Autrice: ma che sono brava! Fatemi i complimenti!

Ru: e per che cosa, parassita?

Autrice: >____< parassita io? Chi è che da settimane si è stanziato a casa mia comportandosi da padrone?

Sen e Ru fischiettano non curanti.

Autrice: senza contare il fatto che mi trattate come una cameriera! Mi tocca pure cucinare!

Ru: cucinassi bene almeno! Dovresti ringraziarci che non ti facciamo causa!

Sen: tu deciditi a ridarci quel che è nostro e noi lasciamo casa tua!

Autrice: questo è un ricatto bello e buono! E se non volessi? Vi ricordo che questa non è una Ruhana/Hanaru o una Senkosh! Questa è una Hanakosh o Koshana che dir si voglia!

Ru e Sen: cosa? è______________________é

Autrice: sbalorditi vero? Ormai l’ho detto! Ahahahahahahahahah!

Ru con un’accetta in mano: ma io ti ammazzo!

Autrice: fermo Ru! Ma dove hai preso quell’arma?

Sen ferma la mano assassina di Ru.

Autrice sospira sollevata: meno male! Grazie Aki-chan dolce!

Ru: ma sei scemo? Hai sentito quello che ha detto?

Sen: non devi ricorrere alla violenza! Love & Peace! Lascia fare a me! – e mostra dei fogli a Ru che inizia a leggere.

Autrice si avvicina di soppiatto: che state leggendo?- legge di nascosto e per poco non le viene un infarto- ma…. ma…. ma…… que-que-quello….

Sen con il sorriso diabolico: è il tuo diario! E se non ci ridai i nostri koibito……

Autrice costretta a venire a patti: discutiamone. Grrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr

Ru: ascolta piattola! Mentre noi stiliamo le condizioni della nostra “collaborazione” tu torna a scrivere! E scrivi qualcosa di decente!

Autrice: ok…. ç________________ç Cattivi!

Sen e Ru: ormai è in nostro pugno!

Autrice costretta a scrivere: maledetti! Questa me la pagherete.

Ru e Sen: koibito *_____________________* sbav….. sbav….. sbav….

Autrice: mentre quei due parassiti sono impegnati a pensare… io devo fare delle precisazioni…. Nelle due songfic naturalmente le canzoni non sono mie. La prima “Wherever you will go” è dei The Calling; la seconda “Per te” è di Paola e Chiara………. Poi… poiché sto leggendo Slam Dunk nella versione Collection, non conosco bene le squadre del campionato nazionale… perciò ho fatto un grosso errore: Minami è del Toyotama…. Perdono! Prometto che la prossima volta starò più attenta. Ma mi raccomando non ditelo a quei due, perché so che direbbe Ru…

Ru: sei una scrittrice da strapazzo! Una buona a nulla!

Autrice: sigh! Lo sapevo! ç___________ç

 


Voglio tornare a sorridere

parte V

di Soffio d'argento


 

