Un altro
giorno
parte II
di
Soffio d'argento
Salì in macchina senza neppure voltarsi
indietro. Non aveva famiglia, né ricordi cari da proteggere. Per questo
era entrato nella speciale. Ma adesso c’era Haruko. Lei riempiva le sue
giornate. Era felice di non essere più solo.
L’auto sfrecciava veloce nel traffico
percorrendo la corsia d’emergenza.
<< Sendo sei il solito! Questa corsia è per le
emergenze! Non dovresti usarla! >>
<< Beh ma tecnicamente è un’emergenza pure
questa, no? >>
<< Non capisco proprio come un tipo
equilibrato, come Koshino, possa stare con un come te! >> disse con un tono
divertito intuendo già la risposta.
<< Perché sono irresistibile! >>
Nonostante fosse ancora pieno inverno, la
temperatura si era dimostrata più mite degli altri giorni. Le nuvole che
prima avevano scatenato un temporale, adesso erano scomparse, lasciando la
città avvolta da una temperatura mite. Il sole brillava come un diamante e i
colori, di solito spenti, della città erano così luminosi da sembrare vivi.
Piccoli fiori di campo spuntavano, come funghi, un po’ ovunque con i loro
colori accesi. Stranamente tutta la città e il mondo attorno a lui
sembravano ebbri di felicità. Persino i suoi vicini, che di solito gli
rivolgevano sì o no un arrivederci a denti stretti, lo avevano salutato con
un sorriso. La primavera era alle porte eppure lui non si era mai sentito
così triste. Ripensava a Toshio e tutti i progetti che aveva fatto.
<< Dimmi com’è la Volpe. >>
Sendo rimase a pensarci su un po’, le sue mani
si strinsero sul volante.
<< La volpe? Quell’uomo è di ghiaccio credimi.
>>
<< Quando lo hai incontrato? >>
<< Poco dopo il tuo trasferimento. Hiro era
impegnato nella fase finale di un’operazione sotto copertura. Si era
infiltrato in un clan yakuza, grazie alla soffiata e l’aiuto di un nostro
informatore. Secondo le informazioni ricevute, quel clan si preparava a fare
il colpo grosso: uccidere il rappresentante della corona di un paese
straniero in visita dalle nostre parti. >>
<< Non possiamo lasciare che questo accada,
ragazzi! >> Taoka era molto serio. Persino Fukuda, sempre con l’aria
assente, aveva smesso di sonnecchiare sulla sedia.
<< Dovremo infiltrare qualcuno dei nostri. Da
quanto rivelato dal nostro informatore, stanno cercando un esperto
d’esplosivi e materiale plastico. Vogliono fare proprio un bel botto. >> era
raro vedere il comandante ridere, lo faceva solo quando la situazione
diventava pericolosa.
<< Hanno chiesto la collaborazione del Falco.
>>
<< Il Falco? >> chiese Sakuragi << Il
terrorista internazionale? >>
<< Già. Noi eravamo riusciti a bloccarlo
proprio fuori dall’aeroporto. >>
<< Ma come avete fatto? Nessuno conosce il suo
volto. >>
<< Infatti! Sapevamo che, secondo gli accordi
presi, sarebbe sceso da un aereo proveniente dall’Europa. Aveva una rosa
nera all’occhiello e una cicatrice dietro l’orecchio. >>
<< Quindi lo avete catturato e sostituito? >>
<< La fai semplice tu! >>
<< Racconta. >> disse semplicemente Sakuragi.
Il comandante Taoka muoveva nervosamente le
mani. Dentro il furgoncino scuro, la temperatura stava aumentando a
dismisura. Hikoichi, intento a vagliare ogni passeggero che scendeva dagli
aerei, osservava attentamente ogni telecamera all’interno del furgone,
coadiuvato da Ikegami.
<< Aida! Che diavolo combini! Si può sapere
perché non trovi nulla? >>
<< Comandante non è colpa mia! Neppure l’Interpol
ha potuto fornirci un’informazione certa sul suo aspetto! Cosa si aspetta da
me? Che faccia miracoli? >>
<< Aida! >> sbraitò Taoka << Io mi aspetto che
tu esegua gli ordini! Se ti chiedo un miracolo, tu devi farlo! Questo è
quello che mi aspetto da te! >> e aveva finito col mollargli un pugno sulla
testa.
