Autrice: allora che dire?
Ru: nulla! Scrivi! Voglio il
mio Hana __
Autrice: ma Ede… io volevo
dare qualche spiegazione….
Hiro: non importa! I lettori
sanno quanto tu sia incompetente, passeranno suoi tuoi errori, quindi scrivi
subito, senza perdere tempo!
Autrice sgranocchiando dei
biscotti: quanta fretta….
Ru con in mano le famose
copie del diario: se non ti metti subito al lavoro… le renderò pubbliche!
Autrice: ricattatore! Non
puoi farlo!
Sen: ma davvero? E perché?
Autrice esce da un cassetto
della scrivania un foglio: questa è la copia del contratto che avete firmato
con me all’inizio della nostra “collaborazione”. C’è scritto: noi… in cambio
di ff il cui pairing non sconvolga le coppie canoniche… c’impegniamo a non
ricattare l’autrice, a non inviarle messaggi di morte… ecc… ecc… come vedete
ci sono le vostre firme!
I diretti interessati
leggono: ma questa frase è scritta piccolissima! Questo è un imbroglio!
Autrice: quel che è fatto è
fatto! Ho pure un testimone. Testimone?
Mitsui-testimone: confermo!
Ogni parola dell’autrice è sacrosanta!
Ru sospettoso: come ha fatto
a comprarti?
Mitsui: mi ha promesso una
ff solo per me e il mio Kimi!
Ru: grrrrr!
Autrice gongolante inserisce
il pilota automatico: nel frattempo mi faccio una piccola pausa! A dopo
ragazzi! E mi raccomando: sorridete!
Voglio
tornare a sorridere
parte IX
di
Soffio d'argento
Giunti alla stazione della metropolitana,
come da piano, il nutrito gruppetto si divise in altri due. Kaede,
Hanamichi e Minami si diressero a nord, mentre Akira, Hiroaki e Mark
presero il treno che li avrebbe portati più a sud. Hiro sollevò gli occhi
al cielo, pensando che sarebbe stata una giornata lunghissima, mentre Hana
ancora si chiedeva cosa stesse tramando il volpino.
<< Dove stiamo andando kitsune? >>
<< Abbi un attimo di pazienza e lo scoprirai,
do’hao! >> sbuffò Kaede, più nervoso per la presenza di Minami che per
altro.
<< Do’hao a chi, baka kitsune! >> disse in
tono finto arrabbiato Hanamichi.
<< A te do’hao e ora chiudi quella bocca che
mi stai facendo venire il mal di testa. >> rispose divertito Kaede.
Continuarono per tutto il tragitto in questi
toni.
Minami restava in silenzio. Non riusciva
proprio a capire come il “suo” Hanamichi potesse sopportare il carattere
poco amichevole di quel congelatore. Eppure sembrava quasi contento, come se
non gli dispiacesse essere chiamato “idiota” almeno una volta ogni cinque
minuti. Era possibile? Possibile che amasse così tanto quel ghiacciolo da
trovare divertenti i suoi insulti? Si diede un pugno mentale e continuò a
guardare, avvicinandosi un po’ di più a Hanamichi.
Kaede, invece, si chiedeva quando quel
calimero si sarebbe deciso a lasciarli in pace. Possibile che non capisse
l’evidenza? Hanamichi e lui erano nati per trovarsi e vivere insieme, cosa
c’era di così difficile da capire? Infine Hanamichi si chiedeva come fare a
smorzare quella tensione tangibile. Si sentiva nervoso. Perché avrebbe
voluto che Minami non fosse venuto quel giorno a casa sua? Si sentiva uno
stupido egoista. Lui era un amico e voleva trascorrere un giorno con lui,
come avrebbe fatto Yohei e chiunque dell’armata Sakuragi. Bene! Ecco cosa
doveva fare! Avrebbe considerato quella passeggiata come un’uscita con
l’armata. Magari però sarebbe stato meglio evitare i locali che
frequentavano di solito, quelli in cui si ubriacavano fino a tarda sera (Hana
vergognati! Non si beve alla tua età! NdA.). Kaede l’aveva sempre
rimproverato, tutte le sere in cui tornava ubriaco fradicio e con qualche
livido sul viso. Ecco! Ci voleva solo quello! Gira e rigira il pensiero
tornava a lui!
La voce gentile di una ragazza indicò loro la
stazione in cui scendere. Kaede aveva programmato tutto nei minimi
particolari.
INTERMEZZO DELL’AUTRICE
Ehm… volevo dire che non conosco nessun locale
particolare di Kanagawa. So che avrei anche potuto informarmi, ma preferisco
mettere in moto la mia fantasia.
FINE INTERMEZZO
Non tutto però andò come Kaede aveva
programmato. Innanzitutto c’era già la presenza di Minami che alterava
lievemente, almeno così continuava a dirsi, tutto ciò che aveva
faticosamente progettato togliendo ore libere al sonno. E poi c’era quella
strana tensione facilmente palpabile ogni volta che il silenzio di
impadroniva di loro. Lui non era mai stato un chiacchierone, questo era
vero, ma in qualche modo la presenza di Minami riusciva ad innervosirlo,
rendendolo ancora più silenzioso. Hanamichi faceva tutto il possibile per
diminuire la tensione.
“Chissà se ad Akira sta andando meglio.” si
chiedeva il volpino.
