Vampire Kiss

parte II

di Naika

Kei si svegliò che era ormai pomeriggio inoltrato.

La prima cosa che avvertì nell’emergere dall’incoscienza del sonno fu quel suono.

Sottile, familiare.

Il ticchettio della pioggia che batteva piano contro il vetro della finestra.

 

Pioveva.

 

Dopo  tanti giorni di grigio incerto e cupo.. finalmente pioveva.

Il cielo si era deciso a piangere.

E forse.. forse dopo quel pianto, sarebbe tornato il sole e la natura avrebbe ricominciato a vivere.

 

Quella pioggia lo turbò profondamente.

Sembrava un segno.

Un monito.

Lui aveva chiesto un cambiamento.

 

E lo aveva avuto.

 

E che cambiamento!!!

Pensò, guardandosi in giro confuso, riepilogando tra se quanto era accaduto solo la notte prima.

In tutta quella confusione, nell’assurdità totale di quella situazione, un’unica certezza: doveva andarsene, e in fretta anche!

Dovunque fosse.

Non aveva idea di quali fossero le intenzioni del vampiro... ma preferiva non conoscerle!

Quell’uomo aveva un potere spaventoso sulla sua volontà.

Era in grado di fargli fare qualsiasi cosa.

E Kei aveva imparato sin da piccolo che non poteva permettere a nessuno di esercitare un simile dominio su di lui.

Stava ancora rimuginando sul ‘come’ applicare la sua risoluzione, quando qualcuno bussò lievemente alla porta facendolo sussultare.

Si mise a sedere guardandosi attorno velocemente, cercando una via di fuga o un arma, ma non fu l’uomo vestito di nero ad entrare nella stanza, senza per altro attendere di essere invitato, bensì una graziosa ragazza dai capelli biondi, legati in due grosse trecce.

“Ciao!” cinguettò con un sorriso, posando sul comodino di fianco al letto un vassoio su cui facevano bella mostra di sé un assortimento di cibi profumati.

“Non sapevo che cosa ti piace così ho portato un po’ di tutto...” si giustificò lei, seguendo il suo sguardo, perplesso e affamato, prima di piantargli in volto due grandi occhi dorati.

Kei riportò la sua attenzione sulla biondina chiedendosi se anche quella ragazza fosse un vampiro ma le parole di lei spezzarono ogni sua elucubrazione.

“Devi avere un sapore davvero eccezionale se Mikael ha deciso di tenerti con sé.”  disse fissandolo con aria scientifica “Certo carino sei carino... hai sangue misto vero?” lo sommerse alludendo ai suoi occhi a mandorla e alla pelle leggermente dorata.

Kei che era rimasto in un silenzio sorpreso, annegato da quel fiume di parole, si impose di riscuotersi e di capire che diamine stava succedendo.

“Mi… Mikael?” chiese perplesso, ipotizzando che fosse il nome del vampiro.

 

Un nome, musicale ma spigoloso... affilato... come chi lo portava.

 

Lei gli sorrise annuendo “Non si è nemmeno presentato?” chiese mentre il sorriso sul suo volto si allargava ancora.

“Allora ha ragione il padrone è stato davvero un colpo di testa...” trillò felice.

“Aspetta.. aspetta un momento..” cercò di fermarla Kei prima che lei partisse nuovamente a raffica con le sue considerazioni “..non ci sto capendo niente..”

 

“Te l’avevo detto che era meglio se ci parlavo io...”

 

Kei si volse verso la porta incontrando due glaciali occhi azzurri.

Il nuovo venuto, che doveva avere più o meno l’età di Mark, entrò nella stanza per poi sedersi sull’elegante sedia vittoriana, posta accanto ad una scrivania che occupava un angolo della stanza.

“Uffa Eric, adesso ci sarei arrivata!” protestò la ragazza arrossendo.

“Ho i miei dubbi Giulia..” mormorò il moretto voltandosi poi verso il loro stralunato ospite.

 

“Il mio nome è Eric Scott e questa è Giulia Lecci.” mormorò indicandole la ragazzina imbronciata “Come puoi intuire dai nomi io sono inglese, lei invece è italiana..” spiegò prima di voltarsi a fissarlo, in attesa.

