DISCLAIMERS: date alla Rowling quello che è della Rowling e a Tes quel che è di Tes..

DEDICHE:tutti i riferimenti a Ron/Hermione sono puramente voluti e dedicati interamente a Taty XD, santa donna che mi sopporta… l’Harry/Draco è per Silvia T. che ha fortemente voluto questo seguito J… Ta-daaaaan! E per Amanda J: un bacione immenso, tesora! Spero solo che non vi sentiate male dopo averlo letto O_O’’’…

NOTA IMPORTANTE: non ho ancora letto il sesto libro (e neanche il settimo, sigh!) e non so assolutamente nulla su di esso e non voglio sapere nulla su di esso finchè non finisco questa maledetta fic, o potrei rimanerne TROPPO influenzata, e la storia come l’ho creata andrebbe a farsi benedire-_-…

RINGRAZIAMENTO SPECIALE: a tutte le persone che stanno commentando VISIONS: grazie mille di cuore (_ _), siete gentilissimi/e !

 DEDICA DEL CAPITOLO: sempre alla mitica, suprema Kohai Vivi! Grazie infinite per aver risposto a tutte le mie domande di natura clinica, grazie per avermi fornito informazioni esaustive quando sarebbe bastata una semplice frase e grazie per l'incoraggiamento... grazie grazie grazie!

O mio Dio, dopo 4 anni tra ideazione e scrittura, questa fic è finita... Mi sento un po' persa O_O! Vado a ubriacarmi!


 
 
 
VISIONS

di Tesla

capitolo XVII di XVII

 

 

L'ULTIMO ADDIO

 

 

 

Lo stesso sogno che va avanti nella sua testa, e non sa da quanto tempo.

Si trova alle pendici di una collina sotto un cielo coperto da nuvole scure, nell’erba alta che gli sfiora le ginocchia e fruscia nei rintocchi della pioggerella leggera che la colpisce .

Harry rovescia il capo all’indietro, sospira al contatto refrigerante della pioggia sulla pelle e si riempie i polmoni di quell’aria, così dolce e carica di odori campestri da fargli girare dolcemente la testa; il vento gli porta alle narici un altro aroma, penetrante e salmastro, ma non c’è traccia di mare lì intorno: solo campi verdeggianti, alberi, distese di spighe di grano fruscianti che sembrano estendersi sino all’orizzonte.

Rimane a lungo ad osservare il paesaggio che lo circonda. Poi, con un sospiro, inizia a risalire le pendici.

C’è una stradina che sega in due il colle, come un sinuoso serpente di terra; nulla di serio, in realtà, nient’altro che un percorso scavato nell’erba schiacciata come se migliaia e migliaia di piedi fossero passati per quella via prima di lui. Forse, pensa Harry, proseguivano per quella stradina spinti dalle sue stesse ragioni, da quella stessa vocina nella testa che lo incita a mettere un passo davanti all’altro per raggiungere in fretta la cima. C’è qualcosa oltre il colle che lo attende, anche se non sa cosa… forse è casa, e forse no, ma qualunque cosa sia, vale la vita per lui.

Ed Harry cammina. Cammina.

La porzione di cielo oltre la cima inizia lentamente ad aumentare, ecco, è quasi arrivato, è quasi lì. Con il cuore in gola, Harry affretta il passo… ma non riesce a scoprire cosa si estende oltre la collina. Non è ancora giunta l’ora di raggiungere la fine di quel sentiero.

E così, dopo tre giorni di coma profondo, Harry riapre gli occhi in una stanza d’ospedale.

 

-         Ah! Sei sveglio, finalmente- mormora Silente dalla poltrona accanto al suo letto. La sua voce è triste e preoccupata, ma reca anche una nota di genuino sollievo mentre il preside si alza e si avvicina ad Harry. – Come ti senti?

Harry volta la testa per guardarlo, ma rimane in silenzio, il volto inespressivo. Nel momento in cui ha ripreso conoscenza, ogni cosa gli è tornata in mente…la voce di Molly, al suo ritorno a Grimauld Place

 

(“Hanno attaccato Hogwarts e Hogsmeade, hanno appena portato i ragazzi al San Mungo…”),

 

la sua preoccupazione

 

(“Charlie, avverti Silente!”),

 

la sua condanna

 

(“ Puoi posarlo, caro. Non c’è più nulla da fare”).

 

( “Ti amo” )

 

Ricorda che è scivolato a terra col cadavere di Draco tra le braccia, e che ha continuato a stringere quella mano abbandonata nella sua finché non ha perso i sensi. C’è dolore, a quell’immagine, ma non quanto pensava… si sente stranamente calmo, come se la sofferenza avesse raggiunto un livello tale da non poter essere più percepibile nella sua interezza. Forse è questo che accade quando muore il tuo termine di paragone con la realtà:  l’esistenza stessa perde consistenza e intensità… e tutto è ovattato, lontano.

Niente più conta.

-         Al momento ti trovi al San Mungo- lo informa Silente. – Sei rimasto in coma per diversi giorni.

Harry distoglie lo sguardo, apatico. Non gli interessano le spiegazioni del preside.

-         Harry… capisco che tu possa avercela con me. Ne hai ogni ragione, sono responsabile in gran parte di ciò che è successo. Se non fossi caduto nella trappola di Tom e partito per Londra, o se mi fossi interessato come dovevo alla sparizione di Severus, o se…-. La voce di Silente si spezza a metà, sfinita dal rimorso. – Pensavo che a Hogwarts sareste stati al sicuro, e invece… quanti studenti sono morti per questo mio errore!

Chiude gli occhi per un attimo.

-         No, non è una giustificazione sufficiente, lo so. Ma posso darti almeno una buona notizia- aggiunge con un sorriso tirato. – I tuoi amici stanno bene.

Harry riporta di scatto lo sguardo su Silente, incredulo, i battiti del cuore triplicati in un istante. Apre la bocca, muove le labbra, non riesce a dir nulla.

Silente sembra rincuorato nel vedere finalmente una sua reazione.

-         Ron, Hermione, i tuoi compagni di dormitorio, la signorina Lovegood e molti altri… sono feriti, ma se la caveranno.

-         Voldemort è morto-dice Harry con voce piatta.

Silente annuisce piano.

-          Sì, lo so, so cosa ti è successo dopo che sei caduto nel lago. Un gruppo di Remnomanti del Ministero ha letto i vostri ricordi, almeno quanto basta per avere un’idea sommaria di cosa fosse successo. Mi dispiace molto per quel che è successo, Harry.

-         Lupin…

-         Mi assicurerò personalmente che Remus riceva tutte le cure necessarie- dice Silente con una smorfia di cordoglio. – I funerali di Severus Piton sono avvenuti ieri…come quelli dei Malfoy.

Qualcosa guizza in una morsa nel lato sinistro del petto di Harry. A quanto pare il suo cuore non è morto abbastanza da non soffrire più, o non c’è limite al dolore che può sopportare prima di impazzire.

No, non finché avrà il ricordo di quegli occhi grigi dentro di sé.

-         “Io giuro”- bisbiglia Harry tra sé e sé. – Che bugiardo che eri…

Gli sembra quasi di sentire il sapore della lacrima che gli aveva portato alle labbra, quei secondi prima di separarsi, aspra e amara sulla lingua. Gli sembra quasi di toccarlo, di vederlo… Draco, disteso sul letto contro il suo fianco, gli occhi pallidi che ricambiano lo sguardo di Harry.

È un’apparizione perfetta, minuziosa fin nei minimi dettagli come quella che lo aveva colto nella guferia a Hogwarts; ma non c’è inganno, ora. Harry non ha più la speranza a sostenere quell’illusione crudele.

Draco è morto.

 

(“Resteremo insieme, qualunque cosa succeda. Giuramelo!”)

 

(“Io giuro”)

 

(“Io giuro”)

 

Harry si accorge appena della lacrima che gli sfugge dall’angolo dell’occhio, riga la tempia, affonda nella conchetta dell’orecchio. Dalle labbra gli sfugge un gemito.

Il cuore è come una pietra rovente all’interno del suo petto, e brucia di disperazione e dolore e pazzia, ma anche di quell’amore immenso che lo divora dall’interno come una febbre… l’amore per Draco, che non si arrende all’Avada Kedavra, incapace di realizzarlo.

Continua ad amarlo, di più ogni istante che passa, e allora come può accettare la sua morte?

Come può?

 

(Vita mia)

 

(Amore mio)

 

(Mio Draco)

 

-         Harry…

-         Sa che cosa avevamo scelto di fare?- chiede bruscamente Harry.

-         So che in quel momento vi è sembrata l’unica cosa possibile da fare- risponde comprensivo Silente. – L’unico modo per uccidere una volta per tutte Voldemort e restare comunque insieme.

Harry singhiozza in silenzio, mentre un’altra lacrima gli riga la tempia.

-         Ma lui non lo ha fatto. Draco alla fine ha deciso diversamente.

-         Harry, io…Sai, ho imparato che nella vita ci sono tre cose di cui non ti devi mai fidare: il tuo gatto quando ha la pancia piena, il tuo registratore quando è l’unico mezzo per registrare l’ultima puntata del tuo programma preferito e la persona che ti ama quando è in pena per te; specie lei, perché farà tutto ciò che crede, anche stupidaggini, pur di salvare la persona che ama. Draco voleva solo proteggerti, Harry. Per questo non ha lanciato la maledizione.

-         Sta insinuando che io non lo amavo?- ringhia Harry irrigidendosi di scatto.

-         No- commenta Silente calmo, - solo che tu avevi il coraggio e la forza d’animo necessari per farlo, e lui no. Non poteva ucciderti, e ha preferito sacrificarsi per te. È … è la paura che fa fare così tanti errori  in amore, forse perché i sentimenti in gioco sono così forti da poter cambiare una vita. Tant’è che hanno cambiato Draco.

Harry scuote la testa, esausto.

-         Tutto quello che ho fatto non è stato sufficiente. Lui non c’è più.

-         Lui ci sarà sempre nel tuo cuore, Harry. Devi solo lasciarlo…

Con uno scatto improvviso Harry balza in ginocchio sul letto, afferra dal comodino il bicchiere posato tra la bacchetta e un nuovo paio di occhiali e lo scaglia contro la parete, mandandolo in frantumi. Il suo cuore pulsa febbrile, la sua gola è roca dal dolore.

-         Perché parla?- ringhia incredulo. – Come può parlare? “Lui ci sarà sempre”… No, signore, lui non c’è più, è morto!

 

(“Resteremo insieme, qualunque cosa succeda. Giuramelo!”)

 

-         Avevamo deciso di morire insieme, ma lui mi ha tradito come un vigliacco…

Silente scuote la testa costernato.

-         Ma non capisci, Harry? Lui si è sacrificato per te!

-         IO NON VOGLIO CHE SI SACRIFICHINO PER ME!- grida Harry con voce singhiozzante.- I miei genitori, Sirius…

-         Lo hanno fatto perché ti amavano!

-         COME PUOI AMARE UNA PERSONA E CONDANNARLA CON LA TUA MORTE? COME PUOI LASCIARLA SOLA CON UN DOLORE DA FARLA IMPAZZIRE?!?

-         Non dire così…

-         CHI GLIELO HA CHIESTO? PERCHÉ NESSUNO MI CHIEDE IL PERMESSO DI MORIRE PER ME? PERCHÉ NESSUNO SI PRENDE LA BRIGA DI PENSARE CHE FORSE IO NON VOGLIO SOPRAVVIVERE A LORO, CHE VOGLIO MORIRE CON LORO!!!

-         Harry…

Harry chiude gli occhi rabbrividendo violentemente; poi, a tentoni, pesca la sua bacchetta dal comodino e la stringe tra le mani, saggiandone la superficie con i polpastrelli. Riapre gli occhi, di nuovo calmo, guarda Silente e bisbiglia in una voce stranamente inespressiva:

-         Non voglio più essere un mago… non voglio…

Stringe ciascuna mano su una estremità della bacchetta e cerca di far pressione per spezzarla,  ma le dita si rifiutano di obbedirgli. Lo coglie invece una breve fitta al petto così violenta da strappargli un urlo e farlo accasciare sul materasso, un dolore ottenebrante che sembra venire dal punto più profondo del suo cuore. Nelle sue mani, la bacchetta vibra e si surriscalda, diventa bollente… come quando il suo Avada Kedavra si era scontrato contro l’incantesimo di Draco.

“Io avevo la mia bacchetta e Draco quella di Voldemort” pensa febbrile. “Ed entrambe… entrambe hanno una piuma di Fanny come nucleo”.

-         Harry, come ti senti?- domanda preoccupato Silente posandogli una mano sulla spalla.

Harry rialza il viso sul preside, gli occhi umidi sbarrati dalla speranza.

-         Professore, al castello, quando i nostri incantesimi si sono scontrati dentro Voldemort,  è successo qualcosa, ma non come al cimitero. È esplosa una luce abbagliante e c’era una farfalla, una farfalla d’argento… Forse… forse non ha funzionato bene! Forse si può ancora…

Le parole gli muoiono in bocca in un lento suicidio quando vede Silente scuotere piano la testa, infinitamente triste.

-         Forse la maledizione è stata modificata dal fatto che le bacchette fossero gemelle e che queste fossero impugnate da due persone che si amavano profondamente; anzi, credo sia stato proprio questo amore, la rottura del vostro legame, a caricarlo di una forza tale da sconfiggere per sempre Voldemort. Ma l’incantesimo ha colpito sia lui che Draco.- Ora sembra costargli uno sforzo altissimo parlare. – Harry... L’amore è un potere fortissimo, ma non può sconfiggere quello dell’Avada Kedavra. Quando attraversi il mare nero e raggiungi la terra dei morti, non puoi tornare indietro, lo sai. Mi dispiace.