<< Sì comandante! >> aveva risposto
massaggiandosi la testa, poi, a bassa voce verso Ikegami: << Quando si
arrabbia diventa insopportabile! >>
<< Aida! >>
Il povero Hikoichi stava preparandosi a
ricevere un altro pugno in testa, quando la sua attenzione si concentrò su
un personaggio sospetto, sceso da un aereo proveniente dall’Europa. Era
vestito di nero e aveva una rosa, del medesimo colore, nel taschino della
giacca. Certo non si poteva vedere la cicatrice dietro l’orecchio ma,
potevano affermare tutti, di certo era un tipo sospetto. Anche Koshino
sembrò essersene accorto, perché cominciò a pedinarlo.
Scesero nei sotterranei, al parcheggio e lì,
fra un dedalo di macchine e gallerie, il Falco seminò i suoi inseguitori.
Fukuda, intuendo il pericolo che stavano
correndo i suoi colleghi, schizzò fuori dal furgoncino. Si fermò davanti
all’ascensore ma, poiché ritardava, prese la scale di servizio e iniziò a
percorrerle velocemente. Aida, tramite auricolare, gli dava informazioni.
Taoka era su tutte le furie! Osservava attento
ogni movimento catturato dalla telecamera.
Giunti al sotterraneo sia Akira che Hiroaki
estrassero la pistola. Si diressero verso postazioni opposte. Quel luogo era
sin troppo tranquillo. C’era qualcosa, un presentimento di paura, che
rendeva Sendo inquieto. Quella storia era nata storta, poco tempo per
prepararsi e poi… perché chiedere l’aiuto di un terrorista internazionale?
Quella era pur sempre una banda yakuza… cosa c’entravano loro col terrorismo
internazionale? Qualcosa nel conto non tornava. Erano piccoli pesci… chi
aveva portato allora il Falco a loro? Smise di pensare. Quello non era certo
il momento adatto. Avanzò silenzioso tra le macchine. Diede una breve
occhiata alla sua sinistra e vide Hiro procedere lentamente tra le auto.
Impugnò la pistola più stretta. Un rivolo di sudore scese sulla sua guancia,
caldo come la sabbia d’estate, ma il suo calore si congelò all’istante di
fronte alla scena che vide. C’era una donna chiusa in una macchina. Le mani
erano bloccate sul volante, aveva gli occhi spalancati e l’espressione del
puro terrore dipinta sul viso. Piangeva in silenzio. Quando la vide, Akira
estrasse il distintivo e glielo mostrò, ma la donna non si tranquillizzò.
Sendo seguì lo sguardo della donna e vide che era immobilizzata al sedile
della macchina da alcuni fili.
<< Una bomba… >>
La signora parve capirlo perché asserì con un
movimento leggero del capo. Akira chiuse per un attimo gli occhi.
L’operazione sorpresa era andata in fumo. Il falco doveva aver fiutato
l’inganno e aveva preparato un bello scherzetto. Forse se n’era già andato
godendosi il terrore che stava distribuendo.
Akira prese in mano la trasmittente e parlò
con Hiro:
<< Hiro siamo nei guai! >>
<< Cosa succede Sendo? >> fu il comandante a
rispondere.
<< Comandante Taoka, il Falco è fuggito dalla
trappola e ci ha lasciato il regalo di benvenuto. >>
<< Sei in grado di disinnescarla? >> domandò
Taoka intuendo a cosa si riferisse Sendo.
<< No comandante… >> ammise senza vergogna: <<
Per questo cercavo Hiroaki. >>
Sentì qualcuno avvicinarsi a lui con fare
attento. Akira si spostò alla sua destra per vedere chi fosse e si
tranquillizzò quando vide avvicinarsi Hiroaki.
