Un amore di
un angelo parte
XII
di Clanes &
Seimei
CAPITOLO 12: Lacrime e sangue
Hanamichi si era appena materializzato davanti al cancello di casa Rukawa.
Non era riuscito a farlo direttamente all'interno.
Quell'edificio era davvero ben protetto.
C'era un barriera a dir poco sorprendente.
Avrebbe dovuto fare ricorso ai poteri remoti per varcare quella soglia.
Usare quei poteri equivaleva a portare il suo corpo fisico molto vicino alla distruzione.
Ma voleva varlo.
Doveva farlo.
L'amore e l'odio che si agitavano in lui non gli lasciavano altra scelta.
Entrare e combattere.
Per se stesso.
Per la sua stirpe.
Per l'eletto.
Per Rukawa.
E per il loro amore.
Maledizione!
Perchè per una volta le cose non potevano andargli bene?
Perchè?
Per una volta che era davvero felice!
Per una volta che si sentiva completato...
Per una volta che aveva trovato qualcuno con cui si sentiva davvero se stesso...
E invece no, niente.
Solo una tortura infinita.
Ma quel loro rapporto prima o poi si sarebbe comunque incrinato.
E questo lui lo sapeva bene.
Ma non pensava sarebbe finita a quel modo.
Lui aveva immaginato che un giorno avrebbe dovuto rivelare a Kaede la sua vera identità.
Ma non avrebbe mai, e sottolineo mai, nemmeno lontanamente pensato che Rukawa potesse essere l'alter-ego di un demone impervio.
Cazzo, cazzo, cazzo!
Un angelo non può dire le parolacce ma un sedicenne innamorato sì.
Soprattutto se vede il suo amore volatilizzarsi dietro un paio di ali scheletriche.
Hanamichi si rese invisibile e prese le sue sembianze angeliche.
Chiuse piano gli occhi.
Tirò un profondo respiro.
Le candide ali cominciarono a piegarsi su se stesse, fino a racchiuderlo in un bozzolo ovattato, dal quale spuntava solo un piccolo ciuffo di capelli rossi.
Un cerchio di fuoco circondò l'angelo superiore, che aprì le ali di scatto, urlando a pieni polmoni tutta la sua rabbia e tutta la sua frustrazione.
Occhi umani non avrebbero notato niente di strano.
Ma uno sguardo sovrannaturale avrebbe visto la casa tremare e la leggera ombra violacea che la ricopriva svanire nel nulla.
Insieme alla barriera svanì anche Hanamichi.
La battaglia stava per iniziare.
Disteso sul suo letto, il cuscino intriso di lacrime ormai fredde, Rukawa soffocava gli ultimi singhiozzi di quello che era stato il secondo pianto della sua vita.
Solo alla morte di sua madre i suoi occhi avevano lasciato libero sfogo alle lacrime.
Ma allora era un bimbo.
Ora era un grande demone impervio.
Un demone che aveva visto morire davanti a sè migliaia di persone.
Ma che aveva ceduto alla dolcezza e alla semplicità di quello che credeva solo un ragazzo umano.
Ma che si era rivelato uno dei suoi più mortali nemici.
Un angelo.
UN ANGELO!!!!!!!!
Il loro incontro, dettato dalla casualità.
Il loro amore, voluto dalle stelle.
Le loro intere esistenze, fili sottili intrecciati tra loro.
Così simili.
Eppure così diverse.
Essenze uguali e opposte, che come tali si attraggono.
In quanto essere puramente malvagio un demone non può provare sentimenti stupidi e inutili come l'amore.
Ma la sua metà umana in quei due anni aveva preso il sopravvento.
E si era inequivocabilmente, indissolubilmente, inesorabilmente, irrimediabilmente innamorato di quella testa rossa, stupida, idiota, dolcissima e bellissima testa rossa.
Sentì le lacrime premere agli angoli degli occhi, ma decise che non avrebbe ceduto.
Ma si sarebbe alzato e avrebbe lottato.
Contro Hanamichi, o contro se stesso.
Ma avrebbe comunque lottato.
Per quell'amore che sentiva suo.
Per quei poteri che non voleva più.
Per il culo stretto di Belial.
Per i sorrisi dolci di Hanamichi.
Per tutto quello in cui aveva sempre creduto.
