DISCLAIMERS: date alla Rowling quello che è della Rowling e a Tes quel che è di Tes..

DEDICHE :tutti i riferimenti a Ron/Hermione sono puramente voluti e dedicati interamente a Taty XD, santa donna che mi sopporta… l’Harry/Draco è per Silvia T. che ha fortemente voluto questo seguito J… Ta-daaaaan! E per Amanda J: un bacione immenso, tesora! Spero solo che non vi sentiate male dopo averlo letto O_O’’’…

NOTA IMPORTANTE: non ho ancora letto il sesto libro (e neanche il settimo, sigh!) e non so nulla su di esso e non voglio sapere nulla su di esso finchè non finisco questa maledetta fic, o potrei rimanerne TROPPO influenzata, e la storia come l’ho creata andrebbe a farsi benedire-_-…

RINGRAZIAMENTO SPECIALE: a tutte le persone che stanno commentando VISIONS: grazie mille di cuore (_ _), siete gentilissimi/e !

DEDICA DEL CAPITOLO:Alla mitica, suprema Kohai Vivi! Grazie infinite per aver risposto a tutte le mie domande di natura medica, grazie per avermi fornito informazioni esaustive su di esse quando sarebbe bastata una semplice frase, e grazie per l'incoraggiamento... grazie grazie grazie!

 ”buona” lettura!...^^’’’’ spero…


 
 
 
VISIONS

di Tesla

capitolo XVI di XVII

 

 

IL TRADIMENTO

 

 

 

Dal punto in cui si trova, nella macchia di alberi alla base della collina su cui è atterrato, tutto ciò che Harry può vedere del maniero dei Malfoy è la lunga cinta muraria che circonda il parco interno. Ha visto solo di sfuggita il palazzo, appena una occhiata prima di nascondersi per non essere avvistato; ora, quella stessa luna piena che ha rischiato di tradirlo è la sola fonte di luce che gli è concessa, mentre rimane contro il tronco di un albero ad osservare. I muscoli tremano e bruciano per essere rimasti in tensione tanto a lungo durante il volo. L’aria gelida vibra del frinire dei grilli e del frusciare del vento tra le fronde.

È arrivato, finalmente.

Harry inizia a risalire intirizzito il fianco erboso della collina. Spini e rovi gli graffiano la pelle e strappano via brandelli di stoffa dalle fasciature alle dita, sassi e ghiaia lacerano i piedi scalzi.

Inciampa, si rialza, riprende il cammino; avverte a stento il dolore, nella gelida aria della notte: c’è un viso stampato nella sua mente, e non c’è miopia lì in grado di confonderne i lineamenti. È come se Draco fosse davanti a lui, appena qualche metro al di fuori della sua portata.

Draco, che lo ha tradito.

Arrivato alle mura di cinta, si concede qualche minuto di riposo. Torce di lato un piede, poi l’altro, per controllare in che condizioni siano le piante, poi con una smorfia volta la testa verso l’alto; la sommità del muro svetta verso il cielo, macchiettata da tralci di edera.

Le dita sono goffe e legnose sotto le bende semisfatte, e ogni tentativo di scaldarle è inutile. Dio, che gelo. Nonostante abbia una buona idea di ciò a cui sta andando, fa quasi troppo freddo per avere paura.

Ancora un respiro profondo, ancora una smorfia di dolore. Estrae la bacchetta e la punta contro di sé:

-         Wingardium Leviosa!

Harry si libra verso l’alto ed eccolo, è in cima.

Lo spessore delle mura è appena sufficiente perché possa accosciarsi e appoggiare le mani sul bordo e i piedi sulla poca roccia che affiora tra le foglie di edera. Il parco interno è grande, esteso quanto quello di Hogwarts, e il maniero si innalza quasi al centro di esso, con decine di sagome nere che ne percorrono il perimetro; Harry, privo di occhiali, scorge solo puntolini sfocati, ma intuisce che possono essere solo due le cose a guardia di quel castello: Mangiamorte… o Dissennatori.

 

(Come farai ad entrare lì dentro, Harry? Sono troppi, persino per la tua rabbia)

 

Oh, ma troverà il modo, non ha fretta; nel punto in cui si trova non possono avvistarlo, nascosto dalle fronde degli alti alberi a meno di due metri dalle mura. Sono alberi strani, come quest’edera, che Harry non riconosce.

“ Ma Neville saprebbe di che pianta si tratta”pensa, e una fitta di nostalgia lo assale. Scrolla la testa per scacciare quei pensieri e sposta il peso da un piede all’altro, sfiora con l’alluce una delle foglie di edera rampicante che ricopre le mura e avverte un forte pizzicore al dito .

-         Ma che diavolo…

Harry ritrae il piede di scatto con un gemito e si assicura di riappoggiarlo su pietra nuda, a distanza di sicurezza, ed è solo allora che se ne accorge: là dove ha toccato la pianta, la pelle è diventata completamente insensibile.

Senza preavviso, un tralcio di edera scatta come un serpente verso la sua mano sinistra. Harry scarta di lato, schiva, e il movimento lo sbilancia. Vacilla in avanti sull’orlo delle mura, mulina le braccia per cercare di ritrovare l’equilibrio e si aggrappa all’ultimo istante con la destra al bordo, ma la presa non è salda: con quella stessa mano impugna la bacchetta, e le dita sono intirizzite dal freddo.

Un altro scricchiolio e prima che Harry possa reagire un rametto frusta uno spicchio di cute sull’avambraccio. Il muscolo sussulta e la mano perde l’appiglio; la bacchetta gli sfugge dalla presa, precipitando giù tra i cespugli nel parco.

Ci sono fruscii, e scricchiolii, e i tralci di edera intorno a lui prendono a muoversi tutti assieme, sinuosi, attorcigliandosi e scivolando l’uno sopra l’altro come una massa di serpentelli… Harry solleva una mano, sposta l’altra, schiva altri attacchi…. Le foglie avanzano, strisciando centimetro dopo centimetro verso di lui, non c’è più spazio …

L’attimo prima che un grosso tralcio gli sferzi la caviglia, Harry si lancia contro l’albero più vicino; l’impatto contro la corteccia è violento abbastanza da mozzargli il respiro. Poi altri scricchiolii, e non provengono dall’edera: è il ramo su cui è atterrato.

Sta cedendo.

Ce n’è un altro, lì accanto, che sembra in grado di sostenere il suo peso, ma quando si muove, qualcosa lo trattiene bruscamente all’indietro, facendogli quasi perdere l’equilibrio.

Scricchiolii più violenti.

Schegge di legno iniziano a sollevarsi all’attaccatura del ramo.

Harry volta la testa e vede che le bende della mano sono rimaste impigliate in un ciuffo di ramoscelli. Tenta uno strattone con il respiro affannoso, ma le fasciature reggono. E ancora. E ancora.

“Avanti, maledizione!”

Gli scricchiolii aumentano ad un ritmo vertiginoso, il cuore batte più forte, manca così poco, così poco, così poco…

E allora Harry tira con tutte le sue forze. Le bende si strappano ed Harry si lancia sull’altro appiglio, mentre il ramo cede con uno schiocco e si schianta sette metri più in basso. I piedi trovano appoggi sicuri, le braccia abbrancano il tronco, smorzando il contraccolpo.

Tutto questo, però, lo realizza solo in un secondo momento, perché nell’attimo in cui la mano priva di bende tocca la corteccia, ogni cosa sparisce.

E wump!, Harry Vede.

 

Sette metri più in basso, una figura tozza e ammantata cammina nervosamente, ed Harry non ha bisogno di vedere la mano d’argento per capire chi sia.

Codaliscia continua a lanciarsi occhiate frenetiche intorno, come in cerca di qualcosa, poi caracolla verso un albero e ne accarezza un grosso nodo sul tronco; da lì, volta la testa verso un punto invisibile a Harry, ed emette uno squittio di sollievo.

 

Harry torna in sé nel gelo di questa notte di caccia con il cuore che batte a mille: sa cosa cercava Codaliscia.

 

(Un ingresso secondario. Un passaggio segreto per sgattaiolare all’interno del maniero)

 

È la risposta giusta, e non sa come fa ad esserne così certo… o forse sì: non era proprio di un modo per entrare ciò di cui lui aveva bisogno?

 

(“Sarà il legame remnomantico a cercare nel tuo inconscio i ricordi della coppa di cui hai bisogno e a cui sei legato, separandoli dagli altri che non sono di tuo interesse.”)

 

Harry attende ancora un minuto sul ramo, richiamando sotto controllo ogni parte del suo corpo ammaccato, poi inizia una cauta discesa verso il basso; giunto a terra, si disfa del resto delle bende, recupera la bacchetta e si avvicina all’albero con il grosso nodo, ma non scorge alcun oggetto o passaggio. È tutto buio e sfocato, e con la notte e la stanchezza la miopia peggiora: è quasi cieco, in quel luogo ostile.

Harry si copre gli occhi con i palmi e cerca di recuperare la calma, di ignorare il tremore violento del suo corpo gelato, il dolore alle ferite, l’umidore delle lacrime che dalle palpebre colano lungo le guance.

Respira e inspira.

Respira e inspira.

 

(Draco, perché l’hai fatto? Perché?)

 

Lentamente riprende il controllo su di sé. Scosta le mani e riapre gli occhi, e di colpo vede una sagoma grigia e confusa, a una decina di metri da lui, che rientra in vaghi contorni via via che vi si avvicina: è una fontana.

Una grossa colonna intarsiata di serpenti  si innalza al centro di una vasca circolare dal diametro di circa due metri, lorda di pozzanghere e foglie marcite. Ha l’aria velenosa, con quei grossi ragni pelosi che zampettano su e giù lungo tutto il fusto scolpito, e fatiscente, con il bocchettone dell’acqua deformato e annerito, come se si fosse persa nella memoria dei suoi proprietari; eppure, impressa su un sottile strato di melma alla base della colonna, c’è l’impronta di una scarpa tagliata a metà fino al tacco… come se proseguisse all’interno del serbatoio di pietra.

Ecco ciò che cercava Codaliscia.

Il passaggio.

Lo ha trovato.

Harry fissa uno dei serpenti scolpiti e cerca di immaginarli vivi, striscianti come l’edera scura in cima alle mura.

