva come dirglielo. Eppure perché vedeva quel suo sguardo di fuoco quando si fermava a parlare con qualcuno? Perché sembrava arrabbiato, quasi furioso, sul punto di scoppiare? E poi non gli diceva più che era bello, anzi bellissimo. Kaede glielo diceva sempre e lui arrossiva tutte le volte, forse perché non c’era abituato, forse perché non si vedeva poi così bello. A parte sua madre, era stato l’unico a dirgli che era bellissimo. E a lui era quasi venuto un infarto. Lui, l’idolo delle ragazze di tutta Kanagawa, diceva a Mister 50 (e uno, dato che Haruko si era messa con Yohei) rifiuti che era bellissimo, la persona più bella che avesse mai visto, la sua gemma preziosa, il suo tesoro. Ecco! Aveva finito con il pensarci di nuovo ed era arrossito pensandoci. Kaede glielo sussurrava sempre dopo aver fatto l’amore, ma anche quando si vestiva o era sotto la doccia, quando cercava di fare i compiti… praticamente in ogni momento della giornata. Forse vedeva nei suoi occhi il rifiuto ogni volta che si guardava allo specchio. 50 rifiuti avevano avuto su di lui un effetto devastante. Gli avevano fatto perdere la già scarsa sicurezza in lui, l’amor proprio. I suoi capelli rossi erano stati sempre oggetto di scherno. Scimmia rossa, lo chiamavano oppure gallina dalla cresta rossa. La sua altezza aveva sempre spaventato le ragazze, i suoi modi di fare lo avevano fatto considerare un pericolo per tutti. Eppure Kaede… lui era diverso. Una volta, si ricordava, scherzando aveva espresso la sua idea di tingersi i capelli di nero. Erano sdraiati sul letto, a scambiarsi dolcezze. Hana aveva la testa di Kaede appoggiata al petto e accarezzava i suoi capelli. Kaede si era alzato di scatto, l’aveva congelato con uno sguardo scuro e gli aveva mollato un pugno dicendogli che se si fosse tinto i capelli lo avrebbe scuoiato. Poi si era di nuovo accoccolato sul suo petto, come se nulla fosse accaduto. Aveva preso la mano di Hana, che ancora si massaggiava lo zigomo, e l’aveva appoggiata sui suoi capelli, con la muta richiesta di continuare le sue attenzioni. Era fatto così Kaede. Parlava poco ma i suoi gesti valevano più di mille parole. Ricordava la prima volta in cui avevano parlato dei suoi 50 rifiuti. Hana aveva riso tutto il tempo, spiegandogli i suoi miseri tentativi di convincere una ragazza a voler stare con lui, parlando dei loro volti spaventati, delle risa dell’armata e, senza neppure accorgersene, era scoppiato a piangere. Ede l’aveva stretto fra le braccia e l’aveva ricoperto di baci.

“Questo è per i tuoi bellissimi capelli che adoro. Hanno il colore e il calore del fuoco. Come te. Questo è per la tua bella bocca dolce come un frutto dal nettare estasiante. Questo è per le tue spalle grandi e possenti, che mi danno un senso di sicurezza…” e via dicendo fino a baciare ogni parte del suo corpo…

Per Kaede lui era speciale, glielo aveva detto e dimostrato milioni di volte. Eppure lui n’aveva dubitato e si era arreso. Invece di cercare di capire che cosa lo turbasse, invece di chiedere e intestardirsi se non voleva rispondere, era rimasto in silenzio, pensando che tutto sarebbe passato. Non aveva lottato per il loro amore, non perché non vi credesse, ma perché, da sempre, una vocina dentro di lui, gli aveva sempre domandato cosa potesse mai trovarci un ragazzo stupendo come Kaede in lui, un ragazzo abbastanza comune. Si era sempre sentito indegno del suo amore ed era stato un sciocco. In fondo era anche colpa sua se Kaede si era ritrovato fra le braccia di Akira. Lui, che spesso parlava solo per dare aria alla sua bocca, proclamandosi il genio per eccellenza, non aveva saputo dirgli che lo amava e che non lo avrebbe mai lasciato andare via. Forse Kaede era confuso, forse soffriva delle sue stesse insicurezze. E lui non era riuscito a capirlo.
La notte trascorse così per Hanamichi Sakuragi, pensando e ripensando, certo ormai della sua decisione.

Sia Hanamichi che Hiroaki si svegliarono molto presto quel giorno. Hiro era andato prima di Hana a farsi una doccia ed era sceso a preparare la colazione per entrambi. Hiroaki si era svegliato così di buon umore che, adesso, canticchiava cucinando. Hanamichi aveva fatto una doccia veloce e si era chiuso in camera. Quando era sceso, aveva tirato i capelli di Hiroaki ancora davanti alla cucina, e gli aveva portato la testa all’indietro, baciandogli la fronte.
