Disclaimers: i personaggi descritti in
questa fanfiction non sono di mia inventiva; appartengono al loro autore:
Inoue sensei.
Note: Le parti tra parentesi sono quelle 'pensate', dato che il formato txt
mi cancella il corsivo non potevo fare altrimenti!!!
Vaniglia e
cannella
parte II
di Chocolat
Capitolo due
'Profumo di salsedine'
Maki si sentiva rimescolare. Kenji aveva parlato come se fosse stato un
inetto, un incapace. Uno stupido. Nonostante quell'apparente tranquillità,
l'eliminazione dal campionato doveva essergli costata davvero tanto. E lui
non aveva fatto nulla.
Quella sera, quando aveva assistito alla sconfitta dello Shoyo, non si era
nemmeno disturbato a telefonargli. L'aveva fatto per discrezione, era vero,
ma avrebbe dovuto ben sapere, conoscendo Kenji, che una parola di conforto
l'avrebbe forse aiutato un po'...
Invece, era troppo preso dai suoi allenamenti, dalla sua squadra, dalla sua
vittoria. E da quell'impulso che si era impadronito di lui mentre osservava
il viso di Fujima rigato dalle lacrime, i suoi occhi arrossati, le sue
labbra che tremavano... Si era spaventato, si era sentito lui, il debole, lo
sconfitto... Perché aveva capito che, se non si fossero trovati in una
palestra piena di gente, si sarebbe precipitato da lui... E, di nuovo, aveva
cercato di soffocare i sentimenti che l'avevano colto impreparato, pensando
solo al basket.
In quelle ultime settimane, aveva pensato solo ed unicamente a se stesso, a
come primeggiare, a come farsi notare. E, adesso, si sentiva un verme; in
quel momento, il campionato nazionale non sembrava più l'unica cosa
importante.
Il rumore del mare lo ridestò.
Erano arrivati nei pressi della spiaggia, camminando sullo stretto
marciapiede che fungeva da lungomare alla strada costeggiante il mare, che
percorreva il basso argine frangi onde.
Maki si arrestò, lasciando di scatto la mano che stava serrando nella sua;
buttò la giacca sulla ringhiera e vi si appoggiò contro, lasciando cadere
a terra la cartella; dopo un lungo sospiro volto a riprendere un po' di
fiato, strappò dalle mani la cartella a Fujima e le fece seguire la stessa
sorte della propria.
Fujima era senza respiro e sentiva le ginocchia tremare; strano,
considerando tutto il jogging che praticava ogni giorno. Eppure quel
pomeriggio, con i mocassini di pelle ai piedi e la borsa in mano, quel pezzo
di strada, percorso a passo veloce, l'aveva stancato più di un'ora di
basket. Guardò Maki con aria interrogativa, confusa, impacciata; anche un
po' spaventata, sentendosi un perfetto idiota.
Maki lo considerò in silenzio, per qualche secondo; alzò la mano destra,
portandola alla fronte, si massaggiò brevemente le tempie tra l'indice ed
il medio e inspirò profondamente, come se avesse dovuto trovare le parole
per un discorso molto importante.
Fujima aggrottò un po' la fronte.
"Allora.", Cominciò Maki, guardando Fujima dritto negli occhi e
appoggiandogli entrambe le mani sulle spalle. "Se rinunci ad essere
l'allenatore dello Shoyo proprio adesso, dopo la prima difficoltà, ti sarai
arreso per sempre. Perderai sempre più fiducia in te stesso e finirai con
il perdere anche l'entusiasmo. Se molli adesso, ti sentirai sempre un
fallito."
Fujima aprì bocca per parlare, mentre un lampo di dolore gli attraversò lo
sguardo; ma una mano di Maki, portata repentinamente davanti alle sue
labbra, gli impedì di farlo. Abbassò gli occhi, comprendendo di avere
guadagnato una bella predica.
