DISCLAMERS: Hana e Ru non sono miei come del resto gli altri personaggi di Slam Dunk, io ho chiesto a mia madre se potevamo adottarli ma lei non ha voluto, ha detto che abbiamo già troppi seccatori per casa.

SPECIAL THANKS: Questo capitolo è dedicato a Saya (visto il buon esisto del suo esame) a cui ho dato l’opzione di decidere quale fic avrei dovuto continuare per prima e a Neko per avermi aiutato a sbloccare la situazione anche se in maniera indiretta.

NOTE: 1. Nel prologo abbiamo lasciato Hana e Ru intenti alla lettura di un libro, adesso i nostri eroi si troveranno sbalzati tramite la loro fantasia all’interno del racconto sostituendosi ai veri protagonisti. Questo implica due cose:

1.       I loro caratteri potrebbero subire delle modifiche;

2.       La forza di Hana è ridotta in quanto si immedesima in una donna.

NOTE: 2. Un altro appunto da fare prima della lettura è questo:

-          in corsivo ci sono le “vere” parti del libro;

-          in stampatello la storia come la vivono Hana e Ru.

NOTE 3: I nomi dei golfi, dei luoghi e delle città sono inventati in quanto anche se è un’opera ambientata alla fine del 1600 non vuole essere una ricostruzione storica.

Con questo ho finito. Buona lettura (spero)

  


La vittima e il carnefice

Parte I

di Ise


 

15 luglio 1687. Il vento soffiava leggero fra le navi ancorate nel golfo di Assan situato nella piccola penisola di Yumei nell’attuale Al-Yaman. Il sole in declino sembrava immergersi nel mare donando all’acqua degli splendidi riflessi dorati. I piccoli pescherecci stavano tornando al porto dal mare aperto per non essere sorpresi al buio in quelle acque difficili da navigare e frequentate dai pirati. Nella terra ferma, la gente era in fermento perché quella sera al palazzo del sultano Yamahad si sarebbe tenuta la festa del ringraziamento e la voce diffusa che vi avrebbero preso parte anche degli infedeli aveva incrementato la curiosità delle persone. Nel frattempo in una piccola stanza del grande e ricco palazzo…

 

tre uomini stavano confabulando in gran segreto di qualcosa di molto importante.

 

Uno era un signore distinto sulla sessantina vestito sfarzosamente, ben pasciuto e dai capelli bianchi. Gli altri due invece erano molto più giovani, arrivavano a malapena sulla ventina. Il più alto era circa un metro e novanta, aveva una bella carnagione ambrata e dei straordinari capelli rossi. Il più basso, invece, era sul metro e settanta aveva dei lineamenti delicati e i capelli castani, stava un po’ in disparte e aveva un atteggiamento servile. Entrambi erano vestiti semplicemente e con pochi ornamenti.

 

Ad un tratto l'uomo più anziano disse "Avete capito quello che vi ho detto, questa è la nostra ultima occasione"

 

"Si, sultano Anzai porterò a termine la missione e sarò degno di entrare a far parte della sua famiglia" disse il rossino con un inchino.

 

“Allora mi fido di te Hanamichi e possiamo dare il via al nostro piano” disse Anzai poggiando la sua mano sulla spalla del giovane, poi senza più dire niente e con un semplice gesto del capo per commiato se ne andò.

 

Appena il sultano chiuse la porta, Hanamichi emise un sospiro di sollievo e si sedette sul pavimento incrociando le gambe per tentare di calmarsi un po’ in vista di quello che doveva fare.

 

L’altro ragazzo che era rimasto sulla stanza lo lasciò fare per una decina di minuti. Dopo però gli si avvicinò e con apprensione gli chiese “Signor Hanamichi, è sicuro che andrà tutto bene?”

 

Il rossino sorrise allegramente mentre rispondeva “Kenji non ti preoccupare, ti ricordo che stai parlando con un genio, non c’è nulla che io non sappia fare, piuttosto vai a prendere il sonnifero è giunto il momento che mi prepari”.

 

“Si, signore” e il castano uscì dalla stanza.

