Disclaimer: Hana e Ru non sono miei… ma di tutte le ffwriter del mondo!

 


Un film

di N


La palla è davanti a me. Tutti gli altri, dietro. Sta per uscire dal campo. Non deve. Perderemmo un’occasione fondamentale. La prendo, mi giro e la passo in velocità a Shuzuri, che non può far altro che segnare.

Un’altra impresa degna del Tensai!

I compagni, mentre torniamo in difesa, si congratulano. Io continuo ad esaltarmi –esaltarli-. Perfino il “capitano”, a modo suo, si complimenta: evita, per una volta, di insultarmi.

Lo guardo con fare superiore e alzo il pollice facendogli capire che ho tutto sotto controllo. Lui sbuffa in risposta.

Il Sannoh è di nuovo in attacco. Ci schieriamo nella più classica delle difese a zona e attendiamo la loro carica. Che schiacceremo nuovamente, ovvio!.

Vedo il loro play avanzare e, per un attimo, sento la mancanza di Ryo-chan. Se ci fosse lui, la scimmietta ammaestrata lì davanti non sarebbe così dannatamente sicura di sé. E noi staremo di nuovo stravincendo, come l’anno scorso.

La palla gira e arriva dalle mie parti. Il bradipo gigante, che ho davanti, mostra l’unico guizzo di velocità degli ultimi 25 minuti e tenta di seminarmi con uno scatto sulla sinistra.

Solo che io sono dotato di riflessi eccezionali e, con rapidità, torco il busto verso di lui e gli rubo palla. Poi mi volto dall’altra parte e passo a Ikari.

Sono stato una molla e il bradipo si è accorto di non avere più la palla solo quando questa è ormai lontana.

Ridacchio e faccio per iniziare a correre, quando qualcosa mi ferma. Il primo pensiero è un terrorizzato: “Oh, no! Di nuovo.”

Sento una forte fitta all’anca sinistra. Nel movimento di prima, qualcosa deve essere andato storto.

Respiro profondamente, come ho imparato a fare combattendo contro il dolore alla schiena, e mi sembra che le cose vadano meglio. Bene! Era solo una cavolata…. Vedo i miei compagni rientrare, dopo aver concluso l’azione. Con un canestro, ovviamente.

“Do’aho, che ti è preso?” “uff, volevo vedere cosa combinavi. Hai paura di non riuscire a cavartela, se non ci sono io a farti da balia?” “hn… difesa!”

mi preparo, convinto che tutto andrà per il meglio, ma presto mi accorgo che non sarà così. Il dolore all’anca si ripresenta assillante, ogni volta che inizio a correre. E, in una partita di basket, si inizia a correre spesso.

Per fortuna, quando salto o tiro sparisce quasi del tutto.

C’è da dire che il mio scatto, ora, non è al massimo…

Mi guardo in giro un po’ preoccupato, ma nessuno mi dice nulla. Non devono averlo notato.

Riprendo a giocare stringendo i denti.

Com’è che ‘sto bradipo qui davanti non è lento come nel primo tempo? Proprio ora doveva ingranare?

Mi difendo al meglio e lo fermo una nuova volta. So che la cosa migliore, ora, sarebbe che iniziassi a correre come un dannato, per mettere a segno un altro dei fantastici contropiedi del Tensai, ma.

Se iniziassi a correre, barcollerei e il bradipo si riprenderebbe l’occasione di tirare.

Così passo.

Sono un genio e i Tensai sanno essere generosi… o, più semplicemente, non sono più lo sciocco di un tempo: so di avere dei limiti, soprattutto in questo momento.

Inizio ad avanzare; quando vedo che la sfera ce l’ha in mano Rukawa, però, tiro un inconscio e silenzioso sospiro di sollievo. Nella mia testa si sono accese a catena diverse uguaglianze:

“kitsune = canestro sicuro = no rimbalzo = posso starmene qua = no corsa”. La prima la faccio a malincuore; perfino sperando di sbagliarmi… ma i geni difficilmente sbagliano.

E così resto a guardarmi il canestro perfetto dell’iceberg e il suo successivo rientro in difesa. Ma viene verso di me. E questo può solo significare che mi deve dire qualcosa. Inconsciamente, tremo: è sempre stato un buon osservatore, lui.

“Fatti sostituire” è il suo lapidario inizio. Che sarebbe anche una fine, se io non gli afferrassi il braccio, mentre fa per andarsene.

“Cosa?!? E perché mai? … hai forse paura di non riuscire ad essere rieletto MVP se non mi sbatti fuori?” lo dico con cattiveria ed esagerazione.

