DISCLAMERS: Hana e Ru non sono miei come del
resto gli altri personaggi di Slam Dunk, io ho chiesto a mia madre se
potevamo adottarli ma lei non ha voluto, ha detto che abbiamo già troppi
seccatori per casa.
DEDICHE E RINGRAZIAMENTI:
A Enlil (un po’ mi dispiace di
dedicarti questo capitolo visto che non succede nulla tra Hana e Ru, vuol
dire che ti dedicherò anche il prossimo)
NOTE: 1. Nel prologo abbiamo
lasciato Hana e Ru intenti alla lettura di un libro, adesso i nostri eroi si
troveranno sbalzati tramite la loro fantasia all’interno del racconto
sostituendosi ai veri protagonisti. Questo implica due cose:
1.
I loro caratteri potrebbero subire delle modifiche;
2.
La forza di Hana è ridotta in quanto si immedesima in una donna.
NOTE: 2. Un altro appunto da fare
prima della lettura è questo:
-
in corsivo ci sono le “vere” parti del libro;
-
in stampatello la storia come la vivono Hana e Ru.
NOTE 3:
I nomi dei golfi, dei luoghi e delle città sono inventati in quanto anche se
è un’opera ambientata alla fine del 1600 non vuole essere una ricostruzione
storica.
Con questo ho finito.
Buona lettura (spero)
La vittima
e il carnefice
Parte III
di Ise
Nello sfarzoso palazzo del sultano Yamahad
nonostante il sole fosse alto nel cielo ormai da parecchie ore c’era
assoluto silenzio, i servi si prendevano il meritato riposo dopo aver
passato la notte a pulire dai residui della festa, mentre il regnante e la
sua corte nelle loro stanze si riprendevano dai bagordi delle sera prima.
Tuttavia qualcuno di sveglio c’era ed infatti…
un giovane alto nella media con i capelli
neri, dal viso regolare e sincero dallo sguardo indagatore ed intelligente
continuava ad andare su e giù lungo l’anticamera del sultano in attesa di
essere ammesso nelle stanze private del padre.
Il ragazzo sembrava molto nervoso ed
impaziente, nei suoi occhi c’era dipinta una grande preoccupazione, così
quando la porta principale dell’appartamento reale si aprì lasciando uscire
uno schiavo, il principe non ascoltò quello che questi aveva da dire ma si
intrufolò direttamente all’interno sbattendo la porta dietro di se.
La stanza del sultano era arredata solo con
oggetti di altissima qualità, i mobili erano di legno pregiato ritagliati da
grandi artigiani, gli accessori di oro finissimo finemente ricamati da
pietre preziose, i cuscini, le tende e le coperte di seta pura.
Il re era adagiato sul grande letto vestito
con semplici abiti da camera e coperto da una leggerissima coperta, era
pensieroso ma quando vide il figlio gli sorrise e lo salutò con il capo.
Il figlio rispettosamente gli si inginocchiò
davanti e aspettò in quella posizione fino a quando con dolcezza il sultano
non lo fece alzare indicandogli di sedergli accanto.
Il figlio obbedì e calò il silenzio. Il
ragazzo sapeva che doveva aspettare l’ordine del padre prima di parlare,
quello era il protocollo.
Dopo alcuni minuti però Anzai si decise a dire
“Allora Yohei, cosa ti ha spinto a venire nella camera del tuo vecchio
padre? Cos’è che ti angustia?”
“Lo sa benissimo padre cosa c’è che non va,
dov’è Hanamichi?” chiese con voce tesa il moretto.
Il sultano distolse lo sguardo dal figlio
mentre diceva “Non lo so, sta notte ne lui ne Fujima sono venuti nelle mie
camere, li ho aspettati ma niente, qualcosa nel nostro piano deve essere
andato storto”
Yohei tirò un profondo respiro.
Quella mattina quando non aveva trovato
Hanamichi nella sua camera un brutto presentimento lo aveva assalito,
tuttavia la speranza che tutto fosse andato per il meglio, di trovarlo nella
camera di suo padre non lo aveva lasciato del tutto. Quando non lo aveva
scorto nella stanza aveva celato bene il suo disappunto, ma ancora sperava
in cuor suo che suo padre avesse qualche risposta, che lo avesse mandato a
farsi una passeggiata e invece… ora il suo castello di illusioni era
crollato.
