DISCLAIMERS: date alla Rowling quello che è della Rowling e a Tes quel che è di Tes.. DEDICHE:tutti i riferimenti a Ron/Hermione sono puramente voluti e dedicati interamente a Taty XD, santa donna che mi sopporta… l’Harry/Draco è per Silvia T. che ha fortemente voluto questo seguito J… Ta-daaaaan! E per Amanda J: un bacione immenso, tesora! Spero solo che non vi sentiate male dopo averlo letto O_O’’’…
NOTA IMPORTANTE: non ho ancora letto il sesto libro e non so assolutamente nulla su di esso e non voglio sapere nulla su di esso finchè non finisco questa maledetta fic, o potrei rimanerne TROPPO influenzata, e la storia come l’ho creata andrebbe a farsi benedire-_-… -_- la storia è nata 2 estati fa mentre aspettavo Seimei da Spizzico; ci ho lavorato sopra due anni e si prospetta la cosa più lunga e complicata che io abbia mai scritto o immaginato… ora se riesco a scriverla sarebbe una cosa stupenda XD, perciò Harry, Draco, Blocco dello Scrittore: collaborate-_-, vi prego!
RINGRAZIAMENTI: Grazie a Ninnichan *_* e Kieran*_* e la Nipo love love *_* di esistere, a Pam e Saku per le risate ,a Crius del suo stupendo commento su SFIDA *_*!
RINGRAZIAMENTO SPECIALE: a tutte le persone che stanno commentando VISIONS: grazie mille di cuore (_ _), siete gentilissimi/e ! NOTA AL CAPITOLO: attenzione! Ci sono scene forti e di una certa drammaticità! ”buona” lettura!...^^’’’’ spero…
VISIONS
di Tesla capitolo XII di ?
*** MORTE DI UN GRIFONDORO Ron non riesce a chiudere occhio. È stupido anche solo provarci, con il fragore della tempesta che si è scatenata fuori, i boati dei tuoni e il fracasso della pioggia che colpisce le finestre come grosse manciate di ghiaia. Ma forse questo è solo secondario; ha il sospetto che non riuscirebbe a prendere sonno neanche con un cielo limpido e sfumato di luna. Capitano a volte certe nottate insonni, così è la vita. Pazienza. Cos'altro può fare, sennò? Fissa il soffitto con le mani incrociate sull'ombelico, e si diverte ad interpretare le forme strane che i lampi improvvisi dei fulmini tracciano a carboncino sulle pieghe di stoffa delle tende. Tuono, e appare uno scorcio del naso di Piton. Tuono, e si disegna il profilo beffardo di quell'idiota di Malfoy.
(Naturale che uno come lui entri qui a rompere le palle senza permesso, eh, Ron?)
Tuono, e vede le onde elettriche dei capelli cespugliosi di Hermione. Un sorriso tenero gli sale alle labbra, spontaneo; l'istantanea sulla stoffa sembra riprodurre quella chioma ricciuta fin nei minimi dettagli, anche in quella specie di svolazzo all'insù che persiste sulle punte nonostante Hermione lo aggredisca con dosi di Tricopozione Lisciariccio. È come un marchio distintivo della ragazza che ama, pensa Ron, come la forma dei suoi occhi, o la piega delle labbra. Il lampo si spegne, la stanza torna nel buio. È allora che inizia a sentire rumori strani provenire dalle parti del letto di Harry. Sembrano gemiti. Ron spalanca gli occhi, colto alla sprovvista, e si ficca un pugno in bocca per non scoppiare a ridere. " Harry… si sta tirando una sega?" “Magari sta pensando alla sua donna del mistero”, pensa Ron girandosi silenziosamente sullo stomaco e mordendo il cuscino per soffocare le risate; lo abbraccia, lo stringe forte, perché la situazione è imbarazzante, ma anche ridicola. Ma perché Harry non ha lanciato un Incantesimo Silenziante intorno al suo letto? E poi… c'è qualcosa che non va, in quei gemiti; non sono di piacere. È come se Harry li stesse emettendo dal profondo di una gola gonfia di lacrime. Harry non si sta masturbando. Harry sta piangendo nel sonno. Che idiota che è, si maledice mentalmente Ron mettendosi a sedere e scostando via il cuscino; no, la voglia di ridere gli è passata. Come ha fatto ha confondersi? Il frastuono della tempesta all'esterno non è così esagerato da farlo sbagliare; se smette di distrarsi e si concentra un minimo, la differenza tra piacere e dolore, in quelle lacrime, si avverte tutta.
(Non è che hai mollato un po' Harry a se stesso ultimamente, eh, Ron?)
Sente Harry agitarsi maggiormente nel sonno, borbotta una parola, forse un nome, Ron non riesce a decifrarlo attraverso quei lamenti. Harry mugola, guaisce per un dolore senza nome, e finalmente pronuncia le uniche due parole comprensibili da quando ha iniziato a parlare nel sonno. - Non morire. - Che cosa?- chiede Ron stupito, e si accorge di aver fatto la domanda a voce alta. Per un attimo ha creduto che Harry fosse sveglio, ma no, dorme ancora; si sta rivolgendo a qualcuno nel sonno. Ron si alza piano e raggiunge in punta di piedi il letto dell'amico, strofinandosi le braccia vigorosamente per scacciare il freddo. Harry è rannicchiato in posizione fetale, pesante sul materasso, quasi volesse affondarvi dentro per trovarvi riparo; nel sonno deve aver scalciato di lato le coperte, ma una mano artiglia ancora una manciata di lenzuolo. Il corpo è ricoperto da una patina di sudore acido, e il pigiama vi si incolla sopra in chiazze scure. Sta tremando. Il braccialetto che porta la polso vibra contro la carne in una danza muta. "Deve avere un incubo orrendo" giudica sgomento Ron, vedendolo. Prima che possa decidere se svegliarlo o no, Harry inizia ad agitarsi; rabbrividisce, scuote la testa, le gambe sussultano… sembra preda di un attacco epilettico che esiste solo nella sua testa. Ron avanza di un paio di passi verso di lui, allunga una mano per scuoterlo per un braccio. Ora non è più turbato: è spaventato sul serio. Sente gocce di sudore grandi come ratti zampettargli lungo la spina dorsale. Deglutisce. Le dita di Ron sono a pochi centimetri dalla spalla di Harry, quando il tremore del corpo addormentato cambia; le palpebre di Harry sono ancora chiuse, ma dagli angoli iniziano ad affiorare lacrime, che diventano pianto, che diventa un lamento così forte da scartavetrare l'anima. Le ginocchia di Ron temano violentemente, e l'unica cosa che riesce a fare è agganciarsi alla colonnina del letto per sorreggersi. - Harry- lo chiama, ma la voce è appena un sussurro, troppo bassa per svegliarlo; ma deve farlo, DEVE svegliarlo. - Harry- riprova, e la sua voce ora è un po' più sicura. Intorno a sé, Ron percepisce a malapena i borbottii assonnati di Dean, Seamus e Neville che si risvegliano. - Ron, che succede?- mormora qualcuno, forse Neville. Ron lo ignora. Appena si sente abbastanza saldo sulle gambe per staccare le mani dalla colonnina, afferra Harry per la spalla e lo scrolla. - Cazzo, Harry, svegliati!
(Sveglialo! Sveglialo, sveglialo, è importante, sveglialo!)
Il suo urlo rimbomba nel dormitorio. Un lampo lacera il cielo con un frastuono spaventoso.