“do’aho. Sarò sempre il migliore. E tu non mi batterai. Mai.”

“bene, ora che hai chiarito il concetto, se non ti spiace, torno a giocare. C’è una partita da vincere, o non ti interessa?”

Non urlo. Non sbraito. Ho imparato da lui: sibilo. È un livello di cattiveria superiore. In molti speravano che, crescendo e continuando a giocare insieme, imparassimo finalmente ad andare d’accordo. Non è successo.

Siamo troppo diversi e troppo uguali. Troppo orgogliosi, testardi, individualisti. Seppellire l’ascia di guerra avrebbe implicato l’ammettere cose e pensieri per noi inammissibili.

Per la buona pace della squadra, di solito, “scambiamo le nostre opinioni” alla vecchia maniera solo quando siamo soli. Il resto delle volte ci limitiamo a sibilarci contro.

Solo nei momenti più delicati arriviamo ad azzannarci l’anima, come ha appena fatto. Anche se non l’ammettiamo, ci conosciamo molto bene e, volendo, potremmo infierire l’uno sull’altro senza pietà, ma non lo facciamo. Come due animali della stessa razza che, per istinto, non usano la loro arma più letale in una sfida per la supremazia.

Stavolta, però, lui l’ha usata. Ed io, ora, ho addosso solo rabbia. Furore. Stoppo palla e mi metto a correre. L’anca manda scintille, ma non me ne curo. Volo attraverso il campo, come se alle calcagna avessi un oni. Invece ho solo i suoi occhi blu scuro puntati addosso. E in fondo, per me, sono la stessa cosa.

Salto e schiaccio con tutta la forza. Mentre lo faccio, grido. Per dolore e per rabbia. Per sfogare i miei sensi oppressi dal male fisico e la mia mente che non riesce a cancellare le ultime parole udite. Quando atterro la folla è in delirio… e anche l’anca. Ma con gli occhi cerco i suoi, per una muta e dura risposta alla sue affermazioni.

Non mi arrenderò mai. Al dolore. A te. MAI.

I compagni si congratulano e torno in difesa.

Ma lo faccio consapevole che ora il fianco mi fa ancora più male.

Tu mi segui con lo sguardo e l’espressione indifferente. Non ti sto guardando, ma so che lo fai. Come lo faccio io, tutte le volte che fai un’azione del genere. Passa un altro interminabile minuto e il coach avversario chiama time out.

 

“Bravi ragazzi oh, oh, oh…”

“sì, siete bravissimi!” grida Haruko, guardando, con occhi adoranti, alternativamente me e Rukawa.

Non riesco a capire come facciamo a piacerle entrambi. Siamo uno il perfetto opposto dell’altro. Non puoi adorare il suo silenzio e pure il mio baccano. Non apprezzare la mia potenza istintiva e la sua costruita eleganza. A volte non capisco nemmeno come ho fatto a starle dietro per mesi, ma questa è un’altra storia.

Mi porge un asciugamano e, sorridendo, aggiunge: “Sei in grande forma! Li sbaraglierai!”. Io la guardo, per un attimo, scioccato… non te ne sei accorta??? Vorrei chiederglielo, ma mi fermo. Se lo facessi lei capirebbe che no, non sono in grande forma e farebbe un gran casino… se ne accorgerebbero tutti e io rischierei di guardare la fine, della partita più importante, dalla panchina. Come ho rischiato due anni fa. Annuisco con un grazie e vengo richiamato da Anzai.

“Hanamichi, tutto bene?”

“certo!” troppo frettolosa questa risposta… lo vedo squadrarmi da dietro l’espressione bonaria e capisco. Lui sa. E si sta rimettendo alla mia volontà una nuova volta. Tranquillo, nonno, l’hai già fatto in passato ed è andato tutto bene, no?

“Bene, sei il nostro uomo fondamentale, in difesa. Continua a prendere i rimbalzi. Rukawa, problemi?” chiede innocentemente.

Come se chiedesse dell’intera squadra. Invece sta comunicando alla volpe che non mi sostituirà. E in risposta riceve solo un: “No, allenatore. Ce la faremo sicuramente.”

Siamo in parità e mancano 5 eterni minuti. Il fianco brucia e vorrei sedermi un po’, ma non ne ho il coraggio. Mentre guardo la panchina pensieroso, sento una voce: “Se ti fermi è peggio. Torniamo in campo”

E mi volto in tempo per vedere la schiena della kitsune allontanarsi, con il suo solito passo silenzioso e ammaliante.