Una smorfia di dolore attraversò il suo volto
mentre si prendeva la testa tra le mani.
Il sultano gli pose una mano sulla spalla per
fargli sentire la sua presenza e cominciò a spiegargli il resto delle cose
che sapeva “Visto che sta notte non l’ho visto, questa mattina molto presto
ho mandato uno dei miei schiavi a controllare la situazione. Nella stanza
che avevo affidato alla volpe dei ghiacci non ha trovato nessuno, il letto
non era stato usato e c’era una po’ di confusione solo su una sponda della
vasca” dopo si fermò un attimo e decise di omettere il ritrovamento di un
vassoio sfondato “Quando lo schiavo è tornato da me dicendomi queste cose,
ho deciso di mandarlo in giro a chiedere se qualcuno avesse notato qualcosa.
Uno dei servi della cucina ha giurato di aver visto il signorino Hanamichi
in compagnia di un colosso che lo stava trascinando fuori dal palazzo.
Questa voce poi è stata confermata da alcune persone che si trovavano al
porto, il nostro Hanamichi è stato portato a bordo della Seya”.
Yohei guardò il padre con occhi lucidi
chiedendo “E Kenji?”
“Anche lui è stato portato a bordo, credo che
per fedeltà abbia deciso di seguirlo”
“E adesso cosa succederà?” domandò il moretto
alzandosi dal letto del padre.
“Prima di mettere a punto questo piano, mi ero
informato sul comportamento abituale tenuto dal capitano Rukawa nei
confronti degli schiavi. Di solito li libera nello scalo successivo a quello
dove gli sono stati donati per cui ci sono buone speranze che faccia lo
stesso con Hanamichi e Kenji, però…”
“Però, cosa?” chiese frustrato Yohei.
“Non so esattamente come si siano svolte le
cose fra Hanamichi e il capitano, potrebbe essere successo di tutto e,
quindi, non posso prevedere con certezza cosa farà Rukawa”
“Di tutto, cosa?” il figlio voleva maggiori
dettagli.
“Per esempio se Hanamichi fosse stato beccato
nel momento del furto, potrebbe averlo portato a bordo per punirlo e,
quindi, può darsi che lo abbia già impiccato sull’albero maestro”
“No” disse in un urlo strozzato il moretto.
“Tuttavia sempre dalle informazioni che ho
preso sul capitano, mi hanno riferito che non è un uomo brutale per cui può
darsi che lo abbia solo messo in ceppi per decidere con calma cosa fare di
lui”
“Si, deve essere così, padre, lo sento
Hanamichi non può essere morto” disse il figlio riacquistando il controllo
di se.
“Poi, c’è un’altra faccenda da considerare”
disse il padre seriamente e guardando il vuoto davanti a se “ovvero la
strategia che Hanamichi doveva adottare per addolcire il capitano”
Yohei arrossì al pensiero “Cosa volete dire
con questo?”
“Che il nostro rossino potrebbe essere stato
costretto ad andare fino in fondo e, quindi,… Rukawa potrebbe aver deciso di
tenerselo come “giocattolo” da compagnia fino a quando non si stuferà di
lui, anche se questa opzione secondo le informazioni sarebbe da scartare. La
volpe dei ghiacci non ama legarsi e da quando è in Asia nessuno è conoscenza
di qualche sua relazione”
Solo il pensiero che la testa rossa fosse
andato a letto con qualcun altro fece gelare il sangue nelle vene di Yohei
che balbettando disse “Io non posso credere che Hanamichi non sia più v….”
non riusciva a finire la frase, aveva un blocco nel dire quella parola in
quel momento.
“E se fosse, cosa farai Yohei?”
“Lo perdonerò anche se sarà difficile, io gli
voglio bene, l’importante è che torni da me sano e salvo” si fermò per
riprendere un po’ di fiato e poi riprese “E a questo proposito noi cosa
faremo?”