". Adesso potrai anche sentirti non all'altezza, ma ricorda che la tua
squadra non avrebbe potuto sopravvivere, se tu non avessi accettato di
allenarla; eravate rimasti senza coach, se non avessi preso in pugno tu la
situazione il club di basket maschile del tuo liceo avrebbe rischiato di
essere sciolto! Nessuno ha avuto il coraggio di affrontare questa
responsabilità a parte te, Kenji. Ti sei preso sulle spalle un peso enorme
e non l'hai fatto certo soltanto per te stesso. L' hai fatto per tutta la
tua squadra, per i ragazzi che giocano con te. L' hai fatto perché hai un
animo gentile e credi negli ideali."
".Ma ho deluso tutti." C'era una nota di disperazione in
quest'ultima frase di Fujima. Maki gli strinse le spalle ancora più forte,
scrollandolo leggermente.
"Questo chi te l' ha detto? Te l' hanno detto i ragazzi? Te l'ha detto
Hanagata? Te l'hanno forse detto Hasegawa, Ito o Takano?"
".N. No, loro non mi hanno rimproverato nulla, ma."
"'Ma' niente! I tuoi compagni sanno bene che tu hai dato tutto quello
che potevi e hai fatto del tuo meglio e, credimi, lo stesso vale per loro!
Hanno ancora fiducia in te, Kenji, contano ancora su di te! Se te andassi
ora, si sentirebbero abbandonati. Capisci?"
Quell'ultima frase fece traboccare il vaso di Kenji. Sentì uno strano
pizzicore diffondersi lungo le narici e gli occhi bruciare, finché la vista
gli si annebbiò e, quasi con rabbia, si scostò, voltando le spalle a Maki.
"Basta. Basta, Maki. Mi fai stare peggio, così", riuscì a
sussurrare, la voce strozzata dall'emozione.
[No. Non devo piangere di fronte a lui, no, no, no.]
Due braccia forti gli si avvolsero intorno, stringendolo in un abbraccio
protettivo. Fujima sussultò, sgranando gli occhi.
[Profumo di cannella.]
"Lo Shohoku è una squadra forte, Kenji. E via hanno battuti solo per
un soffio. Non è stata colpa tua. Siete stati grandi lo stesso."
Maki gli aveva parlato all'orecchio, quasi appoggiandovi le labbra; Fujima
si sentì percorrere da un lunghissimo brivido. Il corpo di Maki era
incollato al suo: il petto contro la sua schiena, il mento appoggiato su una
spalla, il bacino premuto contro il suo. E il suo respiro, che gli
solleticava il collo. Era decisamente troppo. Le lacrime cominciarono a
scendere sulle guance, suo malgrado e gli sembrarono talmente bollenti da
bruciargli la pelle.
Il capitano del Kainan si accorse che il corpo sottile che stava stringendo
aveva cominciato a tremare e lo abbracciò ancora più forte, come se
potesse, tramite la forza fisica, trasmettergli un po' di sicurezza.
Fujima, non sapendo neppure lui come, riuscì a girarsi nell'abbraccio di
Maki; nascose il viso su una spalla, gli si aggrappò come ad un salvagente
e pianse, pianse tutte le lacrime che si era tenuto dentro, tutte quelle che
avrebbe dovuto versare e che, invece, erano rimaste a corrodergli l'anima
come acido. Aveva pianto, il giorno della partita contro lo Shohoku. Ma non
era la stessa cosa. Quelle erano state lacrime di amarezza, di delusione, di
tensione. Queste erano tutte quelle che non aveva mai versato, per ciò che
non gli piaceva e che non accettava di se stesso...
Sentì una mano passargli tra i capelli, accarezzandoli dolcemente e, subito
dopo, la guancia di Maki che si appoggiava, morbida, sulla sua tempia; non
diceva nulla, lo stringeva in silenzio, cercando di fargli capire quello che
non riusciva, che non era mai riuscito, a comunicargli a parole.
Fujima non aveva mai provato due sensazioni tanto contrastanti; in
quell'abbraccio così caldo si sentiva al tempo stesso sicuro e
terrorizzato.