<< Buon giorno! >> aveva esclamato il rossino.
<< Buon giorno! >> gli aveva risposto sorridendo Hiroaki, poi aveva dato una breve occhiata alle valigie sulla soglia. << Vai via? >> aveva detto con un pizzico di tristezza.
Dopo tutto quel tempo si era abituato ad avere la presenza di quel casinista in casa. Però, si disse, presto sarebbe stata sostituita da un’altra ancora più ingombrante e rumorosa!
<< Già. Torno a casa. >> aveva risposto sorridendo. << Che hai preparato per colazione? >>
Hana e Hiro fecero colazione parlando delle loro decisioni. La tristezza che aveva preceduto la loro chiacchierata era in breve svanita. Lasciare quella casa, per entrambi, non avrebbe significato abbandonare e dimenticare tutto. Si sarebbero visti quasi tutti i giorni e poi, ormai, Hana era diventato un amico insostituibile per Hiro e lui per il rossino.
<< Non ci divideremo mai vero? Saremo sempre amici, vero Hana? >> gli aveva chiesto sulla soglia di casa Hiro.
Hana aveva chiuso la porta e lo aveva abbracciato. Il ragazzo più basso gli si era lasciato andare fra le braccia, piangendo.
<< Su. Non piangere! Non sto mica partendo per andare in guerra! Abitiamo nella stessa città a nemmeno tre fermate di metropolitana di distanza. E poi siamo amici, usciremo persino insieme. In altre parole: alla fine sarai così stufo di vedermi in giro, che ti augurerai che parta per la guerra! >> ridacchiò sorridendo Hana, ammiccando sornione.
<< Cretino! >> disse Hiro allontanandosi e asciugandosi le lacrime che continuavano ad uscire.
<< Dai! Hiro! Non piangere! >>
<< Mi farò consolare da Akira, non ti preoccupare! >>
Hana scoppiò a ridere, abbracciando più forte il ragazzo e depositandogli un bacio sui capelli.
<< Immagino… però non lo stancare troppo o la prossima partita la vinceremo troppo facilmente! >> ed uscì seguito dallo sguardo di Hiro.

<< Chi diavolo è? >>
La voce impastata dal sonno, avvolto nelle coperte a mo’ d’involtino, il cuscino finito chissà dove. Kaede Rukawa, abile ala dello Shohoku, era riuscito a prendere sonno solo nelle mattinate. Da quando aveva salutato il rossino, era rimasto gelato in un’atmosfera d’attesa ed estasi. Aveva ripensato al bacio di fuoco del ragazzo e alla giornata trascorsa insieme. Certo c’era stato anche Minami, e aveva pure strappato un bacio al suo ragazzo, ma era solo un piccolo dettaglio, e poi gliel’avrebbe fatta pagare prima o poi in campo, umiliandolo. Hana era suo e nessuno tocca quello che è di Kaede Rukawa! Neppure Koshino!
Appena tornato a casa, aveva rivisto una vecchia videocassetta registrata la sera del Natale precedente. Aveva sorriso vedendo l’abbraccio possessivo di Hanamichi e il sorriso soddisfatto e dolce suo. Come aveva fatto a ridursi così? Perché Hana era l’unica persona sulla faccia della Terra che riuscisse a farlo reagire, a strapparlo all’apatia? Perché si sentiva felice solo con lui? Perché non si sentiva più solo? Perché lo amava così tanto da non riuscire neppure ad immaginare la sua vita senza di lui? E c’era bisogno di chiederselo? Perché Hana era come il fuoco e aveva sciolto il ghiaccio del suo cuore. Perché Hana era l’unica persona con cui avrebbe potuto vivere, perché lui era la sua luce. La mattina quando si svegliava lo trovava sempre accanto a lui, così caldo e vivo. Gli preparava la colazione, con il suo solito sorriso e, anche se i toast erano bruciati e il resto era immangiabile, lui mangiava tutto, come fossero nettare e ambrosia. Lui era il suo nettare e la sua ambrosia e non riusciva a farne a meno.
Quella notte aveva pensato e ripensato a lui e al suo sapore. Quello che li univa non era solo passione, non era solo attrazione, era amore. Quel calore che aveva sempre cercato nella sua vita e che non aveva mai trovato. Quella nicchia sicura in cui poteva sempre rifugiarsi. Per questo n’era diventato geloso. Temeva che Hanamichi, stanco del suo essere freddo e scostante, potesse, un giorno, smettere di amarlo. Era geloso del suo amore, era geloso dei suoi sorrisi che rivolgeva alle persone che amava, era geloso dell’armata, di sua madre, dei compagni di squadra… era geloso di tutto e tutti. Tutto ciò che poteva portarlo via, anche solo per il breve intervallo di una sera. E l’aveva trattato male, lo sapeva. Eppure non era riuscito a farne a meno. La gelosia ti rode dentro, come un mostro sempre affamato e di mostri n’aveva visti tanti, in ogni volto che incrociava il cammino del suo ragazzo. Ma tutto sarebbe cambiato. Se solo Hana… se solo avesse scelto lui e non Koshino, se solo non lo avesse abbandonato, lui l’avrebbe amato ancor più di prima, a più ampio respiro.