 

*     *     *

 

La festa del ringraziamento era appena iniziata e gli occhi di tutti gli invitati erano puntati sui tre stranieri che sedevano al tavolo del sultano. La loro nave era arrivata in porto quella mattina e subito Anzai aveva mandato dei messaggeri a invitarli. La fama del capitano Kaede volpe dei ghiacci Rukawa era giunta in quel posto molto velocemente, le sue imprese come corsaro della corona inglese molto spesso sfioravano la leggenda, il suo nome veniva sempre nominato con rispetto, ma nessuno poteva immaginare che fosse anche così bello e giovane. E adesso invece era li seduto al tavolo delle persone più importanti della città, il suo volto alabastrino era impassibile e guardava tutti con estrema freddezza.

 

Accanto a lui c’erano i suoi luogotenenti ovvero un ragazzo dalla strana capigliatura e dal sorriso disarmante che rispondeva al nome di Akira Sendo soprannominato anche Sorriso fatale perché nessuno che lo aveva affrontato con la spada era sopravvissuto e un ragazzo altissimo, snello ma muscoloso con gli occhiali che si chiamava Toru Signore della morte quattrocchi, imbattibile con la pistola.

 

Il più gioviale sembrava Akira, il quale tentava di colloquiare con tutti i commensali e soprattutto di coinvolgere i suoi due compagni. Con Hanagata ci riusciva bene in quanto se si trovava un argomento che gli piaceva, lo spilungone che stava di solito sempre sulle sue, si apriva parecchio. Con il loro capitano, invece, non c’era verso parlava solo se personalmente interpellato e a monosillabi.

 

Passò un’ora e il capitano Rukawa sembrava che stesse per addormentarsi da un momento all’altro. Sendo lo notò e con aria annoiata disse “Che noia, non ne posso più potrebbero movimentarla sta festa”.

 

Stranamente fu proprio il capitano a rispondergli nascondendo con la mano sinistra un sbadiglio “Lo so signor Sendo che se fosse a bordo della Seya avrebbe attività più redditizie a cui dedicarsi”.

 

Akira allargò il suo perenne sorriso mentre diceva “Bhe, si fa quello che si può”

 

“Si, soprattutto quando si riesce a stare insieme in privato con una persona che noi tutti conosciamo” s’intromise Toru.

 

“Che volete che vi dica, dovreste farvelo anche voi un ragazzo” ridacchiò Sendo.

 

La “piacevole” conversazione venne interrotta da una musica celestiale e dalla voce del sultano Anzai che annunciava l’inizio delle danze.

 

All’improvviso in mezzo alla sala apparve un giovane molto muscoloso e alto, ricoperto solo da alcuni veli colorati che nascondevano le parti più intime, il volto e i capelli.

 

Il ragazzo cominciò a muoversi sinuosamente al ritmo della musica, le sue gambe compivano delle vere prodezze mentre si adagiava a terra con grazia felina. Con lentezza inesorabile si avvicinava agli stranieri, lanciando sguardi languidi al capitano. Quando fu abbastanza vicino fece loro un inchino carico di sensualità, purtroppo però mise un piede in fallo e cadde finendo in braccio al capitano. La sua mano destra finì in mezzo alle gambe dell’altro scatenando l’ilarità di Sendo.

 

Il ragazzo riuscì in qualche modo a rialzarsi in piedi e contrito cominciò a scusarsi mentre nella sala la voce possente di Anzai diceva “Mi scuso capitano Rukawa per l’incidente, le prometto che il ballerino verrà punito come merita”.

 

“E cioè?” chiese Sendo curioso smettendo di ridere.

 

“Come minimo le sue mani verranno tagliate dato che sono ree di aver toccato la vostra persona” disse il sultano in modo solenne.

 

“Trovo tutto ciò al quanto esagerato” disse Hanagata.

 

“E’ la legge” decretò Anzai.

 

Proprio allora si intromise  nella discussione Rukawa, con voce calma e impersonale disse “E’ uno schiavo, vero? Allora se non mi sbaglio secondo la vostra legge tocca a me punirlo visto che sono stato io ha subire l’oltraggio”

 

“Certo signore ma…” provò a dire il sultano.