(Questo è caduto vicino, Ron, così vicino),
Nel buio, qualcuno sussulta. Harry non si sveglia, e Ron non è più spaventato, è letteralmente terrorizzato. Il corpo di Harry è colto da spasmi, si dimena frenetico, inarca la schiena; le dita strattonano le lenzuola, strappandole. Altre lacrime scendono dagli occhi serrati, e batte i denti, e singhiozza devastato. Ron prende a sbatacchiarlo più forte. - SVEGLIATI!- strilla in preda al panico. Sente le lacrime iniziare a pizzicargli gli occhi. - SVEGLIATI SVEGLIATI SVEGLIATI!!! Avverte la presenza di Neville e degli altri, gridano "Ron, calmati", ma loro dormivano, non c'erano sin dall'inizio, non hanno dovuto seguire inermi Harry disgregarsi e colare dal dolore giù per quelle lacrime. Non possono comprendere. Il loro cuore non è serrato da un presagio.
(Sveglialo, Ron… o …)
- CAZZO, HARRY! CAZZO, SVEGLIATI!!!- urla più forte. Impiega qualche istante per accorgersi che la sua voce non è più sola; Harry grida con lui, la voce così gutturale e bassa che sembra provenire dalla parte più interna, e fragile, e indifesa del suo corpo. Poi, all'improvviso, l'urlo cessa. Harry si è svegliato. Si libera con uno scrollone violento dalla morsa di Ron, che lo guarda agitato, e si rizza in piedi sul letto, traballante sulle gambe e col respiro affannoso; si aggrappa alla tenda che ricopre la testiera, appoggia le spalle contro la parete. Si guarda in giro, eppure Ron capisce che non sta vedendo nulla veramente; c'è come un velo appannato davanti a quegli occhi. - Harry- lo chiama Ron con voce fievole, cercando di attirare la sua attenzione. Harry sposta lo sguardo su di lui, e Ron vi scorge uno scintillio innaturale. Trema ancora, spaventato a morte. - Harry… - Devo andare- dice Harry, atono. - Cosa…? - Devo andare, Ron. Devo. L'ho Visto morto. - Chi… c-cosa…- balbetta Ron confuso, istupidito dalla paura. Vorrebbe dirgli che quello che ha avuto è stato solo un incubo, ma prima ancora di aprire bocca sa che sarebbe inutile un'affermazione del genere. Qualunque cosa abbia sognato, Harry ci crede. No, non lo ascolterà, c'è troppa follia che lotta dentro le sue pupille. Ma lo deve fermare comunque, Ron di questo ne è certo. Ron lancia un'occhiata a Neville e si scambiano uno sguardo di intesa; si scagliano contemporaneamente verso Harry, ma Harry intuisce le loro intenzioni, o forse ha solo riconosciuto la luce nei loro occhi, e si scaraventa contro di loro. Neville viene colpito quasi subito (da chi? Da Harry? Da Ron? È difficile a dirsi, nel groviglio di arti), cade contro il baule, batte la testa e rimane sul pavimento, privo di sensi. Ron incespica nelle gambe di Neville e ruzzola a terra, picchiando con tanta forza contro il terreno che mani e sedere si intorpidiscono per il dolore. Quando Ron si guarda intorno per capire dove si trova, scopre lo spigolo del comodino a pochi centimetri dal suo sopracciglio; se avesse avuto la mente abbastanza lucida per accompagnare la caduta e farsi meno male, molto probabilmente avrebbe sbattuto la testa contro l'angolo del mobiletto e sarebbe morto. Neville accanto a lui respira ancora, e Ron con un respiro di sollievo riporta lo sguardo su Harry. Qualcuno lancia uno Schiantesimo, e Ron deve tirare di scatto le gambe contro il petto per evitare che Dean ci caschi sopra. "Ma che diav…" riesce solo a pensare, prima che un nuovo "Stupeficium!" venga gridato, e l'aria si riempia di scintille rosse; un tonfo sordo alle sue spalle avverte Ron che anche Seamus è giù. Sono solo lui ed Harry, ora… lui, terrorizzato e sconvolto, ed Harry, con il suo sguardo folle. Eppure, attraverso quella pazzia, per un istante Ron scorge qualcosa sul viso dell'amico, una visione, non donata dalla Remnomanzia, ma da affetto, o intuizione, o da quella magia senza razionalità che fa parte del suo mondo da sempre. Per un singolo secondo, Ron vede Harry come sarà da grande. Lo vede con i capelli leggermente più lunghi e disordinati, e i tratti del viso resi più robusti e spigolosi dalla crescita. Solo gli occhi non sono cambiati, verde intenso e luminosi, anche se forse la luce che vi brilla dentro è più adulta, più matura; è la luce di una persona che ha amato, e odiato, e riso, e pianto, e vissuto ogni singolo istante della sua vita. Una persona senza rimpianti. Ma è solo un istante, quello che gli viene concesso, solo quello. Poi l'Harry folle torna, con tutto il suo cuore raschiato dal dolore e la bacchetta in mano; non la sta puntando contro di lui, ma Ron sa che deve solo dargli un pallido motivo, e verrà Schiantato come Dean e Seamus. - Devo andare, Ron- sussurra, e la sua voce è roca di catarro, e i suoi occhi umidi e arrossati dalle lacrime. - Non posso permettere che muoia. - Chi? Harry… Harry, chi?- domanda Ron in un bisbiglio, incerto, confuso. È così diverso l'Harry che ha davanti da quello che ha sempre conosciuto; il suo sguardo è come brace nella terra, che arde, e dentro c'è la risolutezza e l'angoscia di una persona che ama, e che ha imparato ad Amare con tutto se stesso. Fino a poche settimane prima, quello sguardo non c'era, Ron ne è certo. E allora da quando tutto è così cambiato? E come ha fatto lui, Ron, a non accorgersene? - Non puoi capire, Ron- dice Harry con voce rotta dai singhiozzi. Scuote la testa, e ancora, sconfortato… solo; poi prende la Firebolt dal baule, scavalca Neville svenuto ed esce di corsa dal dormitorio; Ron lo sente Schiantare altre due persone della sua avanzata verso la Signora Grassa. Ron si alza, ignora le fitte doloranti alle anche e al sedere e scende a precipizio le scale, all'inseguimento di Harry; oltrepassa due studenti stramazzati sul pavimento della sala comune e privi di sensi, ma non c'è traccia di Harry nel corridoio all'ingresso. Riprende a correre. Sente Gazza sbraitare un paio di rampe più in basso, e Ron, al secondo piano affretta il passo; spicca un salto per evitare il gradino fasullo e sente Harry gridare "Stupeficium", ma in movimento, quasi Gazza non fosse degno neanche di una piccola pausa. Poi, lo raggiunge un rumore, che fa gelare il sangue nelle vene di Ron: il rumore del cancello di ingresso che si apre. E allora collega la Firebolt e le parole di Harry.