Harry annuisce piano, ma sul suo volto è sparita ogni emozione, come se un Dissennatore gli avesse accarezzato il volto e strappato via l’anima. Silente rafforza la presa sulla spalla di Harry, cercando di donargli quel poco di conforto che può accettare.

-         È stato l’amore che provavate a salvarti… e ha salvato anche Draco, perché Draco alla fine ha fatto la scelta che gli ha dettato il cuore ed è morto da uomo libero per la persona che amava. Lo hai liberato dalle catene in cui lo aveva rinchiuso la sua famiglia.

-         No, il nostro amore non è stato abbastanza forte da salvarlo- lo contraddice in un soffio Harry.

-         Lo è stato, Harry! Ha salvato entrambi! E quando il dolore si attenuerà, ti renderai conto anche tu di ciò che hai fatto per lui.

Ma Harry non pensa che il dolore passerà mai. Silente almeno in una cosa aveva ragione: esistono cose peggiori della morte… come sopravvivere alla persona che ami.

In questo momento, per Harry, l’Avada Kedavra non ha più l’aura di spauracchio che conserva per il resto del mondo magico.

-         C’è un’altra persona che vorrebbe vederti, se te la senti- aggiunge Silente facendosi da parte.

Volgendo  gli occhi all’ingresso, Harry vede Ron affacciarsi pallido alla porta. Per un attimo sembra quasi che Ron non voglia entrare; esita sulla porta, ma ad un cenno del capo di Silente affonda nella poltrona accanto al letto e attende che il preside esca.

Nella stanza cala un silenzio pesante mentre Ron continua a guardare Harry, quasi divorandolo con gli occhi; è incapace di credere che Harry sia veramente vivo… non dopo averlo visto affondare nel lago e sentito le sue urla disperate prima che sparisse sotto il pelo dell’acqua. Harry, invece, si guarda le mani giunte in grembo, in uno stato quasi catatonico; se è ancora consapevole della presenza di Ron nella camera, non lo dimostra.

Ron si schiarisce la voce imbarazzato.

-         È bello rivederti.

Harry non dice nulla, non si muove. Disarmato, Ron rivolge una lunga occhiata avida alla porta, ma poi scuote la testa e si avvicina con la poltrona al letto. Non abbandonerà Harry. Non dopo averlo creduto perso per sempre.

-         Credevamo fossi morto- dice tutto d’un fiato. Questa volta non si scoraggia della mancanza di reazione di Harry. Deve essere forte per sé, e se necessario anche per l’amico. – Io, Hermione, la McGrannitt… sei sparito sotto l’acqua e non riemergevi. Non riuscivo a raggiungerti. Non potevo… non potevo fare nulla se non guardare. Ti vedevo urlare e ingoiare acqua, Harry, e io non potevo fare nulla!

La voce gli trema sotto il peso dei ricordi e schiarisce la gola un paio di volte per cercare di ritrovare il controllo, lo stomaco contratto per la tensione. Poi, quasi senza rendersene conto, Ron incomincia a parlare di getto, ignaro di ciò che dirà… e si ritrova a raccontare tutto ciò che ricorda delle ore successive alla sua scomparsa: la morte di Ernie in infermeria, la ricerca di Hermione per il castello, la discesa nella Camera dei Segreti, la traversata verso Hogsmeade, fino all’arrivo dei soccorsi. Racconta di Ginny, salva per miracolo ma con mesi di cure di fronte a sé, e di Hermione, morsa da un lupo mannaro e condannata per il resto della sua vita. E mentre parla, grosse gocce di sudore gli affiorano sulla fronte sempre più pallida, mentre la voce si riempie di rabbia, disperazione, impotenza, vendetta.

-         Avevano le piantine del castello e le parole d’ordini di tutte e quattro le Case. Silente ha scoperto la spia, ma era troppo tardi per prenderla. Era del nostro anno… la Greengrass, te la ricordi? Daphne Greengrass.

Nella sua apatia, Harry la ricorda tra le braccia di Michael Corner di Corvonero, Zacharias Smith di Tassorosso e, dopo il tentativo fallito con lui,  di Andrew Kirke; era presente anche lui quando Andrew aveva pronunciato la parola d’ordine per la sala comune dei Grifondoro davanti a Daphne.

Ricorda, sì,  ma non gli importa. Perché Daphne era una Serpeverde come Draco.

Ron termina il suo racconto, poggia i gomiti sulle ginocchia, la fronte sulle mani e fa un lungo sospiro esausto, ma Harry non fa cenno di consolarlo. Siede passivamente sul letto con lo sguardo perso nel vuoto, come se fosse lì solo col corpo, la mente altrove. Forse riflette e ricorda, pensa Ron, e rivive nella memoria tutta la sua vita passata con un ragazzo morto a sedici anni per amore.

Cosa gli resta, da dire?

Che altro può aggiungere, che non siano sciocchezze di fronte a quel dolore?

-         Più… più tardi dovrebbero passare mamma e papà a salutarti. Sono già stati qui, ma tu dormivi. Ginny ed Hermione sono ancora ricoverate, perciò torneremo e… saranno felici di sapere che …

Ma non riesce a reggere oltre, non quel silenzio, non quegli occhi verdi da statua. Allunga una mano e stringe quelle di Harry serrate in grembo, poi si alza ed esce dalla stanza. I suoi occhi restano asciutti. Le gambe lo sorreggono senza problemi.

Almeno fino a che la porta si chiude alle sue spalle.

 

***.

In serata passano Bill e Molly a trovarlo, e Seamus, Dean, Andrew e Neville. Fanno una capatina gli altri Weasley e i membri dell’Ordine della Fenice superstiti, e poi Luna, ed è forse la visita che Harry apprezza di più, perché tutto ciò che la ragazza fa è avvicinare la poltrona al suo letto, accoccolarcisi sopra e schiacciare un pisolino, senza finzioni da tenere, o sforzi da fare.

Ma poi arriva altra gente anche il giorno seguente, e quello dopo ancora. Tutti capitano sempre di lì per caso, qualcuno per stringergli la mano e parlargli, qualcuno casualmente con una copia della prima pagina della Gazzetta del Profeta

 

(“Harry Potter: Il-Ragazzo-che-ha-Sconfitto-VOLDEMORT!”)

 

che magari lui sarebbe così gentile da autografare?

Tanti lo vanno a trovare, ma nessuno si trattiene a lungo, perché Harry rimane chiuso nel suo mutismo.

La sera del terzo giorno dal suo risveglio, quando Ron fa una puntata in camera sua per salutarlo, la richiesta gli esce di bocca prima che possa rendersene conto.

-         Per favore, Ron, devo uscire da qui!

Ron rimane di pietra sul posto, più per la sorpresa che per altro: quella è la prima frase di senso compiuto che Harry gli rivolge da quando è lì.

-         Harry, non so se…

-         RON!- lo supplica Harry sfinito.- Devo lasciare questo ospedale, devo tornare a casa mia, a Grimauld Place, senza gente che spunti fuori in continuazione! Io…

Ron annuisce.

-         Ok, va bene. Cercherò di convincere Silente, te lo prometto.

 

***

 

Ron mantiene la parola data: il giorno dopo, prima che inizi l’orario di visite, Silente si presenta nella sua stanza.

-         Ciao, Harry, come ti senti questa mattina?

Harry fa segno col capo che sta bene, e altro non dice. Sanno entrambi perché Silente è lì; ora vuole sapere cosa hanno deciso.

-         Ho parlato con la Guaritrice Wilkes, che ti ha in cura. Dice che puoi lasciare il San Mungo e tornare a casa, ma che non devi restare solo, ed io sono d’accordo con lei… Perciò puoi andare a Grimauld Place a condizione che Ron e Molly si trasferiscano da te, almeno finché Hermione e Ginny rimarranno qui. Passeranno comunque la maggior parte delle loro giornate in ospedale, perciò non dovrebbe essere una condizione troppo gravosa per te; Molly si assicurerà semplicemente che tu prenda le pozioni prescritte e mangi adeguatamente. Può andar bene per te?

Va bene per Harry, lo sa ancora prima che il ragazzo accetti senza esitare.

Quel pomeriggio stesso Ron, Molly e Bill lo accompagnano a Grimauld Place; Bill li lascia subito dopo aver portato dentro i bagagli perché deve tornare in ufficio, e Molly lo accompagna per andare a fare la spesa.

-         Ok, ecco… - dice Ron un po’ a disagio. -Sono quasi le cinque, potrei fare un po’ di tè. Vuoi fare un bagno, prima?

Harry annuisce con sguardo spento. Lascia Ron in cucina e va in bagno, si spoglia con gesti lenti da sonnambulo, si infila sotto il getto tiepido della doccia e vi rimane a lungo, pregando che l’acqua sia sufficiente a cancellare l’odore del San Mungo dalla sua pelle. Avvolto dal solo rumore dello scroscio della doccia, Harry si rilassa leggermente; rovescia la testa all’indietro e si bagna il viso in un’imitazione inconsapevole dei gesti nel suo sogno.

Rimane sotto il getto a lungo; quando la pelle sui polpastrelli inizia a diventare rugosa per l’umidità, Harry esce gocciolante dalla cabina  per prendere un asciugamano accanto al lavandino, ma la sua mano si ferma a mezz’aria quando scorge il suo riflesso allo specchio. Osserva la propria immagine sfocata sulla superficie appannata… la pelle umida come di sudore, il viso nudo privo di occhiali… come lo aveva visto per l’ultima volta Draco… e le sue labbra che pronunciavano due parole senza suono, che aveva compreso solo troppo tardi.

 

(“Ti amo”)

 

-         No- sussurra in un soffio di voce.

L’attimo dopo le emozioni lo assalgono con la violenza di uno schiaffo.

-         SCHIFOSO BUGIARDO!- urla rivolto al suo riflesso.

Colpisce lo specchio con un pugno incrinandone la superficie in una ragnatela di crepe, ma ancora non basta; è troppo poco per riuscire a soffocare il dolore che prova dentro, placare quel buco nero al centro del suo cuore.

 

(“Resteremo insieme, qualunque cosa accada. Giuramelo!”)

 

(“Io giuro”)

 

D’impulso, Harry si strappa il braccialetto di Draco dal polso e lo scaglia contro lo specchio sfregiato, e urla, urla, urla.

 

(“Io giuro”)

 

-         TRADITORE! AVEVI GIURATO! AVEVI…

La porta si spalanca di scatto e Ron balza dentro, la bacchetta pronta in mano e gli occhi sbarrati; rimane qualche istante paralizzato sull’ingresso, esterrefatto, quando lo trova nudo davanti allo specchio con una mano sanguinante a gridare come un indemoniato.

-         Buono, Harry, calmo…- prova a tranquillizzarlo passandogli un braccio sulle spalle, ma Harry lo spintona via urlando, scuotendo la testa, rabbrividendo. È in quella stessa trance furiosa in cui si era trovato al momento del suo risveglio dopo l’incubo, poco prima di cadere nel lago; centra Malfoy, di questo Ron ne è certo: solo lui è in grado di ridurre Harry in questo stato.

-         TRADITORE!!!

Gli ultimi pezzi aggrappati alla cornice dello specchio esplodono come bombe,  senza che niente apparentemente li abbia colpiti; ma i peli sulle braccia di Ron si rizzano come colpiti da un fulmine, e la tazza del gabinetto si spacca a metà, riversando acqua e frammenti di porcellana su tutto il pavimento. L’attimo dopo, Harry cade in ginocchio.

Non urla più, ora, non si agita più; solo, trema con il fiato spezzato e fissa il soffitto con occhi asciutti in cui non c’è traccia di lacrima… occhi grandi e spiritati, con una pupilla così dilatata da aver quasi inghiottito il verde dell’iride.

Ron rimane incerto qualche secondo, poi si avvicina piano ad Harry e gli posa una mano sulla spalla, pronto a ritrarla in caso che Harry dia nuovamente di matto. Nessuna reazione nell’altro, e allora prende un grande asciugamano dall’armadietto, vi avvolge Harry e lo aiuta a rimettersi in piedi; poi posa la bacchetta sulla mensola del lavandino, recupera il bracciale rotto tra i frammenti dello specchio, apre la mano di Harry e ve lo posa nel palmo.

-         È importante, no?- dice Ron, e la sua voce è colma di tenerezza.

Harry riesce solo ad annuire fievolmente mentre accarezza le estremità della catenella.

-         Non preoccuparti, lo aggiustiamo in un attimo- gli assicura Ron allungando le dita verso la bacchetta, ma Harry lo ferma.

-         No- dice, e la sua voce è esausta e smarrita, - non ripararlo con la magia.

È stupida come idea, se ne rende conto, ma teme che un incantesimo possa cambiare quella parte del bracciale che è appartenuta a Draco, spaccare tutti i legami con il suo vecchio proprietario, disseminarne i ricordi.

-         Va bene- mormora Ron con lo stesso tono dolce, calmo.- però spostiamoci da qui, ok? Rischi di ferirti, con tutte questa schegge.

Harry annuisce, ma non si allontana; la sua mano si muove da sola, quasi distrattamente, prende la bacchetta di Ron e lancia un “Reparo” contro lo specchio, sapendo benissimo che non funzionerà perché la magia lo ha abbandonato dalla morte di Draco.

Invece, lo specchio torna intatto.

Ron grugnisce soddisfatto.