 

“Nessun ma” fu la laconica risposta di Kaede, poi fissò il giovane spaurito davanti a lui, i veli che aveva sui capelli si erano leggermente spostati lasciando intravedere delle ciocche rosse. Subito pensò –Impossibile un arabo non dovrebbe avere i capelli di quel colore- Sorrise impercettibilmente  e ormai incuriosito disse “Allora sultano Anzai me lo ceda, d’ora in poi sarà il mio schiavo”

 

Anzai riuscì a nascondere bene un ghigno soddisfatto mentre affermava “Se questo è quello che vuole, allora così sia”.

 

Proprio in quel momento una strana luce di sfida attraversò gli occhi del ballerino che teneva ancora la testa rivolta verso il basso in segno di umiltà.

 

Alla fine della festa il sultano aveva insistito affinché il capitano Rukawa accettasse una stanza nel palazzo per riposarsi in vista della partenza fissata nelle prime ore del giorno dopo. Quel porto infatti era solo una tappa intermedia alla vera destinazione della Seya che era assolutamente segreta.

 

Kaede aveva acconsentito e ora si stava rilassando nella grande piscina posta in mezzo alla sala caratteristica delle camere arabe.

 

Il profumo dei fiori immersi nell’acqua e il suo calore stavano sortendo l’effetto desiderato e la volpe stava per addormentarsi, quando dalla tenda che faceva da porta entrò il ballerino.

 

Il suo volto e i suoi capelli stavolta erano alla scoperto e Rukawa non poté fare a meno di pensare che l’insieme era piacevole.

 

Il ragazzo si inchinò rimanendo ad una certa distanza e con voce rispettosa disse “Signore, adesso sono il suo umile schiavo, cosa posso fare per lei?”

 

“Come ti chiami?” gli chiese la volpe dei ghiacci.

 

“Hanamichi Sakuragi” rispose sollevando fieramente la testa in una mossa che contrastava con l’umiltà dello schiavo.

 

Rukawa lo fissò intensamente con i suoi profondi occhi blu mentre diceva “Ho voluto che il sultano ti regalasse a me solo per soddisfare una mia curiosità in santa pace ma effettivamente non so cosa farmene di uno schiavo. Dimmi i tuoi capelli sono rossi naturali?”

 

“Si, signore sono così dalla nascita” disse Hanamichi tentando di controllare la voce, i suoi capelli erano un tasto dolente per lui perché in quella zona erano unici e molti lo prendevano in giro a causa di loro.

 

“Allora tu non puoi essere un vero arabo, sei di origine europee?” indagò Kaede.

 

“No, signore i miei genitori erano entrambi arabi”

 

“Sei sicuro?”

 

“Si, signore” e infatti era così o almeno questo era quello che lui credeva, nonostante il colore dei suoi capelli sua madre e sua padre erano stati due condottieri molto amati dal popolo nella guerra di dieci anni fa e quando erano morti il sultano Anzai, amico di famiglia, lo aveva preso con se e allevato come fosse suo figlio.

 

“Capisco, pensavo qualcosa di più interessante ma in verità la tua storia è alquanto noiosa, era meglio se ti lasciavo al sultano, ora puoi andare deciderò domani cosa farmene di te” disse indispettito il capitano.

 

“Come signore non c’è niente che io possa fare per lei?” disse Hanamichi reticente ad andarsene.

 

La volpe sbadigliò seccata ma comunque chiese “Cosa sai fare?”

 

Il rossino si avvicinò al capitano, si posizionò dietro la schiena, gli pose le mani sulle spalle e cominciando a massaggiargliele disse “Mi hanno insegnato a compiacere il mio signore in tutti i modi possibili”. Aveva usato nel dire quelle parole un tono talmente sensuale da far capire facilmente a Rukawa cosa intendesse con tutti i modi.

 

Kaede si girò verso lo schiavo dicendo “Mi dispiace, ma non mi interessa”.

 

Il rossino però non si diede per vinto, si gettò in acqua ancora vestito e abbracciò con forza il moretto poggiando le sue labbra su quelle dell’altro.

