DISCLAMERS: Hana e Ru non sono miei come del resto gli altri personaggi di Slam Dunk, io ho chiesto a mia madre se potevamo adottarli ma lei non ha voluto, ha detto che abbiamo già troppi seccatori per casa.

DEDICHE E RINGRAZIAMENTI: A Himeko (eccoti l’ultima parte della triade) e a Pam-chan (visto che mi sono ricordata di avertelo promesso) perché sono due amiche meravigliose.

NOTE: 1. Nel prologo abbiamo lasciato Hana e Ru intenti alla lettura di un libro, adesso i nostri eroi si troveranno sbalzati tramite la loro fantasia all’interno del racconto sostituendosi ai veri protagonisti. Questo implica due cose:

1.       I loro caratteri potrebbero subire delle modifiche;

2.       La forza di Hana è ridotta in quanto si immedesima in una donna.

NOTE: 2. Un altro appunto da fare prima della lettura è questo:

-          in corsivo ci sono le “vere” parti del libro;

-          in stampatello la storia come la vivono Hana e Ru.

NOTE 3: I nomi dei golfi, dei luoghi e delle città sono inventati in quanto anche se è un’opera ambientata alla fine del 1600 non vuole essere una ricostruzione storica.

Con questo ho finito. Buona lettura (spero)

  


La vittima e il carnefice

Parte IX

di Ise


 

Hanamichi aprì la bocca per accogliere la lingua dell’altro e si lasciò andare. Per almeno una volta voleva essere della volpe anima e corpo senza pensare a nient’altro che al piacere reciproco che potevano darsi. Circondò il collo di Kaede con le braccia e con passione lo baciò a sua volta. I due ragazzi si divorarono reciprocamente la bocca facendo andare le loro lingue alla scoperta dell’anfratto dell’altro seguendo il ritmo dettato dal battito sincronizzato dei loro cuori.

 

Senza mai staccare le loro labbra Hanamichi si lasciò cadere sulla nuda terra portandosi dietro il compagno. Rukawa cominciò a far vagare le sue mani sul corpo caldo del ragazzo sotto di lui ancora coperto dai vestiti. Si fermò sulla vita e sfilò la camicia dai pantaloni in modo da potergli accarezzare la pelle nuda della schiena, del torace, del petto. Con una mossa fulminea strappò i bottoni dell’indumento che coprivano la parte superiore del corpo del suo amante e lo gettò lontano. Sollevò il volto staccando le loro labbra e rimase un attimo in contemplazione del corpo statuario del rossino.

 

“Sei bellissimo” sussurrò la volpe dolcemente guardando Hanamichi con uno sguardo limpido e sincero.

 

Hanamichi imbarazzato istintivamente rispose “Non scherzare, io non sono bello”. Al rossino il suo aspetto non era infatti mai piaciuto. Trovava che i suoi capelli rossi fossero un pugno in un occhio in un mondo fatto di persone con i capelli castani e neri.

 

Kaede come se gli avesse letto  nel pensiero raccolse una ciocca dei suo capelli rossi tra l’indice e l’anulare della mano sinistra, ne saggiò la consistenza, ne annusò il profumo e li sfiorò con la lingua prima di dire “I tuoi capelli sono meravigliosi”

 

Il rosso aveva sempre creduto che i suoi occhi fossero di una banalità unica, di un colore assurdo.

 

“I tuoi occhi sono così caldi ed espressivi, un mare color cioccolata in cui è facile perdersi” continuò la sua analisi la volpe.

 

Aveva sempre pensato che la sua bocca fosse troppo pronunciata.

 

“Le tue labbra sembrano fatte a posta per essere baciate da me” le sfiorò la volpe con la lingua.

 

Da quando da bambino si era rotto il naso cadendo da un albero lo aveva sempre trovato troppo marcato.

 

“Il tuo naso è perfetto” lo baciò la volpe.

 

Il suo corpo poi era sempre stato il suo punto dolente. Per lui era troppo muscoloso e tozzo.

 

“La tua pelle è così liscia al tocco” dichiarò con voce roca la volpe accarezzandogli i pettorali “Ha un gusto buonissimo” e passò la lingua sui capezzoli “I tuoi pettorali sono così meravigliosi, le tue gambe così lunghe e flessuose. Sei perfetto, divino”

 

Detto questo ricominciò a guardarlo con uno sguardo colmo di desiderio.

 

Hanamichi arrossì e sorrise. Era la prima volta che qualcuno oltre a dirgli che era bello lo faceva pure sentire in quel modo. Era così felice. Alzò le braccia che per tutta l’analisi della volpe aveva tenute lungo i fianchi e le portò fra i capelli del moretto. Sollevò il volto e sporse le labbra per dare vita ad un casto bacio. Il contatto fra labbra e labbra durò sta volta solo pochi secondi, era solo un modo per Hanamichi di ringraziare e la volpe lo capì. Quando ritornò ad appoggiare la testa sul terreno in un soffio disse “Sei tu che sei bello”

 

“Questo lo so già Do’hao” disse la volpe con un leggero sorriso ironico sul volto.

 

“Kitsune” mormorò Hanamichi “Non insultarmi e non prenderti gioco di me. Vorrà dire che non ti farò più un complimento”

 

Kaede allora sorrise sul serio trasformando completamente il suo volto di solito burbero “Grazie per il complimento, va meglio se dico così?” esclamò avvicinando il suo volto a quello del rossino.

 

“Quando sorridi sei meraviglioso” fu l’unica frase che riuscì a dire Hanamichi prima che la lingua di Rukawa si intrufolasse ancora sulla sua bocca, pronta all’ennesimo bacio passionale.

 

Hanamichi strinse maggiormente a se il corpo del moretto e sollecitato dalle carezze della volpe sulla sua pelle nuda si ritrovò a gemere. Voleva di più. Sentiva il bisogno di toccare a sua volta la pelle nuda dell’altro. Sbottonò i bottoni della camicia del compagno e con l’aiuto del diretto interessato gliela sfilò dalle spalle.

