La mia prima fic HanaRu, per l’HanaRu day… e se qualcuno come la mia beta non mi avesse spronato a scrivere sarei ancora lì a pensare a Zoro e Saga… Invece ora i miei orizzonti si allargano! Così oltre le 13 solite incomplete che ho già aggiungerò nuove incomplete di questa serie, esultate! XD Tuttavia se ho la mia beta nulla è impossibile, così mi impegnerò, e finirò quelle che ho cominciato questa settimana, in modo da mandarle a questo splendido sito, anche se non so con la gioia di chi. Ma la mia vita è ancora lunga, sopportatemi o abbattetemi! Yeah!
Una giornata noiosa
di Bads
La campanella svegliò Hanamichi dal suo sonno intellettivo, ultima sua risorsa per sfuggire alla voce squillante del professore e alle nozioni incomprensibili di matematica. Prima di alzarsi e uscire dall’aula aspettò che l’uomo se ne andasse, onde evitare anche per quel giorno ogni tipo di punizione. Quando fu uscito, il rosso si alzò stiracchiandosi, poi si guardò intorno. Il banco di Mito era vuoto, e la vita in quella scuola senza di lui era ancora più noiosa. Se c’era una cosa che poteva ancora peggiorare la sua giornata era l’assenza degli allenamenti del club, che l’avrebbero perlomeno svegliato. Cominciava a sentirsi come una strana volpe in letargo. Fu con questo spirito che il ragazzo uscì dall’aula, per dirigersi sulla terrazza, a consumare mestamente il suo pranzo. Quando aprì la porta della terrazza subito il suo sguardo si volse a Kaede Rukawa, seduto davanti alla ringhiera, intento anche lui a mangiare. Sembrava fosse appena arrivato, dato che stava ancora solo aprendo il suo sacco, ma si era fermato subito nel vedere il rosso. Senza pensare a nulla di concreto, Hanamichi fece un passo avanti e chiuse la porta, guardando il volpino con aria triste. Quasi si aspettava di vederlo lì, quindi non proruppe in una delle sue solite considerazioni da genio, ma rimase in silenzio. “Che vuoi, dohao?” disse Rukawa, tornando ad occuparsi del pranzo, sicuro che o le sue azioni o le sue parole avrebbero fatto arrabbiare Sakuragi. Ma così non avvenne, e dopo qualche minuto di intenso silenzio, Rukawa fu costretto a voltare di nuovo lo sguardo, cercando di capire perché Sakuragi non aveva già cominciato ad insultarlo. “Beh? Cos’hai?” chiese guardandolo ancora, notando quell’espressione mesta. Non sapeva neanche perché se ne interessava, ma in effetti era troppo strano per essere vero, si aspettava ancora che Sakuragi gli saltasse addosso da un momento all’altro. Il rosso però sospirò, e disse: “Kitsune… mi annoio!” A Rukawa quasi si staccò la mandibola dallo stupore. Non solo per Sakuragi che gli rivolgeva la parola, non solo per l’aria tormentata che aveva, ma quel discorso era troppo strano per venire dal rosso, e per lui soprattutto. “E io cosa dovrei farci?” chiese più tranquillo di quanto non volesse. In effetti era troppo confuso e curioso per fare anche l’arrabbiato. “Non so” disse Sakuragi, sospirando e abbassando ancora la testa, nel chiaro intento di pensarci in quel momento. “Vuoi fare a botte?” Il tono in cui lo disse lasciò Rukawa nella più grande delle confusioni. Il suo tono era