“Kei... Kei Ronan” si presentò a sua volta “...mia madre era giapponese mio padre...” scosse le spalle “..non ho idea di chi fosse..” disse aspettandosi qualche domanda.

Nessuno dei due invece parve particolarmente sorpreso o curioso di indagare su quella sua affermazione e lui fu felice per una volta di non essere oggetto di qualche morbosa, indiscreta, curiosità.

“Il luogo dove ci troviamo è Villa Lake” riprese il moretto con precisa efficienza “Ed è uno dei tanti possedimenti dei Lake” disse “O meglio.. di Mikeal Lake..” specificò.

 

Kei appuntò velocemente quell’informazione.

A quanto pareva anche i vampiri avevano nome e cognome.

 

“Qui a parte la servitù viviamo Eric, io, il nostro padrone e Mikael” intervenne Giulia desiderosa di essere utile “Bhe da oggi ci vivrai anche tu!” disse con un sorriso.

Questo è tutto da vedere, penso Kei, ma lo tenne per se chiedendo invece “E’ la seconda volta che vi sento parlare del ‘padrone’ chi cavolo è?!”

Eric sollevò un sopracciglio infastidito dal tono della domanda “Il nostro padrone è Sergeil Lake, il figlio di sangue di Mikael” spiegò comunque.

“Fi.. figlio di... che cosa?” chiese stranito Kei.

“Figlio di sangue..” gli spiegò Giulia “... significa che è stato Mikael a farlo diventare un vampiro!”

Il ragazzo fissò prima uno poi l’altro, con sguardo allucinato.

 

Ci capiva sempre meno.

 

Da dove spuntava adesso quest’altro vampiro?

 

Giulia notò che il ragazzo era completamente spaesato e sorrise vittoriosa girandosi per fare una linguaccia ad Eric “Sembra che nemmeno tu sia questo gran che a dare le spiegazioni!” lo sfottè.

Il moretto le lanciò un’occhiata inceneritrice.

“Lascia che ti spieghi...” borbottò tornando a fissarlo “I vampiri sopravvivono traendo energia dal sangue umano, questo lo sai no?” chiese.

Kei annuì sebbene, lui, non sapesse un bel niente.

 

Quelle cose al massimo le aveva viste nei film!!!

 

L’altro tuttavia parve soddisfatto dal suo cenno perchè proseguì “Di solito le loro vittime vengono private giusto del sangue necessario per la sopravvivenza del vampiro...” spiegò “Anche se taluni usano ancora uccidere le loro prede..” constatò tranquillamente mentre Kei si mordeva le labbra per trattenere un brivido.

“Può capitare, poi, che un vampiro decida di creare un suo simile, come è stato per il nostro padrone Sergeil.” mormorò “E’ l’unico modo che hanno di generare dei ‘figli’ in quanto diventano sterili quando acquisiscono l’immortalità..” aggiunse con il tono blando e quasi annoiato di chi sta spiegando una cosa risaputa.

“Vuoi dire che sono anch’io un vampiro adesso?” lo interruppe bruscamente Kei sentendosi venir meno.

“Ma no!” esclamò Giulia “E poi non hai visto che è giorno?” chiese come se quel fatto spiegasse tutto.

Kei voltò il capo verso la finestra, confuso.

 

Giusto era giorno.

 

E a quanto pareva i vampiri davvero non sopportavano la luce del sole.

Quindi la sanguisuga doveva essere addormentato in una bara nello scantinato!

 

Doveva approfittarne per filarsela!

 

Eric parve intuire i suoi pensieri perchè mormorò un: “Non ci pensare nemmeno..” ammonendolo con sguardo duro “Non ce la faresti mai, e per di più lo faresti arrabbiare.” l’avvertì senza riuscire a trattenere un brivido.

“Mai fare arrabbiare un vampiro!!”  lo mise in guardia Giulia in un sussurro tremulo “..tanto meno un Sire come Mikael!!”

“Sire..?”  chiese il ragazzo.

“Si dice di un vampiro molto antico e molto molto potente” spiegò Eric “E Mikael.. bhe... da quello che si è lasciato sfuggire Sergeil, una volta, pare che sia addirittura il primo figlio di Vladimir...” disse con un filo di voce.

“E chi è questo Vladimir?” chiese Kei cercando di raccapezzarsi in qualche modo.

