Note: I personaggi non sono miei ma del mio papà (Inoue, ovviamente) e
dei suoi editori, io non voglio farci soldi, lo so io, lo sapete voi, quindi
non ci sono problemi , giusto?!?!?
Una volta per tutte
di Chocolat
Parte 3/?
Sendoh
non si sarebbe mai aspettato che tutto sarebbe accaduto tanto in fretta.
Non erano passati che tre giorni dalla sera al ristorante dei Uozumi, quando
si era immerso negli appunti di Hikoichi per studiare un'eventuale strategia
da utilizzare per avvicinare Sakuragi; aveva fatto arrabbiare tantissimo
Koshino e non riusciva a capirne il motivo, dato che era stato proprio
Hiro-kun a imporgli, agli effetti pratici, di sedurre il rosso giocatore
dello Shohoku ed il suo compagno con la maglia numero 11, ovvero la
talentuosa matricola che rispondeva al nome di Kaede Rukawa.
E Akira Sendoh aveva due validissimi motivi per darsi da fare ed
accettare la sfida lanciatagli dal compagno: primo, Hiro-kun gli aveva
imposto di raggiungere la meta prefissata prima di accettare di diventare il
suo ragazzo; secondo, l'idea di poter portarsi a letto Rukawa e Sakuragi con
l'approvazione di Koshino-kun era un'occasione che proprio non poteva
lasciarsi sfuggire.
A dire la verità, Hiro-kun si era lasciato trasportare dalla gelosia,
quella sera in ristorante; ma, per fortuna,. Fukuchan aveva assolto il suo
solito compito di amico consolatore e l'umore di Kosh si era un tantino
rischiarato... Sempre nei limiti del possibile, ovviamente.
In ogni caso, quel lunedì, nel tardo pomeriggio, lasciando la palestra del
liceo Ryonan dove aveva appena concluso una faticosa sessione di allenamento
e aveva dovuto fare anche le veci di Taoka-sensei che quel giorno era dovuto
assentarsi, Sendoh si imbatté nientemeno che in Kaede Rukawa, il quale gli
stava sbarrando la strada più o meno nello stesso punto della volta
precedente; contrariamente a quel giorno, però, l'asso dello Shohoku non
aveva con sé nessun pallone da basket e, accorgendosi che Sendoh si stava
avvicinando, aveva abbassato leggermente gli occhi ed ora lo guardava da
sotto in su, con un'espressione serissima e un po' meno indecifrabile del
solito. Sembrava decisamente... Preoccupato, si... Anche un poco
imbarazzato, a giudicare dal lieve rossore che gli colorava le guance e
decisamente teso, dato che i pugni erano serrati in fondo alle braccia,
rigide lungo i fianchi.
Sendoh provò un moto di sorpresa che gli fece contrarre la base dello
stomaco, scorgendolo davanti a sé; poi, prendendo rapidamente visione del
suo stato di agitazione, si sentì travolgere dalla tenerezza.
Sorrise, ma dolcemente, senza un'ombra di malizia sul bel viso allegro.
"Ciao, Rukawa", lo salutò, cercando di infondere tutta la
dolcezza che poteva anche al suo tono di voce.
Rukawa sollevò leggermente la testa; Sendoh lo osservò meglio e notò che,
in effetti, l'aria di totale indifferenza ed il vago atteggiamento
sprezzante che aleggiavano, solitamente, intorno a Rukawa sembravano essere
evaporati per lasciare il posto ad un'espressione del tutto inusuale, che
gli faceva dimostrare in pieno i suoi soli quindici anni e gli addolciva i
lineamenti. Quel giorno indossava i pantaloni della divisa scolastica con la
camicia bianca a maniche corte ed il tutto conferiva a dargli un aspetto da
timido ragazzino quale non era che divertì moltissimo l'asso del Ryonan.
"Buon pomeriggio", rispose, dopo quello che sembrò un tempo
infinitamente lungo, la matricola d'oro dello Shohoku.
Sendoh lo studiò un altro mezzo secondo.
"A cosa debbo l'onore...?" gli chiese poi, lasciando la domanda in
sospeso con la maestria di un consumato commediante. Gli parve che Rukawa
abbassasse di nuovo vagamente lo sguardo, prima di rispondergli: "Sono
venuto per risolvere 'quella' questione... Quella in sospeso"
Lo disse a denti stretti e con una lieve vibrazione di rabbia nella voce,
come se la domanda di Sendoh fosse stata assolutamente superflua; ma alcune
chiazze rosso papavero che gli tinsero violentemente la carnagione lattea
tradirono in modo inequivocabile il suo imbarazzo.
Il sorriso di Sendoh si allargò, anche se lui stesso avvertì uno strano
movimento viscerale, come se qualcuno gli avesse stretto l'intestino in un
nodo scorsoio e all'improvviso facesse davvero caldo, troppo caldo anche per
il mese di agosto: Akira Sendoh era arrossito a sua volta, prendendo atto
del motivo per cui Rukawa se ne stava lì fermo davanti a lui con gli occhi
bassi.
"Ah... OK, Rukawa. Quando vuoi", disse, cercando di mantenere un
tono il più distaccato e disinvolto possibile, anche se il cuore aveva
cominciato a martellargli nel petto.
"Il... Il più presto possibile, se non ti dispiace. A... Adesso...
S... Sei libero?"