-         Ottima idea, ci siamo levati il problema. Ora però pensiamo alle tue ferite… sai, al San Mungo mi hanno insegnato… Harry? Tutto bene?- domanda allarmato vedendo l’espressione turbata dell’amico, i suoi occhi spalancati e increduli fissi sulla bacchetta, come se non riuscisse a capacitarsi di qualcosa.

Harry fa cenno di sì col capo, rabbrividendo, poi porge il bracciale di Malfoy a Ron.

-         Puoi aggiustarlo senza magia?

-         Sì- gli risponde, - penso di sì… aspetta, eh…

Ron gli guarisce le ferite alla mano con un colpo di bacchetta, poi gli lega la catenella al polso annodandolo come fosse un cordoncino. È così concentrato nell’operazione che sussulta quando la voce amareggiata di Harry lo raggiunge.

-         Continuo ad aspettarmi di vederlo spuntare sottoforma di fantasma da un  momento all’altro, perché ho sempre pensato che non avesse le palle per scomparire per sempre. – Emette uno sbuffo sconfitto. – Ma forse… forse era anche più vigliacco di quanto pensassi, perché ha deciso di scomparire proprio per non dovermi affrontare.

Ron lo guarda smarrito, e di colpo capisce che questo Harry che ha davanti non diventerà mai come quello della sua visione prima che cadesse nel lago: quel che è successo al maniero dei Malfoy lo ha cambiato per sempre.

Non dice nulla, perché sa che non ce n’è bisogno. Passa un braccio dietro le spalle di Harry, lo pilota in camera e lo aiuta a indossare il pigiama, con la stessa pazienza e gentilezza di un padre col figlio più piccolo. Non prova imbarazzo neanche quando gli rimbocca le coperte, ma si rende conto che non può uscire da quella stanza senza sapere la cosa più importante.

-         Non mentirmi- sussurra Ron triste,- non farlo. Tu lo amavi, non è così?

Harry rialza il capo e posa lo sguardo su Ron. I suoi occhi sono opachi e spenti, ma un sorriso vago e addolorato gli aleggia agli angoli della bocca, il sorriso di un uomo (non più ragazzo, capisce Ron, mai più) che è attaccato alla propria razionalità solo da sottili filamenti, così impalpabili da essere quasi invisibili.

-         Sarei morto per lui- risponde, e non c’è traccia di esitazione nella sua voce. – Per Draco, io sarei morto. Avrei dato la mia anima se fosse servita a salvarlo. E non l’avrei fatto per nessun altro, Ron. Né per te, o Hermione, o Sirius. Solo… solo per …

Non riesce a proseguire, la voce incrinata.

Harry ha dato la sua risposta. E nella stanza silenziosa, Ron lo guarda sperduto, cercando il coraggio per dire ciò che deve..

-         Io… capisco perché non mi hai mai detto nulla, di te e … lui. Mi sarei arrabbiato, non avrei capito. Adesso invece mi è tutto chiaro, anche se non serve più.

La sbocca gli si piega in una smorfia amara.

 

(Apri il tuo cuore ad Harry, Ron)

 

(Ora, che ne ha bisogno)

 

-         Però… però avrei voluto conoscere il tuo Malfoy. Non doveva essere tanto stupido, per farti innamorare di lui, eh?

Harry non riesce a parlare, si fissa le mani giunte in grembo come in quel primo loro incontro in ospedale; al contrario di allora, però, adesso sta tremando. Ron lo abbraccia impacciato, ma non c’è traccia di goffaggine nella sua voce quando dice:

-         Tu sei mio fratello.

Harry non lo abbraccia a sua volta, non piange; solo, si china di più in quella stretta, e nel silenzio rimangono a lungo così, l’uno accanto all’altro, tremando.

 

Quando più tardi Ron scende in cucina, Molly è lì ad aspettarlo, con gli occhi umidi di lacrime e i sacchetti della spesa ancora intatti sul tavolo.

Ron si avvicina strisciando i piedi, le si siede accanto… poi sente le braccia di sua madre che lo avvolgono. E Ron, senza sapere come, si ritrova d’un tratto a singhiozzare rumorosamente… per Harry, ed Hermione, e per Ginny… per tutto ciò che ha perso e mai tornerà… per chi ha ferite nel corpo, e chi ha cicatrici nell’anima.

Piange Ron e Molly con lui, stretti l’uno nelle braccia dell’altro.

 

***

 

Di nuovo al San Mungo, Ron e Molly per prima cosa vanno a parlare con il Guaritore Seward, che va loro incontro con un gran sorriso soddisfatto sulle labbra. A quanto pare Ginny ha finalmente ripreso conoscenza e ha sostenuto una conversazione di cinque minuti prima di affondare la testa nel cuscino.

-         Ci vorrà ancora molto tempo prima che la sua epidermide si rigeneri del tutto- li informa Seward, - ma sta reagendo agli impacchi di Aloe Tentacolare meglio di quanto avessimo previsto! Sua figlia è una ragazza molto forte, signora Weasley.

Molly annuisce con gli occhi umidi.

-         Possiamo vederla?

-         Sì, certamente… ma temo dovrete farlo uno alla volta. È ancora molto debole, non voglio che si stanchi.

Ron le sorride incoraggiante.

-         Vai tu, mamma. Io intanto vado da Hermione.

Molly segue il Guaritore dentro la stanza di Ginny e Ron prosegue per il corridoio fino alla camera di Hermione. La ragazza sta ancora dormendo, e Ron entra in punta di piedi e le si siede accanto; poggia un gomito sul bracciolo della sedia, la guancia sulla mano, e rimane ad osservarla pensieroso. Studia i contorni del viso di lei,  morbidi e tirati dalla malattia, e i capelli crespi e sudati, e la pelle cerea, e il leggero tremolio delle ciglia che proietta ombre sfarfallanti sugli zigomi; la guarda, con tenerezza ma anche disagio, perché sebbene sia in questo stato, c’è più vita in lei che in Harry, che siede come una statua di cera nella sua camera a Grimauld Place.

 

(“Sarei morto per lui. Per Draco, io sarei morto. Avrei dato la mia anima se fosse servita a salvarlo.”)

 

Lui l’anima per Hermione l’aveva rischiata, cercandola tra i corridoi di Hogwarts invasa dai Dissennatori. Quanto erano stati sciocchi e futili tutti i loro litigi in quei sei anni… e quanto è grande l’amore che prova per lei.

Stupido, stupido Ron! Avrebbe potuto perderla come Harry ha perso il suo Draco. Cosa avrebbe fatto, allora? Come avrebbe reagito, se l’avesse smarrita per sempre?

Sfugge dai suoi pensieri quando si accorge che Hermione si è svegliata, e le sue labbra si incurvano in un sorriso.

-         Ehi!

-         Ehi- risponde lei con voce stropicciata dal sonno, cercando di ricambiare il sorriso, e fallendo. Sta ancora troppo male per riuscire a fingere.

Ron le prende una mano tra le sue e le accarezza pelle sudata del dorso, poi deposita un bacio leggero sul palmo.

-         Dicono che Ginny si riprenderà, sai? Mamma è nella sua stanza, adesso, e …

-         Ron, che c’è?- lo interrompe Hermione, e nella sua voce c’è una nota di apprensione. Capisce che Ron sta male nello spirito per qualche preoccupazione, proprio come lei sta male nel corpo per il morso del licantropo; sono cose che comprendi senza bisogno di parole, quando conosci e vuoi bene a una persona da tanto tempo.

Ron le rivolge un abbozzo tirato di sorriso.

-         È… è Harry?-chiede lei.

A malincuore, Ron fa segno di sì con la testa, gli occhi carichi di tristezza e rimorso.

-         Tu non l’hai visto, Hermione. È come se fosse uno zombie, non parla mai, mangia a stento. Silente l’ha convinto a stare con me e mamma finché non si riprenderà, ma… io… io non credo che lo farà.

Hermione gli stringe la mano per confortarlo, ma non riesce a dire nulla; in fondo è anche colpa sua se Harry è in questo stato. Aveva capito cosa c’era tra lui e Draco.

-         Sai qual è la cosa che non mi dà pace? È che sia in questo stato per Malfoy! MALFOY! Fino ad una settimana fa era un idiota pallone gonfiato, e… asessuato, per quanto ne sapevo… e invece… cioè, voglio dire: Harry… e Malfoy?!? Mi sarei arrabbiato, sì, sarei stato furioso, gli avrei dato il tormento…

Scrolla le spalle, abbattuto.

-         Ora invece quello che mi dà il tormento è capire come ho fatto a sbagliare così tanto il mio giudizio su di lui.

-         Ron…

-         Perché alla fine- prosegue Ron con impeto, cercando di spurgare l’anima da ogni veleno, - lui è morto per Harry, Hermione! È morto da Grifondoro, o forse solo da studente di Hogwarts, perché tutta quella storia delle Case era una grande idiozia! È morto come saremmo morti io e te, per gli stessi motivi, per la stessa persona. Ma se eravamo così simili, perché non ce ne siamo accorti prima? Che era come noi? Che era uno di noi?

-         Non lo so- replica mesta Hermione, con gli occhi vitrei lucidi di lacrime.

-         Vorrei solo che tutto tornasse come prima…

A quelle parole Hermione si irrigidisce e sfila la mano da quelle di Ron, a malincuore ma con fermezza.

-         Non è possibile.

Ron le riacciuffa la mano.

-         Perché no?- le domanda allarmato, ed Hermione sa che adesso non si riferisce solo all’apatia di Harry. “Perché fuggi da me?”, questa è la vera domanda. “Perché non può tornare tutto come prima tra noi?”

-         Le cose sono cambiate, Ron.

-         Non è vero!- esclama lui quasi urlando. –Hermione! Hermione, guardami!

Ma Hermione continua a fissare ostinatamente l’orlo del lenzuolo, evitando il suo sguardo.

-         Non si può tornare indietro- dice lei, e le sue parole hanno il sapore di un addio.

Ron si costringe  a recuperare la calma, a rallentare i battiti di un cuore che palpita come impazzito.

-         Hai ragione, non si può tornare indietro- mormora lui, - ma ti sbagli quando pensi che

-          le cose siano cambiate. Io e te, questo non è cambiato, e non basta il morso di un lupo mannaro a farlo!

-         Ron…

-         Continuo ad amarti- confessa lui con voce che trema, - perché tu sei ciò che voglio. Continuo ad amarti perché tu conosci ogni parte di me, e io conosco ogni parte di te, e le accettiamo. Continuo ad amarti ogni giorno che passa, e se anche per te questo non è cambiato.. se anche tu… se anche tu…

-         Sì- bisbiglia lei con le guance solcate da lacrime silenziose.

-         Allora…- un lungo sospiro.- Sposami, Hermione.

Hermione sgrana gli occhi.

-         Cosa?

-         Sposami- ripete Ron, e la sua voce è sicura, come mai prima d’ora.

Ma la reazione di Hermione non è quella che sperava: la ragazza sfila per la seconda volta la mano dalla sua presa e scuote la testa, con un movimento lento che sembra costarle un’oncia di cuore ad ogni secondo che passa.

-         Non c’è cura per la licantropia, Ron.

-         Sposami!

-         Non capisci…

-         No, sei tu che non capisci! –la blocca Ron deciso. – Sposami! Sposa me, Ron Weasley, e accetta solo se comprendi che ti faccio questa proposta per egoismo, per avidità, perché tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata, e ti voglio solo per me!

-         Ron…- pigola lei con voce soffocata.

-         Dal primo istante che ti ho vista… oh, Hermione, diventa mia! Sposami!

Lei continua a guardarlo con occhi grandi e increduli, e ansima come se il cuore le tremasse così tanto in petto da non riuscire a trovare il respiro per poter parlare; poi, lentamente inizia a realizzare,  e le pagliuzze marroni nelle sue iridi prendono a brillare come schegge di diamanti.

Ma ancora non risponde.

-          Sposami, Hermione- ripete Ron osservandola ora un po’ preoccupato. – Hermione? Ehm… dovresti rispondermi…

Il labbro inferiore di Hermione tremola e le lacrime scorrono più copiose lungo le guance, ma continua a non parlare  o a fare cenni d’assenso col capo. La sua unica reazione sono dei lievi mugolii che le sfuggono dalla gola.

Sentendoli, Ron sorride.

-         Amore, muggire non ti servirà a sviare la domanda.

A quelle parole, Hermione scoppia a ridere, nonostante la paura, nonostante la febbre, nonostante la ferita dolorante al fianco.

-         Allora sì- singhiozza Hermione felice buttandosi tra le braccia di un Ron enormemente più sollevato. – La mia risposta è sì!

 

Sua madre e i gemelli sono i primi che informa, giù nella grande sala di accettazione del San Mungo. Molly rimane sbigottita per quasi dieci secondi con gli occhi sbarrati, poi caccia un urlo spaccatimpani e lo strizza in un abbraccio, ignorando le occhiate shockate dei Guaritori e pazienti lì intorno; continua a singhiozzare felice: “Oh Ron! Oh Ron! Aspetta che tuo padre e Bill lo sappiano! Oh Ron!” mentre i gemelli, dopo un primo momento di comica incredulità, hanno iniziato a fare fischi di tifo e una danza della vittoria improvvisata sulle sedie della sala d’aspetto.

Per quasi un’ora, il dolore e le paure sembrano scomparse, ma quando Ron torna a Grimauld Place, la casa è nel silenzio. Risale le scale e socchiude la porta di Harry per vedere come sta, ma la stanza è nel buio; dalla fessura tra stipite e  battente riesce comunque a scorgere l’amico, seduto sulla poltrona accanto alla finestra con le gambe raccolte al petto; gli occhi verdi sono fissi nel vuoto, come quelli di un’enorme bambola di porcellana abbandonata in una vecchia soffitta. In mano, ha la sua bacchetta.