 

Kaede riuscì in modo brusco a staccarlo da se e con voce alterata disse “Senti non farmi arrabbiare, ho detto che non mi va, sei il mio schiavo per cui obbediscimi o devo punirti”.

 

Lo schiavo abbassò gli occhi e tristemente disse “Signore lei domani parte, cosa ne sarà di me? Pensavo di rendermi utile anche a bordo della nave”.

 

Poi, allungò la mano e toccò la virilità nuda del giovane capitano e languidamente disse “Sa sono addestrato nell’arte dell’amore, ma sono ancora vergine, può insegnarmi quello che le piace e io lo farò”.

 

Dopo si avventò nuovamente su Rukawa e ripremette le labbra su quelle dell’altro, schiacciandolo contro il bordo della piscina. Intanto con una delle mani cominciò a togliere i suo indumenti bagnati mentre con l’altra accarezzava il membro di Rukawa che si stava gonfiando.

 

Tuttavia il capitano sembrava non demordere, nonostante i suoi sensi venissero attraversati da un piacere sublime non voleva cedere a quell’impudente schiavo. Le sue labbra rimanevano serrate, anche se Hanamichi tentava in tutti i modi di impossessarsene stuzzicandole con la lingua. Il rossino era esasperato, possibile che l’uomo che aveva davanti fosse sul serio incapace di provare la ben che minima emozione, non poteva crederci, era sicuro che stesse godendo del lavoro della sua mano sul suo membro e allora perché non si lasciava andare. Stava quasi per decidersi a cambiare strategia quando Rukawa lo afferrò per i capelli e strattonandolo lo staccò dalle sue labbra. Il volto di Hanamichi venne attraversato da una smorfia di dolore, ma non ebbe tempo di fare nient’altro.

 

Kaede sempre con volto impassibile e sguardo impenetrabile lo spogliò velocemente degli ultimi indumenti che aveva indosso, poi lo strinse a se con forza in modo da far entrare in contatto le loro virilità e lo baciò insinuando la lingua nella sua bocca con rabbia.

 

Hanamichi era praticamente seduto sull’altro, sentiva l’erezione della volpe sul suo interno coscia e la sua pulsare vorticosamente, sentiva le mani di Rukawa accarezzare la sua schiena fino a soffermarsi sui glutei, sentiva la lingua di Kaede esplorare la sua bocca, duellare con la sua, inoltre l’acqua che gli sfiorava il corpo lo rendeva più sensibile. Stava perdendo il controllo della situazione e non poteva permetterselo.

 

Con un gesto disperato prima di cadere completamente vittima delle sue stesse emozioni, riuscì a trovare un minimo di lucidità e separando le labbra per respirare disse “Signore che ne dice di un bicchiere di vino per rendere ancora più inebriante questa nostra nottata”.

 

L’espressione sul volto del volpino era rimasta indecifrabile nonostante la passione che li aveva assaliti, comunque acconsentì con il capo alla richiesta. L’intraprendenza e la tenacia di quello schiavo lo avevano colpito e ormai si era convinto ad andare fino in fondo, lasciarsi andare ogni tanto non gli avrebbe fatto male e visto che quel ragazzo era il suo tipo non poteva chiedere di meglio.

 

Domani prima di andarsene si sarebbe liberato dell’impiccio, forse gli avrebbe donato la libertà. L’unica cosa certa era che non se lo sarebbe portato dietro, non aveva nessuna intenzione di legarsi a qualcuno, la sua era una vita pericolosa e non voleva nessuno che piangesse per la sua morte.

 

Hanamichi uscì dalla piscina e prese in mano la caraffa con il vino, lo versò in due bicchieri e tentando di non farsi notare aprì l’apertura dell’anello che aveva al dito lasciando cadere il contenuto in uno dei bicchieri che dopo consegnò con un sorriso a Rukawa.

 

Il capitano annusò quel nettare degli dei per alcuni secondi con gli occhi chiusi, poi se lo portò alle labbra e ne bevve una paio di sorsi senza però ingoiarlo, sembrava lo stesse degustando.

 

Il rossino nel frattempo ancora fuori dall’acqua beveva dal suo bicchiere, i suoi occhi emanavano soddisfazione e con una mano toccava i capelli del moretto come per tranquillizzarlo.

