Disclaimers... c'è ancora bisogno di farli? Tanto lo sanno tutti che i personaggi di Slam Dunk sono di Inoue e guai a chi glieli tocca!


Tra la vita e la morte

di Greta



Si svegliò all'improvviso, era sudato ma aveva freddo… quell'incubo era stato così reale, così nitido, da terrorizzarlo… Voltò la testa di scatto. Tirò un sospiro di sollievo, lui era ancora lì, al proprio fianco, addormentato. Così vicino eppure così lontano.
Lo guardò alla luce della luna che entrava dalla grande vetrata illuminandogli il viso. Aveva una pelle così chiara da sembrare spettrale… ma non era solo questo a farlo sembrare un fantasma, no, era quella espressione negli occhi, come di uno che fosse sceso negli inferi e fosse riuscito a riemergerne.
Scosse la testa cercando di allontanare i pensieri angosciosi: si sentiva ancora influenzato da quel terribile sogno, ma non lo aveva perso. Quelle scene, pur ricordando un passato non ancora sepolto, erano irreali, solo proiezioni della sua paura. 
Sì, lo aveva ancora lì con sé, forse non con l'intensità che avrebbe desiderato, però poteva allungare una mano e toccarlo. Probabilmente la forza dei propri sentimenti non trovava un'equivalente corrispondenza in quelli dell'altro, però non poteva dimenticare che Kaede Rukawa aveva cercato il suo aiuto quando… quando non ce l'aveva più fatta ad andare avanti da solo…
Sendoh gli passò le dita tra i capelli sottili. Sembrava così indifeso quando era addormentato… ma indifeso lo era sempre, anche se lo mascherava sotto un atteggiamento distaccato e arrogante.
Chiuse gli occhi… non poteva più opporsi a quei ricordi dolorosi, e tornò indietro nel tempo…
Ricordava bene cosa gli aveva detto Koshino quando lui gli aveva comunicato che finalmente era riuscito a mettersi con Rukawa… sì, quelle parole erano marchiate a fuoco nella sua memoria:
"Non pensare che ti ami. E' venuto da te perché non ce la fa più a stare solo, la solitudine lo sta facendo diventare pazzo…"
Ed era vero, lo sapeva. Ma comunque Kaede aveva cercato lui, e qualche volta erano riusciti, insieme, a dimenticare quello che era successo… quanto era passato ormai? Tre anni, sì, ancora un paio di mesi e sarebbero stati già tre anni… 
Ricordava perfettamente quella lontana mattina di maggio… ricordava come la notizia si fosse diffusa velocemente… un incidente, un terribile incidente… era in ritardo per la scuola, come al solito, aveva attraversato senza guardare, e l'autista del camion non lo aveva visto… proprio davanti alla scuola… proprio davanti agli occhi del ragazzo moro che lo aspettava sul marciapiede opposto…
In tanti gli avevano raccontato di come Rukawa si fosse precipitato sulla strada, di come le sue mani, i suoi vestiti si fossero macchiati di sangue, mentre sosteneva la testa dell'amico… di come gli parlasse implorandogli di resistere… e poi la corsa in ospedale… l'operazione d'urgenza… l'arrivo del padre di Kaede, il famoso chirurgo, il secondo intervento… i giorni di speranza e poi il dramma finale… Hanamichi Sakuragi non ce l'aveva fatta, era morto tra le braccia di Kaede, insieme come lo erano stati nell'ultimo anno…
Sendoh era tra i pochi a conoscenza della loro storia… ricordava bene di aver sentito solo in quel periodo la risata di Rukawa… Sakuragi lo aveva cambiato… lo aveva reso umano… Erano felici, molto felici… e lui non aveva potuto non soffrire per questo, non odiare quell'impetuoso rossino per avergli sottratto l'unica persona che poteva amare.
Aprì gli occhi, ma la forza di quelle immagini lo obbligò a chiuderli di nuovo. C'era tantissima gente al funerale. Ricordava la mamma di Hanamichi che si stringeva al braccio di Yohei, e poi i compagni di squadra, e Ayako, Haruko, tutti gli avversari, gli amici dell'armata Sakuragi… i compagni di scuola… e in disparte, solo in un cerchio di dolore, lui, Kaede Rukawa. Senza una lacrima, con gli occhi che guardavano senza vedere quella buca nel terreno… le mani strette in pugni tanto serrati da rendere visibili le nocche sotto il sottile strato di pelle. Faceva paura, distrutto, orgoglioso, bello…
Sendoh aveva sofferto, per quanto Sakuragi fosse stato un suo avversario in tutti i campi, era un ragazzo solare, limpido… non era difficile volergli bene, ma quello che gli aveva fatto bruciare gli occhi era stato assistere alla battaglia che si svolgeva nel cuore di Rukawa. Era coraggioso, tutti lo sapevano, ma questa lotta che stava sostenendo era penosa e mortale. Si stava uccidendo, Sakuragi lo aveva lasciato solo e lui questo non poteva accettarlo… era arrabbiato tanto quanto addolorato… e quelle lacrime che non volevano uscire dai suoi occhi si trasformavano in incrinature del suo cuore, rischiando di spezzandoglielo per sempre.