In una casa poco lontana dal centro, un ragazzo dai capelli rosso fuoco si aggirava per le stanze nervoso. Aveva completamente dimenticato la promessa, fatta al suo coinquilino, di cucinare e se ne stava a passeggiare lungo i corridoi agitato. Quel pomeriggio, dopo gli allenamenti, aveva parlato con Kaede. La scenata di gelosia del giorno prima lo aveva costretto ad una notte insonne. Dopotutto, si ripeteva, qualcosa per lui doveva contare… forse era proprio l’amore che aveva sempre creduto di vedere. Ma non era stato solo quel pensiero a tenerlo sveglio. Era accaduto qualcosa, prima che Kaede e Akira entrassero come furie nel loro appartamento. Sì, va bene, era casa di Hiro e lui ci stava ancora solo da qualche settimana, ma si sentiva più a casa lì di quanto non lo fosse stato con Kaede. Ad ogni modo…. Quella sera era accaduto qualcosa con Hiro, o meglio sarebbe accaduto se qualcuno non li avesse fermati: lui e Hiro stavano per baciarsi! E l’iniziativa era partita proprio da lui! Doveva di sicuro essere impazzito! Aveva tentato di baciare uno dei suoi migliori amici! Il fatto è che, se fosse tornato indietro, l’avrebbe rifatto. Vedere Hiro intento a cucinare, con quell’aria innocente sul viso, l’aveva fatto impazzire e così non era riuscito più a trattenersi. Già! Aveva provato più volte l’impulso di abbracciarlo e baciarlo in quegli ultimi tempi. Ora si sentiva un vigliacco! Tutto quello che aveva provato e provava lo faceva sentire in colpa, nei confronti di tutti, soprattutto di Hiro. Lui aveva abusato della sua amicizia, per questo, quella sera, aveva deciso di fare finta di niente. Non appena ne aveva avuto l’occasione, aveva cercato di mettere tutto in chiaro con Hiro, ma, durante tutto il discorso che aveva fatto, aveva sentito una vocina dentro di lui ribadirgli che stava mentendo. Aveva quindi deciso di non ascoltare quella voce insopportabile e aveva stabilito di dormirci su. Dopo una notte insonne, era giunto alla conclusione che quel mezzo bacio era stato causato dallo stress.

Nei giorni seguiti a quella disastrosa vicenda, lui e Hiro si erano molto avvicinati, erano entrati in confidenza. Con lui chiacchierava tutte le sere e di certo non per parlare di basket. Lui adorava il basket ma sentirne parlare tutti i minuti, lo rendeva quasi isterico. Non era facile trovare argomenti di conversazione con Kaede, ogni volta si inventava di tutto per farlo ridere e coinvolgerlo in attività che non riguardassero quella stupidissima palla arancione. Con Hiro invece era molto semplice. Parlavano di tutto e lui non doveva fare i salti mortali per strappargli un sorriso. Con Hiro era tutto così dannatamente semplice… perché con Kaede no?

<< Arghhhhhhhhhh! Non ci devo pensare! Io e Hiro siamo solo amici. >> così dicendo piombò in cucina e si mise a lavoro.

Hiro sarebbe giunto presto e lui ci teneva a fare bella figura, ma non solo. Lui voleva ringraziarlo per tutte le belle giornate che gli aveva regalato e quello era l’unico modo che gli venisse in mente. Hiro era un buongustaio e di sicuro avrebbe apprezzato la buona cucina del Tensai.

Con cura maniacale iniziò a preparare quella che, nei suoi sogni più arditi, sarebbe stata la cena perfetta, anche se non capiva per cosa. Qualcosa però ancora lo turbava.

Dopo aver parlato (nel limite del possibile) con quella volpe artica, era scappato al supermercato, a comprare gli ingredienti base della cena e al ritorno li aveva visti. Seduti al tavolino di un bar, il loro bar, chiacchieravano amichevolmente. E lui era stato invaso dalla rabbia. Non era rimasto a vedere come sarebbero andate le cose. Era tornato agitato in casa e, per poco, non aveva scaraventato le buste contro il muro della cucina. Vedere Hiro e Akira insieme lo aveva fatto arrabbiare, ma di più lo sguardo dolce di Hiro. Aveva passato l’ultima mezz’ora a camminare avanti e indietro per la casa a cercare di capire. Perché gli dava fastidio che Hiro provasse a tornare con Akira? Perché era questo proprio il punto. Sapere che avrebbero potuto tornare insieme, gli faceva montare addosso l’ira. Il fastidio, che aveva provato vedendoli parlare insieme, era aumentato prendendo in considerazione le eventuali conseguenze di quell’atto. Cosa sarebbe accaduto se Hiro e Akira fossero tornati insieme? Akira non era il ragazzo giusto per Hiro, non aveva saputo apprezzarlo per quello che era. Non lo meritava! Ma che razza di discorsi egoistici faceva? Loro erano una coppia perfetta, perché Hiro lo amava e lui doveva esserne contento! Al suo rientro gli avrebbe sorriso come sempre e avrebbe fatto finta di nulla, come sempre….