Si era addormentato nelle mattinate e lo aveva sognato. Non era stato un sogno particolare. Loro erano in montagna, su una piccola barca che ondeggiava su un lago limpido, deserto e silenzioso. Hana aveva una mano immersa nelle acque e Kaede remava. Era una giornata di fine estate e si respirava già il fresco profumo dell’autunno. Le foglie degli alberi, tra il giallo e il rosso, comprendendo ogni sfumatura d’arancio, cadevano mosse dal vento. Tutt’attorno al lago, una distesa di foglie faceva da scenario a quella tranquilla giornata.
<< Sai kitsune? Mi piace stare qui. >> aveva detto con gli occhi socchiusi. << Questo paesaggio mi ricorda te. >> aveva aggiunto: << E’ talmente bello da togliere il respiro. >>
Kaede aveva riposto i remi dentro la barca e gli si era avvicinato. Aveva scostato i capelli sulla fronte di Hanamichi e stava per avvicinarsi, quando…. Il campanello aveva cominciato a suonare come un ossesso! Kaede aveva cercato di respingerlo nella realtà, richiamando quel sogno meraviglioso che stava sfuggendogli, ma ad ogni scampanellata il suono diventava più acuto. Alla fine il sogno era scomparso nella luce del sole, quando Kaede, scocciato e nervoso, era uscito dal letto caldo per dare una lezione allo scocciatore. Se fosse stato Akira, come ben immaginava, gli avrebbe sbattuto la porta in faccia! Non poteva rovinare un sogno così bello per raccontarli di quel ladro di do’hao di nome Koshino. E invece, appena aprì la porta, rimase senza fiato!
<< Era ora stupida volpe! Da quando hai ripreso le vecchie abitudini? >> disse il rossino scostando il ragazzo e trascinando dentro le valigie: << Non sai che dormire troppo fa male? >>
Kaede chiuse la porta e si strofinò gli occhi con le mani, ma quando li riaprì Hana non c’era più.
“Che stronzo che sono! Ho fatto di nuovo lo stesso sogno!” ma i suoi pensieri furono bloccati dalla visione di Hana, con la piccola Saya in mano, fermo a mezza scala che lo guardava con aria offesa. La gattina faceva le fusa, felice fra le braccia del rosso e si godeva le coccole miagolando ad occhi chiusi.
<< Tsè! Il Tensai torna dopo tanto tempo e tu che fai? Stai lì impalato con la faccia da triglia, come di chi ha visto un fantasma e non mi aiuti neppure a portare le valigie nella nostra camera. >> disse il rosso appoggiando il gattino sullo scalino e incrociando le braccia al petto.
Kaede fece qualche passo incerto.
<< Hana… ma tu… che ci fai qui? >>
<< Sbaglio o dovevo darti una risposta? >>
Kaede fece gli ultimi passi che lo dividevano da Hanamichi di corsa, gettandosi addosso di slancio e abbracciandolo più forte che potesse. Affondò il suo viso nel suo collo e per un attimo rimase senza fiato. Le sue mani stringevano la vita del rossino. Hanamichi, invece, strinse le braccia al collo della volpe e gli accarezzò i capelli morbidi.
<< Finalmente. >> disse senza smettere di abbracciarlo: << Finalmente sei tornato da me. Ti giuro che non ti farò mai più soffrire. >>
<< Ede. L’importante è stare assieme. >>

Appena ebbe finito di risistemare la stanza, Hiroaki salì in camera sua a vestirsi. Indossò la camicia blu che ad Akira piaceva da matti e quei pantaloni neri che lui gli aveva regalato il compleanno scorso. Scese al piano di sotto fischiettando e prese il telefono in mano.
<< Moshi moshi? >> domandò Akira ancora mezzo addormentato.
Quella notte si era addormentato subito e felicemente. Le emozioni delle giornata erano state così forti che lo avevano portato ad uno stato di euforia totale. Aveva fatto mille sogni, Akira Sendo, e molti dei quali poco casti. Ma aveva sognato sempre e solo Hiroaki, come gli succedeva ormai ogni notte, solo che, quella volta, in ogni sogno c’era sempre una costante: Hiro tornava da lui. Nelle mattinate, poi, aveva sognato il sogno più bello. Mark, il cugino rompiscatole, era sulla rampa dell’aereo che l’avrebbe portato in America e lui e Hiro erano andati a salutarlo all’aeroporto. Hiro lo aveva salutato ancora abbracciato a lui. Non che il sogno fosse qualcosa di speciale, ma, almeno nel sogno, riusciva a liberarsi di quell’impiastro!