<< Dov’è la bomba? >>
Akira fece un segno con la testa. Hiro si issò
e fece un giro completo dalla macchina. Quando arrivò vicino al lato del
conducente si fermò. La donna era immobile.
<< Akira… se spostiamo la donna saltiamo in
aria. Non mi sembra che sia collegata alla portiera. Cercherò di aprirla e
disinnescare l’ordigno. Tu però allontanati. >>
<< Non se ne parla proprio Hiro-kun. Dove stai
tu sto io. Ricordalo. >>
Hiro fece per replicare ma lo sguardo d’Akira
era serio e non ammetteva obiezioni.
<< Akira… >> sbuffò infastidito Koshino: <<
non sono sicuro di riuscire a fermare il conto alla rovescia. Se non ce la
facessi… io… non voglio che tu rimanga qui. >>
<< Se non dovessi farcela… vuol dire che
minaccerò il guardiano dell’Inferno e verrò in Paradiso a trovarti. >>
Hiro alzò un sopracciglio dubbioso: << E
perché dovrei finire in Paradiso? >>
<< Perché sei un angelo, il mio angelo! >> e
detto questo gli diede un bacio veloce, poi Hiro, ancora rosso in volto, si
dedicò alla macchina.
Akira impugnò di nuovo l’arma e si guardò
attorno. Nonostante quello che aveva detto al comandante, non era sicuro che
il Falco se ne fosse andato, ma era sciocco rischiare in tanti…
Si voltò verso il suo ragazzo e sorrise. La
vita di un poliziotto è un conto aperto con la morte e lui era felice di
poterlo chiudere con il suo ragazzo, non lo avrebbe lasciato mai.
Hiro si voltò alla ricerca di qualcosa,
intuendo cosa cercasse, Akira si avvicinò ad una delle macchine posteggiate
più indietro e ne scassinò la serratura. Cercò un attimo e finalmente trovò
la scatola degli attrezzi. Il Falco era un tipo tosto, aveva di certo
valutato quell’opportunità. Probabilmente aveva inserito qualche
trabocchetto nelle macchine accanto a quella con la bomba, sarebbe stato da
sciocchi rischiare e loro non erano stupidi.
Per infiniti minuti la squadra del Ryonan
rimase col fiato sospeso. Taoka ascoltava con gli occhi chiusi ogni respiro
dei suoi uomini. Aida osservava le telecamere per riferire al comandante
ogni eventuale movimento sospetto. Il silenzio era totale. Il rumore sordo
della portiera che si apriva risvegliò gli uomini del Ryonan. Koshino la
tolse lentamente e si chinò per osservare meglio l’ordigno. Tolse anche il
sedile dal lato passeggero e si avvicinò alla donna che, con gli occhi
chiusi e la bocca sigillata, era ancora attaccata al volante. Hiro soppesò
bene la situazione.
<< Non si preoccupi signora, andrà tutto bene.
>>
La donna parve rilassarsi un po’ e la presa
sul volante si fece più lieve. Hiroaki era indeciso sul da farsi, ma, poiché
sapeva di aver ancora poco tempo a disposizione, entrò subito in azione.
<< Quell’uomo… ha detto che sarei stata un
regalo per dei poliziotti incauti… >>
<< Quando ha piazzato la bomba se lo ricorda?
>> chiese Akira.
<< Che ora è? >> domandò la donna.
<< Quasi le sei di sera. >>
<< Tre ore fa… >>
Akira e Hiroaki strinsero i pugni. Il Falco
era giunto all’aeroporto solo una decina di minuti prima, come aveva potuto
piazzare una bomba? Che ci fosse qualcuno con lui? O forse il Falco era
qualcun altro? I ragazzi smisero di fare congetture e si dedicarono al loro
compito. Quella donna era in quella posizione da quasi tre ore. Doveva
essere terrorizzata eppure aveva mantenuto un po’ d’autocontrollo.
<< Alle sei… ha detto che avrebbe illuminato
il cielo alla sei… >>
Akira e Hiroaki si guardarono in faccia.
Mancavano meno di dieci minuti. Il Falco, o chiunque altro fosse stato,
aveva programmato tutto, doveva aver avuto una soffiata. Sapeva che lo
stavano aspettando.