-         Apriti- sussurra in un sibilo serpentesco, ma non accade nulla.

Harry si abbraccia il corpo teso, tremante. Perché non ha funzionato?

 

( Ricorda chi hai Visto, Harry )

 

Codaliscia.

E Codaliscia non sa parlare il serpentese. Quindi ci deve essere un altro modo per entrare.

Si accoscia in uno schiocco di ginocchia irrigidite, chiude gli occhi e tocca il bordo bombato e gelido della vasca; non ha bisogno di impegnarsi particolarmente per svuotare la mente: le fiamme di Hogwarts sono state più che sufficienti.

Harry Vede… o più che Vedere, Sente, tutto ciò di cui ha bisogno, il momento in cui Codaliscia pronuncia la parola d’ordine.

Con le palpebre ancora abbassate, Harry la ripete come in trance.

-         Lode a te, Salazar Serpeverde.

Con un cigolio soffocato, una grossa sezione della colonna scivola di lato, rivelando un passaggio. Harry si avvicina al bordo e sbircia dentro, ma ostacolati dalle fronde degli alberi, i raggi della luna illuminano ben poco. Quattro o cinque gradini scendono nella buca. Il resto delle scale si perde nell’oscurità.

Harry scende uno scalino, poi un altro. Al terzo, l’apertura alle sue spalle si chiude, lasciandolo nel buio e nella sola compagnia del suo respiro tremolante.

Prosegue la discesa per un tempo che pare infinito prima di accorgersi che sta gradualmente tornando a vedere. Le  scale terminano in una sorta di piazzola circolare, ed Harry si trova di fronte a tre lunghi corridoi scavati nella terra nuda; lungo le pareti, ogni cinque metri, sono disposte delle torce accese che emanano a malapena cerchi di luce fievole. L’aria è fetida e viziata, un puzzo organico come di terriccio e acqua stagnante.

A casaccio, Harry imbocca il corridoio centrale, il più largo, e cammina per qualche minuto, poi il tunnel gira ad angolo retto verso destra e si biforca; più avanti, il passaggio si smembra in altre cinque gallerie.

Harry si volta a guardare il sentiero alle sue spalle. Sa che la cosa migliore da fare in un labirinto è lasciare un qualche segno ad ogni svolta, per indicare la via presa. Ma la bacchetta non si muove dal suo fianco, e lentamente Harry si gira e riprende il cammino.  Non servirà marchiare la strada giusta. Non ci sarà viaggio di ritorno per lui.

Continua a camminare, in un dedalo di corridoi, e stanze, e cellette; a ritmi regolari lancia l’Incanto Quattro Punti per correggere la sua traiettoria in direzione del maniero. Più di una volta si trova in un vicolo cieco, con pali di ferro che bloccano il corridoio a metà, senza serrature da aprire. È  in una di queste occasioni che sente provenire odore di cibo e vociare lontano; ma la via è sbarrata, ed Harry è costretto a tornare indietro per prendere un’altra biforcazione.

Ben presto, all’odore dei piatti cucinati e a quello organico della terra se ne sostituisce uno nuovo, più dolciastro e penetrante, che non riesce ad associare; ma il freddo che inizia a sentire, un gelo che lo ghiaccia dentro… sì, quello lo conosce bene. Dissennatori.

Harry avanza cauto con la bacchetta pronta in mano, lasciandosi guidare dal suo naso verso la fonte di quell’odore. Da una larga gallerie centrale gira a destra, e poi ancora a destra, e il corridoio si interrompe davanti ad una porta chiusa. In quel punto, il puzzo dolciastro è diventato quasi nauseante.

Rigido per la tensione, Harry apre la porta. Il ronzio e il tanfo che lo aggrediscono è impressionante, e anche se la stanza è al buio, impiega un secondo ad associarlo: la punizione di Piton. Il puzzo di carne morta in decomposizione.

-         Lumos!

Il fiotto di luce tenue illumina una decina di cadaveri ammassati verso la parete e ricoperti da centinaia di mosche. Harry avanza piano nella stanza semibuia strizzando gli occhi per cogliere meglio i tratti di quelle facce, respirando con la bocca e scuotendo una mano davanti a sé per scacciare gli insetti. Gli si blocca il respiro quando riconosce alcuni di quei cadaveri: Narcissa, Lucius, Blaise…

Piton.

Solo che la sagoma del professore, buttato sul retro dei corpi, è molto più grande delle altre, e sproporzionata, come se qualcuno avesse lasciato gocciolare della Soluzione Dilatante solo su alcune parti del suo corpo… o come se avesse un’altra forma attaccata addosso, intenta a leccare un lato del viso di Piton con la stessa premura di un cane che fa le cure domestiche al suo padrone.

Qualcosa di grosso.

Qualcosa di vivo.

Un ringhio, lì nell’ombra. È un lupo mannaro… e dal modo in cui ripulisce amorevolmente Piton, Harry crede di sapere chi è.

-         Professor Lupin?

Il licantropo posa lo sguardo su di lui e snuda lunghe zanne luccicanti di bava, poi scala con un balzo la pila di cadaveri. Da quella cima di carne, ora fissa Harry. La pupilla sinistra, lattiginosa e cieca, riflette vitrea la luce della bacchetta.

Harry cammina a ritroso, senza distogliere lo sguardo dal suo. Un altro passo, e il licantropo si lancia contro di lui.

-         Impedimenta!

Lupin viene sbalzato indietro dall’Incantesimo di Ostacolo. Harry corre fuori dalla stanza, chiude la porta con un calcio ed esce a capofitto dai due stretti corridoi fino a tornare alla galleria centrale, e qui il respiro gli viene strappato bruscamente in un sibilo spezzato quando il freddo lo assale. È come un tuffo nelle acque gelate del lago nero, un terrore agghiacciante che gli striscia lungo la schiena.

Harry si gira con un gemito.

Il Dissennatore scivola verso di lui, fondendosi nell’ombra tra l’alone di una torcia e l’altra come fosse parte di essa. Harry indietreggia piano, barcollando, la mano che impugna la bacchetta abbandonata contro il fianco perché… come potrebbe trovare pensieri felici? Con il suo tradimento, Draco è stato il più efficace dei Dissennatori, bruciando via ogni suo dolce ricordo.

Qualche passo ancora ed Harry sente la presenza del muro contro le sue spalle.

È in trappola.

Poi sente il ringhio, e dall’estremità del corridoio schizza fuori Lupin; si lancia latrando sulla schiena del Dissennatore in una furia di zanne, morsi, artigli.

Harry rimane impietrito a guardare, il cuore che batte velocissimo e poi si arresta di colpo con un sussulto violento, come un tir che perde il controllo e si schianta su un muro: il Dissennatore ha immobilizzato il lupo mannaro. Avvicina il volto incappucciato a quello di Lupin, quasi teneramente, e invece di combattere, il licantropo uggiola disperato, le orecchie abbassate contro il cranio, una zampa che raspa debolmente il terreno. Quando il Dissennatore lo Bacia, dalla gola gli sfugge un gorgoglio, come un guaito strozzato, e poi, veloce, il suo corpo inizia a trasformarsi: il pelo si ritira, il corpo si assottiglia, zanne e artigli vengono riassorbite con uno schiocco. Adesso, tra le braccia del Dissennatore c’è solo l’involucro privo di anima di Remus Lupin.

Il Dissennatore si scosta e scaraventa il corpo contro Harry. Harry scarta di lato evitandolo per un pelo, e Lupin colpisce la parete dietro di lui e ricade a terra, inerte.

Sotto shock, le gambe di Harry cedono di schianto… ma all’improvviso gli torna in mente dove trovare una memoria capace di creare un Patronus molto, molto potente.

Porta la mano all’indietro e la chiude sul gomito di Lupin.

Wump!

Le labbra del ragazzo sono sottili e fredde contro le sue, ma rispondono al suo bacio con una tenerezza quasi esitante. Harry trema in quel contatto, calore dolce che lo avvolge, lo scalda, gli fa girare la testa in mille vertigini senza nome. La pressione dura solo pochi istanti poi le loro labbra si allontanano, e un giovane Severus ricambia lo sguardo di Harry.

È così bello, si, così bello… può sentire l’amore elettrizzante che prova Remus, e può vedere l’amore che prova Severus, perché ha imparato a riconoscere quella luce nel proprio riflesso allo specchio. La felicità che lo ricolma è abissale, immensa…

… e allora, quando il Dissennatore si china per Baciarlo, Harry gli strappa il cappuccio dalla faccia deforme, infila la punta della bacchetta in bocca e ringhia:

-         Expecto Patronus!

C’è un lampo di luce argentea, ma non appare il suo cervo; invece, il Dissennatore viene sbalzato indietro con violenza, si artiglia la gola con le mani, lancia stridii sofferenti. La pelle viscida e rugosa trasuda un liquido perlaceo; dal fondo della gola, si espande un chiarore argenteo, come se avesse inghiottito una piccola stella. Lancia un ultimo lamento e scivola via nelle pieghe di quei corridoi.

Senza fiato, Harry si volta verso Lupin

Il corpo di Remus è nudo e smagrito, ferito in più punti. Le palpebre sono sollevate, e le iridi vitree non brillano più di quell’amore ingenuo e innocente che provava per un uomo che non c’è più.

Harry lo osserva stordito, in una sorta di letargia emotiva. Il peso di un’altra persona cara è sulle sue spalle, ma il dolore è diventato lontano, soffocato. Draco lo aspetta.

Allunga una mano per chiudere gli occhi di Lupin; lo fa in soprappensiero, l’unica cosa che può fare per lui e…

Wump, la sua  mente viene inondata dal viso esausto e speranzoso di Draco dietro sbarre di ferro

 

(Draco. Mio Draco),

 

da richieste di aiuto

 

(“Ehi, sono qui! Sono qui, mi salvi, mi salvi, la prego, la scongiuro!”),

 

rivelazioni

 

(“Hanno intenzione di tagliarti la gola. Vogliono sgozzarti come un maiale”),

 

sussurri increduli

 

(“No, non oseranno!!!”),

 

accuse

 

(“Lucius ha scoperto che Severus era rimasto fedele a Silente; voleva consegnarlo in cambio della tua salvezza, usare lui come sacrificio, e non te. Se tu non avessi incontrato Severus…”),

 

sentenza finali

 

(“Voldemort ti vuole, ti vuole per renderlo più forte. Ma dovrà trovarsi qualcun altro”)

 

(“Non lascerò che ti usino per il rito… non permetterò che la sua vita sia stata sprecata”).

