NOTE: I miei angioletti entrano nel vivo delle loro avventure^^ Questo è il mio capitolo preferito(1^ e 2^ parte) Spero piaccia pure a vuoi!



 


Una casa nel cuore

Parte IV

di Nuel


 

I GIORNI DELLA PIOGGIA SUL CUORE



 

PARTE SECONDA






 

Quando Akragas fosse ritornato, la notte seguente, fradicio ed infreddolito, e di umore nero, lo avrebbe avvolto in un panno caldo e tenuto stretto fino a farlo riscaldare, e gli avrebbe fatto tornare il buon umore a costo di fargli il solletico! Come quella notte di sei mesi prima, quando erano ritornati alla loro vita quotidiana e, nonostante i buoni propositi, aveva assaltato la sua bocca appena ritornati nel’ intimità della loro tenda. Ormai i suoi genitori non c’ erano più, era inutile rimuginarci. La casa era andata a Lunia, anche se lei aveva detto che l’ avrebbe solo custodita in attesa del suo ritorno, e i due gioielli che i suoi genitori gli avevano dato per quando avesse voluto sposarsi erano rinchiusi in una cassa, non avrebbe mai potuto usarli, anche se, in un certo senso, c’ era già un legame indissolubile che lo legava ad Akragas.

 

Avrebbe voluto che smettesse di piovere, anche se Akragas viveva sulla superficie da molti anni, i temporali avevano comunque il potere di innervosirlo. Sarebbe stato molto meglio se fosse rimasto con lui, a sonnecchiare all’ asciutto ed a chiacchierare. In fin dei conti non avevano bisogno di altro denaro, ne avevano a sufficienza per vivere per molto mesi, ma quando erano andati alla locanda, come facevano ogni quindici giorni, per verificare se ci fossero degli incarichi per Akragas, avevano trovato quell’ uomo.

 

Un dignitario di una città vicina, troppo vicina per i gusti di Akragas perché degli elfi scuri ci girovagassero liberamente, così aveva deciso di accettare: non doveva essere un compito troppo difficile: una delegazione di quattro elfi scuri che cercava nuovi spazi commerciali per conto della loro Matrona. Lui avrebbe solo dovuto prenderli di sorpresa ed ucciderli. Nulla di difficile, in fin dei conti quello era il suo lavoro.

 

Keira attese per tutto il tempo con un fastidioso senso d’ ansia che aumentava mano a mano che si avvicinava il momento del ritorno di Akragas.

 

Poche ore dopo il tramonto sentì gli zoccoli del suo cavallo avvicinarsi al galoppo, "Troppo presto" pensò correndo all’ ingresso della tenda, mentre un tuono copriva il nitrito del cavallo.

 

Akragas quasi lo investì, correndo dentro la tenda portando in braccio il corpo di un giovane elfo scuro ferito.

 

Keira assistette alla scena senza riuscire a dire nulla: Akragas lo aveva totalmente ignorato, lui ed il ragazzo grondavano pioggia, completamente zuppi ed Akragas distendeva il ragazzo sul proprio letto, aveva gli occhi sbarrati, come in preda alla follia e mormorava nel suo dialetto frasi come "Svegliati", "Non morire, ti prego", mentre cercava di rianimarlo e, sul suo viso, alla pioggia, si mescolavano le lacrime.

 

Riscuotendosi Keira si fece avanti, gli mise l’ asciugamano caldo che teneva in mano in testa e ne prese un altro per asciugare il ragazzo.

 

Akragas si fece da parte, lasciandolo lavorare. Keira aveva imparato come medicare le ferite da Mamma, la vecchia prostituta del bordello di Akragas, procedette quindi a togliergli la giacca, strappata in prossimità della ferita da spada che gli attraversava un fianco. Tamponò il sangue che usciva, lo disinfettò e bendò, sperando che non servissero punti di sutura che avrebbero lasciato una cicatrice evidente, mentre la pelle sarebbe rimasta intatta se le sue capacità di rigenerazione avessero chiuso la ferita abbastanza in fretta. Lo coprì con la coperta e cercò di fargli bere qualche goccia di un estratto d’ erbe contro la febbre.

 

A quel punto si soffermò a guardarlo: doveva avere più o meno la sua età, i capelli candidi erano legati in una treccia ormai spettinata che gli ricadeva sulla sinistra del viso, spostandogli qualche capello dalla fronte accarezzò istintivamente quel viso che somigliava impressionantemente a quello di Akragas e le sue dita toccarono qualcosa di anomalo. Spostò la treccia e gli girò il viso. Rimase senza fiato: l’orecchio sinistro non c’ era. Era stato strappato lacerando malamente la carne della testa e la ferita era stata cauterizzata col fuoco, lasciando una cicatrice irregolare intorno alla cavità dell’ orecchio.

 

Keira guardò di scatto Akragas, che stava in piedi dietro di lui, gli occhi puntati sul ragazzo, sulla sua ferita. La vedeva anche lui per la prima volta.

 

-Chi é?- Riuscì a chiedergli dopo qualche istante.

 

Akragas si sedette sul bordo del letto, accarezzando dolcemente il viso sofferente e ricominciando a piangere in silenzio. Passarono minuti interminabili prima che, senza guardarlo, gli dicesse: -E’ mio figlio.-

 

Un macigno prese il posto del cuore nel petto di Keira.La testa aveva preso a vorticargli.

 

-Tuo figlio?- Gli chiese per essere sicuro di aver capito.

 

Akragas annuì.

 

-Non mi avevi mai detto di avere un figlio.- Sentì una calma strana, che non sapeva di possedere.

 

-L’ avevo dimenticato.-

 

Keira strabuzzò gli occhi mentre la calma spariva in un lampo.

 

-Dimenticato? Come si può dimenticare un figlio?!- Gridò non riuscendo a trattenersi oltre.

 

Akragas si alzò ed astrasse da sotto il letto una cassetta in cui custodiva i documenti importanti. Aprì un doppiofondo di cui Keira era all’oscuro e ne estrasse un anello. Prese la mano sinistra del ragazzo e mostrò a Keira che portava lo stesso anello con una pietra dura intagliata a rappresentare un serpente nell’ atto di mordere il sole.

 

-Ne esistono solo cinque: quello di mia madre, questi due, e quelli dei miei fratelli.-

 

Il tono dimesso di Akragas fece scemare la sua rabbia.