Il primo dei fuoriprogramma si ebbe proprio
appena usciti dalla metropolitana. Hanamichi, infatti, non contento di tutto
ciò che aveva divorato a colazione, appena vide una pasticceria vi entrò,
alludendo la scusa del “sono in fase di crescita e mi devo nutrire”. Kaede
sorrise e lo seguì subito dopo, frapponendosi fra lui e Minami che aveva
cercato di approfittare dell’occasione per avvicinarsi al rosso.
Dentro la pasticceria la situazione non
migliorò. Hanamichi si trovò circondato: a sinistra si era seduto Kaede e a
destra Minami. Quella che si prospettava sarebbe stata una giornata molto
lunga. Per fortuna giunse subito la cameriera a portare il menù e così
Hanamichi si concentrò sulla scelta dei dolci, sperando così di dimenticare,
in qualche modo, in che brutta situazione si era cacciato con le sue stesse
mani. Alla fine, dopo lunga e travagliata scelta, ordinò una fetta di torta
alla frutta e una al cioccolato, un frappè alla fragola e una tazza di the,
alla frutta sempre. Minami ordinò una tazza di cioccolato caldo e Kaede una
tazza di the. Durante il tempo che servì alla cameriera a trovare il modo di
portare tutto ciò che il rossino aveva ordinato, senza buttare a terra
nulla, Hanamichi cercò di imbastire una benché minima conversazione.
Purtroppo per lui, i suoi compagni di quel giorno, non sembravano molto
intenzionati a chiacchierare, troppo presi ad escogitare una maniera per
liberarsi l’uno dell’altro.
Hanamichi provò a parlare della scuola, del
tempo ad Osaka, ma nulla. Alla fine tentò la carta del basket e allora
ricevette un minimo d’attenzione da entrambi. A dire il vero quello era un
argomento che avrebbe preferito evitare. Sapeva che Kaede e Minami non erano
in buoni rapporti per via di quel pugno durante la partita contro le
rispettive scuole, non voleva che la situazione di stabilità già critica
rovinasse su se stessa ancora di più. Temeva, infatti, che, parlando di
basket, la situazione potesse degenerare fra loro, però doveva tentare. Lui
era un tipo cui piaceva parlare in continuazione, anche se da dire aveva ben
poco. Quando stava ancora con Kaede, aveva imparato a rispettare i suoi
silenzi, ma perlomeno lui si era fatto un po’ più chiacchierone, nei limiti
del possibile considerando quanto Kaede odiasse parlare. Avevano fatto un
passettino tutti e due, un passo piccolo per rispettare le abitudini
dell’altro. Nessuno dei due desiderava che l’altro cambiasse e infatti i
cambiamenti erano stati naturali.
Consumarono in silenzio la seconda colazione,
ognuno pensando a come uscire da quella strana situazione. Il più nervoso,
nonostante le apparenze, era Hanamichi. Si sentiva braccato, conteso.
Proprio quando sembrava essere destinato ad
una mattinata silenziosa, dalla porta di fronte al loro tavolo, entrò Kenji.
“Ci mancava solo lui!” aveva pensato
immediatamente Kaede.
Kenji si guardò attorno alla ricerca di
qualcuno. Quando passò in rassegna tutta la clientela del bar, si accorse di
Hanamichi e sorridendo gli si avvicinò.
<< Kenji? Che ci fai qui? >> aveva chiesto
Hanamichi.
<< Sto aspettando qualcuno. Ciao Rukawa…
Minami… >>
Kaede e Minami fecero solo un gesto d’assenso
con il capo. Fujima passò lo sguardo da Minami a Kaede, da Kaede a Minami e
trovò la situazione così comica da scoppiare a ridere, davanti ad uno
stupito Hanamichi. Stava per chiedere spiegazioni, quando dalla porta entrò
un ragazzo molto alto che attirò su di sé l’attenzione di tutti i clienti.
<< Kenji? >>
<< Toru! Finalmente sei arrivato! Ti aspetto
da mezz’ora! >>
Hanagata si avvicinò con fare trafelato e si
posizionò vicino a Kenji.
<< Non dargli retta Toru! E’ qui solo da
neppure cinque minuti. >>
Hanamichi invitò i due ragazzi ad accomodarsi
al loro tavolo, ma Toru, avendo intuito quanto fosse complicata la
situazione, declinò l’invito e, insieme a Kenji, andò a sedersi ad un
tavolo, in fondo al bar. Hanamichi sorseggiò il frappè lentamente. Kaede si
chiese se il do’hao non gli stesse nascondendo qualcosa. Guardò un attimo i
ragazzi dello Shoyo seduti lontani e rivolse uno sguardo confuso a Hanamichi.
Persino Minami, amico da tempo di Fujima, sembrava cadere dalle nuvole. Era
chiaro che neppure lui fosse informato della situazione.
<< Qualcosa non va, Kaede? >> disse il rossino
ridacchiando.
Hanamichi era a conoscenza di quanto Kaede
fosse geloso e in particolare di Kenji. Più volte avevano litigato a tal
proposito e Hanamichi aveva finito con l’arrabbiarsi e uscire da casa
sbattendo la porta. Il rosso non sopportava la gelosia del moretto,
considerandola una mancanza di fiducia verso il Tensai. Quando litigavano
usciva sempre sbattendo la porta, minacciandolo di non tornare più, ma poi
tornava sempre, ogni volta e faceva finta di nulla.