 

Harry riemerge nel mondo reale, annaspa ansimante con il cuore in una sfera di fuoco; poi, senza bisogno di visioni, altri due volti appaiono nella sua mente, altre due voci: quelli di Mulciber, tra le fiamme verdi di un camino

 

(“Il ragazzo è già con il padrone, non vede l’ora di rivedere quell’altro. Il suo contributo segnerà questa notte con il trionfo dell’Oscuro Signore”),

 

e di Tonks

 

(“Il tuo Draco lo sta aiutando a tornare al potere… Draco ti aspetta…conosci la forza che scorre nel suo sangue puro”).

 

E finalmente Harry capisce: sangue puro, come il figlio neonato di Caramell, la vittima del primo rito. Draco è una delle due vittime sacrificali prescelte.

Non ha tradito.

È innocente.

“Allora perché finirà ad Azkaban?” pensa Harry stordito.  

Affiora un ricordo, Hermione l’anno prima

 

(“Tu… non è una critica, Harry! Ma tu… ecco… in un certo senso… non ti sembra di avere un po’ la mania di … beh, salvare la gente?”),

 

ma subito lo ricaccia indietro. Basta inutili pensieri, basta stupide speranza… perché se non è stato Draco a tradire, allora chi? Potrebbe averlo fatto lo stesso, e poi essere scelto come vittima per il rito.

 

(“ Mi salvi, mi salvi, la prego, la scongiuro!”)

 

No, non può permettere a quella speranza di entrare nel suo cuore, non finché l’avrà provata.

Trema forte, Harry, inginocchiato accanto al guscio di carne vuota che una volta era Lupin. Si abbraccia il busto con le braccia per farsi forza e ritrovare il coraggio per Vedere un’ultima volta.

Respiro e battito cardiaco rallentano minuto dopo minuto, la pace e il vuoto tornano nel cuore di Harry. È solo adesso che poggia la mano sul polso di Remus e Vede corridoi, e scale, e porte, e celle… fino al Draco Malfoy in quella memoria, addormentato con un braccio teso tra le sbarre verso il cadavere di Piton.

La strada per arrivare sino a lui.

Senza più esitare, Harry segue  il tragitto di quei ricordi. Nella sua mente, un solo pensiero costante, che vive al ritmo dei battiti accelerati del suo cuore.

 

(Draco)

 

Innocente.

Colpevole.

Quale delle due è la realtà?

 

***

 

Ancora scale, questa volta verso l’alto, poi un piccolo cancello di metallo schiuso, ed Harry arriva nel corridoio di pietra che ha visto nei ricordi di Lupin. È all’incrocio di due corsie perpendicolari, come se si trovasse all’angolo di un quadrato, e c’è molta più luce rispetto al labirinto di terra al piano inferiore; basta un’occhiata perché Harry capisca subito dove sia finito: le segrete del maniero. Le prigioni sotterranee del palazzo dei Malfoy.

Si guarda un po’ in giro ed individua i punti di riferimento della Visione. Cammina verso la cella di Draco lentamente, più per timore che cautela.

 

(Innocente)

 

(Colpevole)

 

Quale delle due?

 

(“Ma io non ti lascerò che ti usino per il rito”)

 

Quale

 

(“Il tuo Draco lo sta aiutando a tornare al potere”)

 

delle due?

Giunge davanti all’ultima porta, fissa la maniglia, non riesce ad abbassarla. Non ne trova il coraggio. Poi, oltre il muro sente qualcosa che gli stringe lo stomaco in una morsa d’ansia.: colpi di tosse raschiante, cavernosa.

Sanno di malattia.

Sanno di morte.

Con lo stesso torpore di un sogno, Harry entra.

La stanza è vuota, con il pavimento sporco di sangue ormai essiccato e ruggine sui ceppi, ma prosegue in un’altra celletta separata dalla principale da un tratto di muro e sbarre di ferro; nascosto alla sua vista, Draco farfuglia qualcosa di incoerente, poi si raschia la gola e sputa a terra. Inizia a singhiozzare impaurito.

Harry si accosta alla celletta e le gambe gli cedono; si accascia contro le sbarre e infila un braccio tra di esse.

-         Draco- sussurra. Dio, come trema. Ha così paura…

 

(Innocente)

 

(Colpevole)

 

-         Harry?- pigola la voce rauca oltre il muro, con un’inflessione incredula.

C’è un fruscio pietroso, come uno strisciare, e la mano di Draco si stringe intorno alla manica superstite del pigiama di Harry.

 

(Fedele)

 

Lenta, le dita scivolano lungo la stoffa, verso il polso nudo di Harry; ed Harry attende, cercando di sgombrare la mente e trovare la calma per poter Vedere, al momento del tocco, qualunque traccia di colpevolezza.

 

(Traditore)

 

Una lacrima di terrore e speranza si gonfia all’angolo di un occhio.

 

(Innocente)

 

(Colpevole)

 

Contatto. E non arriva nessuna Visione. Nessuna colpa.

Non è Draco il traditore.

 

(Oddio, Draco…)

 

È come rinascere, tornare a respirare…

Harry stringe la mano di Draco con un gemito di sollievo disperato, il palmo bollente e sudato contro il suo; poi il volto di Draco appare oltre le pietre del muro, e la sensazione effervescente scompare di colpo: tutto il lato sinistro del viso di Malfoy è violacea e tumefatta, come se fosse stata colpita diverse volte con violenza, e lo zigomo è così gonfio da socchiudere l’occhio in maniera grottesca; l’altra metà è livida e tirata, luccicante di sudore. Gli occhi pallidi sono vacui e febbricitanti, ma c’è lucidità in essi. Sa chi ha davanti. Sa che è Harry.

-         Harry… Harry, sei tu…

-         Sì- risponde lui, e l’espressione di serenità che si disegna sul volto di Malfoy è così autentica da spingere Harry  ad abbracciarlo. I loro movimenti sono ostacolati dalle sbarre che li dividono, ma poco importa; cercano il contatto l’uno con l’altro, frenetici, bisognosi.

Harry si scosta appena e si sfila la maglia del pigiama. Ci impiega un po’, perché Draco si rifiuta di lasciarlo andare; gli stringe la mano con una presa ferrea, benché sembri più fragile di un pupazzo di stoppa.

-         Ecco, tieni, mettila- gli ordina con dolcezza.

Offre una grama protezione all’aria gelida di quelle segrete, ma la stoffa è quasi asciutta, e conserva ancora un po’ del suo calore corporeo. Trema, Malfoy, mentre lo aiuta ad indossarla, ed Harry pure trema… perché nonostante tutti i morti che ha dovuto abbandonare per arrivare sin lì, ha ritrovato Draco, e Draco è innocente. Sono di nuovo insieme, anche se la situazione è disperata.

Malfoy accarezza la guancia di Harry, le sue labbra. Prova a sorridere, ma viene colto da un altro attacco di tosse; ogni espulsione d’aria viene seguita da un’inspirazione rauca e cavallina, quasi cercasse di risucchiare fiato attraverso un foro troppo sottile.

Atterrito, Harry lo prende per le spalle e gli scosta i capelli sudati dagli occhi.

-         Draco, da quanto stai così?

-         Non…- si interrompe per un altro attacco di tosse, breve ma violento, poi riprende ansimando. – Non lo so. Mi fa male il torace, Harry… Non riesco… non riesco a respirare bene.

Malfoy preme il viso contro le sbarre ed Harry lo imita; le fronti quasi si sfiorano, le punte dei nasi si toccano. Restano qualche minuto in silenzio, respirando boccate dei loro odori mischiati. Poi Draco corruccia la fronte e gli accarezza uno zigomo.

-         I tuoi occhiali…

-         Li ho persi. Io… io…

-         Cos’è successo?

Harry abbassa lo sguardo sulle dita intrecciate delle loro mani; cerca di assorbire da quel tocco la forza necessaria per continuare.

-         I Mangiamorte hanno attaccato Hogwarts.

L’occhio sano di Draco si spalanca in una piega incredula.

-         No…

-         Hanno ucciso tutti.

Draco scuote la testa, sconvolto.

-         No, no, ti sbagli, non è possibile…

-         Sono morti, Draco- bisbiglia Harry rabbrividendo. - Sono morti. E il castello, la foresta… era tutto in fiamme. Siamo rimasti solo io e te.

Draco rimane in silenzio, tremando, e ad Harry non piace per nulla il modo in cui sbatte le palpebre e scrolla la testa come se facesse fatica persino a connettere, o il modo in cui si massaggia con una smorfia la fascia addominale. Non è una semplice reazione allo shock della notizia. Poi rammenta l’odore di malattia che aveva avvertito al suo ingresso.

-         Da quanto stai così?- ripete.

-         Fa male… mi  fa male-sussurra Draco fissando il vuoto.

Ricomincia a tossire con violenza.

Harry si irrigidisce allarmato e prende ad accarezzargli i capelli finché la crisi non passa.

-         Ok, buono, buono, va tutto bene… ora ti tiro fuori da qui.

Osserva le sbarre di ferro, ma non ne riesce a venire a capo; non ci sono né lucchetti visibili né binari su cui farle scorrere. Come fanno ad entrare lì dentro?

Draco sembra leggergli la domanda sul volto.

-         C’è una parola d’ordine, ma non so quale… quale sia.

Harry cerca di ragionare con calma. Deve Vedere, non c’è altra soluzione.

Prende la mano di Draco e cerca di staccarsela dai pantaloni.

-         Lasciami- dice, ma la mossa sembra mandare Draco nel panico; si irrigidisce di scatto e strizza più forte la stoffa .

-         No, no- inizia a piagnucolare disperato, - ti prego, no!

Cerca di trattenere Harry per le spalle, le braccia, i calzoni, con un tono così indifeso da strappargli il cuore; ma Harry, odiandosi, stacca un dito pallido dopo l’altro finché non riesce a slacciare la presa di Draco, perché sa che non c’è verso che riesca a svuotare la mente con Draco stretto contro di sé: Malfoy, che è il fuoco dei suoi sentimenti, è proprio tutto ciò da cui deve allontanarsi in quel momento.