 

Quello che successe dopo fu improvviso, Kaede sputò in faccia al rosso il vino, il quale colto dalla sorpresa non riuscì a reagire in nessun modo. Nel giro di pochi secondi Hanamichi si trovò schiacciato sotto il corpo caldo di Kaede, le mani bloccate sopra la testa dalla presa ferrea delle mani dell’altro.

 

Kaede lo guardò con occhi lampeggianti e con voce secca e tagliente disse “Mio caro hai sbagliato i tuoi conti, io ho sviluppato così tanto il mio odorato da saper riconoscere le polveri soporifere e velenose di queste terre in pochi istanti. Chi ti ha dato l’ordine di buttarmi il sonnifero nel vino? Cosa vuoi da me?”

 

Hanamichi tentò di sdrammatizzare dicendo “Non so di cosa sta parlando, io sono soltanto uno schiavo”

 

“Ah no” disse il moretto stringendo ancora di più la presa e provocando un grido nel rossino “Vuol dire che se io ti dessi da bere dal mio bicchiere non ti addormenteresti”

 

Gli occhi di Hanamichi si incupirono ma rispose “Non lo so, signore”

 

“Allora proviamo” disse Rukawa con un sorriso sarcastico, afferrò i polsi dell’altro con un’unica mano e prendendo il bicchiere con l’altra lo avvicinò alle labbra del rossino “Ma se ti addormenterai non potrò garantire della tua virtù”

 

Hanamichi cominciò a provare paura, girò il volto di lato, non poteva bere, non poteva dormire, non poteva permettere che quella malefica volpe usasse il suo corpo per i suoi comodi. Lui era già innamorato di un altro e solo a questi voleva concedere la sua verginità.

 

Il capitano allora lo strattonò violentemente e con rabbia disse “Allora parla o sarà peggio per…”

 

Si sentì un colpo secco e il capitano si accasciò sul corpo del rossino.

 

Hanamichi guardò oltre le sue spalle e urlò “Kenji sei arrivato in tempo” in effetti il ragazzo in questione aveva sentito l’urlo del rosso, aveva sbirciato nella stanza e si era accorto della situazione. Per aiutare il suo padrone, quindi, aveva afferrato un vassoio e approfittando della disattenzione della volpe dei ghiacci si era avvicinato sbattendoglielo in testa.

 

Hanamichi si liberò dal corpo inerme di Rukawa, prese un piccolo coltello da un tavolo e tagliò lo spago che il capitano teneva legato al collo. All’estremità della corda c’era un fagottino ora tutto bagnato, lo aprì e trovò quello che cercava le tre pietre sacre di Assan.

 

Quelle pietre erano state per generazioni di proprietà della famiglia del sultano Anzai fino a quando tre anni fa un ladro le rubò dal tempio in cui venivano custodite. Da quel momento la sfortuna si abbatté sulla famiglia Anzai, il primogenito della casata morì dopo pochi mesi di febbre gialla, il sultano Takano forte della sua flotta occupò molti porti prima di proprietà del sultano, una malattia massacrò il raccolto provocando una dolorosa carestia, l’economia ormai infatti era allo sfacelo totale. Dal momento del furto nessuno seppe più niente delle pietre, poi sei mesi fa una spia li aveva avvertiti che il capitano Rukawa le aveva trovate in un vascello che aveva predato e vista la loro magnificenza le portava sempre con se. Il sultano non poteva piegare l’orgoglio e chiederne la restituzione ad un infedele per cui aveva architettato un piano più subdolo per rientrarne in possesso. Aveva affidato ad Hanamichi, il suo pupillo l’incarico di portare a termine la missione per due motivi, il primo era che se tutto si fosse risolto per il meglio il suo popolo avrebbe accettato le sue nozze con il figlio, cosa che ora non avrebbero fatto a causa dei suoi capelli segno indelebile del fatto che era uno straniero anche se il rossino lo ignorava visto che aveva perso la memoria dei primi quattro anni di vita ed era meglio così. La seconda era che in caso di fallimento la sua condanna a morte non avrebbe sconvolto nessuno a parte lo stesso sultano e il figlio di quest’ultimo. Due ottimi motivi per lasciarlo provare e così quella sera il piano era partito ed ora Hanamichi teneva in mano le pietre sorridendo soddisfatto.