E poi un'altra mattina, un'altra telefonata… ricordava sin troppo bene la propria corsa forsennata verso l'ospedale… lo stesso ospedale, con gli stessi corridoi immacolati, asettici, lo stesso odore di medicinali… di morte…
La donna che andava a fare le pulizie lo aveva trovato nel bagno, i polsi tagliati… un lago di sangue… ma stavolta i medici ce l'avevano fatta… eppure era come se fosse morto. Era apatico, non andava più ad allenarsi, a scuola si faceva vedere lo stretto indispensabile, ma nessuno osava rivolgergli la parola, il suo sguardo vuoto che trapassava le persone come se non esistessero, scoraggiava anche i più coraggiosi… 
Per il resto, nessuno sapeva cosa facesse: non rispondeva al telefono, non apriva la porta di casa…
Ma lui lo aveva scovato… lo aveva trovato seduto sugli scogli che arginavano l'avanzare del mare… solo, come sempre, il viso sferzato dal vento e dagli spruzzi d'acqua.
Non gli si era avvicinato, era rimasto a guardarlo da lontano. Erano rimasti sulla spiaggia per ore, poi Rukawa si era alzato… dimagrito, il viso scavato, gli occhi spenti… Lui lo aveva seguito mentre tornava a casa, mentre si chiudeva la porta dietro le spalle, materializzando quel muro che aveva posto tra il proprio dolore e il resto del mondo.
Ma aveva continuato a seguirlo, a controllarlo… non avrebbe retto ad un'altra telefonata… all'annuncio del suicidio riuscito dell'asso dello Shohoku.
Rukawa andava spesso sulla spiaggia, si fermava sugli scogli e guardava il mare. Riusciva a rimanere in quella posizione per delle ore. A volte andava al cimitero. Rimaneva a fissare la tomba di Sakuragi. Non portava fiori, non si chinava a toccare la lapide. Sembrava fissare il nome scolpito nel marmo. Nessuna frase accompagnava le date di nascita e morte, la madre di Hanamichi non aveva avuto tempo o non conosceva il proprio figlio abbastanza per trovare le parole adatte, ma Sendoh sapeva che le più vere erano 'amato compagno'… sì, amato… forse come lui non lo sarebbe mai stato.
Ogni tanto, per esacerbare la propria sofferenza, Akira si chiedeva quale potesse essere la reazione di Rukawa ad una sua eventuale morte… Si odiava per avere pensieri simili, ma aveva la necessità di paragonare, di confrontare… non trovava una risposta, un'immagine… rivedeva solo quei pugni chiusi, quegli occhi asciutti ma colmi di sofferenza il giorno del funerale di Hanamichi, e sapeva che appartenevano solo ad Hanamichi.
Koshino aveva ragione. Rukawa stava diventando pazzo… Era l'inverno successivo alla morte di Sakuragi… febbraio. Lui lo stava di nuovo seguendo in una di quelle passeggiate mute, ferme. Stavolta erano sulla scogliera, vicino al vecchio faro. Non era la prima volta che Kaede andava lì, ma non era comunque una delle mete preferite. Era rimasto fermo a guardare le onde che si infrangevano sugli scogli sottostanti… poi aveva scavalcato la bassa balaustra. Non sembrava intenzionato a fare di più, per il momento, ma comunque lui gli si era avvicinato… gli era sembrata una posizione pericolosa… il vento era forte quel pomeriggio e il terreno sdrucciolevole… 
Era vero, Rukawa appariva tranquillo mentre fissava gli spruzzi d'acqua… era tranquillo… ma tranquillamente si stava cominciando a sporgere sul precipizio… sembrava ipnotizzato dal movimento ciclico delle onde… 
Lui gli si precipitò addosso… dovette ricorrere a tutte le proprie doti atletiche… riuscì ad afferrarlo per un braccio, il baricentro ormai sbilanciato, i piedi quasi staccati dal terreno, …
Con fatica era riuscito a riportarlo al sicuro… vedeva gli occhi di Kaede osservarlo stupiti… come se non capissero il perché di quell'inutile intervento… e ricordava le proprie urla, mentre lo scuoteva con il cuore ancora impazzito per quello che l'altro aveva rischiato:
"SEI UN PAZZO! MA COSA PENSI DI FARE… CREDI DI RISOLVERE QUALCOSA? PENSI CHE LUI LO VORREBBE????" e tanto altro ancora, insulti… preghiere… mentre lo teneva abbracciato stretto al proprio corpo. Già, la prima volta che lo aveva abbracciato…
Ma il seguito non era stato facile.
Non avevano mai più parlato di quel tentativo di suicidio, così come non parlavano mai di Sakuragi, sebbene fosse sempre presente tra loro come il più tangibile dei fantasmi.