“Niente Yohei, mi dispiace ma non possiamo
fare niente, nessuno deve sapere del suo fallimento altrimenti verrà
condannato a morte, nessuno deve sapere chi ha organizzato questo piano, se
tornerà dovrà riuscire a farlo da solo”
“Ma padre, noi dobbiamo fare qualcosa”
“E cosa? Metterci contro il nostro stesso
popolo, Hanamichi non è uno di noi, i suoi capelli ne sono la prova, se
fosse tutto andato per il meglio avremmo potuto proclamarlo salvatore della
patria e nessuno si sarebbe opposto a voi due, ma ora… se qualcuno dei
nostri nemici venisse a sapere tutto questo, lo userebbe per indebolire il
nostro potere e per il nostro regno sarebbe la fine. Mi dispiace Yohei ma è
meglio per tutti che tu lo consideri già morto, anche se tornasse con o
senza le pietre ormai niente cambierebbe, il nostro popolo vorrà delle
spiegazioni e tutti penserebbero che fra lui e Rukawa ci sia stato qualcosa
e nessuno accetterebbe uno sposo non vergine”
“E noi coloreremo la verità, padre, io non
posso rinunciare a lui”
“Yohei, lo so sarà difficile ma devi pensare
alle tue responsabilità, non puoi più fare quello che vuoi”
“No padre, posso accettare di non sposarlo se
lui non tornasse con le pietre perché lo avevo messo in preventivo ma se
dovesse tornare con esse allora lo sposerò e nessuno saprà come sono andate
le cose. Ci inventeremo qualcosa. Mi prometta questo”
Anzai vagliò l’ipotesi, era difficile che
Hanamihci tornasse con le pietre e non voleva far soffrire più del dovuto il
figlio per cui acconsentì.
Dopo di questo, Yohei si accomiatò dal padre
con una riverenza per dirigersi verso le sue stanze.
Il ragazzo non aveva nessuna intenzione di
obbedire a suo padre, non ci riusciva ad abbandonare Hanamichi. Ma cosa
poteva fare?
Doveva pensare a qualcosa che gli permettesse
di aiutare il suo rossino nonostante adesso si trovasse sulla Seya, un piano
geniale per farlo tornare a casa con le pietre in modo da poterlo fare
finalmente suo. L’ultimo pensiero gli fece venire in mente le allusioni del
padre in materia.
Scrollò la testa Hanamichi non poteva aver
fatto niente con quello stronzo del capitano Kaede Rukawa, gli aveva giurato
di amarlo e gli aveva detto che avrebbe tanto voluto che la sua prima volta
fosse stata con lui, quindi non poteva che essere ancora vergine. E se
l’altro lo avesse obbligato? Se Hanamichi non fosse stato più vergine? Non
cambiava nulla, nessuno sapeva la verità, bastava nasconderla per sempre e
far sparire tutti quelli che la conoscevano. Bastava che quando si sarebbero
di nuovo incontrati il rossino gli avesse chiesto scusa e lui l’avrebbe
perdonato. Quanto alla volpe l’avrebbe uccisa, Hana era suo e di nessun
altro e presto glielo avrebbe fatto capire.
Lui lo conosceva da più tempo da quando a
quattro anni il sultano lo aveva portato nel suo harem personale. Avevano
subito fatto amicizia ed erano diventati inseparabili. Insieme fuggivano di
nascosto da quella prigione che era l’harem per vedere il vero mondo
circostante, insieme disobbedivano alle regole del sultano che impedivano a
due persone di diverso ceto fare il bagno fra loro guizzando nudi insieme
nell’acqua, insieme crescevano felici e sereni. Era stato naturale
innamorarsi l’uno dell’altro, il benessere che provavano nello stare insieme
non poteva che essere quello amore.
