DOPO AVER PENSATO E, RIPENSATO.. SONO GIUNTA ALLA CONCLUSIONE DI PROVARE Ad INVENTARE UNA STORIA, CON PERSONAGGI CREATI DA ME!! SPERANDO CHE VENGA APPREZZATA, DA TUTTE LE MIE ‘COLLEGHE’ E, SEMPLICI LETTRICI.. COME SEMPRE, LEGGETE E COMMENTATE. BACI YUKI! ^^’

N.Y – VENEZIA E’ UNA DELLE MIE CITTA’ PREFERITE. L’ADORO, PREZIOSI RICORDI COLLEGANO IL MIO CUORE A LEI.(vabbè, magari non ve ne poteva fregare di meno, ma volevo scriverlo. Infondo la ff è mia.. *__* )




Venezia

di Yuki


 

Dopo uno stressante periodo di lavoro, Fred Owen si era finalmente deciso a fare una bella vacanza. Era il vice-presidente dell’azienda di suo zio, nel campo del designer.

Dopo un lunghissimo e, straziante viaggio dagli Stati Uniti, era finalmente arrivato nel paese da lui sempre amato. L’Italia. Una delle città, che lo aveva sempre incuriosito ed affascinato, era Venezia.

Uscito dalla stazione, carico di valige, le appoggiò in terra, per poter guardare la cartina della città. Aveva segnato, circa, tutte le tappe prefissosi di fare e, soprattutto il punto nel quale era situato il proprio albergo. ‘Cà del Campo’. Dopo aver attraversato un numero indefinito di ponti e ponticini e, chiedendo ogni tanto qualche indicazione, era finalmente giunto alla propria meta. L’alberghetto era nascosto in una piccola viuzza, non aveva molte stanze, ma sembrava molto confortevole. La stanza assegnatali, era in cima alle scale. Il tetto di questa era spiovente, una porta nell’angolo di una parete, segnalava la presenza di un piccolo bagno. Buttò le valige da una parte e, si sdraiò nel comodo letto a due piazze, osservando da quella prospettiva la camera. Era molto carina. Alla destra del letto, vi era una parete a specchio. Le coperte ricamate, erano in stile primo del ‘900. Chiuse gli occhi e, poco dopo si addormentò.

 

 

 

 

Gabriel Alain Deep, era un artista girovago, come si definiva egli stesso. Aveva girato quasi tutto il mondo, in cerca di fortuna. Da circa un anno si trovava a Venezia, ormai aveva imparato a vivere in quella particolare e, magica città. Gli piaceva dipingere tutti gli scorci, meno conosciuti, persino dagli stessi veneziani. Gli piaceva studiare a occhio nudo, le strutture e le piazze più famose. Ma il disegno, era un’altra cosa per lui. Voleva far conoscere, anche altre parti di quella città. C’erano molti turisti di ogni dove e, spesso andavano a vedere i suoi quadri. Purtroppo però, ci guadagnava poco, così, si era trovato un lavoretto part-time, come cameriere ai tavoli, in uno dei bar di Piazza S. Marco. Gabriel, era di origini anglo-francesi. Il secondo nome, infatti, era stato scelto da sua madre, lui le somigliava molto. Aveva un viso, seppur virile, molto dolce. I capelli erano lunghi, legati in una coda, di un caldo color miele. Gli occhi color nocciola, erano attraversati da pagliuzze dorate e verdi. Il naso era tipico alla francese, leggermente all’insù, dove sotto vi erano labbra, grandi e un po’ carnose. Non era molto alto, ma aveva un fisico snello e ben tornito. Aveva amato Venezia, sin dal primo giorno in cui vi aveva messo piede. Un suo amico francese, che aveva studiato a lungo in quella città, gli aveva lasciato il proprio appartamentino, semplice, ma comodo e, soprattutto vicino al Ponte di Rialto. Lì, i turisti passavano in continuazione e, lui aveva l’opportunità di esporre i propri quadri.

 

 

 

 

 

Fred si svegliò, che era ora di cena. Chiese consiglio alla reception, di dove potesse trovare un ristorantino, o anche una pizzeria, che non fosse troppo distante dall’albergo. Era molto stanco, anche per via del fuso, perciò non aveva voglia di camminare e fare tardi, per quello c’era tempo.