<< Aki? Stavi dormendo? >>
A sentire la sua voce, Akira si alzò di scatto dal letto, perse l’equilibrio e cadde giù, finendo intrappolato in un groviglio di lenzuola. Gli ci volle molto per uscirne fuori, anche perché, ogni volta che ci provava, le lenzuola si attorcigliavano ancora di più attorno a lui. Alla fine riuscì a liberarsi, prese nuovamente il telefono in mano e si scusò con Hiro. Il ragazzo scoppiò a ridere.
<< Aki sei sempre il solito! >>
<< Hiro-kun! Non sei gentile a ridere di me! >>
<< Allora mi farò perdonare. Che ne dici di venire a pranzo a casa mia? >>
Ad Akira si congelò il respiro: << Cosa? Vuoi dire che…. Hiro tu hai preso una decisione? >>
Ci fu un po’ di silenzio, poi Akira udì la voce fresca di Hiro sussurrargli:
<< Te lo dirò appena arriverai. Ti aspetto. >>
Ancora stranito e confuso, Akira rimase ai piedi del suo letto con la cornetta in mano. Poiché, però, non era il tipo da farsi problemi mentali, si alzò velocemente e si gettò dentro la doccia. Tempo mezz’ora (occorsigli per sistemare i capelli) ed era già fuori che si dirigeva verso la stazione della metropolitana. Aveva detto alla madre che sarebbe tornato tardi e che avrebbe pranzato a casa di Hiro. La madre aveva tirato un sospiro di sollievo. Ultimamente il suo ragazzo era sempre molto triste e Hiroaki non era andato più a trovarli. Probabilmente avevano litigato. Avrebbe voluto chiedere spiegazioni al figlio, ma aveva preferito lasciare che fosse lui a sistemare tutto e chiederle, se n’avesse avuto il bisogno, il suo aiuto. Ora sapeva di aver fatto la scelta giusta. Akira sembra essersi riacceso. Era di nuovo vitale e sereno. Forse un giorno glielo avrebbe detto. Le si sarebbe avvicinato e abbracciandola da dietro, le avrebbe confessato il suo segreto. Le avrebbe parlato di Hiroaki e di quel sentimento che provava per lui e che andava oltre alla semplice amicizia. E lei sarebbe stata a sentirlo, perché per una madre la felicità del figlio viene prima d’ogni cosa, prima di stupide regole comportamentali dettate dalla società. E poi Hiroaki lo conosceva da anni ed era il ragazzo giusto per il figlio. Così serio ed educato, riusciva a smussare gli angoli più infantili del carattere di Akira e Akira riusciva sempre a far ridere Hiro. Erano perfetti. Sì, si disse. Un giorno glielo avrebbe detto e lei sarebbe rimasta ad ascoltarlo.
Quando Hiro venne ad aprirgli la porta, Akira rimase con il fiato sospeso. Hiro indossava quei vestiti che lo facevano impazzire. Aveva quella camicia blu, che lui adorava, appena abbottonata e i pantaloni neri che gli aveva regalato tempo addietro. Era un sogno. Ripensandoci Akira si diede un pizzicotto sulla guancia per appurare che non fosse un sogno.
<< Akira? Ma che combini? Così ti diventerà rosso! >> disse Hiro chiudendo la porta e trascinandolo dentro.
<< Non è nulla, non ti preoccupare! Volevo solo capire se stavo sognando o no. >>
Hiroaki gli si avvicinò, allacciò le sue braccia dietro le spalle del ragazzo, si alzò in punta di piedi e lo baciò. Akira, dapprima stupito, si riprese in fretta. Strinse Hiroaki al suo petto e continuò a baciarlo. Poi, mentre la sua lingua duellava con quella del ragazzo e il bacio si faceva più profondo, prese Hiroaki in braccio e lo portò in salotto, sul divano e continuò a baciarlo. Le sue mani scivolarono lungo il corpo del ragazzo più piccolo, e Hiro pensò che il suo tocco era molto diverso da quello di Hanamichi. Solo adesso si sentiva pienamente appagato. Solo adesso si sentiva felice.
Allontanò un attimo quelle mani e quel corpo da lui. Si rialzò e si mise seduto sulle sue gambe.