Akira lo aveva obbligato a trasferirsi nella propria casa per un po'. Non è che ne avessero dovuto discutere molto: Rukawa era completamente apatico, e così lui si era preoccupato di raccogliere un po' di vestiti nella grande casa dell'altro, poi lo aveva portato nel proprio appartamento, obbligandolo a farsi aiutare. Si era procurato tutti i libri di psicologia che gli erano sembrati adeguati per fornirgli un aiuto per far superare all'amico quella situazione, lo aveva obbligato a mangiare, lo accompagnava ogni mattina a scuola, lo passava a riprendere, e poi lo costringeva ad andare ad allenarsi… 
Questa però non gli sembrò una idea felice… tanto più che Rukawa si limitava a sedersi sugli spalti e a guardare con occhi assenti gli ex compagni giocare. Sendoh si convinse che era meglio che Rukawa lasciasse lo Shohoku, troppi ricordi dolorosi erano legati a quel posto, soprattutto alla palestra… Gli propose di iscriversi al Ryonan, ma per la prima volta Kaede sembrò reagire alle sue parole.
"No. Rimarrò allo Shohoku" 
Era stato lapidario, ma lui aveva insistito.
"Ti troverai bene, la squadra è più forte, e poi già conosci tutti…"
Un barlume di vita in quegli occhi spenti:
"Non insistere, Akira".
Ricominciò a giocare. Inizialmente era stata una forzatura, ma con il tempo l'antica passione riprese il sopravvento. Sendoh cercava di assistere agli allenamenti appena possibile. All'inizio era stato davvero penoso vedere quel campione vero sbagliare i passaggi più semplici, non partecipare per niente agli schemi dei compagni, ma poi c'era stata la soddisfazione della rinascita. 
Furono gli ultimi tornei studenteschi di Akira. L'anno successivo sarebbe andato all'università. Aveva scelto di iscriversi alla facoltà di Biologia. Era vero che uno dei suoi sogni era di diventare un giocatore professionista, ma ormai non era il più importante. Amava il basket, ma riteneva che ci fossero tante altre cose nella vita. 
La finale del torneo interscolastico vide di fronte lo Shohoku e il Ryonan. Incontrò Rukawa appena prima di scendere in campo.
"Pronto a perdere, campione?" lo provocò sorridendo.
"Non ci contare" sì, stava tornando il vecchio Rukawa, anche se ancora più freddo e distaccato.
Avevano giocato con agonismo. Sendoh a volte rimaneva incantato nel vedere l'altro, nuovamente leggero come una farfalla, volare verso il canestro. I compagni lo aiutavano, sebbene lui non li ringraziasse neanche con un gesto, ma si vedeva che loro non si aspettavano nulla in cambio: erano semplicemente felici di vedere che c'era qualcosa che poteva riavvicinarlo alla vita. 
Lo Shohoku vinse per due punti… a pochi secondi dalla fine un tiro da tre di Rukawa. Sendoh sorrise, non gli era dispiaciuta poi così tanto quella sconfitta. Si avvicinò per fargli i complimenti, gli aveva teso la mano… e Kaede gliela aveva stretta.
Quella sera uscirono tutti insieme, vincitori e sconfitti. Era bello il rapporto che si era creato tra le due squadre, c'era voglia di superarsi, riconoscimento del valore dell'avversario e accettazione del fatto che la vittoria poteva essere di un solo team.
Rukawa era rimasto in disparte, come sempre, ma almeno era andato. Sendoh era riuscito a sederglisi vicino . Certo, non c'era stata conversazione, ma in quel momento per lui questa vicinanza era più che sufficiente.
E poi Akagi si era alzato… un brindisi, voleva proporre un brindisi…
"… a un nostro compagno che non è più con noi, a una persona che è rimasta nei nostri cuori…" il rumore di un bicchiere in frantumi, la sedia allontanata di scatto… Rukawa se ne era andato.
Non aspettò un istante, gli corse dietro. Lo raggiunse che l'altro era già quasi sulla spiaggia. Gli si affiancò. Non si dissero niente.
Si sedettero sugli scogli.
"Era anche un loro compagno… era giusto ricordarlo dopo una vittoria così importante…" provò a mormorare.
"Sta zitto" la voce era tagliente come quel vento salmastro.
"Non puoi continuare così…" si voltò a guardarlo "Sakuragi…" 
Non poté aggiungere altro. Un pugno diritto in faccia lo buttò a terra. Gli spunzoni di roccia gli avevano fatto male sulla schiena. Si rialzò… era questo quello che l'altro voleva? Glielo avrebbe dato!
"Pensi di essere l'unico custode della sua memoria?"
Era bastato questo. Cominciarono a prendersi a pugni violentemente, con l'intento di farsi male. Fortunatamente Sendoh era riuscito a trasferire il campo di battaglia sulla sabbia della spiaggia. Alla fine erano entrambi esausti. Con un ultimo pugno Akira riuscì a mandare Rukawa a tappeto, ma non essendogli rimaste forze, gli cadde addosso.
Sentiva il suo respiro affannoso sul collo, mentre l'odore della sua pelle gli inebriava i sensi. Non resistette, e lo baciò. Sentì le braccia dell'altro cercare di allontanarlo, ma ormai lui si era giocato tutto, non poteva tornare indietro.