<< Che diavolo ci fa Fujima con Hanagata? >>
<< Perché non lo chiedi ai diretti
interessati? >> rispose Hana assaporando la tazza di the.
Se c’era una cosa che il volpino non
sopportava era essere ignorato. E questo Hanamichi lo sapeva. Aveva deciso
di prendersi una bella rivincita e lo avrebbe fatto.
<< Do’hao! >> reagì Kaede afferrandogli il
braccio: << Allora? >>
<< C’è che Fujima e Hanagata stanno insieme.
>> poi, come se riuscisse a leggere sul volto del koi aggiunse: << Da un
annetto circa. Come vedi non è molto, ma abbastanza. >> e calcò volutamente
il tono sull’ultima parola.
Kaede finalmente capì il motivo per cui Hana
si arrabbiava così tanto per i suoi attacchi di gelosia. Se c’era un do’hao
in quel bar, di sicuro non era Hanamichi.
<< Perché non me lo hai detto tutte le volte
che… >> e si fermò, non volendo dare spunti al calimero per un attacco.
<< Tutte le volte che… volevi dire tutte le
volte che litigavamo e io uscivo arrabbiato? >>
Kaede annuì.
<< Volevo che mi credessi perché ti fidavi di
me. E la tua fiducia doveva essere totale. Non dovevi credermi solo perché
sapevi la verità. So che sono un Tensai della bellezza, ma non sono mica una
divinità. Kaede i ragazzi non mi cadono ai piedi solo perché esisto. La tua
gelosia mi fa piacere, credimi, ma sempre entro i limiti. Non mi piace dover
rinunciare a degli amici, solo perché tu non riesci a fidarti di me. >>.
Kaede avrebbe voluto replicare che di lui si
fidava, era negli altri che non riponeva alcuna fiducia, ma decise di non
dire nulla. Guardò di sottecchi Minami e non gli piacque affatto il sorriso
che gli si dipinse sul viso.
Finita la seconda colazione, salutarono Fujima
e Hanagata ed uscirono. La giornata continuava!
Kaede portò Hanamichi al Planetario. Quello
era il luogo in cui erano stati per il primo appuntamento. Hanamichi era
sempre stato attento alle varie ricorrenze, se Kaede non le dimenticava mai
era solo perché Hana gliele ricordava almeno una settimana prima. Ma a quel
posto era davvero affezionato. Lui adorava le stelle e le notti estive.
Spesso d’estate prendevano la moto e andavano in montagna a vedere le
stelle. Kaede le conosceva a memoria, la madre gli aveva insegnato a
riconoscerle quando era ancora piccolo. Hanamichi si distendeva accanto a
lui e Kaede iniziava a parlargli delle stelle e delle leggende del
firmamento. Il coraggioso Perseo… la vanitosa Cassiopea…. Restavano lì delle
ore e Hanamichi era sempre felice, ma non quel giorno.
Sembrava che tutto ciò che lo circondasse
avesse il potere di farlo innervosire. Si voltava agitato da una parte
all’altra.
Approfittando di una distrazione di Minami,
Kaede tirò per un braccio Hanamichi e si nascosero nei bagni.
<< Si può sapere che hai? Io organizzo tutto
questo per te e tu? >>
<< Baka kitsune! Io non sono un premio! >>
Kaede alzò il sopracciglio sinistro come Hana
si era aspettato. Lo fissò con il suo sguardo freddo e gli chiese se, per
caso, tutti quegli zuccheri che aveva ingurgitato quella mattina, non gli
avessero fuso il cervello. Per poco non si presero a pugni in bagno, solo
perché entrò un visitatore del Planetario in quel momento.
<< Mi sembra di essere un premio da
esposizione. >> continuò, Kaede parve pensarci un po’ su, ma sembrò non
capire, così Hanamichi continuò: << Stupida volpe! Mai una volta che fossi
veloce a capire i pensieri del Tensai! >> borbottò.
<< Se il Tensai non avesse una mente così
confusionaria, io lo capirei benissimo! >>
<< Come osi! >> stava per sferrargli un pugno,
ma l’arrivo di un bambino li fermò.
<< Kaede io adoro questo posto, lo sai. >> il
moro annuì e Hana continuò: << Mi piace venire qui, con te, ma oggi no! E’
come se tu volessi mostrarmi in giro come un premio conquistato… >>
<< Ma sei scemo? Se ti ho portato qui è solo
perché so che ti piace e piace pure a me! >>
Il rosso lo guardò dritto negli occhi, poi
sbuffò e continuò:
<< Il fatto che con noi ci sia pure Minami non
influisce vero? >> Kaede si sentì punto sul vivo e guardò da un’altra parte:
<< So che fra voi non corre buon sangue, ma non voglio essere considerato un
oggetto di ripicche. Non so perché ma oggi mi sembra che l’atmosfera fra voi
sia più tesa, anche se non capisco proprio il motivo. >>
<< Il motivo lo so io e per il momento non
voglio dirtelo. Se pensi, però, che abbia fatto questo solo perché con noi
c’è Minami, allora ti sbagli. >>
Il rossino decise di non ritornare, per il
momento, sull’argomento. Kaede teneva le mani strette a pugno, questo voleva
solo significare che gli dava fastidio. Però gli sembrava sincero e quindi
decise di godersi, fino in fondo, tutta la giornata.
