DECLAMERS: i personaggi non sono
miei, ma del mitico Inoue sensei. Io mi diverto solo a torturarli per mio
diletto personale! ^__^
Note: un ringraziamento
particolare a Niane, la mia esperta di armi e che mi ha consigliato nella
scelta di quelle che utilizzeranno i vari pg. Un’ultima cosa: i personaggi
saranno molto OOC, sono usciti così! Considerate che è un’AU.
Questo capitolo è un po’
piccolino, ma temevo che, continuando, avrei rovinato il già precario
equilibrio della storia. Come nel capitolo precedente non succede nulla e vi
prometto di smuovere le acque un po’ nel prossimo capitolo, ma non vi
garantisco nulla, tanto ormai i pg fanno quello che vogliono! Un bacione a
tutte le coraggiose, in particolare alla mia sorella gemella siamese e
telepatica, alla mia baby Rei e alla mia wife web Kie. Che ci volete fare?
E’ la mia famiglia! Se non me le cullo io chi lo deve fare! Raga’ vi voglio
un casino di bene! Buona lettura!
Un altro
giorno 6
di Soffio
d'argento
La squadra speciale, unita appositamente per
la missione denominata “Caccia alla Volpe”, era composta dai migliori
elementi delle tre principali squadre di Kanagawa: il Kainan, il Ryonan e
lo Shohoku. Maki, Kyota e Jin vi partecipavano per conto del Kainan;
Sendo, Fukuda, Koshino e Aida (subentrato in un secondo momento perché
esperto in intercettazioni) per il Ryonan; Mitsui, Kogure e Mito per lo
Shohoku. I relativi capitani del Ryonan e dello Shohoku, lavoravano
all’ombra del grande gruppo, capeggiando le riunioni nelle relative
questure. E inoltre, fuori da ogni squadra, c’era Sawakita.
Quel giorno la riunione si doveva tenere al Ryonan.
I primi ad arrivare furono i poliziotti del
Kainan, con i loro abiti firmati e le macchine scure; poi arrivarono quelli
dello Shohoku, dentro le loro macchine d’ordinanza e infine quelli del
Ryonan. Aida aveva faticato a tenere fermo Taoka. Come suo solito l’ultimo
ad entrare fu Sendo, con un sorriso più smagliante dei giorni passati.
Accanto a lui c’era l’arcigno (ehi! Ma come ti permetti! Il mio Hilo! NdF.
^^;;; scusa sis! NdA.) Koshino, rosso in volto e Fukuda poco più avanti, con
la solita flemma che mandava su tutte le furie Taoka.
<< Sendo! >> urlò appena lo vide.
Akira scattò sull’attenti, urlando a sua volta
uno scherzoso “Presente!” che causò l’ilarità del resto del gruppo e le
furie di Taoka.
<< Ti sembra questo l’orario di arrivare? >>
<< Ma capo non è colpa mia! >> si lamentò
l’alto poliziotto: << Deve prendersela con Koshino! E’ tutta colpa sua! >>
A sentir nominare il suo nome, il piccolo
poliziotto arrossì violentemente e diede una gomitata al ragazzo più alto
che incassò sorridendo.
<< Akira cerca di muoverti! Oggi abbiamo la
riunione alla questura. >>
Hiroaki Koshino stava tentando di svegliare
il proprio ragazzo e di farlo uscire da quell’ammasso di lenzuola che era
ormai diventato il letto. La mattina era il momento peggiore della giornata.
Akira era sempre molto incline al sonno. Svegliarlo si rivelava un’impresa
titanica. Doveva tirarlo giù dal letto, privandolo d’ogni appiglio,
strappandogli di mano le lenzuola, e non era cosa semplice. Akira Sendo
detestava alzarsi presto la mattina, specie se la notte si addormentava
tardi. E la notte precedente avevano fatto molto tardi.
Hiroaki si rimboccò letteralmente le
maniche e iniziò a sfilare il primo lenzuolo. Akira mugolò infastidito, ma
Hiro riuscì nel suo intento senza troppa fatica. S’inginocchiò sul letto e
iniziò a sfilare l’altro lenzuolo, ma Akira abbarbicatosi caparbiamente ad
esso, non era molto propenso a lasciarlo, così si mise a tirare con più
forza. Alla fine per poco non cadde dal letto quando, con un ultimo
strattone, riuscì a liberare il lenzuolo dalla presa energica del suo
ragazzo. Stava per esultare contento quando vide Akira abbracciare il
cuscino, sorridendo.
