Note: Bla
bla bla i personaggi
non sono miei
Questa fic
è un po’ diversa dalle altre: niente basket (solo un accenno), niente
Giappone.
Alla mia
amica Akira14 per il suo sospirato 18° compleanno, ti voglio bene.
Un incontro
voluto dal destino parte
X
di Koibito8
Quando
Hiroaki se ne andò, Akira dormiva.
Il
giovane scrisse in fretta un bigliettino, poi uscì dalla sua vita.
Tornato
in camera sua si fece controvoglia una doccia, si cambiò e controllò per
l’ennesima volta il discorso che aveva preparato per la riunione
dell’Associazione di storia nippo-americana, che sarebbe avvenuta nella
sala dei banchetti di quello stesso albergo. Nonostante gli sforzi, però,
non riusciva ad imparare a memoria le parole preparate. Gli sembrava quasi
di essere un sonnambulo e di non capire bene quello che faceva.
Hiroaki
si guardò allo specchio e strinse in nodo della cravatta.
Si
chiese come potesse la sua pelle essere così luminosa quando la sua
espressione era così cupa.
Chissà
perché, si domandava Hiroaki, il suo corpo insisteva nel fargli rivivere
le sensazioni provate nel fare l’amore con Akira. Probabilmente la sua
pelle era ancora raggiante per la meravigliosa sensazione di piacere e
appagamento che il rapporto sessuale con Akira gli aveva dato.
Aveva
l’aspetto di un uomo amato e desiderato; cosa assurda, perché, ammesso
che Akira lo desiderasse, certamente non lo amava.
Ecco
perché aveva dovuto lasciargli quel triste biglietto.
Oh,
certo, a letto Akira aveva interpretato magnificamente la sua parte, ma
era ilminimo che ci si potesse aspettare da un bravo attore come lui.
L’aveva
sedotto in un modo impeccabile non una, ma due volte, e nell’estasi del
loro secondo rapporto aveva persino borbottato di amarlo, ma Hiroaki non
ci aveva creduto. Non aveva sentito amore in quelle parole tese e
tormentate. Al contrario, vi aveva sentito dolore, come se le avesse
strappate con la sofferenza alla propria anima sanguinante.
Amarlo?
No, non lo amava, ma lo desiderava nel suo letto.
Hiroaki
si pettinò con rabbia i capelli, cercando di non ricordare il modo in cui
Akira l’aveva guardato dopo il loro secondo focoso rapporto sessuale.
Gli sembrava ancora di vedere lo strano sorriso apparso sul suo viso
mentre diceva con tono leggermente ironico: “Solo amici, Ri …chy?”
Allora
Hiroaki aveva capito cosa lui gli stesse facendo. Akira era ben deciso a
vanificare il loro accordo e a dimostrare, senza ombra di dubbio, che lui
non poteva tornare all’amicizia pura e semplice dopo aver assaporato i
piaceri del suo letto.
Aveva
vinto. Hiroaki aveva mancato a quello che si era ripromesso e l’aveva
supplicato di amarlo, con una sfacciataggine che lo faceva arrossire al
solo ricordo.
“Maledizione!”,
imprecò il giovane, infastidito dalla propria debolezza. Akira Sendoh
poteva aver ragione di lui semplicemente guardandolo e facendo un cenno
con la testa. Aveva sempre avuto quel potere su di lui e la situazione non
sarebbe mai cambiata. Se solo l’avesse amato come Hiroaki lo amava!
Ma
Akira non poteva amarlo, lo aveva chiaramente detto una dozzina di volte.
Niente più impegni. Niente più dolore. Certo, ogni tanto sarebbe andato
da lui e avrebbero fatto l’amore insieme, ma ci sarebbero state altre
volte in cui Akira sarebbe stato lontano senza dare nessuna spiegazione,
gettando Hiroaki nella
confusione più nera.
Poteva
vivere in quel modo? Poteva essere solo il suo amante sporadico? Il cuore
gli diceva di si, ma la sua mente razionale la pensava esattamente in modo
opposto.
Sul
letto di Akira aveva dovuto accettare
la realtà: quell’uomo lo aveva subito capito. Lui aveva bisogno
di sicurezza e di impegno. Voleva una casa, una famiglia. Voleva … un
uomo che gli giurasse amore eterno.