Giulia ed Eric si scambiarono uno sguardo prima che la seconda si voltasse verso di lui “E’ quello che nei film viene chiamato... Conte Dracula

 

Oh fantastico... pensò Kei.

 

Di tutti i vampiri in cui poteva incappare, e sperava che non ce ne fossero poi molti, era andato a finire proprio tra le braccia di Dracula junior.

 

“Che culo...” borbottò tra se mordicchiandosi le labbra, respingendo con fastidio una strana sensazione che per un momento lo aveva colpito.

Orgoglio?

Bhe certo era stato scelto niente di meno che dal figlio del ‘grande capo’.

 

“E io... in tutto questo che cosa sono? A parte la cena?” chiese con un moto di mesta autoironia.

Eric inaspettatamente sorrise “Tu, come noi d’altronde, sei un prescelto.” disse con una scrollata di spalle.

Kei aprì bocca per domandare che cosa intendeva dire ma il moretto lo precedette “Alcuni vampiri non amano andare a caccia...” spiegò “..pertanto scelgono degli essersi umani di cui apprezzano in particolar modo il ‘gusto’ e se li portano a casa” spiegò con una scossa di spalle.

Kei li guardò con gli occhi spalancati “Vuoi... vuoi dire che ci allevano come animali da cortile per potersi fare una bevuta quando ne hanno voglia?” chiese scandalizzato.

Giulia arrossì “Bhe non la metterei in questi termini…” borbottò “Quello tra un vampiro e il suo prescelto diventa un legame molto forte...” spiegò “..che crea una specie di dipendenza da entrambe le parti..” mormorò “..inoltre il vampiro può concedere la vita eterna al prescelto in modo che lo accompagni fino alla fine dei suoi giorni...” disse ed Eric scostò il maglione mostrandogli un piccolo tatuaggio rosso alla base della gola.

“Io ancora non ce l’ho..” borbottò Giulia fissandolo invidiosa “... Sergeil vuole che io cresca ancora un po’..” disse con un piccolo broncio sul viso di bambola “...mentre una volta contrassegnati dal marchio la crescita si blocca completamente fino al momento della morte...” mormorò mentre Kei si portava una mano alla gola desiderando ardentemente avere uno specchio a portata di mano.

“Sì...” gli disse Eric lanciandogli uno sguardo penetrante.

“Sì... cosa..?” chiese Giulia che non aveva seguito lo scambio di sguardi tra i due.

Eric si alzò dalla sedia avviandosi verso la porta “Kei si stava domandando se Mikael l’aveva marchiato...” mormorò il moretto.

“Mi.. mi leggi nel pensiero?” chiese il ragazzo ma l’altro scosse il capo ridendo sommessamente “Era piuttosto facile intuire che cosa ti passava per la mente..” gli fece notare.

“Quindi.... adesso sono immortale?”  chiese Kei, con un filo di voce, incredulo.

“Più o meno..” mormorò l’altro prescelto “Il marchio ci concede una vita lunga quanto quella del nostro vampiro..” spiegò “..e diveniamo immuni alle malattie ma se qualcuno ti ficcasse un coltello nello stomaco, per esempio, o se decidessi di buttarti dalla cima di un palazzo..” scosse le spalle con indifferenza “...moriresti. E’ una protezione parziale.. solo un vampiro è veramente immortale.” disse prima di voltarsi verso la biondina “Vieni Giulia e meglio se andiamo ora... abbiamo fatto quello che dovevamo...” mormorò.

“Arrivo!”  cinguettò lei seguendolo “E tu mangia qualcosa e poi dormi o stasera non ti reggerai in piedi..” consigliò voltandosi un’ultima volta verso il loro ospite prima di seguire Eric fuori dalla stanza lasciando Kei a fissare la porta chiusa, per diversi secondi, completamente stravolto da quanto gli avevano appena comunicato.

Il suo istinto di conservazione comunque si risvegliò ben presto, riscuotendolo.

 

Non aveva nessuna intenzione di rimanere lì ad aspettare!

 

Mangiò velocemente qualcosa per ripristinare le forze prima di cominciare la ricerca frenetica dei suoi vestiti per la stanza. Non gli importava un fico secco di quello che gli avevano detto, lui doveva andarsene!

Sfortunatamente i suoi abiti sembravano scomparsi.