Gli occhi di Sendoh si sgranarono ed il sorriso scomparve dal suo volto.
Rukawa... Kaede Rukawa stava davvero balbettando?!?!?E davvero parlava con
quella voce roca e tremante, o era solo una sua impressione?
Il giocatore del Ryonan deglutì, cercando di controllare il proprio senso
di imbarazzo; certamente in quel momento era Rukawa a trovarsi più in
difficoltà e lui si sentì istintivamente in dovere di alleviare il suo
disagio. Cercò di riesumare uno dei suoi sorrisi più dolci e si avvicinò
al ragazzo che somigliava così poco al solito, inespressivo, freddo e
controllatissimo numero 11 dello Shohoku.
"Si, sono liberissimo", rispose, tentando di guardare l'altro
negli occhi, anche se questi ultimi sembravano ostinatamente incollati
all'asfalto.
"I miei non ci sono", sussurrò Rukawa, talmente sottovoce che le
sue parole vennero quasi coperte dai rumori delle automobili che passavano
sulla strada, accanto a loro.
Ma Sendoh riuscì ad udirle perfettamente, forse anche perché i suoi sensi
erano al massimo della ricettività, in quel momento; alzò un braccio e lo
mise attorno alle spalle di Kaede. Quest'ultimo sussultò, e Sendoh riuscì
perfettamente a percepire la rigidità che si era impadronita di ogni sua
fibra muscolare.
"Portami a casa tua", gli disse semplicemente, cominciando a
camminare e trascinando Rukawa con se, il braccio sempre stretto intorno
alle sue spalle ed il sorriso al suo posto.
Non avrebbe voluto essere così diretto, non era certo sua abitudine,
anzi... Gli sarebbe piaciuto andare a bere qualcosa assieme, chiacchierare
un po', magari anche tornare nel campetto in cui si erano confrontati
l'altra volta e fare due tiri a canestro... Ma, d'altra parte, aveva
imparato che per comunicare con Rukawa il modo giusto non era certo quello
di mettersi a parlare... anche perché la matricola dello Shohoku non era
decisamente un tipo loquace e le chiacchiere degli altri sembravano
infastidirlo. Probabilmente, se avesse tentato una qualsivoglia mossa degna
del bravo seduttore che era sempre stato, si sarebbe trovato piantato lì in
mezzo alla strada e l'unica cosa che avrebbe ottenuto da Rukawa sarebbe
stato un bel 'lascia stare' borbottato a mezza voce, magari anche
accompagnato da uno sbuffo sprezzante.
"In stazione", disse Rukawa con un tono sbrigativo ma tremante,
senza assolutamente alzare lo sguardo sulla faccia sorridente e
apparentemente rilassata del ragazzo che lo stava abbracciando...
I due si incamminarono verso la prima fermata di treno, il silenzio
interrotto soltanto dal respiro un po' troppo affannoso del giocatore dello
Shohoku; Sendoh non lasciò la presa sulle spalle finché non dovettero
salire sul vagone della metropolitana sopraelevata che li avrebbe
trasportati fino al quartiere dove risiedeva l'eccezionale matricola che era
riuscita a mettere in difficoltà i migliori giocatori di basket della
prefettura e che adesso era lì, seduto con gli occhi bassi e le mani
strette a pugno appoggiate sulle ginocchia, in perfetto silenzio.
Sendoh si sentiva terribilmente a disagio; avrebbe voluto dire qualcosa,
qualsiasi cosa ma, ancora una volta, ci pensò su due volte e decise che era
meglio lasciar perdere; per qualche minuto, da quando erano saliti sul treno
ed avevano preso posto su due sedili vicini, aveva fissato il volto di
Rukawa, cercando, in qualche modo, di leggerci un qualsiasi indizio che
potesse suggerirgli qualcosa da fare per spezzare quella tensione... E pensò
che la cosa migliore, per il momento, era mettersi a guardare fuori dal
finestrino.
Il cielo era terso e la giornata piacevolmente calda; Akira Sendoh cominciò
a fissare la spiaggia che il treno stava costeggiando, perdendosi nel luccichio
quasi ipnotizzante che i raggi del sole producevano giocando con la
superficie appena increspata del mare; il rumore ed il regolare dondolio del
treno, mescolato al vociare della gente che viaggiava nel loro stesso
vagone, riuscirono a tranquillizzarlo leggermente ed a fargli prendere
coscienza di quello che stava succedendo. Era seduto accanto a Rukawa, si
stavano dirigendo entrambi a casa sua, dove sarebbero rimasti completamente
soli ed avrebbero...
Sendoh scosse la testa. Ma che stava facendo? Stava davvero per
andare a letto con un ragazzo che conosceva solo per averlo osservato su un
campo da basket, con il quale non aveva mai nemmeno tenuto una conversazione
decente? Anche per un inguaribile seduttore come lui, la situazione era
davvero *troppo* imbarazzante... E poi, in fondo, fino a quel momento aveva
fatto l'amore con un solo ragazzo in vita sua ed era stato Koshino-kun; ma,
Rukawa... E se avesse voluto attirarlo in casa sua per dargli una
bella lezione a base di cazzotti nello stomaco? Così avrebbe imparato a
prendere tutto quanto tanto alla leggera... Certo, l'assenso di Rukawa
l'aveva davvero stupito... Era stato troppo facile... Però ormai era tardi
per tirarsi indietro, andasse come andasse...