 

-Non vedo Nish da quando naque.-

 

-Ma allora come fai a sapere che è proprio lui?-

 

Akragas lo guardò: non c’ era bisogno di chiederlo: era come se si guardasse allo specchio.

 

-Vuoi dirmi cosa è successo?-

 

Akragas strinse al petto l’ anello, sedendosi nuovamente accanto a Nish e guardandolo angosciato.

 

-Erano tutti uomini di Rautha, avevano il suo stemma, mi era sembrato strano che non avessero uno scorta, ma ho pensato solo al mio incarico. Se Nish non svesse alzato il braccio per difendersi quando l’ ho colpito, se non avessi visto l’ anello....- Singhiozzava. Keira non lo aveva mai visto piangere ed ora era piegato sul corpo del figlio, sopraffatto da sentimenti che poteva solo immaginare.

 

-Per stanotte non si sveglierà, vai a riposarti, resto io con lui.- Gli disse mestamente, non sapendo cosa fare.

 

Akragas lo guardò e dopo un attimo protese una mano per cercare il conforto del contatto col suo viso, ma Keira si girò di scatto. Si odiava per averlo fatto, ma stava talmente male, improvvisamente sentiva di non sapere chi fosse l’ uomo che amava.

 

Akragas abbassò il braccio e mormorò che aveva ragione. Si alzò lentamente e sparì dietro la tenda.

 

Keira non riuscì a togliersi dagli occhi l’ immagine delle lacrime che scendevano sul viso di Akragas, la sua forza, la sua determinazione, scemavano in quell’ immagine così tremendamente umana.

 

Guardò il ragazzo addormentato, ora il suo respiro era un po’ più regolare: i farmaci cominciavano a fare effetto. Cercò di calcolare la sua età, doveva essere di poco più giovane di lui. Il taglio degli occhi, le sopracciglia forti e la linea delle labbra erano gli stessi di Akragas, gli zigomi erano meno alti ed il naso curvava un po’ all’ insù, decisamente meno severo di quello dritto di Akragas. Chissà chi era sua madre? Provò un incredibile morso di gelosia al pensiero che al mondo esistesse una donna che aveva con Akragas l’ indissolubile legame che è un figlio. Memorizzò il nome che Akragas aveva fatto poco prima, dovevano parlare di molte cose.

 

Cercò di concentrarsi su qualcos’ altro, la testa gli girava ancora, come doveva considerare quel ragazzo? Una specie di figlio? Ricacciò immediatamente l’ idea assurda: erano quasi coetanei.

 

Akragas non chiuse occhio, continuava a rivedere l’ istante in cui aveva ferito quel giovane elfo scuro ed aveva visto l’ anello che lo identificava come un figlio di Samara. Samara... perché il figlio di Samara portava le insegne di Rautha? I volti del passato lo tormentarono facendolo rovinare nel pianto silenzioso che negli ultimi anni aveva dimenticato. Con Keira aveva creduto di aver dato un taglio netto al suo passato, ed ora il passato era giunto a far riaffiorare i giorni di cui non parlava nemmeno con Booth, con cui li aveva condivisi. Quel che era peggio era che il passato tornava con le sembianze di Nish, quante volte aveva voluto credere che fosse morto? Che non avrebbe pagato per le sue colpe.

 

Fino a convincersene.

 

Invece adesso era lì, con quella ferita che poteva essergli stata causata solo da Rautha... per colpa sua. Perché lo odiava.

 

Prima dell’ alba non poté più sopportare il delirio dei suoi incubi vigili, si alzò ed andò a cercare il conforto di Keira.

 

Keira lo vide comparire come uno spettro, il volto rigato da linee di sofferenza che non aveva mai visto prima. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma la voce non voleva uscire dalla gola, era ancora troppo ferito.

 

-Come sta?- Gli chiese Akragas inginocchiandosi davanti a lui e prendendogli la mani tra le proprie guardando il figlio.

 

-Meglio.- Fu la sua risposta secca. La voce gli uscì dura, quasi faticò a riconoscerla.

 

-E tu?- Ora guardava lui.

 

Keira fece spallucce, sentendo gli occhi bruciare, e respirando a fondo per riprendersi.

 

Le mani di Akragas erano fredde. Gli sentì appoggiare un bacio sulle mani. Un muro di silenzio era sceso su di loro, in qualche modo doveva superarlo, anche se non sapeva dove trovare il coraggio per iniziare a parlare.

 

Passò altro tempo che forse fu solo pochi minuti, ma pesò come anni di solitudine.

 

-Chi è sua madre?- Riuscì infine a chiedere.

 

Le dita di Akragas si mossero a disagio sulle sue.

 

-Fu la mia prima amante.-

 

-L’ amavi?-

 

-No.-

 

Keira voleva qualcosa di più, ma Akragas non parlava. Gli accarezzò il viso dandogli il conforto che i suoi occhi chiedevano disperatamente. La sua pelle era fredda, anche le sue labbra lo erano quando cercarono il palmo della sua mano per baciarlo.

 

-Allora... cosa c’ era tra voi?-

 

-Una volta, quando ero bambino, lei venne a giocare con me... nessun adulto aveva mai giocato con me...- Represse le lacrime.

 

-E’ più grande di te?-

 

Assentì. Ci fu un nuovo silenzio.

 

-E lui?-

 

-Lo vidi una sola volta.- Cominciò a raccontare. -Subito dopo la sua nascita Samara mi cedette a Rautha...- Serrò gli occhi che si erano velati di nuovo. Singhiozzando violentemente lo abbracciò e nascose il viso contro il suo ventre.

 

Akragas piangeva disperatamente. Non era pronto per questo, Akragas era sempre stato un uomo forte, che aveva deciso anche per lui, che lo aveva consolato ed incoraggiato innumerevoli volte in quei due anni, ed ora toccava a lui sostenerlo. Non era sicuro di riuscirci. Non era lui quello forte, tra loro.

 

Gli accarezzò la testa, ammutolito e spaventato, gli lasciò sfogare il dolore che aveva represso per chissà quanto tempo. Non sapeva nulla del suo passato, Mamma e Booth gli avevano detto più volte che doveva essere lui a parlargliene, ma lui non lo aveva mai fatto.

 

Akragas si ricompose, si alzò e si sedette sul pavimento, appoggiandosi al letto, le gambe ripiegate contro il petto.

 

-Chi sono Samara e Rautha?- Gli chiese docilmente Keira.

 

Akragas si asciugò il viso con la manica della camicia.