sempre piatto, mesto, atono. Anzi, forse sembrava una preghiera, e riusciva a staccare la mandibola di Rukawa di nuovo. Il suo sguardo era così supplichevole che, se non fosse stato per quella zazzera rossa, avrebbe creduto di non trovarsi davanti al vero, spaccone, grandioso Hanamichi Sakuragi. La sua attesa lo sconvolse, perché doveva anche rispondergli. “Dici sul serio?” riuscì solo a dire. Hanamichi sbuffò. “Si, sul serio. Mi annoio, oggi non c’è Mito e neanche gli allenamenti. Ho avuto due ore di matematica e una di inglese… mi sto annoiando e voglio svegliarmi un po’, vuoi fare botte con me?” Quel tono era veramente strano per una richiesta di quel tipo. Ma a ben pensarci, Rukawa dovette ammettere che tutta quella frase era un po’ strana. Tuttavia si alzò, e posò il pranzo. Si sbottonò la giacca e la lanciò via. Dopo qualche minuto
“Sei davvero scorretto!” “Era un colpo più che lecito” “Sotto la cintola ti sembra lecito?” “Mettiti gli occhiali dohao, era sullo stomaco” “Occhiali? L’ho sentito tutto quel pugno!” “Comunque ho vinto io” E quando mai il contrario?, si limitò a pensare il rosso, cercando di riprendere fiato, sdraiato sul pavimento della terrazza con la kitsune a cavalcioni su di lui, che respirava a fatica. Il conto finale per il dohao era stato di parecchi lividi e sbucciature sulle braccia, un labbro rotto e un occhio gonfio. Per la kitsune di un brutto livido sullo zigomo, un braccio dolorante e lo stomaco in subbuglio. “Se non fosse stato per quel colpo basso Kitsune, avrei vinto io” “Basta esserne convinti dohao” Hanamichi sbuffò e cercò di rilassare i muscoli, ma di nuovo la voce di Kaede. “Ti è passata la noia?” Il rosso aprì gli occhi e si ritrovò il muso della kitsune a poca distanza dal suo volto, le sue zampe ai lati della sua testa. “Sembra di si” disse Hanamichi in un sussurro. “Bene” disse Rukawa a voce un po’ più alta: “Posso mangiare allora?” Hanamichi si riscosse e si alzò appena, mettendosi seduto, senza che Kaede si spostasse. “Non lo so, in effetti la noia sta tornando…” “Vuoi picchiarmi di nuovo?” chiese Kaede dubbioso. “No, in effetti no, volevo fare un’altra cosa, ma non so se possiamo” disse semplicemente Hanamichi, avvicinandosi al volto dell’altro. “Secondo te possiamo, kitsune?” Kaede deglutì, non sapendo cosa dire. “Non so neanche di cosa stai parlando, dohao” Ma forse un sentore quasi ce l’aveva. Infatti quando Hanamichi gli si avvicinò chiudendo gli occhi non fu sorpreso. Stupito, confuso, ma non sorpreso, quasi se lo aspettava. E quando sentì le labbra dell’altro sfiorarlo, pensò che era da tanto che lo stava aspettando. Hanamichi si ritrasse quasi subito, rosso in volto e con un’espressione colpevole sul viso. “Che dici, kitsune?” chiese prima di continuare, quasi per paura di ricevere un altro pugno nelle parti basse. “Che adesso devo mangiare” Hanamichi non sapeva se essere rassicurato per una reazione tanto pacata, o deluso per lo stesso motivo. “Ma che potremmo riparlarne oggi pomeriggio, a casa mia” Hanamichi lo guardò a lungo, poi sorrise e lo guardò allontanarsi per andare a mangiare, prendendo a sua volta il pranzo.