Per
questo era scivolato via dal letto come un ladro, e la dolcezza che
provava dentro di se aveva reso tristemente ironiche le parole scritte sul
biglietto:
‘Caro
Akira,
non
posso più rivederti. Il giorno in cui partii da New York tu ammettesti di
non poter essere il tipo di amante di cui io ho bisogno. Ora penso che
tocchi a me ammettere di poter essere il tipo di amante di cui tu hai
bisogno. Eppure lo vorrei… Dio, se lo vorrei! ‘
Prima
di firmare aveva aggiunto, quasi fosse un ripensamento:
‘Ti
prego, non odiarmi.’
Ma
Hiroaki sapeva che non avrebbe potuto biasimarlo se lo avesse fatto.
Si
dimostrò fin troppo gentile con il quarantenne presidente della sezione
di Washington dell’ Associasione di storia nippo-americana.
Avrebbe
fatto di tutto pur di togliersi dalla mente Akira, pensò, mentre si
sforzava di mandar giù un boccone di pollo ed evitava volutamente di bere
anche un solo sorso di vino bianco servito in tavola. Il vino avrebbe
attutito il dolore, ma lui voleva sentire tutte le contrazini del suo
cuore spezzato. Non voleva più ingannare se stesso.
Considerato
il suo stato d’animo, il discorso gli riuscì fin troppo bene. Il
pubblico si dimostrò caloroso ed entusiasta e Hiroaki si lasciò andare a
qual momento di successo. Poi rispose alle domande con falsa cordialità e
sorprendente prontezza. Avrebbe voluto prolungare quel momento felice il
più possibile, perché sapeva bene che più tardi, rimasto solo, sarebbe
stato assalito da una forte depressione.
Fu
allora che vide Akira. O piuttosto vide una testa di capelli a punta in
fondo alla sala e capì immediatamente che doveva essere lui.
Sentì
un brivido che era allo stesso tempo di gioia e di dolore e non
riuscì a impedire al proprio cuore di accelerare i battiti. Ma,
d’altronde, la vista di Akira Sendoh in smoking avrebbe fatto palpitare
il cuore di chiunque. Anche con quel sorriso ironico era sempre
incredibilmente bello.
Hiroaki
si rese improvvisamente conto di non aver sentito la domanda che gli aveva
rivolto una distinta signora di mezza età.
Desolato, chiese alla
donna di ripetere la domanda; rispose
piuttosto affrettatamente e lasciò il palco fra gli applausi del
pubblico.
Immediatamente
fu assediato da decine di persone che volevano farsi firmare le copie de
‘L’irlandese ribelle’. Lui sorrise e fece gli autografi, mentre si
guardava discretamente intorno alla ricerca dell’uscita più vicina.
Sperava di potersene andare senza incontrare Akira.
Non
ci riuscì, proprio come il Titanic non era riuscito a raggiungere New
York.
Mentre
lui continuava a firmare cortesemente copie del suo libro ai vari
rappresentanti dell’Associazione, Akira lo raggiunse da dietro e lo
afferrò per la vita.
“Signor
Sendoh! Che onore!”, esclamò Ayako, la segretaria della sezione. “Lei
conosce il signor Koshino?”
“Si”,
rispose Akira con la voce sensuale e artificiale che Hiroaki detestava.
“Lo conosco molto bene.”
Come
lui probabilmente si aspettava, Hiroaki arrossì, mentre Ayako lo
osservava con lo sguardo di chi pensa: ‘Beato te, mio caro!’
“Mi
sorprende vederti qui, Akira”, disse Hiroaki.
“Lo
vedo.”
“Non
sapevo che tu fossi un membro dell’Associazione.”
“Oh,
invece lo sono. Uno dei più recenti. Mi sono iscritto stasera, perché ho
pensato che è ora di conoscere meglio le mie origini.”
La
mia solita sfortuna, pensò il giovane. Non c’è obbligo di residenza
per gli iscritti. O forse era stata fatta eccezione per Akira Sendoh,
giapponese da entrambi i ceppi familiari e
molto affascinante quando voleva esserlo.
“Siamo
lusingati di avervi entrambi come membri”, disse Ayako, ammaliata dal
sorriso di Akira.
“Speriamo
di avervi qui spesso. Non è giusto che sia la sezione di New York ad
avere sempre questo onore.”