Il suo ragazzo era Kaede e presto sarebbero tornati insieme. Lui lo amava, questo lo sapeva. Lo capiva dal dolore che provava a pensarlo lontano. Lui lo amava, ma forse stava iniziando a provare qualcosa di più della semplice amicizia per il suo amico… forse…

In quello stesso momento, l’oggetto di tali pensieri, si aggirava fra le vie della città, osservando distratto le vetrine. Aveva dato ad Akira una nuova possibilità, ma era proprio quello ciò che voleva? Era uscito dal bar sorridendo ma qualcosa stonava, non si sentiva veramente felice. E pensava ad Hanamichi, a quello che era successo la sera prima, o meglio a quello che stava per accadere. Il fatto è che lui lo avrebbe davvero voluto. In quel momento ciò che più gli interessava era assaporare quelle labbra perfette, gustare, come un cibo prelibato, quel corpo caldo. Si vergognava al solo pensiero ma, se non fossero arrivati Akira e Kaede, probabilmente loro… Come aveva potuto lasciare Akira per ciò che anche lui era stato sul punto di fare? Ma non era quello ciò che maggiormente lo preoccupava…. C’era una domanda che lo tormentava: cosa provava veramente per Hanamichi? Era davvero solo un amico? E lui cosa provava? Sapeva di amare Akira, lo aveva amato dal primo momento, ma qualcosa era cambiato. Aveva scoperto un lato nascosto del carattere di Akira che, non solo non gli piaceva, ma lo spaventava. Sia il giorno prima, che il giorno in cui tutto ebbe inizio, se non ci fosse stato Hanamichi a preoccuparsi per lui, Akira avrebbe potuto fargli davvero male. Durante tutta la loro storia, aveva visto parecchie volte Akira arrabbiarsi e questo era sempre capitato a causa sua. Quando Akira si arrabbiava si limitava a saltare gli allenamenti e a non parlargli per un pomeriggio intero. Una volta se ne era andato sbattendogli la porta di casa in faccia. Un’altra volta aveva urlato come un ossesso, ma mai, e sottolineo mai, aveva cercato di scaricare su di lui la sua rabbia.

Akira adorava Hiro, era stato un colpo di fulmine, il primo giorno di scuola alle medie. Lo aveva colpito quel ragazzo dall’aria seria e l’incedere elegante. Così, mentre col tempo gli altri suoi compagni avevano cercato un modo per evitarlo, lui aveva fatto di tutto per diventare un suo amico. Con la sua forza di volontà, era riuscito a infrangere la difesa che Hiro aveva costruito in tanti anni. Doveva un’altra occasione ad Akira, lui lo amava e aveva sempre lottato per il loro amore. Però c’erano ancora troppe cose da capire…. Decise quindi di ritardare il rientro in casa il più possibile, cercando di capire cosa provasse per quella scimmietta dolce e fanfarona.

Intanto la partita di basket era giunta al termine. I due giocatori si erano seduti ansimanti al bordo del campo. Kaede osservava distratto la palla sotto il canestro, mentre si asciugava il sudore dalla fronte con la sua fascetta. Akira era sdraiato supino, con lo sguardo rivolto al cielo. Pensava. Pensava al suo koibito e al significato delle sue parole quel pomeriggio.

<< Allora è andata bene. >> aveva chiesto Rukawa.

<< Sì, Kaede. Hiro ha detto che mi sta dando un’altra possibilità e io farò di tutto per non rovinare anche questa. E tu?>>

Kaede fece un respiro profondo, Akira pensò che qualcosa lo preoccupasse.