 

Quando i loro toraci nudi entrarono in contatto fremettero entrambi. Kaede si arrischiò di introdurre una mano fra i pantaloni del rosso e questi non solo lo lasciò fare ma addirittura gli facilitò il compito cominciando a sfilarsi la cintura per permettere all’altro di toglierglieli.

 

Quando anche i pantaloni del rossino fecero la fine della sua camicia, Kaede cominciò a tempestare di baci ogni centimetro del corpo nudo dell’altro. Si fermò sui capezzoli ad inturgidirli, sull’ombelico dove lo leccò e lo penetrò con dolcezza. Solo quando ebbe cosparso di baci tutto il corpo si fermò sulla virilità dell’altro e la prese in bocca. La leccò in lungo e in largo ed Hanamichi impazzì. Cominciò a muoversi accompagnando i movimenti dell’amante e quando la volpe si staccò da lui senza dargli la completa soddisfazione gemette di frustrazione.

 

Sorprendendolo però Rukawa non abbandonò le parti basse del suo corpo. Con le mani gli divise le cosce e infilò la lingua sulla sua fessura fra i glutei e muovendola in modo rotatorio cominciò a lubrificarla. Il rossino stava per venire e si accorse di volere andare fino in fondo.

 

Obbligò la volpe a lasciarlo stare afferrandolo per i capelli. Gli catturò le labbra soffocando nella sua bocca un grido di protesta per la brusca interruzione al suo piacevole lavoro mentre con le mani andava fino ai pantaloni dell’altro e glieli apriva liberando il suo sesso.

 

La volpe capì subito cosa significava quel gesto e soddisfatto si staccò un attimo dall’altro giusto il tempo per liberarsi definitivamente dei pantaloni. Si posizionò in mezzo alle gambe del rossino guardandolo negli occhi. Se cambiava idea voleva saperlo in modo da non commettere l’ennesima sciocchezza. Ma Hanamichi non cambiò idea divaricò ancora di più le gambe in modo da permettere all’altro un maggior accesso e gli posizionò le mani sulla vita in modo d’accompagnare la penetrazione.

 

Rukawa tentò di essere il più delicato possibile ma non riuscì ad impedire che il rossino all’inizio provasse dolore. Tuttavia Hanamichi non cedette, sapeva che molto presto avrebbe gioito. Doveva essere tutto perfetto visto che sarebbe stata l’ultima volta. Quello era il saluto finale che aveva concesso sia a Kaede che a se stesso. Voleva donarsi all’uomo che si era accorto di amare con tutto il cuore anche se sapeva che loro insieme non avevano futuro. Voleva perdersi di nuovo fra le sue braccia ora che poteva perché un’altra occasione non ci sarebbe stata. Voleva assaporare ogni attimo di quella unione così completa e totalizzante ben sapendo che mai con nessun altro avrebbe raggiunto un tale abbandono.

 

Molto presto non appena Kaede toccò quel punto particolare dentro di lui che lo faceva andare a fuoco, Hanamichi cominciò a gemere dal piacere. Finì con l’accompagnare le spinte del compagno e molto presto ad anticiparle. Ormai era al limite, i picchi di piacere erano disarmanti, non riusciva più a connettere. Sentì l’esplosione di piacere del compagno dentro di lui e con quest’ultima sollecitazione venne a sua volta sui loro corpi riuniti.

 

Kaede uscì da lui e si abbracciarono teneramente per confermarsi la loro presenza. Stanchi caddero ben presto nel sonno.

 

Hanamichi aprì gli occhi solo un’ora dopo. Si sentiva così protetto e al sicuro tra le braccia della volpe. Si crogiolò nel suo calore pensando solo alle sensazioni piacevoli che gli scatenava la semplice presenza dell’altro. Non voleva pensare alle conseguenze di quel gesto, non voleva pensare al futuro almeno non subito. Dopo qualche minuto però si accorse che comportandosi in quel modo non faceva che accrescere le sue sofferenze, poche ore prima aveva deciso di aiutare Kyota e l’aver fatto l’amore con la volpe non cambiava nulla. Si era solo dato la possibilità di scoprire come sarebbe stato concedersi volontariamente a chi si desidera e non era stato deluso. Era stato bellissimo, l’orgasmo più bello che avesse mai sperimentato. Le due violenze subite che gli avevano provocato piacere non erano nulla in confronto. Sorrise soddisfatto. Inoltre aveva salutato Kaede nel modo più bello che conoscesse. Visto che la volpe lo aveva sempre voluto e lo aveva fatto sentire bello e desiderato doveva ringraziarla in qualche modo e aveva trovato il modo giusto. Si, ormai aveva compiuto quello che doveva ed era necessario che se ne andasse. Era la soluzione migliore per tutti, per lui perché così avrebbe potuto riabbracciare Anzai  e portare a termine la sua missione che gli avrebbe garantito considerazione tra i suoi simili, per Kaede che non lo avrebbe più avuto tra i piedi. Dopo tutto dubitava che la volpe lo amasse, era impossibile, erano così diversi, quello che provava per lui doveva essere solo attrazione fisica. Era giunto il momento di tornare nella sua capanna e riferire a Nobunaga che aveva deciso, ma allora perché il suo corpo non gli obbediva, perché le sue braccia stringevano più forte il corpo di Rukawa, perché dai suoi occhi avevano cominciato ad uscire delle lacrime, perché stava così male. Scrollò la testa. Non poteva comportarsi come una stupida femminuccia, lui era Hanamichi Sakuragi il figlio adottivo geniale di Anzai e piangere era indecoroso. Ricacciò indietro le lacrime e si alzò in piedi stando ben attento a non svegliare il moretto. Si mise i pantaloni e alla meno peggio la camicia tutta strappata. Dopo di che si voltò in direzione del ragazzo addormentato, gli si inginocchiò accanto e a fior di labbra prima di dargli l’ultimo casto bacio gli sussurrò “Addio” poi senza più voltarsi indietro se ne andò.