<< Akira… ieri ho quasi fatto l’amore con Hanamichi. >> sentì le sue mani serrarsi sulla sua camicia: << Sai perché ci siamo fermati? Perché in quel momento abbiamo pensato a voi e a come fosse diverso quando lo facevamo con voi. Io ho persino chiamato Hanamichi con il tuo nome. >> Hiro sollevò il viso di Akira con l’indice della mano destra e fissò gli occhi nei suoi: << Io amo solo te e nessun altro. Voglio stare con te Akira, nonostante tutto e tutti. Hanamichi è solo un amico, sei tu il ragazzo che amo e, se non vorrai più saperne di me, ti giuro che farò ogni cosa per farmi perdonare e poi… >> Akira ascoltava in silenzio la confessione di Hiroaki: << Ho letto la tua lettera Akira e l’ho riletta decine di volte. Non ti lascerò mai, te lo giuro. Se tu vorrai tornare con me… >>
Hiro s’interruppe. Sentiva già le lacrime salirgli agli occhi. Akira era troppo silenzioso ed evitava di guardarlo negli occhi. Quegli attimi, da cui dipendeva la sua felicità, sembravano eterni. Akira prese in mano la catenina che s’intravedeva dalla camicia aperta di Hiro. All’inizio non vi aveva fatto caso, solo quando Hiro gli aveva confessato quello che, per fortuna, non era accaduto la sera precedente con Hanamichi, aveva visto il piccolo ciondolo brillare circondato dalla pelle chiara del suo ragazzo. Akira allora aveva aspettato che Hiroaki finisse di parlare, un suo gesto, sicuramente, sarebbe stato più esplicito delle parole, bloccate nel suo cuore.
Akira aveva preso in mano la piccola catenina e aveva baciato con riverenza quel piccolo cuore.
<< Io, Hiro, ti amo e per questo ti perdono come tu hai fatto con me. Ti giuro che non ti tradirò mai più e mai più ti farò soffrire, perché per me tu sei la persona più importante. Perciò dimentichiamo quello che è stato e stiamo semplicemente insieme. Ti amo. >> aveva soffiato ad un centimetro dalle sue labbra baciandolo subito dopo.
<< I miei sono ancora fuori casa. Hana è tornato da Kaede. Mark è partito per Tokyo. Come vedi siamo soli, perciò adesso usciamo ed andiamo ad avvertire tua madre che ti fermi qui stanotte. >>
<< Posso avvertirla via telefono. >> rispose Akira fra un bacio e l’altro: << Che bisogno c’è di uscire? Non possiamo direttamente stare qui? >>
<< Ma… >> cercò di replicare Hiroaki ormai ad un passo dal perdere se stesso: << Non ho avuto il tempo di preparare nulla. Avevo pensato di pranzare fuori… >>
Akira tolse la camicia ad Hiro e iniziò a torturare i capezzoli.
<< Dopo… che fretta c’è? E poi io ho fame di altro. >>

Un bastoncino d’incenso alla vaniglia fumava espandendo un profumo dolce e carico nella stanza avvolta dalla penombra. Hanamichi stringeva con forza il lenzuolo sotto di sé. Kaede l’aveva sollevato di peso e trasportato in camera, per poi gettarlo sul letto. L’aveva guardato rapito per qualche minuto e poi si era fiondato sulla sua preda. Gli aveva strappato con la bocca i bottoni della camicia e l’aveva gettata ai piedi del letto. Era sceso a baciare con riverenza la sua bocca. Aveva duellato con la lingua del rosso e poi l’aveva abbandonato scendendo lungo il suo corpo. Aveva baciato con riverenza i capezzoli già turgidi. Ne aveva leccato uno, mente con una mano aveva torturato l’altro e con la restante mano era scesa ad accarezzare l’inguine del rossino. Hana aveva mugolato di piacere e Kaede aveva sorriso dolcemente. Dopo aver finito di leccare quelle golosità di cui non riusciva mai a saziarsi, era sceso a liberare il rosso dai pantaloni. Aveva abbassato la zip dei pantaloni e aveva infilato una mano all’interno. Hana si era teso al suo tocco e Kaede aveva continuato la sua lenta ed estenuante carezza. Aveva baciato con gusto la virilità tesa dell’altro ragazzo che aveva emesso un gemito di frustrazione. L’aveva morso e poi liberato sia dei pantaloni che della biancheria. Kaede era rimasto a guardare estasiato il suo ragazzo, meraviglioso nella sua sensualità, bellissimo, nudo sotto di lui, con lo sguardo perso, il corpo bronzeo sudato e il respiro affannato. Scese su di lui, baciando la sua pelle calda. La sua mano sinistra arrivò alla sua bocca e il rossino la prese fra le labbra succhiandola. Quando fu pronta, le dita presero la strada del ritorno ed entrarono dentro di lui. In breve le dita furono sostituite dalla virilità del volpino e l’amplesso divenne unico e totalizzante.
Kaede si sdraiò accanto al rossino e lo attirò a sé. Gli accarezzò dolcemente i capelli, mentre il respiro dei due ragazzi tornava ad essere normale.
<< Ai shiteru kitsune. >>
<< Ai shiteru, do’hao. >>

<< Akira smettila! >> grugnì Hiroaki intento a cucinare.
<< Ma Hiro-kun! Come puoi trattarmi così? Dopo tutto quello che c’è stato fra noi? >>
<< Appunto! Quel “tutto” di cui parli c’è già stato tre volte! E ora lasciami cucinare che sono già le dieci e io sto morendo dalla fame! >> disse Hiro arrossendo.