Lo teneva bloccato sotto di sé. Con una mano gli fermò i polsi, mentre con l'altra cominciò ad accarezzarlo sotto la camicia. Finalmente gli sforzi dell'altro per liberarsi cessarono. Questo non stava a significare, Akira lo sapeva, che stesse accettando quello che lui lo stava obbligando a subire. Era semplicemente esausto, e non gli importava niente di quello che stava succedendo. Ma lui cercò di non pensarci, cominciò a scendere con i suoi baci su quel torace dalla pelle candida e serica. Poi trovò l'impedimento dei pantaloni, risalì un poco con la testa, mentre con la mano cominciava a sbottonarlo… e poi la sua bocca non trovò altri ostacoli…
Quando si ritirò su, il volto di Kaede era impassibile. Gli occhi erano socchiusi, assenti. Akira sapeva che l'altro aveva goduto per quello che lui gli aveva fatto, ma sembrava che fosse stata una reazione puramente fisica, non c'era stata la minima partecipazione emotiva… ma del resto non era ancora il momento per aspettarsi qualcosa di diverso.
Dopo qualche minuto lo sentì liberarsi dal proprio abbraccio. Si era alzato e se ne era andato, da solo. Non si erano scambiati una parola, solo quell'atto di disperazione.
Si videro poco durante l'estate, e sempre senza parlarsi, come se non si conoscessero. Rukawa continuava a giocare, aveva ritrovato nel basket la forza che gli impediva di arrendersi. Giocava bene, era ancora migliorato rispetto al periodo precedente alla morte di Sakuragi, ma giocava con freddezza, non si emozionava per un canestro, non aveva più nemici da battere, niente e nessuno riusciva ad scuoterlo dal suo stato di apatia. 
Nel mese di ottobre fu organizzata la festa di saluto per i giocatori che lasciavano il liceo per passare all'università. Ad organizzarla fu il liceo Shohoku. C'erano anche Akagi, Mitsui, Kogure, Ayako, Maki… insomma, tutti i ragazzi più grandi. Sendoh aveva saputo che Kaede non sarebbe andato. Lo aveva saputo da Ayako. La manager dello Shohoku una volta lo aveva fermato, chiedendogli come mai non andasse più a vedere i loro allenamenti, e lui non aveva potuto non raccontarle del proprio amore impossibile, e così lei aveva cercato di consolarlo, e poi aveva fatto di tutto per creare occasioni in cui potessero parlarsi, chiarirsi, magari solo incontrarsi. Ma tutto era stato vano, Kaede sembrava sfuggente come una anguilla. Non voleva più avere a che fare con lui, e quindi non aveva più a che fare con lui.
Ayako non si era data per vinta, e aveva cercato di convincere Rukawa a partecipare alla festa. Lui aveva semplicemente scosso la testa, senza neanche interrompere il proprio allenamento. Scoraggiata, la ragazza aveva avvertito Akira, che aveva fatto finta che non gliene importasse, cercando di nascondere la ferita dentro il mantello logoro del proprio orgoglio.
La festa si protrasse fino a tardi. C'erano stati racconti, ricordi, brindisi. Si chiudeva un'epoca, per molti di loro, un bel periodo in cui avevano condiviso cose importanti.
Per tornare a casa, Akira doveva attraversare il grande parco pubblico. Sentì subito il rumore di un pallone che rimbalzava sul campetto da basket. Sapeva che c'era una sola persona che poteva allenarsi a quell'ora…
Si fermò fuori dalla recinzione e rimase per alcuni momenti ad osservare la scena. Sì, era lui, bello e perfetto, come sempre.
"La festa è durata parecchio, Akira…"
Non aveva mai rivolto lo sguardo nella sua direzione, come aveva fatto a vederlo?
"Sì, ci siamo divertiti. Potevi venire…" rispose mascherando la sorpresa.
L'altro non replicò.
"Non è tardi per allenarsi?" provò a chiedergli.
"Ti stavo aspettando" non una parola di meno, non una di più.
"Perché?" il cuore gli batteva all'impazzata.
"Un one on one, fino a venti… te la senti?" continuava a palleggiare in mezzo al campo.
"Certo. In onore dei vecchi tempi?"
"In onore della nostra amicizia" stavolta si era fermato e lo aveva guardato. L'espressione era seria.
Cominciarono. Fu una partita dura e avvincente, ma ormai il volpino era troppo forte anche per il rivale di sempre. Finì 20 a 17.
Kaede rimise il pallone dentro la sacca e fece per andarsene.
"Non hai altro da dirmi, Kaede?" la voce uscì strozzata, mentre gli occhi cominciavano a bruciargli.
"In bocca al lupo per l'Università. Ma non è un addio, ci rivedremo, no?" e se ne andò.
Certo che si sarebbero rivisti, pensò tra sé Sendoh, mentre invece di camminare gli sembrava di galleggiare su una nuvola rosa.