 

Appena fu sicuro che Hanamichi se ne fosse andato Kaede si arrischiò ad aprire gli occhi. Si era svegliato poco dopo il rossino e si era finto addormentato per capire quali erano le intenzioni del suo amante di quella notte. Era felice che avesse deciso di donarsi a lui ma sospettava che ci fosse qualcosa sotto. Ed infatti i suoi sospetti si erano rivelati veri. Lo aveva sentito piangere e aveva respinto l’idea impetuosa che era nata in lui di consolarlo, non poteva permettersi di far capire al Do’aho che era cosciente fino a quando non avesse capito del tutto il suo piano. Era stato insicuro sulle sue intenzione fino a quando quell’addio sussurrato a fior di labbra gli aveva fatto intuire tutto ed ora era pronto a sventare i suoi progetti di fuga.

 

Sorrise impercettibilmente mentre un unico pensiero gli affollava la mente “Non è un addio Hanamichi, è un arrivederci. Non ti permetterò di andartene lontano da me”

 

*      *      *

 

Il giorno dopo…..

 

Maki era sul ponte della sua nave e guardava con il cannocchiale l’orizzonte nel tentativo di individuare il rifugio del capitano Rukawa. Ormai era prossimo alle coordinate indicategli dalla volpe dei ghiacci e cominciava a sentire la tensione. A grandi linee aveva in mente un piano per evitare inutili spargimenti di sangue e venirne fuori vivo e con Nobunaga ma per sapere se poteva metterlo in atto doveva capire dove sarebbe avvenuto il combattimento.

 

Percorse la nave da poppa e prua per guardare meglio il mare davanti a se ma non riuscì a scorgere nulla neanche un misero scoglio. Allontanò il cannocchiale dai suoi occhi provati dalla stanchezza e se li massaggiò con la mano destra. Fece segno ad uno dei suoi uomini di sostituirlo nella perlustrazione dell’orizzonte e andò sotto coperta a controllare le carte nautiche come da quando sapeva che Kyota era stato rapito faceva sempre. La rotta presa era giusta, era vicino alle coordinate scritte nel foglietto, non si era di sicuro sbagliato ma allora perché non riusciva ancora a scorgere la tana della volpe o per lo meno la sua nave. 

 

Sbuffò e si portò una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore. Era esasperato e non aveva mai sofferto il caldo come in quegli ultimi giorni. Andò verso il catino pieno d’acqua che si trovava nel comodino e vi immerse una piccola stoffa con l’aiuto della quale poi si rinfrescò il volto e il collo. Guardò il letto posizionato a poca distanza da lui con desiderio sentendosi sulle spalle la stanchezza degli ultimi giorni. Era da un bel po’ che non chiudeva occhio a causa della preoccupazione per il suo Nobunaga e per questo la sua mente non era più molto lucida.

 

Doveva sforzarsi di dormire per qualche ora altrimenti rischiava di sbagliare tutto e di perdere la possibilità di portare a casa la pellaccia per colpa di una piccola distrazione. Si tolse la camicia e si stese sul suo giaciglio. Chiuse gli occhi e si addormentò di botto.

 

Ebbe un sonno tormentato dai ricordi. Si ritrovò a rivivere tutti i bei momenti vissuti con Kyota, il modo in cui si erano conosciuti alla corte di Takato, il modo megalomane in cui il principe si era presentato a lui, gli aveva detto di essere il miglior stratega del palazzo e di voler far parte della sua ciurma. Maki aveva sorriso della sua richiesta trovando buffo quel ragazzino ma istintivamente senza capirne il motivo si era ritrovato a cercare la sua compagnia. Nobunaga sembrava bisognoso di un maestro e Shinici all’inizio era stato proprio quello. Con il benestare di Takato, Shinici aveva condotto il principe sulla sua nave e gli aveva insegnato tutti i trucchi per governarla. Gli aveva insegnato a leggere le carte nautiche, ad usare il timone, ad orientarsi con le stelle, a salire sugli alberi, a sparare con i cannoni, a muoversi con disinvoltura in tutti i settori dell’imbarcazione dal ponte alle stive e Kyota lo aveva sorpreso apprendendo tutto con grande maestria e molto velocemente. E così naturalmente il loro rapporto era cresciuto. Non erano più il maestro e l’allievo quando si incontravano ma bensì due compagni, due amici. All’insaputa di Takato Maki portava Kyota nelle taverne dove il principe dimostrava tutta la sua esuberanza decantando la sua bravura con delle manifestazioni pratiche che molto spesso si rivelano delle figuracce. Eppure Shinici trovava anche quelle buffe cadute non previste mentre il principe si accingeva a saltare degli ostacoli, quel perdere l’equilibrio ostacolandosi con le proprie gambe adorabili. La prima volta che pensò una cosa del genere si sentì in colpa nei confronti del suo sultano, Takato gli aveva affidato il figlio perché lo facesse diventare più maturo e responsabile e lui finiva con l’innamorarsi del principe a causa proprio di quella sua aria di bambinone troppo cresciuto. Già si era subito reso conto che era proprio quello che stava accadendo, quello che provava per Nobunaga era qualcosa di molto intenso che ormai superava l’amicizia e che diventava di giorno in giorno sempre più forte. E la cosa più assurda era che ciò che cominciava a legarli era reciproco. La sguardo adorante che Kyota gli lanciava non lasciava spazio a dubbi. Il principe era cotto di lui e sembrava stare bene solo quando erano insieme, tentava in tutti i modi di attirare la sua attenzione, di sembrare degno di lui. E questo fatto non poteva passare inosservato e così Takato lo aveva chiamato al suo cospetto e gli aveva intimato di troncare quello strano rapporto che era nato fra loro. Il suo onore non gli aveva permesso di disobbedire e così quando Kyota gli era andato a parlare poco prima della partenza per il suo viaggio di formazione lo aveva trattato male per farsi odiare.