<< Ma allora sei sveglio! Alzati pigrone o
Taoka chi lo sente! >> gli disse Hiroaki tirandogli l’altro cuscino. Per
tutta riposta, vide il braccio di Akira alzarsi, afferrare la sua camicia e
tirarlo giù.
<< Ora sei mio koi… >> sorrise aprendo gli
occhi: << Taoka aspetterà. >> e, baciandolo dolcemente, spostò il suo peso
sopra quello del ragazzo più piccolo.
<< Koshino? Cosa c’entra lui? >> chiese
incuriosito Taoka.
Akira scoppiò a ridere nel vedere il suo
ragazzo arrossire ancora di più e accampare qualche scusa che potesse
sembrare credibile. Quando Taoka, contento della risposta, si allontanò,
Hiroaki tirò un sospiro di sollievo. Guardò il suo ragazzo di sbieco, ma non
poté non sorridere nel vedere il viso allegro e rilassato del ragazzo.
Adesso che, poteva affermarlo davvero, il peggio era passato, poteva
affrontare il futuro senza remore.
I poliziotti si sistemarono attorno al tavolo
nella camera delle discussioni. Il Ryonan mostrò il verbale di tutte le
intercettazioni avvenute nelle famiglie minori; il Kainan rese visibile
tutte le annotazioni degli spostamenti di Sakuragi e dei membri della
famiglia Shoyo, mentre lo Shohoku, che aveva lavorato sotto copertura negli
strati miseri della società di Kanagawa, riportava gli spostamenti del
sottosuolo Shoyo.
<< Troppo tranquillo. >> affermò Sawakita
passando in rassegna le intercettazioni telefoniche: << E se ci avessero
scoperto? >>
<< Impossibile. Nessuno, escluso noi, è a
conoscenza della missione. >> rispose Fukuda.
<< La fidanzata di Sakuragi? >> incalzò
Sawakita.
<< Lo escludo. E’ allo scuro di tutto. >>
rispose Mito.
<< Comunque la prossima riunione si terrà in
un luogo neutrale. Così attiriamo troppo nell’occhio. >> disse Maki
accendendosi una sigaretta: << Di Sakuragi avete avuto notizie? >>
<< Due giorni fa. Sembra nervoso e questo è
pericoloso: se perdesse la pazienza salterebbe la copertura. >> continuò
Mitsui: << Ma di questo, per ora, non corriamo pericolo. >>
La riunione andò avanti un’altra ora. I vari
poliziotti passarono a setaccio ogni informazione e tracciarono le mosse
future. Lavorare in tempi lunghi avrebbe facilitato la volpe, abituata a
giocare con la preda con molta lentezza. Dovevano muoversi in fretta, ma non
potevano neppure affrettare i tempi e introdursi nell’abitazione dello
Shoyo. Ci volevano prove inconfutabili, qualcosa di talmente evidente che
nessun avvocato sarebbe mai riuscito a oppugnare.
<< Allora, vista la situazione, non possiamo
far altro che aspettare. Dite a Sakuragi di smuovere le acque. Più tempo
passa e più le possibilità di catturarli svaniranno. >> concluse Maki.
<< I compiti sono stati assegnati. Adesso le
nostre squadre si dividono. La prossima riunione fra due settimane, a meno
che non vi siano imprevisti. >> continuò Sendo.
I migliori poliziotti di Kanagawa uscirono uno
dopo l’altro dalla stanza.
<< Ehm… Kogure? Posso parlarti? >>
Kiminobu Kogure chiacchierava allegramente con
Uozumi, capitano del Ryonan, osservato da Mitsui, che del ragazzo, non si
perdeva un singolo movimento. Mito, invece, stava cercando maggiori
informazioni presso Koshino e Fukuda.
<< Ma certo Jin. Ti prego di scusarmi Uozumi.