Minami, nel frattempo, si era accorto della
loro assenza, solo quando Kaede aveva trascinato il rossino nei bagni. Li
aveva cercati un po’ in giro, dandosi dello stupido per essersi fatto
imbrogliare così facilmente. Mentre lui cercava un modo di dichiararsi a
Hanamichi, quella volpe astuta glielo aveva soffiato sotto il naso. Decise
di cercare un po’ in giro e non si accorse dell’arrivo dei due.
<< Qualcosa non va? >> gli chiese il volpino
con un sorriso sarcastico sulle labbra.
Per un attimo Minami guardò con astio
l’avversario, ma poi decise di concentrarsi altrove, su Hanamichi.
<< Certo che la tua idea del Planetario di
giorno è stata davvero grandiosa, Rukawa, non c’è che dire. Vedere le stelle
di giorno. >>
<< Vedo che oltre ad essere fastidioso sei
pure ignorante! Il Planetario è in fase di restauro quindi questo mese
aprirà solo di mattina. Se ho portato Hana >> e calcò la voce << qui, è solo
perché volevo fargli vedere la mostra che hanno allestito. >>
Minami si morse nervosamente un labbro, mentre
il rossino, stanco delle inutili baruffe di quei due, si era avviato
all’entrata della mostra.
Trascorsero buona parte della mattinata al
Planetario. Kaede, che aveva già visitato la mostra, fece da Cicerone suo
malgrado pure per il calimero. Minami dovette ammettere che il volpino,
quando decideva di mettere in movimento le sue corde vocali, lo faceva anche
troppo bene. Era un buon oratore ed esperto conoscitore della materia.
Nella sala delle conferenze, era stata
organizzata una mostra fotografica intitolata “UNA FINESTRA SULLO SPAZIO”.
Erano tutte immagini di stelle, costellazioni, nebulose e quant’altro erano
riuscito a catturare gli occhi elettronici delle sonde spaziali. Hanamichi
rimase stupito a guardare quelle immagini spettacolari e questo strappò un
sorriso dolcissimo alla volpe, cosa che non sfuggì a Minami. Quando Hana si
stupiva di qualcosa, allargava gli occhi come fosse un bambino dell’asilo e
Kaede lo adorava.
A Minami non piaceva molto la situazione
attuale. Kaede non faceva che aggiudicarsi punti a suo favore e anzi, per
dirla tutta, sembrava che Hana non avesse occhi per lui. Si sentiva escluso
da quel piccolo cerchio da un muro invisibile e, più passava il tempo più si
rendeva conto che le speranze di avvicinarsi, anche solamente, al rosso
diminuivano vorticosamente. Con un gesto, un sorriso o anche solo una parola
della volpe, il rossino si sentiva felice e i suoi sentimenti si
rispecchiavano sul suo viso. Lui non riusciva a fargli provare quelle stesse
emozioni. Aveva provato ad imbastire una minima conversazione ed era anche
riuscito a coinvolgere il rosso, ma il suo viso… il suo viso non era
luminoso come quando parlava con Rukawa.
Uscirono dal Planetario che era ora di pranzo.
Kaede aveva progettato di portare il rossino al loro ristorante italiano
preferito, ma giunti lì si era accorto che era chiuso, così avevano optato
per un ristorante tipico, scelto da Minami.
Passarono dal parco e si fermarono un attimo.
Passando vicino al campetto di basket, infatti, il rumore noto di una palla
che s’infrangeva contro il tabellone del canestro, li aveva costretti a
fermarsi.
<< Ancora un tiro nullo quattr’occhi. >> disse
una voce conosciuta.
Si spinsero oltre i cespugli e videro l’ex
teppista e la mamma chioccia dello Shohoku cercare di giocare. Dico cercare
perché almeno Kiminobu ci provava, ma Hisashi sembra irresistibilmente
attirato dalla maglietta del compagno.
<< Se tu tenessi le tue mani a posto, io non
sbaglierei di certo tutti questi canestri. >> aveva risposto Kiminobu con
tono arrabbiato.
<< Ma io le tengo a posto, nel loro posto
prediletto: sotto la tua maglietta. >> a quella frase l’ex vice capitano
dello Shohoku era arrossito.
<< Sei… sei… >> aveva cercato di dire.
<< Un ex teppista! >> aveva concluso per lui
il rossino.
<< E tu il solito rompiscatole! >> aveva
risposto Hisashi che aveva subito riconosciuto la voce di Hanamichi.
Il piccolo gruppetto si avvicinò ai due
ragazzi sul campo da basket. Kiminobu rosso in volto, continuava a fissare
le sue scarpe, mentre Hisashi cercava di soffocare una risata alla vista del
trio.
<< Cosa ci fate qui? >> aveva chiesto non
riuscendo a resistere.
Hanamichi spiegò che Kaede lo aveva invitato a
vedere la mostra al Planetario e a loro si era aggregato Minami in versione
turista, per fare un giro della città. Avevano deciso di pranzare al
ristorante italiano di quella zona, ma lo avevano trovato chiuso, così
stavano andando ad un ristorante tipico conosciuto da Minami.