<< Qualcosa non va? Sakuragi….? >>

<< Oggi ho parlato con lui, durante l’ora del pranzo e dopo gli allenamenti. Abbiamo parlato molto, di quello che era stato, di come mi ero comportato… >>

<< Allora? >>

<< Allora… ha detto che ha riflettuto tanto in questi giorni e ha deciso di darmi un’altra possibilità. >> disse sospirando.

Eppure c’era qualcosa che non andava, lo sentiva. Avrebbe dovuto gioire della scelta di Sakuragi, tuttavia sentiva che non era felice, o meglio non lo era del tutto.

<< Cosa non va? Non sei contento? Potrai dimostrargli che sei cambiato… >>

In quel momento un palloncino rosso sfuggì al suo padrone, un bambino dai capelli scurissimi. Sorretto dal vento, aveva iniziato a volare in alto. Neppure il pianto disperato di quel bambino era riuscito a portarlo indietro. Il bimbo allora si era arreso e l’aveva guardato allontanarsi da lui.

<< E se fosse troppo tardi? Non hai anche tu la sensazione che qualcosa in loro sia cambiato? >>

Akira sapeva di cosa stesse parlando Kaede. Quelle parole avevano la stessa sinfonia di quella sensazione di fastidio provata qualche ora prima, quando Hiro aveva parlato di Hanamichi. La dolcezza con cui aveva pronunciato il suo nome non lo aveva convinto.

<< Tu pensi che… credi che Hiro e Hana siano… >>

<< Tu cosa pensi Akira? >> lo aveva interrotto Kaede.

<< Credo che tu abbia ragione, ho avuto anche io la stessa sensazione. Comunque io non rinuncerò mai a Hiro-kun. So che lui mi ama ma probabilmente si sente attratto da Hana. >> e detto questo si era morso un labbro. Gli dava fastidio ammetterlo ma temeva che questa attrazione potesse divenire più importante di lui, del loro amore. E se Hanamichi fosse riuscito a portarglielo via?

<< Una cosa è certa. >> continuò Kaede << Non lascerò a nessuno il mio Hana. Lo riconquisterò! E poi, se ci hanno dato un’altra possibilità, vuol dire che qualcosa per noi ancora lo provano. Hana e Koshino sono due ragazzi sinceri, non direbbero mai qualcosa che non pensano. >>

<< Sono d’accordo. Penso però che convenga andarci piano. >> aveva ammesso Akira.

<< Hn. >>

E un sorriso apparve sul volto di Kaede. Guardò nella stessa direzione in cui era stato incatenato il suo sguardo e vide il palloncino rosso che, sospinto da un vento leggero, scendeva lentamente, tornando fra le manine chiare del bambino dai capelli neri.

Akira si alzò, salutò Kaede e se ne andò via, con il suo solito sorriso.

Kaede aveva deciso di restare un altro po’ al campetto a fare quattro tiri. Non aveva intenzione di tornare presto in quella grande casa vuota. Da quando Hanamichi se ne era andato, la casa era diventata fredda, come la sua vita. Persino il loro piccolo gattino, Saya (dovrò chiedere i diritti d’autore? Speriamo di non aver offeso la diretta interessata… NdA.), sembrava soffrire della mancanza di Hanamichi. La notte dormiva sempre sul suo cuscino e il giorno girava spaesata, per la grande casa, alla ricerca del suo padroncino. Quando poi, dopo un’infruttuosa ricerca, tornava in salotto, si sedeva sulle gambe di Kaede e miagolava. Ogni cosa di quella casa era impregnata del suo profumo, ogni cosa aveva avuto l’onore di essere stretta fra le sue braccia e ovunque andasse veniva invaso dai ricordi. Come avrebbe fatto se Hana lo avesse davvero lasciato? Non ce l’avrebbe fatta a resistere senza lui. Anche adesso era difficile sopravvivere, perché la vita senza lui non era vita. Quello che lo faceva andare avanti, era la speranza che Hana potesse ritornare. Come aveva potuto lasciarlo per uno stupido bacio? In realtà, sapeva che quella era stata solo la scintilla che aveva fatto scoppiare l’incendio. Era iniziato molto tempo prima… quando Kaede lo aveva visto parlare con Fujima, dopo uno dei loro allenamenti.

