Disclaimers: This characters don't belong to me. Eventual issueing gets me no profits. All rights reserved to the legitimate owner of the copyright.

Raiting:Ru/Hana Pairing: NC-17/SS

Avviso: Nel corpo della trama la caratterizzazione dei personaggi risente ovviamente della fiaba originale.




Un letto ed una favola - Amore e Psiche

di Mel


Hanamichi si lasciò andare alla morbidezza avvolgente del letto.
Sprofondò la nuca appena umida nei cuscini bianchissimi.
Mugolò appagato dalla sericità delle lenzuola.
Il letto della sua volpe era sempre il suo preferito.
Ogni volta, in un modo o nell' altro, con una scusa o una preghiera, riusciva sempre a far decidere ad entrambi di finire in quella stanza della casa la loro notte.

Arrossì, al ricordo delle innumerevoli notti trascorse così.
Strusciò una guancia delicatamente arrossata sul tessuto dell' accappatoio.
Morbido, bianco, profumato.
Esattamente come la pelle del suo Kaede.
Gli mancava ed erano passati appena pochi secondi.
Avevano fatto la doccia assieme.
Uno dei loro appuntamenti.
Dopo gli allenamenti erano scivolati via insieme.
Avevano girato per il centro, mangiato qualcosa, passeggiato in luoghi appartati, unendosi in qualche bacio leggero ed eccitante, perché proibito di fronte agli altri.
E poi a casa, sotto l' acqua calda, a portare via la stanchezza.

Una splendida giornata, come quelle passate, come quelle future.
Sempre insieme.

Il sentimento leggero che avvertivano attorno fra loro era speciale.
Mai pesante, ma profondo.
Mai egoista, ma luminoso.
Mai crudele, ma puro.

Il loro sentimento.

Il loro amore.

Non ricordava quasi più come, ma ora si amavano.
Sapeva che c' entravano qualcosa Yohei, Ayako ed una trappola.
Sorrise al pensiero di quei giorni di paradiso.

Troppo belli....
distolse il pensiero, non voleva farsi trovare in lacrime dal suo amante.
Come avrebbe fatto poi a spiegargli che piangeva di felicità?
Kaede si sarebbe preoccupato per tutta la notte.

Lo attese, il suo ragazzo dai capelli neri era rimasto un attimo in bagno a ripulire la vasca dal sapone.

L' attesa, benché durasse da così poco, lo struggeva.
Perché non si era offerto di aiutarlo?
Sarebbe potuto rimanere con lui...
Ricordò.
Era stato Kaede a dirgli di stendersi sul letto.
Quel pomeriggio lo aveva trovato un po' stanco, lo aveva sorpreso in qualche sbadiglio, aveva letto sonno in quei movimenti con i quali lui dai capelli rossi si era stropicciato gli occhi.

Ma Hanamichi era diviso a metà fra due pensieri.
Non facevano troppo spesso l' amore.
Un po' per scelta, un po' per costrizione.
Non desideravano rendere tutto troppo materiale, troppo fisico, troppo in fretta.
Volevano godersi ogni singola volta.
Ripeterla troppo frequentemente sembrava toglierle valore e consistenza.
Aspettavano sempre qualche giorno, un piccolo intervallo, per riaccendere la passione, che comunque non si sopiva mai, per desiderarsi con un vero, intenso, struggimento, per potersi unire con consapevolezza e piacevole attesa.
E poi dovevano scontrarsi con gli allenamenti e le partite, con le separazioni obbligate ed i ritiri, con le gite scolastiche ed i compiti in classe.
Kaede non chiedeva mai l' impossibile.
Sapeva che il giorno dopo la loro unione Hanamichi non poteva fare grandi sforzi.
Quindi ogni vigilia di partita era esclusivamente dedicata alle carezze.
Sapeva anche che mantenere una buona media scolastica era importante per sé e per il proprio ragazzo, non volevano essere cacciati dalla squadra.
Quindi ogni pomeriggio programmato per lo studio lo passavano interrompendosi solo per qualche semplice bacio.
Sapevano aspettare e questo era rispetto, l' uno per l' altro.
Ma al momento giusto sapevano amare veramente.
Con passione.
Con forza e con affetto.
Alle volte poi si lasciavano affascinare dal proibito.
Ed ecco che, arrossendo, Hanamichi ricordò la notte in cui avevano aspettato mezzanotte per bagnarsi in mare e fare l' amore gridando piacere alla luna.
O la volta in cui si erano follemente amati durante un ritiro in montagna, nelle stalle ormai abbandonate, una sola staccionata di legno a dividerli dalla squadra che dormiva sul prato, fra il fieno morbido e la paglia colorata d' oro dal sole dell' alba.
Hanamichi rise.
Kaede aveva dovuto farsi mordere una spalla tutto il tempo per non far risuonare le grida nell' intera vallata.
E lui gli aveva lasciato un livido enorme, del quale ogni sera aveva adorato prendersi cura.
Ma si volevano bene anche nelle piccole cose.
Dividevano tutto, si regalavano attenzioni ogni giorno.
Dalle classiche sciarpe, ai cappelli invernali per la sua volpe freddolosa, fino ai ciondoli resi preziosi dalla pelle ambrata di quel ragazzo di fuoco, per arrivare ad impegnativi anelli d' argento ed oro.
E poi semplici conchiglie o fiori o profumi o maliziose cenette a base d' ostriche e mousse al cioccolato*.
E poi quel letto.
Che avevano comprato insieme.
Visto in una vetrina.
Osservato.
Adorato.
Sognato.
Ed infine avuto.
Avevano anche rotto i loro abituali schemi per provarlo un po' più a lungo.
Ogni notte della loro lunga settimana di festa prima del nuovo anno scolastico.

Hanamichi smise di abbandonarsi a quei pensieri.
Doveva decidersi.
O sedurre la sua volpetta o concedersi a Morfeo.

Ne avvertiva la mancanza, lo voleva accanto a sé.
Non riusciva più a rinunciare a lui.
Come il giorno dopo la loro prima volta.
Non si erano separati un momento.
Completamenti persi.
Tanto da destare preoccupazione.


Si girò offrendo la schiena al loro adorato letto.
Prese fiato e chiamò dolcemente il suo Kaede.

Si sentì rispondere in un attimo.
Ancora qualche minuto e lo avrebbe raggiunto.
Ma quella non era una risposta soddisfacente per Hanamichi.

Lo chiamò ancora, aggiungendo.

"Se non vieni piango........non mi puoi lasciare solo così.........sul nostro letto"

Si sentì una risata morbida.
Il rumore di pochi passi.

Kaede si affacciò alla porta.
"Il tensai che comincia a piangere...evento raro...."parole dolci, lente


Hanamichi sorrise.
"Credi che non ne sarei capace.......solo per te?Se posso morire per il mio Kaede piangere non è nulla al confronto"

Rukawa arrossì delicatamente.
Quell' amore era troppo anche per lui.
Grande, forte, immenso, caldo, tenero.
Tutto.

Si avvicinò al suo mondo e lo baciò, dolcemente.
Sedendosi sulla sponda del letto.
Bianco su bianco, chino su bianco.

Prima nella doccia si erano baciati ed accarezzati, lavati, toccati e basta.
Forse per quella sera si sarebbero accontentati.
Non sapeva.
Avrebbe lasciato all' altro la decisione.

Hanamichi chiuse gli occhi accogliendo quelle labbra gradite.
Non aveva ancora deciso cosa fare.
Avrebbe lasciato all' altro la decisione.

Si guardarono, sorrisero, poi risero.
Ancora una volta avevano pensato la stessa cosa.
Si stesero nel letto.

Kaede dimenticò il bagno e sussurrò.
"Non ti permetterò mai di piangere solo per me .....neanche per tutti i bagni sporchi di questo mondo......."

"Che brutta frase romantica......"rise Hanamichi fingendosi offeso

"Hn..hai ragione.....vediamo...............neanche per tutti i palloni da basket del mondo...."

"Che volpe scema sei........."disse stringendolo

Kaede sorrise in silenzio.
Hanamichi lo avvolse in un abbraccio.

"Lascia stare le parole, sei più bravo nei fatti"

"Vero"mormorò lui dagli occhi azzurri prima di scendere a baciargli la gola

Era come un segnale.
Dovevano decidere.

"Vuoi..?"chiese arrossendo il ragazzo dagli occhi nocciola

"Tu?....."domandò gentilmente Kaede leccando il suo mento

"Non so......"

"Dai, lasciamo stare....eri stanco oggi o sbaglio?"

Hanamichi lo ringraziò con un bacio morbido, il suo amante pensava ogni istante prima a lui e poi a sé.


"Ma è ancora presto, non so se riuscirò ad addormentarmi a quest' ora....cosa potremmo fare nel frattempo?"sussurrò

Kaede rifletté un attimo.

"Fai tu .....decidi anche per me....."il tono basso, calmo

Lasciava a lui ogni libertà, dopo essersi messo da parte.
Kami quanto lo amava.


Quel suo modo lento di parlare, quella sua voce così dolce e profonda, un po' roca, ma eccitante e vellutata.
Adorava sentirlo parlare, ma era una cosa rara.
Nessuno conosceva a fondo quella voce, solo lui.
Kaede aveva permesso solo al suo compagno di scoprirla.
In tutte quelle notti in cui aveva lasciato liberi i gemiti insieme a lui, fino anche a gridare, negli amplessi più spinti.
In tutti quei giorni passati a commentare le partite e le squadre, in tutti i suggerimenti dati per migliorare nel gioco, in tutte le frasi dolci e gentili.
Ed anche nei rimproveri, per aver attraversato la strada senza guardare, per aver portato a casa un altro cagnolino abbandonato, per averlo 'costretto' a fare l' amore solo per farlo rilassare un po'.
E tanto altro.
Quella voce era il suo amore ormai.
Adorava sentirla e si chiese se poteva osare.
Si era sempre domandato come sarebbe stato sentirla a lungo, fino ad addormentarsi.


"Spegni la luce e raccontami una favola"disse infine con un filo di voce


Kaede sgranò gli occhi, stupendosi di una tale richiesta.
Il suo compagno non aveva detto pochi secondi fa che la parole non facevano per lui?
Ed ora gli chiedeva addirittura una storia....
Non sapeva cosa fare...


Vedendolo in imbarazzo Hanamichi si affrettò a spiegarsi.

"Io adoro sentire la tua voce.........raccontami una storia, una favola......così come si fa con i bambini ammalati a letto.......voglio addormentarmi con il suono delle tue parole nell' orecchio....................."

Kaede rise.

"Do'hao - mormorò affettuosamente - non te ne hanno mai raccontate?"


Hanamichi si strinse a lui.

"Prima...tanto tempo fa.......è una cosa che non posso più chiedere.........tu lo sai .......nessuno crederebbe che il teppista dai capelli rossi dello Shohoku, la scimmia rossa grande e forte.....voglia una favola......posso chiederlo solo a te .........................lo farai?"


Kaede soppesò quelle parole.
Vi lesse fiducia.

Il suo Hanamichi si stava esponendo, gli stava confidando la verità, quella che da un po' pesava ad entrambi.
Tutti li consideravano forti e grandi, quasi adulti.
Ma anche loro erano ragazzi.
Alle volte si sarebbero voluti abbandonare a comportamenti più spensierati, giusto per portare un po' d' equilibrio nella loro vita....fra i problemi affrontati con maturità e l' amore portato avanti come un gioco meraviglioso.

Più di tutti Hanamichi alle volte era così insicuro, così ....delicato.
E solo lui lo sapeva.
Solo Kaede.
Il suo compagno dai capelli rossi non lo aveva rivelato a nessun altro.
E poi era bastato osservarlo con gli occhi del cuore per accorgersi di quanto fosse fragile il suo animo.

Eppure, enorme contraddizione, quell' animo così incrinato e sottile, spesso non più della superficie cristallizzata di un lago al primo freddo, alle volte poteva divenire forte e resistente come acciaio lucido.
Come quando avevano confessato a tutti di amarsi, mano nella mano erano entrati in palestra.
Avevano affrontato il guntai, Haruko e la squadra.
E poi i loro genitori.
Per prima la madre di Hanamichi e poi la famiglia di Kaede.

Ed in quei momenti, quando anche la forza d' animo di quel determinato ragazzo dai capelli neri veniva meno, ecco che la spalla di Hanamichi si ergeva orgogliosa di sorreggere la testa china del suo compagno.

Ed adesso Kaede sapeva di avere fra le braccia l' Hanamichi più debole, quello che rivelava le proprie mancanze solo per trovare una coccola e la spinta per migliorare.

E lui non se la sentiva di ferirlo, né di rispondere con durezza all' appello dolce di quel ragazzo.

Lo baciò, chinandosi su di lui, poi annuì.

Hanamichi si illuminò, sorridendo.

Bastava così poco per quel sorriso.
Così poco.

Il suo amante dai capelli rossi si sistemò comodamente sul suo braccio, il viso girato verso il soffitto, gli occhi chiusi, le labbra soddisfatte ancora incurvate, l' orecchio talmente vicino alle belle labbra del suo Kaede tanto da sfiorarle.

In silenzio lui dagli occhi azzurri pensò alle storie che conosceva.
Ne ricordava poche.
Alcune tristi, alcune allegre.
Poi ne trovò una.

Sorrise, si, andava bene.
Un bel lieto fine, una storia d' amore.

Una favola bella per una persona dolce ed importante**


"Che favola mi racconti, bella volpe?"

"Sarei tentato per una dell' orrore, così ti stringeresti a me, ma visto che è una favola della buonanotte ne scelgo una più romantica......"

"Una storia d' amore, Kaede?"chiese piacevolmente sorpreso il suo koibito


"Si, la storia di Amore e Psiche"

"Amore e Psiche?"domandò incuriosito da quei nomi così strani


Kaede si strinse meglio contro di lui, sistemandosi comodamente.
Soffiò un po' di respiro caldo nell' orecchio del suo Hanamichi facendolo rabbrividire di piacere.


"Ssssh.........ora fa silenzio.......la fiaba va a cominciare"

Sorridendo lui dai capelli rossi chiuse gli occhi, per ascoltare.


Le labbra perfette di Kaede si schiusero, il suo corpo teneramente stretto a quello dell' amante, la quiete intorno desiderosa ed onorata di ascoltare anch' essa a lungo quella voce.


"C' erano in una città un re e una regina........."***

I suoni bassi risuonarono a lungo.
Fuori le nubi scure avevano coperto tutto, ma non pioveva.
Semplicemente l' oscurità aveva ghermito il mondo, ma in quella stanza vibravano punte di serenità.
Il respiro caldo dell' amante dai capelli neri intessé morbide trame d' aria e sentimento per cullare degnamente l' amore della sua vita stretto a sé

Dolcemente lusingato da quella voce profonda e meravigliosa Hanamichi si lasciò all' incanto dei luoghi descritti, alla bellezza con la quale veniva presentata la giovane Psiche, paragonata alla stessa Venere, all' amore che era divampato fra lei ed il giovane Amore nel momento stesso in cui lui le avrebbe dovuto regalare una sorte avversa.

Sognando ad occhi aperti lui dallo sguardo caldo e dolce si perse in quegli accenni di puro romanticismo.....fantasticò sul rapimento perpetrato dallo stesso Amore che, per far propria la bella amante senza incorrere nell' ira di Venere, madre sua, l' aveva portata in una dimora lontana....avvampò alle poche parole usate per descrivere la prima notte, la verginità di Psiche donata ad Amore, le lacrime del giorno dopo, il legame eterno che ormai li univa e poi la separazione.

Con un leggero brivido Hanamichi pensò alla povera fanciulla costretta a sussurrare i suoi 'ti amo' ad un marito mai visto, notte dopo notte ed infine le parole piene d' invidia delle sorelle costrinsero lei, povera e spaurita, ma decisa a non perdere quel dolce sentimento, eppure logorata dai pensieri maligni, a spiare una notte il viso proibitole, e poi lui che si svegliava, tradito dalla fanciulla amata......il dolore e la disperazione........Hanamichi li fece propri immerso in quella dolcissima fiaba greca............

Ad ogni passo di trama riviveva la sua storia con Kaede.
Il loro primo incontro.
Il loro amore travolgente.
La loro prima volta.
E l' invidia di chi non li voleva insieme.

Le prove affrontate da Psiche lo fecero sospirare, lui stesso non avrebbe avuto timore di affrontare alcuna cosa se il premio fosse stato l' amore del suo Kaede, si era perso un attimo in quei dolci pensieri, si fece ricondurre alla storia dal tono di dolce rimprovero di quel suo amante dai capelli neri ed ascoltò, parteggiando vivamente per la sua, ormai ,eroina.

L' amore incrollabile di Psiche lo fece arrossire ed infine la conclusione, lieta, attesa, teneramente giusta.
Psiche accettata nell' Olimpo, la felicità di Amore e quella di tutti gli dei, resa ancora più grande quando ......


".....ad essi nacque una figlia, che noi chiamiamo Voluttà"

In quel mormorio la voce di Kaede si spense.
Hanamichi sorrise, tendendo le labbra morbide.
Resistendo ancora un po' al sonno che lo stava trascinando via lo abbracciò, strofinandosi contro il suo viso, ad occhi chiusi lo cercò, baciandolo per poi farsi stringere.

"Una fiaba bellissima................grazie Kaede"

Sorridendo per lo sforzo del suo koibito a rimanere sveglio il ragazzo dai capelli neri si stese con lui, portandoselo sul petto, vicino al cuore, donandogli quegli ultimi suoni per la notte che veniva.


"Adesso dormi.........su......dormi piccolo"

E Morfeo avvolse ogni respiro.


<Si narra di un re e di una regina, il nome di una delle loro tre figlie era Psiche, la giovane fanciulla era di beltà talmente rara che da tutti iniziò ad essere adorata come Venere stessa, la dea della bellezza più compiuta. Adirata per quest' offesa la vera divinità chiamò a sé il figlio, Amore, con l' ordine imperioso di scoccare le proprie frecce e di regalare alla vanitosa Psiche l' amore per l' uomo più turpe dell' intera terra. Il giovane Amore si apprestò ad eseguire l' ordine materno, ma vista la fanciulla ne cadde innamorato. L' alato figlio di Venere rapì dunque la giovane portandola nella propria dimora, prendendola in moglie, amandola, ma senza svelarle mai il proprio nome ed il proprio viso. Notte dopo notte il loro amore crebbe, facendosi intenso, ma spinta dalle parole fatte di invidia delle maligne sorelle Psiche rubò una lanterna per osservare nel sonno il viso dell'amato, esse infatti la schernivano dicendole di essersi donata ad un uomo il cui aspetto poteva assomigliare anche a quello delle bestie di campo. Amore era invece splendido. Persa nella contemplazione di quella bellezza divina la giovane Psiche non si accorse di una goccia d' olio, che dalla lampada cadde sulla spalla del suo amante. Ridestatosi per il dolore Amore si sentì tradito e fuggì, abbandonando la fanciulla alla solitudine. Disperata e pentita, sola e triste, Psiche vagò a lungo, chiedendo aiuto alle dee, piangendo, decidendo infine di presentarsi a Venere stessa, per chiedere perdono, per domandare compassione, per reclamare il proprio sposo. Crudelmente la dea Venere le rispose sottoponendola a quattro terribili prove, troppo era lo sdegno che l' aveva mossa contro quella fanciulla, piegata dal peso di quelle prove disumane Psiche ricevette l' aiuto di molti e cari amici, formiche di campo, torri di pietra, canne di fiume finanche l' aquila stessa di Giove, riuscendo così a superare il destino impostole. Degna di riconquistare l' amore perduto, devota allo sposo, triste, ma coraggiosa, la bella Psiche guadagnò un posto nell' Olimpo, come sposa eterna di Amore. Infine allo scadere di nove mesi nacque loro una figlia, dal nome Voluttà.>

Il cielo scuro si stese sulla terra.
Come un morbido, luminosissimo cuscino ricamato, pieno di luccicanti paillettes.
Alcuni sogni giunsero da lontano.
Mandati dallo stesso Ipnos a far meravigliare gli esseri umani abbandonati sulle coltri.
In una stanza dalle tende tirate ne entrarono due.
Curiosamente presero ad osservare i due ragazzi stesi, uniti così saldamente in un abbraccio dal sapore eterno.
Due corpi che la tanto grande forza dell' amore rendeva quasi uno.

Allora un sogno romantico scacciò il compagno.
'Va via - sussurrò per non svegliarli - sono due fuori, ma uno dentro.......non li separeremo nemmeno nei sogni...avranno me....entrambi'

Il fedele compagno sorrise e si allontanò alla ricerca di un altro suo predestinato.
Sorridendo apertamente, sospeso nell' aria carica di mistica attesa, l' unico sogno rimasto li avvolse, chiedendo la protezione del suo signore, trascinò le loro menti lontano con sé ,tenendole addormentate, per mano, fino alle soglie di una rigogliosa isola sulle coste dell' Asia Minore.

*********


C' erano in quella bella isola un re ed una regina.
Avevano tre figli.
Tre giovani ragazzi.
I primi due erano di una bellezza umana, gradevole, apprezzabile.
Ma l' aspetto del terzo figlio era così eccezionale, così straordinario da destare subito l'ammirazione di tutte le genti.

Il giovane ragazzo aveva occhi dorati, pieni della luce stessa del sole, così screziati da sembrare gemme preziose, lucide persino di notte, più luminose delle stesse stelle del cielo.
Il suo corpo era ben fatto e liscio e setoso come il marmo delle statue più antiche e raffinate.
Ma il suo colore caldo, simile all' ambra sciolta nel fuoco ed al bronzo prezioso ed al rame fuso ricopriva interamente la pelle, donandole un' intensa ed avvolgente gradazione abbronzata.
Sembrava scolpito da ore ed ore di intenso lavoro del miglior artigiano del mondo.
Si sussurrava che fosse stato Vulcano stesso a forgiarlo con le sue ritorte mani nelle bollenti fucine dell' Efesto.