Imprecò sonoramente prima di fiondarsi verso la porta da cui erano usciti i due solo per rendersi conto che era chiusa a chiave.

“Quei due bastardi addomesticati!!” imprecò, guardandosi attorno con rabbia mal trattenuta.

 

Se non poteva svignarsela dalla porta c’era pur sempre la finestra!!

 

Le si avvicinò speranzoso ma non c'erano alberi o cornicioni su cui arrampicarsi ed erano troppo in alto perché potesse solo pensare di saltare.

 

E poi dove poteva andare nudo come un verme?

 

“Maledizione!” ringhiò “Ma se pensi che resterò qui ad aspettarti per servirti la cena ti sbagli di grosso!” minacciò rivolto al suo assente carceriere, guardandosi attorno alla ricerca di qualcosa che potesse tornargli utile.

A parte l’enorme letto matrimoniale e la piccola scrivania non c’era molto.

Lanciò un’occhiata all’elegante sedia vittoriana appoggiata alla parete, colto da un’idea improvvisa.

“Avrai pane per i tuoi canini, vampiro..” disse mentre un sorriso maligno gli incurvava le labbra.

 

 

Si svegliò poche ore prima del tramonto.

Non aveva fatto che sognare il volto di Mikael, le parole dei due ragazzi che gli rimbombavano nella testa.

Aspettò, seduto sul letto, il lenzuolo avvolto attorno ai fianchi, impaziente.

Nella stanza l'unico suono era il suo respiro affannoso e il ticchettio dell’orologio appeso alla parete.

 

Tic... tac.

 

Tic... tac.

 

Ma dove era andato a cacciarsi quello stupido vampiro!!

Le palpebre cominciavano a farglisi pesanti, le membra ormai erano completamente intorpidite.

Lanciò un’occhiata all’orologio, sussultando.

 

Erano le cinque!

 

Fra poco il sole sarebbe sorto e Mikael non si era visto.

Non era venuto!!

 

Quella constatazione gli riempì l’animo di un violento senso di vuoto.

E se non fosse più tornato?

Appoggiò il capo al cuscino con un sospiro.

 

E a lui che importava, meglio se non tornava, no?

 

Scosse la testa confuso, incapace di allontanare quel senso di abbandono che lo attanagliava.

Perché cavolo si sentiva così? pensò con rabbia, rivolto a sé stesso.

Doveva essere l’effetto di quello stupido marchio.

Doveva essere così per forza!!

 

Fu colto da un gelo improvviso al pensiero che, forse, Mikael non era venuto perché aveva semplicemente trovato qualcun altro.

L’avevano definito un ‘colpo di testa’.

Forse il vampiro si era reso conto del madornale errore che aveva fatto nello sceglierlo.

Certo.. chi avrebbe voluto uno come lui?

Andava giusto bene per una notte.

 

Niente di più.

 

“Maledizione!” ringhiò prendendo il primo cuscino che gli capitò sotto mano, cominciando a prenderlo a pugni con il paletto che aveva ricavato da una delle gambe della sedia, spargendo piume ovunque.

Gridò furioso, scaraventandone un altro contro la porta, con rabbia.

“Bastardo!” ringhiò afferrando un bicchiere dal vassoio con il suo pasto, lanciandolo contro l’uscio ermeticamente chiuso, senza sapere se ce l’aveva più con il vampiro perché non si era fatto vedere o con se stesso perché c’era rimasto così male.

La sua furia distruttiva durò qualche ora, finchè, esausto, non si accasciò tra le lenzuola sprofondando in un sonno pesante, privo di sogni.

 

 

Fu svegliato dal rumore secco della serratura che scattava.

Si alzò di soprassalto, uno sguardo veloce alla finestra gli confermò ciò che temeva.

 

Aveva dormito per tutto il giorno!

 

La porta si aprì, con uno scricchiolio, spostando i cocci e facendo volteggiare qualche piuma, incorniciando l’alta figura del suo carceriere.

Mikael passò lo sguardo gelido per la stanza, un sopracciglio sollevato, ad unico segno del suo stupore, sul volto affilato.

“Vedo che non ti sei annoiato in mia assenza..” commentò con un accento d’ironia nella voce profonda.

Bastarono quelle poche parole, e il brivido che il suo tono fece scivolare lungo la schiena di Kei, per restituire al ragazzo tutta la rabbia del giorno precedente.