 

Maki si svegliò di soprassalto con ancora in mente le immagini del suo ultimo incontro con Nobunaga. Risentì le parole che il principe aveva sussurrato con le gote tinte di rosso “Shinici io ti voglio bene” Riascoltò la sua risposta insensibile e brusca “Io invece ti trovo assillante e non vedo l’ora di liberarmi di te” Rivedeva ancora le lacrime che Kyota aveva versato in quel momento mentre diceva che non gli credeva, che era sicuro che anche lui gli volesse bene. Se toccava la sua mano sentiva ancora il dolore provato quando aveva schiaffeggiato con forza la guancia di Nobunaga dicendogli di smetterla di comportarsi come un bambino viziato, che non sempre le cose andavano come si voleva. Il suo cuore perse un colpo quando si ricordò l’espressione ferita di Kyota dopo lo sberla, i suoi occhi che s’incupivano e le sue parole gridate con rabbia mentre se ne andava sbattendo la porta “Io ti odio. Non ti voglio più vedere”

 

Shinici si mise seduto sul letto mentre il ti odio di Kyota gli rimbombava sulla testa. Si rivestì e il suo cuore venne avvolto da una morsa di ghiaccio. Se anche fosse riuscito a salvare il principe fra loro le cose non sarebbero comunque cambiate, lui avrebbe dovuto continuare a mantenere il suo comportamento rigido e severo e Nobunaga avrebbe continuato ad odiarlo. Il pensiero lo fece stare male ma lo allontanò da se. Non era di sicuro quello il momento giusto per riflettere su certe cose, tutta la sua concentrazione doveva essere finalizzata allo scopo di salvarlo. Dopo tutto se era riuscito due anni fa a reprimere i suoi sentimenti e per tutto quel periodo di tempo in cui erano stati separati aveva vissuto lo stesso con una parvenza di sereno anche se in verità il  ricordo del principe era sempre rimasto presente in lui non avrebbe dovuto essere troppo difficile comportarsi di nuovo in maniera fredda e scostante durante il loro prossimo incontro. Lui non era mica uno stupido ragazzino frignone che arrossiva al solo pensiero del suo innamorato, lui era il grande Shinici Maki e non si sarebbe fatto mettere sotto da nessuno ed in questa affermazione era compresa anche la volpe dei ghiacci. Avrebbe fatto pentire quest’ultimo di aver rapito Kyota e di essersi messa contro di lui. Lui era tremendo quando si arrabbiava ed era implacabile nelle sue vendette.

 

Dopo aver recuperato il suo sangue freddo Maki uscì dalla cabina e andò sul ponte. Salì l’albero maestro e nella guardiola ricominciò la sua perlustrazione dell’orizzonte ad occhi nudi. Guardò tutte le direzioni in lungo e in largo quando il suo occhio notò uno strano puntino. Portò una mano sulla fronte sopra gli occhi per proteggerli dal sole in modo da vedere meglio e si accorse  che c’era qualcosa ferma in lontananza. Urlò ad un suo uomo di passargli un cannocchiale e finalmente vide quello che stava cercando.

 

Scese dall’albero in fretta e appena poggiati i piedi sul ponte urlò “Calate l’ancora. Terra in vista”.

 

I suoi uomini furono subito pronti ad obbedirgli e la nave dopo qualche altro metro si fermò.

 

Shinici sempre usando il cannocchiale vagliò la situazione. Era arrivato in tempo per la scadenza e quindi Kyota doveva essere ancora vivo. Ma adesso cosa doveva fare? La volpe era stata furba a scegliere quella tana, l’isola era abbastanza piccola da passare inosservata e le insenature naturali che aveva davanti erano perfette per proteggerla da occhi indiscreti. Li dentro poteva succedere di tutto ed era impossibile saperlo. Considerò la possibilità di girarle intorno in modo da attaccare alle spalle la volpe ma la scartò ci avrebbe messo troppo tempo e rischiava di far scadere l’ultimatum. L’unica cosa da fare era un attacco frontale però doveva comunque trovare il modo di cogliere di sorpresa Rukawa. Se lo avesse attaccato a viso scoperto non avrebbe mai avuto nessuna possibilità di farcela. Doveva riuscire ad avvicinarsi al posto  dove si trovava Kyota e la volpe e riuscire a portare la faccenda sul corpo a corpo. In un uno contro uno si considerava imbattibile. Non aveva scelta doveva tentare una navigazione difficile e quasi suicida. Di notte a luci spente doveva condurre la nave dentro il golfo dell’isola. Il vantaggio di quel tipo di navigazione era che rendeva impossibile scorgere l’imbarcazione a persone che non si trovavano molto vicini dal sentire il rumore dei flutti marini che battevano sullo scafo. Gli svantaggi era che anche gli occupanti della nave non vedevano niente ed andavano a tentoni. Fino a quando si navigava in questo modo in mare aperto il pericolo maggiore che poteva capitare era perdere la rotta ma entrare in un golfo nella più completa oscurità era pericolosissimo, la nave rischiava di scontrarsi con qualsiasi cosa. Non poteva far altro che seguire il suo istinto, usare personalmente il timone, mettere i suoi migliori uomini in posizioni strategiche in modo che tentassero di fendere con gli occhi le tenebre e sperare di non incastrarsi su uno scoglio. Ormai aveva deciso e senza aspettare troppo tempo avrebbe agito quella notte stessa.

 

Rese partecipe i suoi uomini circa la sua strategia e mandò quelli in esubero sotto coperta a riposarsi. Quella notte sarebbe stata molto dura per tutti e voleva che i suoi marinai fossero freschi. Finalmente avrebbe scoperto cosa gli serbava il futuro, se gli era permesso di vivere oppure doveva per forza morire.

 

*     *     *

 

Nel frattempo….

 

Yohei con la scure in mano stava tentando di farsi largo nella foresta che faceva da scudo naturale alle spalle dell’accampamento del capitano Rukawa.