Dopo un altro paio di fermate, la testa corvina di Rukawa scattò all'insù,
gli occhi sbarrati; il ragazzo si guardò un secondo in giro, poi si alzò
velocemente, tirando su Sendoh per la manica della T-shirt blu che indossava
quel pomeriggio e si avvicinò alle porte scorrevoli del vagone, sussurrando
appena un 'dobbiamo scendere' che si perse nello sferragliare del treno e
nel ridacchiare concitato di un gruppo di liceali che li osservavano con
interesse, parlottando tra loro. Prima di scendere, Rukawa lanciò uno
sguardo di ghiaccio alle povere ragazzine, strattonando Sendoh, che invece
stava rivolgendo loro uno dei suoi sorrisi più ammaliatori, obbligandolo a
scendere il più in fretta possibile.
Forse era arrivato il momento giusto per alleggerire l'atmosfera con una
battuta.
"Ehi, ma cosa ti avevano fatto quelle poverine? Sai che le hai quasi
polverizzate con lo sguardo? Ma fai così anche con le tue fans? Ma lo sai
quanto ne approfitterei io se avessi un club di ammiratrici come il tuo?!?
E'..."
Rukawa lasciò andare il lembo di maglietta che ancora stringeva tra le dita
e si parò davanti a Sendoh che, non aspettandoselo, gli andò a finire
addosso; lo guardò un attimo in viso e si accorse che era tornato il
ragazzo di sempre, dallo sguardo penetrante e freddo come il ghiaccio e
l'espressione indecifrabile. In quel momento, in particolare, sembrava che
un'aura siderale lo circondasse.
Inaspettatamente, due mani affusolate ma forti si chiusero sulle spalle di
un sempre più disorientato Sendoh.
"Ti-dispiace-aspettare-di-essere-a-casa-mia?" , scandì Rukawa con
una voce che grondava azoto liquido, trafiggendo gli occhi del giocatore del
Ryonan con uno sguardo al laser.
Per la seconda volta in meno di mezz'ora, le guance di Sendoh si
imporporarono. Sbatté le palpebre, ignorando la sensazione di estrema
vergogna che quegli occhi nerissimi e scintillanti e quella voce algida gli
avevano fatto provare.
Nemmeno le sgridate di Taoka-sensei l'avevano mai fatto sentire tanto in
imbarazzo, forse neppure i rimproveri della graziosa maestra delle
elementari... quel ragazzo, quella 'matricolina', come lo aveva chiamato
durante il loro primo incontro, l'amichevole Ryonan-Shohoku, aveva il potere
di... *intimidirlo*, nel vero senso della parola. E questo, per uno come
Akira Sendoh, era al limite dell'inconcepibile...
Deglutì un paio di volte prima di ribattere, con un sorriso tirato fuori
non sapeva nemmeno bene lui da dove, "Okay, scusa... Ti seguo!"
Rukawa si avviò a passo deciso e Sendoh si limitò a seguirlo, standogli
dietro, cercando di non perderlo mentre camminava velocemente tra gli altri
passanti, sullo stretto marciapiede; decisamente, era meglio non tentare
nessun tipo di approccio fisico o verbale, dopo quella reazione...
'Beh, magari la cosa più saggia da fare', meditò l'asso del Ryonan,
'sarebbe mandarlo a quel paese, girare sui tacchi e porre fine a questa
pazzia...'
Ma, decisamente, era più facile a dirsi che a farsi... Dopo il modo in cui
l'aveva trattato da quando si erano incontrati sembrava davvero difficile
pensare che Rukawa intendesse *davvero* concedersi; Akira Sendoh però era
un ragazzo troppo curioso per lasciar perdere così un'opportunità per
conoscere più da vicino quel bellissimo, inavvicinabile ragazzo. E poi...
poi c'era anche la remota possibilità che, invece, di lì a poco si sarebbe
trovato con quel corpo bellissimo tra le braccia, e...
"Sali"
La voce bassa, un po' nasale e monotone di Rukawa lo sorprese, perso com'era
nelle sue elucubrazioni.
Sbatté nuovamente le palpebre, osservando la bicicletta colore ciclamino,
con un bel cestino in tinta ed inequivocabilmente da donna, alla quale
Rukawa era appena salito in sella, dopo averne sbloccato il freno-antifurto
con l'apposita chiavetta.
"De... Devo salire?" Chiese Sendoh, impacciato. Ecco, lo stava di
nuovo mettendo in folle imbarazzo... Ma come ci riusciva?
Rukawa lo fulminò con un altro dei suoi sguardi a metà tra il
condiscendente e l'irritato, uno di quelli che gli aveva spesso visto
rivolgere in partita a Sakuragi.
"Si. Sali. In piedi, sul porta pacchi. Sbrigati"
Sendoh cercò di sistemarsi meglio che poteva il borsone sulle spalle; poi,
cautamente, temendo di provocare una qualche reazione non del tutto
gradevole da parte del giocatore dello Shohoku gli appoggiò le mani sulle
spalle e, reggendosi a lui, si issò in piedi sul portapacchi della bici,
secondo istruzioni.
Non fece nemmeno in tempo a mettersi bene in equilibrio che Rukawa partì,
cominciando a pedalare in fretta, ansimando per lo sforzo di trasportare un
metro e novanta di giocatore che si reggeva alle sue spalle e cercava di
concentrarsi per far si di non cadere.