 

-Samara è il nome di sua madre, la matrona del nostro clan. Rautha... è la donna a cui appartengo. La mia padrona.-

 

Keira sentì il sangue defluire dal viso. Akragas lo guardava con un pallido sorriso che sembrava chiedere scusa.

 

-Cosa?- Mormorò appena.

 

-Sua madre ebbe solo figli maschi.- Le lacrime gli incollavano le ciglia lunghe. -Non era riuscita a dare un’ erede al nostro clan. In realtà era ancora giovane, anche se aveva passato molto tempo sui campi di battaglia, ma le sacerdotesse di Loth le dissero che la dea non le avrebbe concesso figlie che portassero avanti il suo nome... era una guerriera, non accettava facilmente la sconfitta...- Sorrise amaramente. -Aveva da poco stretto un’ alleanza con la matrona di un altro clan, che le chiese, per suggellare il patto, di donare alla propria erede il suo campione... io ero il campione del nostro clan... come mio padre prima di me... credo che lei lo amasse, a modo suo, perché ebbe due figli da lui, prima di farlo uccidere... diceva che io gli somigliavo più di mio fratello, volevo bene a mio fratello Kolkas, ma non ricordo molto di nostro padre.-

 

Keira ascoltava, sconcertato, il racconto frammentato, sperando che il dolore che percepiva scemasse, ma più il racconto avanzava e più la sua voce diventava amara.

 

-Samara prese tempo, mi ordinò di generare un erede, ma quando nacque Nish, non poté più aspettare.... mi mandò da Rautha. Sua madre era la matrona del clan da cui il mio sarebbe stato assorbito, alla morte di Samara...-

 

Aveva ricominciato a singhiozzare. Si nascose il viso tra le mani, cercando di riaversi.

 

-Vidi Nish solo quella volta, neanche un’ ora dopo la sua nascita fui allontanato dalla mia casa e consegnato alla madre di Rautha. Rautha.... credo s’ invaghì di me subito e mi chiese a sua madre. Rautha è pazza! E’ completamente pazza! Se le avessi dato una figlia sarebbe stata di diritto la nuova matrona della mia gente.... Si divertiva a farmi combattere nell’ arena... in quello ero decisamente più abile dei suoi campioni... ma non me li faceva finire lì....-

 

Keira lo vide impallidire. Gli appoggiò una mano sulla spalla e percepì il leggero tremore dei muscoli contratti. Il suo sguardo era sbarrato, come se rivivesse chissà quali esperienze.

 

-Cosa succedeva agli uomini che sconfiggevi?-

 

Akragas lo guardò con il volto reso inespressivo da un’ improvvisa perdita di emozioni.

 

-Li faceva portare nella sua camera da letto, lì io li squartavo lentamente, e ci accoppiavamo tra i loro visceri.-

 

Keira rimase pietrificato. Sentì il sapore del sangue in bocca e dovette reprimere un conato di vomito.

 

-A Rautha piaceva il sangue... fiumi di sangue... non resistetti nemmeno un anno nelle sue mani... ero stanco del suo letto, di essere solo un oggetto per il suo piacere. Lei mi fece marchiare a fuoco con il suo stemma... qui, sulla spalla. Mi sbatté in cella, fu lì che conobbi Booth... Mi aveva marchiato come un qualsiasi schiavo! Non potevo accettarlo, Keira! Non potevo!-

 

Keira credette che stesse delirando, ma era lucido.

 

-Booth e io decidemmo di fuggire. Durante la fuga Booth fu ferito alla gamba, dovemmo nasconderci per giorni, la sua ferita si infettò e fece cancrena, per questo dovettero amputargli la gamba. Io mi faci togliere il marchio, ma eravamo in un villaggio di contadini e per pagare le cure di Booth dovetti lavorare, e anche la mia ferita si infettò... per questo mi è rimasta la cicatrice. Dovettero scavare a fondo per togliere il marchio. Io credevo, che in quanto mio figlio, Nish fosse stato... - Non riuscì a terminare la frase.

 

Keira si inginocchiò accanto a lui e lo abbracciò, non sapeva cosa dire. Il mondo di cui aveva parlato Akragas era così lontano dal suo. Non si era mai fermato a pensare che in una società un uomo potesse diventare schiavo o addirittura venire ucciso per aver generato dei figli di un sesso anziché di un altro.

 

Akragas rispose al suo abbraccio e rimasero così a lungo.

 

-Dovevi essere tu ad uccidermi.-

 

Sussultarono.

 

-Nish!- Nish era sveglio. Guardava il soffitto e respirava lentamente.

 

-Rautha voleva che fossi tu ad uccidermi. Diceva che sarebbe stato divertente farti sapere in seguito chi fossi.- Lo guardò. Aveva gli occhi rossi di Akragas. -Ma io ho messo l’ anello perché tu mi riconoscessi... voglio essere io ad ucciderti!- Girò la testa a guardare suo padre. -Era una trappola... è stata lei ad ingaggiarti attraverso quell’ uomo. -continuò Nish -Se tu non avessi offeso Rautha, io non avrei dovuto prendere il tuo posto e sarei rimasto con mia madre... Ti odio!-

 

Akragas era ammutolito. Keira controllò la ferita del ragazzo, era quasi rimarginata.

 

-Ora non sei in grado di uccidere nessuno! Cerca di riposarti.- Gli disse senza sapere dove avesse trovato la prontezza di spirito per intervenire.

 

Akragas uscì dalla tenda e Keira lo seguì.

 

-Ha ragione: se io avessi accettato il mio destino, lui avrebbe vissuto accanto a sua madre, nel nostro clan.-

 

-Non puoi fartene una colpa.- Keira lo abbracciò di nuovo: non poteva immaginare i sentimenti che avevano attraversato l’ animo del suo compagno in quei giorni lontani, ma sentiva per la prima volta di non amare quel popolo rinnegato.

 

-Ero troppo giovane per accettare le mie responsabilità....-

 

-Ringrazio gli dei che lo fossi!-

 

-Sono sempre stato un assassino, Keira! Come puoi amarmi? Come hai fatto a starmi vicino in tutto questo tempo?-

 

"Mentendo a me stesso" si disse. -Fingendo che il tuo lavoro fosse un altro.- Era solo mezza bugia. -E poi, io so come sei.... tu non sei cattivo.... sopravvivi come chiunque altro, facendo quello che sai fare e per cui ti pagano.-

 

Akragas lo abbracciò, il cuore gli martellava nel petto, se solo avesse potuto far si che Nish non lo odiasse!