>> disse Kogure allontanandosi: << Ti vedo bene Soi. Come vanno le cose al
Kainan? >>
<< Ah bene! >> rispose Jin passandosi la mano
fra i capelli: << Piuttosto… volevo parlarti della missione... se hai un
attimo di tempo. >>
<< Si tratta di Hanamichi? >> chiese in
allarme.
<< No. No. Non ti preoccupare. E’ solo… io mi
stavo chiedendo se non ti piacerebbe ritornare al Kainan per la durata della
missione, per poter collaborare meglio, per essere d’aiuto a Sakuragi. >>
Kogure si sistemò meglio gli occhiali, si
voltò verso Hisashi, ben sapendo che non lo perdeva mai di vista. Anni prima
aveva fatto una scelta, con la decisa intenzione di non tornare indietro.
Ormai la sua squadra era lo Shohoku.
<< Mi dispiace Jin, ma lavorerò meglio con lo
Shohoku. >>
<< E’ per Mitsui? >>
<< Non solo. Lo Shohoku è la mia squadra e lì
mi trovo bene, come con nessun’altra. >>
<< Così ti precludi le strade migliori. >>
<< Non sono d’accordo. La mia strada l’ho già
intrapresa ed è la migliore che potessi scegliere. >>
Jin vide Kogure allontanarsi dalla sua visuale
e uscire dalla stazione di polizia, vicino a qualcuno che non era lui.
Vicino a qualcuno che lui detestava più di chiunque altro.
<< Lascia stare Jin. >>
<< Fukuda? >> disse voltandosi indietro.
<< Ancora quella storia? Non ti è passata
vero? >> chiese Fukuda sorseggiando un caffè lungo, con le spalle appoggiate
alle pareti e gli occhi chiusi.
<< Non puoi capire Fukky. Se ami una persona
fai di tutto per portarla da te. >>
<< … o forse semplicemente gli lasci vivere la
sua vita, come ha deciso da tempo. >> continuò imperterrito il tiratore
scelto del Ryonan.
Sin dall’accademia Fukuda si era dimostrato
una testa calda, sempre in contrasto con gli insegnanti, ribelle, eccellente
tiratore, silenzioso compagno di stanza. Sempre alla ricerca di lodi, si
sarebbe atteso di vederlo indossare l’uniforme del Kainan King, la squadra a
cui tutti i poliziotti usciti dall’accademia miravano, eppure aveva scelto
la Speciale, perché in fondo lui restava una testa calda, felice
dell’azione, e in breve era diventato il tiratore scelto del Ryonan. Eppure
mai, in tutti quegli anni, aveva visto Fukuda così diverso, cambiato.
<< Non posso arrendermi. Ne va della mia
felicità. >>
<< E della sua? Quando si ama, il proprio
amore diventa meno importante della felicità della persona amata. Lascia
stare Jin, così ti farai solo male e ne farai a lui. >>
<< Ti ripeto che tu non puoi capire. >>
continuò Jin ormai a qualche centimetro da lui.
Fukuda aprì gli occhi lentamente e
l’espressione annoiata, che solitamente brillava nel suo sguardo, fu
sostituita da stanchezza e rassegnazione.
<< E invece ti capisco, perché anche io ho
dovuto rassegnarmi, non è stato facile, anche perché so che quello che lui
vuole, non può renderlo felice, ma sto meglio così. >>
<< Jin andiamo? >>
<< Arrivo Kyota. >> rispose Jin senza
distogliere lo sguardo.
Durò solo un attimo, poi si voltò ed uscì
dalla centrale. Fukuda sospirò rumorosamente, poi tornò alla sua scrivania.
Sentì il capitano Uozumi parlare con Aida e Akira discutere con Hiroaki dei
dettagli delle operazioni. Sfogliò la pagina del rapporto ancora in bianco.
Sawakita sedeva poco lontano da lui e parlava al telefono, probabilmente con
qualche aggancio del FBI. Gli sentì fare il nome di Sakuragi e della volpe.
Vide la penna scorrere veloce sul foglio e lui trascrivere informazioni.
Aida uscì dall’ufficio del comandante
richiudendo velocemente la porta dietro di sé. Sorrise in direzione di Akira
e uscì dalla stanza.
