Note: Bla
bla bla i personaggi
non sono miei
Questa fic
è un po’ diversa dalle altre: niente basket (solo un accenno), niente Giappone.
Alla mia
amica Akira14 per il suo sospirato 18° compleanno, ti voglio bene.
Un incontro
voluto dal destino parte
VIII
di Koibito8
Hiroaki
sperava che la novità del viaggio sulla costa occidentale gli avrebbe
fatto dimenticare Akira Sendoh, ma non fu così.
Los
Angeles, San Francisco, Portland, Seattle furono semplici distrazioni che
l’aiutarono a non impazzire. Anche il suo manoscritto non si rivelò
efficace in questo senso, perché, quando Hiroaki rilesse il primo
capitolo, scoprì che l’eroe, un giovane diplomatico inglese costretto
ad entrare nello spionaggio nella turbolenta primavera del 1914,
assomigliava incredibilmente ad Akira Sendoh. Gli stessi modi, gli stesse
principi, persino lo stesso sorriso.
Fuggire
da Akira? Era praticamente nella sua stanza!
Aveva
davvero perso la testa per quell’uomo. Anche mentre firmava autografi,
in una libreria dopo l’altra, nella sua mente scorrevano continuamente
le immagini della notte d’amore con Akira.
Cercava
di combinare i suoi orari in modo tale da poter assistere alle puntate di
‘Amore spericolato’ e quando l’intervistatrice di una rete
televisiva deviò dalle normali domande sul suo ultimo romanzo e gli
chiese se ci fosse qualcuno di particolare nella sua vita, Hiroaki divenne
rosso come un peperone e disse la bugia meno convincente della sua vita.
“No!
Nessuno”, si affrettò a dichiarare. “Proprio nessuno.”
Grazie
al cielo, Akira non avrebbe mai visto quell’intervista, altrimenti non
avrebbe mai creduto alle bugie che lui ogni sera, al telefono, gli
raccontava; e cioè che, nonostante quella notte passata insieme, fra loro
non era cambiato assolutamente nulla.
Eppure
era difficile continuare a recitare quella commedia, quando Akira era così
riservato da parlare pochissimo. Ma allora perché gli telefonava? Si
chiese più volte Hiroaki, che si sforzava di riempire i pesanti silenzi,
divenuti sempre più lunghi fra loro.
“E
tu cosa hai fatto?, gli chiedeva, dopo avergli raccontato brevemente e
superficialmente la sua giornata.
“Ho
lottato con la mia coscienza”, rispondeva Akira, mettendolo nei guai.
“Devo parlarti, Ricky”, disse finalmente, una sera. “E non per
telefono, dannazione! Quando tornerai?”
“Fra
un paio di giorni. Passerò dal Texas e dalla Florida e per il fine
settimana sarò a Washington…”
“Il
prossimo fine settimana?”
“Si.”
In fretta, Hiroaki gli diede i particolari del suo itinerario. “Senti,
io tornerò definitivamente a casa fra un paio di settimane. Allora
potremo parlare.”
Eppure,
più pensava a quella
conversazione, più si preoccupava. Aveva bisogno di confidarsi con
qualcuno, aveva bisogno di un consiglio.
Rintracciò
Hanamichi nella sua compagnia aereae fece in modo di incontrarlo in una
pausa di volo all’aeroporto di Atlanta.
Hanamichi,
bello e affascinante come sempre, nella sua divisa da steward, entrò nel
piccolo bar e vide subito l’amico, seduto a un tavolino. “Non tenermi
sulle spine”, gli disse immediatamente. “Come è stato?”
“Come
è stato cosa?” Hiroaki non capiva.
“Fare
l’amore con Akira Sendoh, scemo. Cos’altro? Me lo chiedo da anni.”
“Come
sai di me e di Akira?” lo portava forse scritto in faccia, perché tutto
il mondo lo vedesse?
