Una notte diversa

 

di Bads

 


 

Zoro gemette svegliandosi di botto.

Rimase immobile parecchi istanti, poi si guardò intorno.

Quando fu sicuro che nessuno si era svegliato spostò il lenzuolo e controllò le condizioni.

Come al solito.

Né più né meno.

Zoro sospirò esausto.

Erano parecchie notti che non riusciva più a dormire.

Ogni notte sognava sempre la stessa cosa.

Ogni notte si ritrovava sudato e ansimante nella propria branda.

La prima volta si era spaventato parecchio, non gli succedeva più da troppo tempo per ricordarselo.

Si era sentito montare una vergogna indescrivibile.

Lui che in ogni modo si staccava da tutti con la sua freddezza.

Che non si era più svegliato in piena notte dall’adolescenza.

Che non era mai venuto nei propri pantaloni.

Scocciato si alzò dalla branda, poggiando i piedi sul legno freddo.

Proprio lì l’avevano fatto…

Zoro avvampò alzandosi e sfilandosi i pantaloni, mettendoli nella cesta della biancheria sporca.

Poi prese un profondo respiro e ne cercò un paio pulito.

Quando ebbe finito le solite azioni che ormai ripeteva ogni sera salì in coperta, cercando di rilassarsi.

Ma il ricordo del sogno si rifece vivido nella sua mente, e neanche l’aria tagliente della nottata riuscì a calmarlo.

Lentamente si diresse in cucina, aprì la porta e si sedette sul pavimento poco lontano.

Con una mano andò a scompigliarsi i capelli.

Non aveva più sonno.

La stanchezza si era sostituita a qualcos’altro, che non riusciva a definire.

Era un po’ stufo di tutti quei sogni assurdi, soprattutto sapendo che sarebbero continuati per molto ancora, il suo desiderio non diminuiva, ma anzi sembrava crescere sempre di più.

Sospirò di nuovo.

Cos’era quell’oppressione che sentiva all’altezza del cuore?

Non riusciva quasi a respirare, si sentiva un masso sopra il petto.

Aprì la bocca e respirò un paio di volte, afferrandosi la gola con una mano.

Ecco, andava meglio.

Non era la prima volta che succedeva, con il tempo aveva capito che desiderava terribilmente una sola cosa.

Desiderava lui.

Desiderava Sanji.

Il ricordo della sua pelle nei sogni, il ricordo dei suoi gemiti soffusi, delle sue unghie che perforavano la sua pelle…

I suoi occhi velati dal desiderio, il suo corpo così caldo.

No, non caldo, bollente.

Come era lui in quel momento.

Sospirando andò velocemente ad aprire la patta dei pantaloni.

Arrabbiato sbatté la testa contro il muro.

Ancora eccitato.

Chiuse gli occhi.

Adesso non bastava più una volta per notte.

Aveva bisogno di Sanji, doveva averlo.

Lo desiderava più di ogni cosa.

Velocemente si perse nei ricordi del sogno.

Voleva ricordarlo così, voleva immaginare che in quel momento era insieme a lui, a dargli piacere e a gioirne.

“A-ah… Sanji” gemette andando a toccarsi.

 

Sanji si svegliò piano, aprendo docilmente gli occhi.

Si guardò intorno, gli altri ancora dormivano, perché si era svegliato?

Si girò nella branda e si stese di nuovo.

Poi lentamente si sollevò, notando che Zoro non c’era.

Si guardò intorno e si chiese dove potesse essere.

Si era svegliato per colpa sua?

Sanji rimase nella branda per parecchi minuti, non sapendo che fare.

Doveva andare a cercarlo? Oppure doveva rimettersi a dormire?

Non sapeva ancora cosa fare, quando scese dalla branda, dubbioso.

Si avvicinò a quella di Zoro e si accorse che qualcosa riluceva alla luce della luna sul pavimento.

Si inginocchiò e spostò il lenzuolo.

E inorridì.

Sperma.

Sanji rimase immobile in quella posizione per molto tempo.