 

Quando Sawakita si era finalmente deciso a rivelargli le insidie del rifugio della volpe il principe Mito era riuscito finalmente a stabilire un piano d’azione. Visto che l’entrata al golfo dell’isola era così stretto da permettere l’introduzione di una sola nave per volta si era accorto che un attacco frontale anche se di sorpresa sarebbe stato molto difficile da gestire. Se lui e il suo veliero fossero entrati nel golfo per primi in uno scontro nave contro nave lo stesso principe avrebbe potuto avere la peggio prima di poter avere il supporto delle altre quattro nave che componevano la flotta. Avrebbe potuto mandare in avanscoperta una delle altre navi che possedeva ma….non avrebbe avuto garanzie comunque circa l’esito della battaglia. La fama della volpe era tale da considerarlo quasi un Dio negli scontri marittimi, se si fosse liberato velocemente dell’imbarcazione allodola anche per la seconda nave sarebbe stata un’impresa abbatterlo e tutto sarebbe tornato da capo. L’unica soluzione possibile che gli offriva la vittoria quasi al 100% era quello di un attacco alle spalle. Nonostante la foresta fosse insidiosa e difficile da attraversare aveva deciso di provarci. Era sbarcato lontano dall’accampamento nella parte opposta dell’isola con una settantina di uomini armati di tutto punto. Aveva lasciato a Ukuso il comando della flotta mentre Takamiya, Noma e Sawakita tentavano con lui l’attraversata. Aveva dato ordini ben precisi al suo uomo che era rimasto a bordo. Doveva introdursi nel golfo solo dopo aver avvistato i fuochi della battaglia. Tre navi dovevano  rimanere all’imboccatura del porto per tagliare ogni via di fuga, con due invece doveva introdursi nella baia per portare appoggio agli uomini che avrebbero messo a ferro e a fuoco la spiaggia. Era sua intenzione sfruttare l’arrivo di Maki sempre se non fosse già arrivato e stato sconfitto per sferrare il suo attacco approfittando del fattore sorpresa.

 

Doveva ammettere però che l’attraversata della foresta si era rivelata più dura del previsto. La volpe si era scelta bene la tana. C’erano trappole ovunque. Aveva perso tre uomini a causa della puntura di un insetto, due che si erano allontanati avventatamente per ossequiare certi bisogni fisiologici erano stati sbranati da una tigre la cui pelle ora faceva sfoggio sui suoi bagagli personali portati dai suoi schiavi. Altri uomini erano morti soffocati dalle liane che cadevano fitte dagli alberi e che non erano riusciti a tagliare. Altri ancora erano sprofondati nelle sabbie mobili e non c’era stato verso di tirarli fuori. Molti attraversando il fiume interno che tagliava l’isola a metà e che quasi sicuramente portava acqua dolce anche all’accampamento della volpe erano caduti in acqua ed erano diventato cibo per gli alligatori. Era da tre giorni che erano in cammino e dei settanta uomini iniziali ne aveva già perso venticinque. Se continuava così altro che attacco a sorpresa sarebbero morti tutti senza aver avuto neanche la possibilità di scontrarsi con gli uomini di Rukawa. Eppure Sawakita sembrava soddisfatto, accoglieva ogni morto con un sorriso satanico e da un paio d’ore continuava ad affermare che la meta era vicina. Yohei non poteva in cuor suo che sperarlo ormai si era fatto buio e fra non molto avrebbero dovuto fermarsi per la notte.

 

Esasperato stava giusto dando quell’ordine quando Sawakita gli fece segno di andargli vicino. Mito acconsentì  e l’uomo dai capelli cortissimi lo fece avanzare con lui di qualche metro, scostò la vegetazione che aveva davanti senza tagliarla e nascosti da quelle fronde gli mostrò cosa c’era sotto la collinetta in cui si trovavano.

 

Mito sorrise soddisfatto nel vedere quello che stava cercando da tre giorni.

 

Osservò attentamente ogni cosa. Notò le tende anonime che non permettevano di capire qual era quella del capo illuminate dai fuochi già accesi, gli uomini che mangiavano e bevevano di fronte al grande falò al centro dell’accampamento. Scorse due capanne unite un po’ in disparte dal resto del campo e capì subito che doveva essere quello il posto in cui tenevano i prigionieri e quindi anche Hanamichi non poteva che essere li. Dopo la prima analisi veloce cominciò a controllare la sorveglianza e gli armamenti. C’erano diversi cannoni posizionati in vari punti della spiaggia e li accanto c’erano degli uomini che parlottavano spensieratamente fra loro. Passò con lo sguardo in lungo e in largo il campo per trovare qualche sorvegliante ma non ne vide a parte l’uomo che stava davanti alle capanne. La cosa un po’ gli puzzava ma forse Rukawa era troppo sicuro di se per quanto riguardava la sicurezza del campo oppure chi sorvegliava era bravo a passare inosservato. Certo che non vedeva moltissimi uomini in giro forse la maggior parte era già sotto le tende. L’unica cosa sicura era che Maki non doveva essere ancora arrivato, il campo non presentava segni di combattimento e i cannoni erano ancora carichi e puntati sull’entrata del golfo. Estese lo sguardo al mare ed osservò la Seya, la nave aveva tutte le luci spente però incuteva comunque timore. Sembrava una belva addormentata in attesa di sbranare qualcuno.

 

Velocemente Yohei decise come comportarsi. Ritornò dove aveva lasciato i suoi uomini e mandò tre schiavi  a sorvegliare l’accampamento. Nel caso di situazioni anomale o nel caso in cui una nuova nave si fosse affacciata nel golfo voleva essere avvertito subito.

 

Dopo di che diede le sue direttive. Non appena la nave di Maki fosse stata scorsa approfittando della distrazione Sawakita e Noma si sarebbero avvicinati a nuoto alla Seya e avrebbero tentato di sabotarla in modo da renderla inerme. Nel frattempo lui e i suoi uomini mentre i cannoni sulla spiaggia sparavano contro la nave di Maki e quest’ultimo quindi catalizzava tutta l’attenzione dei loro nemici su di se, avrebbero attaccato l’accampamento passando a fil di spada chiunque avessero trovato sulla loro strada. Le sue due navi guidate da Ukuso poi avrebbero fatto il resto. Entrando nel momento giusto nella baia avrebbero affondato sia la Seya che la nave di Shinici e così loro avrebbero potuto festeggiare la vittoria e glorificare i morti nel caso in cui ce ne fossero stati. C’erano alcune cose però che dovevano essere rispettate. Voleva liberare Hanamichi, catturare il principe Kyota in salute, prendere vivo Rukawa visto che il compito di ucciderlo doveva spettare a lui dopo averlo fatto soffrire e desiderava che gli portassero la testa di Maki. Con il resto dei loro nemici potevano fare quello che volevano, non bramava altri prigionieri. Non gli servivano.