Fu Yohei il primo a rendersi conto dell’entità
dei sentimenti che provava per Hanamichi, e da quel momento aveva in tutti i
modi con ottimi risultati tentato di allontanare il rossino da qualsiasi
forma di interesse che non avesse avuto a che fare con lui. Gli aveva
impedito obbligandolo a seguire con lui le noiose lezioni di alcuni
precettori di andare a giocare con i ragazzi del porto, gli aveva impedito
di uscire dall’harem facendolo scoprire da un guardiano mentre lo faceva. Se
fosse successo solo un anno dopo gli avrebbe impedito pure di tenere Kenji,
fortunatamente però Hanamichi considerava quel ragazzo solo come un amico
fedele. Durante l’adolescenza il rossino era stato molto volubile,
all’interno dell’harem si prendeva una cotta dietro l’altra, si invaghiva di
chiunque avesse avuto due braccia e due gambe, delle sue sorelle, delle
nutrici, addirittura delle guardie ma lui era stato furbo, gli era stato
accanto come amico e con diplomazia gli aveva dato sempre dei consigli
sbagliati, e così puntualmente ogni volta veniva rifiutato e lui poteva
consolarlo in qualche modo. La cotto più dura da superare era stata quella
per sua cugina Haruko, alla fine per liberarsene era stato costretto a
consigliare suo padre di farla sposare con un vecchio sceicco per sancire
un’alleanza, il sultano aveva accettato e lui aveva vinto anche quella
volta. Forse gli aveva tappato le ali, ma quando aveva scoperto che la testa
rossa gli voleva bene aveva capito che ne era valsa pena visto che i suoi
sforzi di allontanarlo da tutto e da tutti gli avevano fatto conquistare il
premio più grande ovvero il cuore del suo amato.
Certo sapeva che il colore dei capelli di
Hanamichi, segno incancellabile delle sue origini straniere sarebbero stati
un problema non di poco conto. La testa rossa era così ingenua da credere
alla storia di suo padre sul suo passato, credeva sul serio di essere un
arabo ma Yohei non era così ottuso aveva capito subito che il sultano
nascondeva qualcosa e quando gli aveva raccontato la verità aveva pure
capito che era meglio lasciare il suo rossino nell'ignoranza se non voleva
perderlo.
Parlare con suo padre di
quello che provava per Hanamichi quindi non fu per niente facile, ma la sua
reazione lo sorprese. Non era sconvolto solo rattristato per i due giovani
uniti da un amore impossibile, nessuno avrebbe accettato quello che li
legava. Il sultano gli fece promettere puntando sulle responsabilità che non
avrebbe mai abusato del rossino e lui aveva mantenuto la parola. Gli unici
gesti d'amore con Hana infatti erano stati qualche carezza e qualche bacio a
fior di labbra, nulla più.
Poi sei mesi fa c'era stata la notizia sulle
pietre, il piano di suo padre per far accettare Hanamichi, la speranza di
poter finalmente coronare il suo sogno d'amore e ora questo. Maledizione.
Non poteva permettere che finisse tutto così, non dopo gli sforzi fatti, non
dopo essere stato così vicino all'obiettivo. Hanamichi era di sicuro ancora
vivo, era suo e sarebbe andato a riprenderselo. Per prima cosa doveva
trovare un punto debole del capitano Rukawa, doveva indagare non come aveva
fatto suo padre ovvero lavorando sulla superficie ma andando in profondità.
Doveva trovare qualcuno che lo conoscesse bene, che sapesse dove era il suo
ritrovo, quale era il suo obiettivo adesso.
Yohei arrivò davanti alla porta delle sue
stanze, ma non vi entrò. Una nuova luce aveva illuminato il suo sguardo, ora
sapeva come comportarsi per cui girò a destra e andò nella stanza delle sue
guardie.
Nella sala c'erano solo tre uomini, uno era
moro con dei ridicoli baffetti, uno era riccio biondo e l'altro aveva i
capelli corti neri ed era molto grasso. Rispondevano al nome rispettivamente
di Noma, Ukusu e Takamiya. Erano dei taglia gola della peggior risma,
indisciplinati, non si tiravano mai indietro se c'era da menare le mani però
erano anche molto fedeli nei confronti del loro signore e di questo Yohei ne
era cosciente e, quindi, erano gli uomini di cui aveva bisogno.
Yohei entrò nella sala e i tre alzarono la
testa, però non si alzarono dal tavolo in cui stavano seduti giocando
d'azzardo e bevendo vino si limitarono ad un gesto del capo come saluto. Il
figlio del sultano era ormai abituato a quel comportamento non consono per
cui non ci fece molto caso, tuttavia aveva bisogno della loro totale
attenzione.