“Si,
signorina”, promise solennemente Akira. “Mi
scusi, le dispiace se parlo un attimo con Ricky?”
“Per
niente.” Ayako fece una strana espressione nel sentire chiamare il
giovane con il diminutivo, perché per tutta la sera era stato chiamato
sempre Hiroaki. “Anche se penso che avrà dei problemi ad averlo tutto
per sé. È l’ospite d’onore, sa?”
“Lo
so. Se qualcuno lo dovesse cercare, dica solo che è uscito un attimo,
d’accordo?”
“Cosa?”
Hiroaki cercò di divincolarsi discretamente dalla stretta di Akira, ma
non ci riuscì.
Pensò
di fare una specie di scenata, ma si sentiva troppo stanco. Stava
pensando, inoltre, che forse gli doveva dare una spiegazione faccia a
faccia ed Akira era troppo cocciuto per lasciarlo andar via senza che
avesse risposto alle sue domande.
Hiroaki
seguì l’uomo fuori della sala, nel corridoio, verso la scala
antincendio. Quando furono soli, gli chiese: “cosa vuoi?”
“Tu
cosa pensi?”
“Non
scherzare, Akira.”
“Parli
di non scherzare dopo aver avuto il coraggio di lasciarmi così?” Akira
gli porse il biglietto piegato e ripiegato tante volte che la carta era
quasi consumata agli angoli. “Perché, Ricky?”
L’espressione
intensa del volto di lui lo spaventò al punto di farlo riflettere un
attimo prima di rispondere. “Io penso che tu lo sappia. Tu mi hai capito
già da molto tempo, Akira. Fosti tu a dire che avevo bisogno di
garanzie.”
“Ma
tu lo negasti, ricordi? Dicesti che non ti aspettavi e non volevi da me
nessun impegno.”
“Beh,
mi sbagliavo, va bene? Stavo illudendo me stesso, perché ti desideravo
moltissimo e volevo convincermi che potevamo avere una relazione
passeggera senza che questa comportasse per me nessuna particolare
emozione. Ma ora so che non è vero. Non posso essere il tuo amante
occasionale e questo significa che non posso essere più nemmeno un tuo
amico.” Hiroaki si interruppe e guardò Akira negli occhi. “Non è
quello che hai voluto dimostrare questo pomeriggio? Che dovevi solo
toccarmi per farmi venire a letto con te, sempre e comunque? Beh, hai
vinto. Non riesco a resisterti e tu lo sai. È per questo che non posso più
rivederti. Mai più.”
Hiroaki
salì le scale e Akira lo seguì; continuò a salire nella speranza che
Akira si arrendesse e lo lasciasse andare. Invece continuò a seguirlo e
quando Hiroaki si mise a correre lo fece anche Akira.
Raggiunta
la settima rampa, però, Hiroaki sentì un’esclamazione di dolore e
ricordò che Akira, recentemente, si era di nuovo fatto male al ginocchio.
Il
giovane non voleva causargli altro dolore, così si fermò sconfitto e si
sedette su un gradino, appoggiando i gomiti sulle ginocchia. “Oh,
diavolo, Akira, perché non mi lasci in pace?”
“Prima
devi lasciarmi spiegare, altrimenti continuerò a seguirti,
indipendentemente da quanto ci vorrà. La tua stanza è su questo piano,
vero? Andiamo lì e parliamo.”
“No!”
“Solo
per parlare, Ricky.” Era così serio che Hiroaki si sentì molto
stupido.
“Va
bene”, sussurrò. “Però non toccarmi.”
Dopo
qualche esitazione, Hiroaki si avviò lungo il corridoio in direzione
della propria stanza.
Akira
si sedette su una comoda poltrona e tese il ginocchio malandato.
Hiroaki,
invece, era troppo nervoso per sedersi e si mise a camminare avanti e
indietro fra le due grandi finestre. Guardò il cielo e gli venne voglia
di essere fuori di quella camera d’albergo , lontano anni luce e al
sicuro!
Akira
ebbe la delicatezza di ignorare il nervosismo di Hiroaki e per qualche
minuto si massaggiò il ginocchio. Poi si tolse la giacca e si sciolse il
cravattino. Si abbandonò sullo schienale della poltrona, con le mani
dietro la nuca e gli occhi chiusi; solo i rapidi movimenti del torace
tradivano la sua emozione.