 

Tutti sorrisero biecamente pregustando il sapore del sangue che presto sarebbe corso a fiumi.

 

Il principe fu soddisfatto di quella reazione e consigliò ai suoi uomini di riposarsi e di mangiare. Non si sapeva quando sarebbe arrivato il momento di agire e voleva che tutti i presenti  fossero in forma e con i riflessi pronti.

 

*     *     *

 

Intanto…

 

Hanamichi, Kyota e Kenji stavano tentando di mettere in atto il loro piano di fuga.

 

Il giorno prima quando il rossino era tornato sulla capanna Nobunaga e Fujima erano ancora in piedi ad aspettarlo. I due ragazzi avevano subito notato lo stato della camicia di Sakuragi e avevano pure intuito cosa fosse successo  ma non ne avevano fatto parola. Erano rimasti in silenzio a guardarlo sapendo che spettava all’altro la prima parola e il ragazzo dai capelli rossi non li aveva delusi. Hanamichi si era cambiato l’indumento strappato sostenendo lo sguardo dei suoi due compagni con decisione e senza arrossire. Dopo di che si era seduto davanti a loro sul tavolino e con voce sicura aveva detto rivolto a Kyota “Allora babbuino qual è la tua idea?”

 

Nobunaga aveva tirato un profondo respiro di sollievo mentre Kenji aveva fatto un sorriso dolce anche se tirato. Velocemente il moretto aveva poi annunciato il suo piano. Hanamichi lo aveva analizzato facendosi chiarire qualche dubbio e aggiungendo dei particolari qua e la per renderlo più sicuro. Alla fine quando tutto era stato stabilito e i ruoli erano stati spartiti fra loro i tre erano andati a letto dove avevano dormito fino a mezzogiorno. Erano stati svegliati da Hanagata che aveva portato loro il pranzo. Stranamente però il quattrocchi non aveva chiesto a Fujima di uscire con lui quel giorno, se ne era andato via subito come se fosse stato di fretta. Kenji era dispiaciuto del fatto però nello stesso tempo si rendeva conto che era stato meglio così. Aveva deciso di aiutare il suo padrone e stare con Toru e mentirgli poteva rivelarsi molto doloroso e pericoloso. Se fosse ceduto e gli avesse rivelato tutto non se lo sarebbe mai perdonato.

 

Erano stati per tutto il pomeriggio nelle capanne e con sommo piacere di Hanamichi Kaede non lo aveva cercato per riportare alla luce quello che c’era stato fra loro nel boschetto. Sarebbe stata dura trovare una scusa per convincerlo che per lui ieri non era successo niente di importante. Sarebbe stato impossibile fargli capire che la loro storia era finita ancora prima di iniziare in quell’unico gesto d’amore che il rossino aveva fatto concedendosi di propria volontà. Come avrebbe fatto a respingerlo se l’altro avesse cominciato a toccarlo? Come avrebbe potuto resistergli? Dubitava che ce l’avrebbe fatta e quindi non poteva che ringraziare Allah che non si fosse verificata una tale eventualità. Avevano aspettato pazientemente che un marinaio portasse loro la cena e che fosse abbastanza buio prima di far scattare l’ora X e dare avvio alla grande fuga.

 

Il piano in se era molto semplice.

 

Kenji  bussò alla porta e la guardia che li controllava aprì l’uscio come al solito. Solo che sta volta Fujima non chiese di uscire ma invitò l’uomo ad entrare perché avevano problemi con  le brande. I sostegni avevano ceduto e i materassi erano caduti a terra. Il marinaio non sospettando niente decise di dare un’occhiata ma quando fu all’interno lo attese una brutta sorpresa. I letti erano perfettamente intatti. La guardia furibondo si girò verso il castano per chiedere spiegazioni circa quel brutto scherzo ma Hanamichi che fino a quel momento era rimasto in disparte fu più lesto  si fece sotto e con una testata lo fece svenire.

 

Velocemente i due aiutati da Kyota trascinarono l’uomo fuori e lo appoggiarono seduto ad una parete della capanna in modo che sembrasse che stesse ancora svolgendo il suo lavoro. Chiusero a chiave la porta della capanna ed entrarono nell’oscurità della notte evitando ogni banco di luce prodotto dai fuochi. Camminarono lungo il perimetro dell’accampamento rimanendone all’esterno in modo da non essere visti e raggiunsero la spiaggia dove era arenata la scialuppa che serviva agli uomini per andare e venire dalla nave. Afferrarono la piccola imbarcazione di legno per la sporgenza che aveva a poppa e la spinsero facendo pressione con i piedi fino in mare. Ci salirono e facendo il minor rumore possibile usando i due piccoli remi che erano a bordo Hanamichi e Kyota seduti appaiati nel sedile posteriore iniziarono a remare per raggiungere la Seya che era immersa nella più totale oscurità. Fujima invece si sedette davanti, tirò  fuori da sotto la tunica servile una piccola lampada ad olio e l’accese usando una pietra focaia. La sporse verso il mare e con occhio attento cominciò ad indicare ai suoi due compagni dove andare.

 

Il loro obiettivo era intrufolarsi a bordo della nave senza che i pochi occupanti (Kenji con una faccia di bronzo aveva infatti chiesto come curiosità a Toru chi c’era a bordo della nave e il ragazzo gli aveva risposto due o tre persone giusto per sorvegliarla) se ne accorgessero, introdursi nella cabina del capitano, rimpossessarsi delle pietre, trovare qualche segnalatore luminoso e delle provviste, ritornare nella scialuppa ed uscire dal piccolo golfo. Arrivati in mare aperto avrebbero circumnavigato l’isola e si sarebbero fermati su un fiordo abbastanza vicino all’entrata della baia e li avrebbero aspettato l’arrivo della nave di Maki. In questo modo se anche la volpe avesse tentato di cercarli controllando il mare li intorno non li avrebbe trovati. Quando finalmente guardando l’orizzonte avessero scorto il veliero di Shinici gli sarebbero andati incontro con la scialuppa e avrebbero lanciato i segnali luminosi per farsi notare. Non appena a bordo dell’ammiraglia della flotta di Takato sarebbe stato il suo capitano a decidere il da farsi e loro finalmente sarebbero stati al sicuro. 