<< Per essere nuovo della zona, ti muovi bene,
eh Minami? >>
Minami si accigliò un attimo ma non gli
rispose. Hisashi diede un’occhiata di sfuggita ai volti degli accompagnatori
del rossino e non riuscì a frenare una risata sommessa. Certo che il rosso
aveva molta fortuna in campo sentimentale! Quei due, che indubbiamente se lo
stavano litigando, non potevano certo dirsi il massimo dell’allegria. Chissà
perché il rosso attirava sempre personaggi simili! Kiminobu invitò i tre
ragazzi a pranzare a casa propria, ci avrebbero messo un po’ a cucinare, ma
avrebbero mangiato un pranzo con i fiocchi, almeno a detta di Hisashi, che
avrebbe fatto di tutto per non perdersi il resto della giornata. Kiminobu,
che intuiva alla perfezione i pensieri del compagno, gli tirò una gomitata
di nascosto.
<< Ma non vorremmo disturbarvi! >>
<< Niente paura Hanamichi. Più siamo e più ci
divertiamo, giusto Hisashi? >>
Il ragazzo si limitò a rispondere mostrando un
grande sorriso allegro. Adesso attendeva la risposta dei due accompagnatori,
ma era sicuro che avrebbero accettato. Kaede, infatti, avrebbe scelto di
andare da loro per non permettere a Minami di mettersi in buona luce con
Hana ed evitare così che gli si avvicinasse troppo. A casa loro Minami, che
sarebbe stato costretto ad accettare per evitare che il rosso restasse da
solo con la volpe, si sarebbe sentito estraneo e avrebbe limitato le sue
mosse. Hisashi sorrise ancora di più pensando al suo ragionamento perfetto.
Alla fine, come aveva immaginato, Kaede
convinse Hanamichi ad accettare l’invito e Minami, seppur controvoglia, li
seguì.
Per tutto il tragitto, il megane-kun e
Hanamichi discussero dei cambiamenti della squadra da quando lui e il Gori
l’avevano lasciata. Hisashi si allontanò dal piccolo gruppetto e si avvicinò
ai due avversari che continuavano a guardarsi sottecchi con astio.
<< Allora ragazzi… com’è andata la visita al
Planetario? >> chiese Hisashi intenzionato a divertirsi il più possibile.
<< Fatti gli affari tuoi Hisashi! >> ringhiò
Kaede con un tono che non ammetteva repliche.
E Minami non era da meno. Lui era quello che
nel cambio ci aveva guadagnato di meno. Era sicuro che, quell’ex teppista,
si stesse divertendo un mondo a mettergli i bastoni fra le ruote. Se la
situazione non si era mostrata facile sin dal primo momento, ora si era
semplicemente incasinata ancora di più. Detestava ammetterlo, ma tutto si
volgeva a vantaggio di quella volpe congelata. Ogni volta che riusciva a
fare un passo verso il rossino, la fortuna gli voltava le spalle. Quando
avevano trovato chiuso il ristorante preferito dei due, aveva quasi
esultato. Avrebbe avuto la possibilità di mettersi in bella mostra con
Hanamichi, portandolo a quel ristorante giapponese caro da matti. Per fare
in fretta avevano attraversato il parco, su suo consiglio e lì avevano
trovato l’ex-vice capitano insieme al suo koi. E li avevano pure invitati a
pranzo! Peggio di così, si ripeteva, non poteva andare!
Kaede invece si ripeteva che in quel caso “mal
comune mezzo gaudio”. Non aveva potuto portarlo al loro ristorante
preferito, ma almeno aveva evitato che quell’idiota acquistasse punti a suo
favore. Sospirò rumorosamente. Ancora una volta aveva considerato Hanamichi,
la persona che più amava, un oggetto, un trofeo da esporre. Quando, solo
poche ore prima, avevano avuto quello scambio d’opinioni nel bagno, il
rossino avrebbe fatto bene a tirargli un pugno. Aveva avuto dannatamente
ragione! Nonostante non avesse capito a pieno la situazione, aveva compreso,
sin troppo bene, il motivo che stava alla base della scelta del programma di
Kaede. La volpe aveva deciso di portarlo in tutti quei posti che per i
koibito avevano un significato particolare. Inconsciamente sperava che,
rivedere quei posti, avrebbe riportato a galla i ricordi e le emozioni
vissute lì. E in parte c’era riuscito. Hanamichi aveva ammesso che gli
piaceva andare al Planetario con lui, ma Kaede non voleva che pensasse che
aveva scelto quei posti solo per quel motivo. Quei luoghi avevano un
significato particolare anche per lui. Ogni luogo gli ricordava le parole
che Hanamichi gli aveva detto. Era vero che spesso diceva cose senza senso o
si lanciava in autoproclamazioni assurde, ma adorava sentirlo parlare. Il
suono delle sue parole, della sua risata fresca, riempivano le sue giornate
silenziose e lo facevano sentire completo. Prestava sempre attenzione alle
parole del rossino, anche se alcune volte sembrava il contrario. Ricordava,
quasi del tutto, tutti i discorsi simil sdolcinati che gli faceva la sera
prima di addormentarsi, o le frasi che gli aveva rivolto in ognuno dei loro
luoghi magici. Detestava dover condividere quei luoghi con quell’idiota di
Minami (grrr! NdM. È stato lui! Non io! NdA.), ma gli andava bene anche
così. L’importante era stare con il suo koi il più possibile. E sperava che
l’invito a pranzo dei due compagni ne offrisse occasione, ma così non fu.