<< E questo è tutto. Di più non so. Per i
dettagli dovrai aspettare. Fai attenzione. >>
Un poliziotto appoggiò la cornetta del
telefono sull’apposito ricevitore. Picchiettò con l’indice sopra la cornetta
per qualche secondo. Aveva il respiro pensate, ogni giorno diventava sempre
più difficile. Sarebbe riuscito ad andare ancora avanti?
Villa Shoyo.
Hanamichi Sakuragi, ormai ambientatosi
perfettamente come Toki Onizawa, dormiva placidamente nel suo letto dalle
lenzuola di seta. Le giornate erano sin troppo lente e tranquille. Si
sentiva come una mosca intrappolata in una ragnatela invisibile, di cui,
però, riusciva a sentire i fili appiccicosi su tutto il corpo. E il ragno
era Rukawa, con la sua espressione fredda e indifferente, i suoi occhi blu
come il mare, la sua voce profonda e calda. Lui era il nemico, eppure
sentiva che, a poco a poco, stava prendendo posto nella sua coscienza e
questo non doveva accadere, non doveva fare lo stesso sbaglio di Koshino.
Quella mattina si svegliò presto e uscì da
casa Shoyo prima delle dieci. Fece un giro nei bassifondi di Kanagawa e
rimase un’ora al porto, seduto sui grandi appigli per le navi, quei grossi
uncini di pietra.
Estrasse la sua Beretta 92 FS e rimase a
fissarla. Osservò il corpo nero, fece uscire il caricatore e ne estrasse un
proiettile. Calibro 9. Lo prese tra il pollice e l’indice e rimase a
rimirarlo a lungo. Era così strano far parte della stessa famiglia che lo
aveva privato di un amico prezioso. Fujima… Hanagata… Minami… e infine lui,
Kaede Rukawa. Strinse forte quel proiettile fra le mani e lo lanciò nel mare
aperto. Lo vide volteggiare un po’ nell’aria, brillare a tratti, illuminato
da qualche raggio di sole e tuffarsi fra le acque scure del porto. Quanto
era profondo il mare in quel punto? Chissà se se lo era chiesto anche Toshio,
mentre l’acqua penetrava nelle sue ferite e gli annebbiava la vista. Che
stupido che era! Toshio era morto dissanguato e poi gettato in mare. Almeno
non aveva sofferto oltre…
Salì sulla sua auto sportiva e si diresse al
solito bar al centro. Ordinò un caffè macchiato da portare via e andò a
pagare alla casa. Fece scivolare un foglietto nelle mani della cassiera, che
lo sistemò fra i fogli delle ordinazioni. Sorrise alla cameriera e uscì.
Quel giorno la Volpe e Fujima erano usciti
presto, lasciandogli la mattinata libera. Poiché con sé avevano portato le
fidate guardie del corpo, gli sarebbe bastato aggirare l’ostacolo Hasegawa e
fare un giro nelle segrete di Villa Shoyo.
Tornò in breve alla villa. Hasegawa stava
addestrando personalmente le nuove leve. Doveva aver sniffato da poco perché
le narici erano arrossate e il suo tono di voce poco certo. Il suo aspetto
però incuteva comunque timore e le nuove leve erano piegate al suo volere.
Quando Toki fece il suo ingresso, Hasegawa lo
squadrò come era solito fare. Non godeva di buona stima nella famiglia
Shoyo, ma questo lo elettrizzava di più, se era possibile.
Il cielo era ricoperto di nubi, forse avrebbe
piovuto. Ultimamente le belle giornate erano sempre più rare. Il tempo
sembrava aver fatto un accordo con il suo cuore.
<< Già di ritorno, Onizawa? >> gli chiese
Hasegawa facendo capolino dalla palestra.
<< Già. Fujima e Rukawa? >>
<< Devono ancora tornare. >>
Hasegawa uscì il coltello a serramanico e
cominciò a giocare con la punta. La testa piegata verso sinistra, il sorriso
malevolo, le mani coperte dai guanti…. Hasegawa non lascia tracce quando
lavora. I numerosi omicidi a lui imputati non hanno mai avuto giustizia.
Hasegawa scivola come un gatto e non lascia tracce, eppure alla fine avrebbe
commesso uno sbaglio, perché ogni giorno diventava sempre più sicuro di sé.