 

Il rossino si vestì con degli abiti semplici ma asciutti che Kenji gli aveva procurato e dopo un’ultima occhiata alla volpe ancora nel mondo dei sogni uscì dalla stanza.

 

Hanamichi mentre camminava affiancato al suo personale servo era euforico, aveva portato a termine la sua missione ora doveva solo ritornare dal sultano e consegnargli le pietre.

 

Ma ahimé il destino volle altrimenti, girando un angolo finì con lo scontrarsi con il ragazzo con gli occhiali che era seduto vicino a Rukawa durante la festa.

 

 Il rossino sbiancò ma con un fil di voce riuscì a scusarsi.

 

Hanagata lo squadrò bene e disse “Tu sei il nuovo schiavo del capitano, che ci fai ancora qui? Dovresti essere già a bordo della nave”

 

Hanamichi provò ad opporsi inventando delle scuse che l’altro neanche ascoltò.

 

“Uotsumi” urlò e apparve un colosso alto due metri che incuteva timore solo a guardarlo “Qui abbiamo finito con le provviste che il sultano ci ha gentilmente concesso, torna alla nave e porta con te questo schiavo. Sendo quando lo vedrà capirà cosa deve fare. Quanto a me ritornerò fra una decina di minuti, voglio controllare le ultime cose, voglio che tutto sia a posto quando dovremo partire fra un paio di ore e visto che il capitano ha deciso di prendersi un meritato riposo queste cose spettano a me”

 

“Si, signore” urlò Uotsumi e afferrando per un braccio Hanamichi cominciò a trascinarlo fuori dal palazzo.

 

Kenji provò a seguirli ma fu bloccato da Toru “E tu cosa credi fare?”

 

L’altro però aveva la risposta pronta, era determinato a non lasciare da solo il suo padrone e amico  per cui disse “Sono un altro regalo del sultano Anzai al suo capitano, quindi mi stavo dirigendo alla nave”

 

Hanagata lo osservò con attenzione e, poi, alzando le spalle affidò anche Fujima alle cure di Uotsumi.

 

Hanamichi intanto mentre veniva portato a forza sul veliero da quel gigante seguito da altri dieci uomini, si accorse di non avere nessuna possibilità di fuga, sta volta era in trappola.

 

 

Nel frattempo il capitano Rukawa nella camera si stava riprendendo, aveva riaperto gli occhi e si era messo a sedere massaggiandosi il capo. Notò subito che al collo gli mancavano le pietre e capì quello che il rosso volevo. Sorrise ironicamente di se stesso, si era fatto fregare come un imbecille da un misero ladruncolo. I suoi occhi tuttavia bruciavano di rabbia. Lui era un tipo molto vendicativo, augurò a quello schiavo di non trovarsi mai più sulla sua strada perché in caso contrario sarebbero stati guai seri.

 

FINE 1° CAPITOLO

 

Ise: Io prevedo innumerevoli guai.

Hana: Incredibile per una volta, siamo d’accordo.

Ise: Kaede sembra proprio arrabbiato

Hana: Hai ragione, Kaede è arrabbiatissimo.

Ise: Povero Hanamichi, non vorrei essere nei suoi panni.

Hana. Già povero Hana… come povero, cosa hai in mente di scrivere?

Ise sguardo innocente: Secondo te perché ho scritto nei rating che questa fic è una NC-17?

Hana: Non so forse perché… no vorrai mica…

Ise: Può darsi.

 

L’ANGOLO DI ISE

Ho sempre desiderato di scrivere una fic storica. Io oltre che del genere fantasy infatti sono appassionata anche della storia e ho letto molti romanzi ambientati in epoche passate.

Ho scelto la fine del 1600 semplicemente perché con il titolo calzava a pennello e, poi, potevo farmi supportare da alcuni libri di Wilbur Smith, anche se lui preferisce la sua Africa e io, invece, la zona di confine in Asia.

Con questo è tutto. Ciao. Ise.




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