Mi scappa un mezzo sorrisetto e sbuffo un divertito: “Agli ordini, capo!” mentre lo raggiungo.

Solo che il time out non è stato affatto benefico per me. Mi sono “raffreddato” e ora, ad ogni movimento, sento dolore… le successive azioni mi vedono tornare agli albori della mia carriera, quando ero tutto, fuorché un giocatore. Sbaglio un canestro sicuro e perdo palla… dopo un loro canestro, guardo la Kitsune un po’ preoccupato. Non voglio essere sostituito. È la mia ultima partita nello Shokoku. Ed è la finale di campionato. È ovvio che voglia arrivare fino in fondo. Non volevo mollare quando ero al primo anno… figuriamoci ora!

Le cose vanno avanti e io arranco. Non mi difendo male, ma la corsa mi uccide.

Dopo l’ennesimo canestro, ora il Sannoh è a più sei. E mancano tre minuti e qualcosa.

La kitsune fa un cenno ad Anzai che chiama time out. K’so!

“Mi raccomando: concentrazione…” inizia l’allenatore. Ma io vengo distratto da un tocco al braccio. Mi volto e affogo in due occhi blu.

“Fatti sostituire”

“no.”

“sei inutile”

“non dire cazzate. Senza me, sotto canestro siamo nella merda. E, nonostante tutto, tu lo sai.”

“…”

“giuro che conquisterò ogni rimbalzo in questi ultimi minuti. Ce la farò.”

Sembra combattuto. Da quando ti preoccupi per me? Non è nel nostro stile, Kitsune!

“Non correre in attacco. Basta che tu prenda i rimbalzi difensivi.”

“e i rimbalzi offensivi chi li viene a prendere, Anzai?”

“Non ci saranno.”

“COSA?”

“non sbaglieremo mai.”

“ma sei impazzito? È impossibile!”

“è anche impossibile che, tu, conquisti tutti i rimbalzi, in queste condizioni!”

Ci guardiamo un attimo, l’un l’altro. Perché deve sempre essere così testardo? Ho la sensazione che questo sia anche il suo, di pensiero.

“Facciamo così: scommettiamo. Io me ne resto in difesa e prendo tutti i rimbalzi e stoppo chi osa arrivare dalle mie parti. Al mio primo sbaglio, vinci tu e per premio mi mandi in panchina. Tu ti prendi l’incarico di segnare. Al primo canestro sbagliato, io vinco e per premio rinizio a farmi su e giù, ok?”

È una mia impressione, o gli ho fatto una confessione di fiducia, molto malamente celata da una scommessa?

Può sembrare, dalle mie parole, che io mi fidi di lui e che abbia proposto collaborazione e divisione dei compiti?

Spero vivamente di no.

Se solo non avessi questo maledetto bruciore… altro che stoppare tutti!

Lui mi guarda con uno strano scintillio negli occhi. È sicuramente stupito. Ho raccolto una sua idea e l’ho accettata. È la prima volta in tre anni. Sembra quasi divertito.

“Ok, do’aho. Scommetto!” e, dicendo questo, lo vedo alzare un angolo della bocca in un ironico sorrisetto. Nei suoi occhi sfida, divertimento e… fiducia.

Questo non è Rukawa Kaede, capitano dello Shokoku.

“Allora, andiamo Kitsune… dobbiamo impedire che il nostro titolo finisca nelle luride zampacce della squadra del Sonno!”

“Do’aho!” e si avvia… “Ehi, idiota a chi? Forza ragazzi! Abbiamo un trofeo da conquistare e una volpe da surclassare!!”

E rientriamo in partita.

 

Difesa. Deve essere il mio unico pensiero, ora. Conquistare quella benedetta palla per cui ho sputato sangue, negli ultimi tre anni. Non posso certo lasciarmela fregare ora, no?

Il Sonno attacca… e io lo sveglio con una stoppata degna del gorilla. Conquisto palla e la passo ai miei compagni. 1-0 per me, Kitsune. Mi avvio verso la metà campo correndo piano. Non la supererò di molto, ma non posso certo restare indietro a guardarli giocare da lontano! Potrebbero avere bisogno di me! …

1-1… stupida granita individualista.

Presto recuperiamo lo svantaggio. Mancano 40 secondi. Loro attaccano. Dopo alcuni rapidi scambi, la palla arriva al bradipo che parte, cercando di bruciarmi nello scatto. Io parto con lui, ma una fitta improvvisa e sleale mi fa perdere l’equilibrio. Mentre cado, sento l’urlo della folla e capisco che ha segnato. E io ho perso la scommessa.