Hiro si abbassò ancora di più e si avvicinò al
sedile della signora.
<< Le chiedo un altro po’ di pazienza,
signora… Ora non deve fare nessun movimento… >>
<< Sono tre ore che sto così. Crede forse che
sia un hobby il mio? >>
Akira sorrise pensando a come, l’essere umano,
riuscisse a resistere anche al più grave fardello psicologico. Koshino
allungò il braccio fino a toccare l’ordigno. Chiese al compagno di prendere
lo specchietto che aveva nella giacca. Akira lo prese e lo porse a Hiro che,
con mano tremanti, lo avvicinò al congegno. Si sistemò meglio e mugugnò
qualcosa. Akira sapeva che si trattava di certo di cattive notizie. Stava
per chiedergli spiegazioni, quando udì dei rumori dietro le sue spalle.
Le telecamere del circuito dell’aeroporto si
oscurarono. Aida trafficò un po’ con il computer del furgone, ma poi si
arrese dando un pugno al monitor.
<< Siamo fuori comandante… manca pure il
segnale radio. Non possiamo comunicare con nessuno. >>
Taoka uscì come un fulmine dal furgone nero.
Si avvicinò all’auto posta dietro e ordinò ai suoi uomini di scendere al
parcheggio. Alti poliziotti in completi scuri si lanciarono all’inseguimento
di un nemico invisibile.
<< Dov’è Fukuda? >>
Aida guardò sconcertato il comandante, poi
scosse la testa:
<< Non lo so… ho perso il contatto con lui… >>
Quando Akira si voltò, capì di essere stato
troppo imprudente, aveva commesso un errore che neppure un novellino avrebbe
fatto. Preso dalla preoccupazione della bomba, aveva abbassato la guardia.
Il Falco, come avevano immaginato, non se n’era andato. Nascosto chissà
dove, era rimasto a godersi lo spettacolo. Adesso era davanti ad Akira e gli
puntava una pistola alla testa. Koshino sentì il suo compagno irrigidirsi e
si voltò comprendendo quello che stava accadendo. Quello che vide non gli
piacque affatto. Akira era in balia della sorpresa e aveva una pistola
puntata contro. Il Falco sorrideva sardonico.
<< Hiro continua. >> disse semplicemente Sendo.
<< Siete dei ragazzi coraggiosi ma tanto,
tanto sciocchi. Morirete entrambi. >>
Il Falco caricò la pistola e si preparò allo
sparo.
<< Come fai ad essere certo che nessuno, oltre
a noi, sia qui? >>
<< Perché avevo pianificato tutto nei minimi
particolari e i miei piani non falliscono mai. >>
Il timer della bomba scandiva i minuti. Non
c’era più tempo da perdere. Forse la loro fine era già stata segnata.
Delicatamente, cercando di non fare neppure il minimo rumore, allungò il
braccio per prendere una pinza. Mancava un solo minuto e mezzo allo scoppio.
<< E’ inutile che ci provi ragazzino. Morirete
tutti. >>
<< Morirai anche tu. >>
<< Non preoccuparti avrò il tempo per
scappare. >>
Un minuto. Non poteva perdere tempo e non
n’aveva abbastanza per analizzare meglio l’ordigno esplosivo. Doveva
lasciarsi guidare dalla dea fortuna. Guardò ancora i fili. Non era un
ordigno ben costruito, a dire il vero sembrava piuttosto rudimentale, al
meno al confronto di quelli usati negli attentati del Falco. Non era stato
lui a costruirla. C’era qualcun altro oltre al Falco e questo qualcuno era a
conoscenza dei loro piani.
45 secondi. Diede uno sguardo veloce alla
donna al volante. Aveva chiuso gli occhi e stava pregando, una lenta litania
sospirata fra le lacrime.
40 secondi. Akira era ancora immobile, ma
aveva ritrovato il sorriso spavaldo che aveva sempre avuto.