Appena giunti a casa, Kiminobu risucchiò
Hanamichi in cucina, per aiutarlo a cucinare, nonostante sapessero tutti che
il Tensai era piuttosto carente in economia domestica. Kaede e Minami
dovettero rassegnarsi ad ascoltare la descrizione di quell’appartamento
fatta da Hisashi. Seppero dei gladioli piantati in giardino, del grande
quadro del soggiorno comprato da un rigattiere una mattina primaverile…
quanto questo poi interessasse ai suoi interlocutori, poco importava al
padrone di casa. Li portò a fare il giro completo della casa, analizzando
ogni particolare delle stanze e quando finalmente tornarono al punto di
partenza, Kiminobu li avvertì che sarebbe stato pronto a momenti e invitò i
tre ragazzi ad apparecchiare la sala da pranzo. Minami sbuffò un paio di
volte, maledicendosi mentalmente di aver preso quella scorciatoia del parco.
Kaede pensò solo che tanto avrebbe avuto altre occasioni con il rossino e
tanto valeva godersi il pranzo.
Kiminobu preparò pietanze tradizionali: futo-
maki sushi, sukiyaki e per dolce i dango (quest’ultimi comprati ad un
supermercato).
Si stupirono che avesse preparato tanto cibo
in così poco tempo, ma, quando guardarono l’orologio, si accorsero che, di
tempo, il teppista gliene aveva fatto perdere sin troppo.
Pranzarono in relativo silenzio, gli unici a
chiacchierare allegramente furono Kimi e Hana. Hisashi, da bravo e cortese
padrone di casa, si divertì a prendere in giro gli altri due ospiti, nonché
vicini di posto. Il tutto all’insaputa di Hana, perché non voleva che quel
testone rosso rovinasse tutto con una sua qualsiasi uscita da “genio”. Non
che vi fosse possibilità che il rosso capisse la situazione che si era
creata, ma tanto valeva non farsi accorgere, perché altrimenti si sarebbe
messo a fare troppe domande e avrebbe mandato all’aria i suoi piani.
<< Allora come procede il piano di conquista
della scimmia rossa? >>
Sia Kaede che Minami gli rivolsero uno sguardo
di ghiaccio, che invogliò il mago da tre punti dello Shohoku a continuare a
punzecchiarli, invece di smettere.
<< Parola mia, non capisco cosa ci troviate in
quell’orango. >>
<< E non lo capirai mai! >>
A quella risposta di Minami, Hisashi aveva
sorriso ancora di più, pensando che il gioco si sarebbe fatto più
divertente, infatti Kaede non si lasciò sfuggire l’occasione per colpirlo
verbalmente.
<< E non lo scoprirai neppure tu! Perché non
prendi al volo l’occasione e ti togli dalle scatole e te ne ritorni ad
Osaka? Faresti un favore a tutti, stanne certo. >>
<< Ti piacerebbe vero? Così avresti campo
libero… >>
<< Tsè! Per i fastidi che può procurarmi una
pulce…. >>
Il tutto avvenne sempre bisbigliando.
Il resto del pranzo continuò così: da un lato
Hanamichi e Kiminobu che facevano finta di non sentire i battibecchi dei
tre, dall’altro Hisashi che faceva da arbitro nella diatriba per la
conquista del rosso. Alla fine del pranzo, i tre erano a dir poco esausti.
Kaede dovette rinunciare alla romantica passeggiata al parco programmata per
il pomeriggio, perché troppo stanco per discutere con quell’idiota del
calimero. Rimasero qualche oretta a casa degli amici, che li invitarono a
guardare un video, registrato qualche giorno addietro, sulla prima partita
da universitario del Gori.
La “telecronaca” dell’evento fu tenuta
“magistralmente” dal duo Hana-Hisashi, che commentavano ogni azione del Gori
con il loro colorato linguaggio. Kiminobu se la rise tutto il tempo,
pensando al modo migliore per parlare della giornata a Takenori. Kaede e
Minami sedettero vicini sul divano posizionato a sinistra della TV.
Alla fine della partita, un Kaede visibilmente
spazientito, trascinò, quasi di peso, Hanamichi fuori dalla casa degli
amici. Andarono a fare una passeggiata sulla spiaggia.
Tutti i suoi programmi erano andati in fumo
dal fluire degli eventi, tanto valeva improvvisare!
Fecero una lunga passeggiata, cercando di
smaltire la stanchezza e si sedettero tra gli scogli. Come al solito, sia
Minami che Kaede, si limitarono a restare in silenzio, mentre il rosso ormai
non si spazientiva neppure più. E poi aveva cominciato a capire…
Restarono a guardare il tramonto. Il sole
s’immergeva nelle acque ubriacandole del suo calore dorato. Raggi di luce,
simili a lance di fuoco, si spegnevano lentamente, mentre la notte, con il
suo manto delicato, scendeva in punta di piedi, sui tetti della città.