I padroni dell’albergo, gli indicarono una pizzeria poco lontana da lì. Ringraziando, uscì dalla struttura, e si avviò per la cena.

 

Arrivato pochi minuti dopo, davanti alla Pizzeria S. Marco, entrò e chiese di un tavolo. Il posto era molto carino, a gestione familiare. Il servizio veloce e, la pizza molto buona. Tutte combinazioni piacevoli, insomma.

 

 

 

Gabriel, stava trangugiando la propria pizza. Dopo un pomeriggio pieno di lavoro, per conto del bar, aveva bisogno di rimettersi in forze. Quella era la sua pizzeria preferita, non era molto lontano da ‘casa sua’ e, faceva sia pizza, che menù vario, entrambi squisiti. Anche quella, gliel’aveva fatta conoscere il suo amico francese, Jean-Louis. ‘La pizzeria S. Marco è la migliore di tutte..credimi mon ami..’ , aveva detto lui. Così, da quella volta c’era andato, in pratica tutte le sere, tranne quando, proprio non ce la faceva a muovere un muscolo, per il troppo correre qua e là fra i tavoli.

 

 

 

Fred, finito di cenare, si avviò nuovamente, verso Cà del Campo. Voleva dormire, solo dormire. Arrivato all’albergo, diede la buonanotte e, si ritirò nella propria stanza. Pronto per andare a letto, si sdraiò e, prima di spegnere la luce borbottò qualcosa a fior di labbra. ‘A domani, bella Venezia…’ , dopo di che sprofondò in un sogno profondo.

 

 

 

 

Gabriel si alzò molto presto quella mattina, voleva cogliere nei vicolini, la luce particolare del primo mattino. Munitosi di tele e pennelli, si diresse in uno dei suoi preferiti, vicino Piazza S. Marco. L’aria era fresca, in giro non c’era persona alcuna, era per lui, la situazione ideale.

Voleva approfittare di quella splendida giornata, per lui dipingere era rilassante e, visto che dalle tre del pomeriggio, alle sette e mezza della sera, lavorava al bar, cercava di godersi ogni minimo istante di quei momenti preziosi.

 

 

 

Fred era sveglio da una decina di minuti, non aveva voglia d’alzarsi. Erano quasi le undici e, in ogni caso si era ripromesso di effettuare tutte le tappe, da lui prefisse. A malincuore abbandonò il tepore del letto. Fuori dall’albergo, andò a fare colazione, poi ebbe inizio ‘l’escurzione’. Venezia era una città molto dispersiva, ponti su ponti, di tutte le misure. Vedeva le gondole passare sotto alcuni di questi. Le mura delle case vicino all’acqua erano piene d’alghe, porte sciupate. Aveva un ché di malinconico, ma allo stesso tempo magico e affascinante. Continuò a girovagare, fino a che non arrivò alla famosa Piazza S. Marco. La stupenda e imponente struttura di fronte a lui, gli fece quasi girare la testa. Affollata di gente, di piccioni, con tanti bar tutt’intorno, la piazza faceva quasi paura. Chissà com’era di notte? Si trovò a pensare.

 

-         Nessun problema, le farò una visitina notturna, così risponderò alla mia domanda! –

 

 

Gabriel, guardò distrattamente l’orologio, poi spalancando i grandi occhi nocciola, lo fissò meglio.

 

-         Cavolo com’è tardi!! Tra meno di mezz’ora devo andare a lavoro e, devo ancora mangiare, inoltre devo portare tutta questa roba a casa! Vorrà dire, che mi prenderò un panino al volo.. che idiota sono! Tutte le volte è così, dovrei comprarmi una specie di sveglia da ‘lavoro’, così non sarei sempre di fretta. –

 

Tutto ciò, lo disse mentre correva verso casa. Mangiando un panino, corse al bar. Tutto trafelato, andò a mettersi la divisa ed, iniziò a prendere gli ordini dei clienti.

Ogni giorno osservava le persone, che andavano in quel posto. C’erano clienti abituali, turisti tedeschi, americani, giapponesi e, ovviamente anche gente del posto. Ad un certo punto, vide una nuova presenza, seduta ad un tavolo più esterno, stava leggendo il menù. Era un ragazzo sui ventisette, vent’otto anni. Capelli corti, tenuti un po’ spettinati con il gel, color castano chiaro. Intravedeva la figura attraverso la sedia. Aveva un fisico asciutto, spalle grandi..tutto ben proporzionato. Da dove si trovava, non riusciva a vedere bene il volto. Sicuramente doveva ordinare, così il giovane artista s’avvicinò al tavolo del ‘nuovo’ cliente.