 

Come osava....

Come osava quel maledetto vampiro starsene lì tranquillo, come se niente fosse, mentre lui aveva passato l'inferno per colpa sua!?

 

Si lanciò contro di lui gridando con quanto fiato aveva in gola, il paletto stretto nella mano destra con forza.

Mikael non si mosse di un millimetro ma sorrise, un sorriso malizioso che gli accese una luce scintillante, minacciosa, nello sguardo mentre Kei abbassava il braccio con forza, puntando al suo cuore.

 

Ma la sua mano incontrò soltanto aria.

 

Dove poco prima c’era stata l’elegante figura vestita di nero ora c’era solo una leggera voluta di fumo bianco.

Era scomparso!

Letteralmente svanito nel nulla.

 

Hai visto troppi film...” gli mormorò Mikeal con malizia, riemergendo dal pavimento, alle sue spalle, allungandosi quel poco che bastava per sussurrargli quelle parole direttamente all’orecchio.

Kei sussultò violentemente, cercando di spostarsi, ma era già troppo tardi, le braccia del vampiro si erano strette intorno a lui, bloccandogli le braccia lungo i fianchi.

“Lasciami!!” gridò cercando di divincolarsi con forza.

Ma l’abbraccio del vampiro non cedette di un millimetro.

Non c’era modo di liberarsi da quella stretta ferrea inoltre avvertire il suo corpo così, stretto al suo, gli faceva provare un senso di vertigine che gli impediva di lottare come avrebbe voluto.

 

Perché?

Perché ogni volta che quelle mani sottili lo toccavano perdeva ogni forza di volontà?

 

Nei film a volte si vedevano i vampiri ipnotizzare le loro vittime, ed era sicuro che quella prima notte in cui si erano incontrati Mikael l’avesse bloccato in quel modo, ma in quel momento…?

No, non era l’ipnosi che lo rendeva una gelatina tremante tra le sue braccia.

 

Era qualcosa di molto, molto più pericoloso.

 

Lo sai quanto mi è costata quella sedia..?” gli chiese l’uomo, accarezzandogli con le labbra l’orecchio nel quale aveva spinto quelle parole, prima di allungare lentamente la lingua ad accarezzarne il lobo.

Kei si morse le labbra ma un mugolio violò comunque la sua gola spingendolo a dimenarsi ancora di più.

 

Doveva liberarsi da quella presa ferrea.

Doveva allontanarsi da quella bocca dannata prima... prima che...

 

Meriti una punizione..” soffiò il vampiro con tono malizioso, caldo, lievemente roco.

Il moretto sentì il sangue esplodergli nelle vene e un calore conosciuto incendiargli l’inguine.

No, si rifiutò, stringendo gli occhi con forza, non voleva, non poteva essersi eccitato solo perchè...

I suoi pensieri si infransero in un sussulto quando il vampiro, strettolo con più forza a se, con un solo braccio, spinse la mano libera sul suo ventre, slacciando il lenzuolo, per poi farla scorrere sulla pelle nuda.

Si morse disperatamente le labbra ma senza successo.

Nel momento stesso in cui le dita candide del vampiro scivolarono, senza fretta, tra le sue gambe, si tese come una corda, ansimando pesantemente.

Con il capo, così, reclinato all’indietro, scorse gli occhi scarlatti del suo aguzzino, vividi, brillanti di malizia e... desiderio.

 

Due polle infuocate tra le lunghe stalattiti di ghiaccio che gli piovevano sul volto androgino.

 

Mikael chinò il viso, un lieve sorriso ferino sulle labbra sottili,  cominciando a baciarlo sul collo, tracciando disegni intricati sulla sua pelle con la lingua, e Kei si ritrovò a tendersi ed ansimare, chiudendo gli occhi, abbandonando il corpo e la mente al suo volere.

Il paletto cadde a terra con un tonfo che neppure avvertì mentre faceva salire le mani a stringere il braccio che lo sorreggeva, allargando lievemente le gambe per permettere a quelle dita fredde di spingersi su di lui.

Cominciò a tremare tra le sue braccia quando la mano di Mikeal si fece esigente, squassato dal calore che ad intermittenza saliva e scendeva, infrangendosi sul suo corpo teso, sudato, obbligando i suoi fianchi contro quelli del vampiro, allo stesso ritmo. 