Quella sera avevano terminato presto, ma Kaede, non ancora del tutto stanco, aveva deciso di fermarsi per una sessione di allenamento extra. Poiché Hanamichi non se la sentiva di allenarsi ancora (Ayako e il gorilla ci erano andati pesanti con la tabella degli allenamenti del suo povero do’hao), lo aveva invitato a non aspettarlo e a tornare prima a casa. Hana si era fatto la doccia in fretta e, dopo aver salutato la sua volpe con un bacio, era uscito dalla palestra.

Gli allenamenti extra di Kaede erano durati relativamente poco, non gli piaceva più restare in palestra ad allenarsi, se con lui non c’era il suo koi, e circa un’ora dopo era uscito di gran carriera diretto a casa. Quando era andato a recuperare la bici, aveva visto Hanamichi chiacchierare e scherzare con Fujima e questo lo aveva mandato in bestia. Sapeva che Kenji, così come molti dei ragazzi e delle ragazze che conosceva, era rimasto “folgorato” dalla forza e dalla bellezza del suo koibito. Più volte aveva tentato un approccio particolare con Hana, ma lui, forse perché troppo ingenuo o troppo do’hao, non aveva capito le vere intenzioni di quel diavolo mascherato da angelo. E ogni volta si ritrovavano a litigare. Kaede, da un lato, faceva pressioni su Hanamichi perché allontanasse quelle persone che lui riteneva pericolose, Hanamichi dall’altro non capiva perché dovesse rinunciare a frequentare i suoi amici, solo perché Kaede era geloso. Quella sera però aveva fatto finta di nulla. Hana gli aveva spiegato che, poiché erano sempre tornati insieme a casa, aveva pensato di aspettarlo fuori dalla palestra. Lì aveva incontrato Kenji, si erano messi a chiacchierare, e il tempo era passato. Lungo la strada Hana gli aveva raccontato ogni dettaglio della loro conversazione, ma non perché avesse la coscienza sporca, ma perché era nel suo carattere. Era spontaneo e non vedeva la malizia. Aveva sempre considerato naturale raccontare a Kaede ogni avvenimento della sua giornata. Questo lo aveva un po’ tranquillizzato, ma la paura che qualcuno, un giorno, avrebbe potuto portarglielo via non se ne era andata. Per amore lui aveva già sofferto troppo.

Inconsciamente aveva iniziato a maltrattare Hana, lo sapeva, come riconosceva che quell’atteggiamento lo feriva. Non riusciva però a farne a meno. Nonostante adorasse sentirlo parlare, aveva iniziato ad apparire annoiato durante i suoi racconti. Ogni volta poi che lui cercava di stargli vicino, si allontanava infastidito. Nonostante la voglia che aveva di abbracciarlo e stringerlo a sé, di sentirlo suo, riusciva a violentare la sua volontà e i suoi sentimenti, trattando la persona a lui più cara come un rifiuto. Si detestava per questo, ma non riusciva a farne a meno, era più forte di lui. Così gli sembrava di soffrire di meno. Anche per questo si era trovato, quel pomeriggio, sul divano con Akira, quella porta l’aveva lasciata aperta senza accorgersene, perché voleva che a scoprirli fosse stato Hana. Voleva che capisse ciò che provava a vederlo sempre circondato da ragazzi. Voleva ogni suo sguardo per sé, ogni suo pensiero doveva essere suo, ogni suo sorriso… ogni sua parola…. Era geloso da morire. Ora capiva quanto sciocca fosse la sua gelosia, ma forse era troppo tardi.

Decise di finire lì il suo allenamento extra, raccolse la sua sacca e tornò a casa.