Si videro abbastanza spesso durante l'inverno. In realtà non parlavano molto, semplicemente uscivano insieme, andavano in qualche pub, a volte al cinema. Kaede continuava a cambiare come i colori di un caleidoscopio. Adesso si era anche messo a studiare seriamente. Il suo sogno di diventare il giocatore più forte del Giappone e di partire per confrontarsi con i campioni americani dell'NBA stava lasciando spazio ad un progetto più ambizioso, più stimolante. Aveva deciso di diventare comunque un giocatore professionista, ma di farlo rimanendo a Kanawaga, frequentando contemporaneamente l'Università, facoltà di medicina.
Quando glielo aveva detto, Sendoh aveva annuito. Era chiaro cosa l'avesse spinto a quel passo, veder morire in quel modo la persona che amava senza poter far nulla lo aveva frustrato, annientato, ma nello stesso tempo questa decisione significava anche aver scelto, tra la vita e la morte, la vita.
Durante i loro incontri non avevano, ovviamente, mai fatto cenno a quella serata sulla spiaggia, ma Akira sentiva quell'incontro ergersi tra loro come una barriera. Rukawa non poteva non aver capito i sentimenti che nutriva per lui, eppure non diceva niente. Non lo allontanava e sicuramente non lo avvicinava. A volte le loro uscite sembravano non portare giovamento a nessuno dei due… eppure sembrava che non potessero rinunciarvi.
Era una fredda serata di fine Marzo quando Akira decise che non poteva più reggere una situazione simile. Quella sera, seduti su una panchina del parco ad osservare un gruppo di ragazzini che si cimentava con i primi tiri a canestro, decise di affrontare l'argomento.
Sì, glielo disse. Disse di amarlo, di non poter fare a meno di lui e nello stesso tempo di non sopportare più quella situazione:
"… non ce la faccio più Kaede. Ho cercato di considerarti solo un amico, ma non ci riesco. E' più forte di me. Ti amo."
Da parte dell' altro non ci fu alcuna reazione, ma lui decise di andare avanti:
"Lo so che è la cosa più inopportuna che io possa dire, eppure è così… ti amo. Vederti in questo modo mi fa stare peggio di starti lontano… sono sicuro che tu sia in grado di capire. So bene che non puoi ricambiare i miei sentimenti, tu non potrai mai amare nessun altro… ma questa inutile tortura… non la sopporto! E' meglio che io mi allontani da te…"
E se ne era andato. Lo aveva lasciato solo su quella panchina, incapace di dirgli anche una sola parola di sostegno.
Quella mattina non era andato neanche a seguire le lezioni all'Università, non ne aveva voglia. Il suo solito sorriso aveva ceduto il campo ad una espressione assorta, tormentata: certo, sapeva benissimo che le sue parole della sera prima non potevano avere alcun risultato, però ora soffriva a pensare che non lo avrebbe più rivisto…
Si avvicinò alla finestra. Si vedeva il mare, il mare in tempesta. Su Kanagawa si stava scatenando un violentissimo temporale… un fulmine doveva essere caduto molto vicino, vista la forza del boato. Doveva essere stata colpita una centralina elettrica, perché improvvisamente tutte le luci del quartiere si spensero, ma non era ancora completamente buio, sebbene le nuvole nere facessero sembrare che il pomeriggio si fosse già tramutato in notte.
Andò in cerca di una candela. Come sempre non si trovavano, quando erano necessarie. Mentre scendeva le scale, sentì dei colpi contro il portone. Si chiese chi potesse andare in giro con quel tempo terribile. Aprì. Rimase allibito davanti allo spettacolo che gli si presentò davanti agli occhi: era Rukawa, completamente fradicio, la pioggia che gli scivolava dai capelli sul viso, il volto pallido, gli occhi rossi.
"Mi fai entrare?"
Si scansò per permettergli di passare. Mentre l'altro si fermava nell'ingresso, si avviò, senza guardarlo in faccia, verso il bagno, tornando con degli asciugamani, poi lo accompagnò al piano di sopra e lo rifornì di vestiti asciutti. 
Kaede riscese dopo pochi minuti. Era buffo, i jeans e il maglione erano un po' troppo grandi per lui, gli davano un'aria ancora più infantile.
"Perché sei venuto?" la luce delle candele rendeva tremolanti i contorni delle loro ombre sulle pareti.
Un altro lampo squarciò il cielo. La pioggia batteva contro i vetri coprendo qualsiasi rumore esterno.
"Hai ragione tu, non ti amo…" gli rispose l'altro, avvicinandoglisi… 
Stai lontano, pensava Sendoh arretrando verso la finestra, stai lontano o non risponderò di me stesso! Kaede si fermò. Adesso la sua voce era quasi un sussurro:
"E' vile da parte mia dirti questo... io non ti amo, ma se la mia vita è ricominciata, se sono qui, adesso, è per te… non puoi abbandonarmi anche tu…"
No, non era certo una dichiarazione d'amore… era più una richiesta di aiuto… era giusto, era giusto donare il proprio amore, sincero immenso, in cambio di… di cosa?