Infine il giovane possedeva capelli rari, mai visti prima, di un rosso tanto acceso da sembrare fuoco vivo, che per rallegrare chi li guardava guizzavano come fiamme ardenti mosse dai sospiri di Zefiro, dio del Vento.
Capelli rossi come il sangue che s' incendiava alla vista di quel giovane così splendido, rossi come il tramonto più bello che Nettuno avesse mai accolto sulle proprie acque.

Rossi come l' amore.
Come la passione più intensa e sensuale.

Mai, in tutto il mondo, erano stati visti fili di seta rossi simili ai suoi.

Quel giovane figlio di re fu subito da tutti chiamato messaggero di Venere, dea suprema della bellezza e dell' amore.


Il suo nome era Hanamichi.


Più nessuno ormai si recava nei templi della dea, gli altari rimanevano macchiati da cenere fredda, il fumo sacro della mirra e dell' incenso non bruciava più, le grandi sale per gli inni sacri erano ormai vuote, i sacerdoti stessi si convinsero che Venere aveva degnato la terra della propria presenza, trasfigurandosi in quel giovane, prendendone la forma, scendendo dall' Olimpo per recare beatitudine con un solo sguardo e con il piede posato a camminare sul fertile suolo dell' umane genti.

Lusingato da quelle attenzioni, imbarazzato da tanto interesse, dai cortei che, al suo passaggio in una semplice piazza, gettavano fiori e ghirlande per adornarlo, il giovane non perdeva comunque la propria innocenza, la propria umiltà e l'affetto che nutriva per i fratelli più grandi ed i genitori lo portavano a fare di tutto per compiacerli, con semplicità e gentilezza.

Intanto genti da ogni luogo venivano ad ammirare la nuova Venere, sussurrando che forse dopo la dea fosse nato anche un dio di bellezza.
Qualcuno osò, anche solo per un attimo, davanti a quel giovane così bello, dimenticare la grande dea, rivolgendo a lui i saluti e le preghiere, le odi ed i salmi, le offerte e gli inchini.

Immensamente offesa e sdegnata la grande dea Venere tremò di livida rabbia nel cielo, adombrando per lunghi istanti la propria dolce bellezza.

"Io - tuonò rivolta alle ancelle - devo dunque sopportare l' affronto di questo mortale?"

Fremeva d' ira violenta, le nubi stesse fuggirono da lei.
Scuotendo i riccioli lunghi e neri gridò.

"Dovrò dunque spartire la mia dignità divina con un simile, caduco, essere destinato a Thanatos, dio della Morte, nel giro di un battito di ciglia?"

"No, no - gridò ancora furente - ben presto quel giovane si pentirà di questa sua illecita bellezza, si pentirà"

"Chiamate mio figlio, l' alato dio dell' amore, il nobile Kaede"ordinò alle Muse sue schiave


Mentre queste parole, presaghe di sventura, risuonavano nei cieli, già il giovane Hanamichi piangeva tristemente per la propria bellezza.
Da tempo ormai i suoi fratelli si erano felicemente sposati.
Uno richiesto come marito da una giovane principessa orientale.
L'altro sedotto da un forestiero ricco e colto.
Erano felici a detta di tutti.
E lui, portato dalla propria bontà d' animo a rallegrarsi per loro, si doleva però in solitudine di non potersi sposare.

Nessuno lo avrebbe mai chiesto.
Troppo grande era l' aura divina che le genti vedevano in lui.
Tutti lo adoravano, lo esaltavano, lo lodavano inchinandosi a baciare la terra su cui i suoi morbidi piedi camminavano, ma nessuno, nessuno si risolveva a chiederlo come sposo.
Nessuna regina, nessun re, nessuna principessa, nessun principe, nemmeno un comune contadino.
Nessuno.
E lui si struggeva, innamoratosi alcune volte di leggiadre fanciulle o fanciulli, vedeva ogni volta i propri sogni infranti.
Tutti si affrettavano a rifiutarsi, per non offendere l' Olimpo unendosi ad un quasi dio.

L' ultima giovane che aveva amato si accontentava di ammirarlo da lontano, salutandolo con inchini ossequiosi e piccoli cenni della testa castana.

Certi della sua immensa tristezza i gentili genitori interrogarono per lui l' oracolo di Delfi, il più autorevole in profezie di tutto il mondo.

Il responso del divino Apollo fu uno ed uno soltanto:

<Porta il giovane ragazzo sulla cima di un monte altissimo,

vestito come si conviene ad un sposo,

ma accompagnalo con il velo del lutto sul viso e lì lascialo.

Un mostro crudele con ali e con ferro,

che adombra i cieli e spaventa Giove stesso,

verrà a prenderlo per sé>


I genitori del giovane Hanamichi piansero a lungo la triste sorte che sembrava ormai per lui certa.
Piansero invocando dei e dee, dolendosi con molte pene ed afflizioni.
Avevano temuto l' ira della stessa Venere per gli onori che molti avevano portato al loro splendido figlio invece che alle case della dea.
Ed ora erano certi di cominciare a dover pagare per tanta insolenza.


Nel frattempo dal cielo divino il giovane Kaede, dio dell' amore, si era recato con la faretra e le infuocate frecce di passione al cospetto della madre dai grandi occhi neri e dai lunghi e perfetti boccoli d' ebano.

La giovane e splendente dea aveva stretto affettuosamente il figlio.
Quel figlio da sempre ribelle e testardo, solitario, buon amico di Ipnos, dai gusti volubili e sfrenati, le aveva sorriso appena e l' aveva ascoltata.

"Figlio mio, nobile Kaede, nato da me, dea della bellezza e dell' amore ti prego, ubbidisci al comando materno......incocca una delle tue brucianti frecce appuntite e colpisci quel giovane, Hanamichi, la cui indegna bellezza offusca il mio divino nome, con il dono che ti appartiene fallo innamorare non tanto di una timida fanciulla, ma dell' uomo più turpe che tu possa trovare, voglio per lui sofferenza perpetua sulla terra, legalo dunque a chi, deforme e crudele, faccia di lui sempre ciò che vuole, senza rispetto né sentimento alcuno"


E baciato il figlio gli aveva mostrato la giovane preda alla quale doveva portare sventura.
Poi, soddisfatta, certa della vittoria, era partita con il suo più prezioso corteo per rilassarsi fra le onde dell' azzurro Oceano.

Solo, su di un ramo, nascosto dal fulgore del sole che brillava alle sue spalle, il giovane Kaede osservava rapito la preda che doveva condannare all' infelicità eterna.
Lo guardò attentamente, soffermandosi sulla dolcezza di quelle labbra sorridenti, sulla profonda sincerità di quegli occhi dorati come il sole stesso, sulla prelibatezza di quella pelle così invitante e sulla morbidezza di quei capelli infuocati.

Comprese l' invidia della madre e l' adorazione con la quale le genti di tutta la terra lo avevano riempito.

Quel mortale era bello come un dio.
Puro come una colomba.
Sensuale come la passione stessa.

Bello e desiderabile.

Per la prima volta in vita sua il giovane dio alato si sentì il cuore stretto nella morsa dell' amore.
Lui, il dio dell' amore, innamorato?

Rise.

Perdutamente caduto ai piedi di quel mortale così dolce?

Improvvisamente attratto ed irretito con la velocità con cui Giove mandava le saette a tessere nel cielo trame azzurre e viola?


Si.
Si, rispose all' animo assetato di conferme.
Volò via e preparò ogni cosa per il suo imminente matrimonio segreto.

Mai avrebbe lasciato nelle mani rozze di un essere indegno un fiore così delicato e prezioso.
Mai o il suo stesso cuore si sarebbe fermato dopo essersi prodigato in singhiozzi amari, a dispetto dell' immortalità di cui possedeva il dono.


Il 'mostro crudele che con le ali e le punte di ferro incantato delle sue frecce spaventa tutti gli dei dell' Olimpo' aveva scelto, ubbidendo alle profetiche visioni dell' oracolo che mai sbaglia, il suo sposo.


Il corteo era pronto, l' abito indossato.
Hanamichi guardava dalla finestra della propria stanza.
Viste le lacrime, che per giorni avevano bagnato i cari volti dei suoi genitori, si era chiesto il motivo di tanta afflizione.
Senza voler a lui mentire i suoi parenti gli avevano confessato l' infame sorte che lo attendeva.

Un sospiro era tutto quello che lui si era permesso.
Li aveva abbracciati, confortati, rassicurati.
"Non disperatevi, non piangete, non affaticate con lamenti il vostro respiro, non merito tanto affetto a causa dell' immenso dolore che sto per darvi, solo ora mi rendo conto che la mia particolare bellezza mi è sempre stata causa di rovina ed ora ha rivolto contro di me persino le ire degli dei, è giusto che io paghi la mia sfrontatezza con la vita, portatemi dunque sulla cima di questo monte e lì abbandonatemi, dimenticatevi di me e vivete felici, con le benedizioni che i miei due fratelli daranno a voi in vece mia"

Ed erano state parole a cui credeva.
Si doleva solo di non poter fare a meno di provocare loro sofferenza.
Della propria sorte non si interessava.
Non avrebbe avuto futuro comunque.
Nessuno mai lo avrebbe amato.
Tanto meglio dunque morire.


Ora teneva lo sguardo volto al mare, ne osservava le onde, belle, ma uguali a tutte le altre, sospirò.
Lui non aveva chiesto quella bellezza, quella particolarità così attraente.
Avrebbe preferito miliardi e miliardi di volte essere solo un misero pastore, incontrare l' amore lì sui monti, vivere felice con la spensieratezza della gioventù e le dolci carezze di un amante.

Ma non era quello il destino che il fato aveva a lui concesso.

Si preparò velocemente.
Avvolse il corpo in una profumata veste lunga, drappi e fili ne ornavano gli orli con il loro delicato color porpora.
Uno scialle dorato, trasparente e ricamato gli ornava le spalle larghe e forti, al collo alcuni pendenti osavano scivolare fino al petto, come lunghe dita gentili fatte d' oro e cesellature d' argento.
Ai piedi stretti sandali di cuoio levigato s' inerpicavano sulla gamba, avvolgendo in trame eleganti la caviglia ed il collo del piede.
Infine il ragazzo, dai capelli rossi come fiamme di braciere, prese con entrambe le mani il preziosissimo velo degli sposi e lo posò con dolcezza sulla propria testa, celando il viso pieno e bello e gli occhi lucenti, ma non felici.

Uscì così dalle proprie stanze e nei corridoi fu un susseguirsi di inchini ed atti di adorazione.

La bellezza di quel giovane era immensa.
Con eleganza Hanamichi uscì nel cortile interno, l' intero corteo lo attendeva, i veli del lutto spiegati sui visi mesti, i genitori in lacrime dovevano guidarlo preceduti solo dallo sposo.
Con immensa forza d' animo il ragazzo sorrise a tutti.
Voleva lasciare loro un buon ricordo.
Poi iniziò a camminare e non si fermò fino ai piedi del monte.

L' altissima cima lo attendeva.
Facendosi coraggio Hanamichi affrettò il passo.

Perché attendere?
Cosa poteva offrirgli la vita?
Forse la morte aveva ben altri doni...perché rifiutarli?

Quale sofferenza più grande poteva attenderlo in confronto al vedere le beate nozze dei fratelli e struggersi nella solitudine di ogni notte passata nella tristezza di una verginità senza pretendenti?

Nulla, nulla più lo avrebbe fatto soffrire nell' Ade.

Affrettò il passo, ascoltando i flauti nuziali che suonavano tristemente, più simili a lamenti che a grida di gioia.
Udì anche i cori ed i canti, ma sembravano gridi soffocati ed ordinò quindi il silenzio.
Ma le lacrime, che incessanti cadevano dagli occhi tristi dei genitori, lo avvolsero come un sudario di dolore.

Pianse anche lui quindi, per l' avversità del proprio destino e la brevità della propria esistenza, asciugandosi di tanto in tanto gli occhi con il velo lucido e prezioso.


Arrivati in cima al monte Hanamichi congedò tutti, un ultimo abbraccio ai propri cari e si sedé sul ciglio di una rupe ad attendere la propria sorte.

Il corteo si disperse, le fiaccole si spensero, intorno si fece silenzio.

Solo, accarezzato insistentemente dal vento e dal sole forte Hanamichi si lasciò ad un pianto disperato.
L' ultimo che il destino gli avrebbe concesso.
Pianse per i propri fratelli, per i propri genitori, per i propri amici e per tutte le genti, infine pianse per sé e per l' amore che il suo corpo non avrebbe mai conosciuto.

Mentre lentamente il velo s' inzuppava di calde stille di sofferenza arrivò il leggero vento, Zefiro.
In un turbinare di fronde e nuvole, di correnti tiepide e calde sollevò il giovane, lo portò giù, fra gli anfratti dell' immenso dirupo, gonfiando la sua lunga veste
candida, adagiandolo dolcemente in mezzo ai fiori in una valle nascosta.


Cullato dal sole, dalla fresca rugiada e dalla morbidezza di quella coltre verde Hanamichi si addormentò sereno.


Quando si svegliò si sentiva bene.
Che fosse già disceso nell' Ade?

Si guardò intorno, ricordava che il vento stesso l' aveva condotto lì, osservò il luogo.
A pochi passi un gentile bosco si stendeva aprendosi per mostrare un sentiero coperto dal morbido sottobosco, i lunghi rami frondosi si tendevano verso il basso, carichi di gemme e foglie.
Dalla parte opposta invece si allargava uno specchio d' acqua alimentato da una cascatella zampillante.
La purezza di quell' acqua limpida si rifletteva in ogni raggio e nei molteplici e piccoli arcobaleni che la rifrazione creava sulla superficie umida di gocce.

Attirato da quelle bellezze naturali Hanamichi si avviò per il bosco, ridendo delle gentili fronde che al suo passaggio si abbassavano per accarezzargli le guance al ritmo del respiro dei venti.

L' acqua sembrò scorrere ancora più lieta nel momento in cui, per rinfrescarsi, il giovane vi immerse le mani, pulendosi il viso dalle lacrime ormai dimenticate.

Infine nel mezzo della selva, riparato dalle ombra immense degli alberi secolari, si ergeva un palazzo magnifico, sicuramente eretto da mani divine.
Quell' accogliente dimora di un dio accese la curiosità del giovane ragazzo che vi entrò, camminando lentamente.

L' altissimo soffitto a cassettoni decorava l' intera casa, costruito in pregiato cedro e avorio ed era sorretto con precisa regolarità da alte colonne d' oro. Ogni parete era rifinita in arabeschi di cesellature d' argento raffiguranti dei e animali, fiori e frutta e nature selvagge. I pavimenti invece risplendevano di minuziosissime sfaccettature preziose, ogni sorta di pietra di valore era stata finemente sbriciolata e suddivisa per colore ed intensità in mosaici precisissimi.
Opali, lapislazzuli, giade, occhi di tigre, acquemarine, piriti, smeraldi, rubini, ametiste e diamanti.
Moltissimi, lucenti e perfetti diamanti.
E le pareti esterne dei cortili rettangolari e delle stanze interne erano fatte di mattoni d' oro luccicante e l' intera dimora, per quanto grande e larga risplendeva di una ricchezza senza confronti.
La luce di quella casa era come lo stesso sole, anche in un giorno di pioggia Hanamichi pensò che in quelle stanze vi fosse sempre chiarore come nelle fulgide giornate di primavera.
Le fonti riempivano dei rumori riposanti dell' acqua le pareti, facendoli risuonare in ogni anfratto, l' odore dolcissimo e forte del bosco entrava da ogni singola finestra sollevando con brezze tiepide le tende trasparenti e ricamate.
Nei giardini interni poi risplendevano enormi magazzini argentati, pieni di ogni sorta di ricchezze esistente.
Indifesi, con porte cesellate aperte ad invito, senza catene o guardiani.


Senza dubbio Hanamichi capì che quella era la dimora di un dio, forse dello stesso Giove, nella quale la divinità si riposava quando scendeva a gratificare la terra della propria, potente, presenza.


Avvinto da quella magnificenza Hanamichi scordò la prudenza e si ritrovò in una stanza interna.

Improvvisamente fu circondato da voci.
Voci senza corpi.
Cercò con gli occhi mortali a chi appartenessero, ma non vide nulla.

"Non cercare con gli occhi e non meravigliarti di tanta ricchezza, poiché tutto ciò che vedi è tuo. Sei nella casa del tuo sposo. Cerca dunque la stanza nuziale seguendoci e stenditi sul letto. Riposa il corpo stanco e poi prenditene cura con un bagno che ordinerai a tuo piacere, noi siamo i tuoi servi e le tue ancelle comandaci e noi ubbidiremo ed ora va', rilassa le membra intorpidite e cura la tua bellezza, questa notte il nostro signore farà di te il suo legittimo sposo"

Stupito e silenzioso il ragazzo dai capelli rossi seguì le voci, cacciò via la stanchezza con il riposo e rese lucida la pelle con un bagno profumato, fu poi invitato ad un banchetto prelibato, mani senza braccia e dita senza mano lo servivano, imbandendo una tavola degna di un re davanti ai suoi occhi, mentre lire senza corde suonavano e canti senza labbra risuonavano bassi nella stanza.


Incredulo Hanamichi si stese infine sul proprio enorme letto bianco, tirò le tende e si rilassò nel momento in cui la notte reclamava silenzio ed invitava Ipnos a scendere fra i mortali.


Il giovane ragazzo si strusciò sospirando soddisfatto sul cuscino di seta pregiata, le lenzuola di morbidissimo raso frusciavano deliziandolo con suoni ovattati, il profumo della selva notturna lo affascinava.

Improvvisamente un rumore risuonò nella quiete perfetta.

Hanamichi si tirò a sedere.
Non vedeva niente attorno a sé.
La luce della luna non arrivava all' interno della stanza e nemmeno un lume brillava vicino alle finestre.
Avrebbe desiderato aprire le tende e sbirciare, ma le mani si rifiutavano di obbedire.
Avrebbe voluto chiamare le voci sue ancelle, ma le labbra non ubbidirono.

Infine un altro rumore molto più vicino, il suono flebile della tenda che veniva tirata ed un' ombra scura si stese accanto a lui nel letto.


Paura.
Angoscia.
Respiri veloci e spezzati.


"Chi sei?" chiese spaventato il ragazzo dai capelli rossi

Una risata morbida lo raggiunse.
Una voce dolce, diversa dalle altre.

Una voce melodiosa e vellutata, ma seria e forte.

"Non temermi, io sono il tuo sposo, colui che ti ha scelto....io ti ho portato qui, io ti ho offerto in dono questa casa, io ti ho scelto per me"

Hanamichi sgranò gli occhi dorati, soffocando un ansito sorpreso.
Avvertiva accanto a sé il peso di un corpo reale.
Ricordò le parole delle ancelle immateriali.
Quella notte il suo sposo sarebbe arrivato, per reclamare la sua verginità.


Il ragazzo dai capelli rossi si rannicchiò lontano dal calore che cominciava ad allargarsi verso di lui da quel corpo steso vicino.
Non voleva.


"Perché non ti sei mostrato a me insieme alla luce in questa stessa stanza......come posso credere che tu esista e che tu sia realmente colui che l' oracolo mi ha destinato?"

Era un tentativo.
Voleva guadagnare tempo.
Sperò che nonostante il tono incerto sembrasse una domanda lecita.

La voce rispose.


"Ancora una volta non temere, io sono colui che ha comandato al vento di condurti qui, colui del quale l' oracolo ha profetizzato con precisione, io ho voluto te, fra tutti i mortali, dimmi ora, mi vuoi amare?"


Hanamichi prese respiro, per calmarsi.

"Non hai risposto alla mia domanda...perché non ti mostri a me...chiama dunque le ancelle e fammi portare una lampada, fa' che io ti guardi e dopo avrai la tua risposta, io sono il ragazzo da tutti chiamato messaggero di Venere e dio di bellezza, non voglio per me amare una sola voce"

In risposta si udì un' altra lieve risata.
Il timore portava quel giovane umano a nascondersi dietro orgogli che mai aveva considerato suoi, che mai aveva apprezzato o pronunciato ad altri.

"So chi sei, conosco la tua storia, il tuo nome, il tuo viso, i tuoi capelli rossi come le fiamme dell' Ade stesso, i tuoi occhi dorati come il sole più limpido, ma mi sei destinato e in tutta la libertà di cui ti farò dono anche come mio sposo ho per te solo una condizione.......non potrai mai vedermi...............io arriverò da te accompagnato dall' oscurità delle tenebre e me ne andrò prima che Apollo guidi il Sole fuori dalla sua propria coltre, è l' unica condizione che ti pongo, la vuoi accettare?"


Hanamichi si allontanò ancora di più.
No, non voleva.
Sicuramente l' uomo che aveva accanto era quanto di più turpe vi fosse al mondo.
Un uomo che si nasconde nelle tenebre.
Un ladro quindi, una divinità degli inferi, un assassino deforme e crudele.


"No, NO - gridò - ...mai....MAI...............mi darò la morte piuttosto, come posso fidarmi di chi non osa nemmeno farmi scorgere le sue forme?La sincerità che dovrebbe giustamente albergare nei suoi occhi?NO, NO, non mi avrai"

La voce s' intristì in un sospiro poi si riscosse infuriata.
Due mani forti e veloci afferrarono i polsi di Hanamichi costringendolo sotto un corpo che tutto era fuorché un' ombra senza consistenza.
Imponendogli l' immobilità la voce mormorò irata.