Si avvicinò a loro e con una mossa decisa
rovesciò il tavolo facendo cadere ciò che conteneva dicendo le uniche parole
in grado di tranquillizzarli dopo una cosa del genere “Ragazzi, ci sarà da
divertirsi”
I tre lo fissarono prima infuriati e poi
curiosi.
Fu Noma a chiedere spiegazioni “Come? Quando?
Perché?”
Yohei disse “Quello che ho da dirvi deve
rimanere fra noi, nessuno lo devo sapere neanche mio padre. Siamo intesi"
“Sai che puoi fidarti di noi, non ti tradiremo
mai. Sei tu l’unico nostro signore” disse fra il serio e l’ironico Ukusu.
Ma conoscendoli Yohei capì che era sincero, e
quindi cominciò a raccontare quello che era successo ad Hanamichi.
Quando ebbe finito i tre erano molto
arrabbiati, anche loro erano molto legati al rossino e nonostante si
sfottessero spesso a vicenda lo consideravano il loro miglior amico per cui
pur di liberarlo erano disposti a fare qualsiasi cosa.
“Hai già qualche idea su come precedere?”
chiese Noma.
“Si, vorrei che voi andaste nelle città lungo
la costa sia della penisola che del continente e tentaste di ricavare più
informazioni possibile su la volpe dei ghiacci, devono essere notizie
dettagliate e piene di particolari, cercate persone scappate ai suoi
saccheggi, superstiti alle sue azioni brade, amanti anche se dicono non ne
abbia mai avuto, persone che l’hanno visto anche solo di sfuggita, insomma
non lasciate niente di intentato. Voglio sapere tutto di lui in modo da
poter individuare dove sia il suo covo, dove va a rifugiarsi, dove potrebbe
tenere Hanamichi” disse tutto d’uno fiato Yohei.
“E dopo cosa ha intenzione di fare?” disse
Takamiya.
“Bhe per ora non lo so, al vostro ritorno
tenteremo di organizzare un piano d’azione, sempre che voi riusciate a
ricavare qualcosa dalla gente che troverete”
“Non ti preoccupare, se c’è qualcosa da
scoprire, la scopriremo, siamo gli uomini giusti per questo incarico” disse
Noma con un tono selvaggio.
“E’ quello che spero” disse Yohei “Quando
avete intenzione di partire?” sapeva per esperienza personale che era meglio
lasciar gestire a loro la spedizione invece di ordinare subito qualcosa di
diretto, sarebbe stato controproducente.
“Non appena avremo finito di prepararci ovvero
fra un paio d’ore” disse Noma.
“Mi sembra di capire che non ci sia un minuto
da perdere, non voglio lasciare Hanamichi per troppo tempo in mano a quell’individuo,
speriamo solo che non l’abbia già ucciso” disse Ukusu.
Yohei disse con sguardo un po’ perso ma con
voce decisa “E’ un’eventualità che per il momento non voglio affrontare,
comunque se dovesse essere così giuro su quello che ho di più caro al mondo
che la volpe dei ghiacci se ne pentirà molto presto”
“Bene. Vedo che non ti stai lasciando
abbattere. E’ questo lo spirito giusto” disse Noma.
“Allora andiamo” disse Takamiya impaziente ed
incamminandosi seguito dagli altri due “Che ne dite di scommettere su chi
troverà delle informazioni utili per primo?” continuò poi sulla porta
confermando la sua fama di scommettitore incallito.
Gli altri due cominciarono a ridere dandogli
corda e si allontanarono.
Quando se ne furono andati, anche Yohei uscì
dalla porta e si diresse nelle sue stanze. Ora non poteva far altro che
aspettare.
* * *
Nel frattempo in un’altra zona del litorale
asiatico, in un’insenatura naturale dell’attuale Saltanat Uman e
specificatamente nel palazzo situato nella capitale del regno Sultani c’era
gran fermento. Il sultano Mohamed dopo aver ricevuto il dispaccio di una
spia proveniente dal regno di Yamahad aveva mandato subito a chiamare il suo
uomo più fidato e ora lo aspettava mal celando una certa ansia. Comunque non
dovette attendere molto perché nel giro di pochi minuti …
un giovane uomo corpulento, dalla carnagione
scura, capelli castani e dal portamento risoluto entrò nella stanza
inchinandosi davanti al suo signore.