("Devo andare")
"Non vorrà veramente volare con QUESTO tempo?!?" pensa sconvolto . Anche dalle scale, protette da spesse mura di pietra massiccia, Ron riesce a sentire il boato della tempesta fuori; sa che se solo andasse in Sala Grande ne avrebbe una visione rimanendo con le ossa all'asciutto, ma dubita che Harry sia così matto da Schiantare un po' di gente per andare a far fare un po’ di moto alla scopa sopra i tavoli della colazione. Raggiunge l'ingresso e vede il portone aperto, e allora fa l'unica cosa che può: lo varca. Viene investito da fortissime raffiche di vento, e acqua torrenziale, e da un gelo così inaspettato, dopo il caldo del castello, che Ron rimane qualche istante a boccheggiare, stordito. Aspira aria che sa di fulmini, e tuoni, e pioggia. La visibilità è scarsa; sembra quasi di vedere il mondo dietro un vetro leggermente smerigliato color grigio-azzurro. - HARRYYYY!- urla, ma la sua voce si perde nella tempesta; attraversa il parco ridotto ad un pantano, e i suoi piedi avanzano a fatica nel terreno, a volte affondando in pozzanghere così profonde che il suo peso alza schizzi che lo raggiungono sino al viso… subito strappati via dalla pioggia. Si piega in avanti per combattere l'opposizione del vento, e scorge Harry una cinquantina di metri più in là, intento ad inforcare la Firebolt. Prima che Ron possa richiamarlo, Harry si dà una spinta con i piedi e si alza in volo. E Ron subito capisce che Harry non ce la farà mai. Lo pioggia lo bombarda con violenza, con gocce dure come mele all'impatto con la pelle, e folate di vento che sbatacchiano la sua scopa da una parte all'altra; per qualche istante, sembra quasi che i volteggi di Harry in groppa alla sua Firebolt siano esibizioni circensi dedicate alla tempesta. Ma Ron sa che non è così; sa che è perché Harry ha perso il controllo della sua scopa. E alla fine, Harry viene semplicemente spazzato via. Il vento si alza, così aspro che quasi scalza Ron dalla terra in cui è affossato sino alle caviglie, con rigagnoli di fango che gli penetrano nelle scarpe. Harry non ha il sostegno solido della terra. Una raffica di vento più forte, e la Firebolt gli viene strappata dal corpo… ed Harry cade, precipita, dritto verso il lago dalle onde schiumose e alte e si schianta al centro. Ron lo vede affiorare, agitare le braccia verso il cielo. Dio, lo sente urlare : "Non so nuotare". Prima ancora di rendersene conto, Ron si mette a correre più veloce che può, arriva sulla riva del lago in tempesta e si getta tra cavalloni così gelidi da solidificare l'aria nei polmoni. Sputa una schiumata d'acqua e cerca di avvicinarsi a bracciate verso il punto in cui la testolina di Harry affiora in lontananza, piccola e inerme, come la capocchia bagnata di un fiammifero… oh, ma è così lontano… così lontano… Qualcosa schizza dalle onde davanti a lui, qualcosa di viscido, e gommoso, un qualcosa simile al tentacolo di un polpo, ma molto, molto più grande di qualunque polipo Ron abbia mia visto; lo risbatte sulla riva facendo piegare Ron in due dal dolore, e scompare ritraendosi lento nel lago. Ron si piega di lato e vomita una quantità sorprendente di acqua, e alza lo sguardo freneticamente, il cuore serrato in gola, per cercare di vedere se la piovra gigante porterà in salvo anche Harry; ma la testolina di Harry è ancora lì, ad annaspare e urlare, sempre più debole. E poi un'onda più grande lo risucchia, ed Harry scompare sotto il pelo dell'acqua. Ron conta due, tre, cinque, dieci secondi, ma Harry non rispunta in superficie. Harry è sott'acqua.
(Quaranta secondi)
Harry non riemerge.
(Un minuto e mezzo)
"No… oh, no no no no no no no no no no…" - HARRYYYYYY!!! Ma Harry non risponde. E Ron grida ancora, con le lacrime singhiozzate che si mescolano alle gocce di pioggia fino a non potersi più distinguere. Rimane lì, tanto a lungo che si sente un tutt'uno con la terra del parco; non sa se è perché è ricoperto fino al tronco di fango o se è un effetto naturale della disperazione. Non importa. Resta così a lungo. E mentre osserva la superficie del lago, increspata dalla schiuma e dalle onde, gli torna in mente quell'unico istante in cui ha visto Harry adulto. Ora sa che è da conservare con grande cura, perché quell'immagine è tutto ciò che ha del futuro di Harry. Perché Harry non crescerà più, non diventerà mai grande. Il Bambino Che È Sopravvissuto. Il Ragazzo Che Lo Sarà Per l'Eternità. Harry è morto. Come un trucco di magia babbana da quattro soldi, Harry è scomparso per non apparire più.
****
Quando Draco si risveglia, c'è il buio intorno a lui. È sdraiato per terra, steso su un fianco; il pavimento è duro e sente i rilievi della pietra sbozzata là dove le lastre del pavimento si uniscono a ricoprire il terreno; i muscoli sono indolenziti, e il corpo è tutto un guscio di pelle scoperta, raggrinzita dal freddo. Ovunque si trovi, fa un freddo spaventoso. Il gelo gli intorpidisce le ossa "Dove mi trovo?" si domanda per la prima volta, istupidito dal sonno. Si solleva leggermente su un gomito, il peso sull'avambraccio; con la mano libera tasta intorno per cercare di capire dove si trova. Sposta la mano in avanti, e trova una parete ricoperta di nastri di ragnatela densa come zucchero filato; la ritrae a sé con un gemito schizzinoso e la sposta sopra l'estremità della testa. Ancora roccia. A quanto pare, è disteso vicino ad un angolo. Per il momento gli va bene, in qualche modo lo fa sentire meno esposto, più sicuro… ma si sente tutt'altro che tranquillo. Ha paura… no, è terrorizzato. Lì, nell'oscurità gelida, da solo. Non è il genere di situazione in cui si dovrebbe trovare un Malfoy. "Dove sono?" Fa un lungo respiro per cercare di calmare il cuore che gli martella in petto, ed insieme all'aria aspira riccioli di polvere e qualche batuffolo di ragnatela, lanuginoso di vecchiume. Tossisce forte e sputa a terra, e ancora, e ancora, si batte frenetico le dita sulle labbra, sperando che la ragnatela gli sia rimasta pendente sulle labbra, che non l'abbia mandata giù con la prima boccata di saliva. Spera. Trema.
(In che posto sei frinito, Draco?)
Non lo sa, è questo il problema: lì nel buio non può distinguere nulla. Si rimette sdraiato a terra, appallottolato su un fianco, un braccio ripiegato sotto la testa come cuscino, la mano dell'altra strofina piano la pelle sopra il cuore, sul torso ancora nudo, privo di coperture. Sente il pomo d'Adamo che va su e giù, in singhiozzi convulsi dalla paura.
(In che guaio ti sei cacciato?)
"Respira" si sforza di pensare, "Rifletti!" Inspira (a bocca chiusa, questa volta) ed espira, con i ritmi più lenti che il suo corpo tremante gli concede; i movimenti del suo petto si fanno meno affannosi, il suo respiro torna a sonorità normali, niente altro che un lievissimo sibilo nell'aria gelida. È allora che sente gli altri rumori. Il ticchettio di gocce d'acqua che cadono sulle lastre di pietra. Tonfi sordi e metallici, attutiti dallo spessore dei muri. Urla, da qualche parte, e pianti; sono voci spezzate dalla disperazione e dal dolore, voci senza parole. Draco non afferra nessuna di quelle grida veramente, ma il suo respiro torna a farsi affannoso, sobbalzante. Non gli piace il dolore. Non gli piace riceverlo.
(Tu sai dove sei)
( Sai dove sei finito, Draco)
(Sai dove ti hanno imprigionato)
Non può esserne certo, lì com’è disperso nel buio, ma può completare con la fantasia cos'è successo dopo che suo … suo padre…
(Ti ha Schiantato, Draco)
… gli ha fatto perdere i sensi. E poi che cosa ha fatto, lo ha consegnato al suo padrone? Lo ha consegnato all'Oscuro Signore? Lo vede con gli occhi della mente, suo padre… ripone la bacchetta in una tasca e raccatta tra le braccia il corpo di suo figlio… svolta l'angolo, scende gli scalini di pietra… uno, due, tre… apre la porta e sorpassa la cucine, attraversa quei vermi dei loro Elfi Domestici, brulicanti come mosche, che si inchinano, e guardano un po' interdetti il corpo del loro padroncino svenuto… oltrepassa la porta… e poi, arriva al labirinto sotterraneo. Draco non ha mai avuto il permesso di scendere lì, di ottenere altro che una rapida occhiata di quel corridoio dalle pareti di terra arrotondate, ma ha visto incroci, e ha sentito le grida. Ha sentito le voci, che venivano da LÌ. Le prigioni segrete nei sotterranei del maniero dei Malfoy. Deve essere qui che si trova ora. Qui che suo padre lo ha lasciato, al gelo e con solo un paio di pantaloni di pigiama addosso. Ha paura…. Così tanta paura, che gli si deposita addosso col passare del tempo, come passate di vernice una dopo l'altra, strati che seccano, e tirano la pelle, e attirano la polvere e tutti quegli insetti che germinano tra le fessure sbrecciate delle pietre.