<< Ciao Akira, come va? >>

<< Kitcho? >>

Un alto ragazzo, dagli occhi molto piccoli, lo osservava con aria canzonatoria. Fukuda era stato il primo a sapere della sua storia con Hiro, si conoscevano dall’infanzia e non aveva voluto mentirgli, nonostante temesse di perdere la sua amicizia.

<< Dai siediti un attimo, ti offro una birra, così mi racconti gli ultimi avvenimenti. >>

Il ragazzo si sedette con un sospiro, ma sì, in fondo parlare con Kitcho avrebbe potuto fargli solo bene.

<< E quindi le cose stanno così: Sakuragi e Hiro stanno per mettersi insieme! >> aveva annunciato dopo il resoconto dell’amico.

<< Non dirlo neppure per scherzo! E poi non credo che sia ancora accaduto qualcosa… per lo meno non per ora… >> continuò mestamente.

Rigirò per un po’ il piccolo boccale di birra fra le mani, le bollicine iniziavano a scemare, fra non molto sarebbe diventata imbevibile. Sendo si sentiva un po’ come quella birra: aperta e lasciata a morire da sola. Forse morire era una parola un  po’ troppo grossa, però per lui la vita senza Hiro assomigliava un po’ alla morte, almeno dalla sua anima. Sorrise scacciando questo pensiero. Si voltò verso Kitcho e lo vide allungare la mano verso la gonna della cameriera. Anche quella volta sarebbe ritornato a casa con un occhio nero. Decise di bere la sua birra prima che fosse troppo tardi, mentre la cameriera, infastidita dal comportamento e dalle stupide scuse adottate da Kitcho, gli mollava un sonoro ceffone sul viso.

<< Ben ti sta! Così impari a infastidire le ragazze! >>

<< Beh qualcosa devo pur farla! Qualcuno si è portato via la persona che amo… >> disse massaggiandosi la parte lesa.

<< Tu? Tu ti sei innamorato e non mi hai detto nulla? >>

<< Cosa credi che sia un mostro? Guarda che pure io posso innamorarmi! E poi… non credo che ti avrebbe fatto piacere. E’ stato meglio così, credimi. >> detto questo si alzò per andare a pagare.

Akira lo guardò stupito. In effetti, da quando si era messo con Hiro, aveva un po’ abbandonato il suo vecchio amico. Si sentiva un verme, anche perché, alla prima occorrenza, Kitcho era sempre stato al suo fianco ad aiutarlo. Doveva ammettere che, se era riuscito a fare sempre pace con Hiro, era stato principalmente grazie a lui, che faceva sempre da paciere. 

<< Mi vuoi dire chi è? Magari non è così grave come pensi. >>

<< Akira! La smetti di tormentarmi? Mi stressi! E’ da quando abbiamo lasciato quel bar che mi stai torturando, quindi da più di venti minuti! >>

Akira aveva stabilito di accantonare per un po’ suoi problemi, per aiutare il suo amico. Dopotutto gli amici si vedono nel momento del bisogno, giusto? E magari lui ne aveva proprio urgenza.

<< Dai entra! I miei non ci sono. Così potremo parlare in pace. >>

Alla fine aveva capitolato. Akira era entrato con una espressione di soddisfazione sul volto. Il fatto che il suo migliore amico si fosse innamorato lo incuriosiva. Non riusciva a immaginare la ragazza capace di colpirlo. Magari era una teppista, o più semplicemente una giocatrice di basket.

<< Allora di chi si tratta? >>

<< Non vuoi neppure sederti? >> gli fece segno con la testa.

<< Ops! >> e si sedette al suo fianco.

Kitcho rimase un po’ in silenzio. Era visibilmente nervoso, continuava  a maltrattare la povera maglietta. Si voltò verso il suo compagno che rimaneva in trepida attesa. Tanto valeva dirgli tutto, ormai era passato del tempo e lui non ci pensava quasi più. Si era limitato ad accettare le cose.