Quando, dopo qualche minuto, i suoi singhiozzi cominciarono a placarsi, si
divincolò frettolosamente, appoggiando le mani sul petto di Maki per
tenerlo a distanza di braccia. Quest'ultimo lo fissava, sinceramente
preoccupato.
".Stai bene, Kenji? Va un po' meglio, adesso?"
"Si. Scusami lo sfogo. Mi vergogno così tanto..."
".Non hai niente di cui scusarti."
Improvvisamente, l'aria intorno a loro si era ispessita, l'atmosfera si era
fatta imbarazzante.
Avevano entrambi qualcosa da dirsi, qualcosa che li confondeva, li
impauriva. Li eccitava.
Un soffio di vento venne loro in aiuto, scostando la frangia dalla fronte di
Fujima e rilevando,così, la piccola cicatrice ricordo dell'incontro con il
Toyotama, l'anno precedente.
Maki allungò una mano, sfiorandola in una carezza leggera con la punta
delle dita.
".Tsuyoshi Minami. Gli avrei spaccato volentieri la faccia, quel
giorno."
Kenji sbatté le palpebre, come se si fosse improvvisamente svegliato da uno
stato di trance. Scostò le mani dal torace di Maki e si voltò si scatto,
dandogli le spalle.
"Maki. Ti prego.", disse, in un sussurro.
Il capitano del Kainan sospirò profondamente, chiudendo gli occhi nei quali
era passato, all'insaputa di Fujima, un lampo di esasperazione.
"Kenji. Perché mi rifiuti così?"
L'aria intorno a loro parve diventare immobile. Era tardo pomeriggio, ormai
ed il sole stava cominciando la sua discesa verso l'azzurro-acqua del mare,
facendo rifulgere la sua superficie di tantissime scintille dorate e
proiettando sul lungomare ombre lunghe e sfumate.
La domanda di Maki era stata diretta, spontanea, il più sincera possibile.
Non era più il momento dei giochi di parole, delle battute, dei sorrisi
maliziosi e gli sguardi complici.
Era ora di dirsi tutto... Di tirare tutto fuori. Sentimenti, desideri...
Tutto.
Fujima si sentì rabbrividire, e non capì se fosse perché l'aria era
rinfrescata o per quello che si stava agitando dentro di lui. Si voltò di
nuovo a fronteggiare il suo amico, a testa alta, i pugni stretti e uno
sguardo di sfida, nonostante gli occhi rossi e lucidi a causa del pianto di
poco prima.
"E tu perché mi fai questo, Maki? Non lo sai cosa provo per te? Perché
mi provochi così? Forse ti diverti?!? Ti faccio ridere??!? Ti dà così
tanta soddisfazione, umiliarmi anche sul piano dei sentimenti, dopo avermi
schiacciato sul campo da gioco?" Fujima si rese conto di quello che
aveva appena detto, anzi, gridato, non appena pronunciata l'ultima parola;
in un gesto istintivo, si portò la mano alla bocca e abbassò gli occhi,
mentre le sue guance andavano a fuoco.
[Idiota, idiota, idiota! Cosa ti è saltato in mente? Non ce l' hai, un
briciolo di dignità?]
La voce di Maki gli sembrò giungere contraffatta da una lieve vibrazione di
dolore: ".Mi credi una persona tanto meschina?"
Fujima strinse gli occhi, cercando di scacciare le nuove lacrime che vi si
erano formate; strinse i denti, serrando le dita a pugno. Non avrebbe dovuto
dire altro, non avrebbe dovuto peggiorare la sua situazione. Ma non ce la
faceva più, a tenersi tutto dentro.
".A te non importa nulla di me, non sai che fartene della mia amicizia!
Ti servo. Ti servo solo per sentirti grande, per dimostrare. Per dimostrare
a te stesso che sei il migliore!"