"Non sta a te cambiare il destino, né ciò che gli astri comandano, io ti darò tutto, ma non puoi chiedermi troppo, non osare o lo rimpiangerai, ricorda che quello che ti circonda non è umano, ma divino, ricorda che sei solo un mortale, ricorda che ad un dio niente può essere negato"

Il silenzio ritornò a dominare su tutto, anche sui sentimenti.

Improvvisamente si avvertì un singhiozzo.
Poi un altro.
Ed un altro ancora.

Il corpo di Hanamichi fu preso da un tremito impossibile da controllare.
I singhiozzi spaventati si susseguivano senza sosta, tanto da spezzare quasi il cuore a quel dio troppo impaziente.

Colpito nell' animo da quel pianto disperato la divinità strinse a sé il ragazzo in lacrime.
Hanamichi cercò di opporsi a quel contatto, ma la forza di quelle braccia lo tenne fermo.
Steso sul grande letto il giovane dai capelli rossi si lasciò consolare.

Le labbra alle quali apparteneva quella voce scesero sulle guance, lungo le tempie, bevendo e succhiando ogni più piccola e rotonda lacrima.
Fino a che la pelle morbida di Hanamichi non tornò asciutta.

I brividi furono placati dal calore che si diffondeva dai due corpi uniti, la schiena accarezzata da mani grandi e dolci, i capelli toccati da dite piacevoli e leggere.

Hanamichi si concesse un sospiro.

Non sembrava crudele quell' ombra sconosciuta.
La voce si fece udire di nuovo e sembrava davvero appartenere ad un ragazzo giovane.

"Non volevo spaventarti, non ti farei mai del male, io ti ho scelto certo, ma non per sentire i tuoi singhiozzi........ho sbagliato con te, non avrei dovuto lasciarmi all' ira, mi puoi perdonare?"


Il ragazzo da capelli rossi pensò in silenzio.

Per la prima volta si trovava fra le braccia di un estraneo, stretto e cullato da mani che non appartenevano alla sua famiglia.
Non era in fondo quello che da sempre aveva desiderato?
La dolcezza di quella voce che chiedeva perdono.
Doveva crederle?
Veramente un dio si sarebbe abbassato a chiedere perdono a lui?


Non sapeva.
Perché allora non parlare apertamente?


"Io....ti potrei perdonare ...ma il mio cuore è diviso, per quale motivo dovrei credere alle tue parole?Chi mi assicura ciò che dici?Sei realmente un dio?Io provo confusione...."


La voce si fece nuovamente udire mentre mani premurose accarezzavano la pelle delle guance e del collo.

"Comprendo i tuoi giusti dubbi...eppure dovrai fidarti di me, in garanzia posso solo offrirti il mio amore per te, che è grande come il cielo e forte come una rupe, ti ho visto ed amato, nello stesso istante, ma vedo più in là delle tue parole, tu temi il mio aspetto sconosciuto, mi credi di brutto aspetto, deforme, vero?"

Hanamichi si morse le labbra.
Era vero, ma come dirglielo senza ferire?
E poi non era quello che realmente pensava.
Lui per primo credeva che la bellezza non giovasse a niente, ne aveva pagate le conseguenze sulla propria pelle, ma la sua domanda era un' altra....


"A me non interessa il tuo aspetto esteriore, io per primo non credo che la bellezza porti felicità, lascia che sia io a dirtelo e credici, ne pago ancora le conseguenze e ne hanno pagate anche i miei cari genitori, l' ignoto che mi spaventa in te è la bellezza dell' animo.......chi mi assicura che tu mi amerai veramente, che non userai il mio corpo e poi mi odierai in segreto? Chi mi assicura che il tuo animo nascosto sia più bello del mio stesso viso?Io temo la tua crudeltà......"


"Riponi male la tua paura - si affrettò a giurare quella voce - io non ti userò, sarai tu a usare me come e quando vorrai, per te io ho sfidato ben più gravi pericoli di cui non voglio parlare, credi dunque che ucciderò ciò che faticosamente ho voluto per me? Credi che guadagnerò la tua fiducia solo per avere un corpo da sottomettere ai miei piaceri..........ne posso avere quanti ne voglio per i miei desideri, ma ho voluto te......non smetterò di ripeterlo e non ti causerò dolore, se non per quell' unica condizione a cui ti sottopongo..................ascoltami ti prego, ti rimane solo da mettermi alla prova ....non perderai nulla e forse guadagnerai qualcosa"

Hanamichi sospirò.
Poteva essere tutto vero.
Tutto dolce.
Doveva dunque lasciarsi andare?

Il suo animo chiedeva conferme, risposte, certezze.


Il corpo misterioso sopra il suo lo strinse ancora più teneramente, due labbra si posarono fra i capelli rossi, leggere come farfalle di campo, un buono profumo riempiva ormai i sensi di Hanamichi, stordendolo, la pelle contro la sua era calda e morbida, incerto appoggiò le mani su quel petto.
Sotto la carne calda e viva batteva veloce un cuore che, nel giro di pochi istanti, si poteva vedere rifiutato o accolto.

Ed era lui a dover decidere.


"Fidati di me, chiedimi ciò che vuoi, non pensare unicamente a ciò che ti nego, non lo faccio per cattiveria o per inganno, ma per salvare te da ben altri problemi, non sono di cattivo aspetto, mettimi alla prova e farò come chiedi"


Hanamichi sollevò il volto.
A pochi centimetri da sé sentiva un respiro caldo e dolce.
Aveva voglia di alzare le labbra e chiedere un bacio, non ne aveva mai ricevuti, mai.


"Portami un fiore di campo e dichiarami ancora il tuo amore"


Il dio sorrise in silenzio e lo lasciò all' abbraccio confortevole del letto poi uscì e rientrò, veloce come il battito d' ali d' una libellula.

Una rosa grande e profumatissima accarezzò il viso di Hanamichi.

"Che buon profumo" mormorò lui accogliendola fra le dita


"Mai quanto quello della tua pelle, che anche da lontano, anche in quel campo pieno di aromi arrivava a me infiammandomi il cuore"

Hanamichi ringraziò l' oscurità per la prima volta ed arrossì intensamente.
Mai nessuno lo aveva corteggiato.

Il dio si avvicinò.

"Ho desiderato toccarti dal primo momento in cui ho posato lo sguardo su di te, mi avvinci e mi leghi come il più riuscito degli antichi incantesimi sacri, lascio volentieri agli altri il semplice guardarti, io ti ho voluto e ti voglio e ti vorrò, la mia decisione è una e se il mio cuore si è acceso sappi che non si spegnerà, se ardo d' amore arderò per sempre.........................................................ti amo, dolce Hanamichi, ti amo profondamente"

Il ragazzo dai capelli di fuoco chiuse gli occhi pieni di lacrime e sussurrò.


"Posso toccarti?"


"Puoi anche uccidermi se mai tu ne avessi intenzione e desiderio ed io rinascerò solo per poterti nuovamente parlare e baciare...fai pure ciò che hai chiesto"


Senza dire altro il gentile dio si stese sul letto invitando su di sé il ragazzo.
Senza fermarlo lo lasciò esplorare il proprio corpo, in tocchi semplici e timidi lo sentì su quasi tutto il corpo, sul viso in particolare.

Hanamichi lo accarezzò gentilmente saggiando la morbidezza della sua pelle, la freschezza delle sue labbra, che accolsero i polpastrelli dorati con baci umidi e affettuosi, la setosità dei capelli leggeri e fini.

Alle sue mani quell' ombra sconosciuta sembrò davvero un dio perfetto e splendido.

Il petto candido, scoperto, i muscoli tesi e forti, l' ombelico ben fatto, la linea dei fianchi decisa e consistente.

Con un ansito imbarazzato Hanamichi avvertì una mezza tunica coprire il suo corpo dai lombi in giù e si scostò in fretta.


"Soddisfatto, mio dolce sposo?"
La voce era morbida ora e divertita.


"No, manca ancora qualcosa...."


Il dio alzò nel buio un sopracciglio.
"Cosa?Avrai tutto ciò che desideri, te l' ho già promesso......."


Hanamichi si stese e lo tirò piano verso di sé.


"Se mi ami perché non mi baci?"


L' ombra elegante si stupì piacevolmente.

"Oh...tu vuoi dunque farmi morire di desiderio, vero? Sappi che se mi inviti non riuscirò poi a frenarmi........"

Hanamichi avvampò e sorrise.

"Baciami"

E così fece.
Su di lui si chinò, mescolando i suoi fili di capelli con quelli sulla fronte del ragazzo mortale sotto di sé e con estrema e piacevolissima lentezza coprì le sue labbra, più e più volte fino ad ottenerne il permesso, fino ad incontrare nella sua cavità morbida e calda la lingua umida e vergine, che mai era stata toccata da alcun altro.


Hanamichi si perse in quel bacio atteso e dolcissimo.
Il sapore forte e buono del suo sconosciuto amante lo avvinse completamente incitandolo a rispondere agli affondi, a leccare le labbra dell'altro, a lottare per trarne piacere.


Quando l'aria reclamò giustamente il loro respiro gli occhi di Hanamichi scintillavano di desiderio soddisfatto.

Un bacio.
Il suo primo, unico, splendido bacio.

Vergognandosene ne desiderò altri mille, uguali e dolci.


Ma il suo dio chiedeva ben oltre.
Chiedeva di più.

Accarezzandolo sensualmente, strusciandosi su di lui con i fianchi.

Hanamichi gemé involontariamente.

Ma era ancora incerto.
In fondo aveva solo le parole dell' altro e la sua voce.
Nulla di più.

Doveva rischiare?
Doveva osare la sorte?

Non sapeva.
Non sapeva.

Il suo amante sembrò capire.

"Non ti vorrei costringere a nulla, ma dovrei subito fare di te il mio legittimo sposo, questa notte, la prima notte........me lo permetteresti?"

Hanamichi arrossì ancora.
Qualcuno finalmente chiedeva la sua verginità.
Niente di peggio poteva capitare ad un giovane di rimanere solo e senza famiglia.

Se quello era realmente lo sposo destinatogli dagli dei supremi, perché rifiutare?
Avrebbe finalmente provato su di sé l' amore.
Eppure punte acuminate d' incertezza vibravano ancora nel suo animo.

Il giovane dio si stese piano su di lui, accarezzandogli con entrambe le mani il viso teso ed i capelli, baciando i suoi occhi, le sue orecchie, il naso perfetto, le labbra dolci.

Lusingato da quelle promesse di piaceri più grandi Hanamichi stava per cedere.

La voce distrusse le ultime barriere di pudica resistenza.

"Ti ho aspettato a lungo e per rispetto a te aspetterei ancora se potessi cambiare le leggi sacre del matrimonio......so, Hanamichi, quanto anche tu abbia atteso qualcuno che ti reclamasse per sé, qualcuno che posasse sui tuoi fianchi le dita e chiedesse la tua mano......vuoi dunque concedere a me ciò che gli altri non hanno osato prendere? Vuoi che sia io il primo e l'unico ad assaporare il calore del tuo corpo ed assaggiare il tuo sapore?Vuoi divenire mio sposo e fare di me il tuo eterno schiavo d' amore?"


Le lacrime si affacciarono ancora una volta in quegli occhi caldi e belli, luminosi anche nel buio più completo come stelle lontane e radiose.
Mai nessuno gli aveva rivolto simili parole di vero sentimento.

Quella giovane ombra lo amava.
Lo amava veramente.
E lui, stanco di una solitudine poco gradita, accettava quello sposo.
Accettava l' amore e la passione.
Accettava ogni cosa ed il suo destino.

"Si, sarò il tuo sposo, così come tu sarai il mio"


Sorridendo felice il dio lo strinse a sé e cercò a lungo le sue labbra.
Con infinita pazienza e dedizione Kaede lo stancò con innumerevoli baci, succhiò le sue belle labbra piene, la sua pelle liscia e calda, il suo collo profumato.
Arrivato alle vesti le sfilò lentamente, adagiandole in terra, una ad una, immaginando con gli occhi della mente il rossore che imporporava le guance del ragazzo sotto di sé.
La veste candida sparì oltre i veli del letto, i ciondoli pregiati la raggiunsero in breve.
Niente doveva coprire la perfezione di quell' incarnato rovente e vellutato.
Niente.

Con delicatezza e cura entrambi i piccoli capezzoli scuri furono ricoperti dalla lingua e dalla saliva, in lente suzioni sensuali.
I gemiti risuonavano bassi e calmi nell' aria fresca della notte inoltrata.

Ben presto altri veli profumati raggiunsero il pavimento fatto di gemme preziose ed entrambi i corpi rimasero nudi.

Un brivido d'aspettativa scosse leggero la pelle calda di Hanamichi.
Kaede accorse a scaldarlo con carezze e baci gentili.

Avevano tutta la notte ancora.

Con rispettosa lentezza i fianchi del dio iniziarono una piacevole danza sul ventre dell' amante, i membri tesi si strusciavano senza sosta, la lingua morbida di Kaede bagnò con dolci attenzioni l' intero corpo di Hanamichi, senza tralasciare nulla.
Dalla gola delicata al petto forte e in sussulto, dal ventre perfetto all' ombelico profondo, dal costato alla linea dei fianchi, dall' inguine alle cosce socchiuse, fino ai piedi.
Nell' oscurità completa il ragazzo dai capelli rossi si sentì sollevare un piede.
Immediatamente una bocca delicata ne baciò la pianta e le dita, risalendo sul collo del piede fino alla caviglia.
Stessa eccitante sorte toccò all' altro, fra gemiti e sospiri.


Si stava lasciando amare.
Provava finalmente piacere.


Sentì entrambe le mani del dio risalire lungo le sue gambe, accarezzarle con vigore per poi afferrare i fianchi e cingergli la vita.
Hanamichi s' intimorì un istante poi gridò.

Veniva tenuto fermo.
Mentre la setosa lingua umida disegnava i contorni del suo sesso eretto.
Il suo dio dal viso sconosciuto lo stava portando all' apice dell' estasi.

Mai sensazioni tanto forti avevano attraversato quel corpo splendido.

Sotto quelle cure Hanamichi inarcò la schiena, riempiendo in quel movimento la bocca dell' amante della propria rovente virilità.

Il tempo sfuocava, l' oscurità si scioglieva in bagliori lontani e confusi, tutto sembrava girare e mescolarsi.
Uniche compagne del vento grida sempre più soddisfatte si lasciavano trascinare nel bosco, per poi, libere, risalire la rupe altissima ed invadere la cima dei monti.


Un ultimo bacio e il ragazzo dai capelli rossi raggiunse il piacere, regalando alla gola assetata del dio suo sposo il proprio sapore intenso.


Kaede si sollevò lentamente, calmando ancora una volta il tremore di quel corpo con abbracci e leggeri tocchi e parole tenere.

Era ormai tempo di fare suo quello sposo dalla bellezza rara.

Con gesti lenti e misurati il dio appoggiò le dita sull' interno delle gambe dell' amante, spinse piano divaricandole, trovando il proprio spazio, posando il proprio fianco destro su quello sinistro del corpo abbandonato fra le lenzuola tiepide.

Con dolcezza si fece cingere sulle spalle da quelle braccia ambrate, si strofinò contro le sue labbra, le aprì e le bevve quasi, le accarezzò e morse e poi lo divorò in crescenti baci appassionati e lo costrinse languido e fermo sotto di sé.

Scese con le dita bagnate e lucide ad ammorbidire il piccolo antro del loro futuro piacere, ricoprendolo di attenzioni e morbida saliva dolce, ma mai profanando ciò che solo il proprio membro teso aveva in diritto di possedere.

Lo quietò con il calore dell' abbraccio e con parole e con carezze d' amore.

Ma l' emozione era forte, la prima volta di un giovane ragazzo inesperto.

Hanamichi sentiva la durezza della sua eccitazione premere sulla pelle delicata e nascosta fra i glutei, sentiva le mani stringerlo, il respiro dolce farsi veloce, il corpo caldissimo del dio fra le proprie cosce schiuse, le labbra continuamente occupate ed ormai gonfie, la pelle sudata.
Era troppo.

Iniziò a divincolarsi, a mormorare di no.
Ma non perché non volesse, semplicemente per timore dell' ignoto.
Si voleva far costringere, far guidare.

Senza ascoltare quei rifiuti incerti il dio si fece lentamente spazio, strappando ansimi e sospiri.
Si fermò per tenere immobile l' amante ed iniziò a prendersi quella verginità.

Lo violò poco a poco, con dolce decisione.

Subito dopo aver fatto entrare la punta lo sentì tendersi nella sua prigione di braccia e lo strinse a sé.
Lo sentiva inquieto, teso.
Udiva ogni tanto i suoi dinieghi, i suoi no ormai ridotti a sussulti.

Si chinò a baciarlo e mormorò.


"Stringimi forte e non sentirai niente se non amore, finalmente"

Si sentì abbracciare, avvertì il respiro velocissimo di quel suo mortale adorato e quasi posseduto poi spinse con costanza fin nelle profondità di quelle carni strette.

Il ragazzo dai capelli rossi sfuggì quasi alle sue mani arcuando il corpo dorato, gridando con tutta la voce che aveva, sentendosi completo e realmente perfetto, pieno di piacere e felicità.

Con ardore il giovane dio iniziò a farlo suo in spinte profonde e veloci.
I gemiti si rinnovarono a lungo, mutando tutti in urla preziose dall' eco senza fine.

Kaede apriva il suo corpo con tenera forza, cercando per lui il massimo appagamento in ogni gesto.
Lo strinse trascinandolo con sé verso gli inesplorati lidi dell' estasi divina, ghermì i suoi fianchi accompagnandoli contro i propri, gli insegnò il giusto ritmo e gli impresse nel dolce alvo la potenza di ogni movimento.

Hanamichi cercò freneticamente la sua mano, la mano del suo sposo, per stringerla con la sua e sentirsi al sicuro.
Le dita s' intrecciarono come steli di paglia, unite, indissolubili, semplici ed armoniose, forti.

"Mi..o.............spo....so............"gemé con un filo di voce lui dai fili rossi come fiamme

Kaede lo unì a sé desiderando fondersi con lui, lo sentì gridare e gemere e rabbrividire e piangere.
Solo per l' immenso piacere.
Ne sorrise e con insistenza si fece accogliere fino in fondo, godé di ogni sua parte, della sua pelle accaldata, dei suoi muscoli stretti ed infine lo costrinse all' accecante completezza dell' orgasmo mentre s' immergeva ancora una volta in lui per rubare definitivamente la sua innocenza con gocce di liquido seme.


I respiri trovarono ristoro nel vento dolce che, dietro basso comando del dio, aveva cominciato a spirare nella stanza.
Kaede si affrettò ad occuparsi del suo sposo.

Lentamente, distraendolo con frasi gentili e baci rubati uscì da lui.
Neanche un piccolo gemito rovinò la bella voce di Hanamichi.
Il dolore non era stato invitato su quel letto e non si era quindi presentato.
Riempiendolo di dolci baci, ancora e ancora, il dio prese il lenzuolo delicato, lo usò per pulire con attenzione il corpo dell' amante, terse il sudore dal viso e dalla nuca, raccolse pettinandole le ciocche umide, leccò via i segni del piacere che quello splendido mortale recava ancora sul ventre e si stese accanto a lui, coprendolo.

Hanamichi sospirò.
Gli aveva permesso ogni cosa, senza dire niente.
Era stanco.
Stanco ed appagato.
Felice.

"Va tutto bene, mio dolce sposo?"chiese il dio preoccupato per quel lungo silenzio

Hanamichi girò il viso, immaginando di guardarlo negli occhi.

"Si, sto bene........molto bene...........sono solo stanco..io non ....mai..................oh....è stato bellissimo...................."mormorò sorridendo

Si sentiva amato.
Tutte quelle cure, quelle attenzioni.
Il suo sposo.
Aveva uno sposo.


Un bacio lo raggiunse sull' angolo delle labbra.

"Ed ogni notte sarà come questa, oramai sei il mio legittimo consorte, da te nessuno mi separerà mai"


Hanamichi si fece stringere, troppo stanco anche solo per parlare, si addormentò fra le braccia di quel dio premuroso e lo sognò tutta la notte.


Il mattino seguente il sole svegliò un solo corpo.
Dentro le lenzuola arruffate il giovane Hanamichi riposò fino a tardi.
Ma nel momento in cui si alzò iniziò a piangere e a rattristarsi.

Aveva sognato da sempre la prima notte di nozze ed avrebbe voluto per tutto il giorno seguente il proprio sposo accanto a sé.
Invece, memore delle parole e di quell' unica condizione impostagli, sapeva che fino a quando il sole avrebbe brillato come astro imperante nel cielo il suo dio innamorato non sarebbe tornato da lui.

Ecco allora che accorsero tutte le voci della casa, sue fedeli ancelle, per consolarlo e giurargli, per diretto ordine del loro padrone, che l' amore di quella notte non era venuto meno e non lo sarebbe stato mai.
Che il loro legame avrebbe fatto invidia a tutti gli dei dell' intero Olimpo.
Che nessun essere mortale o divino li avrebbe mai separati, per tutta l' eternità.
E la lira e la cetra ripresero a suonare invitando il giovane a rilassarsi con qualche danza, a battere il ritmo dei canti con le mani e con i sonagli.
In breve, distratto da quei regali del suo sposo Hanamichi vide scendere la notte.
Spense ogni luce e si stese nudo fra le lenzuola.
Imbarazzato per la propria audacia pensò anche di rivestirsi.
Poi soffocò ogni remora con il ricordo del piacere provato e trepidante attese l' arrivo dello sposo.

