Un mondo perfetto 

parte I

di Petra


Era maledettamente  in ritardo e questa volta non gliel'avrebbero fatta passare liscia, per questo correva come un Ogi forsennato per i corridoi della scuola. Per  questo e per nessun altro motivo al mondo. Correva con l'anima tra i denti, il fiato corto e gli occhi appannati dalla fatica. Sembrava che avesse un branco di lupi alle calcagna. In quelle condizioni era fatale che andasse a sbattere contro qualcosa o qualcuno. Poteva essere qualsiasi cosa o chiunque. Avrebbe potuto spaccarsi il naso contro lo spigolo di una porta, o schiantarsi contro il preside in tutta la sua autorevole persona, ma il fato, si sa, procede sempre per vie molto più contorte, quindi, appena svoltato un angolo, andò a sbattere sì, ma contro qualcosa più duro del cemento armato. Colpì, rimbalzò, rinculò di una decina di metri e si ritrovò sdraiato sul pavimento come un insetto schiacciato. Un attimo dopo era appeso ad un pugno nodoso, tenuto saldamente per il colletto della camicia e strattonato come un sacco di patate, il tutto ad almeno cinque centimetri da terra.
- Di' un po', stronzo! - una voce stentorea gli urlò nelle orecchie - Hai intenzione di ammazzarmi?
Seishiro osò aprire un occhio, lo puntò contro il suo aggressore e rimpianse di non essere cieco. A pochi millimetri dal suo naso il muso di un mastino lo fissava, paonazzo per l'ira.
- Kobayashi? - mormorò incredulo.
"Ma allora mi conosci, stronzo- ringhiò Kobayashi -Se mi conosci cosa ti fa pensare di potermi ammazzare nel corridoio della mia scuola?"
E ricominciò a scuoterlo come un paio di maracas.
"A. aspetta. io.. io. non - cercò di spiegare
Seishiro, ma in quel preciso istante  un'ombra oscura come la morte si profilò  alle spalle del suo aguzzino.
"Faresti meglio a startene zitto", disse l'ombra con voce gelida "lui si irrita quando sente qualcuno balbettare."
Seishiro rabbrividì. Ma certo! Cosa si aspettava?
Ovunque si trovasse quello scimmione di Kobayashi c'era anche quello psicopatico di Akira Asada, l'eminenza grigia che muoveva a suo piacimento quella tonnellata di muscoli.
"Questo stronzo mi ha spintonato Asada" piagnucolò Kobayashi.
"Ma davvero? Un tipo di fegato, direi!"
"Come no! Adesso glielo estraggo dalla gola, così vediamo di che colore è. Che ne dici?"
"Sarebbe divertente, Koba, ma ricordati cosa ha detto tua madre l'ultima volta che sei tornato a casa con la divisa sporca di sangue"
"Oh, ci starò attento, vedrai, farò un lavoretto pulito pulito."
Mentre tra i due si svolgeva quell'ameno dialogo Seishiro, ancora appeso sopra il pavimento, cominciava a sentirsi vagamente irritato.
"Sentite un po'!" urlò cercando di liberandosi con uno strattone, "Io non ho proprio spintonato nessuno. Stavo correndo perché ero in ritardo e non ho visto Kobayashi che mi veniva incontro."
"Lo stronzo sta urlando." Disse lo scimmione con gelida calma.
"Sì, lo sento anch'io. Te l'ho detto che ha del fegato."
"Benissimo, adesso glielo strappo via insieme al cuore."
Seishiro chiuse gli occhi, presagendo già il colpo inevitabile e raccomandandosi l'anima agli dei.
"Koba, va' a farti un giretto." Sentì dire alla voce di Asada.
Seishiro spalancò gli occhi e li puntò su quella coppia di scalmanati.
"Come? No! Scusa, ma perché?" si lamento Kobayashi con una specie di ululato.
"Perché te lo dico io" disse l'altro con voce assolutamente piatta.
Kobayashi arrossì, sembrò sul punto di ribattere, ma poi ci ripensò. Mollò la presa con una piccola spinta, sufficiente a rimandare Seishiro lungo disteso sul pavimento e se ne andò scotendo la testa scimmiesca. 
Seishiro guardò la sua schiena allontanarsi, troppo inebetito per fare alcunché.
"Ti chiami H., non è vero?" chiese Asada dall'alto.
Seishiro spalancò gli occhi per lo stupore che quel folle conoscesse il suo nome e prima di poterselo impedire annuì meccanicamente.
Vide l'alta figura chinarsi verso di lui, ancora sdraiato sul pavimento.
"Dimmi H," sussurrò suadente, "sei o no un pidocchio?"
Seishiro sentì la sua bocca spalancasi per la sorpresa. Il ragazzo ridacchiò e si inginocchiò accanto a lui.
"Vedi, H., adesso ti spiego, stai attento. Io penso che tu sia un pidocchio, sporco, stupido ed inutile. 
Hai la faccia di un pidocchio, vai in giro come un pidocchio e giochi a pallavolo come un pidocchio. In una parola: sei un pidocchio. Certo tu dirai che questa è soltanto la mia opinione, però, io detesto essere contraddetto quando sono convinto di aver ragione. Perciò o tu ammetti di essere un pidocchio oppure io richiamo Kobayashi. Che ne pensi?"  eishiro, in realtà, pensava che adesso era davvero
troppo. Arrossì di rabbia e con un balzo si rialzò in piedi.
"Sai cosa ti dico." cominciò e stava per pronunciare parole di cui probabilmente si sarebbe pentito nei prossimi sei mesi di degenza in ospedale, quando gli dei, evidentemente stanchi di quel gioco, si distrassero e permisero che dal nulla si materializzasse un professore. Quello vedendoli "bighellonare" nei corridoi li afferrò entrambi per la collottola li trascinò dritti dal preside.