Il sovrano Takato si alzò dal giaciglio dove
era stato seduto fino a quel momento, fece segno al ragazzo di alzarsi e con
un gesto imperioso della testa fece capire a tutti i presenti nella sala di
uscire.
Quando rimasero da
soli Takato cominciò a parlare “Mio caro Maki, ho ricevuto questo messaggio
da una delle nostre spie che si trovano nel territorio di Assan” e gli porse
una pergamena.
Shinici Maki prese il foglio e lo lesse con
attenzione. Erano poche righe e diceva semplicemente:
Ieri sera il capitano Kaede Rukawa era alla
festa del sultano Anzai e sta mattina all’alba ha preso il largo per
destinazione sconosciuta. Il pupillo di Anzai Hanamichi gli è stato donato
come schiavo ed è stato portato a bordo in compagnia del suo servo preferito
Dopo aver letto Shinici chiese “Tutto qui?”
“Si, il mittente non ha dato ulteriori
ragguagli immagino non ne avesse e ora li starà cercando. Ma tu cosa ne
pensi?” disse il sovrano teso.
“Potrebbe significare tante cose” disse Maki
pensieroso “Ma la più logica è che Anzai e la volpe dei ghiacci abbiano
fatto un accordo per un qualche motivo e per sancirlo e per non renderlo
pubblico il sultano abbia mandato il suo pupillo come uno schiavo a bordo
della nave del capitano per ricordarglielo”
“E sempre seguendo la logica quale sarebbe il
motivo più plausibile?” chiese Takato fissando l’altro negli occhi.
“Visto che ultimamente lei sultano si è
espanso moltissimo nel territorio a discapito di Anzai, penso che indebolire
il nostro popolo sia il motivo più consono. Avrà offerto a Rukawa un ricco
compenso e l’altro essendo va bene un corsaro inglese ma soprattutto uno
sporco pirata si sarà venduto” disse Maki con un espressione di disgusto sul
volto.
“E’ la stessa identica cosa a cui ho pensato
anch’io quando ho letto il dispaccio ed è per questo che ti ho mandato
subito a chiamare” disse il sultano sedendosi di nuovo fra i cuscini del suo
giaciglio.
Maki gli si fece a
fianco e con apprensione chiese “Come ha intenzione di comportarsi?”
“Non sappiamo con certezza la verità per cui
non possiamo che attendere la prossima mossa di Anzai e Rukawa. Tuttavia è
meglio essere pronti ad ogni eventualità visto che la prudenza non è mai
troppa, per prima cosa metterò in allarme l’esercito” disse Takato serio in
volto.
Maki acconsentì ad ogni parola con il capo,
era d’accordo con quanto detto dal suo sovrano.
Poi, Takato si girò verso di lui dicendo “Maki
qui nella capitale per il momento non mi serve il tuo aiuto, ho bisogno di
un piacere personale altrove”
“Mi dica signore sono al suo servizio per ogni
cosa” disse Maki accompagnando le parole con un lieve gesto del capo.
“Il mio ultimogenito sta tornando a casa dal
suo viaggio di formazione all’estero, adesso è in mare aperto visto che la
sua nave è partita dal golfo di Abuda una settimana fa e dovrebbe arrivare
qui fra due settimane. Ora potrebbe essere un’inutile preoccupazione di un
padre legato un po’ troppo ai propri figli ma vista la situazione vorrei che
tu andassi incontro alla nave del principe” disse Takato con calma.
Nel sentir parlare dell’ultimogenito del
sultano, Maki sentì una morsa formarsi sull’imboccatura dello stomaco
tuttavia impassibile riuscì a dire “Fa bene a preoccuparsi, predisporrò
tutto quanto in modo da poter partire domani all’alba”
“Grazie Shinici, mi
raccomando però, nessuno deve sapere quello che ci siamo detti e il vero
motivo del tuo viaggio”
“Sarò muto con un pesce, signore, e il viaggio
per tutti rientrerà in una delle mie solite missioni di perlustrazione”
decretò Maki, poi dopo un attimo di silenzio proseguì “E ora se non ha più
niente da dirmi io andrei a prepararmi”
“Certo, vai pure Shinici, ci vediamo al tuo
ritorno” disse il sultano sollevando la mano a mo’ di saluto.