-         Ho bisogno solo…- prova ancora, ma Draco non lo lascia finire, cerca di  aggrapparsi ad ogni parte raggiungibile di Harry.

-         Harry, no!- singhiozza più forte cercando di trattenerlo, e il suono delle sue suppliche viene amplificato dagli spazi vuoti della cella e dei corridoi, ne sento l’eco sordo tra le mura. Di questo passo, qualcuno si accorgerà di loro.

-         Harry… Harry…

-         Draco, piantala!- sbotta Harry esasperato, allontanandolo bruscamente con uno spintone che lo manda a sbattere contro la parete opposta.

Draco si rimette a sedere, rabbrividendo, ed è di nuovo calmo, di nuovo silenzioso.

-         Va bene, scusami- sussurra in tono spento, sbirciandolo con occhi lucidi e rassegnati. Non singhiozza più, c’è solo quel rantolo ansimante nel suo respiro su cui non ha controllo; adesso attende la prossima mossa di Harry, con le braccia piegate al petto e i polsi premuti contro la bocca.

Harry distoglie lo sguardo, vergognoso. Cercando di rallentare il respiro, chiude gli occhi e poggia fronte e mani contro le sbarre. 

 “ Mostrami la parola d’ordine” pensa disperato, ma la Visione non arriva; non può, perché le palpebre serrate non sono sufficienti a cancellare l’espressione arresa di Draco. D’impulso, sposta la mano in avanti sul pavimento, raschiando col palmo frammenti di pietra e batuffoli di polvere fino a trovare la mano di Malfoy e stringerla nella sua. Il contatto è caldo, tremante. Il battito rallenta, la mente si svuota. Ancora una volta, Harry pensa : “Completo”.

C’è pace.

C’è calma.

La risposta arriva senza sforzo.

-         Viper Aspis.

Le sbarre scompaiono; Harry riapre gli occhi e tende le mani verso Draco, gli aggancia un braccio dietro la vita e lo aiuta a scivolare fuori dalla cella.

Vorrebbe allontanarsi in fretta da lì, e il più silenziosamente possibile, ma Draco è come un peso morto che arranca a stento contro il suo fianco, ogni suo respiro rauco e crepitante, dritto dal fondo dei suoi polmoni. Poi una nuova crisi sopraggiunge.

Cerca di attutire il rumore con il pugno chiuso, ma invano; Harry gli batte qualche colpetto sulla schiena per farla passare, ma Draco lo allontana con una manata e rabbrividisce, come se non riuscisse a respirare. Quattro colpi di tosse che lo scuotono violentemente, e finalmente i polmoni riprendono a funzionare. Ora, però, il pugno che ha premuto contro la bocca è chiazzato di catarro color ruggine.

Muco e sangue.

 

( Ha la polmonite, Harry )

 

Harry lo abbraccia atterrito e gli bacia la fronte cercando di tranquillizzarlo; contro il suo petto, i polmoni di Draco vibrano come binari percorsi da un treno in corsa.

-         Va tutto bene- bisbiglia, - va tutto bene.

-         Harry…- mugola Draco impaurito.

-         Shhhh, va tutto bene.- Prende il viso di  Malfoy tra le mani e poggia la fronte contro la sua; è facile, ora, senza più barriere fisiche tra di loro. La pelle di Draco sembra andare a fuoco, come se il suo corpo stesse bruciando dall’interno.- Non ti lascio solo. Sono qui con te, andrà tutto bene.

Malfoy annuisce, col viso cereo e sudato. Prova ad abbozzare  un sorrisetto tranquillizzante, come a dire: “Paura, Potter? Io non ne ho”, ma ne ha, e tanta; è divorato dalla paura, esattamente come Harry, che tra le braccia stringe la persona che più ama al mondo e che più rischia di perdere.

-         Andiamo via da qui, coraggio- dice Harry ricambiando il sorriso forzato.

Si passa un braccio di Draco sulle spalle e lo cinge per la vita, sorreggendolo come può; non è facile, perché è esausto e Draco è alto quanto lui, ma lo stringe comunque a sé, e non solo per altruismo. Ha il sospetto che Draco lo stia aiutando a sua volta, con il suo calore e il suo respiro, solo per il fatto di essere con lui, più di quanto entrambi possano realizzare. Draco, che è la sua forza.

Ma il tempo a loro disposizione sta terminando: la cicatrice inizia a pulsare.

Harry si irrigidisce.

-         Cosa c’è?- chiede Malfoy, ma Harry lo zittisce con un cenno del capo e rimane con l’orecchio teso.

Passi, in avvicinamento.

-         Muoviamoci, presto!

Si assesta meglio Draco contro il fianco e lo pilota lungo il corridoio, a tratti quasi trascinandolo di peso, visto che Draco è così debole da non riuscire a tenere l’andatura di Harry. Si lancia un’occhiata frenetica alle spalle e vede il corridoio deserto, ma i passi sono sempre più vicini: non riusciranno mai a raggiungere in tempo le scalinate per il labirinto sotterraneo. Col cuore in gola, Harry sospinge Draco oltre la prima porta socchiusa che trova e se la sigilla alle spalle.

Si ritrovano in una stanza piccola, arredata con poche sedie, un tavolino con sopra un calderone e diversi scaffali stipati di barattoli di vetro contenenti fuoco magico di un verde sinistro.

-         Non ce… non ce la… faccio…- ansima Draco scivolando di schiena lungo il muro fino ad afflosciarsi a terra.

Harry si inginocchia preoccupato accanto a lui.

-         Shhh, buono, buono, va tutto bene- gli bisbiglia baciandogli l’attaccatura dei capelli, stringendolo a sé.

Draco nasconde la faccia nell’incavo del collo di Harry, e Harry lo sente scuotere debolmente la testa in segno di diniego.

-         Non volevo che… finisse così…- sussurra Draco. Si porta la mano alla bocca per soffocare dei colpi di tosse e la ritira sporca di nuovo catarro insanguinato. Inizia a singhiozzare fievolmente. – Ma… rifarei tutto… Lo rifarei, te lo… te lo giuro…

Harry strizza gli occhi e lo abbraccia più forte, il cuore così gonfio di amore e paura da lasciarlo senza respiro. I passi nel corridoio sono dimenticati, le segrete dei Malfoy inghiottite nel nulla; è come se lui e Draco galleggiassero nel vuoto dell’universo, vuoto solido in cui esistono solo loro due, il mondo intero l’uno per l’altro.

Amare, di un amore che ti ruba l’anima.

Sì, pur conoscendo la fine, anche Harry rifarebbe tutto dal principio. Ogni istante. Insieme.

E poi, senza preavviso, la cicatrice va in fiamme.

Harry grida e si porta le mani alla fronte, sotto ondate di un dolore così accecante da rivoltargli lo stomaco. Sente Draco che domanda terrorizzato: “Cos’hai? Cos’hai?”, e l’attimo dopo arriva la consapevolezza di chi li ha raggiunti .

-         GIÙ!- urla gettandosi addosso a Draco.

La porta esplode verso l’interno con un boato, travolgendo sedie, tavolo, scaffali. Il calderone viene scagliato con violenza contro la parete opposta, rimbalza e colpisce Malfoy al bacino, strappandogli un grido di dolore; l’aggancio di ferro di un barattolo si pianta a terra a pochi centimetri dal collo di Harry.

I secondi sembrano perpetrarsi in eterno mentre frammenti di legno e vetro ricadono a terra nella nube di polvere e pietrisco che la invaso la camera. Harry rialza cauto la testa, sbattendo le palpebre stordito, il dolore alla cicatrice ormai ridotto a un sordo pulsare. Con le mani sull’anca ferita, Draco piange convulsamente accanto a lui.

Non sono più soli.

-         Harry Potter- sibila una voce gelida e compiaciuta nella stanza.

Davanti ai resti fumanti delle scaffalature, Lord Voldemort li osserva con occhi scarlatti quasi divertiti; i barattoli di fuoco sopravvissuti all’esplosione illuminano i contorni della sua figura di sfuggenti bagliori verdastri.

Con una stretta al cuore, tremando, Harry si rialza e si mette davanti a Draco in un gesto protettivo che strappa un sorrisetto esaltato al suo avversario. Qualche secondo dopo sente i goffi tentativi di Malfoy per rimettersi in piedi; il corpo è ancora scosso da rantoli cavernosi, ma ormai non piange più: è come se il terrore per la presenza di Voldemort fosse in grado di soffocare ogni altra emozione. 

-         Lo ammetto, Potter, hai superato ogni mia più rosea aspettativa- dice Voldemort mantenendo quel suo sorriso di gelida soddisfazione.

Harry si posiziona meglio di fronte a Draco, cercando di pensare freneticamente nonostante il panico. Deve trovare un modo per tirare fuori da lì Draco sano e salvo.

-         Ti è piaciuto giocare al veggente, Potter?

Harry sussulta.

-         Che cosa?

-         Oh, così tenero- sospira Voldemort benevolo, senza un briciolo di umanità negli occhi rossi. – Ancora adesso ci credi.

-         A cosa?-domanda Harry confuso mentre una sensazione orribile gli striscia nelle viscere.

-         Non sei stato istruito bene, Harry. Quel vecchio pazzo di Silente non l’ha fatto a dovere, ed è stata questa la sua rovina… il modo per recuperare ciò che lui mi aveva strappato.

-         La coppa- sussurra Harry. Con il braccio libero dalla bacchetta cinge la vita di Draco, che trema convulsamente contro la sua schiena, cercando di dargli energia… cercando di riceverne. Non sa come riusciranno a cavarsela, questa volta.

-         La coppa- conferma Voldemort,- appartenuta a Salazar Serpeverde stesso, uno dei due soli oggetti superstiti appartenuti al mio antenato. L’altra, come sai, è il suo diario personale, su cui appuntava i suoi esperimenti.

-         È il libro che ho visto nel mio sogno, quello che ha preso Bellatrix.