<< Hiro che diavolo stai aspettando? >>
40 secondi. Sarebbero bastati al Falco per
scappare? Era vero che si trattava di un terrorista internazionale ma era
pur sempre un uomo. Aveva un dispositivo di disinnesco! Non poteva avere
dubbi. Era tranquillo e perdeva troppo tempo. Perché non li aveva ancora
uccisi?
35 secondi. Hiro strinse bene la pinza e la
avvicinò ai fili. Nelle bombe che aveva finora disinnescato il filo da
tagliare era stato sempre rosso. Ma quelli erano blu, verde e giallo. Seguì
il percorso dei fili e cercò di capire quale di essi potesse fermare lo
scoppio. Chiuse gli occhi e respirò profondamente.
30 secondi. Uno filo avrebbe innescato la
bomba, uno avrebbe accelerato il conto alla rovescia e uno l’avrebbe
fermata.
25 secondi. Aveva sempre amato il verde perché
gli ricordava la primavera. Prese meglio la pinza e lo tagliò senza remore e
nel farlo chiuse gli occhi. Felice d’essere ancora vivo aprì gli occhi e il
sorriso gli si congelò all’istante. Il timer iniziò a correre all’impazzata.
I secondi sfilavano veloci davanti ai suoi occhi. Aveva tagliato il colore
sbagliato.
20…19…18…17… i secondi passavano veloci. Non
riusciva a sentire nulla di ciò che lo circondava. Blu o giallo. Giallo o
blu. La sua mente non riusciva ad elaborare altro. Giallo… il colore del
sole… blu il colore…. Chiuse gli occhi e decise. Male che andava sarebbe
fuggito dal Paradiso per incontrare Akira.
10… 9… 8… 7… 6… non c’era tempo da perdere.
Diede un colpo deciso e recise il filo.
<< Che diavolo… >> aprì un occhio e fissò il
timer: 2 secondi. Era riuscito a fermarlo due secondi prima della
detonazione.
<< Bravo Hiro! Ce l’hai fatta! >>
<< Akira? >>
Si rialzò in fretta e, incurante di tutto,
abbracciò il compagno. In fondo se erano ancora vivi lo doveva a lui. Aveva
deciso di tagliare il filo blu, solo perché era il colore degli occhi del
suo compagno. Hiro gettò le braccia al collo d’Akira e lo abbracciò stretto.
Aki lo strinse a sé e quasi temette di soffocarlo. Poi con un dito gli alzò
il volto, lo prese tra le mani e lo baciò. Fu un bacio lungo e caldo.
<< Ehm… non vorrei disturbare, ma… >>
Solo allora Hiro si ricordò di non essere soli
e si staccò con forza da quelle braccia calde, provocando un sorriso sulle
labbra di Akira.
<< Fukuda? Che ci fai qui? E… a proposito: che
è successo? >>
<< Già che è successo? >> chiese impaziente
Hanamichi.
Per i suoi gusti Sendo si era dedicato troppo
alla descrizione del momento romantico con Koshino. D'altronde doveva ancora
aspettare che il sorriso beota sul suo viso si spegnesse. Sendo e Koshino
stavano insieme dai tempi del liceo. Era un po’ invidioso, non sapeva
perché, ma sentiva di non essere mai pienamente felice con Haruko. Quel
sorriso beota, quell’espressione angelica, quel rossore diffuso sul viso, la
delirante impazienza di incontrare il compagno, lui non le aveva mai
provate. Non che Haruko non le piacesse, anzi. La trovava molto dolce e
carina. Era sempre piena di premure e attenzioni nei suoi confronti e poi,
cosa strana, riusciva a capirlo come solo Yohei sapeva fare. Yohei per lui
era come un fratello, la sua famiglia. Con Haruko si sentiva bene, come a
casa. Le piaceva da impazzire quel sorriso che aveva quando gli augurava una
buona giornata, i suoi capelli mossi dal vento, però… c’era sempre un però e
se n’accorgeva quando andava a trovare il megane e l’ex teppista. Quell’atmosfera
di dolcezza e complicità non l’aveva ancora provata con Haruko.
<< E tu? Quando troverai l’anima gemella? >>
chiese a sorpresa Akira.