 

Raggiunsero la Seya dopo circa una mezz’ora essendo il vento loro favorevole, attaccarono la scialuppa alla nave e s’arrampicarono sulle scale di corda che si trovavano ai lati dell’imbarcazione.

 

Il primo a raggiungere il ponte fu Hanamichi che si guardò intorno nel tentativo vano di orientarsi visto che tutto intorno a lui era tenebra. Quando anche Fujima e Kyota lo raggiunsero il rossino sussurrò “Kenji nascondi la lampada sotto i vestiti in modo da attenuarne la luce e facci strada”

 

Il ragazzo dai capelli castani eseguì gli ordini senza fiatare per non correre il rischio di avvisare qualcuno della loro presenza e cominciò a muoversi tuttavia si fermò fatti pochi passi accorgendosi di una cosa.

 

Kyota ed Hanamichi che avevano cominciato a camminargli dietro gli sbatterono contro e insieme gridarono “Perché ti sei imbambolato?”

 

Proprio allora le luci della nave si accesero tutte insieme rivelando chi c’era a bordo.

 

“Kitsune” mormorò Hanamichi vedendo gli occhi blu della volpe fissarlo intensamente.

 

“Al diavolo” sibilò Kyota guardando i marinai davanti a se con rabbia “Come avete fatto a capire che volevamo fuggire?”

 

“Come stai Kenji?” chiese Hanagata avvicinandosi al castano guardandolo dolcemente. Fujima però non gli rispose era sconvolto, non riusciva a capire come mai quasi tutto l’equipaggio della Seya si trovasse a bordo, fino al giorno prima erano tutti infatti stazionati a terra.

 

Rukawa si staccò dall’albero maestro in cui era stato fino a quel momento e si avvicinò ai tre ragazzi guardandoli impassibile “Grazie per essere venuti a bordo di vostra spontanea volontà. Ci avete tolto il disturbo di portarvi noi qui”

 

Il rossino arretrò fino a quando non urtò contro il bordo della nave. Non era possibile, come aveva fatto la loro fuga ad essere scoperta così facilmente. Non avevano fatto rumore, ne si erano traditi. Perché tutto finiva in quel modo?

 

Kaede sembrò leggergli per l’ennesima volta nel pensiero perché semplicemente disse “Ieri quando mi hai detto addio ero sveglio e ho capito”

 

Il rossino si sentì mancare sbiancando. Era colpa sua  se erano stati scoperti.

 

Kyota lo guardò con un espressione ferita e d’accusa sul volto, come aveva potuto essere così idiota?

 

“E visto che sapevamo che dovevate per forza venire a bordo della Seya vi abbiamo aspettato qui” intanto Hanagata spiegò.

 

“Come facevate a sapere che saremo venuti a bordo?” chiese Hanamichi con un soffio di voce sospettando già la risposta.

 

“Le pietre” rispose Rukawa.

 

“Dovevi venire a riprendertele” finì la frase  Sendo sorridendo.

 

Sakuragi si sentì ancora peggio. Se non fossero tornati a prendere le pietre forse sarebbero riusciti a scappare comunque. Kyota adesso lo guardava con rabbia e faceva bene, se Shinici moriva sarebbe stata tutta colpa sua. Il suo dovere nei confronti di Anzai, i suoi sentimenti nei confronti della volpe lo avevano tradito su tutta la linea.

 

Il principe Nobunaga però lo sorprese, distese il suo volto e gli sorrise rendendosi conto che arrabbiarsi era inutile. Il rossino aveva agito in linea con i suoi principi come avrebbe fatto anche lui nelle sue medesime condizioni e non poteva incolparlo se per questo la fuga era fallita anche perché c’era una cosa che non capiva. “Perché ci avete fatto venire a bordo non vi conveniva fermarci sulla spiaggia? Vi siete divertiti così tanto a prendervi gioco di noi?”

 

“Si  ci siamo divertiti” ridacchiò Akira “Però abbiamo anche unito l’utile al dilettevole. Il vostro trasferimento a bordo era già stato deciso due giorni fa. Fra poco Maki dovrebbe arrivare e il posto dove si trova il principe Nobunaga è quello più sicuro per tutti. Il caro Shinici Maki non oserà mai attaccare la nostra nave rischiando di fare del male al suo assistito. Durante la battaglia principe verrai legato all’albero maestro in modo che Maki si renda conto di non poter fare niente contro di noi”

 

“Bastardi” ringhiò Kyota “Non sarò mai complice di un tale nefandezza. Piuttosto preferisco morire” e tentò di gettarsi in mare dove si sarebbe lasciato annegare ma Sendo fu più veloce di lui. Lo afferrò per la vita e glielo impedì.

 

Hanamichi allora afferrò un braccio del luogotenente dei capelli a punta e glielo morse per liberare l’amico. Non avrebbe voluto che l’altro si uccidesse ma sapeva che per Kyota era più importante salvare Maki anche a costo della vita e visto che il piano di fuga era fallito a casa sua adesso voleva comunque dargli una mano.

 

Akira urlò dal dolore ma non mollò la presa.

 

Rukawa andò in aiuto del suo uomo e afferrò per le braccia Hanamichi allontanandolo da Sendo. Il rossino però non demorse cominciò a scalciare e mollare pugni per liberarsi e tornare alla carica.

 

Anche Kenji provò ad intervenire. Si scagliò a testa bassa contro lo stomaco di Rukawa ma Toru lo bloccò a pochi centimetri dall’impatto. Lo strinse forte fra le sue braccia bloccandogli le braccia sulla vita.