Una mano decisa afferrò dolorosamente uno dei suoi polsi, mentre un'altra
gli si serrò intorno al mento , costringendolo a sollevare la testa; Kenji
Fujima si ritrovò naso a naso con Shinichi Maki, che lo guardava con
un'espressione tutt'altro che rassicurante. La solita aria di pacatezza e
controllo era scomparsa dal suo bel viso abbronzato, lasciando il posto a
un'espressione che tradiva emozioni diverse e contrastanti.
".Lo pensi davvero?" Chiese il capitano del Kainan, a denti
stretti, con la voce che vibrava come percorsa dalla tempesta che si stava
agitando dentro di lui... Sentiva il cuore battere così forte da sfondargli
il petto, sentiva di avere abbastanza adrenalina, in corpo, da poter
spezzare facilmente quel polso così esile che stringeva tra le sue mani
forti, sentiva di essere così arrabbiato da riuscire a fare una pazzia. Era
questo che pensava Kenji? Era questo che gli aveva comunicato, con il suo
atteggiamento?
[Sono proprio uno stronzo...]
"Rispondi, maledizione!!!"
Gli occhi di Fujima erano sgranati; era la prima volta, da quando conosceva
Maki, che lo sentiva alzare la voce... E non poteva sapere che era
arrabbiato più con se stesso, che con lui.
"N. Non... Io non lo so. D... Dimmi che non è così", riuscì a
balbettare.
".Non è così.", fu l'ultima cosa che Fujima riuscì ad udire. Le
dita strette sul mento si allentarono; le sentì scivolare dietro la nuca,
afferrargli i capelli e, un attimo dopo, le sue labbra erano premute contro
quelle di Maki.
Il mondo si fermò per un istante.
Fujima non sentiva più nulla... Il suono delle onde, il profumo del mare,
il rumore delle macchine che passavano sulla strada... nulla.
Solo il calore e la morbidezza di quelle labbra sulle sue, solo la
sensazione del braccio di Maki che, cingendogli la vita, lo stava
schiacciando contro il suo petto ampio e muscoloso, solo il dolore provocato
dalle dita di quella mano forte intrecciate con rabbia ai suoi capelli...
Il resto del mondo non esisteva più...
Solo per un istante.
Il tempo di riguadagnare un minimo di lucidità e Fujima riuscì a trovare
la forza per staccarsi dalla bocca incollata alla sua, voltando il viso di
qualche grado appena.
"Smetti. Smettila, ti prego." Fu una supplica, più che una
richiesta.
" Il tuo corpo non è d'accordo con te, Kenji." C'era un'ombra di
ilarità, nella voce di Maki; Fujima arrossì, paurosamente, mentre sentiva
che le ginocchia gli cedevano e riprendeva possesso delle sue sensazioni
fisiche, constatando quanto l'affermazione di Maki fosse veritiera.
"M. mi fai male. E poi. siamo in mezzo ad una strada."
"Già. Ma volevo dimostrarti che, malgrado quello che pensi di me, io
non sono spaventato dal giudizio degli altri e non me ne frega proprio un
bel niente se qualcuno dovesse vederci. Anche se passasse qualcuno che
conosco, o che conosciamo entrambi, non me ne fregherebbe niente. Niente,
capisci?"
Era la verità, anche se l'aveva capito solo da pochi minuti. Maki si era
arreso a quello che provava, l'aveva accettato... E niente o nessuno gli
avrebbe impedito di confessarlo a Kenji... Il suo Kenji. L'aveva già fatto
soffrire troppo.
"Ma. Cosa ti salta in mente, adesso? Perché stai facendo tutto
questo?"
Chiese Fujima, ancora stretto contro il corpo caldo del suo rivale.
Le dita di Maki si rilassarono, cominciando ad accarezzare il punto sulla
nuca di Kenji dove avevano tirato quei capelli sottili e setosi quasi fino a
strapparli .
" Kenji, accidenti a te... Te lo devo proprio dire? Vuoi che te lo
gridi in faccia? Vuoi che ti confessi che adesso, in questo momento, se
dovessi ascoltare il mio istinto ti porterei giù, sulla spiaggia, ti
ribalterei sulla sabbia e ti strapperei tutti i vestiti di dosso?"