Quando l' oscurità ammantò il cielo stesso e la luna si nascose dietro le nubi il dio sconosciuto scostò le tende del letto e prese posto accanto al suo amante.

Hanamichi era stato colto da un sonno leggero, ma si destò nel sentire un bacio sul viso.


"Sei tu, sposo mio?"domandò al buio complice

"Io......si, sono io che finalmente vengo da te...............sapessi quanto lungo mi è sembrato il giorno oggi...........lontano da te......."

"Anch' io, anch' io ti ho sentito distante......"

"Lo so, lo so dolce Hanamichi, le voci nostre serve me lo hanno confidato, hanno dovuto lavorare duramente per placare le tue lacrime, se solo ci fossi stato io le avrei asciugate con i miei stessi capelli, le avrei portate via con mille baci, ma non posso, non posso tesoro mio"


"Si, è vero, ho pianto a lungo, ma adesso sei qui e mi giurerai ancora che mi ami, vero?"


"Mai, mai ho smesso di giurartelo...............domani andrò per te da Apollo e chiederò che porti il sole al suo giaciglio ogni giorno più presto del precedente, come vorrei per noi mesi di totale ed intense tenebre perpetue"

"Si, lo vorrei anch' io, ma la madre terra poi ne soffrirebbe....godiamo di ciò che abbiamo.......anche se confesso che ho pregato anch' io che la notte giungesse veloce e repentina, innaturale quasi"


"Mi ami, dunque?"chiese ansioso il dio


"Non sono riuscito a dimostrartelo la nostra prima notte?.... Eppure pensavo che il mio stesso corpo lo avesse gridato in vece mia..."

"Si, si, perdono, perdono, era troppo ammaliato da te, non lo ricordavo, non dubiterò più e tu, riponi in me la tua fiducia?"

"Mio caro sposo, evidentemente necessiti di una prova diversa ogni notte, sarò ben lieto di dartene quante tu ne chieda"

In quei momenti, i corpi avvicinatisi svelarono al dio la completa nudità dell' amante.
I sensi di Kaede si accesero di folle passione.

Fu su di lui in un soffio.

"Mi attendevi dunque?Così?Senza neanche un velo?Per farti amare?"chiese

Hanamichi arrossì, incerto se rivelare quell' audacia al marito poi sussurrò.

"Manda via la solitudine ancora una volta.............ho atteso così tanto il tuo ritorno......tanto da credere un crudele sogno l' amore della notte passata....amami....amami e ricordami che invece ho uno sposo, che ho uno sposo reale e dolce e mio.......................ama il tuo Hanamichi"


E il divino Kaede lo amò con passione, con delicatezza e forza.
Tutta la notte.
Chiamandolo con il suo dolce nome, chiamandolo anche 'sposo mio' 'amore'.

Hanamichi lo ricompensò con grida ed abbracci d' amante poi finì la notte stretto a lui.
Soddisfatto e certo del sentimento che provava per quell' ombra tenera.


Tutto continuò così per un certo tempo e come è regola della natura, con l' assidua consuetudine, la novità si era trasformata in un piacere ancora più grande ogni volta ed il suono di quella voce consolava ogni tristezza e solitudine.
Il giovane sposo mortale aveva ben presto imparato a riposare di giorno per concedere al marito più attenzioni di notte, per restare accanto a lui ad ascoltarne il respiro addormentato, a farsi cullare o abbracciare o baciare piacevolmente.


Intanto, fuori da quel bosco, sulla terra degli uomini mortali, i genitori del giovane ragazzo piangevano ogni giorno della loro vita la morte del loro amato figlio, invecchiando con tristezze e dolori insanabili.
La notizia della scomparsa del nuovo Venere fece il giro delle terre abitate, giungendo quindi ad est, nell'oriente ed in ogni altra parte abitata, facendo accorrere i fratelli di Hanamichi, trascinandoli lontano dalle loro famiglie per consolare con affetto i loro vecchi genitori.


Quella notte stessa, dopo l' ennesimo incontro amoroso, così parlò il giovane dio all' orecchio del suo sposo.

"Hanamichi, dolce consorte, il fato crudele ti minaccia ancora, mai pago delle tue sofferenze, preparando per te la rovina. Fra breve i tuoi fratelli, credendoti morto, giungeranno a questa rupe. Tu non rispondere ai loro richiami, ignorali e non affacciarti nemmeno oltre la soglia. Altrimenti a me provocherai un immenso dispiacere, ma a te causerai la peggiore disgrazia"

Spaventato da quelle parole Hanamichi si affrettò a promettere ciò che il compagno chiedeva con così tanta insistenza e suggellò le proprie parole con baci gentili e confortanti.

Eppure, appena la notte fu corsa via insieme al misterioso dio, il ragazzo dai capelli di fiamma s' intristì enormemente.
Si sentiva prigioniero.
Felice, si, amato, si , ma non libero.
Non padrone di uscire in mezzo alle genti, di camminare per le città, di parlare con amici dai corpi visibili e materiali.

Era come morto, realmente.
Non esisteva per nessuno.
Nemmeno la sua stessa famiglia conosceva la verità.
Pensò a loro e pianse ancora.

E stavolta a nulla valsero gli sforzi delle sue invisibili ancelle.

Quella profonda malinconia non lo lasciò fino a tarda sera.

Quando Kaede, arrivato presto al calar delle tenebre, si stese accanto al consorte lo trovò avvolto nel lato più lontano dell' enorme letto, con il lenzuolo a coprire il suo corpo abbigliato ed il viso umido di sale.

Il dio si rattristò e sospirando lo tirò a sé per stringerlo.

Hanamichi si lasciò abbracciare, accarezzare, toccare.
Non provava risentimento verso quel marito gentile, ma si sentiva lo stesso schiavo di una sorte dolorosa ed ingiusta.
Non gli era concesso nemmeno di portare aiuto e conforto alla tristezza dei fratelli e dei parenti.

Non riuscì a calmare il proprio pianto fino a che, carico di sofferenza, Kaede non parlò.

"Quindi né di giorno né di notte e nemmeno fra le mie braccia posso sperare di consolarti, Hanamichi? Va bene segui pure il tuo cuore, anche se cerca il pericolo, fa come ti senti di fare, accogli i tuoi fratelli, parla con loro, ma sappi che io ho tentato di avvertirti"


Alzando il viso il bellissimo ragazzo dai capelli rossi si sentì gioire a quelle parole, dunque il suo sposo teneva così tanto a lui da lasciargli anche quell' estrema libertà?
Lo baciò d' improvviso, con passione, a lungo, inframmezzando dolci ringraziamenti a carezze di labbra.

E Kaede si sentì amaramente lusingato, poiché con la lungimiranza propria degli dei sapeva di commettere un errore.
Eppure il calore e la dolcezza di quel bellissimo amante lo fecero cedere, il suo Hanamichi sapeva come chiedere qualcosa ed ottenerla.
Lo sentiva premuto contro il fianco, mentre lentamente sentiva dai fruscii delle pregiate stoffe che si stava spogliando per poterlo ringraziare ancora più appropriatamente.

Al suo orecchio, poco prima di concedersi il ragazzo dai capelli rossi sussurrò.

"Ti chiedo ancora una cosa mio caro sposo, regalami un po' del potere che hai su Zefiro, dio del Vento, così che io possa far portare qui i miei fratelli come tu hai fatto con me, non vorrei si ferissero nel cammino, mi accordi quest' ultima richiesta?"

Il dio avrebbe voluto negargli quel folle permesso, come poteva chiedergli di partecipare alla rovina di entrambi?

Ma Hanamichi lo abbracciò con la pelle nuda, portandogli via la ragione e promettendogli in cambio di quel si totale appagamento, lo chiamava per farlo affrettare, gli sussurrava vicino al viso parole d' affetto, chiamandolo 'marito' 'caro amore', per confonderlo.

Kaede tentò di prendersi prima quel corpo e poi di rispondere alla richiesta con rinnovata ragionevolezza, ma il bellissimo ragazzo si scostò ridendo.

"Parla poi mi avrai amore mio"disse

Ed il giovane marito cedé acconsentendo, trascinato dalle lusinghe e dalla passione.

Hanamichi lo abbracciò con felicità, lasciandosi alle sue mani sapienti mentre gli ripeteva.

"Mio dio, respiro del tuo Hanamichi, ti amo sopra ogni altra cosa, non rinuncerei mai a questo matrimonio con te, non ti preferirei nemmeno lo stesso Amore, amami adesso e prendi da me piacere"

Kaede rise mestamente, frenato nel suo immenso desiderio di dirgli che realmente lui era Amore, il dio del sentimento poi smise di pensare.

Per Hanamichi la notte passò quindi in dolci battaglie amorose e la mattina seguente, prima di andare via il suo sposo divino lo ammonì ancora una volta, per spaventarlo e non fargli credere alle parole ingannevoli dei suoi fratelli, per non fargli cercare il suo aspetto, per non distruggere la felicità che avevano raggiunto, per non restare in futuro privo dei suoi abbracci e delle loro splendide notti d' amore.

Hanamichi promise dolcemente che avrebbe seguito i suoi consigli poi il sole sorse e il dio svanì dalle sue braccia.


Giunti in quel primo pomeriggio alla rupe che aveva visto la morte del loro caro fratello, i due giovani iniziarono a chiamarlo per nome, a supplicare gli dei e a dolersi per quella disgrazia, tanto che i loro lamenti attirarono fuori di casa Hanamichi.

Con gioia pura il ragazzo rispose al loro richiamo e comandato il vento li fece scendere nella sua valle ed entrare nella sua casa.

Con allegra felicità li abbracciò, li confortò e li invitò a ristorarsi nella sua dimora, offrì loro cibo e bevande e raccontò in poche parole ciò che era successo.
I fratelli osservarono stupiti le immense ricchezze di cui godeva, le schiere di voci sue ancelle e la gioia che si dipingeva su quel volto bellissimo.
Iniziarono ad invidiare la sua sorte e chiesero con insistenza chi fosse e che aspetto avesse il suo sposo.

Hanamichi mantenne la parola data al marito e non svelò niente.
Mentendo narrò di essere diventato l' amante di un bellissimo giovane dai capelli dorati e gli occhi verdi, che passava molto tempo a caccia fra i boschi ed i pascoli.
Poi caricati di ricchezze i fratelli li congedò invitandoli ad avvertire i genitori della sua esistenza e della sua felicità.

Tornato in casa Hanamichi sorrise tutto il giorno, rallegrando le voci sue serve con canti e piccole danze mentre attendeva impaziente la notte.

Sulla strada verso casa i due fratelli rimasero in un invidioso silenzio poi il maggiore parlò, ingiuriando la sorte ingiusta che aveva dato a loro come famiglia ad uno una principessa vecchia ed odiosa e all' altro un mercante malato e avido sempre terrorizzato dall' idea di vedersi portare via i guadagni da un ladro.
Invece il loro splendido fratello non solo aveva passato la giovinezza idolatrato da tutto il mondo conosciuto, ma aveva poi ricevuto uno sposo divino, ricco, giovane, bello, dolce e premuroso.
Rodendosi d' invidia i due presero ad elencare le ricchezze viste nella casa, a cercare di calcolare quell' enorme fortuna, a chiamare superbo e vanitoso il loro stesso fratello, a vedere il male anche nelle piccole cose, ripensando a come Hanamichi si muoveva già da padrone nella casa, a come comandava persino ai venti, a come aveva fatto loro la carità con un' infinitesima parte delle ricchezze che possedeva.
Iniziarono ad odiarlo e meditarono quindi vendetta.
Avrebbero rovesciato la buona sorte con la quale le stelle avevano baciato quel ragazzo dai capelli di fuoco.


Arrivò la notte e il dolce Hanamichi accolse a braccia aperte il marito, narrandogli nei particolari la bellissima giornata che aveva passato, facendolo sorridere del suo buonumore e ringraziandolo ancora per la generosità dei suoi doni e del suo amore.

Kaede si lasciò baciare ed accarezzare, ma in cuor suo si doleva, così strinse il suo sposo e gli parlò ancora durante la loro conversazione notturna, per avvertirlo.

"Mio Hanamichi non capisci che la Fortuna già comincia a volgerti le spalle?Preparati ad affrontare prove difficili, dovrai difenderti se non vorrai soffrire, i tuoi fratelli già preparano la loro vendetta e faranno di tutto per convincerti a vedere il mio aspetto e tu sai , vero, che se lo vedrai una volta non lo vedrai mai più.....dovremo separarci per sempre e soffriremo le pene dell' Ade.....quindi non cedere....non distruggere la famiglia che potremo creare insieme ......non gettare via il nostro amore per semplice curiosità....proteggi il nostro segreto e non te ne pentirai"

Hanamichi si rattristò a quelle parole.
Non capiva perché il suo adorato sposo nutrisse un tale sospetto nei confronti di quei fratelli così cari da venire a piangere sulla rupe la sua scomparsa.

Si sentiva triste, ma promise.
Non avrebbe voluto chiedere troppo o contrariarlo, ma per la propria sincerità d'animo e per la propria purezza non riusciva a sopportare di potere essere causa di dolore per i propri cari.
Con gli occhi lucidi si strinse a lui, abbracciandolo stretto.

"Da tempo ormai hai avuto la prova della mia fedeltà e del mio amore, adesso conoscerai anche la mia discrezione. Riponi in me la tua completa fiducia e non ne verrai tradito. Soltanto dammi ancora la possibilità di rivederli, ordina a Zefiro, dio del Vento, di ubbidirmi, così che io possa vedere i loro volti in cambio della tua immagine che mi è negata.....concedimi questo ancora una volta........fammi felice sapendo che loro stanno bene....non mi interessa più niente del tuo viso, né mi danno più fastidio le tenebre della notte, ho te, la mia luce splendente, ho i tuoi capelli così morbidi fra le dita, le tue labbra dolci vicine, il tuo corpo meraviglioso e caldo contro il mio....cosa pensi possano fare loro per dividerci? Acconsenti alla mia richiesta, io appartengo completamente a te ora e posso dimostrarlo a chiunque, mortali o dei. Prometto buon senso e rispetto per te e i tuoi ammonimenti, ma non uccidere la mia volontà te ne prego"


Kaede, avvinto da quelle parole, lusingato dalle dichiarazioni d' amore e costretto dai vincoli d' affetto, impossibilitato a togliere persino la libertà a colui che diceva di amare e affranto per quell' unica condizione imposta che sembrava una barriera fra di loro, accettò.
Gli promise ogni cosa e asciugò i suoi occhi umidi con i polpastrelli, facendo attenzione ad accarezzarlo con tutto l'amore possibile.

Poco dopo il sole sorse, comandato da Apollo e lui dovette svanire.


Immediatamente dopo i due fratelli raggiunsero la costa con navi veloci e saliti sulla rupe non attesero nemmeno che Hanamichi li chiamasse, si gettarono sicuri che il vento caldo, comandato dal loro fratello e da quello sposo misterioso, li avrebbe accolti e così fu, seppur con disappunto da parte del povero e mite Zefiro.

Senza attendere corsero in casa ad abbracciare il loro piccolo fratello, baciandolo con falsità, lodando il suo aspetto con profonda invidia e simulando affetto lo ingannarono perfettamente.
Hanamichi li accolse con enorme gioia, s' informò sui loro genitori, ricevendo a sua insaputa solo bugie e menzogne poi offrì loro tutto ciò che poteva offrire.

Segretamente pronti e malvagi i due ragazzi tesero la loro trappola, chiedendo ancora una volta quale fosse l'aspetto di quel marito misterioso che non era mai presente, a quale ceto appartenesse, che carattere possedesse.

Dimentico della bugia raccontata loro al primo incontro il giovane ragazzo dai capelli rossi, poco avvezzo a mentire spudoratamente, narrò loro di essere il felice sposo di un ricco mercante di mezza età, dal viso gentile e raffinato su cui spiccavano due grandi occhi neri e un sorriso stupendo, sempre in viaggio per i mari e le province.

Poi, caricati di doni i fratelli, li invitò a portare i suoi gioiosi saluti ai loro genitori.

I due andarono via discutendo animatamente dei loro progetti.
Ripensarono alle parole di Hanamichi, alle sue bugie, secondo le quali il suo adorato sposo dovesse essere prima un giovane dai capelli biondi e gli occhi verdi e poi, dopo pochi giorni, improvvisamente un uomo di mezza età colto ed affascinante con grandi occhi neri.
Evidentemente le parole del loro fratello minore erano tutte menzogne ed il motivo poteva essere solo uno.
Neanche il loro Hanamichi conosceva l' aspetto di quel marito.
Quello sarebbe stato il loro punto di partenza.
Se quello sposo non si era mostrato e comandava i venti sicuramente poteva essere solo un dio.
Ancora più profondamente invidiosi giurarono sulle loro teste che avrebbero allontanato tutta quella fortuna da chi, come quel loro sciocco fratello minore, non meritava altro che qualche disgrazia.

Preparato il loro crudele piano, senza dir niente ai genitori che ancora si rattristavano, se ne andarono e tornarono il giorno seguente.

Aiutati ancora una volta dal vento gentile corsero in casa dal fratello, abbracciandolo e fingendosi disperati.

Il maggiore quindi disse.
"Ah caro Hanamichi, tu te ne stai qui beato e non sai che grave pericolo stai correndo....siamo venuti da te il prima possibile perché sai che abbiamo sempre avuto cura della tua salute e della tua felicità"

"Parlate - rispose Hanamichi agitato - di che pericolo dovete avvertirmi?"

"Dicono che si aggiri in questa zona un serpente mostruoso, che striscia annodandosi in grandi spire nere, che cola veleno dalla bocca e che ha ancora i denti insanguinati per le numerose vittime che uccide"

Hanamichi rabbrividì di disgusto.

"Ebbene, devo temerlo giusto? Non si starà avvicinando a me dalla rupe spero"

I fratelli finsero lacrime amare e si prodigarono in falsi singhiozzi.
"Caro Hanamichi lui è già qui, sappiamo con sicurezza che è colui che la notte giace con te, il tuo sposo, il tuo misterioso consorte"

"Non può essere vero, un tale mostro non può essere il mio sposo, io ho toccato la sua pelle, ho baciato la sua bocca e non può avere un tale aspetto, è impossibile"gridò il ragazzo dai capelli rossi sconvolto

"Sapevamo che non ci avresti creduto, eppure ricordi il responso dell' oracolo di Delfi?Saresti dovuto essere consegnato ad un mostro feroce, una belva che portava morte, molti cacciatori hanno visto questo serpente mostruoso tornare a nuoto verso questo promontorio ogni notte dopo le stragi compiute.....potrebbe essere un serpente demoniaco ed avere il potere di mutare aspetto o di ingannare i tuoi sensi......"

Hanamichi fissava scioccato i visi bagnati dei fratelli, i loro occhi supplicanti, non disse niente, non ne aveva la forza.

"Noi ci preoccupiamo per te, ti vogliamo al sicuro, ascolta le nostre parole, il serpente attenderà ancora un po'per ingrassarti con i doni ed i banchetti poi ti divorerà certamente e allora sarà tardi, segui i nostri consigli e fuggi, a meno che tu non abbia già cominciato ad amare troppo il suo odore velenoso, i suoi abbracci disgustosi o la sua pelle gelida, in questo caso noi andremo subito via, ma il nostro cuore sarà leggero perché abbiamo compiuto il nostro dovere di fratelli"

Il povero Hanamichi chiuse gli occhi.
Semplice d' animo com' era si lasciò avvincere e spaventare da quelle terribili parole e scordò tutti gli ammonimenti del suo adorato marito, dimenticò ogni promessa ed ogni prudenza e fatti sedere quei vili fratelli ascoltò i loro turpi progetti.

"Dopo molte riflessioni siamo giunti ad un pensiero, un modo attraverso il quale tu possa percorrere la via della salvezza, l' unico modo.Ascoltaci bene"

"Nella parte del letto dove sei solito dormire nascondi un rasoio ben affilato poi prendi una lampada e del buon olio, posala accanto alla sponda del letto e coprila bene con un coperchietto per non lasciar scorgere la luce. Quando poi lo sentirai rientrare ed ascolterai finalmente il suo respiro dormiente e sarai certo che Morfeo lo ha portato via alzati, cammina scalzo in punta di piedi e prendi la lampada. Con il consiglio della luce smaschera il suo orribile aspetto, stai certo che nel sonno egli non potrà usare i suoi poteri per ingannarti e si mostrerà a te per come è realmente, tu alza il braccio e con virile coraggio colpiscilo e tagliagli la testa"

"Finalmente libero attendici ai piedi della rupe, dove comincia il bosco e vedrai arrivare i soccorsi che noi avremo chiamato per te, ti porteremo via e raccoglieremo insieme tutte le ricchezze di questa casa per farne dono ai nostri genitori e per offrirle in dote a chi, essere umano, chiederà giustamente la tua mano"

Il dolce Hanamichi ascoltò con interesse quelle parole poi salutò i fratelli che avevano fretta di ripartire, consci di aver incitato il fratello all' assassinio di un dio.
Mentre i due spregevoli uomini salivano sulle loro navi per tornare alle loro case il giovane Hanamichi girava inquieto e solo nella grande casa vuota.

Una tempesta furiosa agitava il suo animo.
Si sentiva profondamente diviso.
Credeva all' affetto dei fratelli e alle loro parole eppure.......
Si mosse, preparando l' occorrente per quel piano, in balia delle onde di diversi sentimenti che lo trascinavano lentamente da una parte all' altra.
Ricordò la prima notte, le appassionate dichiarazioni d' amore, il piacere e l' amore che quel marito sapeva donargli.
Poi pensò alle parole dei fratelli, ricordando come si fossero sempre voluti tutti e tre bene ed avessero diviso un' infanzia felice.