Quel pomeriggio Hanamichi uscì di casa due ore prima dell’appuntamento con la kitsune. Gli aveva lasciato l’orario nell’armadietto, insieme all’indirizzo. Si era chiesto più volte se ci dovesse davvero andare, si era chiesto anche il motivo di quello slancio passionale di Rukawa, e se fosse veramente ammattito. Non aveva trovato risposta a nessuna di queste domande, perciò dopo poco ci aveva rinunciato e aveva smesso di pensare. Anche Kaede non ci aveva pensato più del dovuto, un po’ per lo stesso motivo del dohao, un po’ perché ogni lavoro intellettivo toglieva tempo al suo sonnellino pomeridiano. Se poi pensava che il dohao venendo da lui avrebbe bruciato il resto del suo pisolino, era meglio non perdere tempo in chiacchiere e riposarsi. Non era riuscito a dormire neanche due ore che sentì uno scampanellio alla porta. Bestemmiando in ogni lingua muta, strascinò i piedi fino all’ingresso, deciso ad uccidere chiunque lo disturbasse a quell’ora. “Dohao?!” “Ciao Ru…” Kaede lo guardava con gi occhi fuori dalle orbite, e Hanamichi non lo interpretò come un buon segno, e arrossì. Guardarono entrambi l’orologio e Kaede disse: “Ti avevo scritto di venire tra un’ora e mezza, dohao” “Avevo paura di fare tardi…” disse solo il rosso, che di rosso non aveva solo i capelli. Kaede sospirò e cercò di sbattere la testa contro la porta, fermandosi giusto in tempo. “Entra imbranato” Hanamichi neanche ribattè, considerando che ‘imbranato’ era il minimo sindacale che si aspettava dalla volpe, così annuì ed entrò. Non proruppe in complimenti per il ragazzo né per la casa, anche se forse ci voleva provare. Ma improvvisamente sentiva lo stomaco al posto della gola. Eppure la corsa fino a lì non era stata così stressante. “Siediti in salotto, arrivo subito” disse Kaede, indicandogli il salone alla sua sinistra, mentre lui si avviava a destra. Hanamichi doveva ammettere che non aveva mai sentito così tanto la voce del ragazzo. Senza sapere cosa fare andò a sedersi sul divano, stando bene attento a non mettersi comodo. Quando rientrò Kaede quasi saltò in piedi dall’imbarazzo, ma si trattenne, e a stento. Posò un vassoio con due tazze di tè fumanti e dei biscotti su un tavolino di fronte al divano, poi guardò il dohao. “Puoi togliertelo il cappotto, immagino che rimarrai qui un po’” “Oh” disse solo Hanamichi, prima di alzarsi e sbottonarsi la giacca. Kaede ebbe quasi l’impulso di andargli vicino ed aiutarlo, ma forse, pensò, sarebbe stato troppo. Così si limitò ad aspettare che si svestisse, prendere la giacca e portarla in cucina, per poi tornare e accendere la tv, non gli piacevano i silenzi imbarazzanti. Si sedette vicino al dohao, ma a distanza di sicurezza, e prese a sorseggiare la sua tazza di tè. Guardando una partita di basket vecchia di mesi, Kaede potè concentrarsi sull’essere umano di fianco a lui, e notò che era molto a disagio. Si agitava di continuo, non teneva una posizione per dieci secondi di fila e stava cominciando a innervosirlo. Così gli si avvicinò, portò un braccio del rossino a circondargli la vita, e si stravaccò su di lui, poggiando la testa sulla sua spalla. Lo sentì deglutire parecchie volte prima di decidersi a rimanere immobile. Kaede sorrise e lo guardò, lasciandogli solo un bacio su una guancia. Non vide la reazione del rosso, anche se osò solo immaginarla. Trascorsero altri minuti perfettamente immobili, quando Hanamichi finalmente prese coraggio, e cominciò a massaggiare con i polpastrelli quel sottile lembo di pelle che riusciva a toccare. Non sentendo lamentele continuò, lasciando anche un paio di volte qualche bacio leggero tra i capelli d Kaede. Toccare quel poco di pelle gli mandava brividi ovunque, gli piaceva molto, ma non capiva se anche a Kaede piaceva. Per non scoraggiarsi non ci pensò, ma anzi, vedendo a portata di mano l’orecchio della volpe, pensò bene di aumentare le