<< Allora? Dove si va adesso? >>
Kaede ripensò al suo programma. Secondo i
piani, avrebbe dovuto portare il rossino a casa sua, o meglio a casa loro,
con la scusa di bere qualcosa. Considerando gli eventi, avrebbe dovuto
portarsi dietro anche Minami, non poteva certamente lasciarlo dietro la
porta e dirgli semplicemente: “la tua presenza non è gradita”. Lui lo
avrebbe anche fatto, ma qualcuno non lo avrebbe gradito e avrebbe
cominciato a rimproverare i suoi modi freddi e scostanti. Pensò a dove
portarlo, poi parlò Minami:
<< Possiamo andare al cinema, ti va? >>
In quell’invito non era incluso anche Kaede,
ma per il momento evitò di fare commenti. Hanamichi pensò che fosse un’idea
carina e così accettò. Kaede sbuffò un po’, ma poi li seguì. In quel momento
avrebbe voluto portare il rossino in un luogo meno affollato.
Al cinema davano il solito film strappalacrime
e super romantico. Purtroppo non vi era molta scelta. In una sala
trasmettevano un film per bambini, in un’altra vi era una rassegna di film
d’orrore, già cominciata da almeno un’ora, nell’ultima c’era un film
poliziesco che poco piaceva a tutti e tre i ragazzi, così decisero di
entrare nella sala numero 4.
Appena dentro si accorsero che il cinema,
ancora illuminato dalle luci basse delle lampade, era pieno di coppiette.
Gli unici a “stonare” erano loro tre.
Hanamichi andò a comprare dei popcorn e delle
coche. Kaede e Minami si sistemarono alla bene meglio, perché nessuno dei
due voleva lasciare che l’altro si sedesse vicino al rosso, estromettendolo.
Quando Hana arrivò si trovò costretto a sedersi tra i due, così infatti
avevano scelto alla fine i due pretendenti.
Il film si rivelò più noioso e patetico di
quanto si aspettassero. La trama, neanche a dirlo, raccontava di un
triangolo amoroso.
Hanamichi sbadigliò più volte, se non fosse
stato per la lenta cadenza con cui prendeva i popcorn e li portava alla
bocca, si sarebbe già addormentato e intanto guardava con la coda
dell’occhio Kaede. Questi si muoveva agitato sulla poltroncina, cercando la
posizione più scomoda che non gli permettesse di addormentarsi. Cercava in
ogni modo di restare sveglio, per non permettere all’ace-killer
di approfittarne. Minami, invece, era a conoscenza della narcolessia del
rivale e aspettava che si addormentasse per portare via da lì il rosso,
magari con una scusa. Sorrideva sornione, pensando che tanto, prima o poi,
avrebbe capitolato, era solo questione di momenti.
Alla fine del primo tempo, le luci della sala
si riaccesero, dando il tempo agli spettatori di sgranchire un po’ le gambe
al di fuori. I tre ragazzi sbadigliarono annoiati e Hanamichi valutò l’idea
di andare via, ma non voleva offendere Minami. Si alzò e andò a prendere
delle patatine, questa volta. Chiese ancora una volta ai ragazzi cosa
desiderassero, ma loro, non presero nulla, pieni ancora del pranzo del
Megane.
All’inizio del secondo tempo, presero tutti il
proprio posto. Il prosieguo del film si dimostrò ancora più noioso. Il
protagonista si struggeva nella scelta di uno dei ragazzi, senza però
riuscire a capire chi amasse davvero. Stavano trasmettendo lo spezzone in
cui uno dei protagonisti si lasciava in un monologo triste sull’amore
perduto a causa sua, quando Hanamichi fece qualcosa che stupì Kaede. Gli
prese una mano e la strinse forte. Si accorse che Kaede aveva allargato gli
occhi per lo stupore, ma non disse nulla, si limitò a stringere ancora di
più e allora vide Kaede sorridere e stringerlo.
Questo non sfuggì allo sguardo vigile di
Minami che s’irrigidì. Del resto del film vide ben poco.
Alla conclusione del film i tre ragazzi si
catapultarono fuori dal cinema. Hanamichi guardò l’orologio e chiese a Kaede
di accompagnarlo a casa. Presero la metropolitana, ma scesero una fermata
prima, per accompagnare Minami. Quando giunsero quasi davanti al cancelletto
della casa della zia, Hanamichi chiese a Kaede di lasciarlo un attimo solo
con Minami. Si allontanò il tanto da non poter sentire cosa si dicessero, ma
non abbastanza da non poter intervenire in caso di problemi.
Rimasti soli, Hanamichi e Minami fecero
qualche passo insieme, sotto lo sguardo vigile di Kaede.
<< Domani torno ad Osaka. >> disse Minami
considerandola la cosa migliore da fare.
<< Credo che sia meglio così…. >> e per un
attimo cadde il silenzio, poi Hanamichi continuò: << Ascolta Tsuyoshi… >>
<< Non c’è nulla da dire Hanamichi. Spero solo
che non ti debba pentire della tua scelta. Continuo a pensare che non sia
adatto a te, ma tutto sommato è un bravo ragazzo. >>
Hanamichi sorrise. Alla fine c’era arrivato
pure lui, molto prima di quanto tutti pensassero, solo aveva preferito non
pensarci.
<< Allora ci vediamo, Tsuyoshi. Alla prossima
partita. >>
Minami gli strinse la mano che lui gli porse e
lo attirò a sé baciandolo. Fu un solo tocco delle labbra, non proprio un
vero bacio, ma bastò a Kaede per esplodere. Minami si allontanò da Hanamichi
quel tanto che bastava per guardarlo in volto, poi lo abbracciò e gli
sussurrò:
<< E’ un piccolo risarcimento per quello che
non avrò mai. >> ed entrò in casa sorridendo.