Maki gli si inchinò davanti salutando “Ci
vedremo al mio ritorno”, poi batté i piedi e uscì dalla stanza.
Shinici attraversò vari corridoi con passo
deciso per uscire dal palazzo, la sua prossima tappa era il porto doveva
dare ordine ai suoi marinai di preparare la nave per la partenza imminente
insaccando provviste e armi.
La gente che
incrociava lo guardavano con un misto di ammirazione e sospetto.
L'ammirazione per la sua bravura, il sospetto per il fatto che era un
mezzosangue.
Già lui era il figlio di un mercante francese
trasferitosi per fare fortuna in quella zona del mondo. Purtroppo però gli
affari per suo padre andarono male e sia lui che sua madre, un indigena del
posto, morirono, costringendo Shinici ancora bambino a diventare un
mercenario per sopravvivere.
Subito si mise in luce per la sua abilità e
per la sua temerarietà divenendo ben presto il capitano di una nave. Offriva
i suo servigi a chiunque avesse avuto abbastanza soldi per pagarlo fino a
quando quattro anni fa non era arrivato nel regno Sultani. Era entrato
subito nei favori di Takato e missione dopo missione, buttandosi con
successo su imprese ritenute impossibili aveva aumentato il suo potere a
corte. Fu lo stesso sultano a chiedergli di rimanere per sempre al suo
fianco e lui aveva accettato, in fin dei conti era diventato mercenario per
necessità, in verità non desiderava altro che un luogo da chiamare casa e
finalmente l’aveva trovato. Nel primo periodo si ritrovò più di una volta a
ringraziare sua madre per la sua educazione prettamente araba, i nobili del
regno si divertivano a creare tranelli per far emergere il suo lato europeo
in modo da metterlo in ridicolo agli occhi di Takato però lui non si era
lasciato ingannare e glieli aveva rivoltati puntualmente contro. Era un
mezzo sangue ma la sua mentalità era araba, aveva solo un po’ di sangue
europeo, suo padre non gli aveva mai parlato delle sue origini voleva che
fosse figlio della terra in cui era nato.
L’unica caratteristica francese che aveva era
un odio viscerale per gli inglese, ma nessuno gliene faceva un torto perché
anche la gente di Sultani non li amava particolarmente ed era per questo che
prima tutto sommato aveva accolto con gioia la possibilità di dover
affrontare la volpe dei ghiacci. Rukawa era un corsaro pirata inglese
entrato a patti con un sultano avversario, Maki un ex mercenario francese
ora al soldo di un sultano arabo e quindi non potevano che essere nemici
naturali. Shinici amava le sfide e questa si prospettava interessante vista
la fama della volpe, metterla in gabbia sarebbe stato il suo prossimo
obiettivo e non dubitava di riuscirci perché lui era il migliore. Tuttavia
sperava in cuor suo di avere più tempo per organizzarsi e che soprattutto in
quella storia non ne finisse in mezzo il figlio minore del sultano.
Un sorriso si formò sulle labbra di Maki
mentre pensava a quella piccola peste, erano due anni che non lo vedeva,
chissà come era diventato. Appena arrivato gli si era affezionato subito,
era impossibile non lasciarsi trascinare dalla sua vitalità e a non volergli
bene. Si ricordava che ogni scusa era buona al principe per rimanergli
appiccicato. Voleva andare con lui ovunque e se suo padre glielo impediva
cominciava a sbraitare fino a quando il sultano esasperato non lo faceva
trascinare nell’harem a forza. Quell’ossessione del ragazzo per lui non
poteva passare inosservata ed era mal vista da tutti, così due anni fa
Takato aveva deciso di allontanare il figlio con la scusa di un viaggio in
cui avrebbe imparato molte cose. Il giorno prima della partenza fu molto
triste per entrambi, Maki si era reso conto di volergli bene sul serio ma
sapeva che il sovrano aveva preso la decisione giusta, per loro non c’era
futuro per cui al momento del saluto lo aveva trattato bruscamente facendolo
scappare in lacrime. Da quel momento non si erano più visti e ora tornava.