 

-Ma che bella scenetta! Degno di uno come te farsela con un elfo di superficie!- Nish era uscito, teneva gli occhi socchiusi per il fastidio che gli dava il sole e fissi su di loro. Aveva la struttura fisica di suo padre: alto e muscoloso, con le spalle larghe ed i muscoli scolpiti. Akragas gli andò più vicino.

 

-Ora non sei in grado di batterti, torna a letto!-

 

Nish sputò per terra. -Lo credi tu!- Si lancio contro suo padre, assestandogli un pugno in pieno viso. Akragas non si era difeso, Keira rimase sbalordito in disparte.

 

-Avanti! Difenditi!- Lo esortò il ragazzo.

 

Akragas guardò Keira, alle sue spalle. -Non interferire, Keira.- Si mise in posizione. Nish fu pronto a colpirlo di nuovo, ma Akragas lo precedette, lo colpì violentemente al viso, lo trattenne per i capelli mentre cadeva e gli piazzò una ginocchiata sullo stomaco. Nish rantolò a terra, col viso sull’ erba. Akragas lo fece girare con un piede e lo fissò intensamente. -Devi farne di strada prima di battermi, ragazzino!-

 

Nish scoppiò a ridere. -Forse non sei un rammollito, in fondo!-

 

A quel punto Keira intervenne e lo aiutò ad alzarsi, la ferita aveva ripreso a sanguinare. Non capiva come, ma sentiva che padre e figlio avevano stabilito una sorta di legame.

 

Nish fece il bravo per tutto il giorno, limitandosi ad osservare dal letto i movimenti di Keira ed Akragas che, non abituati ad altre presenze nella loro tenda, non riuscivano a parlare.

 

-Quanti anni hai?- Chiese ad un certo punto Nish a Keira.

 

-Diciannove.- Keira gli sorrise con la sua faccia aperta e sincera -E tu?-

 

-Diciassette. Quasi diciotto.- Silenzio. -Da quanto stai con mio padre?-

 

Keira notò che non chiamava Akragas per nome, c’ era ancora qualche speranza per loro.

 

-Due anni.-Prese una sedia e si sedette accanto al letto. Akragas era uscito.

 

-Com’è che un elfo ha accettato una relazione con un Drow, maschio per giunta?-

 

Keira arrossì, non gli piaceva quella parola, lui non la usava mai. Gli elfi scuri si erano autonominati Drow, ma c’ era una sfumatura di disprezzo nel modo in cui le altre razze usavano questa parola. Glielo avrebbe fatto notare, in seguito.

 

Pensò a quell’ uomo forte e deciso, che si era dimostrato così sicuro nel pretenderlo, al tempo del loro primo incontro, pensò a quell’ oceano di passione da cui si era fatto travolgere e a quegli abissi sconfinati quanto inimmaginabili di dolcezza che vi aveva scoperto... doveva essere arrossito, di sicuro sorrideva, non poteva dire certe cose proprio al figlio di quell’ uomo.

 

-Tuo padre è un uomo straordinario, Nish. E io lo amo per questo, lo amo per il suo carattere, anche se non è sempre facile stargli vicino, lo amo perché è un uomo di parola, che ama il prossimo e...-

 

Nish aveva sbuffato.-Ma ti senti? Parli di un Drow e di amore! Non devi essere molto sveglio! Ti piace farti scopare da lui, ma vedrai che saprò servirti molto meglio di lui quando l’ avrò ammazzato!-

 

Keira era saltato in piedi, indignato. -Non osare ridurre tutto a dello squallido sesso! Tra di noi c’ è molto di più e tu non gli farai mai del male perché ci sarò io ad impedirtelo!-

 

-Ma senti! Davvero ammirevole per uno schiavo difendere così il suo padrone! Ma una buona dose di frustate ti farà ri...-

 

Non poté finire la frase perché Akragas, rientrato, lo colpì al viso con un sonoro ceffone. -Keira non è uno schiavo. E tu farai bene a moderare il tono, moccioso. Per quanto mi riguarda sei solo un prigioniero, e neppure di molto valore dato che Rautha di sicuro non pagherà un riscatto per riaverti, dal momento che era pronta a farti ammazzare solo per giocare con me!- Prese Keira per un braccio e lo trascinò lontano dal letto. Lo abbracciò per dargli modo di calmarsi, e perché anche lui ne aveva bisogno. Dopo un po’ Keira si calmò e ricambiò l’ abbraccio.

 

-Se tu fossi rimasto nella tua terra e ci fossimo incontrati lì, io sarei stato solo uno schiavo per te?-

 

Non poteva sopportare quegli occhi di cielo quando minacciavano la pioggia. Lo accarezzò dolcemente sul viso. -Ti avrei comprato a peso d’ oro e mi avresti fatto impazzire tanto che ti avrei rinchiuso nelle mie stanze e sarei stato il padrone più generoso ed infelice perché sarei stato schiavo del mio schiavo e tu non mi avresti amato a meno di spezzarmi il cuore costringendomi a renderti la libertà e allora io sarei morto, lontano da te.-

 

Keira lo abbracciò di nuovo. -Io morirei, senza di te.- Gli sussurrò, non volendo essere udito da altri se non da lui. Si allontanò e tornò accanto al letto: -Ti propongo un patto: tu rimarrai qui con noi per... diciamo sei mesi, se non imparerai ad amare o anche solo ad apprezzare tuo padre, te lo lascerò uccidere, e verrò con te come tuo schiavo.-

 

Nish era allibito. -Hai tanta fiducia in lui?-

 

Keira annuì.

 

Akragas era commosso e spaventato allo stesso tempo: cosa poteva succedere in sei mesi? Keira tornò da lui. -Mostragli il meglio di te.- Gli disse piano guardandolo adorante negli occhi e tornando ad abbracciarlo.

 

-Sei sicuro di non aver esagerato tu, stavolta?-

 

-Si. Sono sicuro che non farai nemmeno molta fatica!- Era vero: in qualche modo sentiva che quel ragazzo arrabbiato con il mondo, volesse già molto bene a suo padre, doveva solo ammetterlo con se stesso.