("Non andare, Malfoy. Non tornare a casa")
(Potter)
- Harry- mugola abbracciandosi il corpo con le braccia e nascondendo il viso tra le ginocchia, - Harry….
(Bravo, pensa a Potter. Non pensare ad altro)
(Concentrati su di lui)
Gli occhi pizzicano di lacrime, e Draco non trova motivo per trattenerle; non potrebbe neanche farlo, spaventato com'è. Piange, e pensa ad Harry, con i suoi occhi verde chiaro e la sua faccia da santarello. Pensa alle smorfie che gli contorcono il viso quando viene inondato dall'orgasmo, pensa alle sue mani sul suo corpo, e il rumore della stoffa della sua tuta da Quidditch che viene lacerata.
(Harry. Pensa a lui)
E Draco si aggrappa con le unghie e con i denti alle immagini che gli risalgono alla mente, perché è l'unico modo per non impazzire. Harry nella sua testa, Harry, che è come un sottile involucro di plastica che lo tiene unito, che fa in modo non si disgreghi per la disperazione. Potter verrà a cercarlo. Lo salverà, lo tirerà fuori da quel posto. Azzanna il pensiero con forza, si sforza con tutto il suo sé cosciente per non lasciarselo sfuggire ; è tutto ciò che gli rimane per non impazzire. "Mi salverà". Passano minuti, e poi ore, circondato da rantoli sommessi e grida lontane. Alla fine, il sonno viene misericordioso tra i riccioli di tenebra.
Draco cade in una specie di torpore, un sonno molto leggero; è convinto siano passati solo una manciata di minuti da quando si è scoperto nella cella, ma apre gli occhi e vede che c'è la fiamma di una candela ad illuminare la cella; qualcuno deve averla accesa mentre lui dormiva. Ha sognato Harry… Harry che lo tirava fuori di lì, o forse solo Harry. Difficile districare le immagini, quando i due desideri si confondono tanto. Ora che non è più avvolto dal buio, si guarda attorno. La sua cella ha la forma di un rettangolo lungo e abbastanza stretto, e alla fine della parete a cui è appoggiato, all'estremità opposta della cella, c'è una porta bloccata da sbarre. Nel muro perpendicolare al passaggio, in alto, fuori dalla portata di Draco, c'è un reggilume in metallo scuro sul quale posa una candela accesa. Scuote la testa per schiarirsi le idee, e abbassando lo sguardo vede in che condizioni è lui, sporco e con la pelle del busto e delle braccia coperte di pelle d'oca; è scalzo (le pantofole devono essersi sfilate mente veniva trasportato lì), e ci sono granelli di pietrisco attaccati alle piante dei piedi, e polvere tra le pieghe degli alluci. I calzoni del pigiama sono tutta la protezione che ha contro il mondo. Non arrivano più grida attutite oltre i muri, non più echi metallici. Non sente più nient… No, si sbaglia, qualcosa c'è. Un ansimare rauco, acquoso. Gemiti fievoli. Draco si avvicina cauto alle sbarre e vede che bloccano il passaggio ad un'altra cella, più larga della sua: è un grosso quadrato con file di catene inchiodate in basso ed un paio di torce incastrate in anelli di ferro appesi al muro, ai lati di una porta chiusa nella parte opposta della stanza. Piton è a poca distanza da lui, riverso prono a terra, come un orso scarno in letargo. Draco si mette ginocchioni e accosta la testa alle sbarre, per poterlo vedere meglio. L'aspetto del suo professore, se possibile, è ancora più malridotto di quando gli è caduto tra le braccia al maniero… quando? Quanto tempo prima? Non lo sa, non ha orologi con sé.
(Doveva essere solo una camomilla. Solo per ritrovare un po' di pace, per tornare a dormire!)
Il suo sguardo scivola sopra i lividi sul corpo di Piton, i tagli sulle braccia e sulla schiena che si muove impercettibilmente, le escoriazioni sullo zigomo, il sangue rappreso intorno alla ferita alla tempia sinistra, l'unico lato del viso che riesce a scorgere. Draco lo guarda a disagio. "Se cerco di scappare e fallisco, riducono anche me così?" pensa spaventato. “Oseranno alzare le mani contro un Malfoy? “ Sì, capisce, oseranno senza troppe considerazioni sulla purezza del suo sangue. A quanto pare ha perso ogni privilegio e diritto da quando è finito in quella cella.
(Ma perché sei qui, Draco?)
- Professore- lo chiama in un bisbiglio Draco, la voce pigolante e leggermente stridula per la paura. Piton rimane immobile, ma Draco è certo che sia ancora vivo, lo sente respirare. Schiaccia più forte il viso contro le sbarre e lo chiama nuovamente, con il pietrisco a terra che gli artiglia ginocchia e stinchi da sopra la stoffa. Fa freddo. Trema. Fa tanto freddo. Si accorge distrattamente che la vescica inizia a tirare un po' e lo stomaco a brontolare per la fame, ma a questo penserà dopo. - Professore! Sono io, Draco! Si svegli, si svegli! Continua a chiamarlo, stringendosi le braccia intorno al busto e frizionandosi i muscoli per cercare di scioglierli dal torpore del freddo; il suo fiato si condensa come sbuffi di nebbia rada nell'aria stantia della cella. In un impeto di frustrazione, afferra le sbarre con le mani e le scuote, come se potesse piegarle con facilità; le sbarre non ondeggiano neanche sotto il suo assalto. Il cuore batte forte, rapido. Piton si agita, il suo corpo ha un brusco sussulto; l'unica palpebra che Draco riesce a vedere si spalanca, e l'occhio sotto di essa è vitreo, e lucido di febbre. Malfoy rimane lì in silenzio, con il fiato sospeso. "Lui saprà cosa fare… sono salvo! Sono salvo!" Ma Piton dice una sola parola, mezza smozzicata e quasi incomprensibile, l'unica che gli abbia sentito dire da quando Draco si è risvegliato in quella cella. - …'spiace.
(Mi dispiace)
Draco appoggia la fronte contro le sbarre, chiude gli occhi e piange. Vorrebbe che Piton lo consolasse, che gli bisbigliasse all'orecchio un incantesimo per cavarsela con facilità e senza sforzo, come quella volta al Club dei Duellanti. Ma nessuno dei due ha una bacchetta magica, e Piton è ferito, e sta troppo male per parlare ancora o fare altro che respirare. E allora è Draco che lo consola. È Draco che lo rassicura in un incessante mormorio, e dice che andrà tutto bene, che li salveranno, sopravvivranno, rivedranno la luce del sole. Non crede alle sue stesse parole, Draco, ma parlare è meglio del silenzio, ed è meglio che restare lì a sentire il fievole raschiare del respiro del suo insegnante. Piton geme, sussulta per il dolore; ha un piccolo scarto con la testa, e una goccia di sangue cola lenta dalla ferita alla tempia e gli scivola nell'occhio. Geme ancora. Draco lo guarda attraverso il velo sfocato delle lacrime, impotente. Vorrebbe avere Piton più vicino a sé, e un tampone di ovatta o una pezzuola per tirar via un po' di sangue dal viso del suo professore… non è un Elfo Domestico o un Guaritore, non c'è niente che possa fare concretamente per aiutarlo; ma è affezionato a Piton, è l'unico che non lo ha mai abbandonato o tradito. E poi, in quella penombra, lo scorcio di volto tra il pavimento e i capelli neri sembra incredibilmente vecchio, ed esausto. Un pensiero attraversa la testa di Draco. "Se deve morire, gli devo dare tutta la dignità che posso". Perché vuole bene a Piton. E perché Piton è una brava persona. Spreme la faccia contro le sbarre, sporgendo il braccio per poterlo raggiungere, ma Piton è qualche spanna troppo distante. E allora Draco si rannicchia lì dov'è, con Piton sott'occhio, e si abbraccia il corpo stretto stretto; ignora la fame, ignora il bisogno di urinare. Continua a fissare Piton. Qualche minuto ancora, e il sonno lo raggiunge.