<< Hai intenzione di seguirmi, Hasegawa? >>
<< Ne avrei motivo? >>
<< E’ solo che è da stamani che i tuoi uomini
mi seguono. Spero solo che il giro turistico sia stato di loro gradimento…
>>
Hasegawa non smise di sorridere e rientrò in
palestra. Toki lo seguì con lo sguardo e, quando lo vide entrare, si rilassò
ed entrò in casa. Entrando, scorse le luci delle telecamere accese, comprese
quelle della sua camera.
Si privò della giacca e degli occhiali che
appoggiò sul letto. Allentò la cravatta e scorse la sua immagine riflessa
nel vetro della finestra. Gli si avvicinò piano, quasi fosse uno
sconosciuto, allungò un braccio per toccare quella sagoma, ma qualcuno bussò
alla porta.
Si risvegliò dal suo castello di sogni e andò
ad aprire.
<< Vedo che è tornato dal suo giro turistico,
signor Onizawa. >>
<< Hanagata… volevi qualcosa in particolare?
>>
Il gigante della famiglia Shoyo diede uno
sguardo alla camera in ordine del rossino.
<< Il signor Rukawa l’attende nei suoi
appartamenti. >>
E mentre Hanagata usciva dalla stanza, non
poteva fare a meno di provare un brivido freddo scorrere lungo la schiena.
Tornò a prendere la sua fedele amica ed uscì dalla camera. L’attesa era
snervante.
Quartier generale Kainan.
<< Allora Maki come è andata la riunione? >>
Il comandante Takato sfogliava svogliatamente
dei rapporti, senza neppure leggerne i contenuti. Maki, il capitano della
gloriosa squadra del Kainan, stava seduto di fronte alla scrivania del
comandante.
Quando Takato non lo sentì rispondere, alzò
per un attimo lo sguardo da quel mucchio di carte e quel che vide non gli
piacque per niente. Maki aveva un’espressione decisa e osservava un punto
indefinito oltre la parete. Sembrava molto concentrato e Takato sapeva bene
che, in quel momento, il miglior poliziotto della squadra stava esaminando
tutti i punti oscuri della vicenda.
<< Qualcosa non ti convince? >>
<< C’è troppa tranquillità e questo non mi
piace. È come il gioco del gatto e del topo e, mi dispiace ammetterlo, ma in
questo caso i topi siamo noi. È come se tutto fosse già stato scritto e noi
ci limitassimo solo a recitare una parte imposta. >>
<< Ma dai Maki! È solo una tua impressione.
Questa missione logora l’animo di tutti. Non darti preoccupazioni più del
dovuto. Piuttosto… c’è un certo poliziotto non contento del suo ruolo. >>
<< Nobunaga imparerà che per missioni del
genere, oltre alla forza, ci vuole l’esperienza, e in questo Hanamichi e
quelli della speciale sono dei re. >>
Maki uscì sorridendo dall’ufficio del
Comandante. In effetti a Nobu la scelta della testa rossa dello Shohoku, non
era piaciuta. Aveva evitato il più volte l’argomento e, quando era stato
costretto ad affrontarlo, era riuscito abilmente ad evitarlo, puntando
l’attenzione su altro. Ma anche a casa, Nobu sembrava agitato. Passava il
tempo a ripulire il suo revolver 44 magnum, il suo fedele compagno d’azione,
con una cura maniacale. La smontava… ne ripuliva il tamburo… le dedicava più
attenzioni di quanto facesse con lui. E Maki si era stancato di vederlo
girare per casa con il muso perenne. Doveva fare qualcosa.
Chiese a Jin se avesse visto Nobu da qualche
parte e lui gli rispose che lo aveva visto dirigersi verso il poligono di
tiro. Ringraziò gentilmente e seguì quel ciclone umano.
Intraprese il lungo corridoio freddo che
conduceva al poligono di tiro. Già da lì si sentivano gli spari della sua
magnum.
Quella missione stava logorando la mente e le
forze di tutti. Persino Jin, di solito sempre calmo e riflessivo, non faceva
che innervosirsi per tutto. Lavorare con Mitsui e Kogure per lui era come
disseppellire un passato ancora non dimenticato. Non aveva mai chiesto
spiegazioni a Jin, ma sapeva che il suo malumore era iniziato con il
trasferimento di Kogure alla squadra dello Shohoku. Mitsui lo aveva seguito
a distanza di pochi giorni, ma lui non lo aveva mai accettato.