-         Lumos- sussurra Harry con voce apatica, e Ron realizza due cose: primo, che l’incantesimo non ha funzionato, la stanza è ancora nell’ombra. Secondo, che l’attimo dopo aver pronunciato la formula magica, Harry ha emesso un guaito e ha lanciato la bacchetta a terra, come se si fosse scottato la mano.

“Perché non ha funzionato?” pensa confuso Ron, e non riesce a trovare una spiegazione: nel bagno, Harry aveva riparato lo specchio senza problemi.

Sentendosi come un intruso per aver assistito a quel momento, in silenzio si richiude la porta alle spalle, lasciando l’amico ai suoi pensieri.

 

***

 

Nulla cambia in Harry col passare dei giorni. Mangia poco, dorme meno, passando le sue notti a fissare il vuoto dalla sua poltrona o nel suo letto a sognare la collina. Ogni sera significa un passo in più verso la cima, e il nastro di seta azzurra che è il cielo si abbassa come il sipario di un palcoscenico. Ogni sera … significa un passo in più verso ciò che lo aspetta dall’altra parte, che attende il suo arrivo.

Qualcosa.

O qualcuno.

E mentre le speranze di salvarlo vanno sbriciolandosi nel cuore di Ron, a due settimane dall’attacco di Hogwarts Harry raggiunge finalmente la cima del colle

 

L’odore di salmastro se non altro è spiegato: nell’altro versante della collina, erba e alberi cedono il passo ad una larga spiaggia e al mare. A chilometri di distanza, ma ancora visibile nel cielo reso terso dal vento, si vede un’enorme isola montagnosa; dal punto rialzato in cui si trova Harry ne può scorgere il riflesso sulla superficie del mare… acque nere e torbide, come inchiostro mischiato con cenere.

Le parole di Silente affiorano alla sua mente all’improvviso.

 

(“Quando attraversi il mare nero e raggiungi la terra dei morti”)

 

Sì, crede di aver capito dove si trova. Pensa… pensa di sapere chi lo attenda lì.

Inizia piano a discendere il fianco della collina mentre i suoi occhi continuano a divorare i particolari del paesaggio intorno a lui. C’è un ponte, lungo e sottile in legno brunito, che affiora dal mare per collegare la spiaggia all’isola in lontananza, e una coda di persone messe in fila per attraversarlo; all’ingresso consegnano qualcosa ad un vecchio dall’aria torva, ma di cosa si tratti, da quella distanza Harry non riesce a stabilirlo. È la riscossione di un pedaggio, probabilmente, perché dopo ogni consegna, il guardiano si fa da parte e lascia passare la persona prima di tornare al suo posto.

Harry affretta il passo e raggiunge la spiaggia. I suoi piedi affondano nella sabbia grigia, ma di orme visibili come le sue ce ne sono poche: la maggior parte della gente, nella coda infinita lungo il bagnasciuga, sembra sfiorare a stento il terreno; ad una seconda occhiata, vede che la fila è formata da uomini e donne, vecchi e bambini di tutte le razze. Ogni tanto il guardiano respinge alcuni individui che si presentano da lui a mani vuote, negando loro l’ingresso; Harry li vede piagnucolare un po’, supplicare perché li lasci passare, ma il vecchio scuote il capo e li scaccia in malo modo. Avviliti, questi si allontanano e raggiungono una specie di tendopoli ad un centinaio di metri da lì, brulicante di persone.

Forse è uno scherzo dei suoi occhi, o forse un’allucinazione indotta dagli effluvi di quel mare nero come catrame, ma l’uomo che va incontro ai nuovi arrivati all’accampamento assomiglia come una goccia d’acqua a Remus Lupin; alle sue spalle, qualche passo più indietro, ci sono Zacharias Smith e una ragazzina con i capelli neri che Harry ricorda solo perché membro della squadra di Quidditch di Tassorosso.

La sua confusione cresce.

Perché Remus e Smith sono lì? Perché non hanno potuto attraversare il ponte?

Tenta un paio di passi storditi verso di loro, ma si immobilizza di scatto quando sente una mano chiudersi intorno al suo polso. Harry sussulta, il suo cuore triplica i battiti. Non osa voltarsi. Non osa guardare… ma neanche l’odore di quel mare può cancellare il profumo della persona comparsa al suo fianco.

Dal suo polso, la mano scivola in basso ed intreccia le dita con quelle di Harry.

-         Harry- bisbiglia Draco in un soffio.

Harry si gira.

È Draco, sì, non come gli era apparso tra le sue braccia a Grimauld Place per l’ultima volta ma in salute, e con indosso la divisa di una scuola che ormai non esiste più.

Non riesce a parlare, a stento respira; la mano libera si muove da sola e si posa sulla guancia di Draco, ma non trova la compattezza solida della carne: le dita passano attraverso, come se avesse accarezzato una nuvola di fumo.

Il cuore di Harry trattiene un sussulto.

-         Draco- mormora in un lamento angosciato.

Malfoy sorride, enigmatico ma con una dolcezza insolita agli angoli della bocca; gli dà un leggero strattone alla mano intrecciata alla sua, l’unico punto di contatto tra di loro, palmo contro palmo, i polpastrelli dell’uno che sfiorano il dorso dell’altro.

-         Vieni- dice Draco, ed Harry lo segue, contemplandolo in una sorta di stupore ipnotico.

Il suo cuore batte forte, e più forte ancora.

Nella sua mente, un solo pensiero.

 

(Ovunque siamo, fammi rimanere con lui per sempre, ti prego)

 

Raggiungono l’imbocco del ponte senza essere disturbati, ma quando sono davanti al guardiano, questi volge il volto incartapecorito verso Draco e gli fa cenno di no con la testa: no, non può passare.

-         Perché?-domanda Harry offeso, ed è stupida come cosa, perché non vuole che Draco lo lasci solo, non adesso che l’ha ritrovato.

Il vecchio scuote ancora la testa in segno di diniego e riporta l’attenzione su una coppia di maghi africani pronti a passare.

Harry scuote la testa confuso.

-         Perché non puoi passare?- chiede a Draco.

Malfoy lo guarda per qualche istante con un sorriso dolce, poi apre la mano libera con il palmo rivolto verso il cielo.

-         Non ho di che pagarlo- risponde.

Gli occhi di Harry scivolano sulle persone in fila; dalla collina non era riuscito a distinguere con cosa barattassero il loro ingresso al ponte, ma adesso vede chiaramente la sfera trasparente che ciascuno di loro stringe in mano… e la farfalla che batte pigramente le ali al loro interno, brillante e argentea come un patronus.

Harry ha già visto una farfalla come quelle.

 

(“Avada Kedavra!”)

 

(“Lumos”)

 

Gli occhi di Harry si appannano di lacrime.

-         Draco… o mio dio, Draco…- sussurra piangendo.

Malfoy gli rivolge ancora quel sorriso dolce ed enigmatico, e  gli attraversa la guancia in un tentativo di carezza

-         Io ti aspetto, amore mio.  Io ti aspetto.

 

***

 

Harry si desta di soprassalto e non c’è più mare o spiaggia intorno a lui, ma solo la buia accoglienza di Grimauld Place. Con la scarsa luce che filtra dal vetro opaco della finestra si osserva la mano destra… fino a pochi istanti prima stretta in quella di Draco.

 

(“Non ho di che pagarlo”)

 

“Oh, Draco, come ho potuto? Come ho fatto a sbagliarmi così?”

 

Voldemort

 

(“Non potevo resuscitarlo, perché il viaggio oltre il ponte sul mare nero è senza ritorno”)

 

e Silente

 

(“Quando attraversi il mare nero e raggiungi la terra dei morti, non puoi tornare indietro, lo sai.”),

 

avevano ragione, da lì non c’è ritorno.

Ma Draco quel ponte non lo ha ancora attraversato.

 

(“Io ti aspetto, amore mio. Io ti aspetto”)

 

 

***

 

Ron ha le chiavi del portone d’ingresso e non ha bisogno di suonare il campanello per entrare, ma il rumore che fanno lui e Neville per aiutare una Hermione appena dimessa dall’ospedale è sufficiente a svegliare la Signora Black e strappare Harry dal suo dormiveglia.

Sente Ron gridare:

-         Schianta la vecchia, Neville!

-         AH! FECCIA! SOZZURA! ABOMINIO! COME OSATE INSUDICIARE LA CASA DEI MIEI PADRI…

-         Stupeficium!- urla Neville, seguito da un frastuono come uno scoppio. – Oh, scusa!

-         MEZZOSANGUE! TRADITORI! VIA DA QUESTO LUOGO…

-         Neville! Hai fatto fuori il portaombrelli!

-         S-scusa! Ho preso male la mira… io…

-         RINNEGATI! FIGLI DEL DISONORE, TRADITORI DEL VOSTRO SANGUE…

-         Oh, che diavolo!- sente Hermione sbuffare. – Stupeficium!

Le strilla della Signora Black si interrompono immediatamente.

Passi su per le scale, e Ron appare alla porta della sua camera.

-         Ehi, Harry, è arrivata Hermione!- annuncia gioioso, come se non fosse bastata la baraonda giù all’ingresso ad informarlo.

Harry fa un cenno d’assenso con capo: Ron gli ha chiesto da tempo il permesso per portarla lì, una volta dimessa dal San Mungo, non è una problema.

Non più.

-         Sta bene?

La domanda coglie Ron completamente spiazzato. È ormai così abituato ai silenzi di Harry che qualunque sua frase sembra il frutto della sua immaginazione. Grazie al cielo si riprende in fretta.

-         Eh? Sì, sì, sta bene. C’è anche Neville giù, l’abbiamo beccato in ospedale e mi ha aiutato con le cose di Hermione… sai, mamma non se la sentiva di lasciare Ginny da sola…

Harry annuisce ancora e si volta verso la finestra, ma non vede le facciate sudice degli edifici o i vecchi lampioni incrostati: c’è solo un vasto mare che assomiglia ad uno specchio di onice lustro, e un lungo ponte di legno che lo attraversa. Perde la cognizione del tempo a fissare quelle onde nere, perché dopo quello che sembra un attimo Ron sta aiutando Hermione a disfare le valige qualche camera più in là, e Neville è seduto sul divanetto davanti a lui, con la borsa posata distrattamente tra cuscini ammuffiti e il sacco di topi morti per Fierobecco.

-         Sei di nuovo tra noi?- gli chiede con un sorriso paziente.

Harry fa cenno di sì un po’ confuso. Per qualche ragione,  Neville indossa un poncho marrone con grossi pon pon arancio sopra una canottiera intima, pantaloncini alla marinara, galoscie rosse e un berretto dei Lakers. Se questo è il suo tentativo di mimetizzarsi tra i babbani, non gli è riuscito particolarmente bene… e non passa inosservato neanche quella mano destra che trema convulsamente, per quanto cerchi di nasconderla tra la borsa e i cuscini.

-         Hai una bella casa- dice Neville con un sorriso un po’ imbarazzato guardandosi intorno. – Un po’.. un po’ macabra, a dire il vero, però è bella. Silente me ne aveva parlato, ma non c’ero mai stato. È la sede dell’Ordine della Fenice, vero?

Harry scrolla le spalle.

-         Non esiste più l’Ordine.

-         Oh, beh, immagino di no- si affretta a correggersi Neville, e la mano destra prende a tremare più forte. – Non credo serva più da quando hai ucciso Voldemort .

Harry gli scocca un’occhiata pensierosa. È strano come sia diventato comune sentir pronunciare il nome del mago più temuto al mondo, una volta che questi si sia trasformato in un capitolo superato sui libri di storia. Ma come Voldemort, anche Harry ormai fai parte del passato.

Per lunghi istanti nella stanza cala nel silenzio, mentre Neville non sa che dire e ad Harry non interessa parlare; poi Neville si rianima con un piccolo sobbalzo.

-         Quasi mi dimenticavo: ti saluta mia nonna! Me lo deve aver ricordato almeno una decina di volte oggi, mentre eravamo da mamma e papà…Ah, e ho anche una bella notizia! Cioè, non credo che ti importi… beh, non credo che importi a nessuno, a dire il vero, tranne che all’infermiera di mia mamma- aggiunge borbottando tra sé e sé Neville prima di riprendersi. – Comunque il professor Allock si è sposato! Credo che la moglie di chiami Gladys, ora non mi ricordo bene… era una sua fan sfegatata che gli scriveva ogni settimana. Se hai qualche curiosità sulla cerimonia, chiedi pure: Allock mi ha placcato mentre cercavo di andare a prendere qualcosa da mangiare al quinto piano e mi ha raccontato tutto! E intendo tutto! Mi ha anche regalato i confetti… - lo informa ridendo portando le mani alla borsa per farglieli vedere, - sono uno spettacol…

La voce di Neville appassisce di colpo, sfiatata.

Harry distoglie lo sguardo dalla finestra per vedere cos’è successo, ma l’attenzione di Neville ora è tutta sulla mano destra sporca di sangue: deve aver inavvertitamente toccato il sacco di topi morti mentre cercava di nasconderla. Dalla gola gli sfugge un singulto terrorizzato. La mano gli trema con una violenza brutale, quasi la stesse stringendo intorno ad una recinzione elettrificata.

-         Harry, dov’è il bagno?- pigola Neville con un filo di voce, impallidendo di più ad ogni secondo che passa.