 

Nish sapeva che non aveva alcun posto dove tornare: in effetti la sua vita non contava nulla per Rautha e se fosse tornato da lei, sarebbe stato ucciso senza perdite di tempo. Non poteva tornare nemmeno da sua madre: sarebbe stato disonorevole, dopo che lei lo aveva ceduto a Rautha, così per due giorni prese tempo, restando a letto, aspettando che le forze tornassero. Keira si prendeva sempre cura di lui e suo padre, quando pensava che dormisse, gli sedeva accanto per ore, senza dire nulla. Qualche volta li sentiva fare l’ amore, cercando di non fare troppo rumore, altre parlavano così piano da non riuscire a distinguere le parole. Per almeno un mese partecipò distrattamente alla loro vita, aveva imparato le loro abitudini e riusciva a mantenere la sua presenza perennemente al margine della loro vita, senza disturbare, mentre osservava riti quotidiani per lui incomprensibili: le effusioni reciproche, gli scherzi, il preparare il cibo assieme... Keira cercava spesso di coinvolgerlo, ma suo padre si limitava a fissarlo con occhi strani, lo scrutava più o meno come faceva lui. Un giorno, mentre Keira era indaffarato nella tenda, suo padre gli chiese se non avesse voglia di allenarsi un po’ con la spada.

 

-Non hai paura che ne approfitti per ucciderti?-

 

-Se lo facessi verresti meno al patto con Keira e non potresti più averlo.-

 

-Ci tieni tanto a quell’ elfo?-

 

"Quanto tengo a te" avrebbe voluto dirgli, ma si limito ad un -Se vuoi allenarti un po’ piantala di fare domande!-

 

Gli lanciò una spada e lui subito si alzò, pronto ad incrociare le lame.

 

A sentire il rumore delle spade Keira corse subito fuori, allarmato, e si sorprese molto nel vedere Akragas impartire una lezione al ragazzo.

 

-Alza quella guardia! Se fai così sarà uno scherzo batterti!- e ancora -Ma vuoi proprio che ti disarmi di nuovo! Quante volte devo ripetertelo di tenerla meglio!-

 

Nish non se la cavava male, ma Akragas aveva anni di esperienza dalla sua parte che facevano sembrare Nish più goffo di quanto in realtà non fosse.

 

Keira rimase a guardare i loro volti sereni e concentrati, Akragas voleva insegnargli quel che sapeva, voleva essere suo padre, nonostante avesse perso tanti anni della vita di Nish. Continuarono fino a che non fu buio e la fame non si fece sentire. Akragas decretò che era ora di smettere, prese la spada dalla mano del figlio e, sorridendo, gli buttò un braccio dietro al collo, stringendolo affettuosamente mentre si dirigevano verso Keira. Nish era sorpreso da quel gesto e non riusciva ad allontanarsi da lui.

 

-Che ne dici? Se la cava il mio ragazzo?- Chiese a Keira con più orgoglio di quanto riuscisse a mascherare.

 

-Buon sangue non mente!- Rispose Keira, quasi commosso nel vederli così vicini. -Andate a darvi una lavata mentre io preparo la cena.-

 

Akragas consegnò le spade a Keira e trascinò Nish al fiume per togliersi il sudore di dosso.

 

Mentre si spogliavano per entrare nel fiume Nish osservò da vicino suo padre, l’ aveva già visto nudo, aveva spiato lui e Keira mentre facevano l’ amore, ma non aveva mai potuto vederlo così bene: "Baciato da Loth" mormorò tra sè mentre ricordava le parole che aveva sentito da sua madre qualche volta: "Tuo padre, che fosse nudo o indossasse la sua armatura di adamantite, coperto di polvere e sangue, nell’arena, era così bello che tutti dicevano che la dea Loth in persona lo avesse creato". Notò come gli somigliasse, era più alto di lui, ma lo avrebbe sicuramente raggiunto, se fosse riuscito a vivere qualche altro anno, aveva un portamento eccezionale, non c’era da stupirsi che donne e uomini impazzissero per lui. Gli dava la schiena senza timore di essere colpito alle spalle, eppure non aveva motivo di fidarsi di lui. Si girò e gli sorrise. Improvvisamente si vergognò di aver desiderato fargli del male... avrebbe voluto nascondere il viso in quel torace ampio e sentire almeno una volta cosa si prova ad essere abbracciati dal proprio padre.

 

-E’ meglio che andiamo, adesso, altrimenti Keira si preoccuperà.-

 

Nish accennò un sì. Mentre gli passava davanti notò la cicatrice sulla sua spalla, dove era stato marchiato da Rautha. Capiva come doveva essersi sentito in quel momento, mentre il ferro sfrigolava sulla sua pelle... l’ aveva provato anche lui, a lato del viso, Rautha lo aveva torturato ed alla fine gli aveva strappato l’ orecchio. Si era divertita a sentirlo urlare, a vederlo piangere, e lui era ancora un bambino. Poi aveva preso un ferro rovente, come avesse fatto a non perdere del tutto l’ udito per lui era ancora un mistero. Suo padre lo chiamò e lui corse per non farlo aspettare oltre.

 

Qualche notte dopo Akragas era pensieroso, aveva trascorso molte ore con Nish negli ultimi giorni, avevano parlato, il ragazzo era più aperto e fiducioso, si stavano avvicinando, e Keira ne era entusiasta.

 

-Non posso lasciare le cose come stanno!- Disse quasi tra sè, mentre Keira scivolava nel sonno, tra le sue braccia.

 

-Cosa?- Mugolò resistendo al sonno che avanzava dopo aver fatto l’ amore.

 

-Niente, dormi.-

 

Keira si stropicciò gli occhi per svegliarsi. -Avanti dimmi cosa c’è.- Gli disse alzandosi a sedere e guardandolo con un’ espressione di dolce appagamento e comprensione.

 

Akragas indugiò qualche momento a fissare quel viso, poi sollevò le braccia e lo trascinò di nuovo su di sè, circondandolo nel suo abbraccio.

 

-Non sono certo stato un padre come il tuo per Nish...-

 

-Non è stata colpa tua, e poi mi pare che si stia affezionando molto a te.-

 

-Si...ma è questione di tempo: finché Rautha è viva Nish ed io non saremo al sicuro.-

 

-Cosa vuoi dire?-

 

Akragas sospirò. -Devo fare quello che un padre fa per i propri figli: proteggerlo.-

 

Strinse più forte Keira e lo baciò con foga, rigirandosi e costringendolo sotto di sè, Keira lo abbracciò rispondendo al bacio, sentendo il sonno scemare del tutto.

 

-Lo proteggeremo insieme.-

 

-No, Keira, devo occuparmene io.-

 

-Cosa vuoi dire?- Gli chiese preoccupato.