'Gli appunti di Hikoichi dicevano che tende ad addormentarsi dappertutto,
quando non gioca a basket... Anche a scuola durante le lezioni, o in
bicicletta... Eppure, adesso mi sembra estremamente sveglio', notò Sendoh,
mentre la bicicletta ciclamino sfrecciava senza problemi lungo le stradine
di un piccolo agglomerato di graziose e lussuose villette.
Presto, i due arrivarono davanti ad un alto muro di cinta fatto di pietre a
vista; dopo qualche pedalata, raggiunsero un cancello in ferro battuto che
apriva la visuale su un vastissimo praticello all'inglese, arricchito da un
laghetto artificiale circondato di pietre uguali a quelle che costituivano
il muro ed un vialetto di ghiaia che portava all'ingresso di una bella villa
su due piani. La bici si arrestò violentemente e Akira quasi perse
l'equilibrio.
"Siamo arrivati", informò il guidatore, nello stesso tono
incolore di sempre.
A Sendoh scappò un fischio di apprezzamento: sicuramente i genitori di
Rukawa dovevano cavarsela piuttosto bene economicamente... Ma Kaede alzò le
spalle.
"A mio padre piace lo stile occidentale", lo informò, annoiato
"Ha lavorato in Scozia per qualche tempo e si è innamorato dei loro
giardini", disse dopo uno sbuffo, facendo un ampio e noncurante gesto
del braccio ad indicare l'erbetta tagliata cortissima e talmente verde e
lucente da sembrare quasi finta.
Dopodiché, scese a sua volta dalla bici e cominciò ad incamminarsi verso
casa, invitando Sendoh a seguirlo con un secco: "Dai, vieni".
Beh, era già qualcosa: la matricola di ghiaccio aveva parlato e di sua
spontanea volontà, per di più!
Sendoh non resistette: già che si era sbilanciato un pochino, si fece
coraggio e lanciò: "Ehm... posso sapere perché te ne vai in giro con
una bici da ragazza?"
Rukawa non si voltò, né si fermò, ma le sue spalle si contrassero
visibilmente.
"Non è da ragazza. E' di mia nonna. E la mia bici da corsa l'ho
distrutta, se proprio ti interessa."
"Hai avuto un incidente?", azzardò Sendoh, dato che sembrava
essere diventato possibile rivolgere qualche inoffensiva domanda al suo
ospite.
"No... Non proprio. Mi ci sono addormentato sopra e sono finito dritto
contro al bagagliaio di un'auto"
Sendoh soppresse l'istinto di mettersi a ridere come un idiota. Allora le
informazioni di Hikoichi erano davvero attendibili!!!
Una volta raggiunti i tre scalini che dividevano il vialetto dal pesante
portone d'ingresso a quadri inglesi, Rukawa lasciò cadere con negligenza la
bicicletta, che si era trascinato fino a lì, a terra e si avvicinò al
pannello vicino al campanello, componendo qualche strano codice con i tasti,
numerati da una nove; si trattava sicuramente di un quadro d'allarme e dopo
averlo disattivato il ragazzo cominciò a girare delle grosse chiavi in
diverse toppe, producendo inquietanti 'clunk'.
Una volta sbloccate tutte le serrature, finalmente Rukawa si voltò verso
Sendoh, aprendogli la porta ed invitandolo ad entrare con un inaspettato
gesto da gentleman.
"Prego", disse piano, indicando uno delle diverse paia di
pantofole dispiegate sulla soglia.
Sendoh avanzò un passo incerto all'interno, guardandosi attorno con
circospezione.
Dall'ingresso si poteva intravedere il grande salone e anche la porta
della cucina era socchiusa, lasciando in vista i mobili laccati di bianco in
stile Old West.
Tutto l'arredamento ricordava proprio una di quelle case di ricconi che si
vedevano nei film.
Sembrava quasi di aver oltrepassato un gate che dava direttamente
sull'Inghilterra dell'epoca vittoriana.
L'asso del Ryonan sbatté le palpebre, perplesso.
Quella casa era impregnata di un'atmosfera calda, stranamente familiare, gli
ricordava le favole che leggeva da piccolo. Sembrava strano che ci vivesse
una persona antisociale e scostante come Rukawa. Che ora lo stava fissando,
in fondo alla scala in legno che conduceva al piano di sopra, con una delle
sue espressioni a metà, quelle che potevano essere interpretate in due modi
diversi e che Sendoh aveva imparato a contraddistinguere a seconda delle
occasioni.
"Ti sei imbambolato?", chiese la voce incolore, gli occhi d'ebano
fissi nei suoi.
"N.No, scusami! Stavo guadando quanto è bella la tua casa!",
ribatté Sendoh, con uno dei suoi sorrisi più allegri e sinceri ad
illuminargli il viso.
La sua frase, però, portò inaspettatamente un'ombra sul volto già poco
disteso della matricola d'oro dello Shohoku.
Rukawa abbassò gli occhi per un momento, poi li fissò di nuovo in quelli
ridenti del suo ospite.
"Su. Saliamo", disse soltanto, con la voce un po' roca e che
sembrava aver.
Tremato dall'emozione?
Sendoh seguì meccanicamente il ragazzo su per le scale, ma la strana
sensazione che provava alla bocca dello stomaco non lo faceva sentire per
niente tranquillo.
C'era qualcosa di profondamente sbagliato, in quello che stava per accadere.