 

-         Buongiorno..desidera ordinare qualcosa?

 

Il ragazzo alzò la tasta. Iridi verde bosco, striate di nocciola, incrociarono gli occhi del giovane. Quest’ultimo studiò in un attimo, com’era allenato a fare, la fisionomia del cliente. Aveva il volto leggermente abbronzato, labbra carnose e, un naso diritto. La forma del viso era lievemente squadrata. Il nuovo-ragazzo rivolse un sorriso all’artista-cameriere, poi ordinò.

 

-         Si, grazie.. vorrei una coca-cola, se possibile in bottiglia..

 

-         ..Coca.. altro?

 

-         ..Dunque.. un po’ di salatini.

 

-         Misti o solo noccioline?

 

-         Misti..grazie.

 

-         Bene. Torno subito.

 

Gabriel, aveva notato la voce profonda del cliente, l’ aveva colpito molto. Non aveva mai sentito una voce bassa e sensuale, come quella. L’uomo non era italiano, questo si vedeva bene e, la pronuncia, benché fosse quasi perfetta, evidenziava caratteristiche straniere. In meno di cinque minuti, tornò con l’ordine al tavolo dello straniero.

 

-         Grazie. Siete molto veloci in questa città, a servire i clienti.

 

-         Bè..così non rischiamo di perderli..eh-eh..

 

-         Giusto. Un buon metodo!

 

-         Mi scusi, ma adesso devo andare a prendere altre ordinazioni.

 

Così si congedò. Correndo qua e là fra i tavoli. Quel pomeriggio era veramente pieno il bar, essendo di sabato e, per di più, una delle più meravigliose giornate di metà Maggio, due combinazioni vincenti, ma anche molto stancanti. Quella sera, si disse, sarebbe andato di filato a letto, il giorno dopo era domenica e, questo equivaleva a lavoro quadruplicato!

Dopo più di mezz’ora, si fermò un attimo per prendere fiato, i clienti erano tutti serviti e, per adesso non arrivava nessuno.

Inconsciamente si girò a guardare verso il tavolo dello ‘straniero’..era andato via. Non sapeva perché, ma ne era rimasto deluso. Chissà se l’avrebbe rivisto?

 

 

 

Dopo l’intera giornata da ‘girovago’, Fred si fece una bella doccia. Aveva preso un primo pronto da portare in camera, non aveva voglia d’uscire.

 

-         Sono venuto a Venezia e, la maggior parte del tempo, lo passo in albergo.. sto proprio diventando vecchio! Ma da domani basta! Girerò questi assurdi vicolini, anche dopo cena!

 

 

 

La sera del giorno dopo, Gabriel stanco più che mai, si era concesso una pizza nel proprio posto preferito. Doveva pur mangiare, se non voleva crollare sul tavolo di qualche cliente.

 

 

Fred, deciso più che mai ad ‘esplorare’ la notturna Venezia, era andato a mangiare alla pizzeria, nella quale era stato la sera del suo arrivo. Finito di mangiare, pagò il conto, stava per uscire quando…

 

 

Gabriel aveva finito di cenare. Voleva correre verso casa. All’altezza dell’uscita, fu chiamato da un amico, si girò a salutarlo e…

 

SBAM..

 

-         OUCH..che male!

 

-         AHIA..che dolore!

 

Fred e Gabriel si aiutarono a vicenda ad alzarsi, quest’ultimo scusandosi in continuazione, per la distrazione. Quando entrambi incrociarono i propri sguardi, il primo sorrise e, il secondo..perse un battito.

 

-         Guarda chi si rivede!!..

 

-         Buo..buonasera signore..

 

-         Ma quale signore e signore. Ti sembro così vecchio? Andiamo fuori, che è meglio.

 

Usciti dalla pizzeria, si fermarono un po’ distanti da questa.

 

-         Bè, tanto che ci siamo, mi presento. Piacere, io sono Fred Owen, Frederic Owen.. ovviamente puoi chiamarmi Fred. Tu invece sei..?

 

-         ..Oh..piacere, mi chiamo Gabriel Alain Deep. Scusa ancora per la botta! Sono un tantino distratto eh-eh..