 

-Domani notte torno nell’ Under Dark...-

 

-Cosa?- Quasi gridò Keira alzandosi a sedere. -Sei impazzito? Ti farai uccidere!-

 

-SHH! Vuoi svegliare Nish? Lui non deve sapere nulla, tu dovrai badare a lui, raccontagli quello che vuoi, ma non deve capire dove sono andato!-

 

Keira cercò ancora di protestare, ma Akragas gli posò delicatamente una mano sulle labbra. -Se mi ami non dire nulla: gli devo almeno questo: se ucciderò Rautha, Nish sarà al sicuro, non lo cercherà più nessuno.-

 

-E tu?-

 

Akragas non rispose: poteva non fare mai ritorno, oppure avrebbe dovuto fuggire lontano: nessuno gli avrebbe mai perdonato l’ omicidio di una matrona.

 

-Va bene. Ma promettimi di stare attento.- La voce di Keira tremava, ma sapeva di non potergli chiedere di rinunciare se era quello che aveva deciso, perché se era convinto che quello fosse l’ unico modo per salvaguardare suo figlio non avrebbe cambiato idea per nulla al mondo.

 

Si premette contro di lui, restando in silenzio, mentre Akragas gli accarezzava i capelli biondi, il cuore gli martellava nel petto, troppo gonfio di angoscia per lasciarlo dormire. Passarono la notte immobili, con gli occhi spalancati a fissare il buio della tenda.

 

Il mattino arrivò del tutto indifferente a chi non aveva dormito e colse impreparati quanti sapevano che quello avrebbe potuto essere l’ ultimo giorno assieme.

 

Nish era di buon umore e bighellonò per buona parte della mattina, permettendo a suo padre di scegliere le armi di cui si sarebbe servito, sotto gli occhi mesti di Keira. C’erano troppe cose che avrebbe voluto dirgli per riuscire a parlare, così si limitava ad assisterlo nei preparativi, in silenzio. Akragas ogni tanto alzava lo sguardo su di lui e gli sorrideva come per chiedergli scusa.

 

Quando Nish tornò chiese di potersi allenare con suo padre, che acconsentì di buon grado. Keira rimase a guardarli per tutto il tempo, sperava di poter avere almeno un po’ di tempo da passare con Akragas prima che partisse.

 

Il momento arrivò. Quando Nish crollò addormentato, Akragas afferrò il pratico bagaglio che aveva preparato nella mattina e si avviò all’uscita della tenda.

 

-Mi lasci così? Senza nemmeno un bacio?-

 

Akragas si girò, rimise a terra il suo bagaglio e raggiunse Keira che lo guardava dal fondo della tenda con un’ espressione addolorata da stringere il cuore.

 

-Non chiedermi di toccarti se no non avrei più la forza di partire.-

 

Keira gli diede la schiena, coprendosi il viso con le mani, in meno di un attimo Akragas lo abbracciò nascondendo il viso tra i suoi capelli morbidi e freschi. Keira si rigirò tra le sue braccia e si baciarono con urgenza, cadendo a terra in un groviglio di braccia e gambe. Le mani che si infilavano sotto le camicie, mentre i fianchi si strusciavano in preda alla bramosia, ma quel momento durò pochi attimi, Akragas si staccò da Keira ansimando. -Devo andare!- Si alzò, lasciando Keira a terra ed uscì nella notte.

 

Quando, al mattino, Nish scoprì che suo padre non c’ era, assalì con rabbia Keira, esigendo di sapere dove fosse andato. Keira gli rispose che non lo sapeva, che aveva ricevuto un incarico e che non gli parlava mai dei suoi lavori, in fin dei conti questo era vero. Nish non parve molto convinto, ma accettò la spiegazione.

 

Passarono tre settimane, Keira era diventato sempre più triste e nervoso, talvolta doveva allontanarsi per ore per impedire che Nish lo vedesse piangere in preda alla disperazione che quella prolungata assenza gli causava. In due anni non erano mai stati separati per tanto tempo. Quel giorno, però, Nish decise di seguirlo: Keira si era fatto smunto e silenzioso, passava ore davanti alla tenda in attesa, e poi spariva nella foresta senza dire nulla. Non era stato facile per lui spostarsi velocemente e silenziosamente tra il groviglio di rami, ma alla fine aveva raggiunto l’ elfo ai piedi di un grande albero che doveva somigliare a quello vicino alla sua casa, secondo quello che gli aveva raccontato tempo addietro. Keira stava seduto lì, a piangere come un bambino abbandonato, mormorando il nome di suo padre. Ormai non poteva tirarsi in dietro: voleva sapere dove fosse andato suo padre.

 

Si diresse con passo deciso verso di lui, e andò a piazzarglisi davanti, con le braccia incrociate sul petto, guardandolo col suo sguardo più torvo.

 

Keira sussultò trovandoselo a pochi passi di distanza. Cercò di asciugarsi gli occhi e di alzarsi, dandosi un contegno.

 

-Lui dov’è?- Gli chiese secco e bellicoso Nish.

 

-Non lo so.- Mentì di nuovo.

 

-Non dirmi che ti ha lasciato per qualcun altro?- Ironizzò -Oppure aveva paura che io lo uccidessi? Che codardo!-

 

-Non hai alcun diritto di parlare di lui a questo modo!- Keira iniziava a perdere il controllo, proprio come Nish aveva previsto.

 

-Ma si, tanto lui è scappato e ha lasciato te a farmi da balia con chissà che belle paroline! Magari ti ha convinto mentre ti fotteva quel bel culetto e adesso si sta divertendo con qualcun altro!- Ridacchiava prendendolo in giro e provocandolo.

 

-Tu non sai proprio niente di lui!- Gridò Keira perdendo il controllo ed arrossendo violentemente.

 

-Cosa dovrei sapere, sentiamo!-

 

-E’ andato ad uccidere Rautha per te!- Urlò scoppiando a piangere. Aveva promesso di non dirglielo, ma quel ragazzino presuntuoso aveva bisogno di una lezione. Ormai voleva solo che qualcuno gli dicesse che Akragas sarebbe tornato.

 

Nish rimase pietrificato. -Dov’ è andato quel pazzo?- Chiese in un soffio.

 

Keira, inginocchiato a terra e singhiozzante gli spiegò il piano di suo padre.

 

-No...- Mormorò appena il ragazzo, sentendo un nodo salirgli alla gola. -Devo andare da lui!-Decise subito.