carezze. Così tirò fuori la lingua e accarezzò quell’orecchio, intensificando le carezze dei polpastrelli sul suo fianco. Lentamente vide il volto di Kaede girarsi verso di lui e sorridergli, e circondando con le braccia il suo collo lo baciò. Hanamichi sorrise a sua volta, e con entrambe le mani prese i fianchi dell’altro, chiudendo gli occhi. Sentì poco dopo quelle stesse braccia dietro il suo collo tirarlo verso il basso, e seguì la kitsune sdraiandosi sopra di lei, accomodandosi tra le sue gambe. “Mmm…” Kaede si staccò di poco e disse: “Ti piace baciarmi, dohao?” Hanamichi si leccò le labbra, lo guardò a lungo, arrossendo, alla fine annuì convinto. “Bene” sussurrò allora Kaede, tuffandosi di nuovo sulle sue labbra. Sorridendo il rosso accettò volentieri la lingua di Kaede nella sua bocca, poi però si staccò. “E a te… kitsune… piace?” chiese dubbioso. Il moro sorrise. “Si, altrimenti non lo farei” Soddisfatto dalla risposta sorrise, e lo baciò di nuovo. Ma durò poco, perché, corroso dai dubbi, Hanamichi si staccò di nuovo. “Anche io… non lo farei con nessun altro…” “Dohao, ho capito, adesso taci!” E per rendere tutto ancora più convincente lo baciò di nuovo. E a lungo non parlarono più. Si baciarono solo, e per molto. Fino a che Kaede, sentendo il corpo dell’altro muoversi sopra di sé, non lanciò un gridolino estasiato, mandando indietro la testa. Prese a vagare meglio sul corpo del ragazzo sopra di sé, infilando le mani diafane sotto gli indumenti, cercando di attenuare quel desiderio, ma finiva solo per peggiorare le cose, e aumentarlo in maniera smisurata. Sakuragi invece rimaneva lì immobile, guardandolo quasi atterrito. “Sakuragi…” disse Kaede: “Toccami… subito!” “I-io… non…” cominciò a balbettare tutto rosso, con gli occhi spalancati. “Io… io… sono…” Kaede avrebbe tanto voluto sentire cos’era, ma certo non lo stava aiutando a parlare, lambendogli un orecchio e sfiorandogli il petto. Era spaventato, atterrito, stupito, incredulo? O forse indeciso, pentito, affranto, ravveduto? “… è duro… Kaede…” Kaede si fermò e lo guardò. Non sapeva se doveva ridere o arrabbiarsi. Optò per la seconda, anche perché non sarebbe stato cortese ridere del dohao. “E sei anche sorpreso?” disse allontanandosi un po’. “No!” urlò subito. Kaede lo guardò malissimo. “Si cioè… ma nel senso buono!” “E ci sarebbe anche un senso cattivo?” “No… è che, sono contento” “Meno male…” “Cerca di capirmi!” sbottò allora il rosso, cominciando a riacquistare un po’ di antica arroganza. “Non volevo dire che non mi piaci, anzi mi piaci tanto… sono sorpreso che io ti piaccia…” “Oh…” sussurrò solo Kaede, per la prima volta sentendosi un po’ in colpa nei confronti del rosso, avendo frainteso tutto. Intanto Hanamichi cercava di non guardarlo, torturandosi il bordo della maglietta, finchè non sentì le labbra dell’altro sul suo naso, e sugli zigomi, sulla fronte, sugli occhi. “Si, mi piaci tanto, anche se sei un dohao che si stupisce con poco” “Mh…” mormorò Hanamichi, senza parole. “Allora… adesso mi vuoi toccare?” disse Kaede con un sorriso poco convincente. Poi abbracciandolo aggiunse: “Non è migliorata la condizione lì sotto” Hanamichi sorrise: “Neanche per me…” E Kaede lo tirò di nuovo giù con sé, tornando ad esplorare. Ma l’altro era ancora titubante. “Ti prego toccami…” pregò Kaede, alzando il bacino contro l’altro, che avvampò boccheggiando. “Io… non so cosa fare…” “Comincia a togliermi la maglietta… poi baciami…” “Ancora…?” “No, ovunque ma non sulla bocca” Hanamichi deglutì ma annuì, cercando di convincersi, così aiutò Kaede a togliersi la maglietta, poi lo guardò. “Ce la puoi fare dohao” “Certo che ce la faccio” disse, e si tuffò. Cominciò dal collo, leccando e succhiando la pelle, sentendo le unghie dell’altro artigliare la sua maglietta, per cercare di strapparla. Così Hanamichi se la sfilò, poi torno al petto della kitsune. Era