Nello stesso corpo del marito odiava l' aspetto di mostro, ma amava il dolce sposo che aveva imparato a conoscere.

Prese il rasoio e la lampada, indugiò poi si affrettò, si adirò con sé stesso per mancanza di coraggio poi cominciò a piangere, posò la lampada poi la tolse, sistemò il rasoio sotto il cuscino poi lo gettò lontano.

Cosa doveva fare?
COSA?

Non sapeva.
Non sapeva più.

Con quell'atroce incertezza addosso Hanamichi sentì arrivare il tramonto e poi la sera e si affrettò, con finale decisione, a concludere i preparativi.

E la notte stessa afferrò a piene mani dagli otri di pelle le stelle da gettare nel manto vischioso del cielo oscuro.
E fu tenebra.
Con fruscii leggerissimi arrivò Kaede.

Prima del riposo gli sposi si lasciarono ad uno scontro nei combattimenti d' amore, per non impazzire nei pensieri di quella che era la sua sfortunata sorte Hanamichi si fece amare follemente, gridando di un piacere perfetto, dicendo così addio a colui che, anche se per poco, aveva avuto un posto privilegiato nel suo cuore di mortale.
Kaede s' impossessò a lungo di quel corpo splendido e sudato, bevendo il suo sapore e la sua dolcezza, ringraziandolo con cento baci per quella notte di pura ed armoniosa passione.

Poco dopo il silenzio tornò a regnare nella casa luminosa dell' oro delle pareti e dei diamanti del pavimento.
Avvolto nel suo protettivo abbraccio l' amante dai capelli rossi il dio cedé al sonno, ignaro del grande pericolo che lo minacciava.

Scioltosi da quelle braccia tiepide e troppo dolci Hanamichi si fece coraggio, ricordandosi di essere un ragazzo, un giovane uomo che poteva e doveva lottare con audacia.
Impugnò il rasoio e prese la lampada, in silenzio si accostò alla sponda del letto dalla parte del suo sposo e sollevata l' arma si fece luce per colpire.

I segreti di quel letto si rivelarono a lui.
Ed il tempo, governato dal grande padre Crono, sembrò fermarsi e riposarsi istanti interi dalla propria folle corsa.


Alla luce tenue della lampada ad olio apparve ai dorati occhi di Hanamichi la più bella e mite creatura mai vista.


Amore in persona, il dio dei sentimenti più profondi, il dio dalle frecce infuocate di passione e dall' arco preciso.
Steso davanti a lui, profondamente addormentato.

A quella vista la fiamma della lampada si ravvivò, come incantata ed il rasoio stesso smise di brillare nelle tenebre per non offendere, con la propria lucentezza, lo splendore, dono completo di quell' unico essere divino.

Guardandolo con occhi sorpresi ed increduli Hanamichi si sentì venir meno e cadde in ginocchio accanto al letto.
Immediatamente provò vergogna per ogni pensiero malvagio che aveva avuto e per ogni cosa che si era preparato a compiere.
Si odiò al semplice pensiero di quello che avrebbe potuto fare e avrebbe voluto conficcare quello stesso affilato rasoio, che teneva tremante in mano, nel proprio vile cuore.
L' arma stessa spaventata da quei propositi preferì scivolare lontano, a terra.

Fissando ancora gli occhi su quella bellezza straordinaria Hanamichi si sentì morire.
Osservò con cura ogni particolare.

Vide fili di seta nera e lucente scendere bagnati d' ambrosia sul cuscino morbido, ciocche di capelli elegantemente legate e sparse sulla nuca bianca come il latte, alcune più lunghe come nere dita raffinate, altre disposte sul viso e sulle guance, a velare con sapienza le ciglia folte e chiuse e la pelle rosata del volto.
Il candore di quel corpo, che si ergeva fuori dalle lenzuola leggermente scostate, vinceva in luminosità persino i bagliori della fiamma della lampada che, messa a confronto, sembrava essere solo un ridicolo lumino.
Gli occhi erano coperti dalla pelle delicata delle palpebre e dalle trame delle ciglia folte, ma Hanamichi era certo che non fossero tanto diversi da due enormi stelle brillanti.
Sulle spalle penne umide di sudore e rugiada sembravano al buio fiori iridescenti che davano la forma a grandi ali chiuse ed immobili.
Poche piccole penne invece si muovevano ancora, tremule e delicate, spostate dalle correnti dei dolci venti tiepidi.
Il petto era lento nei suoi cadenzati movimenti respiratori, liscio, levigato, perfetto.
Ogni singolo particolare perfetto, una bellezza compiuta, seconda forse solo a quella di Venere stessa.
Hanamichi si sentì insignificante al confronto e si chiese come avesse potuto essere scelto da quel dio così magnifico.

Il suo cuore prese a battere velocissimo e lo sguardo incontrò le frecce, l' arco e la faretra ai piedi del letto.
Le armi del suo sposo.

Con infantile curiosità le osservò e le toccò, giocandoci poi le lasciò per dedicarsi ancora alla splendida visione di quei tratti superbi.
Seduto accanto a lui, sulla sponda del grande letto, Hanamichi coprì di baci la sua bellissima bocca, con desiderio scese sulle spalle per leccarne la perfezione poi chiese scusa a quel bellissimo marito accarezzando con riverenza ogni parte del suo viso.


In quel preciso momento si compì il loro destino.


Forse per crudele malvagità o per insana invidia o per desiderio di toccare anch' essa quel corpo affascinante la lampada, lasciata poco più in là, fece schizzare una piccola goccia d' olio bollente sulla spalla destra del dio e lo risvegliò dolorosamente.


Fu terribile.
Proprio tu, temeraria lucerna, vile strumento dell' amore che bruci appassionatamente hai osato ustionare la pelle delicata del signore di tutto il fuoco quando fu proprio un innamorato ad inventarti, per poter godere più a lungo del suo desiderio anche di notte.


Kaede aprì immediatamente gli occhi rispecchiandosi in quelli dorati di sole di Hanamichi, il suo sposo.
Un dolore immenso incupì quello sguardo blu mare mentre, allontanandosi da quelle braccia infide e traditrici, il dio alato si accostò alla finestra enorme.
Un ultimo istante, fu tutto così veloce e Kaede, il nobile Amore, si gettò nel vuoto per volare via.


Sconvolto Hanamichi dovette pensare un solo istante poi si alzò e messo un piede sull' argento cesellato dell' intelaiatura della finestra saltò nel vuoto aggrappandosi a lui.

Aveva sbagliato, ma non lo voleva perdere, lo amava, lo amava così tanto.
E non perché affascinante o straordinariamente bello, lo amava perché non gli aveva mai mentito, gli aveva detto di aver un bell' aspetto, di essere un dio, di averlo scelto fra i mortali.

Non gli aveva mai mentito.
Ed era la prova d' amore più grande che uno sposo potesse dare.

Non lo avrebbe perso.
Mai.

Kaede sostenne il suo peso e lo trascinò con sé, volando nelle regioni delle nuvole, attraversò foreste e valli poi sentì il suo Hanamichi cominciare a scivolare.

Stanco ed incapace di resistere oltre il ragazzo dai capelli di fiamma si lasciò inesorabilmente scivolare al suolo.
Sotto di sé monti dalle cime aguzze.
Non sarebbe mai sopravvissuto.

Ma non ce la faceva più e sapere che il proprio sposo stava soffrendo per causa della sua ingenuità lo trafiggeva con lame roventi.
Era un buon motivo per lasciarsi andare e smettere una volta per tutte di soffrire.


Con una sola lacrima romita sul bel viso bronzato Hanamichi perse la presa e cominciò a cadere.

Improvvisamente accortosi di aver perso quel dolce peso, che lui mai aveva smesso di considerare tale, anche se addolorato e tradito, l' alato dio si precipitò verso lo sposo, per strapparlo alle crudeli punte rocciose che già attendevano il suo delicato corpo.
Non lo avrebbe permesso.
Il dio dell' Amore che l' amava non lo abbandonò.
Anche se divisi quel bellissimo ragazzo era suo e nessuno poteva osare profanare la sua morbida pelle, sua esclusiva proprietà, nemmeno Gea, la Terra, madre di tutte le creature.
Con qualcosa di molto simile al sollievo e alla felicità si era sentito ghermire dalle braccia calde del suo amante dai capelli rossi vicino alla loro finestra, sarebbe voluto fuggire lontano da lui, ma sapere di essere più importante della vita stessa per il suo Hanamichi, così tanto da fargli sfidare le altezze e la morte stessa lo aveva alleggerito di quel dolore così sordo che aveva sentito appena aperti gli occhi.
La spalla gli bruciava per l' ustione di quella lampada maledetta, ma raggiunse il suo amante e lo afferrò saldamente, salvandolo dal suolo avido di sangue.

Incredulo Hanamichi si strinse immediatamente a lui, abbracciandolo con paura appena passata e amore.

Ma il dio alato raggiunse presto un prato fra due valli e lì posò a terra il suo sposo.
Immediatamente si allontanò, per non cadere nel calore che già sentiva fra i loro corpi e volò su un cipresso vicino.
Hanamichi alzò il bel viso rigato di lacrime ed ascoltò le parole commosse del suo Kaede.


"Io, dolce Hanamichi, senza ubbidire agli ordini di Venere, mia divina madre, che mi aveva comandato di farti innamorare dell' uomo più infimo di tutto il genere umano e di legarti quindi ad un matrimonio insopportabile, per punirti della tua sfrontata bellezza e vanità, ti ho voluto invece per me. Ti ho visto e ho deciso del nostro matrimonio, ti ho rapito e corteggiato, ti ho fatto mio e pensavo di avere il tuo amore e la tua fiducia. Ho fatto tutto con leggerezza, ma il tuo fato mi indignava, così avverso, contro di te, un ragazzo così semplice e puro, ti ho capito profondamente e non mi pento di essermi ferito con una delle mie stesse frecce pur di rendere eterno il nostro legame, che già esisteva dal momento in cui ho scorto le tue forme e tu......tu invece mi hai ripagato ingannandomi ed alzando una lama su di me, scoprendo di notte, con il favore dell'oscurità il mio viso che doveva rimanerti sconosciuto, tentando di uccidermi, considerandomi un'infida e bugiarda fiera crudele, cercando di tagliare la mia testa che porta con sé questi occhi innamorati del tuo cuore. Di questo ti avvertivo, per questo ti ammonivo ogni notte.Ma quei tuoi crudeli fratelli pagheranno con la vita l' affronto che hanno osato rivolgermi, tu invece sarai punito adesso, non guardarmi con quell' espressione affranta.... sai che non potrei mai alzare una mano su di te quindi, semplicemente, mi allontanerò da te per sempre, la mia fuga sarà la tua punizione, addio dolce sposo, addio"

E con queste ultime parole si librò nel cielo e scomparve.

Hanamichi, prostrato a terra, seguì con gli occhi il volo dell'amante finché poté poi si lasciò ad un pianto inconsolabile e profondo.

Il pianto di chi ha perso la vita, la ragione di esistere, l' amore.
Le lacrime di chi ha perso tutto.

Con il vuoto nell' anima il ragazzo dai capelli rossi si alzò avvicinandosi ad un torrente di montagna dalla corrente impetuosa e fissato il cielo nel quale non vi era più traccia dell'amato sposo, si gettò nell' acqua per porre fine alla propria misera esistenza.

Ma il mite fiume, devoto al signore dell' Amore, che riusciva a far ardere anche le acque stesse e temendo l' ira di quel dio alato, non potendolo privare del proprio sposo, subito formò un gentile mulinello che accompagnò Hanamichi sulla sponda, illeso.

Per caso, proprio su quella verdeggiante sponda riparata sedeva Pan, dio dei Boschi e delle Selve, che abbracciato ad Eco, dea dei Monti, le insegnava a ripetere canti d' ogni genere.

Il dio zoomorfo chiamò a sé il dolce Hanamichi vedendolo triste ed abbattuto e cercò di consolarlo.

"Grazioso ragazzo io non vivo in mezzo agli uomini, ma ricco della mia lunga esperienza posso capire il tuo male dal tuo stesso aspetto.
Con quello che i saggi chiamano veggenza posso dire che il male che ti inumidisce gli occhi, che scuote il tuo corpo di singhiozzi e continui sospiri, che rende pallido il tuo bell' incarnato e titubante il tuo passo è l' amore. Tu soffri per troppo amore, vero ragazzo? Eppure mi chiedo chi possa mai aver rifiutato te, che sembri una giovane rosa fra sterpi di campo buoni solo da ardere.....dammi ascolto, non cercare più di toglierti la vita, non gettarti nei fiumi o nei precipizi, non ne avrai nessun beneficio, l' Ade non ha nulla di più da offrirti.......smetti di piangere e piuttosto rivolgi le tue preghiere di innamorato all' alato Amore e dato che è un giovane bello e voluttuoso cerca di convincerlo con dolci lusinghe"


Hanamichi non rispose.
Ringraziò il dio dei Boschi ed il proprio buon nume e si incamminò.

Non si sarebbe tolto la vita.
Lui aveva peccato e lui avrebbe chiesto perdono.
Avrebbe raggiunto tutti i templi dedicati agli dei.
Avrebbe pregato, supplicato, implorato, lottato e offerto doni e sacrifici.
Avrebbe ritrovato il suo caro sposo e gli avrebbe chiesto perdono in mille dolcissimi modi.
Poi sarebbero finalmente stati felici.

Quel dio zoomorfo saggio e buono lo aveva indirizzato per la giusta strada, ora tutto era nelle sue mani.

Non sapendo dove si trovava il ragazzo dai capelli rossi vagò a lungo per valli e cime e rupi, fino ad arrivare ai primi villaggi, errò affranto ancora e ancora poi, mentre il sole tramontava, giunse al regno di quella principessa che aveva avuto come marito uno dei suoi fratelli.

Hanamichi corse da lui, facendosi annunciare, abbracciandolo e salutandolo.
Nel formare quel corpo così bello, pieno dello spirito di Venere, la natura aveva prodigato ogni forza nel riempirlo di semplicità e dolcezza e mite purezza.
Sentimenti come odio e rancore non avevano mai fatto parte del suo animo, rendendo il giovane Hanamichi incapace di tali sensazioni.

Stretto il fratello, contento in tanta disperazione di vedere un viso caro, raccontò a lui la sua enorme sventura, la notte del tradimento, la scoperta della verità, la visione del magnifico aspetto divino di suo marito, il dio dell' Amore.

"Capisci?E' fuggito da me e non tornerà, mi ha detto addio..... io lo cercherò, ma lui forse vorrà prendere un altro marito, un altro sposo, sono disperato fratello mio, triste e disperato"

Sistemato Hanamichi in una stanza appartata ed invitatolo al riposo quell' infimo fratello si recò dalla propria sposa ed ingannatala con una menzogna partì alla volta di quella rupe sotto la quale sorgeva la dimore del dio alato.
Con empie nozze l' uomo pensava di distruggere definitivamente il fratello, unendosi in matrimonio con quello stesso dio che aveva rifiutato lui.
Così, arrivato al promontorio, iniziò a gridare come un folle, bramoso di potere e di ricchezze e accecato dall' invidia.

"Accogli, o dio dell' Amore, il nuovo sposo degno di te e tu, Zefiro, solleva il tuo nuovo padrone"

Senza accorgersi che nessun vento spirava in quella zona, ma perseguendo follemente il proprio scopo il crudele fratello maggiore si gettò dalla rupe, certo che il dio lo avrebbe salvato.
Ma più nessuna divinità abitava quella zona e la fine di quel mortale pieno d'odio e gelosia fu orribile.
Il suo corpo, straziato dagli scogli, fu cibo per le belve del mare.

Ed il fato non tardò a punire il secondo crudele fratello.

Hanamichi, ripartito in cerca dell'adorato sposo, capitò in un' altra regione, abitata dal mercante e dal suo secondo parente.
Raccontata la medesima storia anche quel vile mortale seguì i progetti del primo fratello e corse sconsideratamente alla rupe per poi gettarsi e nutrire ancora le bestie selvagge dei profondi abissi con la stessa atroce morte.


In quegli stessi attimi, Hanamichi, determinato e fiero, proseguiva la ricerca del suo amante, mentre il giovane dio alato, stremato dal viaggio e dalla ferita si portò alla dimora della madre, la divina Venere e li si abbandonò alle cure delle ancelle.

Nel frattempo un giovane gabbiano dai peli irti, splendido uccello di mare che omaggia i flutti spumosi con le proprie acrobazie, raggiunse la dea che, ancora intenta nei suoi bagni, nuotava circondata dal fastoso corteo marino.
Arrivato sulla sua spalla le narrò i fatti accaduti e le rivelò che suo figlio, il nobile Kaede si era bruciato e giaceva in pericolo di vita.
Le parlò anche del giovane Hanamichi, del matrimonio segreto e del tradimento, le confessò che sulla bocca di tutti gli dei dell' Olimpo non si pettegola d' altro che della famiglia di Venere.

Indignata da tali parole la dea abbandonò subito i freschi flutti e le onde giocose e si diresse furibonda alla sua dimora per rimproverare quel figlio disubbidiente.

"E così ti sei messo sotto i piedi i miei ordini e non solo.....hai unito a te in matrimonio quel vanesio essere mortale, destinandomi ad avere come genero proprio colui che si atteggiava a mio rivale. Ma credi che questo mi faccia lieta? Ho ancora l' età per fare un altro figlio, più rispettoso e devoto di te e ti toglierò le frecce e l'arco e le darò a lui, certa che saprà servirmi meglio di te, anzi prenderò uno dei miei servi e ne farò un dio in tua vece, per meglio umiliarti...................
....cosa puoi dire adesso? Parla, difenditi!"

Il giovane Kaede la guardò con consapevolezza e troppo debole per difendersi pensò solo al suo dolce Hanamichi mormorando.


"Io lo amo e tu sai, madre, che la mia parola è una sola"


La bellissima dea dai grandi ricci neri si adirò ancora di più, gridando.

"Tu vuoi scatenare la mia ira, non ascolterò un' altra parola come questa e delle tue dichiarazioni di vergognoso amore non so cosa farmene....mi vendicherò di te e di lui...tu mi costringi dunque a chiedere aiuto alla Castità, mia nemica, forse lei riuscirà a frenare i tuoi istinti e punirti a dovere, in quanto al tuo indegno amante lo tormenterò con crudeltà e poi lo consegnerò a Proserpina, che regna sull' Ade, perché renda la sua sofferenza eterna"

Detto questo uscì, preparando la sua vendetta.
Sul viso splendido e sofferente del nobile dio dell' Amore si affacciarono lacrime amare, non tanto per la propria sorte, ma per quella che più gli stava a cuore, quella del suo Hanamichi.

Uscita dalle proprie stanze la dea, irata e furibonda, incontrò Cerere e Giunone.
Vedendola alterata le due divinità le chiesero cosa potesse averle recato offesa.

"Il mio cuore brucia di rabbia, voglio chiedervi di aiutarmi nei miei intenti, bramo vendetta contro un mortale, un insulso ragazzo ...di certo non vi sono sconosciute le belle storie della mia famiglia né le imprese di colui che non ho più intenzione di chiamare figlio....aiutatemi dunque a trovare quel servo infedele chiamato Hanamichi, in modo che io possa, con la sua morte, salvare il mio onore"

Le due dee la guardarono affrante, non comprendevano tanta ostinazione e cercarono di farla ragionare.

"O splendente Venere che colpa può mai aver commesso quel tuo alato figlio perché tu ostacoli la sua vita ed i suoi sentimenti?Perché cerchi con insistenza la rovina di quell' umano che egli ama? Perché lo reputi traditore se ha sorriso ad un bel ragazzo? E' anch' egli un giovane, o forse lo hai scordato? E' nel pieno della sua giovinezza e merita di trovare la propria strada ed il proprio compagno! Oppure tu Venere, che sei una donna sobria e di buon senso continuerai a spiare gli amori di tuo figlio e punirai in lui le tue arti e la tua stessa bellezza? Se ha trovato un compagno che rispecchi, anche se in difetto, la tua splendida beltà perché lamentartene? Sarete una famiglia invidiata dall' intero Olimpo! E poi rifletti, cosa credi penseranno di te, dea dei sentimenti profondi, quando tu stessa soffochi l' amore di tuo figlio? Chi rivolgerà a te le proprie preghiere innamorate se tu stessa disprezzi ciò che hai in dono di seminare ovunque? Lascia libero tuo figlio e lui porterà da solo le proprie responsabilità"

Con enorme saggezza le dee si erano espresse, ma a nulla valsero le loro parole.
Il furore di Venere era ancora troppo forte così si diresse sola da Marte, suo amante, ignorandole.

Il bellissimo dio della guerra la accolse con baci profumati, invitandola a sedersi al suo fianco, sul trono di bronzo e rame, ma prima chiamò i propri schiavi affinché cospargessero di rose il cammino della sposa ed ogni altro luogo che lei doveva anche solo sfiorare.
L' affetto che quel dio dai ricci capelli e dalla statura non elevata provava per la splendida dea era secondo, in quel momento, solo a quello che Amore aveva per il proprio sposo.

Abbracciatala notò il turbamento del suo sguardo.
Si fece narrare le sue afflizioni e condivise il suo dolore per l' orgoglio infranto, ma rifiutò di concederle appoggio per la vendetta.
Non capiva la sua ostinazione e cercò di riportarla alla calma che tutti in lei conoscevano ed apprezzavano.
Ma a nulla valsero anche le sue affermazioni.
Dopo un dolce scontro d' amore Marte la lasciò quindi andare.