“Ho
visto la tua intervista. Tutti i passeggeri del mio aereo l’hanno vista
sullo schermo, durante il volo.” Hanamichi imitò in falsetto la voce
dell’intervistatrice: “Ci deve essere qualcuno di importante nella sua
vita…”
Quindi
continuò con l’imitazione della risposta imbarazzata di Hiroaki. “Oh,
no! Nessuno! Proprio nessuno!” il ragazzo rise. “Non sei mai stato
capace di mentire, Ricky, nemmeno quando eravamo bambini. Quando ti ho
visto arrossire sullo schermo e rispondere in quel modo confuso e agitato,
sono corso in cabina di pilotaggio da Kaede e gli ho gridato: ‘è andato
a letto con Akira Sendoh, Hiroaki è andato a letto con Akira Sendoh’ ,
Hanamichi mise improvvisamente il broncio.
“Non
mi hai nemmeno telefonato per dirmelo. Sono offeso, Ricky.”
“Mi
dispiace. Non ero pornto a parlarne con qualcuno. Prima di oggi,
almeno.”
L’espressione
di Hanamichi divenne ancora più preoccupata. “Non avrai avuto problemi,
vero?”
“Mi
stai chiedendo se mi è successo quello che accadde con Shinichi? No.”
Sebbene fosse preoccupato, Hiroaki non poté fare a meno di sorridere
trionfante. “No per niente. È stato delizioso”
“Solo
delizioso?”
“D’accordo”,
ammise Hiroaki. “È stato
favoloso, paradisiaco. È stato così bravo che in certi momenti ho
creduto di morire di piacere. Perché in tutti questi anni non ma hai mai
detto cosa mi perdevo?”
“Mi
sembra di averci provato più di una volta”, osservò Hanamichi. “Ma
tu non volevi ascoltarmi”
“Forse
non volevo sapere. Non ho mai immaginato di poter provare certe
sensazioni, Mitch. Porca miseria amo Akira così tanto…!”
“Lo
so, Ricky, e sono contento per te, davvero. Nessuno più di te merita di
essere felice.” Hanamichi
alzò un attimo il capo per ringraziare la cameriera che aveva portato
loro una tazza di caffè. “E anche Akira, naturalmente.”
“Adesso
non incominciare a tirare già il riso”, disse Hiroaki.
“Perché
no? Ci sono dei problemi?”
“Lo
puoi ben dire” Hiroaki deglutì con fatica. “Non è innamorato di
me.”
Hanamichi
stava per negare quelle parole, ma gli bastò guardare l’espressione
dell’amico per capire che non stava esagerando.
“Come
lo sai?”, chiese preoccupato.
Hiroaki
gli raccontò tutto, parlando anche della terribile espressione apparsa
sul viso di Akira quando lui aveva detto di amarlo.
“Forse
non sono l’uomo giusto per lui. Forse nessuno lo è. Forse nessuno può
prendere il posto di Kenji.”
“O
forse lui ha solo bisogno di tempo per adattarsi alla nuova
situazione.”, osservò delicatamente Hanamichi. “Tutto questo è
accaduto all’improvviso”
“Ma
lui non si sta adattando. Sta fuggendo. Si sente così colpevole che sta
rovinando persino quello che resta della nostra amicizia. Mitch, devo a
tutti i costi convincerlo che non mi ha fatto soffrire e che per me è
stato bellissimo…”
“Hai
pensato di dirgli semplicemente che vuoi rimanergli amico?”
“Forse
hai ragione, in fondo è la verità. Preferisco essergli amico che
perderlo del tutto.”
“Allora
diglielo e fallo presto, altrimenti…”
Hiroaki
sospirò. “Lo so. Altrimenti lui potrebbe dirmi qualcosa che io
preferirei non sentire. Come, ad esempio: ‘Addio’. Ma ora basta
parlare di me, dimmi: come va con Kaede?”
“A
meraviglia: viviamo insieme, lavoriamo insieme, ci amiamo come matti e
scopiamo come ricci!”