Era giusto, perché l'unica cosa che voleva era poterlo stringere tra le braccia… e così fece. Lo abbracciò, e l'altro si abbandonò tra le sue braccia, ricambiando il suo bacio.
Fu così che cominciò, tra loro.
Non era certamente una storia semplice. Akira aveva sofferto molto in quei mesi, aveva sofferto sentendo Kaede chiamare nel sonno il nome di Hanamichi, aveva sofferto quando facevano… l'amore? Sesso, piuttosto. Aveva sofferto perché non poteva fare a meno di avvertire, mentre l'altro lo possedeva, una nota di brutalità, come se dovesse essere punito per non essere qualcun altro. 
E poi c'era il fatto che la vita di Kaede fosse così scarsamente influenzata dal loro rapporto. E' vero, quando anche lui aveva cominciato l'università avevano preso un appartamento insieme, inoltre Kaede lo aveva presentato ai propri genitori senza nascondere quale fosse il loro rapporto e loro lo avevano accolto come un figlio, sapendo che dovevano solo a lui se quello vero si stava riprendendo… però erano tutte cose formali. Kaede rimaneva geloso dei propri spazi, della propria solitudine. Difficilmente facevano qualcosa insieme durante il giorno. A volte Akira pensava che l'altro assomigliasse sempre di più a un gatto, affezionato alla tranquillità che gli comunicava la loro casa più che al loro rapporto. Ma la verità era che il fantasma di Sakuragi era sempre tra loro. Sendoh sapeva che non si poteva parlare di tutto quello che in un modo o nell'altro potesse riportare alla memoria il rossino, sapeva che tutto l'anno che aveva seguito la sua morte doveva essere cancellato da qualsiasi riferimento… eppure, nonostante tutto questo, non avrebbe potuto più vivere senza Kaede. C'erano momenti in cui era più espansivo… in cui Akira arrivava pensare che l'altro gli volesse davvero bene, ma poi riecheggiavano quelle parole… non ti amo, non ti amo…
Era quasi l'alba. Gli piaceva quella stanza con quella grande vetrata sul mare. I primi raggi di sole si posarono sul viso di Kaede. Era incredibile quanto fosse bello… si chinò e gli posò un bacio leggero sulla fronte…
"… già sveglio? E' già ora di alzarsi?" mormorò il moretto con la voce ancora impastata dal sonno.
"No, amore, dormi, è presto"
L'altro ricadde addormentato. In questo era sempre il solito Rukawa…

"Allora, pensi che verrete?" Ayako stava organizzando l'ennesima riunione delle glorie dei tornei interscolastici di basket del liceo "Ci saranno tutti… non potete mancare proprio voi… le due stelle più fulgide…" sorrise, le stava provando tutte per convincerlo.
"Posso risponderti a nome di una sola delle due stelle… verrò, non ti preoccupare…" Ayako gli saltò al collo ridendo.
"Ehi… ferma! Chissà cosa potrebbe pensare la gente…" le sussurrò divertito.
"Pensi davvero che nessuno sappia chi rende indimenticabili le tue notti?" gli rispose lei, maliziosamente.
Akira rise, portandosi la mano dietro la testa in una posa imbarazzata.
"A proposito… devi convincere Rukawa… ma ce la farai, vero?"
"Sai bene che lui è poco influenzabile…" adesso l'espressione era più triste.
Ayako lo guardò diventando subito seria:
"Come vanno le cose, tra voi?"
"Come al solito"
"Ora giocate anche insieme nella squadra universitaria, vero?"
"Sì, sembra di essere tornati indietro nel tempo. Ci sono anche Mitsui, Kogure, Koshino… un bel gruppo!" stava cercando disperatamente di cambiare argomento.
"Sì, ma con Kaede? E' un bel po' che non ho modo di studiarvi da vicino…" scherzò lei.
"Già, odia tutte le occasioni 'mondane'. Appena c'è qualche festa o qualche uscita serale con altre persone, mi dice di andare da solo… ma lui è così, non c'è verso di cambiarlo… solitario e riservato…"
Ayako era molto addolorata. Akira meritava davvero di veder ricambiato il proprio amore. Lei non aveva mai conosciuto nessuno così pronto a rinunciare a tutto per la felicità della persona amata, e lui aveva davvero sacrificato tutto, a cominciare dalla propria di felicità…
Lui comprese subito i pensieri della compagna, e riprese più sorridente:
"Ma non è sempre così… ora che sta seguendo il corso di Anatomia vedo che guarda il mio corpo con molto più interesse…"
Scoppiarono tutti e due a ridere… 
"Sono sicura che presto riuscirai a domarlo!"
"Speriamo prima degli ottant'anni…"

"No, Akira, non insistere" come al solito il tono era categorico. Sendoh ci si era scontrato tante volte che sapeva che era inutile continuare.
"Mi dispiace, per una volta mi sarebbe piaciuto andare insieme da qualche parte" non aggiunse altro, prese la borsa della palestra e uscì.