sicuro che i suoi baci piacevano al ragazzo, che gemeva e si contorceva sotto il suo corpo, strusciando e facendo aderire i loro bacini. Ma Kaede si sentiva comunque nudo, anche con quella bocca che lambiva il suo corpo. Perché le mani del rosso non erano lì intorno a lui, non lo abbracciavano. Erano abbandonate sul divano, molto distanti e poco partecipi. “Dohao, toccami…” Hanamichi alzò lo sguardo, chiedendo tacitamente dove avesse sbagliato. “…con le mani” E di nuovo arrossì, e Kaede cominciò a chiedersi quando avrebbe smesso, anche se non sapeva ancora se gli sarebbe piaciuto o no. “Dove…?” “Dove vuoi…” “Ma non so… se posso…” Kaede sbuffò. Quel dohao sembrava geneticamente programmato per parlare sempre a momento sbagliato. “Non c’è nessun posto, e ripeto nessuno… dove tu non puoi posare le mani…” disse serissimo. E Kaede vide per la prima volta un sorriso molto timido sul suo volto, prima che quel sorriso calasse sul suo in un bacio tenerissimo. Subito dopo Kaede sentì le mani del dohao farsi strada fra il suo corpo e il divano, per raggiungere il suo fondoschiena e stringerlo tra le dita. Kaede gemette nel bacio e si staccò ansimante. “Vai subito al sodo dohao…” “In effetti è la cosa più soda del tuo corpo” E per la prima volta dopo tanto tempo, Kaede rise, e Hanamichi con lui. Si baciarono ancora. Poi di nuovo Hanamichi: “Ancora una cosa” “Dohao!” “Giuro che è l’ultima! Però non voglio più che mi chiami dohao…” Kaede rimase in silenzio un po’. “Ah…” fu l’unica cosa che riuscì a dire. Perché infondo gli piaceva chiamarlo dohao. “Cioè, non in questi momenti… lo puoi fare agli allenamenti e a scuola… ma non voglio che dici ‘oh dohao!” Kaede lo guardava stranito, ma quel discorso era giusto in realtà. “Preferisco Hanamichi… se non vuoi anche Sakuragi” concluse con sguardo basso. Kaede sorrise: “Va bene Hanamichi…” Il rosso sorrise di nuovo. “Però adesso, Hanamichi, dato che mi hai fatto perdere tempo… sei costretto a togliermi i pantaloni” Stranamente non arrossì, ma anzi, si spostò e cominciò a sbottonarglieli, con sommo stupore da parte del moretto. “Meno male che l’hai detto tu! Stavo per chiedertelo io, ma non avevo il coraggio…” “Cominci seriamente a stupirmi do… Hanamichi” “Anche tu, e non solo perché ti sforzi a non chiamarmi dohao…” disse il rosso cercando di non emozionarsi troppo e di parlare con lo stesso tono di voce, sebbene lo spogliare Kaede gli impedisse di ragionare normalmente: “Non ti ho mai sentito parlare così tanto” Kaede sorrise e sospirò, alzando il bacino per facilitare l’operazione di svestizione. Poi si alzò a sedere e baciò il suo dohao per l’ennesima volta, non riuscendo a trattenersi a lungo. Notò invece del suo dohao che era tornato a sentirsi a disagio, probabilmente nel vederlo solo in mutande. Si agitava, lo baciava a stento e non sapeva di nuovo se abbracciarlo o meno. “Hana…” sussurrò Kaede sulle sue labbra: “Dimmi la verità… ti da fastidio che io sia svestito?” Hanamichi lo guardò ma non riuscì a reggerne lo sguardo, perciò lo abbassò deglutendo. Tuttavia scosse la testa. Kaede sospirò e si allontanò un poco. “Se vuoi mi rivesto, non cambia niente…” “No, non voglio… mi piace…” “Ma?” “Sei così bello…” Kaede sentì le guance aumentare di temperatura, e temete di essere arrossito ad un complimento così sincero. “Mi hai già visto nudo… dohao” “Non così…” Kaede sentì davvero le guance bollenti, ma stavolta sorrise e baciò il suo rosso, sfilandogli la maglietta e massaggiandogli le braccia. “Anche tu sei stupendo” Ma Hanamichi sbuffò. “Non ci credi?” “Non sono bello come te…” “Cosa ci facciamo… i complimenti da fidanzatini?” “E’ la verità testa dura!” Kaede rise e lo abbracciò, sdraiandosi sul divano e trascinandoselo dietro. “In questo momento ho qualcos’altro di davvero duro… a parte la testa… mio bellissimo dohao” Hanamichi cercò di non avvampare, con scarso