II
"E così ti sei beccato un'altra nota", disse Kaori allegramente. La ragazza sembrava che avesse appena vinto il primo premio alla lotteria. Seishiro annuì tetro.
"Bene! Così impari una buona volta ad alzarti per tempo."
Seishiro non le rispose neppure. Ecco come andava il mondo. Lui raccontava alla sua amica d'infanzia la storia più orrenda che gli fosse mai capitata e quella non solo la trovava tremendamente spassosa, ma per giunta ne approfittava per fargli un predicozzo.
"E Asada?" chiese la ragazza con la stessa aria allegra.
"Asada cosa?"
"Ad Asada cosa hanno fatto?"
"Cosa vuoi che gli abbiano fatto, hanno appioppato una nota anche a lui"
"Oh! Oh!, forse è il caso di cominciare a fare testamento." Ridacchiò Kaori.
Seishiro sobbalzò. "Che cosa vuoi dire?"
"Oh, niente. È solo che se conosco un po' Asada a quest'ora si è già convinto che è tutta colpa tua e adesso è là nell'ombra a meditare vendetta."
Seishiro le lanciò un'occhiata interdetta.
"Credi davvero?"
Kaori annuì lugubremente.
"Puoi scommetterci. Povero Seishiro! Quello ti fa a fettine. zack. zack." e agitò con aria truce una il taglio della mano a mo' di coltello." Poi davanti all'aria sconcertata di Seishiro scoppiò a ridere.
"Sei proprio scema" mormorò il ragazzo con un sospiro sconsolato. E tornò a guardare la strada davanti a lui che si allungava nel tramonto.