“Tu
sei veramente incorreggibile!”
Quando
l’aereo di Hiroaki decollò dalla pista dell’aeroporto di Atlanta,
sulla zona si stava scatenando un terribile temporale.
Oh,
stupendo! Pensò il giovane, mentre l’aereo prendeva quota e il suo
stomaco si rivoltava. I ripetuti sballottamenti del velivolo, causati
dalle sempre peggiori condizioni atmosferiche, provocarono ad Hiroaki una
violenta nausea.
Nonostante
i suoi timori di non arrivare sano e salvo all’aeroporto di Washington,
il giovane scese dall’aereo, si trascinò nel terminal e si lasciò
andare, a occhi chiusi, su una poltroncina della sala di attesa.
Vi
rimase per diversi minuti, rspirando lentamente nel tentativo di calmare
il proprio stomaco.
Quanto
avrebbe desiderato essere già a casa, nel suo comodo divano letto, con
una doppia razione di Alka Seltzer! Invece doveva ancora fare la fila per
i bagagli, prendere un taxi e passare un’altra notte in un’impersonale
stanza d’albergo.
Quando
riaprì gli occhi e si guardò intorno vide che la sala si era quasi del
tutto svuotata.
Si
era riposato più a lungo del previsto. Si alzò, prese la valigetta e si
diresse verso il luogo dove si ritiravano i bagagli.
Akira
aveva ragione riguardo a quel tipo di vita. Non era affatto eccitante e
interessante.
“Ricky!”
Quel
grido gli fece sollevare la testa. Per un attimo pensò di avere le
allucinazioni, perché verso di lui stava correndo Akira Sendoh.
“Akira?”
L’uomo
portava un impermeabile tutto bagnato e si precipitò come un fulmine
verso Hiroaki, abbracciandolo.
“Grazie
a Dio! Stai bene?”
La
valigetta cadde dalla mano di Hiroaki, mentre lui, stringendosi ad Akira,
diceva: “Sto bene. Ho avuto solo un po’ di mal d’aria. È stato un
brutto volo.”
Hiroaki
si stava appoggiando completamente ad Akira, che sopportava facilmente il
peso del suo corpo.
“Brutto?
Non riesco a credere che la torre di controllo di Atlanta abbia
autorizzato il volo! Ora questo aeroporto è chiuso e quello di Atlanta ha
chiuso subito dopo il decollo del tuo aereo.”
Solo
allora Hiroaki capì perché Akira si era preoccupato tanto. Aveva perso
il compagno e il figlio in un disastro aereo provocato da condizioni
atmosferiche difficili come quelle.
“Sto
bene”, sussurrò lui. “Sto bene, sono qui.” Sentiva la tensione
nelle braccia di Akira e, pensando solo a rassicurarlo, sollevò il capo e
premette le labbra su quelle di lui.
Il
bacio di Akira fu un’esplosione di sensazioni così potenti che Hiroaki
riuscì a malapena a rispondergli. Purtroppo l’uomo riacquistò presto
il controllo di sé e lo guardò preoccupato, quasi vedendo per la prima
volta il suo volto pallido e le ginocchia tremanti. “Tu stai male”,
gli sussurrò.
“No.
È solo la nausea per il volo…”
Akira
lo prese fra le braccia e propose di andare a bere qualcosa al bar.
Hiroaki accettò volentieri e insieme entrarono in un piccolo ristorante -
bar.
Ben
presto Hiroaki si riprese e riacquistò sufficiente presenza di spirito da
chiedere: “Ma tu cosa fai qui? Proprio in un aeroporto?”
“Sono
venuto a cercare te. Dovevo essere sicuro che eri sano e salvo.”
“Oh!”
Hiroaki rimase colpito e stupito, ma si insospettì subito.
“Macosa
fai qui a Washington? Non mi hai detto di dover venire qui, questo fine
settimana.”