***
Ron guarda la superficie del lago sotto la tempesta, e geme. C'è un riccio al posto del suo cuore, un riccio che si appallottola su se stesso e che forse pensa che, se si fa piccolo abbastanza, la realtà lo ignorerà e passerà oltre. La realtà su Harry. Sì, un riccio appallottolato per cuore, che si agita, e sobbalza… e che con gli aculei fa sanguinare il suo corpo dall'interno. Harry non c'è più. Harry non c'è più. Quanto rimane lì, nel fango e sotto la tempesta? Osserva un mondo sbiadito dalla pioggia, il colore colare via da ogni stelo d'erba, da ogni albero, da ogni luce accesa oltre le finestre del castello; la stessa pelle di Ron si confonde con le nuvole ammassate in cielo, grigio ferro, grigio morte.
(Harry non c'è più, Ron, non c'è più)
Harry… Si aspetta di vedere il corpo del suo amico risalire a galla, sballottato tra blocchi di schiuma, galleggiare come un relitto con solo le spalle e la nuca che affiorano dall'acqua. Attende. Aspetta con pazienza, Harry non può averli lasciati così, ingoiato da un lago al quale è già scappato una volta. "Torna su, Harry" pensa Ron smarrito, perso. Trema dal freddo e batte i denti, con i vestiti zuppi che gli increspano la pelle in tante grinze di dolore. In alto, un fulmine graffia come una scheggia di gesso la lavagna di nuvole nere in cielo. Ron non sobbalza al frastuono del fulmine, dei lampi; non cerca di coprirsi dalle raffiche di pioggia e vento che lo investono. Ron le ignora. Ron ignora tutto, ormai.
(Devi avvertire gli altri, loro non sanno nulla)
Deve farlo, se ne rende conto da solo con quel piccolo barlume di razionalità rimastagli; si rialza dandosi una spinta con le mani che gocciolano fango e risale al castello, con movimenti meccanici, esausti. Oltrepassa il portone d'ingresso, e si trova finalmente al riparo dalla tempesta. La pelle delle braccia e delle mani è rossa per la violenza con cui l'ha colpita la pioggia e il gelo. Non sente più le dita, intirizzite, rigide, gonfie. Avverte tutto, ma in modo ovattato, attutito. - WEASLEY! La McGrannitt sta correndo verso di lui, agitatissima e preoccupata; rallenta un attimo e sbarra gli occhi quando vede il corpo di Gazza Schiantato a terra, ma si ferma solo quando raggiunge Ron. - Cos'è successo, Weasley? Hanno trovato dei ragazzi Schiantati, e Paciock ha detto che Potter è fuggito… - Non è fuggito- la interrompe Ron con voce spenta. - So dov'è. - Dove si trova? E tu stai bene? Weasley? Ron? Ron, stai bene? - So dov'è… solo che non riemerge. Il volto della McGrannitt inizia a farsi bianco, e più bianco ancora; posa le mani sulle spalle di Ron, e Ron le sente tremare violentemente. - Non riemerge più- dice Ron con un filo di voce. Le gambe perdono d'un tratto forza, e la McGrannitt riesce a sorreggerlo appena in tempo perché non sbatta la testa a terra; lo aiuta a sedersi e si inginocchia a sua volta, atterrita. All'improvviso, Ron scoppia a piangere. - Weasley… Ron… - tenta la McGrannitt, ma Ron scuote la testa con forza, scagliando gocce d'acqua su tutto l'ingresso, e rialza il viso. Non è un cenno di rifiuto, è più una richiesta di lasciarlo un attimo in pace, in silenzio; dopo qualche istante, è il ragazzo stesso che inizia a parlare. Le racconta tutto quello che ricorda, farfugliando tra i singhiozzi. Quando finisce, il viso della McGrannitt è accartocciato dalla disperazione; la sua bocca è socchiusa, si muove un paio di volte, ma non ne esce alcun suono. - Professoressa, deve avvertire Silente, la prego- la implora Ron tra le lacrime. - Possiamo salvare Harry. Forse lui sta bene, forse non ha ancora bevuto troppa acqua… no? Forse lo possiamo… lo possiamo… Il fragore di un tuono all'esterno soffoca la sua voce, e Ron si zittisce. Le mani della McGrannitt stanno tremando in maniera violentissima. - Il p-preside non c'è- sussurra lei con voce angosciata. - La coppa è stata rubata. È… è dovuto correre a Londra. - Silente non c'è- bisbiglia a se stesso Ron, incredulo.
(Silente non c'è)
(Harry non c'è)
- Ron, Ron! Sei sicuro che Potter non sia t-tornato su?- balbetta lei. - Sei certo che sia m-mor… Ma Ron non le lascia il tempo di finire; si accascia su se stesso, strizza gli occhi ed emette un verso di gola, basso, prolungato. La McGrannitt trasale e serra la mani sulle spalle di Ron, spaventata. In quel verso c'è un dolore così profondo da sgretolare un uomo. Ron raccoglie la ginocchia al petto, vi poggia sopra i gomiti e nasconde il viso contro l'interno degli avambracci; le mani serrano manciate di capelli rossi ed umidi sulla nuca. Piange. Non può fare altro. - Io… vado un attimo a controllare - lo informa atterrita la McGrannitt, con la voce incrinata dalla lacrime. Ron la sente allontanarsi e poi uscire, sotto la violenza della tempesta. Va a cercare Harry, ma è inutile… … perché Harry non torna più su, non torna più su, non torna più su…
***
Il sonno di Draco è leggero, un dormiveglia; si sveglia subito quando sente qualcosa sfiorargli le dita.
(Un topo?)
Ritira di scatto la mano al petto e scopre che nel sonno ha allungato inconsciamente il braccio verso Piton, attraverso le sbarre, quasi in cerca di protezione, aiuto. Draco prova a parlare, ma la voce non gli funziona; deve schiarirsela una, due volte, come se quei leggeri colpi di tosse potessero rompere lo strato di ghiaccio che gli ha foderato la gola e le parole potessero finalmente trovare gli appigli nella laringe senza scivolare giù. - Professore?- tenta, e sente l'eco della sua voce sbattere contro le pareti della cella scarsamente illuminata (qualcuno ha tolto le torce nell'altra cella, e la candela nella sua è quasi agli sgoccioli). È inutile, ormai, Piton non può più aiutarlo, non può più sentirlo; nel silenzio, Draco non sente più il suono raschiante del suo respiro. Piton è morto. Ma c'è qualcosa china sul suo corpo, un'ombra nera. Draco aguzza gli occhi, per perforare l'ombra con la scarsa luce di cui dispone. Il cuore si irrigidisce dal terrore. "Calmati. Respira" Si alza su un gomito e si sporge un pochino col busto in avanti; osserva il buio con tutta l'attenzione che riesce a racimolare. I battiti nel suo petto si fanno più martellanti. Deve fare uno sforzo per accertarsi che non sia solo un'allucinazione, un gioco d'ombre. Non si fida; ha già sperimentato cos'è in grado di diventare il profilo del bozzo scheggiato di un mattone, deformato dalla luce vacillante di una candela morente. Ci sono incubi in quel buio, per gli occhi che li vogliono vedere. Ma quella sagoma scura che vede è fatta di carne. L'ombra prende Piton tra le braccia e lo mette seduto con la schiena appoggiata al muro; accarezza i capelli neri con delicatezza, gli spiana con i palmi delle mani le grinze del vestito nero lacero e macchiato di sangue, con movimenti lenti, accurati. Quando si sporge di lato per accomodare meglio il cadavere , Draco riconosce i lineamenti di Lupin. Si alza di scatto e si accosta a quattro zampe alle sbarre, la fronte premuta contro il metallo. - Ehi, sono qui!- bisbiglia piagnucolando, felice. - Sono qui, mi salvi, mi salvi, la prego, la scongiuro! Le darò tutto quello che vuole, la pr… Ma Lupin alza il viso verso di lui, e Draco si interrompe, la voce si spegne, senza più aria mandata su dai polmoni contratti. Il cuore salta alcuni battiti. Negli occhi di Lupin c'è il vuoto. Non c'è dolore, o ansia, o terrore, e in compenso ne sta provando Draco a sufficienza per entrambi. Rimane pietrificato, inerme. Quello di Lupin è lo sguardo di un morto. Davanti a quegli occhi, Draco intuisce la verità. "No… oh, no, no, era innamorato di Piton".