<< Io l’ho già trovata. E’ Haruko, la sorella
del capitano Akagi, credo che tu l’abbia conosciuta. >>
<< Haruko… >> disse pensoso Akira…
<< Ehi tu! Torna al racconto. >>
Quando Fukuda aveva perso il contatto con la
base, aveva rallentato la sua corsa verso il parcheggio sotterraneo. Sin
dall’inizio tutta quella storia non lo aveva convinto. Koshino era sempre
stato un impulsivo e Sendo quando si trattava delle vita del koibito,
perdeva il senso della realtà. Quando aveva visto Hiroaki seguire quell’uomo
e Sendo seguire a sua volta Koshino, aveva pensato bene di raggiungerli.
Nessuno si era fidato totalmente della
soffiata del Topo, tutti sapevano quanto subdolo fosse quell’informatore,
pronto a vendersi al miglior offerente, ma la posta in gioco era troppo alta
per non rischiare. Taoka lo aveva richiamato temporaneamente da un altro
caso e lui aveva accettato di buon grado. Quando si era precipitato
all’interno dell’aeroporto, si era subito accorto del pericolo. Gli
ascensori erano bloccati e le telecamere di sicurezza erano momentaneamente
fuori uso. Squadre di tecnici si affaccendavano attorno alle menti
tecnologiche ma senza risultato, persino il collegamento con Aida iniziava a
funzionare male. Non c’era che una ragione: erano stati venduti e loro erano
caduti nella trappola come dilettanti. Prese la scale di sicurezza facendo
attenzione che nessuno lo seguisse. Appena dentro sbarrò la prima porta,
prese in mano la pistola e scese lentamente verso il basso. Ad ogni piano
sbarrò le porte che davano sulle scale, in modo da non avere problemi. Se un
civile si fosse addentrato verso il parcheggio, i loro problemi si sarebbero
moltiplicati. Gli ascensori erano fuori uso e alle scale aveva pensato lui.
Il collegamento con Aida era andato in tilt e, temendo di essere scoperto,
aveva staccato la ricetrasmittente completamente. Quando era giunto al
sotterraneo aveva visto Sendo con una pistola puntata alla testa e le gambe
di Hiroaki uscire da una macchina. Akira sembrava sicuro di sé, mentre
Hiroaki era immobile, forse era stato colpito, ma, quando si era accorto
della donna sull’auto, aveva capito la situazione.
Si avvicinò piano, per lui non era difficile
evitare ogni possibile rumore. Il Falco e Akira stavano parlando.
<< Siete dei ragazzi coraggiosi ma tanto,
tanto sciocchi. Morirete entrambi. >>
Fukuda si nascose dietro una colonna di
cemento. Estrasse dalla tasca dei pantaloni un silenziatore e un mirino (ma
ti sembra quello il posto in cui metterli? NdA. Così non mi danno fastidio.
NdF. Sei senza speranza! NdA).
<< Come fai ad essere certo che nessuno, oltre
a noi, sia qui? >>
<< Perché avevo pianificato tutto nei minimi
particolari e i miei piani non falliscono mai. >>
Erano stati venduti! Non aveva sbagliato e
probabilmente quello scherzetto non lo aveva organizzato lui. Forse c’era
qualcun altro in quel sotterraneo, qualcuno che in quel momento li stava
osservando.
Non aveva tempo per simili congetture. Da
quanto aveva capito Hiro stava cercando di disinnescare una bomba, mentre
Akira cercava di guadagnare tempo. Di sicuro il Falco aveva in sé il comando
di disinnesco. Avrebbe avuto il tempo di farlo fuori e disinnescare la
bomba. Prese la mira e si fermò.
Qualcuno lo stava osservando, ne era quasi
certo, uno sguardo gelido che congelava le ossa. Si voltò alla ricerca di
qualcuno ma non vide nessuno. Doveva rischiare, forse non sarebbe neppure
riuscito a colpirlo, con ogni probabilità sarebbe stato fatto fuori non
appena avrebbe preso la mira. Il tempo, però, scorreva. Prese la mira…
<< Hiro che diavolo stai aspettando? >>
Vide Koshino agitarsi e questo non era un buon
segno, non rimaneva molto tempo.