Harry gli indica con il dito il corridoio a sinistra, e Neville si alza di scatto e corre fuori dalla stanza, rovesciando la borsa aperta a terra con tutto il suo contenuto: una manciata di zellini, la sua bacchetta, un incarto di gomma Bolle Bollenti stropicciato e una vaporosa bomboniera tutta pizzi lillà e fiocchi turchesi piuttosto kitsch.

Nel panico, riesce comunque a trovare il bagno; preme l’interruttore della luce con il gomito e infila la mano destra sotto il getto dell’acqua bollente, prende la saponetta ed inizia a sfregarla con ferocia, nascondendo la pelle sotto un denso strato di schiuma rosata. Harry lo segue letargico quasi un minuto dopo e si appoggia contro lo stipite della porta.

-         È la mano che ti sei rotto?- domanda con voce spenta, come se la cosa non lo toccasse.

Neville scuote la testa e strofina con più veemenza, il respiro spezzato mentre bave di schiuma vengono risucchiate giù dal vortice dello scolo del lavandino.

-         No, no, no- risponde Neville con lo stesso tono ipnotizzato di un bambino che ripete una filastrocca per scacciare l’uomo nero. – No, no… Ron si è rotto la mano, non io, io no…

Strofina più forte mentre schizza getti di schiuma e acqua sul fronte del poncho.

-         Nella foresta c’era lei, Bellatrix Lestrange… ha fatto impazzire i miei genitori, e aveva ucciso quel mago davanti a noi… non potevo, capisci?- Tutto il corpo di Neville rabbrividisce. – Non potevo lasciarla andare!

-         Ha ucciso Sirius- sussurra Harry  avvicinandosi di un passo a lui, e ora il suo tono non è più così distaccato.

-         Sì, lo ha ucciso- ripete Neville con quella voce imbambolata dallo shock, - e io ho ucciso lei. Ho preso un sasso e ho iniziato a colpirla, e a colpirla, e a colpirla, e c’era sangue ovunque, e la sua testa era così morbida e fragile che si è spaccata subito… tutto quel sangue sulla mano… tutto…

 

(“Ha ucciso Sirius”)

 

(“… e io ho ucciso lei”)

 

In silenzio, Harry prende la mano destra di Neville, chiude l’acqua calda, apre quella fredda ed inizia a risciacquarla strofinandola con delicatezza.

-         È così che si lava via il sangue- dice, e in quegli occhi verdi Neville vede una scintilla di luce che può essere felicità, vendetta, o forse nient’altro che gratitudine.

È tutto come nel bagno dei Tre Manici di Scopa, ma al contrario del tocco confortante di Seamus, quello distaccato di Harry gli fa rizzare i peli sulle braccia dal disagio; è spettrale, come il contatto con una statua di cera, ma si trattiene dal ritrarre la mano: questo è il modo di Harry di ringraziarlo, e allora va bene così.

Quando tornano in camera trova il pavimento sgombro e la borsa appoggiata nuovamente sul divano.

-         Mi hai rimesso le cose dentro. Grazie… oh, aspetta, c’è ancora la bomboniera sotto il divano!

La raccoglie in un fruscio di poncho e galoscie, fa per infilarla in borsa, poi ci ripensa e la porge a Harry.

-         Tieni, prendila tu.

Harry la prende, ma invece di abbozzare un sorriso e sentirsi risollevare il morale davanti a quella bomboniera pacchiana come aveva sperato Neville, il suo volto si scurisce, la sua bocca si piega in una smorfia di dolore. L’attimo dopo, Neville realizza di aver appena regalato un dono di nozze ad una persona che ha perso da poco la persona amata.

 

(Eccellente tatto, Neville, complimenti)

 

-         Io… -prova a dire imbarazzato dalla sua gaffe, ma non riesce a continuare per la vergogna. Perché queste cose succedono sempre a lui? Perché non impara a tenere chiusa la bocca?!? -Forse è meglio che vad…

-         Posso farti una domanda?- chiede Harry all’improvviso rialzando gli occhi dalla bomboniera, e Neville sussulta e stringe la cinghia della borsa: qualcosa in quel tono di voce gli manda un brivido lungo la schiena.

-         Dimmi- risponde dubbioso.

-         Pensi sia sbagliato amare?

Neville solleva bruscamente lo sguardo su Harry e la sua mente per un solo istante, uno solo, corre al sorriso di Seamus. Si umetta le labbra, nervoso.

-         Penso sia sbagliato non concedersi di farlo.

-         Allora perché, Neville?- mormora Harry in tono smarrito. - Perché fa così male?

 

(Gli hai regalato tu quella bomboniera, Neville. Adesso trova una risposta decente)

 

-         Forse… forse perché non accettiamo volentieri che esista una persona che per noi rappresenta Tutto… una persona… per cui sacrificheremmo il mondo.

Harry annuisce soddisfatto e si infila la bomboniera in tasca. Poi, per la prima volta da quando si è risvegliato dal coma, sorride.

-         Grazie, Neville.

 

 

***

 

Con le sue galoscie, ed il suo poncho, e la sua borsa a tracolla, Neville cammina per la Londra babbana.

È una camminata di quaranta minuti da lì a Diagon Alley, ma Neville decide comunque di farsela a piedi, forse perché è una bella giornata, o forse perché spera che un po’ di moto serva a liberarsi dai brividi che parlare con Harry gli ha messo addosso.

Ma perché lo ha così turbato?

 

( “Una persona che per noi rappresenta Tutto”)

 

“È il modo in cui mi ha sorriso alla fine” pensa Neville, e rabbrividisce. Ha visto smorfie di dolore simili a quel sorriso, su alcuni cadaveri a Hogwarts.

 

(“ Una persona… per cui sacrificheremmo il mondo”)

 

Una breve occhiata all’orologio e scopre che è l’una passata. Dovrebbe tornare a casa, ma decide invece di passare prima al Paiolo Magico, per un po’ di stufato e una Burrobirra.  La sua decisione, si ripete mentalmente, non ha nulla a che fare con il fatto che Seamus ha preso una stanza lì e da quella sera a Hogwarts non è più riuscito a passare un po’ di tempo da solo con lui… e ogni cosa, tutto, sembra essere stato solo un sogno, perché certe cose non capitano mai ai tipi come Neville.

Persino Balthazar e Rose, dopo averlo visto nel suo ambiente di naturale goffaggine, hanno perso quello sguardo di ammirazione verso di lui.

Ma no, sa di non aver sognato: ha quella mano che trema contro il fianco a ricordarglielo; ha le grida di Bellatrix Lestrange che lo supplicano di non ucciderla che lo perseguitano ogni notte; ha le cinque cicatrici lineari che pulsano nella carne dell’avambraccio, là dove gli artigli del lupo mannaro lo hanno ferito.

Nessun sogno. Saperlo, però, non serve a risollevargli il morale.

Alla fine, arriva al  Paiolo Magico.

Individua subito Seamus, seduto ad uno dei tavolini con una Burrobirra in mano. Nello stesso istante, come per telepatia, Seamus alza lo sguardo e lo vede; agita il braccio per attirare l’attenzione di Neville.

-         Ehi, Nev, siamo qui!

C’è anche Dean, lì con lui, e come ha fatto Neville a non notarlo prima? Ma in quei pochi istanti fermo sulla soglia del pub, i suoi occhi non erano riusciti a vedere altro che quella testa biondo sabbia e quel sorriso.

 

(Perché, Neville?)

 

Si dirige verso il tavolo cercando di dissimulare la delusione dietro un sorriso.

-         Ehilà! Come va?

-         Bene, grazie. Tu?- risponde Seamus regalandogli un sorriso affettuoso che fa fare strane capriole al suo cuore.

Neville chiude la mano destra a pugno e la preme contro lo stomaco, sotto il poncho di lana, perché il tremolio si è fatto all’improvviso più violento e non vuole che lo notino. Potrebbe attirare domande a cui neanche lui saprebbe rispondere… forse perché da quella notte a Hogsmeade, il suo cuore ha iniziato a comportarsi come un’entità a parte, sconosciuta e su cui non ha la minima autorità.

-         Io bene. Dean?

Dean per un attimo non risponde: guarda Neville con le sopracciglia inarcate e una buffa smorfia sul viso che è un misto tra incredulità, disgusto e divertimento.

-         Bene. Ehm… perché indossi un poncho e le galoscie?

Neville si guarda i vestiti, confuso.

-         Mi mimetizzo tra i babbani! Non potevo girare per Londra con la …veste da … da mago-. Il suo tono parte sicuro, ma perde fiducia via via che parla, vedendo il sorriso indulgente di Dean e i suoi sforzi per trattenersi dal ridere. – Che c’è?

-         Non so come dirtelo, ma puoi star certo che se arrivavi a cavallo di una Firebolt attiravi meno attenzione!

Neville si guarda ancora una volta i vestiti, smarrito.

-         Ma… sono vestiti babbani, no?- chiede Neville sulle difensive.

Non capisce perché Dean lo guarda in quel modo. Non capisce perché la mano gli vibri con una ferocia tale da fargli dolere i muscoli. Non capisce  perché i suoi occhi si ostinano a fissare Dean e non trovino il coraggio di lanciare anche una sola breve occhiata all’altro occupante del tavolo.

-         Sì, ma combinato così sembri…

Ma prima che possa concludere la frase, Seamus lo interrompe formando in aria con le mani una “T”, in un gesto babbano che Dean comprende e Neville no.

-         Ok, Dean, time out. Ha il capellino dei Lakers : questo fa vincere Nev su tutta la linea!

L’altro alza le mani in segno di resa.

-         Pace! E tu sbrigati a finire la Burrobirra, che l’orario di visita ricomincia tra poco.

-         Vai a trovare Ginny?-domanda Neville fingendo di non dar peso al commento sui vestiti.

-         Già. E vorrei comprarle un regalo, se qualcuno a questo tavolo non fosse così lento a bere…

Con uno sbuffo, Seamus si porta la bottiglia alle labbra, rovescia la testa all’indietro e finisce la bibita in tre lunghe sorsate.

-         Ok, finita! Ora smettila, mi stai facendo diventare le palle blu dalla noia!

Dean sogghigna e gli mostra il dito medio.

È un altro gesto che Neville non comprende. È stupido sentirsi escluso per una stupidaggine del genere, ma non può farne a meno; le cose non sono cambiate dai tempi della scuola, e Dean e Seamus sono stati migliori amici sin dal loro primo giorno a Hogwarts, anche per quella conoscenza di prima mano sui babbani che condividono. Che cosa si aspettava?

 La verità… la verità è che a volte si ritrova a desiderare che il mondo venga ancora attaccato, che spuntino Mangiamorte da dietro il bancone e inizino a lanciare maledizioni e incantesimi, che tutto ricominci… perché sembra che solamente in questo modo gli altri abbiano bisogno di lui. Solamente in questo modo trova in sé un Neville così forte e coraggioso da guidare i suoi compagni in una foresta in fiamme e affrontare un lupo mannaro e Bellatrix Lestrange a mani nude.

È un desiderio che lo terrorizza e che lo turba ancor più del suo cuore ribelle, perché non trova traccia del vecchio sé in quei pensieri; sembra quasi che sia regredito, mentre Seamus, Dean, Ron ed Hermione… tutti gli altri procedono per la loro strada, evolvono, e lo lasciano indietro… e l’unico modo che ha Neville per raggiungerli è di ritrovarsi in un’altra battaglia, in un altro attacco, pronto a combattere.

Così solo, si sente, che non riesce a camuffare bene la sua espressione, e Seamus si accorge che qualcosa non va.

-         Tu vieni con noi, vero, Nev?

Neville annuisce fiaccamente, e tutti e tre si dirigono verso il cortile sul retro del pub. E qui, Neville ha un’altra brutta sorpresa: la sua bacchetta è sparita.

-         Non c’è…- bisbiglia incredulo.

Rovista all’interno rimestando ostinatamente la mano tra zellini, piume e cartine appallottolate, ma a meno che qualcuno gli abbia cucito tasche segrete nella sacca a sua insaputa, non c’è alcun posto dove possa nascondersi.

-         Sei sicuro di averla messa in borsa?- domanda Seamus sbirciando a sua volta.

-         Sì, sì, ce l’avevo dietro. Non posso averla dimenticata, e mentre camminavo non mi sono fermato da nessuna parte.

-         O te la sei persa, o te l’hanno rubata- dice Dean con una smorfia solidale, mentre si avvicina con la bacchetta al muro per aprire il passaggio. - Il che, visto come ti sei vestito, non è da escludere.

Neville abbassa lo sguardo, umiliato. Si rifiuta di guardare in direzione di Seamus, mentre i mattoni si ricompongono per aprirsi su Diagon Alley.

Avverte una stanchezza addosso come mai ha conosciuto prima in vita sua;  all’improvviso vuole tornare a casa, lui, e le sue gaffe, e i suoi vestiti babbani sbagliati, e la sua mano che trema convulsamente. Ma a casa c’è sua nonna, e gli basta immaginare la sua reazione nello scoprire che ha perso di nuovo la bacchetta a farlo desistere.

 

(“Oh, Neville, credevo fossi cambiato!”)

 

-         Ehi, Dean- dice Seamus di punto in bianco,- ho fame!

L’altro lo guarda sbigottito.

-         Ma che diavolo… dico, hai appena finito di mangiare! Dai, ho appena venti minuti prima che l’orario di visite inizi!

-         E allora inizia a cercare! Nev, mi accompagni? Ti ritroviamo per strada, Dean.

Dean scrolla le spalle e si dirige verso Accessori di Prima Qualità per il Quidditch, mentre Seamus afferra Neville per il polso sinistro e se lo trascina verso la Gelateria Florian. All’interno, si mettono in fila davanti al bancone per ordinare. Neville continua a guardare ovunque tranne che verso di lui.