<< Vuoi davvero saperlo? >>

Ma adesso non poteva sopportare più quella situazione. Magari parlandogli avrebbe potuto scuotere Akira dall’apatia. Poiché per lui non c’erano più speranze, non gli restava che giocare quell’ultima carta, per il suo migliore amico.

<< Era Hiroaki. >>

Quel nome rimbombò per la testa di Akira. Era incredulo. Kitcho, il suo migliore amico, era innamorato di Hiroaki, il suo ragazzo. Da quanto tempo? Se pensava a tutte le volte che era andato da lui a cercare una parola di conforto, tutte le volte che lo aveva sommerso con i suoi sogni sul piccolo playmaker… tutte le volte che lui era rimasto a sentire e gli aveva donato dei buoni consigli…. Quanto gli era costato? Quanto aveva sofferto? Senza nessuno con cui parlare. Quanto doveva aver sofferto nel vedere la felicità del suo migliore amico con il ragazzo che amava? Eppure si era sempre comportato da vero amico. Mai una volta aveva cercato di portagli via il ragazzo e di occasioni ce ne erano state di sicuro. Ogni volta che lui e Hiro avevano avuto un problema, era stato sempre Kitcho a risolverlo, parlando con Hiro, discutendogli. Se ogni litigio non era mai finito con una rottura era solo grazie a lui.

<< Io…. Mi dispiace Akira, non avrei dovuto dirtelo. Probabilmente non vorrai più parlarmi, considerandomi un amico poco sincero… mi dispiace davvero. >>

Akira si era limitato a scuotere il capo. Fukuda questo però non aveva potuto vederlo, perché aveva il viso coperto dalle sue grandi mani e, dai singhiozzi che sentiva, Sendo ne aveva dedotto che stesse piangendo, ancora una volta da solo.

<< Non hai nulla di cui dispiacerti e se c’è uno che deve chiedere scusa sono io, per tutto quello che ti ho costretto a vedere e ascoltare… mi dispiace tanto. Io che ti ho sommerso di parole non mi sono mai fermato ad ascoltare te. Ma possiamo rimediare adesso, ti va? >>

Kitcho prese il fazzoletto che un sorridente Sendo gli aveva offerto e, finalmente sereno, aveva iniziato a parlare. Si era innamorato di Koshino lentamente, conoscendolo durante gli allenamenti. Avevano spesso parlato insieme.

<< Più avevo l’occasione di parlare con lui, più mi accorgevo di quanto speciale fosse. Quando lasciai la squadra, perché ero stufo dei rimproveri di Taoka, lui venne a trovarmi a casa e cercò di farmi capire che sbagliavo a comportarmi in quel modo. E’ stato per lui che sono tornato al Ryonan. >> fece un sospiro prima di continuare << Avevo intenzione di dirgli ciò che provavo per lui, ma poi tu mi hai confessato quello che provavi per Hiro e… e il resto… te lo racconterò un’altra volta. >> aveva concluso Fukuda.

Akira era rimasto spiazzato dalle rivelazioni dell’amico, tanto da non chiedere altre spiegazioni. Sapeva solo, ed era ciò che realmente gli importasse, che Kitcho era davvero un buon amico. Per motivi che non sapeva ancora spiegarsi, lui aveva preferito non farsi avanti, dando così la possibilità ai suoi due migliori amici di stare insieme. Kitcho era l’unico che riuscisse sempre e comunque a calmare Hiro,  a parlare con lui, a farlo ragionare. Akira era convinto che, se solo avesse voluto, avrebbe potuto avere facilmente Hiro solo per sé. Le spiegazioni preferì non chiederle e aspettare che fosse proprio lui a parlare.