Per tutta risposta Akira si sistemò dietro il suo koi abbracciandolo. Le sue mani si insinuarono sotto la maglietta del ragazzo, accarezzandolo e pizzicandolo.
<< Aki… smettila! >>
<< Uffa… Hiro. E’ tutta colpa tua. Sei troppo eccitante con quel grembiule addosso! >>
Hiroaki cercò di riprendere possesso della sua volontà e di allontanare il ragazzo, prima che la cena bruciasse un’altra volta. Prese le mani di Akira e le allontanò, ma poiché il porcospino continuava a fare ciò che voleva, allora provò la carta dall’astuzia.
<< Lo diceva pure Hana-kun. >> sorrise compiaciuto sentendo le mani del suo ragazzo allontanarsi dal caldo rifugio della sua maglietta e prendere il suo volto e facendo incrociare i loro sguardi.
<< Spero per te che tu stia scherzando! >> tuonò Akira.
<< Uhm… forse… chi lo sa. >>
<< Hiro-kun… Hiro-kun…. Che devo fare con te? >> domandò scherzando Akira.
<< Aiutami a cucinare! >> rispose Hiro porgendogli un cucchiaio.
La cena, forse per l’eccitante attesa del porcospino, fu sin troppo veloce. Hiroaki guardava di sbieco il ragazzo di fronte a se che s’ingozzava con il sorriso sulle labbra.
<< Akira smettila di fare quella faccia! >>
<< Uhn? Che faccia? >>
<< Quella da hentai! >>
Akira sorrise allegro. Finalmente dopo tanto tempo aveva riassaggiato il sapore del suo ragazzo e non voleva più separarsene. Hiro era stato molto dolce e passionale, così come non lo ricordava. Avevano fatto l’amore tre volte, ma fosse stato per lui non avrebbero mai smesso. Quel pomeriggio erano andati a casa sua a prendere i materiali della scuola. Aveva detto alla madre che sarebbe rimasto a dormire a casa di Hiro e lei gli aveva sorriso felice. Aveva abbracciato il suo ragazzo e li aveva invitati ad entrare a prendere del the. Era stata una giornata piacevole, fatta di piccole carezze e momenti preziosi. Quello che Akira avrebbe ricordato di più, oltre… beh… oltre a quegli attimi, sarebbe stato il momento in cui Hiro, seduto sul divano, gli aveva allungato le braccia e lo aveva fatto sdraiare con la testa appoggiata sulle sue gambe. Gli aveva accarezzato i capelli con dolcezza e gli aveva raccontato quasi ogni momento del periodo trascorso con Hana e di quanto lui gli fosse mancato. Avevano fatto merenda sul divano, sgranocchiando grissini immersi in un barattolo di nutella, che poi era stato spalmata su una diversa superficie. Ma che poteva farci lui se perdeva sempre il controllo quando il suo koibito gli stava accanto? Nulla e neppure Hiro.
Hiroaki allacciò le gambe attorno alla vita di Akira. Akira lo sollevò fino a fare aderire i due toraci. Salì le scale lentamente, duellando con Hiroaki per il predominio del bacio. Aprì la porta con un calcio e stese il ragazzo sul letto, coprendolo con il suo corpo. Hiro gli sollevò la maglia cominciando a baciarlo sul collo, scendendo con le mani fino ai capezzoli. Akira lo privò sia della maglia che dei pantaloncini. Infilò una sua mano nei boxer del ragazzo ed iniziò ad accarezzandolo intimamente. Hiro, fra un sospiro e l’altro, aprì i pantaloni di Akira facendoglieli scivolare lungo le gambe tornite. Infilò anche lui le mani nei boxer del koibito, saggiando la durezza dei glutei torniti, facendo sfuggire ad Akira un gemito di piacere.
<< Hiro-kun… >>
Akira tornò a baciare il ragazzo sotto di lui, mentre la mano entrava nel suo corpo spingendosi dentro con piccole spinte. Vide una smorfia di dolore offuscare il bel viso del koi.
<< Rilassati Hiro-kun. Lo sai che ti amo. >>
Hiro si lasciò andare alla sensazione di completezza che gli dava lo stare con il ragazzo che amava. Baciò con più passione Akira e fece scivolare le mani lungo le sue spalle larghe. Akira sostituì la mano con la sua virilità, ma Hiro non si accorse neppure del dolore, troppo preso da quella sensazione di pienezza. Akira gli diede il tempo di abituarsi al suo corpo e iniziò ad affondare con spinte sempre più potenti, finché i gemiti dei due ragazzi si fusero insieme in un grido di puro piacere.
<< Ti amo Aki-kun. >> disse Hiro abbracciando forte Akira, ancora dentro di lui.
<< Anche io, più della mia stessa vita. >> rispose il porcospino baciandolo.

Kanagawa un mese dopo, sabato pomeriggio.

Casa Sendo.