"Maki.!"
".Che ogni volta che mi stai vicino mi viene voglia di metterti le mani
dappertutto e che ho un insano desiderio di provare come sarebbe farlo
davvero?"
"Maki!!!"
".Che speravo e allo stesso tempo temevo che tu te ne accorgessi? Che
il piacere più grande, quando stiamo insieme, è vederti arrossire alle mie
battute , cogliere l'imbarazzo sul tuo viso quando ti stuzzico, perché
questi tuoi atteggiamenti sono tacite conferme di quello che provi per
me?"
"MAKI!!!"
Il capitano del Kainan sospirò, lasciò andare il suo compagno e si voltò
a guardare il mare.
"Scusa. Io per primo ne sono rimasto sconvolto . Ma è la verità...
Non ti volevo umiliare con il mio comportamento e... Beh, ti chiedo scusa se
ti ho ferito. La verità è che mi sentivo io, lo sconfitto, per essermi...
Volevo vendicarmi. Sono stato un idiota..."
"Maki."
"Ti prego, Kenji. Scendiamo sulla spiaggia, ti va?"
Maki si chinò a raccogliere la sua cartella e si voltò, tendendo la mano a
Fujima; quest'ultimo lo guardava attonito, come se gli fosse comparso
d'innanzi un marziano. Il capitano del Kainan sospirò, per l'ennesima volta
in quella giornata, afferrò anche la cartella dell'amico e s'incamminò
verso la scaletta che conduceva alla spiaggia.
Fujima lo seguì come un automa, con gli occhi sgranati, l'espressione
confusa; non riusciva ancora a capacitarsi di quello che era appena uscito
dalla bocca di Maki. Non poteva essere vero. Maki non era.
Il capitano si era accucciato a terra, sulla sabbia ancora calda, non troppo
distante dal ponte; aveva abbracciato le ginocchia e il suo sguardo era
perso lontano, oltre l'orizzonte. Fujima si sedette a sua volta, fissandolo
insistentemente, come in attesa di una qualche spiegazione che sembrava
essergli dovuta.
".Tu di cos'hai paura, Kenji?"
La domanda lo spiazzò ulteriormente.
".Come?"
".Di cosa hai paura. Sei terrorizzato."
Fujima scosse la testa, poi abbassò lo sguardo; cominciò a giocherellare
con la sabbia, prendendola in una mano e lasciandosela scivolare lentamente
tra le dita. Per almeno un paio di minuti non rispose, continuando le sue
azioni meccaniche, con un mezzo broncio che gli accentuava ancora di più la
forma a cuore delle labbra e lo sguardo ferito, confuso. Poi, senza
sollevare gli occhi dalla sabbia, parlò: "Maki, senti. Tu. Tu. Non
sei. Insomma, a me piacciono i ragazzi, tu non sei il primo e non sarai
l'ultimo. Ma tu. Tu non sei così! Tu sei bello, sei intelligente, sei un
campione di basket, di buona famiglia e pieno di soldi! Conosci le tipe più
carine di Kanagawa. Perché mai dovresti essere interessato a me, proprio a
me? Non sei il tipo! Io. Non capisco, mi stai confondendo."
". Non m'importa di nessuna ragazza... Non adesso. Con te. non so come
sia successo. All'inizio, forse. Si, lo trovavo divertente. Mi divertiva
sapere di essere in grado di suscitare certe reazioni, in te. Ma poi mi sono
reso conto di non potere più fare a meno della tua amicizia. Del tuo
sorriso, dei tuoi occhi. Di tutto di te, Kenji."
Maki si fermò un istante, staccando finalmente lo sguardo dall'orizzonte e
posando gli occhi sul viso triste di Fujima.
"Quando me ne sono reso conto, beh. Sono rimasto un po' scioccato. Ma
riflettendoci con calma, mi sono convinto che non ci può essere nulla di
male nel voler bene a qualcuno. Ci sono tante persone che non riescono ad
amare nessuno... Questo è sbagliato, deviato, perverso... Non il preferire
un uomo ad una donna."