Per sua madre.
Per il cielo.
Per la terra.
Per l'inferno buio.
Per il suo cuore malato.
Malato d'amore.
Rukawa sussultò.
Qualcuno aveva infranto la barriera.
E come non riconoscere quell'aura tanto potente.
Era la stessa che avvertiva in quiescienza da tanto tempo.
Ma che, accecato dal troppo amore, non aveva capito che provenisse proprio da lui.
Lui.
Che stava lentamente apparendogli davanti.
Lui.
Che schiudeva le ali.
Lui.
Che riprendeva il suo volto.
Quel volto che amava.
Ma che non sarebbe più stato suo.
"Bugiardo..."
Silenzio.
"Bugiardo..."
Silenzio.
"Bugiardo..."
"Sono un demone, no? Che ti aspettavi?"
Hanamichi fu trafitto dalla lama tagliente di un sorriso beffardo, che aveva preso forma sul volto del ragazzo che amava.
Non si era accorto dei suoi occhi gonfi di pianto, che si specchiavano nei suoi, altrettanto tumefatti.
"Mi hai sempre mentito allora! Quando mi tenevi fra le tue braccia sussurrandomi tutto il tuo amore non hai fatto altro che mentirmi! Bastardo!"
Rukawa ripetè il ghigno malefico di poco prima.
"Ehi, angioletto.... non dovresti dire le parolacce... ti fanno male sai?"
E scoppiò in una risata malefica che però, mentre alle orecchie arrabbiate di Hana poteva suonare veritiera, per il cuore e la mente del demone era falsa e stonata, forzata e nient'affatto credibile.
Ma Hanamichi non era nell'animo per capire tutto questo.
l'unica cosa che il rossino riusciva a vedere erano gli occhi iniettati di sangue di Kaede, che era pronto al combattimento.
Quel demone...
Odio puro gli stava salendo dalle viscere raggiungendo le mani e facendo esplodere i suoi poteri.
Un lampo di pura luce attraversò la stanza, colpendo una lampada accanto a Rukawa.
"Mira scarsina, eh Hanamichi?" disse Rukawa prima di rispondere al colpo.
Voleva farsi odiare da Hanamichi, e continuando così ci sarebbe sicuramente riuscito.
Quel tono strafottente, quella sottile punta di cattiveria che usava in ogni frase, erano tutte mirate a scatenare l'odio nel giovane angelo.
E a quanto pare ci era riuscito benissimo.
Scariche nere di energia scaturirono dai suoi occhi, ma Hanamichi deviò, e Rukawa si limitò ad incenerire il divano.
"Che ti succede Kaede? Paura di rovinare la tua casetta?"
Hanamichi era in preda ad un delirio d'odio e rabbia, che lo portarono ad uno
stato tale di frustrazione, che il codice di comportamento angelico era andato a farsi benedire.
Colpi di energia a livelli impressionanti attraversavano il grande soggiorno.
Nessuno dei due però sembrava usare i suoi poteri al massimo.
Qualcosa di indefinibile li frenava, portandoli a combattere nelle loro sembianze umane.
Poi Ru disse la frase sbagliata.
E Hana divenne addirittura incandescente.
"Proprio tu mi vieni a parlare di sincerità. Chissà che avrai fatto con Nobu mentre lo proteggevi..."
Kaede era talmente infuriato da non essersi nemmeno reso conto della gravità dell'accusa che aveva mosso contro l'angelo.
Una coltre di fumo evanescente ricoprì l'intera figura di Hana, che divenne invisibile agli occhi di Ru.
In quella luce il demone riusciva appena a distinguere due ciuffi rossi e tre enormi paia d'ali.
Ma il viso e il corpo che tanto amava restavano celati ai suoi occhi.
Quello non era il suo Hana.
Quello era una creatura in cui pochi vorrebbero imbattersi.
Un Metraton.
Un angelo infuriato.
Quanto di più terribile esista in natura.
Kaede sapeva che non avrebbe mai potuto farcela se manteneva le sue sembianze.
E allora si trasformò.
Un paio di ali scheletriche gli squarciarono la schiena, e si spiegarono imponenti dietro di lui.
Un serpente di vapore nero circondò il suo corpo.
Le dita delle mani, prima perfette, erano lunghe e adunche, incoronate da unghie nere e affilate come rasoi.