Rimangono in silenzio per circa trenta secondi prima che Seamus bisbigli:

-         Ok, mi spieghi cosa succede? All’improvviso ti sei imbronciato… è per la bacchetta, vero? Sono certo che te la sei solo dimenticata da qualche parte, capita a tutti di…

-         No, non è vero!- sussurra Neville d’un tratto furioso. – Sono sempre il solito! Cosa sarebbe successo se mi fossi scordato la bacchetta, quella sera? Sarei stato solo un peso, non avrei potuto aiutare nessun…

-         Ma lo hai fatto, Nev! – lo interrompe Seamus infervorandosi. - Nel momento in cui c’è stato bisogno, tu eri pronto, e anche senza bacchetta hai fatto delle cose incredibili! Non puoi far finta che non sia successo… ti sei gettato a mani nude contro il lupo mannaro che stava aggredendo Hermione, e hai salvato me dallo scoppio della vetrata nella stazione! E hai affrontato quella Mangiamorte da solo, quando avresti potuto evitarla come hanno fatto gli altri.

-         Abbassa la voce, maledizione!- sibila Neville furioso. Si sente gli sguardi dei clienti della gelateria addosso, e la strega in fila davanti a loro li sta fissando apertamente, incuriosita.

Vede Seamus sussultare, ferito, e lo invade la vergogna.

-         S-scusa- gli bisbiglia mortificato.

Il ragazzo scrolla le spalle, ma non ha il tempo di rispondere perché è arrivato il loro turno di ordinare; sforzando un tono gioviale, Seamus ordina un frappè alla fragola, e si volta a guardare Neville. Neville, non avendo fatto né colazione né pranzo, avverte un certo languore, ma non riesce a concentrarsi, a pensare, perché la mano ha ripreso a tremare convulsamente per il nervosismo e la lite, e avverte lo sguardo di Florian Fortebraccio su di sé, una pressione quasi solida, come un panno di velo premuto sul viso, che gli affatica il respiro.

I suoi occhi scorrono sulla tavolozza variopinta delle vaschette dei gelati, balbettando un “ehm…” e un “ecco…”, nella speranza di guadagnare abbastanza lucidità per scegliere. Inutilmente.

Alla fine, quando sente un borbottio spazientito dalla fila di clienti dietro di loro, bisbiglia vergognoso:

-         Un frappè alla fragola anche per me, grazie.

La mano adesso trema così forte che i movimenti devono essere ben visibili nonostante il poncho; sa che Seamus lo sta guardando, e non gli importa se lo fa con disgusto o preoccupazione: vorrebbe essere a mille miglia da lì, dove nessuno lo conosce o è convinto di farlo.

Palmo, dita, si agitano con maggior violenza.

Poi, lo raggiunge la voce di Florian.

-         Eravate a Hogwarts?- domanda, e non ha bisogno di specificare il quando; sembra che i secoli di esistenza di  quella scuola siano stati cancellati davanti all’attacco dei Mangiamorte.

Seamus fa cenno di sì col capo. Florian annuisce a sua volta, pensieroso.

-         Questi li offre la casa. Perché non vi sedete ad uno dei tavolini fuori e aspettate lì i frappè? È una bella giornata fuori, e ragazzi come voi dovrebbero prendere più sole che possono.

Respirare diventa sempre più difficile, per Neville, come se qualcosa gli stesse crescendo al centro della cassa toracica e gli comprimesse i polmoni; si sente lo sguardo di tutti i clienti del locale addosso, e sulla sua mano tremante sotto il poncho, e sui suoi vestiti strambi, e mentre Seamus dice a Florian che seguiranno il suo consiglio, Neville schizza fuori dalla gelateria, quasi correndo.

Seamus lo segue, ma lo acciuffa per un polso quando lo vede superare i tavolini per scappare via.

-         Nev, fermati, cos’hai?- gli domanda confuso,ferito. - Dimmelo, per favore, parlami!

E Neville vorrebbe farlo: vorrebbe dire quanto lo ha sconvolto quel sorriso da morto sul volto di Harry, e degli sguardi delusi di Rose e Balthazar, e della vergogna di dover entrare da Ollivander per la quarta volta in meno di un anno.

Ma quello che gli esce dalla bocca è un altro rimorso vergognoso, che ha tenuto fino a quel momento rinchiuso nel recesso più remoto del suo cuore.

-         Ho dimenticato Trevor.

-         Cosa?- chiede Seamus spiazzato.

-         Quando abbiamo lasciato la Torre di Grifondoro, e Ginny e gli altri hanno fatto da esche, e noi abbiamo inseguito Ron… mi sono scordato di Trevor. L’ho a-abbandonato lì, a morire. È morto per colpa mia.

Per lunghi istanti, Seamus non sa che dire. Poi gli poggia le mani sulle spalle, in un gesto di conforto.

-         Non puoi giudicare con  la lucidità di adesso quei momenti, Nev. Era una situazione critica.

Neville scuote fiaccamente la testa, come per negare tutto, come se non bastasse a giustificare una mancanza così grave.

-         Io non cambio mai, eh?- dice abbassando il capo amaramente. – Sono Neville!

-         Neville Paciock- conferma Seamus rialzandogli il viso con un dito sotto il mento e accogliendo il suo sguardo con un sorriso che non è di derisione ma di rispetto. E affetto. – Sei tu, Nev. La persona più coraggiosa che io conosca.

E a quelle parole, è come se qualcosa si spalancasse nella mente di Neville, e comprende…

Davanti a lui c’è Seamus Finnigan, un ragazzo con cui ha condiviso per sei anni il dormitorio, un lasso di tempo  più che sufficiente per scoprire dettagli di cui faresti volentieri a meno.

Neville conosce l’odore acre del suo sudore quando torna da una corsa al parco, o il modo in cui tira un dado o gioca a pari e dispari con Dean al mattino per decidere se indossare o meno le mutande sotto la divisa, o il modo in cui ansima mentre si masturba quando crede di aver lanciato correttamente l’Incantesimo Tacitante intorno alle tende del letto. E anche Seamus conosce lui, con la sua memoria tremenda, e il suo russare da tirare scemi, e la sua goffaggine, e le mille figuracce che ha collezionato nella sua carriera da studente… compreso quel pomeriggio passato ad appiccargli per sbaglio fuoco ai capelli mentre cercava di esercitarsi in Difesa contro le Arti Oscure.  Sono mille dettagli che Balthazar Hutton e Rose Zeller non conosceranno mai, ma che Seamus sa da anni, e accetta.

“Seamus”, pensa Neville, “questo è Seamus”; e mentre lo guarda cerca di far coincidere il ragazzo che si versa quantità impressionanti di ketchup sulle salsicce della colazione con quello che lo ha consolato nei bagno dei Tre Manici di Scopa durante la Resistenza. È lo stesso ragazzo che fa la danza della vittoria  quando vince una gara a scacchi contro Ron. Lo stesso che è rimasto al suo fianco nella Camera dei Segreti. Che la prima cosa che fa al mattino è sorridere. Che lo ha aspettato da solo al confine della Foresta Proibita, fidandosi di lui, sapendo che sarebbe arrivato.

E se occorre un grande coraggio per affrontare un nemico, e uno ancora maggiore per affrontare un amico, consumare lo spazio che ci separa dalla persona che ti piace e baciarla richiede un coraggio da leggenda.

Stupefatto, Neville scopre di avere in sé ogni briciola di quel coraggio.

È un attimo, e poi la bocca di Seamus è sulla sua, calda e umida di saliva: una leggera pressione, e si dischiude. Le lingue ruotano, scivolano, si intrecciano, forti e vischiose; la mano di Neville scivola tra le ciocche biondo sabbia sulla nuca di Seamus e lo attira a sé, mordicchia le labbra, le succhia, le lecca… fa aderire il suo corpo contro quello di Seamus, in una sorta di brama febbrile. Vuole divorarlo, quasi assorbirlo in sé  ; il respiro è spezzato ansimante, il cuore sembra esplodergli nel petto, tanto batte veloce… c’è desiderio, sì, e paura, perché sta andando alla cieca… ma anche una sensazione esilarante, liberatoria.

Quell’emozione lo coglie così di sorpresa che allontana le labbra da quelle di Seamus, e i due rimangono storditi l’uno davanti all’altro; gli occhi di Seamus sono velati da una patina di ebete benessere, e a quella vista, il cuore di Neville fa una buffa capriola nel petto.

-         Visto che alla fine lo hai baciato un irlandese?- sorride il ragazzo impacciato ma felice; gli occhi gli brillano di un’emozione che Neville non avrebbe mai creduto di riuscire a provocare, e che lo fa sentire bene, lo fa sentire giusto.

Con un sospiro si siede sul bracciolo di una sedia davanti alla gelateria e nasconde il viso contro il petto di Seamus, in preda anche lui ad un torpore appagante. Seamus ridacchia e abbassa il mento posandolo sulla testa di Neville, e a quel contatto Neville si accorge di aver perso il cappello durante il loro bacio, anche se non ricorda esattamente quando. Rimangono così a lungo, avvolti in quel bozzolo di incredulità, Neville cullato dal battito del cuore di Seamus, Seamus avvolto dal profumo di shampoo dei capelli di Neville.

Sì, giusto, ecco quello che sembra. La cosa giusta da fare.

Poi Seamus riprende a ridacchiare.

-         Ehi, Nev?

-         Mmmmm?- mugola Neville con il viso affondato contro il suo petto.

-         Mi hai baciato!- dice Seamus, e la sua voce è venata di meraviglia, quasi stesse realizzando solo adesso il fatto.

Neville lancia un gemito imbarazzato e si porta le mani ai lati del viso, come per nascondere la faccia accaldata da ogni spiraglio verso il mondo, perché ha realizzato a sua volta: ha davvero pomiciato con il suo amico in piena Diagon Alley, davanti ad un centinaio di persone.

-         Imbarazzato?- indaga Seamus, e Neville non ha bisogno di vederlo per sapere che sorride.

-         Un po’- ammette.

-         Pentito?- domanda l’altro, e la sua voce esita solo per un istante; appoggiato com’è contro il suo petto, Neville si accorge che sta trattenendo il respiro in attesa della risposta. Solleva il viso e aspetta che Seamus si decida ad incontrare il suo sguardo prima di rispondere.

-         Per niente- confessa sorridendo ancora rosso, poi porta il pugno all’altezza delle orecchie, solleva indice e medio e li separa in una V di vittoria. – E fiero di averlo fatto!

Seamus scoppia a ridere, lo prende per il bavero del poncho e lo attira a sé per baciarlo ancora… le loro lingue si intrecciano e i loro fiati si mescolano, e di nuovo la sensazione di potenza lo assale: la voglia di ridere, saltare, correre, gridare; è come energia liquida che gli scorre nelle vene, come una voce nella testa che cancella tutti i brutti pensieri.

È ben cosciente di baciare Seamus in piena Diagon Alley, ma pensa: “Non mi importa!”. E allora capisce che in fondo qualcosa in lui è veramente cambiato.

Quando si staccano per la seconda volta e si siedono diligenti in attesa dei loro frappè, Neville si sente strano, perché è come se non avesse smesso di baciare Seamus: avverte ancora la pressione di quelle labbra contro le sue, e contro il palato il sapore di una Burrobirra che sa di non aver bevuto.

Arriva Florian con i loro frappè e lo ringraziano, poi Seamus si alza giusto il tempo di recuperare il cappellino dei Lakers, e se lo infila con la visiera al contrario e un sorriso. Si accorge che Neville usa la mano sinistra per reggere contemporaneamente bicchiere e cannuccia  perché la destra trema ancora, e sa che è una cosa con cui Neville dovrà combattere per tutta la vita, perché neanche le pozioni calmanti dei guaritori del San Mungo sembrano riuscire a dargli un po’ di tregua.

E allora Seamus lascia scivolare con timidezza la mano sul tavolo e la accosta a quella di Neville, lasciando che le loro dita si sfiorino.

Neville, incontrando il suo sguardo, annuisce sorridendo.

 

***

 

 

Quando Ron accompagna Neville alla porta e torna nella camera di Hermione la trova intenta a rimuginare persa dietro il filo dei suoi pensieri, e allora dice sorridendo:

-         Conosco quell’espressione!

Hermione ricambia con un sorriso stanco, scansandosi per  fargli posto sul letto.

-         Ah sì?

-         Sì, ti viene quando qualcosa ti tormenta- conferma. Si siede accanto a lei, le passa un braccio dietro le spalle e le posa un bacio sulla fronte. – Che cosa c’è?

Per qualche secondo sembra che Hermione non voglia rispondergli, poi scuote il capo in un gesto di frustrazione.

-         Oh, non lo so, Ron… è la profezia di Fiorenzo! Continuo a ripetermela e ripetermela, ma non riesco a venirne a capo.

-         In che senso?

-         Nel senso che non riesco a capire a che cosa si riferisse! Deve essere qualcosa successo quella notte, perché è così che diceva, ricordi? “Tutto questo accadrà stanotte”- recita Hermione, - “ la notte in cui la guerra avrà fine”. Eppure…

-         Beh, pensavi si trattasse di Tu-Sai… di Voldemort, no?

-         La prima parte, sì:“Qualcuno di importante per l’umanità morirà stanotte”… Era il mago più conosciuto e temuto nel mondo magico, ed è stato sconfitto proprio quella sera; chi potrebbe essere se non lui?

Ron annuisce col capo ma non dice nulla, perché ha imparato che non è saggio spezzare quel filo di pensieri.