Aveva sempre lavorato da solo, affiancato
nelle indagini da Kogure, che conosceva dai tempi dall’accademia. A loro si
era poi aggiunto Mitsui, di ritorno da un tirocinio estero, anche lui nella
loro stessa accademia. Un triangolo amoroso in cui i protagonisti ne erano
consapevoli.
Nobunaga sfogava la sua frustrazione colpendo
la sagoma con naturale bravura. Uno dopo l’altro le pallottole colpivano la
sagoma con precisione, andando a colpire zone vitali di un eventuale nemico.
Era sicuro che, in quel momento, Nobunaga non stesse mirando al bersaglio di
carta, ma ad una certa volpe con la faccia di un angelo. Era bellissimo
assorto e concentrato. Aveva i capelli racchiusi in una coda, le cuffie a
ripararlo dai rumori degli spari, acuiti da quel luogo chiuso e silenzioso.
La camicia bianca era leggermente slacciata e i polsini sbottonati. La
giacca era stata gettata su una sedia dietro di lui. Una giacca nera, come i
pantaloni, con l’indistinguibile forma dello stemma del Kainan ricamato sul
taschino sinistro. Nobu, le spalle rivolte verso l’ingresso, era posizionato
lateralmente, con il volto rivolto verso il bersaglio, la mano sinistra ad
impugnare la pistola e quella destra rilassata, lungo un fianco. Sembrava un
cowboy dell’epoca moderna. Una sorta di giustiziere metropolitano con il
distintivo di poliziotto.
Maki detestava quella pistola. Voleva che
Nobunaga ne usasse una semiautomatica, più facile da ricaricare. E invece
Nobu si intestardiva. Quella era la pistola che portava da anni, la sua
fedele amica che non voleva abbandonare, con la quale, a detta della
scimmietta, aveva affrontato i casi più difficili. Ma adesso quel revolver
sarebbe stato sicuro per la caccia alla volpe?
Maki gli si avvicinò alle spalle e lo
abbracciò da dietro. Sentì Nobu irrigidirsi un attimo, per poi rilassarsi.
Appoggiò la pistola vicino alla cuffia e si voltò nell’abbraccio di Maki,
che aveva continuato a dargli piccoli baci sul collo.
<< Non stavolta Shin. >> disse Nobu
allontanarsi da quell’abbraccio. << Stavolta voglio sapere tutto. >>
Maki sospirò sconfitto. Fece segno a Nobunaga
di seguirlo e questi, recuperata la sua fedele amica, prese la giacca e lo
seguì.
Villa Shoyo.
Sakuragi bussò due volte, come d’abitudine, ed
entrò senza neppure attendere una risposta.
La camera di Rukawa era deserta. Il grande
letto a baldacchino dalle lenzuola bianche di seta era posizionato in un
angolo della stanza. La finestra che dava sul largo balcone, era aperta e il
vento giocava con le tende, anch’esse rigorosamente bianche, sollevandole e
riadagiandole a terra.
Sul tavolino tondo era appoggiato un vassoio
con una teiera fumante e due tazze.
Si avvicinò a larghe falcate al balcone e
diede un’occhiata fuori. La Volpe era seduto su una sedia di legno, di
quelle in stile americano, con la spalliera formata da sottili ramoscelli
manualmente intrecciati. Aveva un braccio posato dietro la testa e l’altro
sul libro aperto e adagiato sullo stomaco. Indossava dei pantaloni di pelle
nera e una camicia rossa aperta sul davanti. La pelle chiara risaltava
circondata dalle estremità della camicia. La volpe sonnecchiava seduta su
quella sedia di vimini. I capelli che gli ricadevano sugli occhi socchiusi,
il viso imperturbabile rinchiuso nell’espressione fredda di sempre.
Come guidato da un ricordo, si avvicinò al
volpino addormentato e si abbassò su di lui. Profumava di muschio, una
fragranza molto dolce. Hanamichi smise di pensare ed accantonò la sua
volontà di poliziotto. Si abbassò verso il ragazzo e lo baciò, accarezzando
le labbra fresche di primavera della volpe con le sue. In quel momento non
esisteva più il poliziotto e l’assassino. In quel momento, ammantato dalla
fragranza di un ricordo, era tornato ad essere solo un uomo.