 
II Episodio: l'invasione degli Ultracorpi

Battuta, ricezione, alzata, schiacciata. Perfetto.
Come un enorme cuore che batte in quattro tempi. Bum. bum. bum. schiacciata.
E poi tutto ricominciava.
Al tocco del fischietto del mister i sei ragazzi in campo si scambiarono i ruoli e Seishiro si trovò in prima linea. Adesso toccava a lui schiacciare, finalmente. Dall'altra parte della rete, un altro compagno si preparava a battere la palla. Nella frazione di quei pochi secondi, Seishiro alzò lo sguardo verso le tribune deserte e seduto in ultima fila scorse un'ombra nera.
Akira Asada? Akira Asada stava assistendo agli allenamenti del club della pallavolo? Da quando quel brutto tipo si interessava di sport? Dentro le orecchie di Seishiro risuonarono le parole che quel folle aveva pronunciato solo pochi giorni prima.
"Hai la faccia di un pidocchio, ti muovi come un pidocchio, giochi a pallavolo come un pidocchio."
Era chiaro che quel pazzo furibondo non solo conosceva il suo nome ma sapeva anche che faceva parte del club di pallavolo.
Immediatamente udì la voce argentina di Kaori che diceva: "Sarà il caso di fare testamento?"
Seishiro sentì le gambe diventargli improvvisamente molli.
"H. SVEGLIA!!!! COSA FAI DORMI IN CAMPO?!?!"
La voce del mister gli trapassò le orecchie. Seishiro sobbalzò, vide la palla arrivare e tentò di saltare, ma era troppo tardi. La mano tesa colpì l'aria e la palla caracollò fuori campo.
"SEISHIROOOOOOOOOOOOOO!!!!!"
Alzò il braccio in segno di scusa e si rimise in ricezione. Di nuovo battuta, ricezione, alzata . 
un'occhiata di sfuggita verso le tribune e. la palla dritta contro la rete.
"SEISHIROOOOOOOOOOOOO!!!! DIECI GIRI DI CAMPO. NO, ADESSO!!!"


"Una cosa è certa, se continui così, la prossima partita la vedi dalla panchina". Il ghigno soddisfatto sulla faccia di K., uno dei suoi compagni di squadra gli fece rivoltare il fegato.
"Non ci sperare, idiota, ho solo avuto una giornata storta. Qui l'unico che vedrà la partita dalla panchina sei tu. Mettitelo in testa."
"Mah, sarà! Ma lo sai come la pensa il mister sulle giornate storte."
"Ma va' all'inferno tu e il Mister"
Seishiro sbatté lo sportello dell'armadietto, afferrò il borsone e si avviò verso la porta, incurante dei compagni che lo richiamavano indietro. Appena fuori però esitò. Era già buio pesto e il cortile della scuola, deserto e appena illuminato, faceva un po' impressione. Ma era troppo stizzito per ammettere che era meglio aspettare gli altri, così si avviò da solo verso l'uscita. Dopo qualche passo era già immerso in un monologo concitato, fino a quando qualcosa attrasse la sua attenzione. Una sensazione che penetrò la sua coscienza, la sgradevole e nauseante impressione di non essere solo. Tese l'orecchio nel buio.. In effetti si sentiva un leggero scricchiolio alle spalle, tanto leggero che poteva confondersi col rumore dei suoi passi.
Si fermò e ascoltò attentamente. niente. Il sentiero era tornato silenzioso, un silenzio profondo ed inquietante, ne fu conscio per la prima volta.
Accidenti a lui! Adesso sì che si pentiva di non aver aspettato gli altri. Forse era il caso di tornare indietro. Come no? Così se davvero qualcuno lo stava seguendo gli finiva dritto dritto fra le braccia.
Ricominciò a camminare con calma apparente, tenendo l'orecchio ben teso. No, non poteva sbagliarsi, lo scricchiolio dietro le sue spalle era ripreso ed era reale, come era reale adesso la sua paura. Era un passo strano. strisciante.
"Cazzo." mormorò e fu l'ultimo pensiero cosciente che gli attraversò la testa prima di mettersi a correre come un forsennato. Speedy Gonzales in persona non avrebbe fatto di meglio.
Correndo arrivò alla stazione dei treni, naturalmente mezzo morto. Ma lì almeno, tra la luce, il frastuono e la folla si sentì finalmente al sicuro. Si buttò a sedere per terra, le spalle appoggiate al muro, tentando di recuperare il fiato. Lentamente i muscoli si rilassarono e anche il cuore riprese a battere con un ritmo più normale. Seishiro si abbracciò le gambe e affondò il viso tra le ginocchia.
"Che spavento." pensò con un senso di sollievo e in quel preciso istante qualcosa si posò sulla sua spalla. Seishiro volò verso il soffitto con triplice salto mortale con doppio avvitamento e atterrò di nuovo, non prima però di aver sputato il cuore ad almeno cinque metri di distanza.
"Ma sei scemo? Che ti prende? Mi hai fatto morire di spavento." Disse una voce nota accanto a lui. Seishiro ebbe la forza di girare la testa di novanta gradi, e ad un soffio dalla sua si ritrovò davanti la faccia di K. Tutt'intorno a lui gli altri compagni di squadra ridevano a crepapelle. Seishiro ci mise un po' a riguadagnare la capacità di parlare, ma quando lo fece diede fiato alle trombe.
"STRONZI DI MERDA CHE CAZZO DI SCHERZI SONO QUESTI? MA ANDATE TUTTI A FARVI FOTTERE BRANCO DI MOCCIOSI DALL'UCCELLO MOSCIO SE LO FATE DI NUOVO VI GIURO CHE."