Nel frattempo Hanamichi errava per paesi sconosciuti alla continua ricerca del suo sposo, senza fermarsi mai, tanto da non sentire più nemmeno i propri piedi.
Arrivato in un' altra città, a lui ignota, ne osservò il magnifico tempio che dominava il mare con il suo frontone a rilievo e le alte e preziose colonne doriche.
Si chiese se fosse quella la dimora del suo dio e si avvicinò.

Ma quello non era che il tempio di un'altra divinità.

Hanamichi proseguì il proprio cammino, incontrò dei e dee, ma nessuno sapeva aiutarlo, tutti temevano l' ira della splendente Venere e si limitavano, inteneriti dalle sue preghiere e dalla sua sofferenza d' amore, a mantenere il silenzio su di lui senza riferire niente alla dea della Bellezza.

Passavano i giorni ed il viaggio proseguiva, i passi stanchi di Hanamichi si muovevano sorretti solo dalla speranza e dalla determinazione.
Mai avrebbe rinunciato a trovare colui che ormai amava più della sua stessa vita.
Lo avrebbe cercato fino ad averne la forza, fino al giorno in cui Proserpina stessa non sarebbe venuta a cercarlo per trascinarlo con la forza nell' Ade tenebroso.

E girò templi e dimore divine, città e regni.
Ma nessun aiuto giungeva dalla sorte e neppure le divinità sembrano ascoltare le sue preghiere.

Venere stessa, intanto, aveva supplicato Giove di mandare Mercurio, l' alato dio messaggero, ad offrire a tutte le genti in ricompensa sette baci per chi avesse trovato quell' insolente schiavo.

Ma, senza che nessuno lo sapesse, preso tutto il proprio coraggio e la propria determinazione, il giovane ragazzo dai capelli rossi si era deciso a recarsi di sua spontanea volontà alla porta di Venere, per chiederle perdono dell' offesa che, involontariamente, le aveva inferto e per reclamare il proprio sposo.
Convinto dalla speranza, pregando di poter rivedere almeno per un attimo ancora il viso dolcissimo del suo amato e di poter sentire per l'ultima volta la sua splendida e profonda voce, Hanamichi si preparò ad andare incontro ad una morte atroce.


Arrivato alla casa della dea si fece annunciare e trascinato dentro da Consuetudine, ancella devota di Venere, incontrò finalmente la grande dea.

Vedendolo in ginocchio davanti a sé, Venere rise crudelmente, pregustando la dolce vendetta a lungo attesa.

"Finalmente ti degni di venire a salutare la tua divina suocera...o forse sei qui per sapere di tuo marito, che da giorni soffre per la ferita che tu gli hai procurato.....ma so io come accogliere un genero come te nella mia casa......presto chiamate Tristezza e Angoscia, mie fedeli serve e a loro lasciatelo"

Hanamichi fu trascinato via senza poter dire niente e fu tormentato e colpito da quelle crudeli ancelle e poi riportato al cospetto della dea.

Venere si alzò quindi dal suo trono di rose e piume e stoffe bagnate di nettare e gridò contro di lui.

"Tu, che hai osato offuscare la mia divinità, vieni ora a chiedere perdono...per colpa tua ho dovuto subire lo scherno di tutti gli dei dell'Olimpo e ho dovuto vedere i miei ordini rifiutati persino da mio figlio, cosa hai da dire, dunque, vile servo?"

Hanamichi stanco e debole, trovò la forza per poche parole.

"Io lo amo, o grande dea e non smetterò di amarlo per quanto breve sarà la mia vita"

Venere allora gridò furiosa.

"Anche tu cerchi di ingannarmi con queste dichiarazioni così false, ma conosci la verità? Tuo marito non vuole più vederti, non ti ama, non ti ha mai amato, sei stato solo uno dei suoi divertimenti, quelli che tante volte hanno fatto sorridere gli dei stessi, nient' altro che un giovanile passatempo, ecco ciò che sei .......... ....mi hai parlato di matrimonio .......sciocca io, che ti ho erroneamente chiamato genero, nozze fatte in campagna, in segreto, senza testimoni, fra esseri di ceto infinitamente diverso, un mortale ed un nobile dio, non hanno valore, non avrai mai una famiglia con mio figlio, mai, non siete nemmeno sposati, non vali niente ai suoi occhi né ai miei"


Colpito a morte da quelle parole Hanamichi abbassò il viso senza rialzarlo.
Trascinandolo la dea lo portò in una buia cucina, lì prese dei semi di papavero, di grano, di miglio, di orzo, di ceci e li gettò a terra, sparpagliandoli sul pavimento freddo.

"Come può sperare un mortale come te di conquistare mio figlio semplicemente con il proprio misero aspetto?Dimostra le tue doti, dividi perfettamente questi semi, ognuno secondo il suo genere e compì il lavoro prima del mio ritorno di questa sera"


Il ragazzo dai capelli rossi si abbandonò disperato al proprio destino.
Non sarebbe mai riuscito nell' impresa, mai.
Ci sarebbero voluti giorni solo per poter ritrovare i semi sparsi in ogni angolo.

Silenzioso e sconfitto Hanamichi rimase immobile, a fissare con sguardo vacuo quei semi ammassati disordinatamente.

Commossa per il destino dello sposo del grande dio alato una piccola formica di campo radunò le proprie sorelle e chiamatele ordinò loro di svolgere quel lavoro.
Le agili figlie della terra compirono in un attimo quell' immane fatica e poi svanirono lasciando solo l' opera completa.

Per ultima andò via la prima formica, che beandosi di un meraviglioso sorriso di quel ragazzo dai capelli di fiamma ed arrossendo sotto i minuscoli occhiali che portava, lo salutò per sempre e si allontanò.


Tornata a controllare il lavoro di quel servo indegno la splendida Venere, cinta di rose vermiglie, si preparò alla vendetta ed al gusto che avrebbe provato a vedere in lacrime quel ragazzo per la sua disfatta.

Ma ebbe un'amara sorpresa.

Il lavoro era compiuto.
Perfettamente compiuto.


Adirata la dea iniziò a gridare contro il ragazzo che, sopito, aveva atteso il suo arrivo.
"Maledetto ingannatore, questa non è opera tua, delle tue mani, ma di quello a cui sei piaciuto per tua disgrazia e anche per la sua"

Avvilito il giovane dai capelli rossi non replicò e raccolto del pane gettatogli dalla dea lo mangiò, addormentandosi poi accanto alla cenere ancora tiepida.

Nel frattempo, poche stanze più in là, in una camera inaccessibile, riposava Kaede, il dio dell' Amore, vegliato attentamente dalle ancelle della grande Venere, in modo da non fargli aggravare la ferita con il suo agitarsi e da impedirgli di incontrare il proprio amato che, da qualche minuto, riposava poco più in là, nella stessa casa, sotto lo stesso tetto, ma privo dei suoi abbracci, solo e triste.

Così, inconsapevolmente ospitati dalla stessa dimora, i due amanti passarono un' amara notte, divisi e soli, al freddo dei reciproci corpi e sentimenti.

Il giorno dopo, non appena la dolce Aurora si accese nel cielo limpido con i suoi colori caldi, la dea della Bellezza fece chiamare il giovane Hanamichi.
In ginocchio di fronte al suo trono il ragazzo attese.

"Vedi quel bosco che si stende laggiù, accarezzato dalle anse di quel fiume fresco ed azzurro?Nei campi vicini, all'ombra di cespugli e rovi di spine pascolano, senza guardiani, meravigliose pecore dal manto dorato. Non mi interessa come, ma voglio che tu vada lì e mi colga dal loro manto un fiocco di lana di puro oro"

Hanamichi si affrettò quindi versò il bosco, non lo faceva certo per la dea, ma sperava con tutto l' animo di esserle così meno insopportabile, forse ornati i capelli o le vesti con quel bel vello dorato la sua divina suocera avrebbe accettato meglio le suppliche che lui non riusciva più a trattenere.
Voleva vedere il suo sposo.
Disperatamente lo voleva incontrare, toccare, baciare, lusingare.
Non gli importava d' altro.
Nemmeno della sua stessa vita.

Arrivato al fiume ebbe un attimo di smarrimento, se vi si fosse gettato forse avrebbe posto fine alle sue pene.
Eppure una voce gentile lo dissuase.
Una canna che sorgeva irta sul fiume, le radici bagnate nelle acque, le libellule azzurre e lievi posate fra il suo fogliame, ispirata da un vento gentile e mite profetizzò.

"Dolce sposo del dio dell' Amore, non profanare il tuo corpo gettandoti in queste acque sconosciute e pure e non metterti nemmeno in cammino a quest' ora verso quelle terribili pecore. Hanno un manto dorato e sembrano miti pecorelle, ma in realtà sono talmente feroci da uccidere ed infieriscono contro i mortali con le loro corna acuminate ed i loro morsi velenosi. Ma quando il meriggio avrà placato l' arsura del sole le troverai stese sotto platani dalle grandi ombre, appena la sera che incalza le convincerà a trovare riparo corri sotto quegli alberi e raccogli i fiocchi di lana che i rami più bassi hanno imprigionato"

Così parlando, la gentilissima canna dalle venature castane come capelli di un caschetto di ragazzo, insegnò al giovane dagli occhi dorati il modo per adempiere la prova senza perdere la vita.

Così istruito Hanamichi attese il crepuscolo, ricordando, seduto su di un masso tiepido, i lontani giorni in cui, trepidante d' aspettativa, attendeva la notte ed il comparire del suo sposo che, accompagnato dal maestoso corteo delle stelle e nascosto dalle tenebre, sussurrava al suo orecchio dolci parole di vero sentimento.

Quanto sembravano lontani quei felici giorni.
Quanto.

Il sole su di lui sembrò baciarlo e questo bastò a far scorrere i suoi ricordi.

Quanto gli mancavano.
Si sentiva orfano di tutte le gentilezze, i baci, gli amplessi.
Si sentiva orfano dell' amore.


Ma avrebbe fatto di tutto, di tutto, per riconquistare quello che così stupidamente aveva perso.

Finalmente il cielo si tinse d' arancio e poi accorse veloce l' indaco del crepuscolo.

Passando per i campi vuoti Hanamichi, con un facile furto, si riempì le vesti di centinaia di fiocchi dorati, tornando dalla dea con le mani piene ed il viso sorridente.

Eppure la splendida donna si limitò ad inarcare un sopracciglio e con tono amaro lo umiliò.

"Anche di questa impresa non mi sfugge chi sia il misterioso autore, ma ora metterò veramente alla prova il tuo animo ed il tuo intelletto per constatare se sei degno dell' amore di un dio. Vedi quella vetta altissima e la rupe aguzza in cima a quel pendio scosceso?Da lì scendono le onde oscure di una nera sorgente, proprio da lì, dove le acque si mescolano per dar vita al Cocito che va agli Inferi, attingimi con questa brocca dell' acqua"

Così dicendo e minacciandolo di morte in caso di insuccesso la dea gli fece consegnare un vasetto di cristallo intagliato.

Arrivato ai piedi dell' erta rupe il giovane si fermò, incredulo per l' immane difficoltà di quella terza prova.
Le pareti di quel picco altissimo si ergevano sdrucciolevoli, scoscese, senza appigli, impossibili da scalare, orrendi torrenti neri ne solcavano le gole profonde scorrendo con violenza fino a disperdersi in altre conche. A destra e a sinistra feroci draghi, dagli occhi iniettati di sangue aperti in una luce perenne, facevano uscire da buchi ed anfratti i loro lunghi colli, sputando fuoco nell' aria ricca di vapori irrespirabili.
Perfino i rii più piccoli, dotati di vita, gridavano contro chiunque osasse avvicinarsi, difendendo il sentiero, urlando con sinistre voci.

<Vattene>

<Che fai?>

<Fuggi>

<Morirai>

Immobile di fronte a quell' orrendo spettacolo Hanamichi non trovò nemmeno la forza di disperarsi.
Questa volta non avrebbe portato a termine il suo compito e sarebbe morto, se non per colpa dei draghi o nei precipizi, sarebbe stata la dea stessa a togliergli la vita con le sue delicate mani.

Ma in quel momento la divina protezione operò ancora una volta.
Dai cieli scese incontrò allo sposo del divino Kaede la regale aquila rapace, l' uccello sacro di Giove stesso, Dio dell' Olimpo.
Commossa da quell' anima straziata dai tormenti e desiderosa di ossequiare la grandezza di quel dio che tante volte lo aveva accompagnato nelle imprese, la grande aquila, nera come ebano, dagli occhi scuri e sinceri, come quelli di un amico fidato, accorse il aiuto del ragazzo dai capelli rossi.
Volandogli davanti l' uccello prese a dire.

"Sei proprio temerario o forse incosciente ed ignaro del pericolo tu che speri di rubare anche una sola goccia d' acqua alla sorgente dello Stige. Questo fiume è temuto persino dagli dei e tutti ne hanno rispetto ed a lui rivolgono le loro preghiere, dai a me quel vasetto e stai da parte"

Il magnifico volatile dalle ali sconfinate ed agili, dallo sguardo acutissimo e dal piumaggio nero come l' inchiostro più pregiato si diresse ad altissima velocità contro le rocce, evitando con elegantissimi avvitamenti le fiamme dei draghi e le loro lingue biforcute e taglienti poi raccolse le acque, ordinando loro di tacere gli insulti e le minacce poiché era una dea stessa a volerle per sé.

Riconsegnato il vasetto colmo ad Hanamichi e ricevuti ogni sorta di ringraziamenti, lo splendido animale si allontanò fiero e deciso.

Correndo per l' aspettativa, certo che forse quella volta la dea lo avrebbe premiato, se non per i suoi meriti almeno per la sua sorte fortunata, il ragazzo dal cuore innamorato ed i capelli di fiamma tornò da Venere.

Ma neanche con quella prova la crudele dea fu soddisfatta.
Ridendo malignamente disse lui.

"Bene, mi sembri dunque uno stregone potente ed astuto tu che hai eseguito tutti i miei comandi alla lettera senza perire o ferirti, ora assolvi l' ultimo compito, recati negli Inferi stessi, oltrepassa lo Stige e porta questo cofanetto a Proserpina ,dea dell' Ade e parlale perché ti conceda un po' della sua bellezza a nome mio, anche solo per un giorno, poiché io ne ho persa molta mentre curavo mio figlio"

Al solo sentir parlare di quel dio bello e dolcissimo gli occhi di Hanamichi brillarono di una luce intensissima che non sfuggì alla donna che sedeva sul trono.
Con un gesto di stizza Venere gli ordinò di sbrigarsi e di tornare prima di sera poiché aveva bisogno di quella magica essenza prima di uscire a teatro.

Hanamichi si incamminò disperato.
Non solo era stato costretto ad affrontare prove immani e pericolose rischiando sempre la propria vita, ma adesso la crudele dea aveva deciso di farlo recare di sua spontanea volontà nell' Ade stesso, con lo scopo di non vederlo più tornare.

Affranto e senza sapere come giungere alla bocca degli Inferi il ragazzo dai capelli rossi vide una torre dorata, dai bei colori dell'ocra e del giallo scuro.
Vi salì con l' intenzione di gettarsi giù, in quel modo avrebbe raggiunto subito l' Ade ed avrebbe adempiuto al suo compito.
Per il suo adorato dio non avrebbe rinunciato neanche a darsi la morte.

Ma la decisa torre lo fermò.

"Perché tenti ancora di ucciderti? Vuoi desistere proprio ora che le tue fatiche si sono compiute? Getti al vento tutto quello che hai sofferto finora? Anche il tuo stesso amore?Da qui arriverai, si, agli Inferi, ma poi non tornerai mai più indietro e credimi, qualcuno lassù piangerà la tua morte per un' amarissima eternità...... ....ascoltami e sii saggio"

Hanamichi si sedé, baciato dal sole ed ascoltò la lunga spiegazione.


La torre parlò.


"Lacedemone, famosa città, non è lontana da qui, raggiungila e vicino ad essa, fra le appartate foreste, cerca l' entrata all' Ade, ma non andare sprovvisto, porta con te, in mezzo a quelle tenebre, due focacce d' orzo impastate col miele, una per mano e tieni in bocca due monete. Percorsa la tua strada incontrerai un asino zoppo ed un vecchio che ti chiederà di raccogliergli la legna caduta, ma tu ignoralo e va avanti. Arrivato alla sponda dello Stige paga Caronte, il barcaiolo infernale, facendogli prendere la moneta direttamente dalla tua bocca, una sola bada bene e fatti portare sull'altra riva. Durante la traversata un morto nelle acque ti chiederà di trascinarlo nella barca, ma tu non commuoverti, non merita la pietà di nessuno se si trova lì. Passato il fiume prosegui ed incontrerai tre anziane tessitrici, ti chiederanno un aiuto, ma tu non le ascoltare, ti vogliono ingannare, sono mandate da Venere affinché tu perda una delle focacce e sappi che se la perderai non rivedrai mai più la luce del sole e nemmeno il tuo sposo. Giunto di fronte alle porte dell' antro di Proserpina doma il cerbero dalle tre teste con una focaccia e recati dalla dea, falle la tua richiesta, ella ti inviterà a banchettare con lei, ma tu non accettare, siedi in terra, mangia un pane semplice, prendi la bellezza che ti offrirà e torna indietro.Doma nuovamente il feroce cane, paga il nocchiero della città di Dite e torna sotto il cielo stellato.
Ho un' ultima raccomandazione da farti, ascoltami attentamente splendido giovane. NON APRIRE assolutamente quel cofanetto, tieni a freno la tua curiosità e non spiare o ne pagherai le conseguenze"

Così Hanamichi, ringraziata la profetica torre, tanto grande e bella da sembrare un fiero capitano, amorevole nel proteggere i neri rondinotti che vi facevano il nido corse alla città annunciata, lì trovò l' entrata, prese il necessario e seguì esattamente le indicazioni della gentile torre, prese il cofanetto, ritornò indietro e finalmente uscì sollevato e felice dagli Inferi proprio nei momenti in cui il tramonto cominciava a trasformarsi in sera.

Sotto le prime stelle della sera il giovane, dai capelli più splendenti delle stesse fiamme della città di Dite, ammirò rapito il cielo violetto e limpido.

Con passo ormai stanco cominciò a tornare indietro verso la dimora della dea per presentarle la prova compiuta, ma la curiosità lo pervadeva, Hanamichi tentò di resisterle, ma se ne sentiva il cuore pieno, quel piccolo cofanetto che teneva in mano lo invitava malignamente ad essere aperto, ad ogni passo in più, con voce sempre più suadente.
Forse se avesse preso un po' di bellezza da quella piccola scatola si sarebbe potuto rendere più presentabile, sia alla dea che al suo dolce sposo, forse ne avrebbe ottenuto il perdono.
Vinto da quei pensieri e dimentico degli avvertimenti della saggia torre il ragazzo mortale aprì il cofanetto.
Ma nessuna bellezza vi era riposta dentro, nessun unguento o magia, ma solo un sonno profondissimo ed infernale.

Una densa nube avvolse il corpo splendido del giovane ed il torpore lo assalì facendolo cadere a terra, come privo di forze.
Piangendo un' ultima lacrima di tristezza Hanamichi si abbandonò alla sorte che la sua curiosità gli aveva regalato, giacendo inerte come un cadavere addormentato.

Cosa ne sarebbe stato ora di lui?


Ma Kaede, il nobile dio dell' Amore, era ormai guarito ed insieme alla ferita sulla spalla si era richiusa anche la ferita del suo cuore.
Mille e mille volte aveva scusato con parole sussurrate sulle labbra il comportamento del suo amante, mille e mille volte aveva sognato durante le notti di agonia di averlo accanto, di riscaldarsi al suo tepore, di godere delle sue labbra e delle sue mani sul corpo.
Non voleva più aspettare.
Non poteva più aspettare.
Sentiva accanto a sé la mancanza del suo Hanamichi e senza riuscire più a sopportarla fuggì via dalla camera segreta in cui era rinchiuso, passando per un' altissima finestra e volando veloce alla ricerca del suo dolce sposo sulle ali riposate.

Sospeso nel cielo, gli occhi azzurrissimi attenti nella ricerca, Kaede si lasciò narrare dal Vento, che tutto sa e tutto vede, quali e quante prove avesse dovuto affrontare il suo dolce sposo.
Lusingato da tanta devozione e amore il dio si affrettò e giunto vicino alla terra dei Lacedemoni scorse il suo sposo steso a terra, immobile.

Temendo per lui si gettò al suo fianco, atterrando con grazia e rapidità.

Lo prese delicatamente fra le braccia, lo strinse, baciò il suo viso.
Accortosi del sonno infernale che lo imprigionava passò le mani su di lui, liberandolo dalle maglie tenaci di quell' incantesimo e richiusa la magia nel suo cofanetto, portò il suo sposo all' ombra di un salice.
Non desiderava che neppure la tenue luce delle prime stelle ferisse i suoi occhi.

Qui delicatamente lo tenne fra le braccia, stretto a sé, mentre si beava nel vedere nuovamente i suoi splendidi tratti , nel toccare i suoi morbidi capelli rossi, la sua pelle bronzea e liscia.
Lo baciò piano poi prese una freccia dalla propria faretra e lo punse lievemente, svegliandolo.
Ma non era una freccia incantata, che bisogno c' era di accrescere ancora di più quell' amore che non temeva neppure la morte?
Lo svegliò semplicemente, godendosi lo spettacolo immenso dei suoi occhi dorati che si aprivano, carichi di confusione e poi illuminati di gioia.

Ridendo il dio si lasciò stringere in un abbraccio incredulo ed estasiato.
Hanamichi lo strinse con tutta la sua forza, con tutta la disperazione cancellata da un solo battito di quelle ciglia splendide.
Non era possibile.
Il suo sposo, il suo dolce sposo.
Era lì, con lui, come se lo avesse già perdonato d' ogni colpa.