-         Ah, quel primo rito! Come hanno osato dissacrare così la casa di Serpeverde?!- ringhia Voldemort prima di ritrovare la calma. – Salazar Serpeverde non era solo uno dei quattro fondatori di Hogwarts, ma anche un genio,  un mago la cui conoscenza della magia supera ben oltre i livelli che potrei raggiungere in una vita intera di studio. Quelli contenuti nel suo diario non sono che una piccola parte delle sue ricerche: la maggior parte dei suoi segreti ha deciso di portarli nella tomba con sé.- Rivolge ad Harry un sorriso compiaciuto. – Io avevo bisogno di conoscerli tutti… e sapevo che c’era un solo modo. 

Voldemort rimane in silenzio qualche secondo, come in attesa.

-         Non ci arrivi, Potter? Avevo bisogno di lui! Non potevo resuscitarlo, perché il viaggio oltre il ponte sul mare nero è senza ritorno, ma potevo richiamare nel nostro mondo la sua Essenza, potevo fondere il suo spirito con il mio e ottenerne la conoscenza. Avevo tutto ciò che serviva per il rito: la coppa, il diario, il sangue di un Mezzosangue e quello di un Purosangue.

Un'altra breve pausa.

-         Il tentativo, come sai, è fallito: gli Auror hanno interrotto la cerimonia e rubato la coppa. Bella è riuscita a salvare il libro, ma senza la coppa era inutile. Dovevo recuperarla a tutti i costi.

 

( Pensa, maledizione, Harry! Trova un modo per uscire vivi da qui! )

 

-         Ero certo – continua Voldemort, - che Silente avrebbe cercato di leggerne i ricordi, ma il solo Remnomante a sua disposizione credevo fosse Piton, un mio seguace. Ma mi sbagliavo: scelse te.

-         E io sono riuscito a Vedere- ringhia Harry.

-         È vero, ma nella fretta di scoprire quale rito avessi usato, Silente non ti ha addestrato. Tu non sapevi nulla della Remnomanzia, né come controllarla né cosa era in grado di mostrarti. La mia spia a Hogwarts mi aveva rivelato che non avevi potere su di essa e poi, ecco che arriva una fortuna inaspettata: il tuo sogno, Potter, l’incontro amoroso in uno spogliatoio con il figlio di Lucius…così carico di emotività che era impossibile celarlo ai miei occhi. Finalmente, le cose giravano a mio favore. Riesci a immaginare come mi sia sentito?

Sì, Harry può; ricorda ancora ciò che gli aveva detto Ron al suo risveglio.

 

(“ Che ti sei sognato, Harry? Ridevi di felicità come un pazzo”)

 

(Non era per il “Ti amo” che Draco ti aveva detto nel sogno, che ridevi)

 

(Non era tua, quella risata)

 

-         Intuii che avevo davanti a me la possibilità di dare a quel rituale una forza inaspettata, perché il potere che si ottiene spezzando un legame profondo è immensa. Potevo aspettare, prima o poi Silente avrebbe commesso un errore nel fare la guardia alla coppa; nel frattempo, potevo impiegare quel tempo per far sì che il legame tra te e il figlio di Lucius crescesse.

-         No…

-         Ero a conoscenza che dopo la morte di Black saresti stato molto più scettico nel credere ad un sogno, perciò dovevo renderti incauto, isolarti dai tuoi amici. È stato allora che ti ho mandato la Visione del figlio di Malfoy morto: era tutto ciò di cui avevi bisogno affinché riconoscessi ciò che provavi…- dice Voldemort con una pausa, e alle labbra gli affiora ancora quel sorriso. – …perché se c’è una cosa che ho imparato di voi Grifondoro è che fareste qualunque cosa per la persona che amate, e che non l’amerete mai così tanto come quando la saprete in pericolo.

Harry sente Draco emettere un suono sommesso contro la sua schiena, un singulto, un gemito, o forse nient’altro che un: “Harry”. Di suo, non riesce a muoversi, il cuore stretto in una morsa incredula, quando finalmente realizza: le uniche Visioni avute senza che la mente fosse in qualche modo sgombra erano state quelle con Draco morto… la prima lottando contro Draco sotto l’arco all’ingresso del campo da Quidditch, la seconda nella rimessa delle scope; la terza era arrivata addirittura in sogno, senza toccare alcunché, ma in quei momenti era stato troppo sconvolto per rendersene conto.

Che idiota che era stato… è solo colpa sua… se non si fosse allontanato da Ron ed Hermione, se avesse deciso di consultarsi con loro, invece che di fare lo stupido eroe solitario e tormentato…

-         C’è stato un momento- riprende Voldemort, - in cui il mio piano ha rischiato di fallire: è stato quando la mia spia a Hogwarts ha lanciato la Maledizione Imperius su Jugson e gli ha ordinato di ucciderti. Forse pensava che, morto tu, non avrei avuto più altro motivo per attaccare il castello. Forse si è trattata solo di vendetta. È scappata prima dell’attacco, ma la sua fuga durerà  poco; ho intenzione di occuparmene personalmente.

-         Chi era la spia?- chiede Harry con un filo di voce.

 

(È colpa tua, Harry. Sono tutti morti per colpa tua!)

 

Voldemort ignora la sua domanda con un gesto distratto della mano e continua il suo racconto.

-         Fortunatamente, Silente e gli altri sono riusciti a bloccare Jugson in tempo. Tu eri ancora vivo, il piano poteva continuare… ed arrivò alla fine il momento in cui quel vecchio idiota commise lo sbaglio che attendevo da mesi: la coppa tornò nelle mie mani. Il figlio di Lucius era già a casa, mancavi solo tu, Potter; è per questo che ti mandai il sogno della sua morte. Speravo che sarebbe stato sufficiente a spingerti via da Hogwarts, e con Silente lontano e quei due Auror sotto il mio comando, nessuno dei tuoi amici sarebbe stato in grado di bloccarti. La tua caduta nel lago è stato solo un contrattempo: sapevo che non eri morto, grazie al nostro legame. Anche senza l’Auror, sei arrivato comunque qui.

Voldemort sorride beffardo.

-         È arrivato il momento, Potter. Il figlio di Lucius sarà il primo a servirmi, tra voi due.

-         NO!- grida Harry indietreggiando, pigiando Draco tra il muro e sé.  Il cuore gli batte così forte che sembra sul punto di scoppiare. Deve esserci un modo per uscire da lì! Deve esserci!

-         Consegnami il ragazzo, Potter! – ordina Voldemort puntandogli contro la bacchetta. -IMPERIO!

Lo invade una sensazione dolce, avvolgente, la mente di colpo sgombra da ogni pensiero… niente più dolore per gli amici persi… niente più paura…

 

(Basta solo che lo consegni)

 

(Consegnagli Draco, Harry)

 

-         MAI!- ruggisce Harry.  Il dolore torna, la paura lo riassale… Ron, Hermione, Lupin… sono tutti morti… ma Draco è ancora lì al suo fianco. E adesso, anche se non sa ancora come salvare entrambi, sa almeno come uscire da quella stanza.

-         E va bene- mormora Voldemort in tono gelido, e sul suo volto non c’è più traccia di sorriso. – Vorrà dire che…

Ma Harry non attende oltre.

-         SAGITTAX!

Dardi di luce esplodono dalla punta della sua bacchetta e infrangono i barattoli superstiti sugli scaffali alle spalle di Voldemort; i fuochi verdi si riversano all’esterno, inglobando il mago in un bozzolo di fiamma viva.

Harry acciuffa Draco per un polso e si getta a capofitto in corridoio, poi in una stanza, e in un’altra ancora, correndo alla cieca in quegli spazi con ombre senza fine. Sta per imboccare l’ennesima porta quando sente le dita di Draco sgusciare via dalle sue.

Harry si volta, arrestandosi, e vede Malfoy a quattro zampe sul pavimento, colto da un attacco di tosse violenta. Ad ogni colpo, dalle labbra cianotiche sputa catarro color ruggine; ad ogni rantolo, il suo corpo bianco e madido di sudore è scosso da spasmi.

Harry gli si inginocchia accanto, fissandolo terrorizzato e impotente.

-         Ora passa- sussurra, - ora passa-. Stringe le labbra per evitarne il tremito, morendo un po’ di più ad ogni schizzo di muco e sangue che colpisce il pavimento.

Piano piano, gli intervalli tra un colpo di tosse e l’altro diventano più lunghi, finché non restano che i risucchi cavernosi del suo respiro spezzato.

-         Io mi…- bisbiglia Draco con un filo di voce- mi fer… mo qui .

-         NO!- esclama Harry terrorizzato, prendendo il viso di Draco tra le sue mani e voltandolo verso il suo. – Se non ce la fai ti aiuto io, ti porto io! Ti…

Draco scuote la testa e cerca di allontanarsi, ma è troppo debole per allentare la presa di Harry; allora chiude gli occhi e scrolla ancora la testa, adagio ma con decisione.

-          Harry…

-         Stai zitto, straparli- lo interrompe brusco Harry, la voce sul punto di incrinarsi.

-         Harry, ti prego…

-         STAI ZITTO!

-         Ascoltami!- esclama Draco ammutolendolo. – Non ce la faccio più a camminare- gli spiega, e per la prima volta Harry si accorge che Draco si tiene un’anca in modo sospetto; gli scosta la mano abbassando con l’indice l’elastico dei calzoni del pigiama, e vede il bozzo purpureo e gonfio che gli ricopre il fianco; gli alza la maglia, e vede il livido fin quasi a metà cassa toracica. Non sembra avere ossa rotte, ma con una ferita del genere è già un miracolo che sia riuscito a seguirlo sin lì.

Draco guarda l’espressione allarmata di Harry e cerca in sé il coraggio per continuare. Mai, in tutta la sua vita, ha avuto più paura. I tempi in cui si divertiva a tormentare i suoi compagni di scuola sembrano avvenuti in un’altra vita.

-         Devi …continuare da solo.

-         Mi rifiuto di lasciarti!

-         Harry, non possiamo… fare nulla. Devi uscire da… da qui e tornare con i … rinforzi.

Ma Harry fa segno di no con la testa.

-         Ce ne andiamo insieme, io e te. Non posso perdere anche te… Draco, è solo colpa mia, non posso… se perdo te…

La voce di Harry si spezza a metà, gli occhi verdi vitrei per il panico che li assale.

 

(Non lui)

 

( Non un’altra volta)

 

-         Harry- lo chiama una voce mentre una mano si posa sulla sua guancia, e c’è qualcosa in quel tono che lo attira… una dolcezza così grande eppure così anomale, in grado di riportarlo in sé.