Mi scappa un grido e dò un forte pugno a terra. Ora vedrò la Kitsune con l’espressione “te-l’avevo-detto-stupido-è-tutta-colpa-tua-se-perdiamo”.

Lo vedrò chiedere cambio e sbattermi fuori a calci, per poi cercare di salvare la situazione da solo.

E non mi rimarrà che questo immenso bruciore al fianco e agli occhi.

“Allora, Do’aho, ti sei addormentato?”

Pezzo di… ok, Hana, dignità.

“Ho capito, Kitsune. Ora vado.”

Mi alzo e faccio per raggiungere la panchina, quando mi raggiunge la sua voce

“Idiota, non sai ancora che la rimessa dal fondo si fa da qua?”

Mi guarda con la sua solita faccia indifferente e sprezzante, ma non mi sta cacciando fuori.

“Ma… ho sbagliato...”

“hn”

Resto imbambolato un secondo.

“Ti muovi? Dobbiamo vincere una partita. O non ti interessa più?”

Brutto stronz… mentre lo penso, non posso che sorridere..

“Certo che mi interessa, Iceberg! Dammi questa benedetta palla e preparati!”

la scommessa l’ho già persa e quindi posso fare quello che mi pare.

Effettuo la rimessa e scatto in avanti. C’è il male, c’è un equilibrio instabile. Ma c’è la mia voglia di vincere. E, perché no, c’è pure Rukawa. Forse, c’è sempre stato.

24 secondi per la nostra azione. Li sfruttiamo tutti e, alla fine, un elegante Kitsune segna un canestro semplice e stupendo allo stesso tempo.

Mancano 16 secondi. La palla ce l’hanno loro e noi siamo avanti di 2. Partono a tutta birra e si fermano fuori dalla linea da tre… Ikari è fantastico mentre ostacola il loro tiratore, mentre io vado sotto canestro.

Il tempo stringe e decidono di penetrare per un’ azione da due, che porti alla parità e ai tempi supplementari.

Vedo il giocatore avversario entrare e Shizuri contrastarlo. Lo vedo smarcarsi e tirare…

E poi, l’unica cosa che ho negli occhi è di nuovo quella palla arancione che voglio, con tutte le mie forze, tra le mani. E allora salto. Con le ultime risorse, tirate fuori da chi sa dove. Con l’ennesimo urlo animale, spazzo via la sfera prima che raggiunga l’apice. E la faccio volare lontano. E vicino.

Tra le mani di un volpino maledetto, che sembra avere il magnete per oggetti come quello. Di un ragazzo artico, che esprime tutto tranne gelo mentre corre come ora, mentre vola come ora, mentre segna come ora. Perfino mentre urla come ora.

Urla? Dei! Me l’hanno sostituito veramente!!! No!!! Non dovevano … Non potevano farlo un po’ prima?…

Ma ormai non ho tempo di pensare ad altro, perché l’arbitro ha fischiato la fine e tutti mi stanno saltando addosso. Ehi piano, sono infortunato, io!!!

 

L’acqua calda mi scivola addosso. La premiazione è stata veloce e bella. Unica pecca: hanno nominato di nuovo mvp l’esaltato glaciale… Io ho confessato a tutti del dolore all’anca e sono stato subissato di rimproveri, per non averlo fatto prima. Poi, mentre Ru è andato a salutare i nostri amici in tribuna, mi sono avviato verso l’infermeria. Tanto so che li incontrerò stasera, per festeggiare…

Il medico, che mi ha visitato, mi ha rassicurato.

“Non è niente di grave! Tieni questa pomata e applicala dopo la doccia. Poi fasciati il fianco. Mantieni la fasciatura e mettiti la crema per un paio di settimane ed evita di giocare per tre. Anche perché, se lo facessi, potresti peggiorare le cose. Già è una piccola fortuna che non siano peggiorate durante la partita!”

ok, ok… farò il bravo… Cavolo, avevamo la partita amichevole Shohoku/Ryonan contro Kainan/Shoyo! La farò spostare: non possono certo farla senza il mitico Tensai!

 

E infine, la meritata doccia.

 

Sento i muscoli sciogliersi e il torpore avvolgermi. Il dolore è stemperato dal massaggio dell’acqua e mi sento immensamente felice e stanco. Ci siamo solo io e Rukawa,. Gli altri si sono lavati mentre lui si attardava con Akagi e gli altri sugli spalti e io mi facevo visitare. Li sento rumoreggiare di là, ma mi raggiungono solo suoni ovattati. Ora che ci penso: ce ne ha messo di tempo, la silenziosa Kitsune, per salutarli! Credevo che si limitasse a fare un cenno con il capo a tutti e si fiondasse sotto la doccia. Invece è rimasto a parlare tutto il tempo della visita!