(“Anch'io” sente la voce di Piton ripetere “ho amato una persona, quando ero giovane. Era… speciale. Ma l'amore è una cosa che un Mangiamorte non può permettersi”)
Ha paura, ne ha tanta, ma è un altro il pensiero che gli attraversa la mente. "Ha visto, professore?" pensa rivolto a Severus. "La sua persona speciale l'amava ancora ". Amore…e quello sguardo vuoto. Ma quanto amore devi provare per una persona, per poter morire con lei quando il suo cuore si ferma? Quanto deve essere vasto per rimanere immutato dopo tutti gli anni che sono passati? Cosa puoi essere disposto a fare, per quella persona che ami così tanto? E allora Draco capisce cosa si nasconde dietro quegli occhi. Lupin non lo libererà. Ha intenzione di ammazzare Draco a sangue freddo. - La prego, mi lascia andare- sussurra, ed ora sta piangendo veramente, le lacrime affiorano agli angoli degli occhi e colano lungo le guance pallide. Non vuole morire lì, da solo. Non vuole morire senza aver rivisto Harry. Vuole Harry. Solo Harry. - Hanno intenzione di tagliarti la gola- dice Lupin atono. - C-che cosa?- sussurra Draco sbarrando gli occhi. - Vogliono sgozzarti come un maiale. - No- mormora incredulo Draco portandosi automaticamente la mano sul collo, - non oseranno… io sono un Malfoy… mio padre…
(Tuo padre ti ha tradito)
- Tuo padre è morto, ho visto il suo corpo beccato dai corpi, fuori. Il cuore di Draco salta alcuni battiti. - Stai… stai mentendo- dice con la voce ridotta ad un alito. - Mentire? No. Voldemort lo ha ucciso dopo che Lucius ti ha consegnato a lui; aveva agito troppo di iniziativa, e aveva fatto un errore che non potevano perdonare: Severus gli serviva. Emette un sibilo acuto, come un singhiozzo del suo cuore. - Non è vero- singhiozza Draco tremando più forte. - Lucius ha scoperto che Severus era rimasto fedele a Silente; voleva consegnarlo in cambio della tua salvezza, usare lui come sacrificio e non te. Se tu non avessi incontrato Severus… se Malfoy non fosse stato costretto a Schiantarti,. richiamando l'attenzione di Bellatrix, che era con lui al castello… "No… non è possibile" pensa sconvolto Draco, "non posso morire per colpa di una stupida camomilla". - Lo avrebbero ripreso subito, e ci sarebbe stato ancora tempo, e Severus ora sarebbe ancora vivo. Avrei potuto salvarlo. Draco singhiozza più forte, si accascia perduto con la fronte sulle sbarre. - Ma io non lascerò che ti usino per il rito… non permetterò che la SUA vita sia stata sprecata. - La prego… la prego, mi lasci andare…
(Harry non saprà mai quello che provi… tutto il tuo amore per lui, quello che senti… andrà tutto perduto, non sarà mai esistito)
- Voldemort ti vuole, ti vuole per renderlo più forte. Ma dovrà trovarsi qualcun altro. Draco solleva lentamente la testa tremando, fino ad incontrare lo sguardo di Remus attraverso le ciocche biondissime e stoppose; le mani stringono le sbarre, e sente l'umido di un sudore gelido tra la pelle e il ferro. Si alza in piedi su gambe deboli, e non riesce a drizzare completamente la schiena; rimane un po' curvo in avanti. Indietreggia di un passo. Per ironia della sorte, si sente al sicuro nella sua cella; non ci sono serrature (i pali scompaiono pronunciando la parola d'ordine dall'esterno), e all'interno del maniero non ci si può Materializ… BAM! Lupin si scaglia con violenza contro le sbarre, e Draco fa un balzo all'indietro appena in tempo; sente lo spostamento d'aria della mano di Lupin che graffia l'aria là dove un attimo prima c'era il suo collo. Draco guaisce terrorizzato e si precipita all'estremità opposta della cella, il più lontano possibile dalle sbarre. Il cuore batte forte, e più forte, e più forte; vede il braccio di Lupin spuntare dalle sbarre, dimenarsi, la mano artigliare l'aria. Poi Lupin ritira il braccio, e si getta nuovamente contro le sbarre, come per sfondarle… BAM! Draco lo osserva con il cuore in gola, le mani strette intorno a manciate di stoffa dei pantaloni. Al momento è al sicuro lì, ma prima o poi Lupin la smetterà di lanciarsi stupidamente tra le sbarre e ricorderà di avere una bacchetta; basterà infilarla tra i pali di ferro e lanciare maledizioni alla cieca, finché non lo colpirà. BAM!… BAM!…. I tonfi sordi rimbombano tra le pareti della cella. Sentiranno questo frastuono? Devono, DEVONO; ma le pareti sono spesse, e quanto ci metteranno allora per notarle ed arrivare? No, deve avvertirli lui, deve chiamare aiuto. … BAM!… Apre la bocca e si prepara ad urlare, e in sottofondo sente un rumore strano, come se una grossa cerniera lampo venisse tirata giù. Impiega qualche istante a riconoscerlo: è il suono della stoffa che si lacera quando è troppo tesa.
(Oh no… oh no, Draco, scappa! SCAPPA!)
BAM!….BAM!… ma non è un uomo quello che si sta scagliando contro le sbarre. Lupin si sta…si sta TRASFORMANDO. Il corpo di Remus non è più magro ed esausto; si gonfia, le spalle si incurvano, tutta la pelle si ricopre di fitto pelo nero. Una mano afferra la sbarra, ma non ha nulla di umano; gli artigli graffiano il ferro, lasciando cinque solchi profondi nel metallo. Dal buio… un ringhio. Draco urla. Non è una richiesta di aiuto, non pensa più a suo padre, a Voldemort, a Piton, ad Harry. Nient'altro importa, se non il terrore che lo invade. Ritrae le labbra in una smorfia grottesca, sbarra gli occhi e si spinge di schiena contro il muro, cercando di entrarvi dentro, di nascondersi… un lupo mannaro a meno di due metri da lui, e solo pali sottili come manici di Firebolt a dividerli.