successo, ma Kaede potè notare come stava cercando di controllare le sue emozioni. “Un appellativo del genere potrei anche sopportarlo” “Meno male… la serata è ancora lunga, e tu hai ancora i pantaloni addosso…” “Ancora per poco…” disse stavolta il rosso, e il più velocemente possibile, aiutato dalla sua kitsune, si tolse le scarpe e i pantaloni. Poi, presi da una passione più prepotente di quella che li aveva divorati fino a quel momento, presero ad esplorare i loro corpi, l’uno perso nell’odore e nella bocca dell’altro. Accarezzandosi e strusciandosi aumentarono a dismisura la loro passione. Non parlarono a lungo. Sentivano solo di guardarsi, fidandosi, più che delle parole, dei loro sospiri. Hanamichi fu il primo a provare ad andare oltre, e osò oltrepassare il confine della biancheria della kitsune, mentre questa lo guardava sentendo il cuore martellare nel petto, cercando di uscire. Il suo sguardo era timoroso, attento e desideroso allo stesso tempo. Rukawa non sapeva cosa aspettarsi, ma in realtà neanche Sakuragi sapeva a cosa andava incontro. Voleva solo provare ad andare oltre, e Kaede non lo fermava. Così deglutì e abbassò la biancheria del ragazzo, sentendo le sue unghie premere contro la sua schiena. Gliela fece scorrere per tutta la lunghezza delle gambe, seguendo la curva dei glutei, delle cosce, la conca delle ginocchia, i polpacci e i talloni. Poi le tolse e le posò sul pavimento sotto il divano. Non abbandonò gli occhi di Kaede per un istante. Solo alla fine fece scorrere il suo sguardo leggero sul corpo del ragazzo. Gli occhi blu, il naso, le labbra gonfie, il mento, il collo pieno di segni rossi. Il petto, gli addominali, l’ombelico. Poi sorrise e si abbassò. “Ah!” gemette Kaede inarcando lievemente la schiena. Ma Hanamichi si morse un attimo le labbra, alzando un poco la testa. Poi alzò lo sguardo su Kaede, che lo guardava supplichevole. “Se non vuoi io…” Ma Kaede scosse velocemente la testa, troppo sconvolto per pensare ad una frase d’effetto. Era tutto troppo inteso per riuscire anche a parlare. Ansimava stupito, con il corpo poggiato sui gomiti, per vedere bene le azioni del ragazzo. Ma l’indecisione dell’altro era palpabile e rischiava di fare impazzire Kaede a breve. Così si sdraiò completamente, alzando il bacino, poi alzò un braccio e andò ad accarezzare una guancia di Hanamichi, cercando di fargli capire che voleva che continuasse. Probabilmente l’aveva rincuorato a sufficienza, e forse quella mano dietro la nuca del rosso lo aiutava a rassicurarsi e a convincersi, perché Kaede cominciò a gemere con più convinzione, strusciandosi contro il divano e muovendo il bacino ritmicamente. Prima che riuscisse a dire un’altra parola di senso compiuto però, Hanamichi si sollevò il volto, vincendo la forza della mano di Kaede dietro la sua nuca e le sue proteste appena ansimate. “No…no… Torna giù…” Hanamichi rise e andò a baciarlo, facendo risalire la mano destra dal suo sesso fino a quello del compagno. “Ah… Hanamichi…” gemette Kaede. Il rosso però smise subito, cosa che gli procurò molti epiteti, uno più brutto dell’altro, da parte del moretto. Incurante di tutto ciò però, Hanamichi prese una mano di Kaede, depositando sul dorso tanti piccoli baci, poi la fece scorrere tra i loro corpi, per depositarla sul suo corpo caldo. Quando Kaede capì le intenzioni del rosso spalancò gli occhi abbassando lo sguardo. Si sentì tremendamente in colpa per non aver pensato minimamente all’altro, mentre godeva delle attenzioni che sapeva dargli. “Scusa, io…” “Zitto” disse solo Hanamichi sorridendo: “Guarda che sono piuttosto esigente” Kaede corrugò la fronte e rise. “Perché, io no?” “Fino ad un attimo fa pendevi dalle mie labbra, letteralmente” Per quanto Kaede fosse stupito del perenne sviluppo maniaco del suo compagno di squadra, si limitò a dire: “Anche tu lo faresti, se lì sotto ci fossi