Perché era sempre così freddo, così insensibile? Si comportava come se i suoi sentimenti non avessero peso, come se potessero essere calpestati in ogni momento… non voleva andare con lui. Si vergognava forse? Ma di cosa? Di non essere il vedovo inconsolabile? Ma lui avrebbe potuto tranquillizzarlo subito, se il problema era questo. Kaede ERA il vedovo inconsolabile… non gli aveva mai dato niente che potesse intaccare l'enorme amore che provava per Sakuragi. Il suo cuore era intatto, esattamente nello stesso stato di quella lontana mattina di maggio…
Entrò nel parco. Non aveva voglia di andare in palestra. Decise di fare quattro tiri nel canestro del campetto.
Cominciò a palleggiare, ma era distratto… triste…
"Se giocherai così, alla prossima partita sicuramente ci farai perdere…" era la voce di Koshino, l'aveva riconosciuta subito… e lui non era la persona più indicata con cui parlare in quel momento.
Continuò a giocare senza rispondergli, ma l'altro non si arrese.
"Verrete alla festa organizzata da Ayako?" sembrava che avesse un sesto senso per prendere sempre l'argomento più doloroso!
"Sì, io verrò".
"E il grande Rukawa? Verrà anche lui o ti mollerà da solo, come al solito?" il tono era insopportabilmente canzonatorio, ma Sendoh cercò di non dargli peso.
"Lui non verrà… aveva altri impegni" tiro da tre… sul ferro.
"Altri impegni? Serata in solitudine tra i ricordi di Hanamichi Sakuragi?"
Sendoh si fermò. Si girò verso il compagno. Stavolta non sorrideva, dai suoi occhi traspariva tutta la rabbia repressa fino a quel momento:
"Piantala, non ti permetto di parlare così di Kaede!" sibilò.
"Già, non si può dire nulla contro il bel tenebroso…" si interruppe per qualche istante, poi riprese "Akira, io ti sono amico, se ti parlo così è per scuoterti. Non ti rendi conto che lui ti usa? Non ti ama, ti utilizza come una bambola gonfiabile… sempre pronta al momento gius…" non poté finire perché un violentissimo colpo in pieno viso lo spedì a terra:
"Non osare mai più dire una cosa del genere, stronzo. Io lo amo, e che questo ti basti…" Koshino sentì stringerglisi il cuore sotto lo sguardo furibondo di Sendoh.
Akira rimase a fissarlo con odio per qualche secondo, poi raccolse la propria roba e se ne andò.
"Anche io ti amo…" mormorò Koshino, affondando il viso nell'erba.

Era il giorno della festa. Sinceramente non aveva molta voglia di andarci… sentire le risate degli altri, dover fingere una entusiasmo che non aveva… e poi spiegare perché Kaede non era andato, rivedere Koshino… era stanco. 
Aprì la porta. Le luci erano tutte spente. Era strano, ma probabilmente Kaede era rimasto in laboratorio. Trovò un messaggio sul tavolo della cucina… "Buon divertimento. K."
Buon divertimento? Gli sembrava che al danno si unisse la beffa…
Si cambiò. Era a pezzi, e per questo voleva apparire al meglio… nascondere, nascondere, nascondere… non era stato il suo motto degli ultimi mesi? Tutti dovevano pensarlo felice… aveva finalmente Rukawa, no?
Alla festa, come spesso succede, si formarono dei gruppi. Ayako, vedendolo entrare, lo aveva preso sotto la propria tutela. Voleva assolutamente che lui stesse bene e si divertisse… non le era sfuggita l'espressione di tristezza dei suoi occhi…
Occuparono un angolo della sala. Lì la musica arrivava più bassa, si poteva parlare. Si sedettero sui divanetti che circondavano un basso tavolino di legno. Erano tutti loro, il vecchio gruppo, i veterani: Akagi il grande capitano, sempre uguale, Mitsui e Kogure, insieme, innamorati esattamente come ai tempi dello Shohoku, Haruko e Mito, anche loro finalmente fidanzati, Ayako e Ryota, con le loro schermaglie continue, Maki, Jin, Koshino. 
Fiumi di birra, fiumi di parole. Koshino ogni tanto gli lanciava uno sguardo di sottecchi, sicuramente voleva vedere se fosse ancora arrabbiato. Non gli diede mai la soddisfazione di voltarsi verso di lui. Vicino aveva Ayako, che a un certo punto gli aveva stretto la mano tra le proprie, provocando una istintiva ma passeggera gelosia da parte di Ryota. Si stava bene, aveva fatto bene ad andarci. Erano i suoi amici…
Una voce… ma prima una sensazione, un profumo…
"Scusate… ho fatto tardi"
Un bacio sulla guancia… un dolce 'ciao, amore'… lì, davanti a tutti… non poteva crederci!
E invece era proprio lui, il suo Kaede. Gli si sedette accanto, gli tolse il bicchiere dalle mani e bevve un sorso della sua birra… Cosa gli era successo? Non riusciva a riconoscerlo… ma… ma gli piaceva, eccome! Se era un sogno non voleva essere svegliato…
Ayako era al settimo cielo… Akira non aveva dovuto aspettare ottant'anni! Li guardava come una mamma chioccia, era così felice che non sventagliò neanche il povero Ryota che le aveva agganciato una braccio.