 

-Non puoi!- Lo ammonì subito Keira, sobbalzando, chiedendosi perché Nish non gli dicesse che suo padre sarebbe tornato presto, che non doveva preoccuparsi.

 

-Prova ad impedirmelo, allora!- Nish già correva verso la tenda.

 

Keira si riscosse, lo inseguì e balzò in groppa subito dopo di lui, inseguendolo sul proprio cavallo.

 

Nish cavalcava spingendo il suo cavallo a tutta velocità, aveva un giovane cavallo pezzato rimediato in città qualche settimana prima, con una vincita ai dadi. Lui conosceva la strada per l’ ingresso più vicino all’ Under Dark e Keira lo seguì senza perderlo mai di vista, benché il suo cavallo, ormai piuttosto vecchio, faticasse a tenergli dietro. Impiegarono cinque giorni ad arrivare in vista della foresta dove si apriva il passaggio per il sottosuolo. Ormai cavalcavano affiancati, Keira gli aveva garantito che non avrebbe cercato di fermarlo, voleva solo raggiungere Akragas.

 

Uno spettacolo impressionante si aprì ai loro occhi quando superarono la salita delle colline che nascondevano la foresta: fuoco. Fuoco ovunque, che divorava l’ intera foresta, gli animali erano già fuggiti, rifugiandosi sulle colline, altri erano rimasti intrappolati a soccombere in quell’ inferno di fiamme.

 

Dopo l’ iniziale sgomento Nish spronò il cavallo verso la foresta, ma quello non volle saperne: il calore arrivava fino a loro. Smontò e legò l’ animale ad un albero dopo essere ritornato in dietro di alcuni metri. Keira lo imitò e si diressero verso la foresta. In alcuni punti si poteva ancora passare, dove il fuoco non era ancora giunto, o dove aveva già consumato tutto. Keira non seppe mai come fecero a raggiungere il punto dove si apriva il passaggio, nel mezzo di quell’ inferno bollente e crepitante, ma vi arrivarono, e lì, trovarono Akragas. Era a terra, grondava sangue da ferite ed ustioni, il respiro corto, ed, accanto a lui, un elfo scuro con la spada pronta a calare per dargli il colpo di grazia.

 

-Lascia stare mio padre, Malek!- Gridò Nish lanciandosi contro l’ elfo scuro.

 

Keira raggiunse Akragas, che rantolò di dolore mentre cercava di aiutarlo ad alzarsi. Nish fronteggiava l’ avversario, spada alla mano, ma quello si limitava a guardarlo sorridendo. Keira lo guardò, aveva uno sguardo folle negli occhi rossi. Era alto e muscoloso, indossava stivali alti di quoio nero intarsiato sui pantaloni di pelle nera, due cinghie di traverso gli coprivano sommariamente il petto ampio e tatuato con arabeschi. I capelli erano insolitamente corti e si alzavano verso l’ alto, riflettendo le fiamme, probabilmente ad opera di qualche unguento usato per dar loro quell’ insolita foggia.

 

-Siamo arrivati a questo Nish?- Gli chiese con voce cantilenante ed acuta, scoppiando a ridere. -Davvero degno del figlio di quel bastardo!-

 

-Lasciaci andare, Malek!- Gli rispose con tono fermo e calmo.

 

-Dal momento che quel folle non è riuscito nel suo intento, dirò a Rautha che mi siete sfuggiti! Così entrambi i miei fratellini potranno congratularsi con me, quando vi farò assistere al mio trionfo!- Rise di nuovo, intanto Akragas aveva ripreso un po’ di forza e si aggrappava a Keira, fissando il guerriero che difendeva l’ ingresso del tunnel.

 

-Andiamo!- Ordinò Nish, camminando all’ indietro per non perdere di vista Malek.

 

Uscire dalla foresta portandosi dietro Akragas che a mala pena stava in piedi fu tutt’ altro che facile. Le fiamme avanzavano ed il calore era insopportabile. Rami caduti ostacolavano la strada e la collina sembrava irraggiungibile.

 

Quando, in fine, vi giunsero, aiutarono Akragas a stendersi sull’ erba, dandogli da bere. Non era grave come poteva sembrare, era tuttavia debole e molto stanco.

 

Nish gli gettò le braccia al collo, scoppiando a piangere. Akragas rispose al suo abbraccio stringendosi al petto il figlio. La paura di perdere il padre appena ritrovato era riuscita a risvegliare in Nish la consapevolezza di quello che realmente provava per lui ed il suo bisogno di averlo vicino.

 

-Volevo che tu fossi libero.- Gli mormorò.

 

-Non dovevi! Non voglio perderti, non voglio!- Il viso di Nish, sporco di fuliggine, aveva assunto una dolcezza fin’ ora rimasta nascosta. Akragas non riuscì a non commuoversi, finalmente aveva trovato suo figlio.

 

Keira cercò di medicare il ferito, ma erano partiti di fretta, senza prendere nulla. Nish si rivelò un valido aiuto, anche se un po’ invadente: sembrava non volersi staccare dal padre nemmeno per un momento.

 

-L’ incendio l’ ha appiccato Malek, vero?- Chiese Nish quella sera, quando si furono allontanati un po’ dalle colline. Akragas aveva di nuovo cavalcato dietro Keira, come due anni prima, sorregendosi a lui, ma questa volta, per Keira, non c’ era stata l’ incertezza del futuro: stavolta sarebbero tornati a casa, alla loro vita, e l’ avrebbe costretto a letto ed alla sua mercé finché non fosse veramente guarito.

 

-Si... Abbiamo combattuto per giorni, in città e poi fuori.-

 

-In città? Cosa ci faceva nel territorio di Rautha?-

 

Akragas guardò il figlio come se la domanda fosse superflua.

 

-Ora che non ci sono più io, Rautha ha preteso un sostituto... e Malek è il campione del nostro clan.- Nish si rabbuiò. -Malek è pazzo quanto Rautha, forse ci si troverà bene insieme!-

 

-Io temo per i danni che potrà arrecare al nostro clan. Se Rautha avrà una figlia da lui, non oso immaginare cosa potrebbe succedere!-

 

-Hai ragione.-

 

-Ma chi è quel pazzo?-

 

-Mio fratello.- Risposero all’ unisono Akragas e Nish.

 

Akragas si morse subito il labbro, rendendosi conto dell’ errore che aveva commesso.

 

-Come?- Chiese Keira, senza capire.