-         Però poi c’è l’altro pezzo: “Qualcuno di vitale per una singola creatura si fermerà sulle rive del mare che ci conduce alla terra dei morti, e li attenderà, perché non gli sarà data altra scelta oltre quella che avrà già compiuto”. A chi si riferisce? È questo che non capisco, e invece dovrei… ci penso, ci penso, e non capisco!

Ron la stringe più forte contro di sé, in un gesto di conforto.

-         Va tutto bene, Hermione, non tormentarti inutilmente.

-         No, non è inutilmente, Ron! È da quando ho incominciato a pensarci che ho un presentimento così orribile! Come se qualcosa di brutto dovesse ancora accadere prima che questa storia finisca… oh, Ron! Ron!

-         Va tutto bene, shhhhhh, va tutto bene…- cerca di calmarla Ron abbracciandola.- Tutte le storie hanno una fine, ma non sempre è brutta- le assicura lui saggiamente. Poi sorride.-  La nostra non l’ha avuta, giusto? Tra un po’ ci sposiamo!

Hermione forza un sorriso, che l’attimo dopo scompare.

-         Lo so. Ma con quello che è capitato ad Harry…

-         Pensi che si riferisca ad Harry, non è così? Il secondo pezzo della profezia, intendo.

Hermione annuisce, gli occhi lustri.

-         Qualcuno di vitale per una singola creatura”…- ripete Ron pensieroso. – Beh, era vitale di sicuro per Malfoy: ha sacrificato la vita per Harry. Ha fatto ben più di noi. Ben più di me, che sono il suo migliore amico- aggiunge amareggiato.

-         Ron…

-         Lascia stare- la interrompe bruscamente lui con voce tremolante per il  rimorso - non importa. Il pezzo sul mare per la terra dei morti… Harry non è morto, ma è come se lo fosse, non è così? Da quando ha fatto la sua “scelta” e ha deciso di uccidere Tu-Sai… Voldemort, voglio dire… è come se fosse morto dentro.

-         Non è colpa tua, Ron.

-         Dici? E allora perché mi sento così in colpa? Se mi fossi accorto dei suoi sentimenti, se lo avessi aiutato, forse ora…

-         Non tutte le storie finiscono male, lo hai detto tu- gli dice con dolcezza Hermione. – Ma è anche vero che sono così tante quelle lo fanno. E a volte senza… senza che si possa fare nulla per impedirlo. C’è una cosa che però possiamo fare.

-         Cosa?- domanda Ron incontrando finalmente il suo sguardo.

-         Stare accanto ai nostri amici. Proteggerli. Volergli bene con tutto il nostro cuore.

-         Andiamo a fare un po’ di compagnia a Harry, eh? Che ne dici?

-         Dico che è un’ottima idea- risponde lei sorridendo.

Ma quando arrivano, la stanza è vuota.

-         Harry?

Silenzio.

-         Forse è in bagno- dice Ron, ma sa che non è così: in fondo, basta lanciare un’occhiata di lato per vedere che la porta del bagno è spalancata.

Il presentimento torna a colpire Hermione con la forza di uno schiaffo, con un’intensità soffocante. La cosa tremenda che temeva.

Sta per accadere

-         Magari è andato a farsi un po’ di tè. Andiamo.

-         Hermione…- la richiama indietro Ron, ma Hermione non si volta; prende invece a scendere le scale di corsa,con lo stomaco chiuso in una morsa.

Ogni secondo conta, ogni istante.

È lì che si trova Harry.

Perché è lì che si trova l’unico camino collegato alla Metropolvere di tutta la casa.

Ed è da lì che sente provenire la voce di Harry, in un mormorio che non comprende.

-         HARRY, NO! - grida Hermione con la voce isterica per il terrore.

Ron la supera con un balzo, la bacchetta in mano,  ed entra in cucina un attimo prima che Harry scompaia inglobato da fiamme verdi.

Si volta a fissarla, ora spaventato quanto lei.

-         Dove è andato?

-         Non lo so- risponde lei scuotendo la testa atterrita, ma poi realizza che invece sì, lo sa, perché quello che hanno dimenticato entrambi durante le loro congetture è che se Draco ha sacrificato la vita per Harry, Harry era pronto a fare altrettanto per lui.

E allora può essere una sola la sua destinazione.

Afferra Ron per il braccio.

-         Hermione, dobbiamo…

CRACK!

La voce di Ron si interrompe e all’improvviso si ritrovano entrambi davanti a dei cancelli di ferro che interrompono una fila di mura di cinta .

Hermione li ha Materializzati lì d’istinto.

-         Dove… dove… - balbetta Ron guardandosi intorno disorientato, ma Hermione rafforza la presa sul suo braccio, apre il cancello e corre nel parco interno, nel quale si erge al centro un grosso maniero e varie costruzioni sparse qua e là.

-         È la casa di Malfoy- gli spiega una volta entrati, lanciandosi occhiate intorno come in cerca di qualcosa. – Volevo Materializzarci all’interno della tomba di famiglia, ma devono esserci degli incantesimi per impedirlo lungo tutto il perimetro delle mura, come a Hogwarts.

-         Hermione, ferma! Perché siamo qui? Perché volevi entrare nella tomb…

La frase si spegne in un soffio quando legge la risposta sul volto angosciato di Hermione.

-         No. No… no… no…- bisbiglia incredulo. Inizia a guardarsi intorno anche lui, correndo per il parco. 

Non incontrano guardie, in giro, perché sanno già dal signor Weasley che il castello è stato requisito temporaneamente dal Ministero della Magia, in attesa del passaggio di proprietà agli eredi; scorgono solo servitori e giardinieri, ma sono troppo lontani perché possano intervenire o dar loro aiuto.

-         Tu lo ved…RON!- grida Hermione puntando il dito contro un piccolo edificio in pietra dall’aria antica. - ECCOLO, RON! È LÌ!

Dopo un attimo, Ron scorge Harry: è uscito da una piccola casupola poco distante, forse la casa del custode, e si sta dirigendo verso la cappella. È a circa duecento metri da loro. Quando sente la voce di Hermione, si volta e punta la bacchetta verso di loro.

-         HARRY, NO!- urla Ron.

La bacchetta gli viene strappata via dalle mani dall’Incantesimo di Appello e vola nella mano aperta di Harry.

-         HARRY!!!- strilla Hermione atterrita.

Lei e Ron spiccano una corsa, ma è troppo tardi: Harry entra nel Mausoleo e si chiude le pesanti porte di pietra scolpita alle spalle.

Ron prova a darvi un paio di spallate invano, poi si gira a guardare Hermione, e vede riflesso negli occhi di lei lo stesso terrore che divora i suoi.

-         Ron, dobbiamo chiedere aiuto a qualcuno…

-         Lo… lo so di che cosa hai paura, ma lui… lui non si ucciderà- mormora Ron scuotendo la testa, come cercando di convincersi. – Non lo farà, Hermione, no… è consapevole di quanto dolore darebbe alle persone che gli vogliono bene.

Ma Hermione ha visto lo sguardo di Harry.

Sa quanto folle e immenso è il suo amore per Malfoy.

-         Ron, dobbiamo chiedere aiuto- ripete lei, - ci serve una bacchetta per entrare là dentro.

Vede Ron correre fino alla casetta del custode, dare un’occhiata all’interno e poi andare ad est, dove avevano scorto i servitori trasportare i sacchi da una costruzione all’altra; ma sono molto lontani da lì, e servirà tempo per andare e tornare.

Tempo che loro non hanno.

Segue Ron con lo sguardo finché non scompare oltre un lato del maniero, poi si volta verso l’edificio.

 

(“Qualcuno di vitale per una singola creatura…”)

 

(“Harry non è morto, ma è come se lo fosse”)

 

(“Come se lo fosse”)

 

Adesso, tutto ciò che Hermione può fare è pregare.

 

***

 

Harry poggia il volto sudato contro il portone chiuso e rimane così per quasi un minuto, la bacchetta che ha rubato a Neville in un mano, quella di Ron e la sua nell’altra, cercando di recuperare la calma.

Non era in questo modo che avrebbe voluto salutare i suoi due migliori amici.

 

(“HARRY, NO!”)

 

( Ron, Hermione, mi dispiace)

 

Si scosta dal portone e si addentra nella sala ben illuminata. C’è una specie di altare, al centro, con sopra vasi di fiori e ceri votivi, e sarcofagi in marmo allineati contro tutte le pareti. I coperchi sono scolpiti con l’effigie del morto che contengono, perciò la sua ricerca non dovrebbe essere troppo complicata.

Inizia a camminare esaminando una bara dopo l’altra, scorre la sala con lo sguardo per trovare quell’unico viso; vede granelli di polvere danzare nei fasci di luce solare che entrano dalle finestre, e assorbe quell’aria sonnacchiosa che invade la sala, ipnotica, come un paesaggio alla luce di un cielo che imbrunisce.

Poi ecco, il sarcofago di Draco, posizionato tra quello di Lucius e quello di Narcissa. Le prime ragnatele hanno iniziato a formarsi sulla superficie leggermente impolverata.

Harry sposta tutte le bacchette in una mano e accarezza con i polpastrelli i lineamenti scolpiti nel marmo del coperchio. È stato bravo, lo scultore. Ha colto ogni dettaglio. I lineamenti di quella pelle di pietra bianca sembrano quasi vivi.

Harry inizia a tremare.

C’è qualcosa di definitivo nel vedere con i suoi occhi quella tomba, che la rende più reale che mai. La studia a lungo, con il cuore che piange nel suo torace come i suoi occhi non riescono a fare in quel momento; poi, con la bacchetta di Neville solleva il coperchio e lo adagia con cura a terra.

Il cadavere di Draco, all’interno della bara di marmo gelido, è perfetto, incorrotto: devono averlo curato prima del funerale, perché non vi è traccia delle ferite al viso o al fianco; sembra quasi che dorma, di un sonno calmo e senza brutti sogni. Ma il suo viso, le sue mani, sono coperte da un sottile strato di polvere quasi impalpabile.

Harry sospira tristemente.

-         Che gran casino, Draco .

Gli scosta amorevole una ciocca di capelli dalla fronte; sotto i polpastrelli la pelle è ghiacciata ma morbida come la ricordava.

-         Che gran casino- bisbiglia di nuovo in un soffio.

Un gesto della bacchetta di Neville verso l’altare  ed Harry ne sgombra il ripiano da ceri e fiori, poi la lascia cadere a terra con quella di Ron; si infila la sua dietro l’orecchio, come tante volte l’ha visto fare a Luna,

 

(E Lunatico ora lo sei anche tu, eh, Harry? Così matto che la follia è diventata quasi calma)

 

e con le mani di nuovo libere infila un braccio sotto le spalle di Draco, l’altro nell’incavo delle ginocchia e lo solleva. Sa bene di poter reggere quel peso, perché ha già trasportato Draco in quel modo, ma mentre lo porta all’altare e vi adagia il cadavere sopra con delicatezza, la bacchetta incastrata dietro il padiglione auricolare comincia a scaldarsi in maniera quasi insostenibile.

Se la sfila e la sente calda, bollente nel suo pugno, eppure non la lascia cadere. Rafforza la presa.

Nella sua mente, appare un’immagine del suo sogno: Draco che apre la mano con il palmo vuoto rivolto verso il cielo.

 

(“Non ho di che pagarlo”) 

 

Harry non sa se è la cosa giusta, ma è la sola a cui riesce a pensare:con il cuore che martella impazzito nel torace, avvicina la bacchetta al viso di Draco. Sotto le sue dita, il legno è quasi incandescente. Harry digrigna i denti, ma non allenta la presa.

 

(“Avada Kedavra”)

 

(“Lumos”)

 

La punta della bacchetta comincia a brillare di un alone argenteo. Harry socchiude gli occhi ma non distoglie lo sguardo… deve sapere…

Il bagliore si intensifica, si compatta, si modella… e infine eccola, appare come nei suoi ricordi: una farfalla di luce accecante, fatta di viticci argentati sottili come fumo.

La farfalla che aveva visto volargli incontro nella luce accecante nelle segrete dei Malfoy.

La farfalla racchiusa nelle sfere di vetro da consegnare al guardiano.

 

(“Non ho di che pagarlo”)

 

(Come Remus)

 

(Come Zacharias Smith e la squadra di Quidditch di Tassorosso)

 

La farfalla si libra qualche istante in aria e si posa sulla bocca di Draco; ferma sul rilievo carnoso del suo labbro inferiore si disfa, come se venisse assorbita da quella pelle pallida e morta.

La luce scompare, la bacchetta riprende la sua temperatura. Harry la scosta dal volto di Malfoy e mormora:

-         Avevo io la tua anima, amore mio, perdonami.

Attende, ma non accade nulla… e lo sapeva, dentro di sé.

Draco non aveva potuto attraversare il mare nero per la terra dei morti,  eppure non poteva che prendere una sola via. Forse, la sola cosa che può fare è andare avanti. E ad Harry, che lo aveva lasciato ad aspettare così a lungo su quella spiaggia, tutto ciò che è concesso è non permettergli di fare quell’ultimo viaggio da solo.

Niente più rimandare, sta per tornare con Draco.

Al pensiero, nel suo cuore c’è solo sollievo.

Si china sul viso di Malfoy e gli posa un bacio amorevole sulla fronte.

-         Avevamo giurato di morire insieme, era una promessa…-mormora con un sorriso dolce sulle labbra, - ma non sei mai stato in grado di mantenere una, vero?

Fa un pausa e si passa la punta della bacchetta su polso, poi l’altro, incidendo la carne fino alle vene.

Il sangue comincia a scorrere in rivoli copiosi lungo gli avambracci.