(Un uomo non può uscire, Draco, ma un lupo mannaro può entrare. Lui può. PUÒ )
Davanti ai suoi occhi sgranati, Lupin si avventa con più forza contro le sbarre…. SBAM!!!, e la cella si riempie di tonfi metallici; briciole di pietrisco e terra franano dagli attacchi del metallo al soffitto, il ferro oscilla violentemente. SBAM!!!… SBAM!!!…, le pareti della cella moltiplicano il frastuono che Lupin provoca lanciandosi contro le sbarre, e il boato aumenta avvolto in echi assordanti che arpionano le orecchie, e Draco all'improvviso è certo che ci sia più di un lupo mannaro. Sotto la fievole e vacillante fiammella del mozzicone di candela, il pelo del mantello si confonde con il buio della cella, ed è come se le tenebre stesse volessero sfondare le sbarre per divorarlo. Il muso lupesco sfreccia dall'ombra ed azzanna rabbiosamente uno dei pali di metallo; le zanne affondano scricchiolando nel ferro e le zampe si appoggiano alle sbarre, per far leva… torce il metallo con forza… C'è uno schianto assordante, e finalmente Lupin riesce a svellere la sbarra; si getta nel varco, ma lo spazio è ancora troppo stretto perché riesca a passarci con il suo corpo massiccio. Scaglia la testa all'indietro e lancia un lungo ululato, e Draco si accorge a malapena della vescica che si svuota di colpo e dei fiotti di urina che gli inzuppano il fondo dei pantaloni. È paralizzato dal terrore. Il cuore martella così velocemente che sembra un unico, lunghissimo battito. Le gambe cedono, e Draco si accascia a terra, sulle ginocchia. "Non voglio morire. Non voglio morire, non voglio morire, non voglio morire…"
(Harry)
(Harry)
SBAM!!!… SBAM!!!… Il metallo stride, inizia ad incrinarsi, a piegarsi… gli sbuffi ringhianti di Lupin avvolti negli echi… Poi il frastuono di una porta che viene aperta con violenza, e una voce che urla: - Fermatelo! Fermatelo, maledizione! - Avada…- inizia una seconda voce, ma Lupin si è ritratto di scatto dalle sbarre e si è lanciato verso l'interno dell'altra cella, contro i maghi, oltre la vista di Draco. Draco si rannicchia su se stesso, avvizzito dal terrore; sente incantesimi lanciati, e imprecazioni, e ringhi, ed urla di dolore. Qualcuno, un terzo uomo, inizia a strillare, ma il suo grido viene interrotto a metà da uno schianto nauseante di ossa. - MacNair! Nooo! Draco nasconde la faccia tra le ginocchia, serra gli occhi e si schiaccia le mani sulle orecchie, per non vedere, per non sentire, e nella sua testa c'è una voce che grida come impazzita. "HARRY! HARRY!" dice, e cancella via dalla sua percezione i rumori di lotta oltre il muro accanto a lui. "Fammelo rivedere" prega mentalmente, disperato. "Fammelo incontrare almeno un ultima volta". - Sagittax! Un uggiolio di sofferenza, un corpo che fugge via su quattro zampe. I due maghi sopravvissuti lo inseguono urlando; Draco sente le loro voci allontanarsi di corsa, affievolirsi. Lentamente si mette a sedere sulle lastre di pietra, le ginocchia raccolte al petto. Le mani sono posate a terra, accanto ai fianchi, e tutto il suo corpo è ricoperto di sudore gelido; trema, è scosso da brividi, batte i denti e fissa il vuoto, con il cuore che pompa in maniera febbrile. Draco prende a respirare affannosamente, la testa gli gira… puntini neri gli ballano davanti agli occhi… Trasale di colpo con un urlo quando qualcuno gli getta addosso una secchiata d'acqua. L'acqua è talmente ghiacciata che Draco boccheggia qualche istante, in cerca d'aria. Il primo colpo con il bordo del secchio lo raggiunge allo zigomo e lo manda giù a terra, sbilanciandolo; il secondo lo colpisce la naso, il terzo sul labbro. Tutto il lato sinistro del viso è come un'unica placca di dolore che anestetizza la parte; non riesce più a muovere i singoli muscoli facciali. Sente la bocca piena di liquido, e quando ne sputa una boccata a terra vede che è sangue. Il respiro però gli sta tornando normale, il battito rallenta; gli oggetti intorno a lui tornano nei loro margini naturali. Draco alza la testa, e vede il padre di Goyle in piedi davanti a lui; una mano impugna la bacchetta, che irradia una luce accecante, l'altra stringe il manico di un grosso secchio. Al bordo inferiore sono appese minuscole gocce di sangue scuro. - Finalmente ti sei ripreso, ragazzino- si congratula con un sorriso ottuso. Draco rimane a terra, boccheggiante e tremante dal freddo, con i capelli, la pelle e i calzoni intrisi d'acqua gelida. Rabbrividisce, ma Goyle non sembra affatto commosso. Sul suo viso non ci sono tracce di comprensione. Lo segue con gli occhi mentre esce dalla cella e aggiusta le sbarre con un "Reparo"; dall'altra parte del muro, Draco lo sente sputare su qualcosa
(o qualcuno, Draco)
e mormorare: - Traditore. Alla fine una porta si chiude, portandosi via la luce accecante della bacchetta, e i passi si allontanano. Draco rimane fermo ancora per qualche minuto, abbastanza per riacquistare padronanza di sé e il coraggio di avvicinarsi alle sbarre. Alla fine si alza e si muove fiacco alla luce vacillante della candela. Ci sono i segni dei denti sulle sbarre che Lupin ha azzannato nel tentativo di svellerle dai loro sostegni per arrivare a Draco; rigagnoli di saliva colano dal ferro ammaccato sino al pavimento, scurendo la pietra. " È mancato così poco " pensa Draco tremando, "così poco…" Allunga un indice deglutendo e sfiora con una sorta di curiosità morbosa la saliva che gocciola, ma quando sente l'umido sotto al polpastrello ritira la mano con uno scatto brusco e se la strofina sui pantaloni. Scruta a lungo il buio nell'altra cella. Ha paura… forse Lupin è appena una spanna più in là del cerchio di luce, ed è strisciato nel silenzio per strapparsi il suo passaggio sino a Draco… Ma non succede nulla. Quando passa un altro minuto e Draco, rimasto immobile sull'apertura, scopre di essere ancora vivo, si inginocchia a terra e si sporge per cercare di raggiungere Piton, con le sbarre che gli premono contro la faccia…Deve essere vicino, Lupin lo aveva spostato, quando lo aveva appoggiato al muro vicino alle sbarre… ancora un po'… Contorce dolorosamente il braccio, con l'articolazione della spalla che inizia a pulsare insieme al collo indolenzito. E finalmente la sua mano si stringe su un polso.
(Liscio e senza peli, Draco. Un polso umano)
Aggancia meglio il corpo e lo trascina a sé a fatica; piano piano nel cerchio di luce affiora una mano… un avambraccio… una spalla… la testa coperta di ferite di Severus Piton. Draco lo accosta ancora un po' alle sbarre e poi lascia la presa, con il bicipite che trema per lo sforzo. Si appoggia di peso sulle sbarre e, con le lacrime che prendono a scorrere senza permesso, asciuga lo sputo che luccica tra il naso e la guancia di Piton. - Non valevano un millesimo di lei, signore- bisbiglia al cadavere di un uomo che in vita ha considerato come uno zio, in certi momenti quasi un padre. - Non potranno mai capire il suo valore. Si sente sommerso da una tristezza abissale, realizzando che Piton è morto, che non parlerà più, che non respirerà più… una tristezza così profonda che supera anche il terrore e il sollievo per essere scampato alla furia di un lupo mannaro. Se non fossero intervenuti in tempo, se solo Lupin fosse riuscito a svellere qualche secondo prima un'altra sbarra, e avere lo spazio sufficiente per passare… … lui non avrebbe mai rivisto Harry. Mai più. - Harry- sussurra con voce rotta, infelice. Vuole Harry accanto a sé, vuole che Harry lo coccoli, e lo abbracci… che gli bisbigli all'orecchio che andrà tutto bene, e che non lo lascerà mai. Vuole credere con tutte le sue forze a quel pensiero, alle parole che l'Harry della sua speranza continua a ripetergli. "Voglio dirgli TI AMO" pensa Draco; dirlo ad Harry, infischiandosene delle conseguenze, dirlo perché è semplicemente quello che prova e ha voglia di pronunciarle. Dirgli che lo ama, che lo vuole accanto a sé… ha intenzione di farlo, quando Harry lo salverà. Perché Harry lo tirerà fuori da quel posto. Ne è certo. Certo. Sistema per bene il corpo di Piton oltre le sbarre, si abbraccia le gambe ripiegate al petto, poggia il mento sulle ginocchia e prende a dondolare lievemente con la schiena. Mormora "Harry". Poi la candela si spegne, e nel mondo di Draco torna il buio.