Per sua fortuna sparì dietro la porta prima
che Kaede riuscisse a raggiungerlo e ridurlo ad un ammasso di carne
sanguinolenta.
<< Ora butto giù la porta e lo ammazzo. >>
sbraitò il moro.
<< Perché? >> chiese in tono finto innocente
il rossino.
La volpe stava per replicare, quando Hana lo
prese per un braccio e gli disse di seguirlo. Presero il primo treno e si
sedettero in un vagone deserto. Kaede era rosso in volto e guardava
arrabbiato il ragazzo al suo fianco. Hanamichi sbadigliò due volte. Il terzo
sbadiglio fu fermato dalle mani di Kaede che lo prese per il colletto della
camicia e lo strapazzò un po’.
<< Si può sapere perché glielo hai lasciato
fare? E perché sei così tranquillo? Ma lo sai, stupido di un do’hao, che
quel calimero è innamorato di te? Lo sai che è venuto a Kanagawa con
l’intenzione di portarti via da me? Come fai a startene così tranquillo? >>
Intanto il treno, percorsa la breve distanza,
arrivò a destinazione. Hanamichi scese tutto tranquillo dal treno e Kaede lo
seguì. Avrebbe detto che il rossino fosse esultante, ma per cosa? Al suo
secondo “allora?” spazientito, Hanamichi si fermò di scatto, tanto che per
poco Kaede non gli cadde addosso, troppo arrabbiato per accorgersi che il
rosso aveva frenato, e disse:
<< Era un regalo d’addio. Domani torna a casa.
Sì. Sì. Devi capirlo da solo. >>
Kaede alzò un sopracciglio infastidito, poi
ripensò alle risposte che gli aveva dato e cercò di collegarle alle domande
che aveva formulato. Ma era stato troppo precipitoso a fargli le domande,
che non riusciva neppure a ricordarsi l’ordine e le parole esatte. Così,
mentre Kaede cercava di ricordare e collegare, si ritrovò, senza
accorgersene a casa di Koshino.
Pensò che la giornata non era andata poi così
male, a parte l’ultima mezz’ora, anche se non aveva seguito il programma.
Sbuffò quando Hana aprì il cancelletto ed entrò con un “ciao” sbadigliato.
Quello non era, di certo, il finale di serata che si era immaginato. Decise
di non tentare altro e si voltò per dirigersi verso la stazione della
metropolitana. Non fece in tempo a fare qualche passo che sentì il
cancelletto cigolare e due braccia girarlo. Registrò il movimento
velocemente, ma non abbastanza da capire ciò che stava accadendo. Hana lo
aveva abbracciato e baciato, in mezzo alla strada. In verità lo stava ancora
facendo. Kaede allargò le braccia e lo strinse a sé, approfondendo il bacio
che divenne caldo e passionale. Quando si liberarono, entrambi avevano il
viso in fiamme. Hana aveva un rivolo di saliva che gli scivolava dalle
labbra e Kaede lo asciugò con la punta della lingua. Hana rabbrividì, ma
cercò di non farsi accorgere. Si avvicinò al volpino:
<< Domani ti darò la risposta… >> e sorridendo
entrò in casa.
Le luci della casa erano accese. Hiroaki
doveva essere già tornato, aveva pensato Hanamichi prima di infilare la
chiave nella serratura della porta ed entrare, lasciando uno stranito Kaede
ancora in mezzo alla strada e con il volto vermiglio.
Kaede tornò casa euforico. Certo il giorno
dopo Hanamichi avrebbe anche potuto dirgli di aver scelto Koshino, ma quella
stretta di mano al cinema e quel bacio di poco prima, lo facevano sperare
per il meglio. Si fece una doccia veloce, riempì la ciotolina del latte di
Saya e andò a letto. Faticò un po’ a addormentarci come gli succedeva da
quando il rosso se n’era andato, ma, a differenza degli altri giorni, adesso
non riusciva a dormire per la felicità.
Un nuovo giorno si preparava a nascere a
Kanagawa, avvolgendo con i suoi caldi raggi i volti speranzosi di quattro
ragazzi.
FINE NONA PARTE
Autrice insospettita dal
silenzio che aleggia in casa sua: com’è che non dite nulla?
Ru: *____* il primo che
prova a dire qualcosa è un uomo morto.
Autrice: allora Ede ti è
piaciuta?
Kaede: *__________*
piaciuta? Wow!
Autrice: -________-
basta che lo metto con Hana è sempre contento.
Minami sconsolato: sigh!
Perché lui?
Autrice: tranquillo Tsuyo!
Ho già pensato a te! ^____^ devil smile!
Minami: non mi sento
molto tranquillo.
Autrice: poche ciance! Allora è piaciuto il
capitolo? Il prossimo conterrà il resoconto della giornata trascorsa da Hiro,
Aki e Mark. Spero che, com’è accaduto in questa ff, le mie idee non
subiscano cambiamenti. Vi ricordo che i personaggi, escluso Mark (MIO!), non
sono miei, ma del maestro Inoue. Spero che la ff vi sia piaciuta e vi
rimando al seguito.
Alla prox!
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