Guardandolo,
Hiroaki sentì crescere in sé il desiderio, perciò distolse lo sguardo
da lui.
Improvvisamente,
Akira parlò. “Cosa ci sta succedendo Ricky? Abbiamo tanto desiderio
l’uno dell’altro che…”
“Il
desiderio non basta”, lo interruppe lui, con decisione. “Ci deve
essere anche l’amore.”
“Ma
tu una volta hai detto di amarmi.”
Hiroaki
non osò guardarlo. “Mi sbagliavo. Questo lo capisci, no? Non sono certo
il primo uomo che scambia l’attrazione sessuale per amore.”
“No.
Non sei il primo… né l’ultimo.” La sua voce era dura come
l’acciaio. “Ho sempre avuto molte persone intorno che mi volevano nel
loro letto, ma nessuno che mi abbia mai amato. Non amavano il vero Akira,
comunque.”
“Ma
Kenji s^”, protestò Hiroaki. “Kenji deve averti amato.”
“Stai
scherzando? Kenji odiava il lato più oscuro di me e lo rifuggiva come la
peste. Lui sposò l’eroe dell’università e tale dovevo rimanere per
lui.”
“Per
sempre? Anche dopo l’incidente al ginocchio?”
“Specialmente
allora. Kenji era dolce e fedele e aveva un cuore enorme, ma non era
bravo ad affrontare i problemi. Non era forte come te, Ricky.”
Forte…
se era tanto forte perché dentro si sentiva tremare?
“La
prima volta che ti ho visto”, proseguì Akira, con voce molto più
dolce, “mentre scaricavi il camion, rimasi colpito dalla forza che
avevi. Oh, non intendo la forza fisica…!”
“Grazie
al cielo”, lo interruppe Hiroaki. “Già mi sentivo un sollevatore di
pesi mancato.”
“No.
Intendo la forza di spirito. Uno spirito testardo, pionieristico. Salivi e
scendevi da quel camion senza paura, senza nemmeno notare che eri tutto
solo. Pensai che eri incredibile e non riuscii a toglierti gli occhi di
dosso. Quando cadesti dal camion e quello scrittoio ti colpì…”
“Tu
venisti a salvarmi”, ricordò Hiroaki.
“Dovetti
farlo; mi avevi affascinato troppo. Inoltre non puoi immaginare quanto eri
sexy, nonostante i vestiti sgualciti. Dio! Avrei voluto farti mio già
allora.”
Hiroaki
spalancò gli occhio, sbalordito.
“Hai
sempre suscitato in me pensieri pericolosamente erotici. Allora come
ora.” Lo sguardo di Akira sfiorò intensamente la sua figura.
Hiroaki
voltò il capo nervoso, “Eppure quel giorno avevo un aspetto davvero
orribile”, disse, ricordando i pantaloni vecchi, la maglietta sporca, il
volto pallido.
“Oh,
no! Avevi un aspetto molto vivo, vitale, sportivo. Mi hai fatto sentire
come non mi sentivo da anni. Mi hai fatto sentire…”
“Come?”
“Come
se fosse tutto possibile”, sussurrò Akira. “Come se avessi potuto
essere felice di nuovo.”
“Tu
puoi esserlo”, disse Hiroaki. Senza pensare a quello che faceva, il
giovane si avvicinò ad Akira. “Sono sicuro che puoi.”
“Potrei
esserlo, con te. Ma solo con te, perché non ho mai desiderato un uomo
come desidero te. Io ti amo immensamente, Ricky.”
“Hiroaki
gli si inginocchiò davanti e, non riuscendo a parlare ad alta voce,
sussurrò: “Tu cosa?”
“Io
ti amo. Molto più di quanto abbia mai amato Kenji. Più di quanto pensavo
di poter amare qualcuno. Perché credi che non sia riuscito a resistere al
desiderio di fare l’amore con te, questo pomeriggio, nemmeno due ore
dopo aver promesso che non l’avrei più fatto? Dio mio, Ricky! Sono
quasi impazzito quando mi hai detto che volevi essermi solo amico.”
“Ma
tu eri d’accordo”, protestò Hiroaki debolmente.