 

Nish guardò il padre che gli fece un piccolissimo cenno del capo, chiedendogli di stare zitto. Akragas chiese di poter dormire, rinviando qualsiasi spiegazione e poco dopo perse coscienza del mondo.

 

-Se non ti ha mai detto nulla dei suoi fratelli e di sua madre, è meglio che tu lo sappia da lui.- Aveva tagliato corto Nish qualche sera più tardi, quando Akragas già dormiva.

 

La sua eccezionale tempra lo foce ristabilire velocemente, una settimana dopo, quando giunsero alla loro tenda, delle ferite non restavano che graffi arrossati.

 

Si concessero finalmente un bagno degno di questo nome nella tinozza, con l’ acqua riscaldata, indossarono abiti puliti e poterono mangiare a sazietà.

 

Quando si fece sera, Nish afferrò una coperta e li salutò. -Vado a dormire fuori.- Spiegò. -Così potrete parlare con più calma.- Guardò suo padre, sperando che dicesse la verità a Keira, stavolta. -E poi sono stufo di essere svegliato dalle vostre effusioni!- Aggiunse strizzando un occhio e uscendo, rimpiangendo un po’ di perdersi lo spettacolo del rossore che doveva aver assunto il volto di Keira.

 

-Cos’è che devi dirmi?- Gli chiese dolcemente Keira, prendendogli una mano ed osservando il viso tirato del suo compagno.

 

Akragas sospirò e dopo qualche istante sollevò lo sguardo su Keira. -Non so da dove iniziare per dirtelo senza sconvolgere di nuovo tutti i tuoi principi.-

 

-Allora comincia e basta.- Lo incoraggiò con la sua consueta pazienza.

 

Indugiò ancora in quegli occhi azzurri e finalmente riprese. -Ti ho già accennato a mio fratello Kolkas... per una nobildonna Drow - vide la stizza sul viso di Keira per aver usato quella parola, ma era proprio della sua razza che ora doveva parlargli, altrimenti non avrebbe capito. I Drow forse erano stati elfi in un lontano passato, ma ormai erano una razza a se stante, diversa da qualunque altra. - avere una discendenza è fondamentale, per questo le nostre donne cambiamo continuamente compagni. Ti ho già detto che mia madre ebbe due maschi da mio padre, per questo lo uccise: la gente non avrebbe capito perché lo tenesse il vita. Cambiò amante, un Mind Flyer, un negromante che terrorizzava Kolkas... io cercavo di stargli sempre vicino, ma Kolkas non è mai stato troppo forte o coraggioso, se non gli fossi stato vicino sarebbe morto. Se fosse nato tra voi, avrebbe fatto grandi cose, era molto intelligente, ma questa non è una dote richiesta ad un maschio Drow. Mia madre ebbe un altro figlio maschio da quel suo amante: Malek.-

 

Keira sussultò, quel pazzo che stava per uccidere Akragas era suo fratello.

 

-Malek era molto giovane quando io dovetti abbandonare la casa di mia madre, ma già allora non andavamo d’ accordo: suo padre era un mago potente, anche se lui e mia madre non erano più amanti lui entrava ed usciva da casa nostra a suo piacere, insultando Kolkas ed insegnando a Malek ad usare i suoi poteri..-

 

-Poteri?-

 

-Si, l’ unione tra i Drow e quei mostri dell’ Abisso serve a generare figli con poteri spaventosi...-

 

-Mostri dell’ Abisso?-

 

-Keira, i Mind Flyer, sono mostri dell’ Abisso, usciti con noi da dove voi ci esiliaste molto tempo fa...-

 

Keira era impallidito, pensava che quella faccenda vecchia di millenni, riguardante l’ esilio, da cui erano nati gli elfi scuri fosse stato un errore imperdonabile degli elfi.

 

-Mia madre però voleva avere una femmina, che portasse avanti il suo nome...- Era arrivato alla parte spinosa del racconto ed esitava. Keira però lo ascoltava attento e fiducioso. Sospirò. -Io nel frattempo ero diventato un campione nell’ arena. Mia madre ricevette dalle sacerdotesse di Loth la notizia che la dea non le avrebbe concesso figlie...-

 

-Io avevo capito che si trattava della madre di Nish, la vostra matrona.-

 

Akragas si mosse a disagio, davanti a tanto candore. -Per non creare disordini dopo questa notizia, decise di allearsi con la madre di Rautha, che in cambio chiese me. Non è raro che un campione venga ceduto per sigillare un’alleanza, soprattutto se è il primogenito della matrona di un clan.- Guardò Keira cercando di capire dove fosse arrivata la sua comprensione. L’ elfo lo guardava con la fronte corrucciata, non aveva capito dove cercava di arrivare.

 

-Mia madre prese tempo, non sto a spiegarti cosa avrebbe potuto fare Rautha se avesse concepito un’ erede da me. Mia madre voleva un’ altra possibilità. Cambiò di nuovo amante... prese me.-

 

Guardò Keira che lo fissava con la bocca aperta.

 

-Mi stai dicendo...- Non riuscì a finire la frase.

 

-L’ incesto è una pratica comune tra i Drow... mi dispiace.- Aggiunse subito.

 

Keira rimase a riflettere per alcuni minuti. -C’è altro che dovrei sapere?-

 

-No.- Gli rispose con un filo di voce.

 

-Pensaci bene perché dato che ti stai confessando ti conviene dirmi tutto. Non voglio altre sorprese di questo tipo, non so se le reggerei ancora.- Gli sorrise dolcemente, un po’ a disagio.

 

-No, nessun’ altro segreto nel mio passato.-

 

Keira sospirò profondamente. -Il passato è passato, per quanto certe pratiche della tua gente possano sembrarmi spaventose non ho il diritto di giudicarti per esserti attenuto alle vostre leggi. Per quanto mi riguarda- si alzò e gli tese la mano- ormai tutto questo non ha nulla a che vedere con te, perché tu sei mio!-

 

Lo strinse forte a sé ed Akragas gliene fu immensamente grato. Nish era suo figlio, poco contava che fosse anche suo fratello, ormai la sua vita e la sua casa erano lontano dal clan, dai suoi usi e costumi, e Nish era con lui. E con Keira.

 

-Andiamo di la...- Miagolò Keira allungando il suo musetto per dargli un bacio. -Ho voglia di fare l’ amore con te.-






 

I GIORNI DELLA PIOGGIA SUL CUORE- FINE


 

continua...........
 



 

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