io…” Questa volta lo vide chiaramente avvampare, allontanarsi un poco e boccheggiare qualche parola sconnessa. Così Kaede lo fece sedere sul divano. “Dai, proviamo…” “No… no Kaede… non…” “Zitto” Disse solo quello, e si inginocchiò sul tappeto di fronte al divano, prendendo a fare le stesse operazioni che aveva compiuto il dohao. Le azioni erano le stesse, anche Hanamichi se ne era accorto, ma era sicuro di non aver guardato neanche una volta gli occhi di Kaede, di non avergli bloccato le mani e di aver mosso la testa molto più velocemente. Quello che stava facendo il moro invece era una tortura! “Kae… muovi… muovi…” Kaede si sforzò di non ridere e alzò la testa. “Cosa?” “Lo sai benissimo…” “Sei strano… prima avevi tanta voglia di parlare…” “Tu invece… n-on dovresti averne… non adesso” Stavolta invece rise. Kaede rise e si alzò, andandosi a sedere sulle gambe dell’altro. Hanamichi lo guardò furtivo, scegliendo di non fidarsi, anche se la vicinanza dell’altro lo mandava completamente fuori di testa. “Allora direi di smettere di giocare e di impegnarci dohao…” rise Kaede. “Ti farò smettere di parlare kitsune” rispose prontamente Hanamichi. E un attimo dopo erano di nuovo uno sull’altro, baciandosi e toccandosi ovunque. Ormai le carezze sottili e i lievi accenni di tenerezze erano andati a farsi benedire, e i due si stringevano a vicenda come se dovesse essere l’ultima volta. Hanamichi fu il primo a non averne più abbastanza, infondo era il più impulsivo dei due, e l’unico che pensava di non voler passare ancora tutto il suo pomeriggio in quello stato di piacere insoddisfatto, ma Kaede era sicuro che sarebbe riuscito a farsene una ragione. Per quanto avrebbe voluto esplorare tutto il corpo dell’altro, fare ogni cosa con calma, aumentare il suo piacere con lentezza, con dolci carezze e con tenui baci, doveva ammettere che la soluzione del dohao era più simpatica e piacevole. Anche perché significava sentirsi irradiare il corpo con un calore mai conosciuto, sentirsi divorare le labbra e percepire le sue mani ovunque, soprattutto sulle sue cosce e sul suo sesso. Quando sentì la mano destra del dohao andare a toccarlo, pensò infondo di dovergli lo stesso trattamento, e prese a fare come faceva lui. In poco tempo smisero di baciarsi, allontanandosi quanto necessario per respirare e guardarsi negli occhi. Entrambe cose che sentivano di dover fare per sopravvivere. I loro gemiti riempirono la stanza, i loro movimenti erano goffi e sconnessi, i loro corpi infuocati. E quando finalmente riuscirono a sciogliersi entrambi, urlarono. E Hanamichi cozzò contro Kaede, battendo lo sterno contro una sua spalla ossuta. Kaede sentì il tonfo, e sentì il fastidio della sua spalla, ma la reazione del suo corpo non arrivò. Era stanco, spossato e soddisfatto. Non poteva lamentarsi di un dolore alla spalla. Il primo a parlare fu Hanamichi, ovviamente. Ma il primo a muoversi fu Kaede. “Dove vai?!” chiese allarmato il dohao, vedendo che la kitsune lo spostava dal suo corpo per mettersi seduto sul divano. “Non sei leggero dohao… non mi sentivo più le braccia…” Hanamichi rise. Passarono altri minuti senza dire niente, ma Hanamichi non riusciva a stare tranquillo. L’assenza di Kaede sotto di sé lo metteva a disagio, sembrava di averlo troppo lontano, quando in realtà era seduto proprio vicino al suo corpo steso sul divano. Vedendolo lì seduto con lo sguardo perso si preoccupò e si tirò a sedere di fianco a lui. Si guardarono senza dire nulla, e Hanamichi sorrise. “Ti è piaciuto?” Anche Kaede sorrise. “Direi di si” Con il cuore più leggero Hanamichi sospirò, felice. “In effetti devo ammettere che è stata un’attività piacevole, soprattutto rispetto allo studio” disse Kaede, guardando verso l’altro. E Hanamichi sorrise, guardando il soffito. “Direi di si, mi è passata la noia”
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