Doveva sparare per ucciderlo, il Falco era un
uomo terribile, se lo avesse semplicemente colpito, avrebbe di certo
sparato. Era un osso duro ma aveva commesso l’errore di sentirsi al sicuro.
Prese la mira e colpì l’uomo alla testa. Il
sangue fuoriuscì copioso, spargendosi sulla macchina e macchiando il viso d’Akira.
Il corpo senza vita crollò sull’amico. Vide gli occhi di Sendo aprirsi per
lo stupore e socchiudersi in un sorriso appena uscito dal nascondiglio.
Improvvisamente dovette ricordarsi della situazione in cui versavano, perché
gettò a terra il cadavere e si voltò verso Koshino. Fukuda si avvicinò
lentamente. Non fece in tempo a chiedere spiegazioni, che vide Hiroaki
tagliare il primo filo. Il timer iniziò la sua folle corsa. 20…19…18…17….
Non rimaneva molto tempo, eppure Hiro sembrava essersi congelato. Guardava i
fili rimasti senza sapere cosa scegliere. Akira gli appoggiò una mano sulla
gamba, ma lui non se ne accorse. Il suo corpo però riconobbe il calore e si
rilassò. Hiroaki chiuse gli occhi e tagliò il filo blu. 2 secondi.
Fukuda e Sendo tirarono un sospiro di
sollievo.
Nel momento stesso in cui Koshino aveva
tagliato il filo giusto, la morsa di gelo che lo attanagliava era svanita.
Quando vide Hiroaki avventarsi su Akira, si allontanò a controllare il
cadavere. Frugò nelle tasche della giacca e dei pantaloni, ma non trovò
nulla. Quando, poi, si rivoltò vide i compagni baciarsi.
<< Ehm… non vorrei disturbare, ma… >>
<< Fukuda? Che ci fai qui? E… a proposito: che
è successo? >> aveva detto un sorpreso e arrossito Koshino.
In quel momento sentì la voce furiosa di Taoka
avanzare minacciosa. La sua tonalità sperava di certo i 100 decibel. Con lui
vi era tutta la squadra. Arrivarono di corsa e visibilmente affannati.
<< Il tempo passa per tutti comandante… >>
aveva detto divertito Sendo.
<< Sendo! Un’altra frase del genere e vai a
dirigere il traffico! >>
Taoka si avvicinò alla donna al volante e la
fece scendere, non senza alcune remore da parte sua. Fece segno ad Ikegami
di portarla in ospedale, mentre la squadra degli artificieri faceva il suo
ingresso.
<< Che diavolo è successo? >> aveva chiesto
Taoka guardando il cadavere. << Va bene, ne parleremo più tardi. Ottimo
lavoro Koshino e anche a voi ragazzi. Scusate il ritardo, ma qualche
imbecille ha avuto la brillante idea di bloccare tutte le porte delle scale.
Abbiamo dovuto buttarne giù una e per questo abbiamo perso tempo. >>
A quelle parole, il fuoriclasse della squadra,
aveva guardando sornione Fukuda e il comandante aveva seguito il suo
sguardo. Fukuda aveva fatto qualche passo indietro, andando ad inciampare
sul cadavere. Si era rialzato in fretta e aveva messo qualche buon metro di
distanza fra lui e il comandante.
<< Fukuda? >>
<< Ehm… comandante…vede quelle porte le avevo
chiuse io… >>
Taoka era diventato paonazzo.
<< Fukuda! Razza d’imbecille… >>
<< Ti risparmio gli altri insulti, tanto lo
sai che quando Taoka si arrabbia perde il controllo delle parole. >>
<< Già. >>
Sakuragi pensò che vi fossero sin troppi punti
vuoti nel racconto di Sendo e parecchi interrogativi. C’erano molte cose che
lo convincevano poco nel racconto di Sendo. Chi aveva costruito la bomba?
Chi aveva organizzato tutto tre ore prima dell’arrivo dell’aereo? Perché il
Falco era stato così imprudente? Chi aveva il detonatore? Decise di non
chiedere altro per il momento. Avrebbe indagato da solo.