“Certo
che ero d’accordo: non avevo altra scelta dopo aver visto quei tuoi
occhi tristi. Mi sono sentito comunque un impostore nel fare l’amore con
te pur sapendo di non poterti dare le garanzie che volevi. Capivo perché
non mi volevi.”
Hiroaki
si irritò. “Eri tu a non volermi! Mi hai cacciato, ricordi?”
Akira
scosse la testa. “Non sai cosa mi è successo la prima volta che abbiamo
fatto l’amore?”
“No,
dimmelo.”
“Dovetti
riconoscere con me stesso di amarti. Avevo cercato fino all’ultimo di
convincermi del contrario, di pensare che eravamo…”
“Solo
amici?”
“Già.
Poi ti toccai e non riuscii più a fermarmi. Avevi sofferto tanto e volevo
farti star bene; volevo amarti come avresti dovuto essere amato fin dal
principio.”
“Ma
anche io provo per te la stessa cosa!”, lo interruppe Hiroaki, senza
nemmeno accorgersi di aver usato il tempo presente.
Nemmeno
Akira sembrò notarlo, gli sollevò il volto con le mani e gli disse:
“Quando ho fatto l’amore con te la prima volta ho provato un piacere
sconosciuto. Quella notte è cambiato tutto il mio mondo. Sapevo di
volerti tenere con me per sempre, per tutte le notti della mia vita e
questo mi spaventava a morte.”
“Oh,
Akira, perché?” Hiroaki gli toccò il volto.
“Perché
ho sempre perso tutto quello che ho amato e pensavo che, se ti avessi
amato, avrei perso anche te ... che in qualche modo mi saresti stato
tolto.”
“Non
essere sciocco.” Hiroaki gli gettò le braccia al collo. “Non mi perderai mai.”
“Lo
prometti?” c’era tanto amore in quella domanda che Hiroaki si arrese
completamente.
“Sì,
lo prometto.”
“Ti
amo.” Akira gli baciò i capelli. “Non lo immaginasti quando vedesti
che per te infrangevano tutte le mie regole?”
Hiroaki
sorrise. “Beh, oggi, quando ti ho visto sul alco, mi sono chiesto come
mai tu ti fossi lasciato sottoporre a una simile tortura.”
“Buon
Dio, cosa non farei per amor tuo! Dovevo trovare una scusa per venire da
te e dirti quello che provavo. Ma quando tu, oggi pomeriggio, mi hai fatto
quel piccolo discorso sull’amicizia, io mi sono convinto di aver
aspettato troppo e di averti perso per sempre.”
“Non
capivi che stavo mentendo?”
“Tu?
Mentire? Non lo avrei mai creduto, Ricky. Sei troppo onesto.”
“Non
vuol dire. Non sei stato il solo, ultimamente, a infrangere le regole.
Nemmeno cinque minuti fa ti ho detto un’altra bugia riguardo al fatto
che quello che provavo per te era solo una forte attrazione sessuale.”
L’espressione
di Akira fece capire ad Hiroaki che lui gli aveva davvero creduto.
“Oh,
che uomo sciocco e meraviglioso! Non capisci quanto ti amo?” lo baciò
con passione, poi disse: “Ti amo con tutto il mio cuore.”
Solo
allora Akira gli credette e si chinò anche lui a baciarlo, stringendolo
fra le braccia e sollevandolo.
“Dillo
ancora”, gli chiese, con gli occhi stupiti e quasi ipnotizzati.
“Ti
amo. Ti amo.” Hiroaki gli sorrise, felice. “allora vuoi fare l’amore
con me o no?”
“Dio
mio, certo.” Akira lo spogliò velocemente, prese in braccio Hiroaki e
lo portò sul letto.
“Akira!
Aspetta un attimo! I tuoi vestiti…”
“Al
diavolo i miei vestiti!” lui si sdraiò e lo baciò con ardore, mentre
le sue mani già gli massaggiavano la pelle delicata.
Già
molto eccitato, Hiroaki cercò di slacciare la cintura di seta che cingeva
la vita di Akira, ma, per quanti sforzi facesse, non ci riuscì.
“Che
succede, amore?”
Hiroaki
imprecò sottovoce. “Questi ganci…”
Akira
strappò in due parti la cintura di seta e la gettò a terra.
“Che
ferocia!”, mormorò Hiroaki, scherzando.