Dalla palestra il rumore sordo degli
allenamenti lo svegliò d’improvviso. Hanamichi sgranò gli occhi guardandosi
attorno, come si fosse risvegliato da uno stato di dormiveglia. Rifuggì il
ricordo di quel che aveva fatto, reprimendo un istinto furioso di rabbia
inespressa. Strinse i pugni lungo i fianchi. Era tornato ad essere Hanamichi
Sakuragi, il poliziotto e quell’uomo era ritornato ad essere il mostro che
aveva ammazzato crudelmente Toshio, che aveva cercato di far saltare in aria
Akira e Hiroaki, insieme a tutto l’aeroporto. L’uomo che si era macchiato di
crimini indicibili, il ricercato numero uno.
Sakuragi scosse la testa con violenza! Lui non
aveva fatto nulla. Non aveva mai neppure desiderato di baciare Rukawa,
perché lui era un poliziotto, perché lui era innamorato di Haruko, perché
con lei si sarebbe sposato e avrebbe avuto una famiglia. Avrebbero vissuto
in una bella villetta a due piani con un ampio giardino, perché Haruko amava
il giardinaggio e gli aveva regalato una rosa la prima volta che era andato
a casa sua. Perché Haruko era dolce, una bambolina di porcellana, perché
Haruko l’avrebbe amato, diversamente da tutte quelle che lo avevano
respinto, perché Haruko era riuscita ad andare oltre il suo aspetto e aveva
trovato lui. E con Haruko avrebbe vissuto in quella villetta a due piani,
piena di bambini, come sua madre aveva sempre sognato, e sarebbe stato
felice. Perché lui amava Haruko e quella era stata solo una debolezza. Lui
amava Haruko, continuava a ripetersi con un mantra.
Uscì velocemente da quella stanza. La porta si
chiuse con forza.
Con ancora gli occhi socchiusi, la volpe
sorrise, accarezzandosi poi le labbra con la lingua. Era stato un semplice
tocco, eppure così buono da volerne di più. E ancora di più.
Kaede Rukawa aprì gli occhi lentamente e, per
una volta, dopo tanto tempo, il ghiaccio dei suoi occhi s’infiammò, come era
accaduto molto tempo prima. Sorrise ancora una volta soddisfatto.
“La trappola per poliziotti imprudenti sta
imprigionando la sua preda…. Hanamichi Sakuragi….”
La porta della stanza si aprì delicatamente.
Un leggero sfarfallio di passi si fece più intenso, fino a che, con in mano
due coppe di vino rosso, entrò Kenji Fujima.
<< Brindiamo. >> disse solamente porgendogli
un calice: << Certi bambini non dovrebbero giocare con il fuoco perché
potrebbero scottarsi… >>
Sorrise soddisfatto in direzione di Rukawa,
ancora seduto comodamente sulla sedia bianca. Lo vide accarezzare con le
labbra quel liquido leggero, assaporando con gli occhi chiusi quella dolce
ninfa, quel nettare degli Dei. Ottima annata. Vino impareggiabile.
Sorseggiò il suo calice d’eternità, prima di
rituffarsi nell’oscurità e lasciare che il ricordo di quel raggio di vita
cullasse ancora la mente stanca dell’uomo dal viso di un angelo caduto.
FINE SESTA PARTE
Autrice: ;______; non ci posso credere! Non è
uscita una schifezza!
Ede: fatto viaggio a Lourdes?
Autrice: Ede! >.< Chiudi il becco o ti metto
con Uozumi!
Ede: gulp! Autrice! Che cavolo ti è preso?
Autrice: semplice! Tu sei un personaggio di SD
e io sono la fic writer che su di te scrive delle storie, quindi sono io che
comando! E tu obbedisci! Non permetterò a nessun personaggio dei manga di
dirmi quello che posso o che non posso fare!
Sanzo: Soffio! Vieni subito qui!
Autrice scodinzolando: Sanzooooooooooo!
*//////////////////////////////* Tesoro! Vengo subito!
Ede: -________- sono senza parole!
Autrice: Sanzoooooooo! *______* My only love!
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