Ricordava di aver aperto il cofanetto e di essersi sentito venire meno poi rammentava solo il buio.

Allora era così.
Era morto.
E quello forse era il suo paradiso, l'ingresso ai Campi Elisi.

Si, si, doveva essere così.

Lentamente si perse nel viso bellissimo a pochi centimetri dal suo.
Ne osservò con minuzia ogni piccolo pezzetto, dai capelli neri come ebano agli occhi azzurro mare, dalla pelle bianca alle piume morbide.
Sembrava così reale.
Quanto lo amava, quanto lo amava.

Senza attendere oltre si strinse a lui.

"Se questo è un sogno non svegliarmi, se questa è la morte non riportarmi alla vita, quanto ho desiderato e atteso questo momento...quanto"

Il dio lo strinse forte.
"Anch' io, anch' io dolce Hanamichi"

Rimasero in silenzio.

"Devo senz' altro essere morto, in vita mai avresti perdonato il mio tradimento, ma ora che me ne è data la possibilità voglio confessarti tutto, mi mancavi così tanto che più di una volta ho tentato di togliermi la vita, ho supplicato dee e dei poi mi sono rivolto a tua madre la superba Venere, ma lei........"

Kaede gli posò un dito sulle labbra.

"So tutto, so tutto quello che hai fatto, le prove e la tristezza, il tuo dolore era uguale al mio e non posso che perdonarti ora che con tanto coraggio mi hai dimostrato che i tuoi sentimenti sono veri"


"Io .............io ti amo, più della mia vita .......non posso stare più nemmeno un giorno senza questo dolcissimo matrimonio con te....ti voglio accanto...così come il mio stesso cuore vuole sangue per vivere ......................ti amo più di ogni altra cosa ....e .......e se ne hai dubitato è stata solo colpa della mia ingenuità........................... "

Kaede sorrise dolcemente.
"So di chi è la colpa........ - gli posò un dito sul naso spingendolo indietro - ....ancora una volta la tua curiosità...anche prima...quando hai aperto il cofanetto di Proserpina...continui a sbagliare....credo che dovrò, da oggi in poi, tenerti sotto controllo affinché tu non ti venga a trovare in pericolo o in balia di una sorte avversa, non credi?"

Hanamichi rise.


"Si, fai tutto ciò che desideri di me"


"Ho il tuo permesso dolce sposo?"chiese il dio stendendolo sotto di sé

"Certo"

All' ombra del salice e alla luce delle stelle si unirono ancora una volta, dopo così tanto tempo.
Gli stessi steli d' erba su cui erano adagiati sospirarono insieme a loro, il bosco si fece silenzioso e la luna volse lo sguardo imbarazzato altrove.

Con gentilezza Kaede lo prese, facendolo suo fino in fondo ancora una volta, prestando attenzione a non rovinare con movimenti veloci il loro piacere.

In quegli attimi, proprio quando il compimento dell' unione interna ai corpi rendeva i due esseri uno Hanamichi alzò occhi liquidi sull' amante, baciandolo con labbra tumide e bagnate.
Il dio dell' Amore si era appena spinto in lui, ma senza alcun altro movimento.
Mancava qualcosa alla perfezione di quel rinnovato amore.

Il suo splendido sposo sudato non conosceva ancora il nome che avrebbe dovuto gridare ogni notte per tutta l' eternità che avevano davanti.


"Hanamichi, amore mio, chiama il mio nome, ti prego"


"Insegnami le lettere che lo compongono ed io non lo dimenticherò mai, neanche durante la lontananza eterna nell' Ade che attende il mio corpo mortale"

"Kaede...............K come Kaos che tu scateni in me , A come l' Amore che io rappresento, E come Ebe dea della giovinezza ......"


Hanamichi lo baciò, interrompendolo.
La voce ridotta ad un filo roco e spezzato.

"Apprendo in fretta dolce sposo, non frustrare il mio corpo con l' attesa...............sono ormai pronto mio Kaede"

Sorridendo il dio lo strinse, attese poi iniziò con lui la sua danza, cadenzando il ritmo degli affondi con la voce e con i baci di pausa fino a che, con un lungo e tenue grido in cui pronunciò ancora il suo nome, il suo amante non raggiunse l' apice.
Kaede lo seguì poi riposò con lui ancora un po'.


Il tempo passava.
I due sposi non volevano separarsi, ma ancora il loro futuro era incerto.
Il dio dell' Amore si alzò.

Abbracciandolo consegnò ad Hanamichi il cofanetto.

"Adesso va', porta a termine il tuo compito e consegna a mia madre ciò che le devi portare, al resto penserò io"


Un ultimo bacio ed una carezza leggera poi Kaede volò via ed Hanamichi corse dalla dea.

Librandosi verso i cieli più alti il dio alato si presentò al cospetto di Giove.

Il Grande ed Onnipotente Dio di tutto l' Olimpo sedeva sul suo trono d' oro, i capelli bianchi ed il viso rubicondo, lo sguardo paziente.
Avvicinatosi Kaede iniziò a parlargli della sua sventura, dell' amore fortissimo che provava per quel mortale e difese i suoi sentimenti e quelli dello sposo contro le ingiuste accuse di Venere.
Il buon Dio lo strinse a sé, abbracciandolo.

"Figlio mio, tu non mi hai mai dimostrato il giusto rispetto ed alle volte, per puro divertimento, hai fatto infiammare il mio vecchio cuore per donne mortali o divine che non erano la mia consorte Giunone, tuttavia proprio questo mio cuore, governato dalle stelle, ti ha in affetto e ricordando che sei cresciuto tra le mie braccia e che sei un dio nobile e giusto ti concederò ciò che chiedi, ho conosciuto il tuo sposo dalle sue opere ed ho apprezzato la sua forza e la sua devozione, benedico le vostre nozze e come regalo donerò a lui l' immortalità facendone un dio"

A quelle parole Kaede esultò in cuor suo e ringraziò il divino padre degli dei.

Immediatamente Giove stesso mando Mercurio, messaggero degli dei, ad annunciare che ogni divinità doveva recarsi immediatamente alla sala del teatro poiché un grande avvenimento stava per accadere.

In un attimo il teatro si riempì e Giove seduto sul trono, affiancato alla sua destra dalla moglie Giunone e a sinistra dal giovane dio dell' Amore si levò in piedi parlando all' assemblea.

"Dei superbi dei cieli e di ogni arte, voi che inspirate le Muse stesse e che ricevete le preghiere dei mortali per esaudirle, sapete tutti che io stesso ho allevato con affetto questo figlio alato, il nobile Kaede dio dell' Amore, ma molto spesso egli ha offeso la nostra dignità con amori illeciti e con la sua stessa audacia, perciò è necessario togliergli ogni altra possibilità e mettergli accanto una persona che sappia tenerlo a freno unendosi con lui in un solenne e giusto matrimonio.
Egli sulla Terra ha scelto un mortale, lo ha amato e privato della verginità, che se lo tenga dunque e sia suo, che abbracciando il suo Hanamichi Kaede goda per l' eternità del suo amore"


Gli dei si sollevarono in un brusio d'assenso.

Poi Giove si rivolse alla sua Venere.

"Venere, figlia mia,dea della bellezza, non rattristarti e non preoccupare il tuo bel viso per questo matrimonio indecoroso, tu stessa hai saggiato le abilità ed il buon cuore di quel giovane ragazzo, per amore egli ha sfidato persino la morte contro la quale tu l' hai mandato, io da parte mia farò in modo che queste nozze solenni si svolgano secondo il diritto sacro del matrimonio, farò uguali i dolci sposi, farò di Hanamichi un dio"

Subito Mercurio fu mandato a cercare il giovane, che triste, ma speranzoso, presso la dimora di Venere attendeva un cenno del suo amato.
Ma non fu lo splendido dio alato a venirlo a prendere bensì un altro bel dio, dai profondi occhi neri ed un lieve segno sul viso che sembrava una cicatrice, ma gli dei non ne avevano.
Pensò dunque di essersi sbagliato.
Poi lo guardò nuovamente e rispose al suo invito con un gentile diniego.
Non si sarebbe offerto di seguirlo, attendeva il suo sposo.
Avrebbe seguito solo lui.
Il giovane Mercurio scosse la testa, ridendo, dicendogli che il nobile dio dell' amore, Kaede, lo attendeva assieme a Giove nell' Olimpo.
Hanamichi si lasciò sollevare ed appena fu appoggiato al centro del teatro non si curò certo degli sguardi di tutti gli dei, cercò solo gli occhi azzurri del suo amore e corse da lui.
Kaede lo abbracciò stretto.

"E' tutto finito, hanno riconosciuto la tua bontà, sanno che sei solo mio così come io sono solo tuo"sussurrò al suo orecchio


Il divino Giove si fece lentamente strada verso i due ragazzi, con gesti calmi e solenni porse una coppa d' oro puro impreziosita da gemme di mille colori donate da Iride stessa, dea dell' arcobaleno, al giovane Hanamichi e lo invitò a bere.
Il ragazzo dai capelli di fiamma cercò lo sguardo del suo amante e ricevuto un assenso vuotò la coppa.
Il liquido ambrato scese dolce come nettare nella sua gola.
Si sentì riscaldare nel profondo del corpo e dell' anima ed avvertì in sé la perfezione.

Piena, totale, come quando il suo sposo lo possedeva.
Chiuse gli occhi gemendo di soddisfazione e li riaprì alla luce come divinità.

"L' ambrosia che hai bevuto ha fatto di te un dio Hanamichi, ora unisciti quindi al tuo legittimo sposo e che le vostre nozze siano eterne"


Immediatamente si sollevò un enorme applauso, gli dei si alzarono a festeggiare il nuovo dio e le felici nozze, Giove osservando compiaciuto ordinò ai servi un banchetto nuziale e sedettero tutti insieme.

Mentre voci a servizio degli dei allestivano le tovaglie di seta bianca ed ornavano i tavoli con penne di pavone e melegrane, Hanamichi si separò da Kaede scorgendo dietro un paravento, sul terrazzo inondato dal tramonto, la splendida Venere.

Il giovane la raggiunse, chiamandola timidamente da lontano per non spaventarla con un suo avvicinarsi improvviso.
La dea lo guardò poi rivolse al cielo insanguinato dal sole i suoi magnifici occhi.

Hanamichi la raggiunse, s' inchinò di fronte a lei e presole fra le dita un lembo della splendente tunica cha la vestiva, le baciò le vesti profumate con devozione.

Sorpresa la dea tacque, ma il ragazzo dai capelli rossi parlò.

"Bellissima Venere, dea dei sentimenti appassionati, madre del mio dolcissimo sposo, non avendone avuto prima l'occasione ti porgo ora le mie scuse ed i miei ringraziamenti.........le mie scuse ti sono dovute, mai cosa più debita a te vi è se non questa, ti ho arrecato offesa con il mio aspetto e credimi, ti prego, mille volte io per primo ne ho sofferto, condannato ad essere guardato da lontano, ma mai amato da nessuno, erroneamente mi credevano te o un tuo messaggero, nessuno mi avrebbe chiesto come sposo, così presi com' erano a ritenermi tutti una divinità.....mille volte ho maledetto il mio viso ed il mio corpo......ma ora...ora ne sono lieto..............grazie a questo ho potuto rendere la mia presenza piacevole agli occhi di Kaede, tuo figlio, ed ora che siamo stati uniti in matrimonio con questa bellezza posso rendere giusto onore a te, sua madre.......................chi mi guarderà saprà che non solo una, ma tante volte quante le stesse stelle del cielo, tu sarai più bella di me, lo farò gridare ai venti, lo dirò di persona a tutti gli dei, ordinerò alle voci di cantare queste mie parole............. 'Ecco che arriva Hanamichi, il dio sposo di Amore, ecco che arriva lo specchio incrinato e difettoso nel quale si può scorgere per qualche breve attimo un' immagine distorta della sua meravigliosa suocera, Venere'..................questo farò gridare al mio arrivo, sarò per te solo uno specchio e se me lo permetterai con la mia superficie opaca rifletterò un po' della tua brillante bellezza.............perdona dunque il tuo servo...............................che inoltre a te deve i suoi più profondi ringraziamenti...tu hai dato alla luce quella perfezione che è Kaede ed hai regalato a me la felicità di averlo come sposo, tu gli hai dato i natali ed io non potrò mai trovare un modo per ripagarti del gran dono che mi hai fatto, neanche cercassi per tutta l' eternità che ora mi spetta.................accogli dunque le mie richieste.............te ne prego, divina Venere"

La dea lo fissò a lungo, in quegli occhi dorati che rifrangevano sprazzi di tramonto in lampi sottili e bagliori luminescenti.


"Perché ti rivolgi così a me?Perché ti trovi qui e non insieme al tuo sposo, a rallegrarti, a ridere di me, sconfitta?"


Hanamichi le sorrise con sincerità ed affetto e la dea si perse in quel dolce e semplice incurvarsi di labbra.
Perché in quel gentile, quanto consueto, gesto aveva letto un' enorme purezza.


"Somma Venere, io ti sono ormai genero, ma non voglio che questo sia per te un peso, tu mi hai già provato quattro volte ora per....."

"Si - disse lei guardando le soffici nuvole inzupparsi del sangue del sole morente - quattro volte ti ho provato...........e altrettante hai dimostrato il tuo valore ..........hai l' affetto di tutti, persino delle misere formiche della terra.................al contrario di me, che adesso ho contro l' intero Olimpo............"


"Dea della bellezza, mi hai messo quattro volte alla prova, è vero, ma concedimi adesso ancora un' occasione...............non desideriamo, né io né tuo figlio, l' alato Kaede, che le nostre nozze ti siano un' imposizione sgradita, io non voglio in alcun modo che per causa mia sotto il tuo tetto si discuta e si soffra, credimi non valgo così tanto, nemmeno una delle parole pronunciate dalla tua bocca o da quella del mio sposo............in cuor mio mi sento ancora un semplice mortale, ma desidero ardentemente la tua pace e se posso osare vorrei che tu mi concedessi il tuo favore................mettimi alla prova, prova la mia lealtà a Kaede e la mia devozione a te, sua madre.......per tutti gli anni che verranno in questi cieli dove il tempo non scorre..................e se mi troverai mancante allora mi potrai allontanare da te e dall' Olimpo stesso.................questa è la mia parola e la mia promessa o divina Venere"


La dea si sentì rubare il respiro stesso.
Quanta innocenza e virtù in quelle parole.


Perché aveva tanto odiato quel ragazzo?

Ora non ne ricordava nemmeno il motivo.


Dietro una colonna di pregiato marmo rimaneva immobile Kaede, una mano si posò sulla sua spalla.
Marte guardò il figlio della sua amante con aria serena.

Poi andarono via insieme mentre il dio guerriero gli mormorava.

"Hai compiuto bene la tua scelta Kaede, la mia Venere ha già ceduto sotto quel sorriso amabile"


Il ragazzo attendeva ai piedi della divinità.
La dea stese dunque una mano e tirò a sé il giovane dai capelli più rossi e luminosi di quello stesso tramonto.


"Hanamichi, giusto sposo del mio dolce Kaede, alzati dal suolo che non si addice alla tua divina nobiltà ed abbraccia la tua suocera, che non desidera più nulla se non un tuo sorriso e la vostra felicità"

Così dicendo lo strinse al seno perfetto ed accarezzò i suoi splendidi capelli con un dolcissimo sorriso sul viso.

Per la prima volta Hanamichi conobbe il vero aspetto della dea, la sua naturale bontà ed il suo buon senso.
Una lacrima di gioia sfuggì allo sposo di Amore.


"Oh no, non piangere per me, io benedico l' unione tua e di Kaede e non desidero altra prova, hai un animo puro ed innocente e capisco perché tu abbia tanto strettamente legato a te mio figlio......seguilo ovunque e tieni a freno la sua irruenza divina, regalerai sogni più tranquilli a tutti gli dei" sussurrò divertita


Hanamichi rise, annuendo poi si sentì afferrare, mani gentili gli accarezzavano la nuca.
La dea piantò gli occhi neri come carboni ardenti nei suoi.

"Sarete felici qui ed io lo sarò con voi..................un' ultima cosa dolce sposo novello..........tieni cura alla tua bellezza, essa mi rappresenta degnamente, non far morire in te la mie arti espresse pienamente, sei il genero di Venere e meriti splendore, intesi?"

Un altro sorriso fu la risposta ed insieme le due divinità raggiunsero la sala del banchetto, una per lasciarsi alle mani forti del dio della Guerra, l' altra per abbandonarsi fra quelle tenere del dio dell' Amore.
Tutto questo mentre Apollo, finito il proprio dovere e fatto addormentare il Sole, si univa a loro per festeggiare.

Lo sposo disteso con il suo Hanamichi stretto al petto occupava il posto d' onore, ogni alzata di calice fu per loro e la sera passò.
Fra i canti delle Muse e delle Ore, fra i flauti vellutati dei Satiri ed il vino mescolato da Ebe e da Ganimede e le rose che imporporavano ogni angolo e le danze della splendente Venere, per voce stessa della dea dedicate allo sposo dai capelli di fuoco.

Arrivò la notte e con essa l' amore.
Finalmente le dichiarazioni di sincero amore del dolce Hanamichi avevano un volto da far sorridere e due occhi da far brillare.

Si ,erano felici ora, completamente felici.

Il ragazzo dai capelli rossi chiese poi il permesso di apparire nel tempio dei suoi genitori, per poterli finalmente rassicurare sulle sue condizioni, sulla sua immensa felicità poi li benedisse e li salutò per restare eternamente accanto al suo amante.

Notti e giorni, giorni e notti.
Insieme.
Niente mancava.
Erano una famiglia.
Ma forse qualcos' altro si poteva fare.

Sorridendo Hanamichi lasciò che il suo Kaede si recasse da Giove loro protettore e chiedesse un figlio.

Nove mesi dopo, quando il tempo fu maturo il ragazzo dai capelli rossi partorì una bimba.

Il suo nome fu iscritto all' albo delle Muse con il nome Voluttà e lasciato alle nuvole che dall'alto vegliavano le coste dell' isola verdeggiante persa nel mare.


*********

Hanamichi si svegliò fissando due stupiti occhi nocciola sul soffitto bianco, intravide uno spiraglio di luce albeggiante provenire dalle tende tirate poi un movimento accanto a sé lo convinse a girarsi.
Il suo Kaede lo guardava, gli occhi azzurri aperti ed increduli.
Entrambi si sollevarono su di un gomito incatenando gli sguardi.


"Ho fatto.....ho fatto un sogno assurdo....."mormorò Hanamichi

Kaede annuì.
"Credo di averne fatto uno anch' io"


"Io....io ero diventato il protagonista della storia che mi hai raccontato prima .....e tu...."

"Io ero il dio dell' Amore....... tu eri il mio sposo........."

"Abbiamo fatto lo stesso sogno?"

"Credo proprio di si .........."

Hanamichi si riadagiò sui cuscini.
"Che strano!"esclamò sorridendo perplesso


Kaede attese un attimo poi lo strinse.

Il ragazzo dai capelli rossi gli rivolse un sorrido splendido e disse.
"Non è stato un brutto sogno"

Kaede sembrò pensarci un attimo.

"Tu eri mio.........ti ho rapito......abbiamo fatto l' amore un sacco di volte ........poi mi hai cercato per mesi giurandomi amore ed alla fine mi hai dato un figlio.....................no...non è stato affatto male............."sussurrò divertito chinandosi a coprirgli sensualmente la bocca con la sua

Hanamichi lo scostò dopo un po' per fingersi offeso, ma rinunciò, ancora scosso per quel sogno condiviso.

"Però davvero che strano.....lo stesso sogno, la stessa notte, noi due...........mi sa di magia Kae"

Il ragazzo moro rise.
"Neppure i sogni osano separarci......mfh........"

Hanamichi lo fissò dolcemente.
Poi mormorò.

"Hanno paura del tensai....se solo osassero li aspetterebbero le mie testate"

Altre risa.
Poi la quiete.


Era l' alba, il momento più magico della giornata, avevano condiviso lo stesso sogno, gli stessi eventi e se anche tutto era cambiato nel sonno e lui era diventato bellissimo e Kaede un dio, sopra tutto i loro sentimenti erano rimasti gli stessi.
Forse anche più forti, perché liberati dai loro schemi quotidiani e senza alcun freno.


Hanamichi si strinse a lui.

"E' comunque una storia molto bella.............tu che mi giuri amore eterno, che mi chiedi di essere il mio schiavo d' amore.........."il ragazzo dagli occhi nocciola arrossì al solo pensiero


Poi un' idea si affacciò alla sua mente.
La accarezzò lieve, deciso a vedere fin dove si sarebbe potuto spingere.
Osservò con la coda dell' occhio i lineamenti rilassati del suo compagno e si morse le labbra.
Era veramente così bello, sarebbe potuto essere realmente un dio.
Gli occhi persi di Hanamichi si scurirono.
Infine il ragazzo dai capelli rossi afferrò quell' idea che lo tormentava e pieno d' entusiasmo si stese sul corpo di Kaede.

Il ragazzo moro lo guardò incuriosito.

"Kaede, Kaede......ho un' idea favolosa..................su...facciamo l' amore"

Lui dagli occhi azzurri rimase un istante interdetto, poi con un meraviglioso lampo malizioso nello sguardo ribaltò le loro posizioni, imprigionando l' amante dalle ciocche rosse sotto di sé.


"Oh si, sono d'accordo..........un' idea favolosa do'hao"sussurrò chinandosi a reclamare il primo bacio

Hanamichi attese dolcemente la fine di quello stupendo contatto poi attirò la sua attenzione fissandolo.