<< Whaaaaaa! Non ci posso credere Hiro-kun! Tornano i tuoi dal mese fuori casa e i miei che fanno? Partono! Non è meraviglioso tesoro? Finalmente potremo stare un po’ da soli. >>
Akira spalancò la porta di casa, facendo entrare il suo ragazzo. I genitori erano partiti per una seconda luna di miele e loro avrebbero avuto la casa libera e a disposizione per tre settimane. Non che Hiro potesse trasferirsi lì in toto, ma almeno avrebbero potuto stare insieme almeno due sere a settimana senza preoccuparsi di chiudere la porta se ad uno di loro veniva voglia di baciare l’altro. Già Akira si immaginava seduto sul divano con il suo koi fra le braccia, a bere una coca guardando la tv, poi la situazione sarebbe piacevolmente degenerata e loro avrebbero passato la serata in ben altre occupazioni.
Hiro entrò scostando malamente il ragazzo. Non che l’idea di stare tre settimane liberi da preoccupazioni non gli piacesse, ma era meglio che il porcospino hentai non facesse troppo affidamento sulla sua completa disponibilità. Tanto lo sapeva. In quelle settimane avrebbe fatto da adorabile mogliettina, come lo definiva Akira prima che Hiro gli mollasse puntualmente un pugno sul viso, intenta a cucinare (Akira era una frana e avrebbe ammazzato tutti e due con una delle sue specialità), a fargli fare i compiti e… beh il resto lo fece arrossire e smise di pensarci.
<< Potremmo invitare pure Kaede e Hana-chan a cena, una di queste sere. >> sorrise Hiroaki sistemando i suoi vestiti nell’armadio del ragazzo.
<< Uhm… non so…. E se poi ci prova con te? >>
<< Aki! Smettila! Ti sembra che ci abbia provato tutte le volte che siamo usciti insieme? E poi non sono così affascinante da competere con Kaede. >> ridacchiò Hiroaki nel vedere la gelosia dipinta sul volto del ragazzo sdraiato sul letto.
<< Tu sei molto di più. Sei la mia luce. >> disse il porcospino abbracciandolo e depositandogli una marea di baci sul collo: << La persona con cui mi piace trascorrere le mie giornate. Non rinuncerei mai a te, per niente al mondo. >>
Akira fece scivolare le sue mani all’interno dei pantaloni di Hiroaki. Il ragazzo si arcuò sotto le sue assidue cure, cominciando ad ansimare. Akira gli fece scivolare i pantaloni lungo le cosce e lo fece adagiare sul letto.
<< Credo che queste saranno tre lunghe settimane piacevoli. >> sorrise sornione il ragazzo.
Hiroaki fece scivolare all’indietro un braccio, prese un cuscino e lo tirò in testa al koi. Akira lo schivò con agilità e si abbasso a baciare Hiro. La sua lingua gustò ogni angolo della bocca del ragazzo e si saziò dei suoi gemiti.
<< Eh sì. Sarà proprio una bella vacanza. >> disse sistemandosi contro il corpo di Hiro.
<< Akira? >> ansimò.
<< Sì Hiro-kun? >>
<< Sei un hentai! >>
Akira si abbassò a baciare le labbra del suo ragazzo. Le nuvole del passato erano scomparse e lui sarebbe, finalmente, tornato a sorridere.

Casa Rukawa/Sakuragi.

<< Volpe! Dove diavolo ti sei cacciato! >>
Hanamichi entrò in casa sbattendo la porta, visibilmente nervoso. Kaede era uscito prima dagli allenamenti e non lo aveva neppure aspettato. La volpe era tornato a casa da solo, lasciandolo alle grinfie dell’armata che aveva continuato a prenderlo in giro tutto il tempo per un “leggero” sbaglio avvenuto sotto canestro. Anche i Tensai possono sbagliare, no? Kaede lo aveva distratto con la sua avvenenza e il pallone, invece di entrare dentro il canestro, aveva colpito il tabellone e gli era finito in faccia, causando lo scoppio di risa dell’armata, sempre pronti a prenderlo in giro!
<< Stupida volpe! Si può sapere cosa avevi di così importante da fare, che non mi hai neppure aspettato? >>
Hanamichi si era subito diretto in camera, convinto di trovarlo già addormentato, ma nulla. Aveva trovato la stanza vuota. Era sceso in salotto, aveva cercato nel giardino e in ogni altro angolo della casa, ma niente. Kaede sembrava svanito nel nulla. Cercò di fare mente locale, pensando a dove potesse essere, ai luoghi che non aveva controllato, quando…
<< Finalmente sei arrivato, do’hao? >> lo abbracciò da dietro Kaede.
<< Finalmente? Se tu mi avessi aspettato, non sarei stato bloccato da quei cretini dell’armata. >>
<< Se tu fossi un Tensai come dici di essere, non avresti sbagliato un canestro così facile, come una matricola senza esperienza! >> disse Kaede poggiando dolci baci sul collo del ragazzo.