Fujima guardò Maki a sua volta, considerando attentamente le parole che
aveva appena ascoltato da quella voce che amava così tanto. Non sapeva cosa
rispondere, così rimase in silenzio, fissando i capelli di Maki che, alla
luce del tramonto, si accendevano di riflessi rossastri.
".Beh, io mi sono reso abbastanza ridicolo aprendoti così il mio
cuore.
Sarebbe carino, da parte tua, fare altrettanto... ", Esclamò il
capitano del Kainan, cominciando a sentirsi imabarazzato da quel prolungato
silenzio.
".Tu sai benissimo quello che provo per te, Maki. ", si risolse a
rispondere Fujima, come in una specie di confessione.
"... Ma non lo accetti."
"No! Cosa c'entra, non è questo... "
"... Allora di che si tratta?"
Fu la volta di Fujima, di sospirare.
"... Tra noi non funzionerebbe mai, Maki! Adesso tu dici di volere me,
ma... Io so che non durerebbe. Non appena tu dovessi incontrare la ragazza
giusta per te, io sparirei... Adesso pensi anche che non te ne importi nulla
del giudizio della gente, ma non riusciresti a sostenere gli sguardi
derisori, sprezzanti o, peggio, compassionevoli dei tuoi compagni, dei tuoi
genitori, di tutti quelli che stimi... Non cammineresti mai con me mano
nella mano, staresti attento ad ogni sguardo, ad ogni parola, ad ogni
gesto... "
"... Perché non mi metti alla prova, Kenji?"
"Perché potresti spezzarmi il cuore. E non lo sopporterei."
Fujima non fece nemmeno in tempo a finire di pronunciare l'ultima parola che
si accorse dello scatto di Maki il quale, fulmineo, gli si era lanciato
contro; in un attimo, ebbe di nuovo quelle mani forti addosso a lui, sulle
sue spalle; in un attimo, senza nemmeno riuscire a percepire che Maki lo
stava spingendo giù, sulla sabbia, si ritrovò a terra, sdraiato, il viso
dell'amico che incombeva sul proprio.
Kenji non seppe fare di meglio che distogliere lo sguardo da quegli occhi
che, ora, si erano fatti ardenti e sembravano volerlo inchiodare lì
dov'era, sulla sabbia ancora tiepida e umida.
". Non sto giocando con te, Kenji. Non ti farei mai del male, non
volontariamente. Non so cosa potrebbe accedere se incontrassi una ragazza
domani, non ho idea di come potrei prendere le reazioni dei miei compagni,
non so nemmeno se tra noi durerebbe o no. Non posso sapere cosa accadrà
domani. Non lo so e non m'importa. Io so che oggi sei qui con me, io sono
qui con te. E sto bene quando sono con te. Mi piace stare con te. Mi piaci
tu. "
".Maki!"
Il cuore di Fujima mancò un battito. Nessuno gli aveva mai parlato così,
nessuno gli aveva mai rivolto parole simili. Nessuno lo aveva mai fatto
sentire tanto. indifeso. Le mani forti di Maki gli lasciarono le spalle e,
talmente veloci da non fargli trovare nemmeno il tempo di reagire, gli
strinsero i polsi, inchiodandoglieli a terra, all'altezza del viso. Fu
assalito dal panico: fino a poche ore prima, gli sarebbe sembrato un sogno
trovarsi sdraiato, su una spiaggia,con Maki sopra di lui, ma ora, in quel
modo. Era accaduto tutto così in fretta.
Sentì le labbra calde del compagno sfiorargli una guancia, scendere a
tracciare la linea della mascella, scivolare sul collo. Suo malgrado, si
lasciò sfuggire un gemito, sentendosi andare letteralmente a fuoco.
"Ma. Maki. F. Fermo."
Quelle parole balbettate, quella voce malferma ed esitante... Maki si sentì
travolgere da una scarica di adrenalina così forte da riuscire a spezzare
il suo celeberrimo autocontrollo.