Akira
si tolse in fretta pantaloni e slip, mentre Jiroaki combatteva
un’accanita battaglia contro i bottoni della camicia.
“Non
importa, basta”, gli ordinò Akira, sistemandosi con tutto il corpo
sopra di lui.
“Aspetta.
Ce l’ho quasi fatta!”
La
mano di Akira scivolò fra le gambe di Hiroaki e un bottoncino cadde dalle
dita del giovane e scomparve fra le pieghe del copriletto.
“Mio
Dio!” mormorò Hiroaki, quando una vampata di calore gli salì fino in
gola, impedendogli quasi di respirare.
Il
giovane aprì la camicia di Akira e arcuò il corpo contro quello di lui.
Akira gli baciò i capelli e gli sussurrò che lo amava e che era pazzo di
lui.
Come
era diverso, stavolta, fra loro. Era un rapporto intenso e quasi
primitivo, ma reso anche molto sereno dalla forza dell’amore.
I
baci di Akira caddero come scintille sul corpo di Hiroaki quando lui lo
sollevò e lo colmò del proprio amore. Lo guardò, lo toccò e gli mormorò
parole tanto belle che lui si sentì tremare. Il suo amore gli aveva
riempito il cuore. Completamente.
“Dimmi
che mi desideri.”
“Ti
desidero. Ti voglio. Io…” Hiroaki dovette riprendere fiato. “Non ho
mai desiderato nessun altro.”
“Dio,
quanto ti amo, Ricky!”
“Anche
io ti amo, Akira.”
Fu
allora che il loro mondo incominciò a frantumarsi in fremiti di piacere.
Akira irrigidì le braccia e lo tenne stretto a sé in un momento di
estasi che durò a lungo, intrappolandoli entrambi nella sua rete
meravigliosa.
Dopo,
Akira rimase sdraiato tenendo Hiroaki stretto a sé e accarezzandolo con
affetto, mentre gli baciava i capelli.
Finalmente,
riacquistate le forze, il giovane sollevò la testa per guardare Akira.
“Non
smetterai mai di stupirmi”, gli disse. “Io pensavo che il ginocchio ti
facesse vedere le stelle.”
“L’amore
spesso fa miracoli. Vieni vicino e te lo dimostrerò.”
“Promesse,
promesse.” Hiroaki non riusciva a distogliere lo sguardo dal viso di
Akira. C’era qualcosa di più della passione in quei suoi occhi blu:
c’erano felicità, appagamento, sicurezza.
Hiroaki
si accorse che aveva esattamente lo stesso aspetto di quando lo aveva
visto la prima volta.
Allora
risplendeva come un giovane dio: orgoglioso, pronto a tutto, con una vita
di successo davanti a sé.
Ti
ho restituito quell’aspetto, pensò Hiroaki, e quella improvvisa
consapevolezza gli riscaldò immensamente il cuore.
“E
pensare che avevo tanta paura di amarti”, gli sussurrò Akira. “Che
stupido sono stato a cercare
di vivere senza di te! Senza questo.”
Gli
baciò il viso e i capelli con incredibile dolcezza.
“Ma
non hai più paura?” una speranza irrazionale si stava insinuando
nell’animo di Hiroaki.
“No,
se tu mi ami. No, se rimarrai con me e avremo dei figli e se mi
permetterai di prendermi cura di te per tutto il resto della mia vita.”
Era
una proposta?
“Vuoi
dire che… mi stai forse chiedendo…?”
Akira
fece scivolare le mai sui fianchi di Hiroaki, che era inginocchiato
davanti a lui.
“Sono
io che dovrei stare in ginocchio”, gli ricordò con dolcezza. “ora
cambiamo posizione.”
“Niente
affatto. Va bene anche così. Chiedimelo e basta.”
Akira
trattenne il respiro, poi, tutto d’un fiato, disse: “Vuoi sposarmi,
Ricky?”
“Si,
lo voglio, Akira.” Lo baciò e Akira gli passò le dita tra i capelli,
attirandolo verso di sé.
“Ti
amerò per sempre.” La voce di Akira era rauca e dolce come quella di
chi ancora non si è svegliato completamente da un profondo sonno. “Te
lo giuro.”
“Amore”,
gli disse Hiroaki. “Questa è l’unica garanzia di cui avrò sempre
bisogno. Per tutta la vita.”
FINE
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