Singhiozza.

-         Harry, guardami- ripete la voce, ed Harry la segue, e trova il suo Draco ad attenderlo.

E Draco dice:

-         Non è colpa tua.

Non sa cos’altro fare; non sa se sta aiutando Harry, non sa come si consola la gente… ma c’è un amore, in lui, che è più forte di qualunque insegnamento o esperienza. E allora cerca di mettere tutto in quel tocco, la sua mano sulla guancia di Harry. Più struggente di un tenero bacio. Più intimo di qualunque fare all’amore.

Ciò che prova, ciò che sente.

Ciò che ha odiato, ciò che ha desiderato.

Vale la pena di morire, per quegli istanti con lui.

Harry poggia la mano sopra quella di Draco, e Draco spalanca l’occhio sano quando riconosce la catenella chiusa al polso di Harry. Fissa il bracciale qualche istante, poi riporta lo sguardo su quegli occhi verdi e spauriti.

-         Lui vuole il nostro legame, vero?-dice.

-         Sì- risponde Harry. Una lacrima gli scorre lungo la guancia, ma lui non sembra accorgersene.

-         Ed è un legame forte, eh?

-         Sì- sussurra ancora Harry debolmente.

Con movimenti tremanti, Draco raccoglie la lacrima con un pollice e se la porta alle labbra, e nella bocca il sapore salato si mischia a quello del sangue. Ora ha un po’ di Harry dentro di sé. Una parte del suo coraggio, una parte della sua forza.

-         Allora- mormora, - anche se lui mi trova, non mi farà nulla…

Deve fare una pausa perché i brividi gli scuotono il corpo, e non solo per la febbre.

Il coraggio di Harry, dentro di lui.

Il coraggio di un Grifondoro.

 

(Ce la puoi fare, Draco)

 

-         … perché senza di te, io non ho valore. Senza di te, io sono nulla.

 

(E non centrano i riti, non centra la magia.)

 

( È che io ti amo)

 

È sua la lacrima che adesso rotola lungo una guancia. Tra i suoi respiri crepitanti, Draco la raccoglie con l’indice e la porta alle labbra di Harry, che la lecca.

Ora Draco è dentro Harry.

Ed Harry è dentro Draco.

-         Vai!- gli ordina Malfoy.

Muovendosi come stordito, Harry inizia ad alzarsi ma poi si ferma come per un ripensamento, e Draco capisce che se da solo Harry non ce la fa, sarà lui, Draco, a dover scegliere per lui.

Allora lo attira a sé e lo bacia.

Harry trema in quei pochi istanti di contatto; le labbra di Draco bruciano e sanno di sangue, ma c’è qualcosa in quel tocco che gli scaccia il panico dalla mente, come mani che strisciano via la condensa da un vetro appannato.

Grazie a quel bacio.

Grazie a quella serenità che legge negli occhi di Draco.

Accettazione totale. Insieme con lui, qualunque cosa accada.

Vorrebbe dirgli: “Ti amo”, Harry. Vorrebbe dirgli che Voldemort è riuscito nel suo intento, che anche se quelle visioni erano false, l’amore che prova è vero… ma le parole non escono, non riescono a superare la barriera della gola, stretta in un nodo doloroso.

-         Tornerò- è invece ciò che dice, e lo farà,  a qualunque costo, perché Draco è pesto e divorato dalla febbre, eppure Harry non lo ha mai amato così tanto, e mai potrebbe vivere senza quell’amore.

 

(La persona per cui sacrificheresti la vita, Harry. Ormai l’hai scelta )

 

-         Lo so- bisbiglia Draco.

-         Resteremo insieme, qualunque cosa succeda. Giuramelo!

-         Io… giuro.

-         Io giuro- ripete Harry.

Poi, temendo di non trovare più il coraggio, esce dalla stanza e chiude la porta senza mai voltarsi indietro.

 

***

Harry gira alla cieca per i corridoi delle segrete per oltre cinque minuti, e poi ecco, è quasi certo di essere passato per questa stanza; anche se è in penombra, scorge la massa confusa delle librerie lungo un muro e le casse di legno accanto a un divano. Strizza gli occhi e la guarda meglio. Sì, gli sembra la stessa; se la supera, dovrà percorrere solo un paio di gallerie prima di arrivare alle scalinate per il labirinto sotterraneo.

È tutto ciò che gli occorre sapere.

Senza perdere un altro istante, Harry esce di corsa dalla stanza e gira a destra, ma nella penombra deve aver confuso le stanze, perché non c’è alcun corridoio, lì. Si trova invece in una vasta sala quadrata dall’aria antica, con alti soffitti a volta e triadi di colonne serpentinee in prossimità dei quattro angoli; al centro, sul ripiano di un altare grezzo, ci sono due oggetti che Harry riconosce all’istante: la coppa e il diario di Salazar Serpeverde.

La vista appare così inaspettata che Harry avanza ancora di qualche passo prima di arrestarsi, disorientato. A quanto pare, non è il solo: il suo ingresso improvviso ha colto di sorpresa anche il Mangiamorte accanto all’altare.

Rimangono qualche secondo a fissarsi sbalorditi prima di riuscire a reagire: il Mangiamorte alza la bacchetta e Harry si tuffa dietro una colonna evitando per un pelo lo Schiantesimo. Sente qualcun altro accorrere dal lato opposto della sala.

-         Stai attento, Nott! È Potter! Stupeficium!

Lo zampillo di luce rossa colpisce uno dei serpenti sul capitello facendolo esplodere. Un frammento schizza su Harry e gli apre un taglio profondo sulla fronte; Harry sente il sangue che inizia a zampillare. Punta alla cieca la bacchetta oltre la colonna e urla:

-         Petrificus Totalus!

Un rumore strisciante, un sibilo che proviene dalle sue spalle. Harry si volta appena in tempo per vedere il grosso serpente di Voldemort, Nagini, guizzargli contro a zanne snudate. Senza pensare, muovendosi di puro istinto grazie ai suoi riflessi da Quidditch, Harry la acciuffa a mezz’aria come se fosse un lungo Boccino e sfrutta lo slancio del suo attacco per lanciarla oltre la colonna.

Un nuovo scalpiccio di passi dietro di sé, e si accorge che uno dei due Mangiamorte ha sfruttato quella distrazione per aggirarlo.

-         Incarceramus!

Harry si tuffa sul pavimento e l’incantesimo di Mulciber colpisce Nagini: funi magiche appaiono intorno al serpente, serrandole il corpo; non avendo arti Nagini riesce comunque a muoversi, ma ora le robuste funi avvolte intorno alla testa triangolare le impediscono di aprire il muso e usare le sue zanne avvelenate. Mulciber le punta contro la bacchetta.

-         Diffind…

-         Petrificus totalus!- lo blocca in tempo Harry, poi si abbassa di scatto per schivare uno Schiantesimo di Nott, che sta per raggiungerli.

Harry si guarda intorno frenetico in cerca di una via di fuga e vede un passaggio ad arco che dà su una stanza buia ad una decina di metri da lui; proviene uno strano brusio da quella parte, ma nell’oscurità potrà nascondersi e guadagnare tempo.

Esce dal suo riparo e attraversa la sala correndo mentre un altro Schiantesimo sferza l’aria appena dietro di lui; ma nel momento in cui supera l’arco di ingresso, l’aria si illumina all’istante, ed è con un sussulto al cuore che Harry capisce di essersi infilato da solo in un vicolo cieco: non ci sono altre uscite, lì.

È in una camera molto più piccola della precedente, rischiarata da bracieri di bronzo posti a terra e percorsa lungo tutte le altre tre pareti da un largo fossato ripieno di serpenti brulicanti gli uni sopra gli altri, a centinaia; erano le loro voci quel brusio che aveva sentito. Proprio al limitare della fossa, davanti ad Harry, c’è una statua di Serpeverde alta oltre due metri.

-         Sagittax!- urla Nott alle sue spalle.

Ancora una volta, Harry scarta di lato appena in tempo: il dardo d’argento lo manca per un soffio e colpisce di striscio la base della statua. I serpenti si ritirano di scatto dietro di essa con un sibilo innervosito.

Harry ruzzola a terra, rotola su se stesso e si volta verso il Mangiamorte.

-         Stupe…

-         Expelliarmus!- lo anticipa Nott.

La bacchetta di Harry schizza via, finendo dritta nel recipiente dei serpenti; ben presto scompare alla vista, mentre il groviglio di rettili la inghiotte tra le proprie spire. Intanto, dalla sala principale, Nagini striscia lenta ma inesorabile verso di loro.

-         È finita, Potter!- esclama Nott trionfante puntandogli addosso la bacchetta. – Sei stato un folle a volerti opporre all’Oscuro Signore.

Harry si drizza faticosamente sulle ginocchia, con la testa pulsante per la ferita alla fronte e lo stomaco stretto nella morsa del panico… non può lasciarsi catturare, ha promesso a Draco che sarebbe tornato con i rinforzi, che lo avrebbe salvato…

Nagini li ha ormai raggiunti. Con la bocca serrata e  i movimenti resi  goffi dalle funi dell’Incantesimo di Blocco, per raggiungere Harry urta inavvertitamente Nott; Nott abbassa lo sguardo d’istinto per vedere cosa lo abbia toccato, e tanto basta ad Harry: raccoglie da terra uno dei bracieri di bronzo e con un grugnito  colpisce Nott con tutte le sue forze. L’impatto sbalza il Mangiamorte contro il muro, che perde l’equilibrio e cade dritto nella fossa dei serpenti, e in pochi secondi ne viene ricoperto. La fossa dei serpenti… è proprio lì che Harry deve infilare la mano, se vuole ritrovare la sua bacchetta.

Lancia il braciere contro Nagini e la colpisce di striscio, stordendola; senza perdere altro tempo, Harry si stende a pancia in giù e rimane un attimo con la mano sul bordo ad osservare con lo stomaco contratto il groviglio di marassi, vipere, aspidi e cobra che si avvitano e strisciano uno sopra l’altro, le lingue biforcute che assaggiano nell’aria il sapore della sua paura.

-         Per favore, non mordetemi… devo solo cercare la mia bacchetta- sussurra ai serpenti, e non sono parole, quelle che escono dalla sua bocca, ma sibili sinistri.