Rukawa stava per concedersi a lui solo per rispettare un patto, per
mantenere la parola datagli; stava per barattare qualche ora di basket con
la sua. verginità?!?!?
Quel pensiero colpì Sendoh come una pugnalata in mezzo alle scapole.
"Ehm. Senti, Rukawa."
Sendoh aveva parlato quasi senza pensarci, quando Rukawa, raggiunto il
piano superiore, si era diretto verso la terza porta sulla sinistra,
che ora stava sospingendo piano.
"S. Senti, io.", cominciò, ma uno sbuffo irritato e due occhi
nerissimi che si alzavano impercettibilmente al cielo lo dissuasero dal
continuare.
Rukawa aveva spalancato la porta della sua stanza, invitandolo ad entrare
con un cenno del capo.
Sendoh deglutì, obbedendo.
Ormai era tardi per tirarsi indietro, eppure gli sembrava di stare per fare
la più grossa cavolata della sua vita.
Fece capolino nella stanza di Rukawa, prima di entrarvi e non rimase
sorpreso nel vedere una camera arredata con uno stile essenziale e
minimalista, perfettamente ordinata; il letto era ovviamente
all'occidentale.
La stanza era lasciata in penombra, dato che le saracinesche erano abbassate
quasi fino in fondo; la finestra era aperta ed il venticello estivo vi
spirava attraverso, facendo ondeggiare la leggera tenda immacolata con uno
strano movimento ipnotico.
Rukawa entrò a sua volta e chiuse la porta dietro di sé, avvicinandosi
alla finestra e dando così le spalle a Sendoh.
Quest'ultimo osservò il ragazzo portarsi le mani sul petto, intuì che
stava armeggiando con i bottoni della camicia e, ancor prima di essere in
grado di dire una parola, lo vide voltarsi.
.Una visione.
La camicia bianca ondeggiava con lo stesso, sensuale movimento della tenda,
al soffio della brezza pomeridiana; il sole, alle sue spalle, faceva
scintillare i setosi capelli corvini e gli illuminava la pelle facendola
sembrare ancora più chiara e creando un contrasto di chiari scuri che
nessun fotografo sarebbe mai riuscito ad imprimere sulla pellicola. Ed il
suo viso.
.Incredibilmente, sembrava che Rukawa si fosse liberato dalla sua
indifferenza come se fosse stata davvero una maschera, come se,
sbottonandosi la camicia, avesse esposto allo sguardo di Sendoh, insieme al
suo torace scolpito ed agli addominali cesellati, anche la sua anima.
Quel viso ora esprimeva insicurezza, ansia, incertezza; gli occhi nerissimi
erano inquieti, liquidi e lo guardavano. Timidi.
Come in trance, Sendoh si avvicinò; un'ondata di eccitazione lo travolse,
accendendogli le guance, e non solo quelle. Sembrava un sogno. Allungò una
mano, per sfiorare con la punta delle dita uno zigomo candido e perfetto.
Vide le palpebre abbassarsi sugli occhi d'onice e di ritrasse, come se si
fosse scottato.
'Ma che sto facendo?'
"Ehm... Scusa, non... Non so se è il caso di continuare. Io... Non
voglio che tu ti senta obbligato a fare... Questo con me per... Ehm...
Per..."
Incredibile! Stava balbettando! Lui, Akira Sendoh, l'essere più disinibito
sul suolo giapponese, si sentiva la lingua legata, le guance che scottavano,
le incertezze che lo dilaniavano... e *solo* a causa dell'insicurezza che
leggeva sul viso di quella bellissima creatura, solitamente inespressiva e
fredda di un pinguino...
Ma i dubbi di Akira non durarono a lungo, dato che il pinguino di fronte a
lui, con un movimento fluido e aggraziato in tutto e per tutto simile a
quelli che compiva quando giocava a basket, sollevò le braccia
passandogliele attorno al collo e si appoggiò contro di lui, nascondendogli
il viso nell'incavo del collo e facendo aderire le forme sinuose al suo
corpo teso.
Sendoh non sapeva bene se la sensazione che stava provando corrispondeva
all'essere congelati o incendiati.
Sgranò gli occhi e, dopo un momento di esitazione, chiuse Rukawa in un
abbraccio dolcissimo.
"... Rukawa..."
Non si era mai sentito così stupido in tutta la sua vita.
Cosa poteva dirgli? Cosa doveva fare? Si era cacciato lui in quella
situazione...
"...Insegnami"
Cosa?
"Ehm... Insegnarti?"
Non c'era dubbio, Rukawa gli aveva detto proprio quello.
"Io... Non ho accettato solo per poter giocare a basket con te"
Ne era certo, il ghiacciolo umano aveva parlato di nuovo. Con voce malferma
ed esitante, per di più.
Istintivamente, Sendoh strinse l'algida bellezza un po' di più contro di
se; non ci capiva molto, ma era chiaro che il ragazzo era confuso, anzi,
quasi sicuramente anche spaventato a morte... Almeno, comunque,
quell'atteggiamento remissivo gli stava restituendo un po' di iniziativa.
Sollevò una mano, lasciando che le sue dita affusolate sprofondassero nella
foresta di capelli color ebano del ragazzo timidamente appoggiato a lui.
Gli accostò le labbra all'orecchio con circospezione.
"Se. Se hai bisogno di parlare con qualcuno, io sono qui", sussurrò,
cercando di essere il più rassicurante possibile.