<< E’ tutta colpa tua… se… >> ma non riuscì a finire la frase, troppo preso dal piacere che quella pioggia di baci gli stava dando.
Kaede si staccò un attimo dal suo do’hao e Hana lo guardò stranito. La volpe lo prese per mano e lo condusse in cucina. Hana si fece guidare docilmente, intrecciando le mani a quelle del suo volpino.
<< Ho preparato una sorpresa per te, Hana. >>
Nel grande tavolo della cucina, affiancato da un piccolo pacco, c’era una torta alla frutta, di quelle che piacevano ad Hana. Non aveva, ad essere sinceri, un bell’aspetto, ma era stata fatta dal volpino con tutto il cuore, quindi doveva essere buona senz’altro e se non lo fosse stata l’avrebbe mangiata ugualmente.
<< Che significa? >>
Kaede sciolse le sue mani dalla stretta del rossino e si avvicinò al tavolo. Prese il piccolo pacco e lo consegnò ad Hana, più che mai stupito.
<< E’ per festeggiare il primo mesiversario della nostra nuova vita insieme. Ai shiteru Hana-kun. >> e detto questo lasciò che Hana, con mani tremanti per l’emozione, aprisse la piccola scatola.
Dentro la scatolina rossa, c’erano due peluches raffiguranti una scimmietta rossa abbracciata ad una volpe dal nero pelo. Saya, la piccola gattina, spettatrice inconsapevole dell’avvenimento, guardò confusa i due pupazzetti.
Hana si avvicinò poi al tavolo per guardare la torta. Le fragole, che prima aveva pensato fossero state messe a caso, formavano la scritta “per D. da K.”
<< D? >> domandò confuso Hanamichi.
<< Per il do’hao dalla kitsune! >> sorrise allegro il volpino.
Hanamichi fu sul punto di esplodere. Almeno in un’occasione così romantica la volpe malefica avrebbe pure potuto chiamarlo Hanamichi, invece d’idiota, ma poi riguardò la torta e Kaede sorridente e se lo immaginò a cucinare. Doveva aver impiegato molto tempo e vide scritto, in quella parole rosse, l’amore del suo ragazzo.
<< Kae-kun… io non ti ho fatto nulla. >> disse Hana abbracciandolo.
<< Non ti preoccupare… avremo tutta la notte. >>
Hana ridacchiò contro la spalla di Ede mentre  lui, possessivamente, lo stringeva sempre più.
<< Mangiamo la torta? >> chiese la volpe impaziente.
<< Sarà commestibile? >> gli chiese di rimando Hana alzando un sopracciglio scettico.
<< Do’hao! >> sussurrò Kaede porgendogli un cucchiaino con una fragola sopra.
<< Baka kitsune! >> ridacchiò il rossino gustandosi la torta che il suo ragazzo aveva cucinato solo per lui e per il loro amore.

OWARI

Siparietto finale.
H&R&K&A: O////////////////////////////////////////////O
Autrice: ehm... ^//////////////////////////////////^  sono più imbarazzata di voi!
H&R&K&A: finalmente la lemonnnnnnnnnnnnnnnn! *______*
Autrice sempre più in imbarazzo: questa era per Kia, che ha detto che non potevo tirarmi indietro! Ma non ve n’aspettate altre! Sono troppo negata e imbarazzata! E poi voi siete risultati così OOC!
Ede: ma chi se ne frega dell’OOC! LEMON! ^////////////////////////////////^
Aki: e poi mi hai ridato il mio Hiro-kun!
Autrice: vabbè ragazzi con questa si conclude l’avventura. Avevo pensato di fare una ss…
H&R&K&A: sììììììììììì!
Autrice: ¬_¬  non su di voi, almeno non come protagonisti.
Ede: allora non ci interessa e quindi non la scrivi!
Autrice: a parte il fatto che io scrivo quello che voglio…
Ede: e si vede! Se avessi ascoltato i miei consigli io e Hana avremo già…
Autrice: Ede! Smettila! E comunque: volevo fare una sidestory per vedere che fine avevano fatto Minami e il povero Mark, ma non adesso, quando mi sarei liberata un pochino dai miei impegni. Voi che ne pensate? Fatemi sapere, mi raccomando! Allora ragazze contente? Tutto è bene quel che finisce bene!
Ede: a proposito! Come hai potuto scrivere quella semi-lemon fra Hana e Hiro? è_____é
Aki: già! Come hai potuto autrice! è_____é
Autrice con i bagagli in mano: beh ragazzi io mi prendo una vacanza! A presto!
H&R&K&A: dove vai?????????????????????
Autrice: spero che questo lungo e melassoso viaggio vi sia piaciuto. Sinceramente non so come abbia potuto scrivere una schifezza simile, ma finalmente è finita! Una bacione a tutte!

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