“Per Draco” pensa atterrito. Affonda il braccio nella vasca e inizia a tastare tra gli animali guizzanti in cerca della bacchetta.

I serpenti strisciano contro la sua pelle nuda in un contatto raccapricciante, però non lo mordono; sembrano anzi guidare le sue dita verso una direzione precisa. Harry affonda il braccio più in profondità ma torce il collo per allontanare la faccia da quella massa brulicante; la nuova inclinazione della testa devia il rivolo di sangue che ancora fuoriesce dalla ferita sulla fronte e glielo fa finire negli occhi. Il bruciore è forte, la vista si appanna. All’improvviso, Harry non vede più.

Rimane solo con il senso del tatto.

Rimane solo con il senso dell’udito.

Ed è in quella cecità temporanea in cui è finito che Harry lo avverte: accanto a lui, un sibilo improvviso. Nagini ha ripreso i sensi.

Sente Nagini che si avvicina. Sente i suoi brusii, il sordo strisciare del corpo tubolare lungo il freddo pavimento di pietra. Sente il battito frenetico del suo cuore che pulsa impazzito dentro la sua cassa toracica…

Pigramente, Nagini inizia ad avvolgere le proprie spire intorno alle gambe di Harry.

Harry cerca di scalciarla via, ma è troppo pesante; la sente risalire lungo i polpacci, le ginocchia… Il respiro si fa più frenetico, sibilante. Digrignando i denti, Harry affonda anche l’altro braccio nella vasca, rovistando nel panico crescente.

-         Aiutatemi!- sussurra disperato ai serpenti nella vasca. – La mia bacchetta, vi prego!

Sente aumentare la pressione alle gambe alle gambe mentre Nagini le stritola in una morsa forte, e più forte…

…e poi le dita di Harry si chiudono intorno alla bacchetta.

Estrae le braccia dalla fossa, punta alla cieca la bacchetta verso le proprie gambe e urla:

-         Exilum!

L’Incantesimo di Esilio gli strappa Nagini di dosso e la scaglia contro una superficie di pietra; sente qualcosa oscillare con violenza per l’impatto, ed Harry capisce che è la statua: la magia di Nott deve averle già indebolito la base.

Ancora accecato dal sangue, Harry si costringe a pensare febbrilmente. Dal punto in cui si trova, la statua e Nagini devono trovarsi alla sua sinistra, a qualche metro da lui; alla cieca, punta la bacchetta in quella direzione, verso il basso.

-         Stupeficium!

L’incantesimo colpisce qualcosa, ma non è carne: Harry sente il rumore di pietra che esplode, e sotto il sibilo mortale di Nagini.

-         Ti ucciderò…

-         Stupeficium! Stupeficium! STUPEFICIUM!!!

Di nuovo roccia che scoppia.

-         Ti uccide…

Harry la sente strisciare verso di lui sibilando, poi avverte un  altro suono: il cigolio pericolante di qualcosa di grosso e pesante che tentenna… vacilla… e in una frana di pietrisco si schianta a terra con un boato. Frammenti di pietra lo raggiungono e lo feriscono alle braccia, alle gambe, ma è abbastanza distante dal punto in cui è crollata da non riportare altri danni. Nagini non è stata altrettanto fortunata.

Con un colpo di bacchetta Harry si toglie il sangue dagli occhi e vede i resti della statua di Serpeverde a terra; tra le macerie di pietra insanguinate affiorano i pezzi del corpo spappolato del gigantesco serpente.

Rabbrividendo per lo shock e ancora intorpidito, Harry  si rialza e barcolla verso il passaggio ad arco, ed è così concentrato a convincere le proprie gambe traballanti a sorreggerlo che non si accorge di non essere più solo nella sala.

-         Harry…- singhiozza in un filo di voce spaventata Draco.

Harry sgrana gli occhi e si volta di scatto verso Malfoy, rannicchiato tremante contro l’altare. In piedi accanto a lui, con il viso distorto da un odio agghiacciante, c’è Voldemort.

E Voldemort punta la bacchetta addosso a Harry e dice:

-         Crucio!

Il suo corpo viene scosso all’improvviso da un dolore spaventoso e devastante, come se carne, ossa e sangue esplodessero in fiamme. Urla, agonizzante, non sa per quanto tempo; poi, com’è arrivato, il dolore scompare.

Sente Draco bisbigliare il suo nome, disperato.

-         Dra…Drac…-cerca di chiamarlo a sua volta Harry, ma il suo fisico è ancora troppo deabilitato, la sua bocca si rifiuta di obbedirgli. Riesce a malapena a respirare, a tremare.

Voldemort si avvicina di qualche passo e lo osserva con uno sguardo gelido.

-         Sei stato davvero così illuso da pensare che il fuoco mi avrebbe bloccato a lungo?- sibila con voce furiosa. –Tu non puoi uccidermi, Potter, non puoi fermarmi, non puoi ingannarmi... non puoi sfuggirmi, anche se abbandoni i tuoi compagni per scappare…- aggiunge crudele.  

-         Vai al diavolo!- ringhia Harry.

Con un colpo di bacchetta, Voldemort lo scaraventa contro una parete con violenza. Harry cozza la testa e vede le stelle.

-         Ora pagherete entrambi… Soffrirete entrambi, e sarà solo per colpa tua, Potter –. Sposta la punta della bacchetta in direzione di Draco con un gesto teatrale, affinché Harry, a terra, non si perda nulla.- Non avresti dovuto uccidere la mia Nagini. Crucio!

Dalla gola di Draco schizza fuori un grido raschiante, un suono gutturale e tremendo, così spaventosamente innaturale, così ricolmo di dolore.

-         NO!- urla Harry disperato.

Cerca di rimettersi in piedi su quelle gambe che lo reggono ormai a stento, ma Voldemort  sferza nuovamente l’aria verso di lui con la bacchetta: Harry avverte un’altra scudisciata che lo manda a schiantarsi contro una colonna  in una vampa accecante di dolore. Sente il sangue che gli cola dalle ferite e gli riempie la bocca, gli va di traverso. Tossisce forte e sputa una boccata di sangue sul pavimento. Rimane bocconi sul pavimento, incapace di muoversi.

-         Crucio!

Draco ricomincia ad urlare, la voce afona per la mancanza ormai di ossigeno; quando Voldemort termina la maledizione, il viso pallido di Malfoy è diventato cianotico.

-         LASCIALO STARE!- grida Harry con voce impastata di angoscia e rabbia, odiandolo con ogni briciola della sua anima… odiando se stesso, per la debolezza del suo corpo che fa fatica ad obbedirgli. Gambe e braccia formicolano e riprendono a tornare sotto il suo controllo, ma troppo lentamente. “Avanti!” pensa frenetico mentre il torace di Draco ricomincia finalmente a risucchiare aria con fremiti cavernosi.

Voldemort lo ignora; si avvicina a Malfoy e Draco cerca di ritrarsi con un sussulto, singhiozzando senza controllo, ma non riesce a scostarsi. È con un tuffo al cuore che Harry vede Voldemort afferrarlo per la gola e sollevarlo come fosse un bambolotto.

Draco agita debolmente mani e piedi per cercare di liberarsi, ma il suo corpo è troppo indebolito per riuscire ad opporre una vera resistenza. Socchiudendo gli occhi rossi da rettile, Voldemort poggia la punta della bacchetta sul quel poco di gola  pallida che affiora dalla sua presa e la fa scorrere con delicatezza, come se disegnasse; fili di sangue affiorano al contatto là dove la pelle viene tagliata in sottili ghirigori. Draco mugola atterrito.

-         Mi hai privato della mia serva più fedele- sussurra Voldemort, ma non sono per Draco le sue parole; sono per Harry, che senza che l’altro se ne accorga si avvicina barcollando silenziosamente alle sue spalle, gli occhi  verdi gelidi di odio. – Ora vedi il tuo amore mori…

Con un ringhio rabbioso, Harry  conficca la sua bacchetta tra le spalle di Voldemort come fosse un paletto, trafiggendogli il cuore.

Voldemort emette un sibilo sfiatato e lascia cadere Draco. Rovescia la testa all’indietro e lancia un grido bestiale, ferino, ma poi il suo grido si spezza a metà quando Draco gli strappa la bacchetta di mano e gliela conficca nel petto scheletrico con un ultimo sforzo. Ora le due bacchette sono una contro l’altra, le punte quasi che si sfiorano, pulsanti nei pugni di Harry e Draco al ritmo del cuore nel quale sono piantate.

-         Non è così… non è così che potete… uccidermi, stolti- sibila Voldemort con un filo di voce sofferente e glaciale, ed Harry gli crede: anche se trafitto gravemente e indebolito, il cuore batte ancora. Poi, ricorda.

 

(“… la possibilità di dare a quel rituale una forza inaspettata, perché il potere che si ottiene spezzando un legame profondo è immensa”)

 

Un legame profondo. Come  il loro.

 In quell’attimo, per entrambi arriva la consapevolezza della sola cosa che possono fare. La mano di Malfoy afferra la sua, in un movimento improvviso che lo fa sussultare, ma poi la accoglie con conforto, intrecciando le dita a quelle dell’altro

 

(“Immensa”)

 

Le labbra di Draco si muovono in un breve sussurro muto che Harry non riesce a capire, poi si piegano in un sorriso che non è né dolce, né smagliante, ma che nella sua tristezza è immensamente bello. C’è paura negli occhi di Draco, e anche dolore, per le ferite, per la polmonite… ma c’è anche qualcos’altro; Harry guarda ancora qualche istante quelle iridi pallide e lucide, e infine capisce: resteranno insieme, qualunque cosa succeda, ovunque andranno… saranno in due, e non esisterà incantesimo abbastanza forte da strappar via le dita intrecciate che condividono nei loro cuori.

L’amore, che ti isola dal mondo.

L’amore, che ti rende Uno.

Moriranno insieme.

Così sia.

Senza lasciare la mano di Draco, Harry riporta la concentrazione su Voldemort, sull’odio feroce che prova per lui… per averlo privato dei suoi genitori, di Sirius, Ron, Hermione… e della persona per lui più importante.

All’unisono, entrambi lanciano il loro incantesimo.  

-         Avada Kedavra!- grida Harry.

-         Lumos- mormora Draco.

 

(“Lumos”)

 

Una luce accecante esplode all’improvviso nella sala .