 

-         Fa niente. Hai detto ‘Alain’, giusto?

 

-         Si, sono d’origini anglo-francesi. Ma uso sempre il primo nome.

 

-         E’ da molto che sei a Venezia?

 

-          Circa un anno. Tu sei in vacanza o, per lavoro?

 

-         Direi per una PIU’ che meritata vacanza!

 

Continuarono a parlare per molto, non s’erano resi conto che avevano camminato, fino ad arrivare davanti all’albergo di Fred. Gabriel, aveva notato, ora che lo aveva visto in piedi, che era più alto di lui, almeno una dieci-quindicina di centimetri. Salutandosi, si diedero la buonanotte.

 

 

 

Da quella sera, si vedevano quasi tutti i giorni al bar in Piazza S. Marco. Qualche volta avevano cenato assieme e, spesso dopo cena, facevano lunghe passeggiate. Fred, grazie alla guida di Gabriel, aveva visto un sacco di cose. Il giovane artista, spiegava tutto nei minimi dettagli, quando l’altro aveva saputo che dipingeva, si era fatto promettere di fargli mostrare i propri quadri.

Gabriel era un ragazzo allegro, sveglio e, molto maturo. Aveva 23 anni. Aveva raccontato all’ormai amico, la sua vita, la decisione di viaggiare per il mondo, la propria passione per la pittura e, l’arte in generale. Quando parlava di questa, un’intensa luce illuminava le iridi nocciola. Era un ragazzo anche molto sensibile e, cercava di adattarsi a tutto e tutti.

Frederic o, Fred, che dir si voglia, aveva 27 anni, già vice-presidente di un’azienda, perché era succeduto a suo padre, che voleva godersi la pensione. Molto allegro, a volte un po’ ingenuo, sebbene fosse più grande dell’altro, intelligente, orgoglioso e, a volte si era rivelato anche un po’ permaloso. Gli piacevano molto le arti marziali, infatti aveva un bel fisico tornito e, muscoloso. Parlavano di qualunque cosa, dalle cavolate alle cose serie. Scherzavano, facevano battute su entrambi. Una sera andarono al Casinò e, ne uscirono a tasche vuote. Non disperarono anzi, andarono in giro per la città per tutta la notte. 

Una sera, pochi giorni prima della partenza per gli U.S.A di Fred, passarono in Piazza S. Marco. Era bellissima. Piena di luci, che si riflettevano anche nell’acqua. Un’atmosfera magica. La temperatura era tiepida, stava arrivando l’estate. Le stelle in cielo, facevano compagnia alla luna.

 

-         Bella eh?..

 

-         Già..

 

-        

 

-         Mi mancherà Venezia. La prospettiva di rimettermi a lavoro mi far stare male.

 

-         Vabbè, goditi questi ultimi giorni. Tanto puoi sempre tornare!

 

-         Questo è vero..ma..

 

-         ..Ma?

 

-         Niente, niente..a proposito, sbaglio o dovevi farmi vedere le tue ‘opere’?

 

-         Opere..non esagerare. Casa mia non è molto distante, se non sei troppo stanco, te li faccio vedere ora.

 

-         Per me va bene!

 

Gabriel, durante tutto il tragitto di casa, aveva avuto il cuore in gola. Non capiva il motivo, ma, l’idea di entrare nel proprio appartamento Frederic, lo agitava. ‘ormai è fatta’ disse a se stesso.

 

Entrarono in ‘casa’. Il giovane offrì qualcosa all’amico, che rifiutò. Gli mostrò i quadri, furono apprezzati quasi tutti e, gli augurò d’avere fortuna in quel campo, al più presto. Si affacciarono al balcone, era ancora notte fonda. Il silenzio era calato fra loro. Di punto in bianco, questo, fu spezzato dalla voce calda di Fred.

 

-         Ti ringrazio. Hai fatto sì, che il mio soggiorno qui, fosse divertente e anche istruttivo… sei bravo come guida!.. potresti farti pagare, sai?

 

-         Certo, come no!..

 

Altro silenzio. Continuarono a guardare il cielo. Poi, Gabriel si voltò verso l’amico. Le iridi nocciola, incontrarono quelle verde-bosco dell’altro.

 

-         Mi dispiace che vai via.. sei un ragazzo divertente. Sono stato molto bene in queste settimane..