Ripensò ai motivi che lo avevano spinto a
lasciare la speciale e, in quel momento, non ne ricordò nessuno. La radio
trasmetteva vecchi successi americani. Sendo picchiettava allegro le dita
sul volante, mentre Hanamichi si accarezzava i ciuffi rossi con la mano
sinistra. Poi ricordò…
<< Cazzo Sakuragi lasciami qui e vai via! >>
<< Tu sei pazzo Ryo. Io non ti lascio qui, per
nessun motivo. >>
Quel giorno la pioggia scendeva veloce sui
loro corpi, addentrandosi nelle ossa e macchiandosi di rosso. Sakuragi
premeva la stoffa della manica della sua camicia sulla ferita del compagno.
Il sangue usciva copioso. La pallottola aveva attraversato il corpo
dell’uomo andandosi a conficcare nella parete posteriore. L’addome era un
grumo di sangue.
<< Resisti Ryo. >> continuava a ripetere
Sakuragi per darsi forza.
Ryo non poteva sentirlo più, aveva già perso i
sensi, forse sarebbe stato inutile restare lì, ma non lo avrebbe mai
abbandonato neppure da morto. Aveva chiamato i soccorsi molto tempo prima,
ma tardavano ad arrivare.
Sakuragi continuò a stringere il corpo ormai
senza vita del compagno fino all’arrivo dell’ambulanza e del personale
paramedico. I soccorritori lo avevano trovato zuppo d’acqua con il corpo
esanime stretto fra le braccia. Continuava a dire di resistere. I paramedici
avevano faticato per toglierglielo dalle braccia…
<< Cosa c’è Sakuragi? >> chiese Sendo, vedendo
il compagno, solitamente tranquillo, stringere nervosamente le mani fino a
far sbiancare le nocche.
<< Nulla…. Solo un incubo. >>
Akira non disse nulla, ingranò la quinta e
spinse l’acceleratore. Sakuragi allungò una mano e alzò il volume
dell’autoradio.
“Nothing
lasts forever even cold November rain…”
<< Manca poco…
tieni duro…
>>
Sakuragi sentì a malapena la voce di Sendo. Si
accoccolò sul sedile e chiuse gli occhi. Nella sua testa solo le note della
canzone, nella sua mente solo la pioggia dei suoi ricordi.
FINE SECONDA PARTE
Autrice con le lacrime agli occhi: che canzone
meravigliosa! Ehi Ede l’hai mai sentita? E’ dei Gun’s and Roses?
Ru chiuso in un insuperabile silenzio: no
comment!
Autrice: ma Ede che hai?
Ru:……….
Autrice: ?__?
Hana: è arrabbiato con te?
Autrice stile finta innocente: io? Che ho
fatto?
Ru rompe il silenzio stampa: che hai fatto?
Sarebbe meglio dire che non hai fatto! Perché non appaio nella seconda parte
della storia? Eh?
Autrice: ma Ede che colpa ne ho? Io… io…
volevo farti entrare in scena ma poi gli eventi hanno preso una piega
inaspettata…
Ru: e tu hai preferito quel polpettone di
ricordi a ME?
Autrice con le dita incrociate dietro la
schiena: Ede ti prometto che entrerai nella terza parte.
Ru e Hana sospettosi: davvero?
Autrice modalità faccia tosta: ma certo! Ho
mai non mantenuto una promessa?
Ru ci pensa su: da dove devo iniziare?
Hana: non eri tu che dicevi “le promesse sono
fatte per non essere mantenute?”
Autrice: ehmm… ^^;;;;. che posso dire? Non c’è
due senza tre!
Ru e Hana: che faccia tosta.
Autrice: Ede non ti preoccupare, al massimo al
quarto capitolo entri in scena.
Ru: quarto?
Autrice: ^____^ silenzio stampa!
Declaimers: i
personaggi non sono miei ma di Inoue sensei. Quella piccola frase che ho
scritto appartiene alla canzone “Novembre Rain” dei Guns.
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