La bacchetta vibra con violenza nel pugno chiuso di Harry, ora incapace di lasciarla; contemporaneamente, nell’altra, avverte una sensazione di risucchio, come se nello spazio racchiuso tra la mano di Draco e la sua fosse sbocciato un piccolo buco nero capace di inghiottirlo. La bacchetta trema  imprigionata nel corpo di Voldemort; la luce incandescente che sprigiona dalla punta è così fulgida da rendere carne e pelle traslucidi come carta da riso. È una luce abbagliante, insopportabile, ma Harry socchiude gli occhi, sente che deve farlo….ed è così che la vede, nel chiarore splendente… una farfalla, argentea come un Patronus e fatta di luce così accecante da bruciare le retine, come quando si guarda per sbaglio il sole senza filtri. La farfalla vola verso Harry… la luce aumenta…Harry serra gli occhi…

Avverte uno scossone ad entrambe le mani, violento e compatto come un’implosione subacquea. Poi, l’attimo dopo, tutto smette all’improvviso.

Harry, ancora stordito, viene trascinato a terra dal peso di Draco e Voldemort, e un’ondata di vertigini lo assale. Non sa perché, ma è ancora vivo. Nella sua mente, una sola parola rimbomba confusa.

 

(“Lumos”)

 

Quando la nausea passa ed Harry riesce a riaprire gli occhi, la prima cosa che vede è ciò che resta di Voldemort, nient’altro che un involucro umano e disfatto. Ogni traccia del potere oscuro in lui è svanita.

Schiacciato sotto il cadavere, con gli occhi chiusi, c’è Draco.

 

(Perché sei vivo, Harry?)

 

(A quale prezzo?)

 

Harry lascia la presa sulla propria bacchetta, scalza via il corpo di Voldemort con una spallata e stringe le dita di Malfoy intrecciate alle sue, ma la mano di Draco rimane abbandonata nella sua.

Draco, steso a terra con gli occhi chiusi e le guance pallide umide di sangue e lacrime.

Draco, che non si muove più.

-         Draco! –lo chiama Harry in un bisbiglio mentre il terrore scende nel suo animo.

 

(“Lumos”)

 

-         No no no…- mormora atterrito.

Prende Draco per le spalle e lo scrolla, lo schiaffeggia delicatamente, ma Draco rimane inerte tra le sue braccia. Harry lo stringe con maggior forza, il respiro più veloce, e più veloce, e più veloce. Non scorge più nulla intorno a sé: il mondo si è rinchiuso nel viso di Draco, nella solidità di quel corpo premuto contro il suo fianco. Posa la mano sulla giugulare, e non sente alcune pulsazione.

 

(A quale prezzo, la tua vita!)

 

-         Oddio, no, no… Draco!- singhiozza Harry mentre la sua anima si strappa in due dal dolore, in bilico sull’orlo della pazzia.

Ma poi sente un’altra voce nella sua mente, sicura, decisa.

 

(“Tranquillo, è vivo. È solo svenuto a causa dello sforzo”)

 

Ed Harry… Harry le crede. Deve.

 

(Sì, sì, è solo sfinito e malato, ha bisogno di riposarsi)

 

Fra risatine isteriche non più rumorose di un soffio e sforzando il proprio corpo sfinito e tremolante, Harry strappa di dosso il mantello a Mulciber, lo avvolge intorno a Draco per scaldarlo, si carica il corpo tra le braccia ed inizia a vagare per i corridoi, barcollando senza meta. Ogni altro pensiero è sparito, adesso deve solo proteggere Draco e portarlo in salvo.

 

(“Tornerò”)

 

(“Lo so”)

 

Cammina da una decina di minuti quando trova una piccola saletta con un camino spento e un calice di Polvere Volante; Harry posa delicatamente Draco contro il muro

 

(Dorme, shhhhh, dorme…)

 

e punta la bacchetta verso il camino.

-         Incendio!

Non accade nulla.

Harry fissa confuso la sua bacchetta, poi ritenta.

-         Incendio!

Ancora nulla. La magia… la magia lo ha abbandonato.

Stordito, Harry ripone la bacchetta in tasca. Usa le gambe di una sedia come legna e vi appicca fuoco con una torcia del corridoio; poi riprende Draco tra le braccia stando attento a non svegliarlo, getta un pizzico di Polvere Volante nel camino e tra le fiamme verdi dice:

-         Al n.12 di Grimauld Place.

 

***

 

Non c’è nessuno, lì in cucina.

Harry emerge dal fuoco barcollando per lo sfinimento sotto il peso di Draco, esce fuori dalla stanza e fa qualche passo vacillante verso l’ingresso; i suoi piedi urtano il portaombrelli a forma di zampa di troll e lo fanno rovesciare a terra con un tonfo. A quel rumore, il ritratto della Signora Black inizia a urlare a squarciagola.

-         TU! SOZZURA, FECCIA, COME OSI INSUDICIARE LA CASA DEI MIEI PADRI…

C’è uno scalpiccio di passi in corsa dal piano superiore, e poi giù per gli scalini: Charlie e Molly Weasley scendono le scale con le bacchette in mano.

-         Stupeficium!- grida Chiarlie  Schiantando il ritratto, poi punta la bacchetta contro Harry, socchiudendo gli occhi per cercare di riconoscerlo nella semioscurità.

-         Chi va là?

Harry non risponde, non lo degna di uno sguardo. Solo Draco conta. Solo lui.

-         Charlie, no! È Harry!- strilla sconvolta la signora Weasley. Scende di corsa gli ultimi gradini e fa per gettarsi ad abbracciare Harry, ma Charlie la acciuffa al volo e la tira via.

-         Può essere una trappola, mamma, stai indietro!- la avverte Charlie teso, ma poi incontra lo sguardo sfocato di Harry, e capisce: no, non è un Mangiamorte sotto Pozione Polisucco. Per quanto incredibile sia, è veramente Harry.

Sussulta con un gemito di sgomento quando riconosce il cadavere tra le sue braccia. Molly non se ne accorge. Si avvicina esitante ad Harry.

-         Ti credevamo morto, caro… Ron ti ha visto cadere nel lago, noi…- Avanza di un altro passo. – Hanno attaccato Hogwarts e Hogsmeade, hanno appena portato i ragazzi al San Mungo… Ginny sta male ma…

Molly si interrompe di colpo quando si accorge anche lei che quello tra le braccia di Harry è un cadavere. Tende un braccio commossa, ma Harry indietreggia di scatto, tremando dalla stanchezza.

-         Voldemort è morto.

Molly e Charlie sussultano.

-         Che cosa?

-         Lo abbiamo ucciso.

-         Charlie, avverti Silente!- ordina lei  con un filo di voce, e mente dalla bacchetta del figlio schizza un uccello argenteo che scompare oltre i vetri delle finestre,  Molly avanza di un altro passo verso Harry. 

-         Dobbiamo portare Draco al San Mungo, è… è malato- balbetta Harry. – Ha bisogno di… cure….

-         Puoi posarlo, caro- dice Molly affranta. – Non c’è più nulla da fare.

-         LUI NON È MORTO!- ruggisce Harry con una voce così intrisa di rabbia disperata da far indietreggiare Molly di scatto.  Il respiro è accelerato, le articolazioni gli dolgono, i muscoli bruciano… ma è tanto dolce il peso di Draco tra le sue braccia.

Poi, la sua mente inizia a cedere.

 

(“Puoi posarlo, caro. Non c’è più nulla da fare”)

 

(“…il potere che si ottiene spezzando un legame profondo”)

 

(“Avada Kedavra!”)

 

(“Lumos”)

 

-         NO!- grida Harry sconvolto. Le braccia gli cedono all’improvviso e Draco gli scivola via; d’istinto, la mente sgombra per lo shock, Harry lo acciuffa al volo.

Wump!

È di nuovo nelle segrete, di nuovo con la bacchetta conficcata nel cuore di Voldemort, solo che non è il viso di Draco quello che affiora oltre la spalla del mago, ma il suo, sanguinante e privo di occhiali. È dentro Malfoy, capisce, pochi istanti prima che lanciano entrambi la maledizione senza perdono: era stato allora che Draco aveva mosso le labbra in una frase che non era riuscito a capire… ma ora gli è chiara, perché sono sue le labbra che si muovono.

“Ti amo”

Le penultime parole di Draco in questo mondo.

L’unica cosa a cui teneva più della sua vita.

E mentre Harry riemerge dalla Visione e sente Silente sbucare dalla cucina, capisce… Dio, capisce…

-         Mi ha tradito… dovevamo farlo insieme, io e lui…dovevamo…- cerca di spiegare in un mormorio  sperduto,  tutto ciò che riesce a dire mentre il suo cuore si apre alle ondate di comprensione e le sue barriere crollano di schianto

Poi, riesce finalmente liberare l’urlo che ha in gola.

Grida e grida, Harry, in una voce incrinata di dolore e singhiozzi, con gli occhi invasi dalle lacrime e nastri di muco che si raccolgono sopra il labbro superiore. Piange e grida, stringendo Draco forte a sé, perché è tutto ciò che può fare. Non sente altro. Non le mani di Molly che cercano di abbracciarlo. Non le parole di Silente che cercano di superare le barriere del suo dolore. Non il pavimento su cui è scivolato in ginocchio.

Draco è morto, e il mondo ha cessato di esistere. 

 

***

 

Fine capitolo ^^...Beh, che dire...

Mi spiace un po' per l'inizio lungo, ma volevo trovare un modo abbastanza credibile per far entrare Harry nel castello... ho idea che suonare al citofono non sarebbe stata un'idea geniale ^^'''!

Ah, ringrazio ancora Vivi per avermi ricordato che con il bacino spezzato le persone non possono camminare ^^''''''''... nella foga del momento mi ero lasciata un po' prendere la mano.

Un capitolo solo alla fine (e alla mia lettura di hp 6 e 7, finalmente T_T!)...  spero abbiate gradito questo almeno un po' :)!

Un abbraccio e grazie di aver letto,

Tes

 

^^’’’ siete ancora svegli? Complimenti a chi è arrivato fino a qui ^^’’’’… eventuali critiche costruttive o commenti possono essere fatte all'indirizzo tesla_vampire@yahoo.it ^^, grazie!

 


 

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