 

-         Si, anch’io..molto.

 

-         … -

 

-         ..Vieni via con me!

 

-         Come scusa?

 

-         Si, hai capito..vieni in America con me. Troverai un lavoro adatto a te, una casa e poi..

 

-         Poi?

 

-         ..Poi, potremo vederci quando vogliamo.

 

-        

 

Gabriel aveva perso più di un battito. Dio sapeva, quanto avrebbe voluto seguirlo, ma non poteva. I suoi pensieri, furono interrotti da un caldo tocco sulle proprie labbra. Spalancò gli occhi. La bocca di Fred era sulla sua, ferma..immobile. Gli occhi di quest’ultimo erano fissi su i suoi. Gabriel cedette e chiuse i suoi, così iniziò ad essere assaggiato dall’amico, con piccoli baci, alternati da lievi colpetti di lingua. Piano piano, quest’ultima, riuscì a farsi strada dentro le morbide labbra dell’artista, andando ad incontrare la compagna ed, iniziando una dolce e lenta danza. Fred si avvicinò maggiormente all’altro, lo strinse fra le forti braccia, il giovane ricambiò l’abbraccio, avvinghiandosi più che poteva al corpo dell’amico. Senza accorgersene, finirono sul letto. Baci curiosi esploravano i corpi d’entrambi. Mani frenetiche viaggiavano su e giù, fino a toccare la pelle nuda. Brividi di piacere li avvolsero, quando incontrarono le loro virilità, tormentandole con baci, morsi leggeri e, carezze audaci. Gemiti a fior di labbra, venivano fuori senza ritegno alcuno, chiamandosi, cercandosi sempre più frenetici ed eccitati. I loro corpi, ora del tutto nudi, erano perfetti. Linee profonde segnavano gli addominali di Fred. Il ventre piatto, un po’ meno muscoloso, ma egualmente sodo, di Gabriel era bagnato del proprio seme. Fecero l’amore più di una volta quella notte, fino a quando, all’alba crollarono addormentati.

 

 

 

Arrivato il momento della partenza di Fred, entrambi avevano il morale a terra. Salutandosi con un lungo e dolcissimo abbraccio, si promisero, di sentirsi e vedersi.

 

 

****

 

Era quasi un mese che Fred era rientrato in ‘patria’. Ogni giorno sentiva Gabriel. Gli mancava molto e, lui al ragazzo. Da un paio di giorni, però, non lo sentiva. Non ne capiva il motivo e, sinceramente era anche preoccupato. La vita da ‘artista-girovago’, non era molto semplice e, a volte poteva rivelarsi pericolosa.

 

 

Il giorno dopo uscì dall’ufficio, che erano già le otto passate. Aveva fame, era stanco ed era pensieroso più che mai, a causa di Gabriel. L’usciere dell’azienda avvertì ‘il signor Owen’, che il taxi che aveva chiamato, era arrivato.

 

-         Taxi? Io non l’ho chiamato..si saranno sbagliati!

 

-         Non so, Signor Owen, a me hanno riferito così.

 

-         Vabbè, tanto vale che ne approfitti. Grazie, buonanotte Luke!

 

-         Buonanotte Signor Owen!

 

Salì sul taxi, stava controllando delle carte, perciò non si era reso conto, che la macchina stava dirigendosi in un altro posto e, non a casa sua. Quando questa si fermò, chiese quanto era per la corsa, ma l’uomo disse, che era tutto pagato. In quel momento, si accorse di essere al Central Park. Chiese spiegazioni all’autista, ma questi non sapeva niente. Disse solo, di aver svolto il lavoro che gli competeva e, scusandosi lo congedò, visto che doveva fare ancora un’altra corsa.

Fred non capiva. Si avviò verso una panchina, era sempre più stanco, tirò fuori il cellulare per chiamare un altro taxi, ma il telefono gli cadde dalle mani, si abbassò per prenderlo e, contemporaneamente vide dei piedi, che calzavano scarpe da ginnastica. Alzò la testa e spalancò gli occhi verdi.

 

-         Ciao..Frederic..

 

-         …Gabriel..

 

Non ci fu bisogno d’altre parole. I due ragazzi si abbracciarono forte e, si baciarono appassionatamente.

Era una notte, con le stelle che facevano compagnia alla luna. Proprio come la loro prima notte d’amore.

 

 

****FINE****