Chissà se era ancora il ragazzo esuberante e un po’ megalomane che si
ricordava o era cambiato. Chissà se si era fatto ancora più carino. Chissà
come si sarebbe comportato rivedendolo dopo quello che era successo. Chissà
come sarebbe stato rivederlo dopo tanto tempo.
Una fitta di
malinconia lo invase ma la scacciò via, non poteva permettersela, non ora.
Non poteva avere attimi di indecisione o sconforto la vita del principe
poteva essere in pericolo visto che nessuno sapeva il primo obiettivo della
volpe dei ghiacci e, quindi, doveva raggiungerlo il prima possibile per
accertarsi delle sue condizioni e per proteggerlo se necessario.
Maledisse mentalmente il tempo che ci sarebbe
voluto a raggiungerlo, in quella settimana poteva accadere di tutto e
purtroppo Rukawa se prendeva le rotte giuste aveva già un grosso vantaggio
su di lui. Però il viaggio di ritorno del principe doveva essere segreto
visto che neanche Maki ne era a conoscenza prima di quel pomeriggio,
seguendo la tradizione di Sultani infatti i figli del sultano viaggiavano
sempre in incognito, per cui era impossibile che la volpe sapesse la rotta
con precisione almeno che non avesse avuto qualche spia a bordo, forse dopo
tutto si stava preoccupando per niente eppure aveva un brutto presentimento.
Allontanò da se pure questo, lui non era il
tipo da credere in stupide sensazioni era un tipo pratico.
Arrivò alla nave agitato e diede ordine ai
suoi uomini di predisporre la partenza mentre lui andava nella sua cabina a
fissare una rotta di intercettazione con la nave del principe seguendo il
suo istinto visto le poche informazioni che aveva avuto dal sultano.
Mentre decideva la rotta, il suo cuore si
faceva più sicuro. Lui non aveva mai sbagliato e di sicuro non lo avrebbe
fatto ora che rischiava di perdere una cosa a cui teneva molto. Tuttavia una
vocina dentro di se che non riusciva a spiegare e che non aveva mai sentito
continuava a fargli presagire il peggio nonostante i suoi sforzi di non
darle rette.
* * *
Nella Seya erano già passati tre giorni dalla
violenza protratta dal capitano ad Hanamichi e …
____________________ *
_____________________
Delle voci provenienti da dietro la porta che
conduceva al tetto della scuola fecero sobbalzare Hanamichi e Kaede
interrompendo la loro lettura. Istintivamente si alzarono in piedi cercando
con gli occhi un luogo dove nascondersi, sarebbe stato imbarazzante farsi
beccare insieme mentre leggevano un libro visto i loro precedenti.
Stavano per andare
verso il retro della piccola costruzione che faceva da sgabuzzino situata
proprio al centro del tetto, quando sentirono le voci allontanarsi dalla
porta senza provare ad aprirla, i proprietari dovevano aver cambiato idea.
Tirando un sospiro di sollievo si sedettero di
nuovo sul pavimento, si guardarono un attimo negli occhi in segno di intesa
e poi il loro sguardo finì nuovamente sulle scritte del libro ricominciando
a leggere.
FINE 3° CAPITOLO
Hana e Kaede sono girati di spalle offesi
Ise: Su dai non ve la sarete presa perché in
questo capitolo non siete apparsi
Hana: Certo che si, ci hai tradito
Ise: Non è vero ho solo deciso di creare un
capitolo di intermezzo alle vostre vicissitudini introducendo nuovi
personaggi.
Kaede: Davvero? Io non sono così convinto.
Cosa centrano Maki e Mito?
Ise: Servono per complicare la storia.
Hana: Perché non bastavano i personaggi già
introdotti?
Ise: No, non bastavano e se avrete pazienza
scoprirete perché
Hana e Kaede poco convinti: Per il momento ti
crediamo ma nel prossimo capitolo devi prometterci che torneremo noi.
Ise: Va bene.
L’ANGOLO DI ISE
Su questo capitolo
non ho niente da aggiungere, vengono introdotti Maki e Yohei che come
personaggi saranno molto utili nel proseguo della storia e basta.
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