"Non voglio che la magia di questa notte svanisca......voglio sognare un altro po' ........fai l' amore con me e chiamami come la ragazza della storia......"

Il ragazzo dai capelli scuri lo guardò, sorpreso per quell' insolita richiesta.
Anche se ormai aveva capito da tempo che quell'amore dagli occhi caldi, il suo amore, sarebbe stato sempre una sorpresa continua.
Ma ora aveva qualche dubbio.


Sentì il corpo del suo Hanamichi strusciarsi invitante contro il suo.
Cominciò a riempirlo di baci inframmezzando poche parole.


"Hana..... ma tu non eri stanco?...Se non te la senti non devi obbligarti......."

Il ragazzo dai capelli rossi rise.
Poi lo guardò ironicamente.

"Da quando in qua la mia volpe si fa così tanti scrupoli nel saltarmi addosso quando glielo chiedo?"


Kaede sorrise.


"Da quando ti svegli alle cinque con in mente strane richieste........."


Una risata fresca e solare invase la quiete poi si sentì nuovamente la voce bella e morbida del moro.


"Ma io preferisco chiamarti con il tuo nome......e vorrei sentir gridare il mio........."


Hanamichi comprese e dolcemente lo abbracciò.
Il suo amore.
Così duro e freddo e poi così legato a certi teneri particolari.

Lo strinse cercando di fargli capire.

"Ma in fondo noi siamo un po' come loro..........tu sei bello come un dio e poi mi hai veramente rapito e portato qui......a vivere con te nella tua splendida dimora......oh si, sembra proprio la nostra storia ..... ...e poi tu, proprio come il dio dell' amore, porti via ogni volta la mia verginità..........."


"Mmh ......chissà perché credo che tu, di questo, ne goda più di Psiche, vero?"


Hanamichi scoppiò a ridere.

"Ad ognuno il suo dio........se lei si accontenta di quella versione.........poi ogni storia ha le sue differenze, no?" aggiunse in tono furbo

Sorrisero entrambi.

Passarono pochi minuti, un po' di quiete e qualche bacio......Hanamichi lo attirò a sé, per fargli l' ultimo, irrinunciabile, invito.


"Allora Amore?Mi prendi o no?"


Incapace di resistere oltre Kaede iniziò i preliminari.

Con la bocca socchiusa passò su ogni lembo di pelle, bagnandola, baciandola o solo sfiorandola...si soffermò sul petto e sulla gola......passò varie volte su tutte le zone erogene di quel corpo che conosceva........la nuca, l' orecchio, il polso, l'interno della cosce, il ginocchio, la linea dell' inguine e le tempie...........leccò piano le labbra già ansanti e strofinò i volti .....................si sentiva chiamare, ma non con il proprio nome...........si sentiva chiamare Amore.....come quel dio...........

Allora per la prima volta pensò realmente a quella storia, a quella fiaba, a quello che voleva insegnare.....poi pensò ai due amanti, la fanciulla ed il dio.......
.....se per lei doveva essere stato difficile amare un' ombra lui si era, però, volontariamente privato della vista dell' amata, del suo splendore mentre la aveva per la prima volta, del suo sorriso e tutto solo per proteggerla da quell' identità che poteva risultare un pericolo una volta scoperta .......quanto coraggio aveva quel dio...rinunciare ad una vita normale, ad un' unione solenne di fronte a tutti..................................

...era un po' come la loro storia.....davvero.......sempre costretti a nascondersi nel buio dei segreti .......pochi sapevano e certo loro due non avrebbero potuto mai gridarlo al mondo intero.......

..eppure, guardandolo che si tendeva sotto di lui per una carezza audace e spinta, Kaede si confessò che mai e poi mai avrebbe rinunciato a guardarlo, a vedere il suo sorriso, la sua pelle ed i suoi occhi...........


Il suo Hanamichi, suo da lì all' eternità.


La bocca del ragazzo dai capelli neri scese nuovamente sul membro eccitato, a prolungare il piacere, ad accompagnare le dita che già da tempo si muovevano in profondità poco distanti, a donare qualcosa prima di prendere.

"Aaah.more......"
Hanamichi gridò piano, due o tre volte poi raggiunse l'apice.

Con un brivido Kaede lo osservò venire su di sé.
Così dolce e caldo.

Annegò nel liquido ambrato dei suoi occhi bagnati di puro godimento, scese a catturare il suo respiro errante e cedendo finalmente alla supplica di quello sguardo schiuse le labbra e lo chiamò.


"Psiche"


Proprio in quegli attimi, con gentilezza, ma appassionatamente, si fece spazio nel suo corpo, fino alle profondità più brucianti e strette.
Lo prese inizialmente con qualche lieve spinta, mai fastidiosa, ma sempre lenta e calcolata.

Poi accogliendo le preghiere di quell'amante perso nel calore diede fondo alle sue energie entrando e violando sempre più la sua piccola apertura.

Fissandolo negli occhi, muovendo le labbra, ma senza più suoni, ormai rapiti dal piacere devastante e totale, Hanamichi continuava a chiamarlo Amore.
Kaede si lasciò andare, prese il proprio ritmo, alternando momenti veloci a quiete spinte e scese a baciarlo.

Due, tre, cento volte.
Sorridendogli, mormorando un' altra volta sola il nome di quella ragazza che per poche ore si era fusa in un sogno con il suo compagno.

Il momento più bello si avvicinava a grandi passi, le spinte si intensificarono, il sudore imperlava i visi ed i corpi, le lenzuola madide tentavano di rimanere attaccate a tutta quella pelle in movimento ed i respiri caldi riempivano l'aria.

Kaede attese ancora un po'.
Hanamichi ancora non era al limite.
Per aspettarlo si dedicò a cercare dentro di lui, in piccoli affondi, punti più piacevoli.
Lo sentì gridare.

".... dio.....................Aamore ....aanh......."

Ancora un attimo ...

.. e Kaede lo obbligò ad alzare il viso, a perdersi nel suo sguardo e a sentirsi mormorare.


"Vieni su di me....con me........mio sposo........."

Hanamichi capitolò, lasciandosi ad un orgasmo violento.
Kaede si riempì la pelle dei brividi che avvertì sotto di sé poi lo raggiunse, facendolo suo.


Riposarono brevemente, toccandosi di tanto in tanto, per sentirsi ancora vicini ed uniti.


Il ragazzo dagli occhi azzurri immerse le mani in quei capelli di fiamma ed asciugò qualche goccia di sudore che scendeva dalle tempie.

"Va tutto bene?"chiese

Con gli occhi chiusi Hanamichi annuì, stringendosi a lui.

Pochi altri istanti, Kaede lo stese di lato accanto a sé, coprendolo.

Gli occhi nocciola si sollevarono piano.

"Mi hai chiamato.......sposo...................kami, per un attimo ho creduto davvero di essere ancora in quel sogno ............"

Kaede affondò il viso sulla sua spalla, chiudendo gli occhi stanchi.

"E' come se lo fossimo......è come se lo fossimo....."

"Si....ti amo......ti amo davvero....."

Un bacio rubato sul collo fu la risposta.

L' alba sfumò finalmente e portò via ogni traccia di sogno, lasciando solo l' amore.

La palestra risuonava di suoni e vita.
Hanamichi e Kaede entrarono, preparandosi in un attimo.
Pieni di vita ed entusiasmo si lasciarono al gioco.
Seduti sulla panchina, in attesa che tutti lasciassero il campo per poter proseguire soli l'allenamento, si guardarono dolcemente.

Hanamichi ne approfittò per appoggiarsi ad una sua spalla e mormorare.

"Sai, ripensavo a ieri sera............non ti ho neanche ringraziato........"

"Nh"
Significava 'Non importa, non te ne preoccupare'

"No è giusto...........grazie Kaede ...la storia che mi hai raccontato era bellissima...........è stata una notte stupenda........merito tuo....."

Mascherando l' imbarazzo il numero undici tossì lentamente poi due mani li colsero alle spalle.
Mitsui li osservava sconvolto.


"Ho sentito bene? - gridò raccogliendo l' attenzione di tutti quelli che stavano per andarsene - ....la volpe afona ti ha raccontato una storia?"

Hanamichi arrossì violentemente, annuendo disperato sotto lo sguardo di tutti.

"Non sapevo Rukawa parlasse....."scherzò giocosamente Miyagi facendo un occhiolino al compagno dai capelli rossi


"Io pensavo invece che la sera faceste altro nel letto voi due"confessò divertito Mitsui

Hanamichi abbassò ancora di più lo sguardo mentre il playmaker gridava arrossendo.

"Mitsui, che linguaggio volgare, c' è una ragazza...........vero Ayakuccia ...?"

La bella manager lo ignorò poi con una mano sotto il mento guardò il suo numero dieci, il suo numero undici e anche il suo numero quattordici....

"In effetti lo pensavo anch' io Mitsui......."disse seria

Miyagi rimase immobile, sconvolto dalla praticità della donna che amava.

Una risata generale si sollevò, portando via l' imbarazzo ed il rossore.

Hanamichi sorrise ancora poi, sfiorando volutamente il braccio del suo Kaede, gli mormorò.


"Beh facciamo anche altro, vero Amore?"


Kaede lo guardò con affetto poi si allontanò borbottando qualcosa.

Poteva sembrare avesse detto 'Psiche', Hanamichi rimase stupito un istante poi decise, ridendo ancora, che quel mugolio indistinto somigliasse più ad un 'Do'hao'.

Uscirono a sera inoltrata, il vento li accolse soffiando paurosamente.
Lungo la strada verso casa Kaede avanzò di un passo e si mise davanti al suo compagno.

Hanamichi non poté reprimere un moto d' amore.
Il suo testardo e dolce amante si sentiva in diritto di difenderlo persino da un po' di vento freddo.

Scuotendo la testa lui dai capelli dello stesso colore del tramonto che infuocava il cielo lo affiancò, uno sguardo devoto negli occhi limpidi, come a dirgli
... 'Se anche fosse sempre e solo vento o il destino avverso di Psiche o la morte stessa l' affronteremo insieme ....tu non mi lascerai indietro ed io aspetterò te'...


Si sorrisero e tornarono a casa.
La loro casa.


Qualche tempo dopo.

Hanamichi si allenava da solo nella grande palestra.
Provò ancora qualche tiro.
Si sentiva solo lì dentro.
Decise di tornare a casa.

Era stato lì abbastanza per evitarsi una sgridata dal suo Kaede che lo minacciava di lasciarlo in Giappone se non si dava da fare.

Ma ora voleva vederlo, prendersi cura di lui.

Entrò in casa con la sua copia personale delle chiavi e si diresse, senza nemmeno spogliarsi della giacca pesante, al piano superiore.
Steso nel loro letto Kaede riposava.

Era stato due giorni prima.
Durante il solito allenamento con la squadra il suo ragazzo dai capelli neri era scivolato a terra, senza più rialzarsi.
Hanamichi era dall' altro lato del campo, stavano disputando una partita.
Interrompendo immediatamente l' azione che li avrebbe portati a canestro e gettando via la palla lui si era precipitato accanto al compagno, spaventato e teso.
Kaede si era appoggiato con le spalle alla parete, per cercare di rialzarsi.
Ma poi, cedendo, si era accasciato fra le braccia di Hanamichi.
Con gli occhi umidi lui dai capelli rossi lo aveva chiamato fin quasi a perdere la voce poi era intervenuta Ayako che, in pochi e rapidi gesti, aveva assicurato a tutti che fosse solo influenza.

Cambiatosi immediatamente Hanamichi aveva lasciato la palestra per portarlo a casa.
E quella sciocca volpe non solo lo aveva fatto preoccupare, ma lo aveva anche rimproverato per aver interrotto gli allenamenti.
E così, in quei giorni che lui aveva deciso di passare in casa per curarlo, si era visto spedire in palestra.

Che rabbia gli faceva quella volpe a volte!

Anche se ora, con il volto disteso dal sonno, non poteva che inspirare tenerezza.
Hanamichi si sedé accanto a lui sulla sponda del letto, per vegliarlo.

Improvvisamente ricordò un particolare di quella storia che qualche tempo fa gli era stata raccontata proprio dal suo Kaede.......la storia di Amore e Psiche.....si, improvvisamente si era ricordato il momento in cui lei, di notte, decide di scoprire che aspetto ha il marito che la sorte le ha concesso e poi rimane a guardarlo a lungo mentre lui dorme.

In quel momento si sentì un po' come lei........

Lo osservò a lungo, dagli occhi chiusi alle ciglia nere e lunghe, dai capelli abbandonati alle sopracciglia eleganti fino alla linea decisa del mento e alla piega delle labbra chiare e morbide.

Sembrava davvero un dio addormentato.

D' impulso lo baciò, riscaldando con le sue quelle labbra un po' troppo tiepide, ma inavvertitamente lo svegliò.
Decise di rendere piacevole quel risveglio e continuò a baciarlo fino a che quegli occhi intensi non si furono aperti completamente.


"Non baciarmi do' hao" mormorò subito Kaede


Hanamichi lo guardò senza capire, tristemente.

Aveva forse sbagliato a desiderare per lui un dolce buongiorno?

Kaede vide quegli occhi riempirsi di malinconia e si sollevò a sedere.

"Potresti ammalarti anche tu, devi starmi lontano....."

Il ragazzo dai capelli rossi sgranò gli occhi caldi.
Era quello il motivo e....ed ora che ci rifletteva forse era anche la spiegazione all' insistenza che Kaede aveva mostrato nel mandarlo ugualmente a scuola ed in palestra, nonostante avesse bisogno di qualcuno accanto.


Hanamichi sorrise dolcemente poi lo fece stendere con uno sguardo di rimprovero e lo abbracciò forte.

"Voglio tutto di te.....anche la tua malattia se necessario .....smettila di pensare sempre e solo a me.......ora sei tu ad aver bisogno del tensai ed io ci sono...quindi chiedimi pure tutto ciò che vuoi ....sono a tua disposizione........"


Kaede lo guardò dispiaciuto.
"Se solo non fossi malato saprei cosa chiederti........"


Hanamichi arrossì, ridendo.

"Dovrai accontentarti di qualcosa di più casto........."


Rimasero in silenzio.

"Tu pensaci, io intanto ti preparo qualcosa da mangiare"

La serata passò veloce, sempre accanto a lui Hanamichi gli portò una minestra calda ed i medicinali, aggiunse un'altra coperta sentendolo rabbrividire e cambiò l' acqua nella quale bagnava la pezza per detergergli la fronte.

Felice per tutte quelle cure segretamente Kaede si promise di ammalarsi più spesso se poi poteva avere quell' infermiere così speciale solo per sé.

La notte arrivò.
Nonostante il sonno Hanamichi si ricordò della propria promessa.

"Avanti, chiedimi qualunque cosa........."

Kaede lo osservò, sbadigliava in continuazione, ma non voleva mandarlo via, lo avrebbe ferito continuando a rifiutarlo.
Lo guardò rigirarsi scomodo su quella sedia, non voleva che si addormentasse lì.

"Vieni qui accanto a me...."chiese


Hanamichi si alzò, per stendersi sul letto con lui.
Prese la pezza fredda e la passò sul suo viso niveo, rinfrescando la pelle sudata.
Kaede apprezzò quella premura, mugolando sommessamente, poi per godersi le carezze di quelle mani, che libere dal pezzo di stoffa lasciato sulla fronte, giocavano con i suoi capelli sparsi sul cuscino e sulla nuca, chiuse gli occhi.


"Hai sonno volpe?"si sentì chiedere


Kaede scosse la testa.
Aveva dormito tutto il giorno.

Rimasero in silenzio, ascoltando i reciproci respiri, contenti delle loro presenze, dei loro sentimenti, del loro condividere tutto, anche una semplice influenza.

Hanamichi lo baciò sulla guancia.
Sentendolo così innaturalmente caldo gli chiese.

"Senti dolore Kae?"


Il ragazzo dagli occhi azzurri scosse la testa, con decisione.
Il suo amante annuì soddisfatto, amandolo con un altro sguardo poi si strinsero, cercandosi.

Ricordandosi di poter chiedere tutto la volpetta rifletté un attimo, circondata da quelle braccia amorevoli.
Così un pensiero si affacciò alle labbra di Kaede e lui lo pronunciò, memore di una notte simile che poi era diventata così piacevole.....


"Hanamichi..."


"Si?"

"Spegni la luce e raccontami una favola"

Fine


Wow !!!!Finitaaaaaa!!!!!


*Cibi notoriamente ritenuti afrodisiaci


** Questa è la mia dedica!
Questa fanfic è per te Elyxyz, solo per te.......
Un ringraziamento per le tue parole e le tue lunghe mail....un grazie per gli sms ed il tempo che mi hai dedicato...so che ti piacciono le storie romantiche e questa l' ho scelta apposta per te..............con l' augurio di andare sempre avanti sorridendo, così come tu incitavi me, io ora posso fare lo stesso....per ricordarti di non perdere mai il sorriso, né la speranza, né l' amore per le cose che danno felicità...per ricordare come sei meravigliosa in qualche riga ben sapendo che non basterebbe l' intera ff scritta su di te.........ma tu sei così...........dai toni classici e velata di romanticismo.......piena di sentimenti leggeri, ma persistenti ........sempre delicata.........................esattamente come un fiaba greca........... unica....................così come lo è Amore e Psiche .......la prima e ultima fiaba greca pervenuta fino a noi................

Un bacio Ely,
da Mel

***Proprio con queste parole inizia la fiaba originale di Amore e Psiche.
Amore e Psiche è l' unica fiaba che il mondo classico ci ha tramandato e si trova contenuta nelle Metamorfosi di Apuleio ribattezzate poi "L'asino d' oro", questa favola prende spazio in due dei libri che compongono l' intera opera e spezza il racconto innestandosi autonomamente.
Nel corpo della trama, mentre descrivo Hana e Ru nei panni di Psiche e Amore ovviamente seguo la trama originale, i dialoghi quindi risentono dell' atmosfera romantica e classica della fiaba stessa.
Hana e Ru rischiano di non sembrare loro, perché in effetti non lo sono, vivono un sogno e quindi si comportano esattamente come si sono comportati i protagonisti originali e parlano come loro hanno parlato.
Nelle descrizioni ho ripreso alcune frasi originali latine tradotte, ma erano così belle che spero mi perdonerete.......per il resto ovviamente ho dovuto usare un linguaggio classico, di quelli come direbbe Ely 'vecchio stampo', ma oltre che trovarlo il più romantico lo trovo oltremodo affascinante e mi sono lasciata prendere ....chiedo scusa a chi potrebbe considerarlo esagerato o fuori luogo..........
..per chi volesse leggere l' opera originale, dalle quale in diversi punti mi sono discostata leggermente, fantasticando un po', do le indicazioni necessarie....

Apuleio, Amore e Psiche da 'L' asino d' oro'
Oppure semplicemente 'Metamorfosi' di Apuleio

Breve parentesi, ne approfitto per consigliare a chi dovessero piacere i classici greci e latini l' opera completa di Orazio e le Heroides di Ovidio........
...sono veramente uno spettacolo senza precedenti ..............


Ultima annotazione, so che essendo Psiche la bellissima ragazza adorata da tutti avrei dovuto dare a lei il ruolo di Kaede....ma capirete bene che poi avrei avuto un sacco di problemi......come facevo a spiegare che era Psiche a 'prendere' il marito e non viceversa?
Essendo un ff dedicata a Ely il raiting deve essere ru/hana......ma lo sarebbe stato comunque.....quindi ho donato il ruolo di Psiche ad Hana e quello di Amore a Ru....anche perché poi Kae non dovrebbe lamentarsi, l' ho fatto diventare dio..........


Nella trama del sogno poi ho voluto inserire molti pg di Slam Dunk, ma mai direttamente......ne ho descritto un particolare o una caratteristica.........
La dea Venere è Ayako.
(mi disp ...l' ho fatta così cattiva, ma madre di Kae Haruko non ce la volevo e poi sia Aya che Ru hanno i capelli neri, stanno bene come madre e figlio, caparbi e pratici entrambi, ma Ru non è cmq figlio di Miyagi perché Marte è solo un amante, il padre di Ru/Amore è sconosciuto.....)
Il dio Giove è Anzai.
Il dio Marte è Miyagi, amante di Venere.
(solo nei sogni infatti)
Il dio Mercurio è Mitsui.
La formica di campo è Kogure.
La canna di fiume è Kenji.
L' aquila di Giove è Mito.
La torre di pietra è Maki.
Uno dei rondinotti è Nobunaga.
Il gabbiano di mare è Sendoh.
La giovane di cui Hanamichi/Psiche era innamorato era ovviamente Haruko.


I due fratelli di Hanamichi invece non sono nessuno...avrei voluto metterci Sendoh e Nobunaga, ma visto che mi stanno simpatici..........penso mi accontenterò dei ruoli che poi gli ho aggiunto....^__=


Concludo qui le note sulla prima ff dedicata al ciclo che ho in mente per le ragazze che mi scrivono.
Voglio ringraziare ognuna di loro con una ff speciale, senza attendere compleanni o anniversari, semplicemente così.
Ad ognuna dedicherò una storia individuale con qualcosa che leghi la trama al suo carattere o alle sue preferenze.
Ma dato che non le conosco da tantissimissimo spero che mi perdoneranno se dovessi sbagliare.
Saluto tutte e vado alla prossima, in rigoroso ordine di ispirazione (per la ff, ovviamente), sapete com' è...alla Musa delle fanwriter non si comanda.......^______^


Un bacio immenso.
Mel

Per qualsiasi cosa la mia mail è MelKaine@hotmail.com




Fictions Vai all'Archivio Fan Fictions Vai all'Archivio Original Fictions Original Fictions