“Beh…”
Akira deglutì e Hiroaki capì che gli stava nascondendo qualcosa. “Se
proprio devo dirtelo, sono qui per la pubblicità di ‘Amore
spericolato’. Ora non ridere se ti dico che dovrò apparire in pubblico.
“Un’apparizione
in pubblico? Tu?”
“Lascia
che ti spieghi, Ricky.” L’uomo appoggiò la testa alla mano e la
familiarità di quel gesto riempì il cuore di Hiroaki di tenerezza.
“Una
rivista dedicata a questi grossi serial televisivi ha sponsorizzato una
rassegna di stelle televisive che si terrà qui a Washington. Venti di noi
incontreranno e saluteranno il pubblico. Sarà peggio che stare allo zoo e
probabilmente mi coprirò di ridicolo. Dovresti venire a vedere.”
Il
pensiero di Akira che incontrava e salutava il suo pubblico era così
curioso che Hiroaki stentava a crederci. “Stai scherzando! Non
accetteresti mai una cosa del genere!”
“Normalmente
no. Ma mi hanno costretto.”
“Con
quali mezzi? Con un ricatto? Oppure il tuo produttore usa frusta e
catene?”
“Peggio.
Ha minacciato di farmi fare un anno di scene d’amore con Haruko Akagi,
se non avessi collaborato. Mi ha convinto così.” Akira fece schioccare
le dita.
“Non
sei davvero un duro!”
“Conosco
i miei limiti. A proposito, penso sia meglio ritirare i tuoi bagagli e
andare al tuo albergo.” Lo guardò con apprensione. “Mi sembra che tu
non stia ancora bene.”
“Grazie.”
Disse Hiroaki. Gli fu ugualmente grato per avergli permesso di appoggiare
la testa sulla sua spalla durante il tragitto in taxi, tragitto che gli
agitò nuovamente lo stomaco.
Senza
aspettare che lui glielo chiedesse fu Akira a occuparsi di tutte le
formalità e ad accompagnarlo nella sua stanza.
Hiroaki
ebbe quindi tutto il tempo di notare che i modi di Akira, per quanto
gentili e premurosi, erano però molto distaccati. Lui non gli fece una
sola domanda personale né disse qualcosa che potesse offrire lo spunto
per una conversazione.
Osservandolo,
Hiroaki si convinse sempre di più che la decisione di Akira di
partecipare alla sfilata pubblicitaria di attori non era stata casuale.
Lui aveva voluto vedere e chiarire dove stava andando quella relazione.
O,
più precisamente, dove non stava andando.
L’uomo
che ora esitava sulla porta della sua camera incapace di trovare le parole
per dargli la buona notte, sembrava più un monaco che aveva infranto le
regole piuttosto che un amante frustrato.
Il
suo imbarazzo preoccupò Hiroaki, il quale decise che la riuscita o meno
dei loro rapporti dipendeva in larga misura dalla propria capacità di
parlare per primo.
Doveva
trovare il modo di riportare la loro relazione sul piano dell’amicizia.
Però
non poteva affrontare l’argomento quella sera e con gli occhi sembrava
pregare Akira di lasciar perdere.
“Sei
sicuro di non aver bisogno di un medico?” gli chiese Akira alla fine.
“No.
Ho solo tanto bisogno di una buona dormita.”
Akira
non sembrò troppo convinto. Lo guardò attentamente da capo a piedi,
tanto che lui si chiese se il suo aspetto fosse davvero tanto terribile.
Evidentemente lo era.
“Senti,
io sono nella stanza cinquecentoquattordici” gli disse Akira. “Se hai
bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa, chiamami.” Hiroaki annuì ed
Akira aggiunse: “Domani parleremo. Cercherò di liberarmi in qualche
modo.”
“Si.
Domani.” Forse per quel momento Hiroaki avrebbe trovato le parole
magiche in grado di salvare il loro rapporto, ma ora doveva ammettere che
le premesse non erano incoraggianti.
Fine
ottavo capitolo.
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