“No… no, ti prego...” cercò di protestare facendo un appello disperato a quel poco di volontà che ancora gli restava, ma il vampiro non ascoltò la sua preghiera, gli fece scivolare l’altra mano sul petto fino al viso costringendolo a reclinare il capo di lato, per permettergli più libertà d’azione sulla pelle dorata del collo.

“Mikael..” supplicò, aggrappandosi disperatamente alle sue anche per non scivolare a terra, incapace egli stesso di sapere che cosa desiderava.

Sentiva l’erezione dell’altro gonfiarsi contro i suoi glutei, gridò quando il vampiro strofinò i fianchi contro di lui, serrando contemporaneamente il suo pene nella mano mentre i canini affondavano nella sua pelle.

La vista gli si annebbiò mentre il sangue gli scorreva incandescente attraversando il corpo, salendo, fino a concentrarsi nel punto in cui la bocca di Mikael lo stava prosciugando della sua linfa vitale.

Gemette sommessamente, di dolore, agitandosi debolmente tra le sue braccia.

Non riusciva più a stare in piedi.

Tutto il suo corpo era scosso da un lieve tremore che non riusciva a controllare, si sentiva fragile, sul punto di spezzarsi, diviso a metà dai due punti di calore bruciante che gli artigliavano la pelle.

 

La bocca del vampiro sul suo collo, la sua mano tra le gambe.

 

Mikael addolcì la carezza, sostenendolo delicatamente, prima di riprendere a masturbarlo e Kei si ritrovò a respirare a fatica, incapace di sostenere il piacere che gli saliva nuovamente dai lombi, sempre più in fretta.

Boccheggiò violentemente ormai incapace di fermarsi, tendendosi tra le sue braccia un’ultima volta, venendo in piedi, la schiena appoggiata al suo petto, prima di accasciarsi pesantemente in avanti.

Ancora una volta l’uomo lo sorresse stringendolo dolcemente contro di sé, leccando con delicatezza l'ultima traccia di sangue rimasta sul collo del ragazzo, strappandogli un lieve gemito di dolore quando la lingua calda sfiorò la ferita aperta, spingendolo inconsciamente ad aggrapparsi a lui.

“Sssh… va tutto bene...” lo rassicurò Mikael sollevandolo tra le braccia, Kei cominciava a tremare violentemente per la debolezza.

Lo depositò dolcemente tra i cuscini coprendolo con le coperte, aggrovigliate ai piedi del letto.

Gli passò una mano tra i capelli arruffati in una leggera carezza rassicurante, specchiandosi negli occhi nocciola del ragazzo,  colmi di domande e paura.

Paura di quello che l’altro era riuscito a fargli provare, del senso di appartenenza che gli soffocava il petto, del dolore che avvertiva dentro, adesso che non era più stretto nel suo abbraccio, della totale mancanza di difese davanti a quegli occhi rosso sangue.

Quell’uomo... lo sapeva già, ma ora ne aveva la devastante certezza... quell’uomo... aveva il potere di distruggerlo.

Mikael gli rimboccò le coperte e poi si alzò, senza una parola, dirigendosi alla porta.

 

Se ne stava andando.

 

Quella consapevolezza ferì l’animo stanco del ragazzo come una pugnalata.

 

Che cosa si era aspettato?

Che restasse lì con lui?

Che lo tranquillizzasse?

E a proposito di cosa?

Del futuro?

Di quello che.. provava.. per lui?

 

Si rese conto con terrore che avrebbe dato qualsiasi cosa per sentirsi dire una parola dolce da quell'uomo che l’aveva preso, in piedi, in mezzo a quella stanza sconosciuta.

E lui l’aveva lasciato fare, non aveva nemmeno lottato.

 

Da brava puttana.

 

E ora... Mikael aveva avuto ciò che voleva e se ne andava.

Quello era il comportamento da tenere con un giocattolo come lui.

Avrebbe dovuto ringraziarlo per il semplice fatto che si era premurato di metterlo a letto.

 

Sentì le lacrime pungergli gli occhi ma s’impose di non piangere.

Lui non piangeva mai, soltanto i deboli piangono.

Eppure non riusciva a trattenerle.

Si sentiva usato.

 

Usato e buttato via.

 


Continua....


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