***
Ron bussa piano alla porta della sala insegnanti al primo piano, ed apre la porta. l'orologio che porta al polso segna le tre del pomeriggio passate, ma il cielo è ancora in tempesta, getta acqua come uno straccio zuppo strizzato da mani giganti e invisibili oltre le nubi. Il vento sferza il parco e il castello violentemente; la superficie del lago è screziata di spuma e onde. Non è cambiato nulla da quando Harry… da quando Harry non c'è più.
("Devo andare, Ron. Non posso permettere che muoia")
("Chi? Harry, chi?")
("Non puoi capire, Ron")
No. Harry non c'è più. La cosa più difficile è stato dire tutto agli altri, una volta tornato in sala comune accompagnato dalla McGrannitt; alcuni avevano seguito la scena dalle finestre, ma la pioggia era così fitta da annacquare le immagini come inchiostro sbavato. Non hanno capito bene cos'è successo, non erano lì, in basso, a godersi un posto in prima fila per la tragedia.
(Harry non c'è più)
Hermione è scoppiata a piangere, quando Ron glielo ha detto; ha voluto sentire la verità dalla sua bocca, l'unico modo per accettare una realtà così devastante. Lo ha guardato, si è coperta gli occhi e ha pianto. E ha pianto. E ha pianto.
(Harry non c'è più)
Ginny sembra quella più prostrata alla notizia; è svenuta, e da allora, da tredici ore, non si è mossa dal suo letto. Ogni tanto si sveglia con l'espressione speranzosa, gli ha raccontato Hermione, di chi confida sia stato solo un brutto sogno. Poi ricorda, realizza. E piange.
(Harry non c'è più)
Neville cammina avanti e indietro per la sala comune, distratto, la testa altrove. È esausto, triste, rassegnato, eppure sembra aver trovato il modo per affrontare quel dolore. Cammina avanti e indietro, su e giù, e il suo sguardo è perso nel vuoto.
(Harry non c'è più)
I pochi Serpeverde rimasti al castello, appena una manciata, hanno gioito in silenzio. Tutti eccetto una, Daphne Greengrass. Ron l'ha vista prendere il Nottetempo subito dopo colazione, con il baule che svolazzava a un metro dal pantano di fango in cui è ridotto il parco, e il viso triste. La sua famiglia l'ha richiamata bruscamente a casa, ha sentito dire. Forse anche lei non sopporta una Hogwarts senza Harry. Ma che importa delle disgrazie altrui, ormai?
(Harry non c'è più)
E lui come sta?
(Come ti senti, Ron?)
Non lo sa, non RIESCE a sentire come sta. I suoi sensi sono intorpiditi.
("Non puoi capire, Ron")
(Non puoi capire)
"Perché non potevo, Harry?" pensa sconfitto mentre entra nella sala insegnanti e vede riuniti quasi tutti i professori. La professoressa McGrannitt sta parlando con il professor Vitious, che ha in mano quella che sembra una grossa scatola di latta vuota e un'aria tristissima in volto. Quando Ron entra, tutte le loro teste si voltano a guardarlo. - Mi ha fatto chiamare, professoressa? - Sì. Entra, Ron- dice la McGrannitt. Ron nota che ha gli occhi rossi e ancora umidi di lacrime. La guarda con stanchezza. Inizia ad essere nauseato dalle lacrime; tutti loro piangono disperati, ma non erano lì a guardare… versano le loro brave lacrime e si lamentano perché il povero Harry Potter è morto, ma non possono neanche… immaginare… cosa puoi provare quando sei costretto a guardare il tuo migliore amico affogare, e restare in salvo inerme, senza potere fare nulla.
(Harry non c'è più)
("Non puoi capire, Ron")
Ron entra e si chiude la porta alle spalle. Il professor Vitious e la professoressa Sprite gli fanno un piccolo cenno di saluto con il capo; anche sui loro volti ci sono tracce di lacrime. La professoressa McGrannitt gli si avvicina e gli stringe titubante una spalle. - Weasley, stiamo partendo per Londra. Ron strabuzza gli occhi, sorpreso. - Cos… cosa? State partendo? Per Londra? - Sì, dobbiamo andare di urgenza. Tonks e Kingsley sono arrivati circa un'ora fa, hanno scoperto che la coppa è lì e sanno dove si trova il professor Piton. Lui ha… ci ha tradito. Ha rubato la coppa dal Quartier Generale e l'ha consegnata a Tu-Sai-Chi. - Andate lì a recuperarla?- domanda Ron stordito.
(Piton… un traditore?)
(È colpa sua se Harry non c'è più. Colpa sua! )
- Ci proveremo. Silente ci attende già lì; prenderemo la Passaporta, ci uniremo al resto dell'Ordine e li attaccheremo. Tonks e Kingsley ci hanno dato le informazioni precise. Sappiamo dove trovare la coppa e… e Tu-Sai-Chi e i suoi seguaci. La McGrannitt sospira, e il suo volto rugoso sembra immensamente triste. - Qui con voi resteranno Madama Chips, la Cooman, Hagrid, Madama Bumb, Gazza, Madama Pince e Fiorenzo; Tonks e Kingsley rimarranno il tempo di ristabilirsi dalle ferite, dopo ci raggiungeranno. Ah, ho avvertito anche gli altri prefetti: per qualunque problema, chiedete agli insegnanti che rimangono. Per qualunque problema … "particolare"- e dall'occhiata che gli lancia, Ron capisce che la McGrannitt si riferisce a faccende dell'Ordine, - rivolgiti ad Hagrid, lui saprà come contattarci. Fa una smorfia amara. - Anche se non so proprio di che aiuto potremmo esservi… A quanto pare lo scontro con Tu-Sai-Chi è finalmente arrivato; mi chiedo solo se siamo pronti. Vorrei esserne sicura come Albus, ma non oso. Immagino che sapremo tutto a tempo debito. Dietro di lei, il professor Vitious tossicchia educatamente per attirare la loro attenzione. - Dobbiamo andare, Minerva La McGrannitt fa un gesto affermativo con il capo. Si volta nuovamente e porge la mano a Ron. - Addio, Ron Weasley. Questa potrebbe essere il nostro ultimo saluto, non mi faccio illusioni. Se dovesse succedermi qualcosa… ricorda alla signorina Granger che è stato un vero piacere averla come alunna. E ricordate tutti che sono fiera di voi. Grazie di tutto, Ron. Ron le fa un verso indistinto con la bocca, smarrito. Tutto così velocemente… accade tutto così velocemente… La McGrannitt si volta e si riunisce ai suoi colleghi; Ron li vede allungare tutti un dito per poter arrivare a toccare la Passaporta. - Tre… - inizia il conto alla rovescia Vitious. - … Due… uno…. La Passaporta entra in azione. Il tempo di un battito del cuore, e Ron rimane solo nella sala.
*** ^^ Fine capitolo 12. Per quanto riguarda le note finali, assicuro che nessun Severus Piton e Lucius Malfoy è stato maltrattato per la realizzazione di questa fic. In realtà sono nella manine di Arc en Ciel e Nuel U_U (A proposito: qualcuno vuole MacNair O-o?), e quelle maltrattate sono state le loro copie olografiche. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, io mi sono divertita come una matta a scriverlo :)… scene del genere sono la mia passione! Baci ! ^^’’’ siete ancora svegli? Complimenti a chi è arrivato fino a qui ^^’’’’… eventuali critiche costruttive o commenti possono essere fatte all'indirizzo tesla_vampire@yahoo.it ^^, grazie!
|