Rukawa emise un lungo sospiro, mentre Sendoh avvertì le sue mani
arrampicarglisi lungo la schiena.
"Credo. Credo che le ragazze non mi interessano. Devi aiutarmi a capire
se è vero"
Sendoh deglutì.
Questa volta la voce di Rukawa era uscita da quelle labbra tentatrici con un
tono di esitazione e timidezza che gli ricordarono la purezza virginale di
una scolaretta delle scuole medie, procurandogli un lungo brivido di
eccitazione.
Ma, raccogliendo ogni briciolo di volontà che gli rimaneva, riuscì ad
impedirsi di spingere il suo angelo tentatore contro il muro, strappargli
tutti i vestiti e commettere un crimine di cui mai avrebbe pensato di
potersi macchiare: uno stupro in piena regola.
Si schiarì invece la gola, continuando ad accarezzare i capelli sottili e
soffici del ragazzo tra le sue braccia.
"Sediamoci, ti va?", chiese, sempre sussurrandogli all'orecchio,
mentre si scioglieva dall'abbraccio e lo prendeva per mano, guidandolo verso
il letto e invitandolo a sedersi, dopo che lui ebbe fatto lo stesso.
Forse era stato un po' troppo sfacciato, ma la situazione lo stava un po'
disorientando. Gli girava la testa, si sentiva come ubriaco, anzi... Come se
stesse sognando. Era tutto così surreale... Era davvero Rukawa, quello
seduto accanto a lui sul letto, con gli occhi d'onice sgranati e brillanti
di palese insicurezza?
"Ehm... Senti... Credo che questo sia un passo importante, per te...
Non dovresti affrontarlo con il primo che capita... Cioè, non che io sia il
primo che capita, in fondo ci conosciamo... Beh, almeno un pochetto, dai!
Però... Però... Non credi che dovresti parlarne con qualcuno, prima? O
riflettere un po' meglio e cercare di capire te stesso? Voglio dire... Come
ti è venuto..."
"Il dubbio di essere gay?"
Rukawa lo aveva interrotto bruscamente e, com'era già accaduto durante il
pomeriggio, mutò nuovamente espressione; gli occhi si fecero immediatamente
gelidi, le mani si strinsero a pugno, la voce aveva tremato ancora, ma,
questa volta, sembrava fosse di rabbia, più che di insicurezza.
Lui sbatté gli occhi, sempre più disorientato. Rukawa aveva bisogno di
aiuto, questo era certo... E lui si sentiva pericolosamente intenerito da
questo nuovo, almeno ai suoi occhi, e vulnerabile Kaede.
"Già... Come... Come te ne sei accorto? Quello che vorrei capire... Ne
sei sicuro? Sai, alla nostra età si è spesso confusi, e..."
"Non sono sicuro... Ma credo che sia così. Io... A me..."
Di nuovo l'insicurezza, di nuovo gli occhi da cucciolo inquieto, di nuovo lo
sguardo che si perdeva a scrutare giù, verso il basso, questa volta le
linee perfettamente simmetriche che disegnavano le assicelle del parquet,
affiancate l'una all'altra nel loro precisissimo disegno. Un'altro
cambiamento... Un'altra figura di un imprevedibile, sorprendente, magico
caleidoscopio di emozioni...
"...A me piace un ragazzo della mia scuola", finì, in un fiato;
risollevò gli occhi, incollandoli d'un tratto a quelli di Akira nel tipico
atteggiamento di quando si sfidavano in partita.
L'iperattivo cervello di Sendoh si illuminò, come se vi venisse accesa la
classica lampadina che, nei fumetti, simboleggia il colpo di genio; e
l'illuminazione fu talmente intensa e repentina da procurargli un autentico
senso di calore, che gli colorò visibilmente le guance, appena tornate del
loro normale incarnato ambrato.
Due occhi di una caldissima tonalità nocciola (così diversi da quelli in
cui stava guardando ora) e cortissimi ciuffi di capelli rossi gli scorsero
davanti in una serie di immagini che la sua mente elaborò velocemente, fino
a trasmetterle al centro del linguaggio, dove formarono, nella frazione di
un centesimo di secondo, un nome... Che Sendoh ricacciò indietro,
mordendosi la lingua proprio mentre era sul punto di pronunciarlo ad alta
voce, con imprevedibili conseguenze.
Alzò lentamente un braccio, circondando le spalle di Rukawa, che adesso
teneva di nuovo gli occhi bassi ed aveva assunto una tonalità di rosso, sul
viso perfetto, che il capitano del Ryonan trovò assolutamente *deliziosa*.
"Ascolta... Se le cose stanno così, non penso che dovremmo... Insomma,
io ti ho lanciato una sfida, era una specie di gioco... Ma.. Adesso... Beh,
cambia tutto. Sei confuso... E poi vuoi bene a qualcuno... Non sarebbe
giusto"
No, davvero, non lo sarebbe stato. E Akira Sendoh, nonostante fosse
indubbiamente il seduttore minorenne più in gamba della prefettura,
aveva anche un cuore tenero... E mai, mai avrebbe approfittato delle
insicurezze di un ragazzo confuso.
Finché si trattava del Rukawa-pezzo-di-ghiaccio-insensibile-e-pure-un-po'-bastardo
che tutti conoscevano, allora era un altro paio di maniche; anzi, ci avrebbe
davvero preso gusto ( e non in un solo senso! ) a sottometterlo alle sue
voglie...