"Kenji...", riuscì a sussurrare, prima affondare i denti nella
tenera carne alla base del collo che aveva appena finito di sfiorare con le
labbra, mentre lasciava che il proprio corpo si adagiasse su quello più
esile di Fujima.
Quest'ultimo, all'insaputa di Maki, aveva spalancato gli occhi, assalito
improvvisamente da un incontrollabile paura che sembrava avergli irrigidito
i polmoni impedendo loro di espandersi e di immagazzinare aria. Raccogliendo
tutte le forze che gli erano rimaste, aiutato dalla disperazione che si era
impossessata di lui, Fujima riuscì a liberare i polsi; afferrò con
rabbia le spalle di Maki e cercò di spingerlo via da sè.
"NO!!!! No, Maki, NO!", gridò, completamente in preda al panico.
Il capitano del Kainan si bloccò, riportato alla realtà della voce
spaventata di Kenji; sollevò il viso, cercando i grandi occhi nocciola dove
vide brillare una luce carica di paura e rabbia allo stesso tempo.
Fjima scattò in piedi come se si fosse appena liberato dagli artigli di una
belva feroce, mentre Maki era rimasto inginocchiato sulla sabbia, con lo
sguardo smarrito e l'espressione inebetita; non poteva credere di avere
appena agito in quel modo. Il suo amico era in piedi di fronte a lui, nella
stessa posizione di poco prima, con le braccia tese lungo i fianchi ed i
pugni stretti, quegli splendidi occhi sgranati e quell'adorabile broncio che
gli si dipingeva sul viso quando si arrabbiava con qualcuno...
"K... Kenji, perdonami... Io.. Io non so cosa...", cercò di
scusarsi, mentre, con sua grandissima sorpresa, sentì il sangue salirgli al
volto come non gli succedeva da quando era bambino e la mamma lo sgridava
per qualche marachella.
"ZITTO!", lo interruppe bruscamente Fujima, alimentando la
confusione che già albergava dentro di lui, "Ma cosa credevi di fare?
Chi credete che sia,
io? Una specie di animaletto strano con cui divertirsi quando avete voglia
di qualcosa di diverso? MA CHE VI E' PRESO, A TUTTI?!?!?!?"
Maki sbatté le palpebre, perplesso.
Non aveva mai sentito Fujima gridare a quel modo... Beh, a dire il vero, non
aveva nemmeno mai provato a saltargli addosso come aveva fatto poco prima...
..E poi... C'era qualcosa che non tornava.'Credete? Avete? Tutti? Tutti...
chi?' Maki cominciò a domandarsi confusamente cosa avesse voluto dire
Fujima quando si accorse che quest'ultimo si era voltato e stava correndo
via, con ancora addosso i segni della loro performance sulla spiaggia: la
camicia sgualcita, fuori dalla cintola per metà, le chiazze di sabbia umida
sui pantaloni scuri, i capelli scomposti.."Kenji! Kenji, aspetta... Ti
prego... Oh, MALEDIZIONE!!!!"
Era troppo sconvolto lui stesso per cercare di corrergli dietro e di
fermarlo; con che diritto, poi? L'aveva spaventato, si era comportato come
un animale... E adesso aveva rovinato tutto, tutto: anche la loro amicizia.
Maki si passò una mano fra i capelli, nel consueto gesto che ripeteva ogni
qual volta doveva affrontare una discussione o una situazione difficile; in
quel momento, però, non gli fu d'aiuto. Rimase lì, seduto sulla sabbia,
osservando gli ultimi raggi di sole che giocherellavano con la superficie
del mare, appena increspata. Sentì le narici riempirsi del tipico odore di
aria salmastra; quel profumo di salsedine gli ricordò il sapore che aveva
assaggiato poco prima: il sapore delle labbra di Kenji, quando l'aveva
baciato sul lungomare; il sapore salato e un po' amaro delle lacrime.
Fine seconda particina!
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