Bonk.
gli saltarono addosso tutt'e cinque. Due gli bloccarono le braccia, altri due le gambe e il solito K. Cominciò a dargli una serie di pizzicotti sui fianchi e sulle cosce. In breve si scatenò una bagarre indiavolata, con Seishiro in mezzo che urlava e scalciava, dentro un immenso polverone con tutti i passanti che fuggivano atterriti.
Alla fine stanchi crollarono ansanti sul marciapiede.
"Però," disse K., tra le risate, "è divertente, dovremmo farlo più spesso."
"Sta' zitto, cretino." Disse il ragazzo esalando l'ultimo respiro. Poi chiuse gli occhi e stramazzò su M. il più piccolo della squadra, che urlò come un'aquila ferita.
"Ehi! Ma non è Asada del III B quello?" chiese qualcuno in un attimo di pausa.
Seishiro nell'udire quel nome spalancò gli occhi e si drizzò a sedere di scatto.
"Dove?" chiese.
"Laggiù, vicino a quella signora con la borsa della spesa."
Seishiro seguì la direzione del dito e lo vide. Fosco e magro come un avvoltoio. Un'improvvisa folata di vento agitò le falde del lungo cappotto dentro il quale era avvolto ed esse si sollevarono come ali nere intorno al corpo dinoccolato.
"E' vero," disse il piccolo M, "è proprio quel pazzo da catena. Ma che ci fa a quest'ora da queste parti?"
"Ma quanto sei scemo," disse uno, "cosa vuoi che ci faccia, sta aspettando il treno, no?"
"Appunto, perché dovrebbe prendere il treno? se ne sta sempre sopra quella sua moto puzzolente."
In quel preciso momento Asada voltò la testa e fissò lo sguardo sul gruppo stravaccato sul marciapiede.
"O cazzo!" disse H. "ci ha sentiti."
"Ma che dici? Com'è possibile a questa distanza."
"E' possibile sì. Quello mica è umano. È un alieno lui. Un ultracorpo venuto dallo spazio." Il piccoletto fece una smorfia di spavento e gli altri ridacchiarono nervosamente.
"Ehi, Seishiro, sembra che stia guardando proprio te." Disse K.
Con una lentezza innaturale Asada distolse lo sguardo e tornò a fissare davanti a sé.
"Non dire idiozie, che motivo avrebbe di fissar proprio me?" chiese stizzito.
Qualcuno tossicchiò, un altro si mosse a disagio. M si grattò la testa. Uno alla volta si alzarono in piedi e in maniera impercettibile fecero gruppo, allontanandosi da lui.
"Ma che razza di stronzi" pensò il ragazzo guardandoli sbalordito.



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