In ogni dito scorreva una vena piulsante di fetido veleno.
La morte dell'Impervio.
Il veleno più potente di tutti i tempi.
Gli occhi, prima azzurri come il cielo d'estate, divennero rossi come il fuoco dell'inferno, e un alone nero di rabbia, odio e vendetta gli circondò gli occhi senza lasciar spazio alla luce che prima vi albergava.
I corti capelli corvini diventarono se possibile ancora più neri, allungandosi fino a toccare le spalle.
Era trasformato.
Non era più Kaede Rukawa campione di basket.
Era Kaede Rukawa Demone Impervio.
Si lanciò contro Hanamichi, in un impeto di gelosia, nemmeno lui sapeva scaturita da dove.
I due iniziarono un combattimento corpo a corpo, consci della presenza uno dell'altro, ma impossibilitati a vedersi, a causa delle enormi aure emanate dai loro corpi spirituali.
Corpi corruttibili a causa della gravità, ma comunque spirituali.
Ichinamah era accecato dalla rabbia.
Il Metraton aveva preso possesso del suo corpo, conferendogli, se possibile, un aspetto ancora più bello di quello di arcangelo.
I capelli rossi come il fuoco cadevano morbidi per l'intera lunghezza della schiena, fino a sfiorare i fianchi.
Occhi blu come il cielo ardevano di passione velati dalla luce argentata che scaturiva dalle sue sei ali, che si ergevano enormi a difesa della sua vita.
Hanamichi sparò una sfera luminosa, che mancò clamorosamente Rukawa, andando a sbattere contro il muro che separava il salone dalla cucina.
Un muro volatilizzato in un solo istante.
"Ehi, Ala Incazzata, vedi di non distruggermi la casa" disse Rukawa stizzoso.
In fondo ci teneva a quelle stupide quattro mura.
A quel nomignolo Ichinamah si arrabbiò ancora di più, e scagliò un'altra sfera, stavolta prendendo bene la mira.
E avrebbe centrato sicuramente il bersaglio, se Ru non si fosse spostato in tempo.
Il colpo si infranse contro la parete che dava sul giardino.
Ma stavolta i mattoni e il cemento resistettero.
Ichinamah si bloccò confuso.
Come mai il muro non si era sbriciolato?
Che Rukawa avesse...
Non era possibile...
Si concentrò e in un millisecondo avvertì la barriera che circondava la casa.
Ci poteva essere un solo motivo per cui Rukawa poteva aver ripristinato la cappa protettiva.
Non ferire gli umani all'esterno.
Di sicuro non gli importava di essere scoperto.
E sapeva benissimo che se altri angeli avessero voluto venire in suo aiuto non sarebbe stata di certo la sua barriera a fermar...
Il pensiero gli morì fra le spire della mente.
Un dolore lancinante lo stava invadendo piano piano, dipanandosi dal petto, raggiungendo le estremità.
In un colpo Ichinamah ritornò Hanamichi, e si ritrovò a terra, in un pozza di sangue, Rukawa che gli sosteneva la testa.
Non si era accorto che era distratto.
Pensava stesse semplice caricando un altro colpo.
Conscio che si sarebbe spostato aveva gettato le unghie contro di lui.
E queste erano affondate nella carne, spargendo il loro veleno nel corpo dell'angelo.
Lo vide cadere a terra a peso morto, senza un respiro senza una parola.
Riprese le sue sembianze umane, corse da lui e gli fece poggiare piano la testa sulle sue gambe.
Hanamichi sputò sangue, macchiando le mani candide di Rukawa.
"La... barriera... perchè... io..."
Kaede era in preda al panico, non sapeva che fare, come farlo guarire, non riusciva nemmeno a parlare.
Hanamichi sollevò piano la testa e si guardò lo squarcio sul petto.
Quattro ferite orizzontali.
Quattro ferite mortali.
"Ru... il veleno... io sto per... dimmelo ti prego"
"Cosa?"
"Che non ti ho amato invano..."
E con le lacrime di Kaede che si mescolavano al suo sangue, Hanamichi chiuse gli occhi, abbandonandosi silenzioso e inerte fra le braccia del demone che era il suo stesso assassino.
-Owari capitolo 12-
... e a questo punto rimane solo il silenzio...
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