Come se fosse una dimostrazione in più di quanto *lui* fosse il più bravo,
tra loro due.
Ma così, no... No, nemmeno per Hiro-kun.
Gli occhi a mandorla brillarono improvvisamente di una luce assassina.
Rukawa si scostò bruscamente, voltandosi di schiena.
"Non trattarmi come una mocciosetta. Non mi stai per stuprare. Te l'ho
chiesto io. Sono abbastanza grande da decidere certe cose per me... Ma se
sei *tu* a non sentirtela più, allora dillo chiaramente..." Si girò
di nuovo, fulminandolo con uno sguardo polare. "...Senza trovare scuse
idiote.
Se ti è venuta fifa, abbi il coraggio di ammetterlo."
Sendoh rimase impietrito, per qualche secondo. Sbatté le palpebre,
elaborando velocemente le parole che aveva appena ascoltato.
Piano piano, come tante goccioline di arsenico, gli caddero addosso
infiltrandosi attraverso l'epidermide e raggiungendo il torrente ematico,
per poi fermarglisi nel cuore ed avvelenarlo con numerosissime,
microscopiche stilettate.
*Fifa*?
*Non sentirsela*?
Ma chi, lui, Akira Sendoh? Lui doveva davvero sentirsi accusare di
pusillanimità da un ragazzino che, di sicuro, non aveva nemmeno mai tenuto
per mano una sua compagna dell'asilo, mentre era intento a giocare alla
mamma e al papà?
L'asso del Ryonan si sentì, per così dire... Oltraggiato, le guance già
colorite gli si accesero e assunse quella che doveva essere un'espressione
davvero buffa di orgoglio ferito, dato che l'artico padrone di casa sbuffò
in quella che doveva essere la parodia di una risatina; si trattava certo più
di scherno che non di puro divertimento, ma comunque bastò a far rendere
cosciente Sendoh di quanto stupido sarebbe stato arrabbiarsi davvero; Rukawa
aveva bisogno di aiuto, era confuso e nervoso e senz'altro il suo era stato
uno sfogo, non aveva avuto intenzione di offenderlo... E comunque, così
seduto sul letto nella stanza in penombra, con la camicia sbottonata e i
nerissimi occhi dal taglio affilato seminascosti dai capelli corvini, gli
avrebbe perdonato ogni cosa...
Si redarguì mentalmente per essersi lasciato trasportare, per un
attimo, dal suo lato più bambino e cercò di rimettere al loro posto i
muscoli facciali, in modo da passare all'espressione attonita di poco prima
ad uno dei suoi sorrisi più dolci e rassicuranti.
Allungò nuovamente una mano, per posarla delicatamente tra i capelli di
Rukawa, ancora mezzo voltato dall'altra parte e con un'aria di imbarazzo
quasi palpabile che gli aleggiava attorno.
Le dita di Sendoh ricominciarono a giocare con le ciocche corvine, mentre
l'altra mano si insinuava sotto al mento del giocatore dello Shohoku,
costringendolo a voltarsi di nuovo e a guardarlo in viso.
"Scusami... Non avevo nessuna intenzione di respingerti. E' solo... Che
non volevo comportarmi da bastardo, tutto qui..."
Cercò di parlare con un tono ed una voce il più accondiscendenti
possibile, sorridendo incoraggiante.
Rukawa, finalmente, fissò di nuovo lo sguardo sul suo viso e, ancora una
volta, aveva cambiato espressione, ritornando a quella insicura e spaventata
da cerbiatto spaurito; quella autentica, quella 'senza maschera'.
"E' che... Se per te era davvero soltanto una sfida... Se volevi
soltanto provare a te stesso quanto in là mi sarei spinto... Allora non
voglio più nemmeno io", gli disse, con la voce resa roca dal turbinio
di emozioni che si stavano agitando dentro di lui e che in quella calda
giornata di luglio, per la prima volta da quando era bambino, lasciava
trasparire sul bellissimo viso.
Sendoh lasciò scivolare all'indietro la mano che stava indugiando tra i
capelli di Rukawa, fino ad appoggiarla sulla nuca, attirandolo verso di sé
ad una distanza pericolosamente ravvicinata. L'altra mano, quella che teneva
sotto al mento del ragazzo, si abbassò in una carezza leggera lungo il
collo ed il torace, sfiorandone appena la pelle candida con la punta delle
dita e poi posarsi sulla schiena, a livello delle ultime vertebre lombari,
solleticando lievemente quella zona sensibile in una sorta di leggerissimo
massaggio.
Le loro fronti si toccavano, i loro nasi anche.
Sendoh avvertì il respiro di Rukawa farsi lievemente affannoso, sentiva i
muscoli del rivale tesi fino all'ultima fibra; il giocatore dello Shohoku,
però, rimaneva immobile, senza dare alcun segno di volersi sottrarre a quel
contatto.
"Non sono mai andato a letto con nessuno per provare qualcosa a me
stesso... E con nessuno che non desiderassi. E tu non puoi nemmeno
immaginare quanto desideri *te*."
Rukawa rabbrividì leggermente a quelle parole,sussurrate quasi sulle sue
labbra. Chiuse gli occhi, non si mosse, rimase in attesa, con il fiato che
usciva un po' tremante dalla bocca socchiusa.