Poi ne raccolse un po’ su un indice e se lo portò vicino al viso.

Si, era sperma, ancora tiepido.

Era… era venuto nel suo letto? Nel sonno?

Cosa aveva sognato? Chi aveva sognato?

Sanji si sentì molto strano, aveva improvvisamente caldo, l’immagine dello spadaccino che si contorceva dal piacere nelle lenzuola lo stava facendo eccitare.

Porto il dito vicino alle labbra e assaporò il suo sapore.

Poi si alzò velocemente e uscì dalla stanza.

Andò subito in bagno, poi si diresse verso la cucina.

Voleva vederlo.

Volevo vederlo eccitato, voleva vederlo venire.

Voleva assaggiare ancora il suo sapore.

Giunse davanti alla porta e si fermò, accostando l’orecchio al legno.

Per lungo tempo non sentì nulla, poi un paio di sospiri, poi un gemito.

“A-ah… Sanji”

Sanji si sentì ribollire il sangue.

La voce di Zoro.

Zoro era in cucina, che gemeva il suo nome.

Velocemente Sanji aprì la porta ed entrò nella stanza, inconsapevolmente senza fare alcun rumore.

Trovò Zoro seduto per terra, gli occhi chiusi, un’erezione tra le mani.

Si attaccò allo stipite della porta, poggiandoci la schiena.

Si sentiva mancare.

Lo desiderava, desiderava ardentemente il suo compagno di viaggio.

Si toccava piano, gemendo il suo nome.

Questo era più di quanto osasse sperare.

Doveva fermarlo, subito.

Ma non riusciva a staccarsi dalla porta.

Ancora non riusciva a pensarci.

“Zoro!”

Fu uno strillo, un gemito.

Carico d’eccitazione e aspettative.

Col respiro affannato e la vergogna negli occhi, Zoro guardò Sanji immobile.

Non sapeva cosa dire, non sapeva come giustificarsi.

Aveva sentito che gemeva il suo nome?

“Sanji…” sussurrò mentre il ragazzo gli si avvicinava velocemente.

Istintivamente Zoro serrò gli occhi aspettandosi un pugno, ma si sentì sollevare per la maglietta e sbattere contro il muro.

“Ah…” gemette impreparato: “Sanji posso spiegare…”

Ma il biondo non voleva sentire nessuna giustificazione.

Non voleva sentirgli dire che non era come sembrava.

Che aveva sentito male.

Che non era lui che lo eccitava.

Senza dargli tempo di dire nulla lo baciò, penetrandolo con la lingua.

Non volle sentire niente, né l’indecisione iniziale di Zoro, né la sua paura.

Sentì solo la sua risposta bramosa.

E senza pensare più nulla gli prese una mano e la portò al cavallo dei suoi pantaloni.

“Zoro… ti desidero…”

Zoro, del tutto impreparato, saggiò la consistenza della sua erezione, strappando un gemito al biondo.

“Anche io Sanji davvero…” rispose eccitato stringendolo a sé e mordendogli il collo.

E la stanza si riempì dei loro gemiti accesi.

Il biondo lo prese per un braccio e lo fece sedere.

Senza remore né disattenzioni si fiondò subito sulla sua virilità accesa dal desiderio.

Non la vezzeggiò, né la stuzzico.

La prese completamente e cominciò a pompare velocemente, andando con l’altra mano a masturbarsi.

Perché lo stava facendo?

Subito sentì la mano del compagno premergli sulla nuca, bramosa.

“Aah… si Sanji…”

Lo voleva.

Lo voleva come mai aveva voluto nessun altro.

“Aah… muoviti, di più”

Non doveva abbassarsi a così tanto.

Si stava umiliando.

“A-ah… ah!”

Ma non gli interessava in nessun modo.

Non gli interessava se Zoro l’avrebbe umiliato il giorno dopo.

Non gli interessava se lo avesse scopato brutalmente tutte le notti da quella mattina in poi.

Non gli interessava, in quel momento, non riuscire quasi a respirare dalla presenza di quel pene nella sua gola.