<< Se ti ho raccontato tutto questo è solo perché voglio che tu non ti arrenda! Io mi sono messo da parte per te, per voi, e se solo Sakuragi dovesse riuscire a portartelo via… allora dovresti vedertela con me e ti assicuro che non ne usciresti solo con qualche livido. >>

Si sollevò dal divano ridendo. Fece qualche passo verso la porta e disse:

<< Hiro era innamorato di te, da sempre. E’ per questo che ho preferito lasciarti il campo libero. Sapevo di non avere speranza. Certo se tu non mi avessi confessato che anche tu ricambiavi i suoi sentimenti, forse qualcosa sarebbe cambiato…. Però so che se solo ci avessi provato, avrei perso due amici e nessun amore può sostituire un’amicizia. >>

Spalancò la porta di casa: << Ora va e invita Hiro a cena o inventati qualcos’altro. Non lasciare che Hiro si innamori di Hanamichi. Per adesso sono tutti e due confusi, provano una grande attrazione, ma col tempo, se tu e Kaede non vi darete da fare, potrebbe trasformarsi in qualcosa di più profondo. E ora vattene! Mi hai già fatto parlare troppo! >>  gli disse in tono scherzoso.

Akira si alzò sorridendo, si avvicinò a Kitcho e, prima di uscire, fece uno scenografico inchino di ringraziamento che fece scoppiare a ridere i due amici.

Inconsapevoli delle trame che il destino stava tessendo, i quattro amici si preparavano ad affrontare la loro vita. Ognuno ripensava al passato, rivolgendo la speranza al futuro. Qualcuno, però, si preparava ad entrare in scena, pronto a sconvolgere la vita dei nostri ignari beniamini.

 

FINE QUINTA PARTE

 

Ru: che diavolo significa?

Sen: O______________O

Ru che sta per perdere la pazienza: forse non ci siamo capiti…….. Noi rivogliamo i nostri ragazzi e subito! Che significa quella frase finale! E perché il mio Hana dovrebbe innamorarsi di Koshino?

Sen: O________________O

Ru: e la pianti? Vuoi dire qualcosa?

Sen: ……………………

Ru: di bene in meglio! E tu esci subito!

Autrice un po’ preoccupata: ciao Ruru… come va? Ti è piaciuto il finale?

Ru trattenendo a stento la rabbia: se mi è piaciuto? Certo che no! Non mi è affatto piaciuto!  E non solo il finale! Questa ff deve essere cancellata!

Autrice: ma Ruru… guarda che non è finita…. Sto preparando la sesta parte.

Sen: AUTRICEEEEEEEEEEEEEEE!

Ru: si è svegliato finalmente!

Autrice: sì Akiruccio?

Sen: dimmi tu mi odi? No perché non capisco perché tu voglia portarmi via il mio Hiro-kun…

Autrice: ma io non ti odio Aki… a dire la verità sei uno dei miei personaggi (del manga, non delle ff) preferiti!

Sen: ma allora perché?

Ru: aspettiamo una risposta…

Autrice che cerca di arrampicarsi sugli specchi: beh volevo movimentare un po’ la storia… e poi se vi avessi ridato subito i vostri koibito sarebbe stato banale… - cerca di scrutare le facce sconvolte e in”bip”ate dei suoi coinquilini.

Sen: ma allora ci ridarai i nostri ragazzi!

Ru con una mazza da baseball in mano: ma certo che ce li ridarà, vero?

Autrice osserva con paura Ru: ma certo! Stavo giusto scrivendo la sesta parte…- e fa finta di mettersi al lavoro.

Ru che vigila attento: bene! Lavora parassita!

Autrice: ç___________ç ma perché mi tratti male?

Ru: tsè! Lavora e basta! Non ti è concesso di parlare!

Autrice: cattivo!- si rivolge poi a Sendo: Akiraaaaaaaaaaaaaaaa!

Sen: zzzzzzzzzzzzz!

Autrice che medita vendetta: maledetti!

Declaimers: i personaggi non sono miei ma del maestro Inoue. Naturalmente questa ff non è a scopo di lucro, ci mancherebbe. Anche perché se i personaggi fossero miei altro che ff! ehehe! *_____________________*

 

Alla prox!

 



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