Sendoh cercò di fare del suo meglio per ignorare, o meglio, trattenere il
desiderio che stava nuovamente straripando dagli argini, rischiando di
travolgerlo come un fiume in piena.
'Grande Buddha, ti prego, fa si che non lo ribalti qui sul letto e abusi di
lui, scioccandolo per l'eternità...'
Inspirò profondamente, concedendosi di posare le labbra su una
guancia levigata in un bacio leggero come una piuma, prima di continuare:
"Lo sai vero... Che potrebbe non piacerti per niente? Che se non provi
nulla per me potrebbe essere estremamente sgradevole?"
Rukawa sospirò e, finalmente, la tensione che lo stava attanagliando si
sciolse un poco, lasciando che il ragazzo, in una replica di quanto era
accaduto mentre erano ancora in piedi accanto alla finestra, si appoggiasse
al compagno, appoggiandogli il viso sulla spalla e, esitando, gli cingesse
la vita con le braccia.
"...Senti... Lo so di non essere un genio nei rapporti
sociali...", iniziò, mentre Sendoh lasciava che entrambe le mani gli
accarezzassero la schiena al di sopra della camicia di cotone.
L'asso del Ryonan sorrise tra se e se.
'Essere consapevoli dei propri limiti è comunque lodevole...'
"...Non sono bravo con le parole e nemmeno con tutto il resto... Non
sono capace di comunicare."
Un altro sospiro. Sendoh non disse nulla, attendendo che l'altro
continuasse.
"...Io... Comunico solo quando gioco a basket. E tramite il basket le
altre persone comunicano con me. Io... Riesco a capire una persona, se la
vedo giocare. E..."
Un'altra pausa, un sospiro ancora. Il cuore di Sendoh batteva velocemente e
con violenza, sembrava che volesse sfondargli il petto, mentre le pulsazioni
che avvertiva al basso ventre lo resero improvvisamente cosciente di quale
fosse l'effetto che quella situazione stava avendo su di lui.Ma era
innegabile che fosse anche molto incuriosito da quello che stava cercando di
dirgli Rukawa.
"...E io ti ho visto giocare. So come giochi a basket. Ti ho osservato
talmente tanto... Quindi ti conosco. E mi fido di te..."
Sendoh soppresse l'istinto di mettersi a ridere perché, anche se quella
spiegazione gli sembrò un po' ingenua e vagamente infantile, ne rimase
comunque affascinato; inoltre, Rukawa aveva appena cercato di confidarsi con
lui e riderci sopra sarebbe stato crudele. Infine... L'ego dell'asso del
Ryonan si gonfiò fino ad esplodere, quando le parole 'Mi fido di te'
raggiunsero le sue orecchie.
Mentre Rukawa parlava, lui aveva continuato a deporgli lievi baci sulle
guance, tra i capelli, sull'orecchio che riusciva a raggiungere, mentre le
sue mani, senza nemmeno che se ne rendesse conto, si erano insinuate sotto
alla camicia ed ora stavano accarezzando una pelle sorprendentemente liscia
e vellutata, quasi come quella di una ragazza... Si stava perdendo... Si
schiarì la voce.
"Ti... fidi di me?", chiese, emozionato.
Rukawa si sollevò leggermente, lo guardò un'ultima volta negli occhi e
poi, contro ogni previsione, si avvicinò al suo viso fino a sfiorargli le
labbra con le proprie.
"Si", rispose, semplicemente.
Sendoh sentì qualcosa straripare, dentro di lui; improvvisamente, si rese
conto di non essere in grado di trattenersi oltre. Strinse forte Rukawa
contro di se, baciandolo con tutta la passione che aveva trattenuto... Per
mesi, ormai!
Avvertì l'altro schiudere le labbra senza esitazione, abbandonandosi;
allentò l'abbraccio per riuscire a fargli scivolare dalle spalle la camicia
sbottonata e lo spinse dolcemente giù, supino sul letto.
Si fermò un attimo ad osservarlo: il ragazzo teneva gli occhi chiusi e
continuava a respirare con un leggero affanno; Sendoh non poté fare a meno
di lanciare un'occhiata verso il basso ventre, notando, con immensa
soddisfazione, che la sua preda stava sicuramente trovando gradevoli le
effusioni che si erano scambiati fino a quel momento.
Tuttavia...
"Promettimi una cosa, però...", disse, appoggiandosi sui gomiti a
fianco di Rukawa e prendendogli il viso tra le mani.
"Dimmi..."
"Se dovessi cambiare idea... Se non dovesse piacerti... Se dovessi
improvvisamente provare l'istinto di darmi un cazzotto e cacciarmi da
casa... Non farti scrupoli. Davvero. E' importante, per me..."
L'espressione della matricola di ghiaccio, a quel punto, mutò per
l'ennesima volta nell'arco della giornata; gli angoli delle sue belle labbra
si incurvarono leggermente, in un abbozzo di sorriso; non era però il mezzo
ghigno derisorio che gli aveva rivolto il giorno in cui avevano giocato
assieme, no... Questa volta era un sorriso vero, per quanto appena accennato
e gli conferiva una dolcezza che Sendoh non avrebbe mai più dimenticato.
"Non preoccuparti... Ti arriverebbe senz'altro un bel pugno sui
denti..."
E, detto questo, Rukawa lo abbracciò e ricambiò il bacio che aveva appena
ricevuto.
-Fine terza parte -
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