Sbircio nella doccia affianco e lo vedo con il capo chino, sotto il getto che gli colpisce le spalle e poi scivola giù per il suo corpo, dividendosi in mille rivoletti. Si sta rilassando. In silenzio, come sempre. Ma la cosa non mi dà fastidio, anzi.

È il riposo dei guerrieri, questo…

 

“Perché non mi hai sostituito?” perché faccio certe domande?

“ormai… mancava poco… danni peggiori non ne potevi fare”

“stronzo”

“idiota”

 

“Però sono stato bravo, no?”

“no. Sei stato fortunato. Potevi peggiorare le cose, comportandoti così!”

“… così poi avresti salvato tutto in extremis e saresti stato di nuovo eroe nazionale…”

lo dico ironico e amaro.

“stronzo”

“idiota”

 

“Ti fa male?”

“da morire.”

“allora sbrigati a darci la pomata che ti ha dato il medico. E cerca di seguire almeno le sue, di indicazioni!”

“sì, sì. Come se ne avessi bisogno. Sono il Tensai e ho tempi di recupero incredibili! Comunque mi ha anche detto di fasciarla”

“se la fasciatura copre anche bocca e naso, in modo da non farti parlare e respirare, sono d’accordo.”

“stronzo... comunque penso che non lo farò, ora. Da solo non ci riuscirei.”

“fatti aiutare dall’Akagi.”

“scherzi? Quella, più che aiutarmi, si chiederebbe il modo migliore per togliermi i vestiti rimanenti!”

“e allora? non eri tu che la volevi sposare?”

“sai benissimo che non è più così”

“hn.”

 

Siamo appena fuori dalla doccia, nello spogliatoio. Mi asciugo e mi infilo i boxer. Prendo la pomata e me la spalmo. Ho anche una benda a portata di mano, per tentare di autofasciarmi, dopo.

“uffi! Maledetta… “ Rukawa fa finta di niente, ma dopo un altro paio di miei rimbrotti non si trattiene.

“Cosa c’è, ora?”

“è che mi fa male stare tutto storto, per darmi la crema. E poi la devo coprire, anche, perché altrimenti mi sporcherei tutti i vestiti!”

“hn, te l’avevo detto… ti spedirò l’Akagi…”

“no!”

Alza un sopracciglio, nella sua più tipica espressione interrogativa.

“Non voglio! … ecco vedi.. è in una posizione imbarazzante…”

e gli faccio notare che, sia per spalmarla che per coprirla, devo abbassare almeno in parte i boxer…

lui sbuffa e mugugna qualcosa tra i denti.

Poi prende la garza e del cerotto e si siede davanti a me. E inizia a medicarmi.

 

Poco dopo mi appare il comico della situazione... sogghigno e lui se ne accorge.

“Che hai?” mi chiede scocciato e concentrato nell’impresa di coprire la mia anca, che sobbalza per le risate. Mi appare buffo con quell’espressione concentrata e la lingua che gli spunta tra le labbra.

“Sembriamo un film… due rivali che si odiano per una vita. Poi, nel momento di necessità, riscoprono solidarietà e vincono insieme. … pazzesco!. E, alla fine, si medicano a vicenda…”

“veramente, io sono sanissimo. Sei tu che riesci sempre a farti male.”

“non essere noioso, Kitsune! Pensa! Nel film, saremmo nel punto in cui hanno perfino 10 minuti di conversazione decente… di norma, dovrebbe finire con una musica gentile che fa da sottofondo alle nostre dichiarazioni stucchevoli… in cui ci confidiamo a vicenda di fidarci l’uno dell’altro… e via andare. Mi vedo già la scena diventare nera sui nostri volti, che si scambiano sguardi sorridenti…”

mi sono lasciato trasportare dalla fantasia e ora ho in faccia un’espressione da eroe glorioso, che si riproduce in un sorriso smagliante. Lui mi guarda e scuote la testa. “Sarebbe divertente, no? Ovviamente impossibile, ma buffo!” e in fondo non mi dispiacerebbe poi tanto, ammetto solo con me stesso. Sarebbe un inizio. Di cosa, poi, è tutto da vedere.

“hn… oppure…”

“oppure?”

“con un bacio”

“come?”

“bacio”

“bacio?”

 

Bacio.

 

Owari

 

E la scena intorno a noi va sfocando, diventando, via via, sempre più nera…

 

 



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