Gli importavano solo le sensazioni che riusciva a sentire.

E in quel momento voleva solo godere.

E in quel momento stava solo godendo.

Con un grido Zoro si liberò definitivamente nella gola di Sanji, tenendolo per i capelli.

Il biondo tossì parecchio, cercando di ingoiare il più possibile.

Il suo sapore.

Di nuovo.

Ancora meglio di prima.

Quando Zoro lo lasciò cadde all’indietro, per poi tirarsi a sedere, con lo sperma dell’altro che gli scivolava sul mento.

Respirando a fatica sollevò una mano e si ripulì, leccandosi.

Zoro lo guardò estasiato e provato.

E si eccitò nuovamente.

 

Si sporse in avanti, poggiando tutto il peso sul suo ginocchio.

Allungò un braccio lentamente.

Doveva toccarlo, in quel momento era solo desiderio.

Fermò la mano su una sua guancia, e deglutendo gli pulì lentamente l’angolo della bocca, ancora sporco di sperma.

Sanji smise immediatamente di respirare.

Il contatto con le sue dita, la sua dolce carezza.

Lo desiderava da morire.

Senza riflettere si lanciò sopra di lui assalendo le sue labbra, facendolo distendere sul pavimento.

Non sentiva il bisogno di baciarlo, doveva solo fare sesso.

Una qualunque cosa che finisse con un urlo ed un gemito.

Lo spogliò, e Zoro spogliò lui, le loro labbra ancora non si staccavano.

Con un ruggito di un animale il verdino ribaltò le posizioni, occupandosi dei pantaloni del ragazzo sotto di lui, che non aveva alcuna intenzione di togliere le gambe dalla sua schiena.

Una volta tolto il necessario, Zoro si avventò sulla sua gola, mordendolo voracemente, lasciandogli impressi segni che sarebbero andati via difficilmente.

Gli portò due dita alla bocca, non ce la faceva più ad aspettare, soprattutto ora che Sanji si stava strusciando in modo indecente e gemeva graffiandogli la schiena.

Oppure mentre gli leccava le dita.

Davvero non ce la faceva più, doveva assolutamente fare qualcosa prima di venire.

Lo aveva sotto di lui, le braccia incastrate nella camicia, la cravatta ancora legata al collo, solo i pantaloni giacevano troppo lontani.

Tolse le dita dalla sua bocca e le spinse in fretta dentro di lui.

Sentì un gemito poco convincente, la pressione delle sue unghie aumentare, e la sua voce nel suo orecchio.

“Potresti anche… essere più delicato”

“Non sono in vena di tanti preliminari” disse Zoro tutto d’un fiato, rischiando di strozzarsi.

Gli mancava l’aria nei polmoni, non riusciva a respirare che subito un gemito gridava di uscire.

Forse la stessa cosa la stava provando Sanji sotto di lui, però sembrava aver bisogno solo delle sue dita, e non di aria.

Se le muoveva, le spingeva, le toglieva, subito usciva un gemito, un sospiro, un urlo.

“Adesso entro…” sospirò Zoro togliendo le dita, informando il ragazzo solo per buona educazione.

Sanji annuì e lo abbracciò, mordendogliela spalla.

Sospirarono entrambi, cercando di rilassarsi.

Troppa fretta o troppa irruenza e non se la sarebbero goduta come speravano.

Il verdino mugugnò qualcosa, che forse Sanji avrebbe dovuto ascoltare, e l’istante dopo entrò.

E Sanji strinse la presa, con i denti e con le unghie.

Faceva male, troppo male.

"A-aspetta…” disse subito.

Zoro grugnì e andò a massaggiarlo piano.

Non aveva intenzione di violentarlo, né di fargli troppo male, però un altro minuto completamente immobile e poteva impazzire.

Forse cominciò a spingere nel momento giusto, forse averlo toccato era servito più del necessario.

Ma quando Zoro cominciò a spingere era accompagnato dai profondi gemiti di Sanji.