Gli altri erano tutti un po' sorpresi, ma felici… felici che Rukawa fosse andato, felici di vedere quella coppia così affiatata. Solo Koshino era rimasto completamente sconvolto… arrabbiato…
Continuarono a parlare di basket e dei rispettivi corsi universitari. Nel bel mezzo di un racconto di Mito, Akira sentì il braccio di Kaede scivolargli lungo la schiena, fino ad appoggiarsi sulla sua vita. Si voltò verso il compagno. Era arrossito, ma felice. Kaede gli sorrise, uno dei suoi rarissimi sorrisi.
"Perché…" riuscì a mormorare Akira.
"… non sei la mia bambola gonfiabile…" gli sussurrò l'altro.
"C'eri?!"
"C'ero. Ti avevo inseguito, volevo parlarti… lo faremo dopo… godiamoci la festa…" del resto aveva già parlato troppo, pensò Sendoh, ritrovando una delle proprie espressioni più allegre.
Rimasero fino alla fine della festa, Akira non voleva sciogliersi da quell'abbraccio… se avesse potuto sarebbe rimasto tutta la notte… Kaede lo abbracciava quando facevano l'amore… ma era la prima volta che lo faceva spontaneamente, fuori dal letto, davanti a tutti…
Ayako nel salutarli gli strizzò l'occhio… lui le sorrise imbarazzato e felice… per la prima volta non si trovò ad invidiare le altre coppie che si avviavano insieme sulla strada di casa.
"Dove stiamo andando?" Akira era stupito, quella non era la strada che portava al loro quartiere!
"Schhh… " gli rispose l'altro, riattirandolo nel proprio abbraccio.
Era bello camminare così, Sendoh abbandonò la testa sulla spalla del compagno. 
Dopo un po' arrivarono sulla spiaggia. 
"Si può quasi dire che è qui che è cominciato tutto…" mormorò Kaede.
Si sedettero sugli scogli, come avevano fatto tanto tempo prima…
"Non lo hai fatto solo per punire Koshino, vero?" un pizzico di paura emergeva dalla sua voce.
"No. Sono stato ingiusto con te, tutto questo tempo…" mormorò Kaede cominciando a gettare sassolini nell'acqua.
"Perché?"
"Ti ho fatto scontare la mia disperazione, la mia rabbia… e poi il mio orgoglio…"
"Orgoglio? Non capisco…" si strinse ancora di più al corpo dell'amico.
"L'orgoglio di non ammettere di non essere morto tre anni fa… di aver ricominciato a vivere… mi sembrava…" si interruppe, sembrava cercare le parole.
"Ti sembrava di tradirlo?" le aveva trovate Akira per lui. L'altro annuì.
"Io non credo che si abbia una certa quantità di amore che bisogna dividere tra le persone… non penso che quello che tu puoi provare per un'altra persona possa togliere qualcosa al tuo sentimento per… Hanamichi…" aveva fatto una pausa prima di pronunciare quel nome… era tanto che non lo faceva, sebbene fosse sempre lì, in mezzo a loro.
"E invece io pensavo che il sentimento che cominciavo a provare per te sminuisse quello che c'era stato con… lui… Io l'ho amato molto…" 
Sendoh sentì qualcosa stringerglisi nel petto… ogni riferimento a Sakuragi aveva questo effetto… ma adesso la situazione era diversa.
"Lo so"
"Mi odiavo per quello che provavo per te… lo ritenevo ingiusto. Ero egoista… lo sono sempre stato. All'inizio, è vero, non ero innamorato. Eri stato il mio unico amico, la mia ancora di salvezza… sarei ricaduto nel baratro senza il tuo aiuto… però in questi ultimi mesi…"
"In questi ultimi mesi?" aveva bisogno, aveva l'urgenza di sentirglielo dire…
Rukawa si girò verso di lui:
"Mi sono innamorato di te, Akira"
L'aveva detto… finalmente lo aveva detto… Sendoh lo attirò a sé. Lo baciò dolcemente, Kaede corrispose al suo bacio, partecipando con una passione e una dolcezza che non aveva mai rivelato…
Le rocce erano dure e umide, esattamente come quel giorno che si erano battuti. Possibile che i loro chiarimenti dovessero avvenire sempre in luoghi così ostili? non poté fare a meno di chiedersi Sendoh.
"Andiamo a casa?" propose.
"Un tempo non sembravi considerare la spiaggia un posto scomodo…" gli rispose Rukawa maliziosamente.
"Che fai, provochi?"
"Non ti preoccupare, andiamo a casa. Dovessi prenderti un raffreddore… ormai hai una certa età!"
Akira gli girò le spalle fingendosi arrabbiato, ma le braccia dell'altro che lo avvolgevano da dietro gli fecero subito dimenticare quell'offesa… o quasi…
"Beh, se sarai tu a curarmi… potrei anche rischiare il raffreddore…" mormorò girandosi tra le braccia del compagno e chiudendo quella bocca altera con un bacio.

THE END






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