Sorride.

-         Io invece le mantengo sempre.

Si stende accanto a Draco e bisbiglia: “Insieme”, quasi con affetto,  l’ultimo pasticcio da rimediare prima di poter stringere Draco di nuovo a sé.

Poggia una mano a palmo aperto sul petto di Draco, inzuppando entrambi del caldo umidore del suo sangue. I tagli pulsano dolorosamente, ma Harry non riesce a distogliere gli occhi dal profilo del viso di Draco, da quanto è sereno e bello illuminato dai fasci di luce che entrano dalle finestre; è così che se ne vuole andare, l’ultima immagine con cui…

C’è un movimento.

Accade in un attimo, ed è così impalpabile che Harry pensa sia solo un gioco di ombre, ma non lo è.

Ancora un secondo, e la sua mente registra cos’è successo.

Le palpebre di Draco.

Draco ha aperto gli occhi.

Il respiro si blocca nel petto di Harry.

Fa per alzarsi su un gomito e Draco inarca di scatto la schiena, come se il suo corpo fosse percorso da una scarica di defibrillatore. Occhi e bocca si spalancano, e dalle labbra gli esce un rantolo gracchiante: sono i suoi polmoni che si riempiono d’aria e tornano lentamente a muoversi.

Contro il palmo posato sul il petto di Draco, Harry avverte chiari i sussulti di un cuore che batte. Scatta all’indietro spaventato, perde l’equilibrio e precipita giù dall’altare con un grido. Cade su avambracci e cosce, e altro sangue schizza per terra, macchiando il candore della tomba; Harry geme per il dolore ma si volta di nuovo verso l’altare, combattendo l’attacco di vertigini.

 

(“Resteremo insieme, qualunque cosa succeda. Giuramelo!”)

 

Non può essere, non può…

 

(“Io giuro”)

 

(“Io giuro”)

 

Draco si mette a sedere, poi scivola in piedi, con movenze goffe, intorpidite, sonnolente. Si guarda intorno intontito, come se non riuscisse a realizzare dove si trova, cosa sta succedendo, poi i suoi occhi si fermano su Harry.

-         Harry- bisbiglia in un soffio.

A terra, in stato di shock, Harry può solo guardarlo, al di là del dolore, al di là della paura. Sente il sangue che cola a fiotti liquidi sulle sue gambe, formando una piccola pozzanghera sotto di lui, ma non ha più importanza.

“ È venuto a prendermi”, pensa con un sospiro.

Draco si tasta il volto con cautela, come se si portasse ancora addosso le ferite delle segrete, poi ha un sussulto quando si accorge di tutto il sangue che gli inzuppa la veste. Sta ritrovando il contatto con il mondo, la lucidità prende il posto della confusione nel suo sguardo… capisce che non è da lui che proviene tutto quel sangue.

Vede i polsi tagliati di Harry.

Sgrana gli occhi.

-         No, no…-bisbiglia spaventato. Cade a terra davanti ad Harry, recupera la bacchetta e benda le ferite con un colpo di bacchetta tremante. – Cosa volevi… cosa credevi di fare, razza di idiota…- mormora, e come trema, la sua voce, come trema…

Harry gli sfiora il viso con una mano, lasciandogli strisce viscide di sangue con i polpastrelli, e Draco la prende e la stringe nella sua, le dita goffe per non averle usate per tanto tempo; i suoi occhi grigi sono sperduti, ma lo  guarda comunque con una tale intensità e amore che Harry finalmente capisce.

Draco non è venuto a prenderlo.

È tornato indietro da quella spiaggia per restare.

-          Sei vivo- mormora incredulo.

Gli passa i polpastrelli sulla guancia e davanti alle narici, e trema deliziato nel sentire il solletico di quel respiro sulla pelle.

Aria che entra, aria che esce, sangue che scorre.

Draco è vivo.

Draco è di nuovo vivo.

-         Harry…

-         Ti amo- sussurra Harry, e per un attimo rimane in attesa aspettandosi le lacrime di Draco; invece, con sua grande sorpresa, è lui, Harry, a scoppiare a piangere.

Si scopre non orripilato all’idea che Draco lo veda così: le lacrime vanno bene sul volto delle vedove, ma solo in tempi di guerra, e quelli sono ormai finiti. Questo è il tempo degli abbracci, degli ultimi addii, perché non ce ne saranno altri, perché non si lasceranno mai più, lui e Draco.

E prima che Harry possa frenarsi o ricomporsi, si getta tra le braccia di Draco e i suoi singhiozzi si fanno più disperati. Prende a mormorare una cantilena di : “Ti amo, ti amo”, la voce rotta dalle lacrime; incomprensibile, forse, ma Draco capisce lo stesso, e lo abbraccia stretto a sé.

Si riempie le narici dell’odore di Draco e gli accarezza il volto, le braccia,  guarda con amore reverenziale il grigio ora luminoso dei suoi occhi, e i fili sottili dei suoi capelli d’argento e non gli basta, Dio, non gli basta…

Lo osserva con occhi così ricolmi di amore e venerazione che  Draco rimane sconcertato, timidamente incredulo, e poi inizia a ridere felice, stringendo Harry contro di sé.

-         Ti amo- gli ripete Harry, e,oh, è così distante dalla dichiarazione romantica che aveva sempre immaginato di fare a Ron, nel suo letto in dormitorio sotto la luce della luna, o a Cho, nel parco alla luce dell’alba.

Mai in quella tomba di famiglia polverosa e gelida, impolverati e coperti di sangue, e con il sedere contro il marmo ghiacciato del pavimento…. Ma c’è Draco, e nient’altro conta, Draco che lo chiama: “Harry” in un bisbiglio felice e continuo, pronunciando ogni sillaba di quel nome con un amore così totale da lasciarlo senza fiato.

Provano ad alzarsi una prima volta, ma le gambe di Draco sono troppo deboli per essere state ferme a lungo, e quelle di Harry tremano troppo per la felicità. Cadono entrambi a terra ma rimangono abbracciati, scoppiano a ridere e si guardano negli occhi e le loro labbra si incontrano, e poi scivolano oltre, si coprono il viso di baci, dolci e rapidi… cento di quei baci, mille, di quei baci...

-         Ti amo- bisbiglia ancora Harry, come se detto una prima volta, non riuscisse più a fermarsi.

A Draco non sembra dar fastidio.

-         Ti amo- gli risponde con la voce strozzata dalla felicità.

Harry non riesce a convincere i propri occhi a smettere di piangere. Draco bacia via quelle lacrime con sfioramenti di lacrime amorevoli. Rimangono così abbracciati per un po’, stretti l’uno nelle braccia dell’altro, poi Draco si irrigidisce di colpo; Harry segue il suo sguardo, e capisce che ha visto i sarcofagi dei suoi genitori.

-         Sapevo che erano morti, però…

La sua voce si spezza a metà; Harry lo stringe cercando di dargli tutto il conforto che può.

-         Mi dispiace, amore mio.

Gli passa le mani tra i capelli, accarezzandogli con dolce pazienza. Piano piano, la tensione nel corpo di Draco si allenta.

-         Il mondo là fuori è cambiato tanto, vero?

Harry sospira.

-         Sì, amore, è cambiato tanto.

-         Ho paura a tornarci- bisbiglia .

Harry lo capisce. Ricorda fin troppo bene come sono state quelle settimane … niente più Hagrid o Lupin, niente più Piton che svolazza come un grosso pipistrello per i corridoi pronto a sottrarre punti ai Grifondoro.

Niente più Hogwarts.

Niente più casa.

-         Anch’io. Ma non dobbiamo più farlo da soli –lo assicura, e gli posa un bacio sulle labbra; un bacio casto e che dura solo pochi istanti, ma carico di tutto quell’amore che Harry prova per lui.

Rimangono in silenzio persi nei loro sguardi, poi all’improvviso Draco si stringe un braccio contro la pancia e fa una smorfia.

-         Ti fa male?- domanda Harry allarmato.

-         No… è che… ho fame- confessa Draco con un sorrisetto mentre le guance gli diventano rosse per l’imbarazzo.

Harry ride deliziato, perché d’un tratto è buffo. Draco gli posa un bacio paziente sulla fronte e poi sbuffa consolato.

-         Tu non è che per caso hai qualcosa da mangiare dietro, eh?

-         No… Aspetta! Forse…

Si infila una mano in tasca e rovista qualche istante, prima di estrarla impugnando un sacchettino di veli lillà e nastri turchesi.

-         E quello che cavolo sarebbe?- domanda Draco inorridito. – No, non dirmelo, non voglio saperlo…

Harry scoppia di nuovo a ridere, sbarazzino.

-         È la bomboniera di Allock!

-         Allock? Come Allock-Professore-di-Hogwarts? Quell’Allock?

-         Già.

Draco studia sospettoso la bomboniera, ma la fame ha la meglio.

-         Ok, vediamo che ne esce fuori- mormora; prende la bomboniera in mano e ne sfila i cordoncini turchesi per aprirla.

Nel momento stesso in cui i veli si discostano, dal centro del sacchettino schizza sopra le loro teste qualcosa di rosso e brillante; entrambi cacciano un gridolino per la sorpresa. Poi uno scoppio, e un fruscio.

-         Non ci credo!- mormora Draco.

-         Che diavolo…- dice Harry, ma poi inizia a ridere appena capisce a sua volta  il vero contenuto della bomboniera: non confetti, ma coriandoli. Sono di un rosso fuoco sgargiante, e dal centro della bomboniera schizzano a ritmi di pochi secondi verso l’alto, disegnando nell’aria grossi cuori scintillanti, come fuochi d’artificio.

-         È un idiota…- borbotta Draco cercando di capacitarsi della realtà di ciò che vede, ed Harry prende a ridere più forte; è così felice e liberatorio, che inizia a sghignazzare anche lui.

Quando l’attacco di ridarella inizia a placarsi, Draco lancia un’occhiata verso l’uscita, poi prende la mano destra di Harry, la porta alle labbra e bacia l’interno del polso scostando la catenina d’argento con un colpetto della punta del naso, poi si appoggia la mano sulla guancia e gira il viso in modo da poter guardare Harry.

-         A quanto pare dovremo uscire per forza. Non è che ho proprio voglia di finire soffocato dai coriandoli di quella maledetta bomboniera.

Harry sorride. Non riesce a staccargli gli occhi di dosso, non riesce ancora a compattare la felicità che la vista di Draco vivo gli provoca; deve spingere e spingere, per fare entrare quella realizzazione nel suo cuore, come l’ultimo capo di biancheria da lavare nel cestello di una lavatrice strapiena.

Si rialzano in piedi e Harry nota quando Draco sembri più basso di lui, accartocciato com’è dalla stanchezza… ma lo stesso, in tutta la sua vita Harry non ha mai visto nulla di più bello.

Il suo Draco vive.

Accarezza quel viso amato e lo bacia, inspirando sino in fondo il suo odore, poi lascia scivolare una mano in quella di Draco, intrecciando le dita tra loro in un gesto automatico, strette strette come se appartenessero ad una mano sola… due creature legate da quell’unico punto di contatto, dita intrecciate con cui sono legati, e che non sono così facili da districare…

Non per la morte.

Oh, no, neanche per lei.

Sono dita intrecciate, quelle, e dall’amore, e quale sia la scelta dell’Uno, porterà l’Altro con sé.

Di nuovo insieme.

Di nuovo INSIEME:

-         Andiamo, coraggio- dice Draco, ma appena sono fuori tiro dei coriandoli si blocca, fissando la porta verso il mondo esterno con timore; poi trova lo sguardo di Harry su di sé, che sorride comprensivo, annuisce e riprende a camminare.

Ed insieme escono dalla tomba di famiglia dei Malfoy, fuori nella luce del sole, accolti dall’urlo shockato di Hermione e dal pallido frusciare del vento.

Hermione li vede e rimane pietrificata mentre avanzano lenti sull’erba. Harry sostiene Draco, che si affida a lui, con la testa appoggiata alla sua spalla; e ancora lei non riesce a muoversi quando un sorriso  lento, e immenso, si apre sul volto di Harry.

Harry posa una mano che trema vistosamente sull’incavo del collo di Draco, lo stringe con fare protettivo e dice: “ Coraggio, andiamo a casa”, ed è così forte l’amore che trasuda dai suoi gesti che Hermione intravede quanto grande sia, e capisce perché Harry voleva morire senza Draco… perché come puoi sopravvivere alla morte della persona che ami così tanto, se averla viva al tuo fianco ti provoca una felicità così intensa da assorbire il tuo respiro e  lasciarti a stento la forza sufficiente per stringerla ancora più vicina a te?

Le spiegazioni arriveranno. Per ora, Hermione non può far altro che ricambiare il sorriso di Harry, con gli occhi che vanno inumidendosi e il grido stupefatto di Ron che le giunge alle spalle. 

 

FINE

 

***

 

Non riesco ancora a crederci, è finita sul serio!

Grazie a tutti, veramente! Grazie per la pazienza e scusate per i ritardi mostruosi tra un capitolo e l'altro -_- ... Spero che il capitolo e la storia in generale vi sia piaciuta almeno un po'; per quanto mi riguarda mi ritengo soddisfatta, considerando che prima di Visions la mia storia più lunga era di 70 pagine scarse e aveva solo 2 personaggi ^^''''.

Grazie ancora di cuore a tutti, veramente.

Tes

 

^^’’’ siete ancora svegli? Complimenti a chi è arrivato fino a qui ^^’’’’… eventuali critiche costruttive o commenti possono essere fatte all'indirizzo tesla_vampire@yahoo.it ^^, grazie!

 


 

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