 

Hanamichi e Kyota inveivano come se fossero stati preda del demonio e Kaede s’accorse che si stava divertendo. Era quello che aveva fra le braccia il ragazzo che voleva, quello fiero ed indomabile che tentava in tutti i modi di farsi valere. Non gli interessava un rossino completamente arrendevole e svenevole che pendesse dalle sue labbra, lo voleva orgoglioso, che combattesse fino alla fine non dandogliela mai vinta. Necessitava di uomo forte che lo completasse perfettamente e sapeva di averlo trovato.

 

Proprio mentre la volpe era persa in quelle elucubrazioni un segnale luminoso proveniente dall’insenatura nord si stagliò sul cielo. Koshino velocissimo si sporse a guardare l’entrata del golfo e notò un’ombra oscura che si illuminò improvvisamente svelando una nave. “Nave a dritta” urlò poi a squarciagola.

 

“Maki” disse Rukawa freddamente.

 

“Furbo voleva sorprenderci con una navigazione senza luci” sorrise Sendo “Peccato per lui che gli è andata storta”

 

“Prepararsi al combattimento” tuonò Hanagata.

 

“Uotsumi porti subito i miei due schiavi sulla mia cabina” gridò Rukawa al gigante che portava quel nome. Jun obbedì subito afferrò le mani dei due ragazzi e cominciò a trascinarli sotto coperta. L’impresa però si rivelò più titanica del previsto visto che Sakuragi puntava i piedi e s’afferrava ovunque per non farsi portare via. Era determinato a rimanere sul ponte e vedere quello che sarebbe successo.

 

Sendo intanto era riuscito a passare una corda intorno alla vita di Kyota e a legarlo sull’albero maestro. Il ragazzo continuava ad urlare ma ormai nessuno lo ascoltava più.

 

“Sparate un colpo di cannone per avvisare gli uomini sulla spiaggia” gridò Hanagata e subito fu esaudito.

 

“Tutti pronti. Inizia la battaglia decisiva” urlò Rukawa mentre tutti gli uomini si mettevano in posizione.

 

*      *     *

 

“Maledizione” imprecò Maki quando vide il segnale luminoso alto nel cielo. Era stato così stupido da non considerare la possibilità che la volpe avesse messo degli uomini di vedetta in una delle sporgenze del golfo e si che sapeva che era furba. Ormai il suo piano di entrare di nascosto nella baia e di effettuare un attacco a sorpresa era fallito miseramente. Era inutile continuare a navigare a luci spente e correre pericoli maggiori di quelli che già doveva affrontare.

 

“Accendete le luci” allora urlò “Signor Muto prenda il timone. Prepararsi al combattimento, è arrivata l’ora della verità”

 

*     *     *

 

Mito si era appena appisolato quando sentì qualcuno chiamarlo per svegliarlo. Aprì gli occhi e notò uno degli schiavi che aveva messo a sorvegliare l’accampamento nemico. “Un raggio luminoso nel cielo signore è stato lanciato. Una nave si sta avvicinando”

 

Yohei ruggì “Maki”. Scosse Noma che era steso vicino a lui a malo modo e quando anche questi aprì gli occhi esclamò “Sveglia gli altri e di loro che si preparino. Fra non molto dovremo agire” dopo di che corse a controllare la situazione.

 

Arrivò in tempo per sentire il colpo di cannone sparato dalla Seya e vedere la spiaggia animarsi. Gli uomini di Rukawa che fino a qualche minuto prima ancora bighellonavano e scherzavano si erano fatti seri e ligi al loro dovere. Erano concentrati e pronti al combattimento e alla vittoria ignari che un falco presto si sarebbe abbattuto su di loro con i suoi artigli.

 

Mito sorrise biecamente mentre pensava –Finalmente avrò la mia vendetta-

 

FINE 9° CAPITOLO

 

Ise: Bene nel prossimo capitolo Mito salverà il punzello Hanamichi dalle grinfie della volpe cattiva. Il rossino si accorgerà che è lui l’uomo della sua vita  e così i due vivranno felici e contente per sempri.

Kaede: Ehi cos’è questa storia?

Ise: La fine della fic

Kaede: Non è vero nel copione che mi hai dato i fatti non si svolgono in questo modo.

Ise: Quello era il copione prima del taglio di budget. Per mancanza di fondi ho dovuto modificare certe cose per cui……

Kaede: Non se ne parla nemmeno, questa è una cosa inconcepibile. Mi rifiuto di collaborare a una tale schifezza

Hana: Anch’io mi rifiuto. Mito è solo il mio migliore amico. Io voglio stare con la volpe.

Ise: Dite che un finale del genere faccia schifo?

Kaede ed Hana: Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Ise: Pazienza!!!!!!!!!!!!!!!! Ormai ho deciso.

Kaede: Io faccio sciopero e non recito più

Hana: Io picchetto contro di te

Ise: Io ho un contratto con voi dovete rispettarlo. Dovete recitare e basta.

Hana e Kaede: Non se ne parla nemmeno

Ise: E va bene potrei cambiare idea ma ….

Hana e Kaede: Ma?

Ise: Dovete aiutarmi nei costi. Insomma dovreste pagare voi gli esuberi.

Hana e Kaede si guardano: Ok intanto quanto vuoi spendere per una sceneggiatura così orribile.

Ise: Evviva. Firmate qui.

Hana e Kaede firmano e Ise porge loro il conto

Hana: Non è possibile è una cifra a 6 zeri

Kaede: Ci farai andare sul lastrico. Com’è possibile che sia così alta?

Ise: Il noleggio dei costumi, della nave, di quell’isola, del palazzo di un sultano vero ecc.ecc. costa cosa pensavate? Comunque ormai avete firmato e dovete pagare. Su dai sganciate.

Hana e Kaede: Ci hai fregato. Maledetta!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

L’ANGOLO DI ISE

Prima di tutto declino ogni responsabilità circa lo schifo di scena lemon iniziale. L’avete votata voi e io mi sono sforzata di fare un lavoro almeno decente ma ….proprio non ci sono portata. Scusatemi.

Dopo di che volevo solo dirvi che la prossima volta dovrei scrivere una grande scena di battaglia, spero di riuscirci e di non fare la figura dell’incompetente. Caso mai mi raccomando continuate a sostenermi lo stesso e siate pazienti con me.

Un bacione. Ise




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